Florida tra città, giostre e natura
Queste saranno le tappe le nostro viaggio: FORT LAUDERDALE KENNEDY SPACE CENTER ORLANDO TAMPA SANIBEL ISLAND EVERGLADES KEY WEST MIAMI
Tutti fanno il giro della Florida in senso orario, noi invece decidiamo di fare l’esatto opposto. Questo per lasciare Miami come ultima tappa, così, visto che il volo di ritorno parte alle 23, possiamo goderci tutta la giornata. Tra l’altro, questa scelta si rivelerà provvidenziale in quanto saremo costretti a rientrare un paio di giorni prima per un problema in famiglia. A questo proposito vorrei fare un commento sulla TAP: sono stati straordinari, mi hanno riprenotato il volo il giorno stesso, facendomi pagare solo la penale perché avevo preso una tariffa non rimborsabile, e tutto al telefono. Abbiamo telefonato alle 3 di notte (le 8 del mattino in Portogallo), e al nostro risveglio il nostro biglietto elettronico era lì che ci aspettava nella casella di posta. Non mi esprimo invece sulla persona cui ci siamo rivolti in aeroporto. Secondo lei il volo era pieno e avremmo dovuto comprare un nuovo biglietto in prima classe… Un’altra cosa: sicuramente la Florida è un paese da visitare durante il nostro inverno. Noi ci siamo trovati bene, il tempo è stato abbastanza bello, con rapidi temporali pomeridiani. Il caldo è però molto umido e risulta a volte sfiancante. Se però come noi non potete partire in altri periodi, non vi fate problemi, vi divertirete tantissimo!
16 Luglio 2011
Si parte! La nostra compagnia aerea è la TAP, quindi scalo a Lisbona. Ottimi i voli, con tanto intrattenimento e aereo comodo. Anche il cibo è buono. Peccato però per le tre interminabili ore di ritardo! Alla fine atterriamo a Miami alle 11 di sera, e ora che riusciamo a passare la dogana, prendere la navetta e ritirare l’auto, arriviamo al nostro hotel a Fort Lauderdale alle 2 di notte. Con la nostra auto prenotata, una midsize, facciamo pena al tizio della Alamo che decide di darci una fullsize senza sovrapprezzo. Il nostro hotel si chiama Premiere hotel e costa circa 90 € per due notti. Il costo è ok, ma senza colazione. Offrono però il parcheggio, che a Fort Lauderdale è difficile da trovare e costoso.
17 Luglio 2011
Oggi giornata interamente dedicata a Fort Lauderdale. Usciamo presto la mattina per fare colazione da Starbucks. Non riusciamo a credere al caldo che fa. E’ soprattutto l’umidità il problema, nonostante siano le 8 del mattino e abbiamo camminato solo 500 metri siamo completamente sudati e sfiancati! Torniamo in albergo passeggiando per la meravigliosa spiaggia, ma oggi non ci sarà tempo per il relax al mare: abbiamo un solo giorno quindi vogliamo esplorare la città. Facciamo il check-in che non siamo riusciti a fare ieri, e Mario, il gentilissimo padrone dell’albergo, un argentino sposato con un’italiana, ci consiglia qualche attività. Per prima cosa andiamo allo Hugh Taylor Birch State Park, oggi gratuito perché è domenica. Qui i locali vengono a fare pic nic, pescare, andare i bicicletta o con il kayak. Noi facciamo una passeggiata sul lato del canale e iniziamo ad ammirare la sfilata di ville e yacht che popolano questa città. Molti ricchi si comprano una casa qui per passarci l’inverno. Poi seguiamo il consiglio di Mario e ci rechiamo al molo per prenotare la crociera con Jungle Queen Riverboat. Organizzano crociere di ben tre ore con partenza alle 13,30 sulle tipiche imbarcazioni che solcavano il Mississippi. Ci portano lungo i canali di questa bella città, indicandoci le ville di questa o quella celebrità. Le ville sono enormi, super lussuose, e attraccato fuori da ogni villa c’è un luccicante yacht. Navighiamo attraverso il centro finanziario, vediamo i locali e i bar, e la casa storica Stranhan House, che però Mario ci ha sconsigliato di visitare. Ponte dopo ponte, ci spingiamo fin dopo la base delle navi, dove ci fanno scendere per visitare un piccolo parco/zoo con qualche animale. Ci sono scimmiette e pappagalli e due coccodrilli, oltre ai soliti negozi di souvenir. Mi tocca pure sgridare un bambino che si diverte a tirare sassi al coccodrillo mentre i genitore sono chissà dove a farsi i fatti propri. Torniamo sulla barca molto prima degli altri, e menomale, perché arriva un super acquazzone tropicale che ci accompagnerà fino al nostro rientro al molo. Visto il tempo e il jet leg torniamo in albergo a riposarci. Stasera a cena rispolveriamo il nostro grande classico delle vacanze Statunitensi: Cheesecake Factory. E’ una catena di ristoranti dislocati ovunque negli Stati Uniti. Si mangia benissimo, i ristoranti sono sempre strapieni e il loro pezzo forte sono le incredibili fettone di cheesecake guarnite con panna montata. Quanto mi erano mancate!!!
18/07/2011
Oggi lasciamo Fort Lauderdale e viaggeremo fino a Titusville, la cittadina più vicina al Kennedy Space Center, che visiteremo domani. Abbiamo in programma diverse tappe, la prima delle quali è Boca Raton. Durante il tragitto ci fermiamo in un CVS per comprare del repellente per zanzare, visto che visiteremo due parchi e ieri siamo stati punti. Boca Raton assomiglia a Fort Lauderdale: mare e ville di lusso. Noi ci fermiamo al Gumbo Limbo Nature Center. Oltre ad essere un parco, dove si può camminare nella vegetazione della Florida e vedere gli animali, il Gumbo Limbo è anche un centro di recupero e cura per le tartarughe marine malate o ferite. L’ingresso è gratuito, ma si consiglia una donazione di 5$ a testa. Noi visitiamo il giardino delle farfalle, dove una simpatica volontaria ci mostra alcune delle specie di farfalle presenti, e poi ci incamminiamo lungo il percorso su passerelle che si inoltra nella fitta giungla di palme, mangrovie e naturalmente Gumbo Limbo. Al centro visitatori un manifesto indica tutti gli animali avvistabili lungo il percorso. Noi abbiamo visto prevalentemente grossi ragni gialli e neri, nessun procione purtroppo e nessuna tartaruga. Pur essendo nella giungla, il percorso è sicuro visto che si cammina sulle passerelle. C’è anche una torre di osservazione da cui si vede il panorama della giungla e le ville di Boca Raton Ci spostiamo poi verso Palm Beach, altra località nota per le case dei ricconi. Facciamo un giro in macchina su Ocean Drive ed infatti vediamo, una dopo l’altra, una serie di lussuosissime ville, alcune per altro piuttosto pacchiane, tutte affacciate sulla spiaggia. Tra queste spicca naturalmente il club privato Mar-a-Lago di proprietà di Donald Trump. Per pranzo andiamo a West Palm Beach, al centro commerciale Cityplace. Forse perché è lunedì, Ma il posto è molto tranquillo. Mangiamo un semplice panino Starbucks e curiosiamo nei negozi del centro commerciale, poi ci rimettiamo in strada. Vogliamo visitare un altro parco prima di incamminarci per Titusville e scegliano il John D. MacArthur State Park. L’idea era di fare il percorso in canoa o Kayak, ma si sta avvicinando un temporale e anche la ragazza al centro visitatori ci sconsiglia di tentare l’impresa. Ci limitiamo allora a seguire il percorso a piedi: dal centro visitatori si attraversa un lungo ponte (a piedi o con il simpatico trenino) e si finisce sulla sottile striscia di terra che separa dal mare. All’andata seguiamo il percorso interno alla vegetazione, con la mappa che spiega tutte le piante della zona. Poi ci riposiamo un po’ sull’enorme e meravigliosa spiaggia, poco affollata a causa del brutto tempo. Sarebbe veramente bellissimo potersi fermare un po’ qui a prendere il sole! Alla fine ripartiamo per Titusville alle 4 mezzo, e arriviamo a destinazione che sono ormai le 7. L’autostrada 95 segue tutte le località di villeggiatura della costa, ma dall’interno, quindi il panorama è piuttosto noioso, Resto colpita soprattutto dalla grande quantità di manifesti pubblicitari di avvocati specializzati nell’assistenza in caso di incidente stradale, infatti dico a mio marito di guidare ancora più prudentemente. Il nostro motel è il Ramada di Titusville. Per una sola notte, al costo di 35€, ci siamo trovati benissimo. Il prezzo è davvero imbattibile. Scegliamo di cenare in un ristorante d Titusville che o visto pubblicizzato sui cartelloni in autostrada. Oltretutto in albergo troviamo un voucher per delle polpette di granchio gratis. Il ristorante è eccellente, mangiamo tanto e bene, spendendo mancia inclusa 45$. Ci portano un sacco di “sides”, contorni: patate fritte, zuppa di gamberi e mais, e frittelle di pasta dolci. Tutto questo incluso nel prezzo!
19/07/2011
Facciamo colazione presto in hotel, al ristorante Denny’s con il quale il motel ha la convenzione per la colazione gratuita. Colazione tipica americana con uova, pancakes e pancetta, quindi un po’ troppo pesante. Alla reception acquisto, per evitare code, i biglietti per il Kennedy Space Center. (46,5 $ a testa) Arriviamo in meno di mezzora, praticamente all’apertura. Il Kennedy Space Center è gigantesco e si trova di fatto all’interno di un parco naturale, il Canaveral National Seashore, e (a loro dire) finanzia ogni anno progetti per la preservazione di flora e fauna. Il visitatore standard, come noi, visita normalmente il solo il centro visitatori e una parte del complesso, mentre si possono acquistare dei biglietti più completi che permettono di vistare di più. Consiglio di consultare il sito per trovare il tipo di biglietto più adatto a voi. Il centro visitatori è molto grande e comprende musei, mostre temporanee, un cinema e altre attrazioni. Per prima cosa seguiamo la visita guidata nel Rocket Garden. Sinceramente ne avrei anche fatto a meno, sotto quel sole cocente e con tutti gli insettini che ci divoravano! Poi prendiamo il pullman che effettua il tour della base spaziale, o almeno di parte di essa. Gli edifici e le rampe di lancio degli shuttle sono ovviamente off-limits, ma il pullman passa abbastanza vicino all’enorme edificio di assemblaggio e riparazione degli shuttle e ci scarica in un complesso dove si può accedere ad una terrazza panoramica. Da qui vediamo tutta la base spaziale, e anche la base di lancio degli shuttle. Appena arrivati ci mostrano anche un filmato in cui ci viene spiegato come gli shuttle vengono riparati, assemblati e poi lanciati di nuovo nello spazio. La cosa che mi colpisce di più è l’incredibile bellezza di questo posto: il centro spaziale è davvero immerso nella natura, tra la bassa acqua del mare e gli isolotti di mangrovie. Rimaniamo qui circa mezzora (le navette passano con continuità) e poi riprendiamo il pullman che ci porta all’esposizione dedicata alle missioni lunari. Anche qui appena entrati ci sorbiamo un filmino informativo sulle missioni lunari, con un forte accento patriottico. Anche questo museo è interessante e contiene diversi reperti, alcuni originali ed alcune ricostruzioni. Il pezzo forte è un grosso razzo posto esattamente al centro dello stanzone. Anche qui non manca un ristorante e un negozio di souvenir. Noi però preferiamo rientrare al centro visitatori. Prima di pranzo proviamo lo shuttle experience, un’attrazione che simula (dicono in modo realistico) l’esperienza di trovarsi in uno shuttle che viene lanciato nello spazio. Pranziamo al self service (carissimo), poi visitiamo l’astronaut memorial, un semplice muro che ricorda tutte le persone che hanno perso la vita nello spazio, e lo shuttle in disuso di cui si può visitare l’interno. L’attrazione che però mi è piaciuta di più è il filmino in 3D di 45 minuti commentato da Leonardo di Caprio, che mostra fantastiche immagini dello spazio fotografate dai telescopi spaziali. Vale la pena di aspettare un po’ per vedere questa proiezioni. Ormai è pomeriggio inoltrato, noi abbiamo girato il KSC in lungo e in largo, quindi è il momento di levare le tende! Prima però, visto che è compresa nel biglietto, non ci facciamo mancare l’Astronaut Hall of Fame, dedicato ai grandi astronauti della storia americana. Al suo interno c’è anche un “laboratorio”, fantastico per i bambini ma anche per il bambino che è in noi, dove di possono provare diversi esercizi, per esempio spostare un grosso peso o provare la sensazione di assenza di gravità. Alla fine ripartiamo per Orlando sfiniti. Il viaggio dura un’oretta e io resto stupita da quanto la Florida sia una paese piatto, molto basso sul livello del mare. Quando passiamo s un ponte, la visuale spazia per molti km in tutte le direzioni. Il nostro albergo a Orlando è il Quality Inn Universal, di cui parlerò dopo. Dirò solo che dopo questa lunga e faticosa giornata al KSC non potevamo che premiarci con una cena al nostro amato Cheesecake Factory, conclusa con una magnifica cheesecake al lime.
20/07/2011
Oggi è il giorno più atteso di tutta la vacanza! Da grandissima fan di Harry Potter, non vedo l’ora di visitare il parco Island of Adventure! Ed ecco la prima (e una delle pochissime) delusione della vacanza. Avevamo scelto questo albergo principalmente perché offriva la navetta gratuita per i parchi. Peccato però che ci fosse solo una navetta in andata, e una al ritorno, solo per Universal, Magic Kingdom e Epcot. Oltretutto le navette partono dall’albergo almeno mezzora dopo l’apertura del parco e rientrano molto prima della chiusura la sera! Alla fine dobbiamo rassegnarci a prendere l’auto e pagare 15 dollari di parcheggio. Universal Studios comprende de parchi: Universal Studios e il più nuovo Island of Adventure. I parchi sono abbastanza cari, il biglietto combinato costa 120$. Sul sito del parco troverete la combinazione di biglietti più adatta al vostro soggiorno. Io ho fatto il biglietto combinato e alla fine avrei anche potuto fare solo Island of Adventures. Trattandosi però di un parco divertimenti, molto dipende da che ti po di giostre vi piacciono, quindi non voglio consigliare una cosa o l’altra. Sicuramente Island od Adventures ha giostre più “energiche” e più nuove, mentre il vecchio Universal Studios ha giostre più datate. Il parco dà la possibilità di fare un biglietto che permette di saltare le code su tutte le giostre tranne due. Costa molto, e il prezzo dipende dal giorno, ma vi darà la certezza di non fare coda, o farne pochissima. I parchi sono grandi e, soprattutto a Island of Adventures, i tempi di attesa sono biblici (spesso un’ora o più) e le code possono essere snervanti. Ma se visitate solo un parco può valere la pena di non farlo. Il mio consiglio è di studiare un po’ il sito. Portatevi una macchinetta fotografica compatta e possibilmente resistente all’acqua, indossate il costume da bagno e magari portate una maglietta per cambiarvi se fate le giostre su cui ci si bagna. Arriviamo alle 7 e trenta al parcheggio del parco e c’è già tantissima gente, tutti, noi compresi, diretti alla giostra più nuova e più gettonata del momento: Il viaggio proibito di Harry Potter. Attraversiamo di corsa il parco fino alla giostra, e alle 8 meno un quarto ci sono già 35 minuti di coda! Arrivati dentro al castello vi faranno lasciare zaini e borse ingombranti nelle casseforti, ma vi consiglio assolutamente di portare una macchinetta fotografica perché la coda si snoda dentro al castello stesso ed è assolutamente fantastico! Tutta la zona di Harry Potter è eccezionale, ricostruita nei minimi dettagli, con tutti i negozi che si vedono nei film. Hogwarts è meravigliosa, il mio paradiso. Tutto il parco è ben costruito, con una forma ad anello facile da girare. Ci sono tanti negozi di souvenir e tanti ristoranti, piuttosto cari come ci si può aspettare da un parco divertimenti. Grazie all’express pass saliamo su tutte le giostre in brevissimo tempo: le tre di Harry Potter, Jurassic Park, le giostre dove ci si bagna (e tanto!) della zona Looney Tunes e le adrenaliniche montagne russe di Hulk. Dopo pranzo ci trasferiamo nella zona vecchia dove facciamo le giostre di Shrek, la Mummia, i Simpsons, Men in Black ed ET. Questa zona del parco è un po’ più vecchiotta di Island of Adventures ma comunque divertente, con le varie zone degli Stati Uniti ricostruite fedelmente. In serata torniamo al primo parco, ceniamo, compriamo un po’ di souvenir e ce ne torniamo in albergo sfiniti ma felicissimi della giornata.
21/07/2011
Non si può andare a Orlando e non visitare Magic Kingdom, è come andare a Roma e non vedere il Colosseo! E allora noi, obbedienti, ci presentiamo ai cancelli del parco per l’apertura. Diversamente dai parchi Universal, che sono attigui, i parchi Disney sono abbastanza distanti uno dall’altro quindi valutate bene se è il caso di fare un biglietto combinato. Anche questi parchi costano circa 85$ l’uno. Guardate il sito. Qui non c’è la possibilità di fare un biglietto per saltare le code, ma quando arrivate a un’attrazione, se il tempo di attesa è troppo lungo, potete, senza pagare di più, ritirare un biglietto che vi consentirà di tornare a quella giostra ad un certo orario e saltare la coda. Ovviamente questo significa fare molti avanti-indietro a piedi nel parco, quindi… scarpe comode! Noi comunque abbiamo trovato tempi di attesa più brevi rispetto a Universal. Arrivare a Magic Kingdom, in barca o con il tram sopraelevato, è un’esperienza in sé e fa respirare subito l’aia di sogno e magia che pervade il parco. Il parco, diviso in 5 sezioni che si snodano ad anello intorno al magico castello di Cenerentola, è semplice da girare anche se molto grande. Qui per i bambini è un paradiso, assolutamente un paradiso. Possono comprarsi i vestiti da pirata/principessa, i pupazzi, incontrare le principesse Disney e farsi truccare il viso. Se non avete con voi bambini, preparatevi a tornare voi stessi bambini, quando vedrete tutti i vostri eroi d’infanzia e tutti i ricordi riaffioreranno alla mente. Dietro la mappa del parco avrete gli orari degli spettacoli: non potete e non dovete perdervi la parata! Anche qui saliamo su tutte le giostre, quella di Biancaneve, di Alladin, di Cars, Peter Pan eccetera. La giostre sono più tranquille di quelle di Universal, ad eccezione delle montagne russe, ma comunque divertenti. Le ambientazioni delle diverse aree sono curate nei minimi dettagli e anche il personale è vestito a tema. Evitate la giostra delle marionette di fronte a quella di Peter Pan, è terribile e non vale neanche 5 minuti di attesa. Imperdibile invece le due giostre della zona Far West, il trenino nella miniera e i tronchi sull’acqua. Anche la proiezione in 3d di un medley delle colonne sonore Disney è divertente ed offre qualche minuto di refrigerio. Anche oggi ci spremiamo come due limoni, avanti e indietro per il parco, a rincorrere la giostra o lo spettacolo di turno. E’ proprio il caso di cenare con una bella fetta di Cheesecake!
22/07/2011
Oggi giornata di spostamento. Dopo le tre sfacchinate tra KSC e Orlando, ci andremo n po’ a riposare al mare. Tra le varie località della costa del Messico abbiamo scelto la bellissima isola Sanibel. Ma la giornata è lunga e arriveremo a Sanibel solo nel tardo pomeriggio. Ho letto sulla guida che vicino a Tampa c’è un parco statale con un fiume dalla corrente molto lenta dove anche i principianti possono fare canoa o kayak. Il parco si chiama Hillsborough River State Park. Partendo di buon’ora da Orlando, arriviamo al parco dopo le 10. Oltre alla canoa, si possono noleggiare delle biciclette, oppure rilassarsi nella gigantesca piscina (che però era chiusa quando siamo arrivati noi). Visto che siamo principianti totali, mai saliti su una canoa prima d’ora, noleggiamo la canoa solo per un’ora (10 $) . Ci fanno prendere i giubbini di salvataggio ma alla fine alle canoe, giù al fiume, non c’è nessuno che ci aiuti a mettere la canoa nel fiume o che ci spieghi come pagaiare. Infatti, devo dire che proprio non siamo i nuovi fratelli Abbagnale, facciamo proprio pena. L’inizio è davvero faticoso, con un remo solo a testa è molto difficile coordinarsi, e anche aggirare gli ostacoli naturali come gli alberi si rivela un’impresa. Andiamo a sbattere contro la riva un paio di volte, ma la canoa è molto resistente. Alla fine, trovato il nostro equilibrio riusciamo anche a divertirci. Il fiume, lentissimo, la fitta vegetazione, gli animali e gli altri canoisti, tutto crea una particolare atmosfera bucolica. Riusciamo anche a vedere un piccolo alligatore che si crogiola al sole appollaiato su un ramo che sbuca dall’acqua. Alla fine consiglio questa esperienza, la corrente del fiume è davvero molto lenta, magari se siete principianti chiedete qualche rudimento al tizio del noleggio. Arriviamo a Tampa in tempo per pranzo. Qui visitiamo Ybor City, la zona delle fabbriche di sigari, abitata da immigrati, principalmente cubani. Qui per la prima volta mi sento fuori posto. Io e mio marito siamo gli unici due turisti che vedo in giro e io mi sento strana a tirare fuori la macchina fotografica. Sicuramente sono rimasta suggestionata dalla guida che descrive Ybor City e tutta Tampa come posti poco sicuri. Entriamo, come suggerito dalla guida, al King’s Corona Cigars, sulla strada principale di Ybor City. E’ un vecchio negozio di sigari che include un bar. Assaggiamo il famoso panino cubano, con prosciutto, porchetta, senape, sottaceti e formaggio. Il sapore è particolare ma buono. Accompagniamo il tutto con una bella sangria. Acquistiamo anche un piccolo sigaro da provare, ce lo fumeremo con calma in albergo. La strada principale di Ybor City è la 7th Avenue, e assomiglia per l’architettura vagamente alla Bourbon Street di New Orleans, con i bei balconi in ferro battuto. Le principali attrazioni del posto sono i Cigar Bars e le vecchie fabbriche di sigari. Ybor ha anche un’inaspettata storia italo-americana. Una pietra incisa ricorda la fondazione di una società di mutuo soccorso da parte degli immigrati italiani. Non mancano i night club, come il Coyote Ugly Saloon, tanti posti dove fare i tatuaggi e un discreto numero di personaggi eccentrici. Lasciamo Ybor City e Tampa e, sotto un tremendo acquazzone, partiamo alla volta di Sanibel. Passiamo da diverse località di mare come Sarasota e Venice beach, ma non ci fermiamo perché il maltempo ci rincorre. Quando arriviamo a Fort Myers sembra che si passato un uragano, con tante tante foglie di palma e rami in mezzo alla strada. Arrivare a Sanibel è un’impresa, con tutti i lunghissimi semafori che ci sono a Fort Myers, ma in compenso su tutta Sanibel non ce n’è uno. Alloggeremo al Song of the Sea, una struttura piuttosto elegante che abbiamo scelto perché ci vogliamo rilassare. Non facciamo in tempo ad entrare in stanza che già usciamo per fare la spesa: visto che abbiamo il cucinotto in camera tanto vale organizzarsi, quanto meno per il pranzo. Il posto migliore per fare la spesa a Sanibel è Jerry’s, il supermercato è grande e si trova di tutto. La visita al super si rivela proficua perché riesco anche a prendere qualche guida locale con tanti coupon che offrono dei piccoli sconti su ristoranti, negozi e attività Scegliendo dalla guida, ceniamo al Blue Giraffe. Il locale è senza pretese, la cucina è saporita ed ha prezzi ragionevoli.
23/07/2011
Oggi ci vogliamo solo riposare. Ci alziamo presto e facciamo colazione all’aperto nel bel cortile dell’albergo. La struttura è deliziosa, non troppo grande, con due piccole piscine e accesso diretto al mare. Offre colazione, parcheggio, wi-fi, noleggio bici e soprattutto sdraio e ombrellone. Anche la nostra stanza è molto piacevole, con un porticato, il cucinotto e una grande stanza da letto. L’arredamento è elegante e delicato e tutto sommato il soggiorno non è costato molto, 159$ a notte. Passiamo la mattina in spiaggia tra sole e bagno nel mare. La mattina presto appena arrivati facciamo una passeggiata avanti e indietro. La spiaggia è bella ma non pensate alle spiagge caraibiche! La sabbia è bianca, ma il bagnasciuga è completamente ricoperto da conchiglie di ogni tipo. Le conchiglie ono ciò per cui Sanibel è famosa, tant’è che è stato inventato un modo di dire, Sanibel Scoop, che indica il modo in cui i cercatori di conchiglie camminano curvi sulla spiaggia allungando l’occhio per non farsi sfuggire nemmeno un piccolo tesoro. Tutta la spiaggia è lasciata in stato selvaggio, cosa che io apprezzo, infatti ci sono tanti animali, aironi e ibis, e dalle piccole zone recintate deduco che le tartarughe vengono qui di notte a deporre le uova. Infatti in albergo una brochure informativa indica il modo di comportarsi per non ostacolare il percorso delle tartarughe sulla spiaggia: non fare buche, buttare spazzatura, creare barriere o ostacoli che potrebbero impedire alle tartarughe grandi e piccole di raggiungere la spiaggia e il mare. Il mare ha un fondo sabbioso, è basso e molto caldo anche al mattino. L’anno scorso Sanibel è stata colpita dalla marea nera provocata dalla BP, ma ha recuperato benissimo. Ci concediamo ristoro dal sole e dal caldo per qualche ora, poi torniamo in spiaggia. La temperatura, sia dell’acqua sia dell’aria, è insopportabilmente calda e nonostante l’alta protezione solare al mio rientro in albergo mi scopro rossa come un gamberone. Sempre scegliendo dalla guida, e forti di n 10% di sconto, ceniamo al Jacaranda. Il posto è un po’ sofisticato e mangiamo divinamente, io crostacei e mio marito una bistecca, ma purtroppo il conto finale è molto salato :80$ mancia e sconto inclusi ( in tutti i ristoranti di Sanibel al conto viene automaticamente aggiunto un 18% di mancia). Valeva comunque la pena di provare (ma non torneremo più)
24/07/2011
Dopo la scottatura di ieri, non voglio passare tutta la giornata in spiaggia. Ci andiamo solo la mattina. Stavolta passeggiamo in senso opposto a ieri, e forse perché la marea è un po’ più alta e ci sono più pesci vedo tanti uccelli: aironi, ibis, cormorani e gabbiani. Questi animali devono essere abituati alla presenza dell’uomo perché non si scompongono quando mi avvicino per fotografarli. Il sole brucia, fa molto caldo e non ce la sentiamo di crogiolarci in spiaggia anche nel pomeriggio. Decidiamo allora di fare una crociera intorno all’isola. C’è un operatore che si chiama Adventures in Paradise che offre crociere di tre ore con avvistamento delfini, e ci sembra divertente. Purtroppo però scopriamo che essendo domenica non ci saranno crociere oggi. Non ci facciamo scoraggiare e ci affidiamo all’altro operatore, il Tarpon Bay Explorer. Anche loro offrono crociere, non intorno all’isola ma nella Tarpon bay, la baia di mangrovie nella parte nord di Sanibel, all’interno del Ding Darling National Wildlife Refugee. La crociera ci costa 23$ a testa. Per prima cosa un operatore ci mostra la fauna tipica del mare di Sanibel: granchi, conchiglie eccetera. E’ divertente per i bambini perché possono toccare gli animali. Il tour continua con la crociera. La Tarpon Bay è una baia di acqua salmastra non molto alta disseminata di isolotti di mangrovie. Qui vivono molti animali, tra cui delfini e lamantini, delle specie di foche con una faccia simpaticissima. Come per tutti i tour che abbiamo fatto, anche qui non vediamo tanti animali. Il motivo è semplice: in questo periodo dell’anno fa troppo caldo e gli animali o sono emigrati o se ne stanno rintanati in posti più freschi, un po’ come noi. Come già detto, il periodo ideale per visitare la Florida sarebbe il nostro inverno, soprattutto per chi vuole entrare in contatto con la natura. Nonostante questo vediamo comunque tanti uccelli: ibis, cormorani, aironi, falchetti e tanti altri di cui non so il nome. La nostra guida ci spiega il comportamento di questi animali, come allevano i piccoli e come funziona la catena alimentare della zona. Riusciamo persino a vedere il muso di un lamantino che esce a pelo d’acqua per respirare e un delfino. Tutto sommato è stata un’uscita proficua. La crociera finisce circa alle 16, e il cielo si è annuvolato. Visto che la situazione non è delle migliori per la spiaggia, approfittiamo per sfruttare il noleggio gratuito delle bici. Torniamo in albergo e tiriamo su un tandem. Con questo giriamo un paio d’ore e vediamo metà dell’isola. Tutta Sanibel è lastricata di piste ciclabili quindi l’esperienza è piacevole. Visitiamo il vecchio faro, dalla cui spiaggia si vede il ponte che collega Sanibel a Fort Meyers, poi ci spingiamo a ovest nella zona residenziale, dove vediamo tante ville signorili e campi di golf, e le tante strane cassette della posta: a forma di delfino, fenicottero, faro, incrostate di conchiglie, c’è di tutto di più. Dopo una questa bella pedalata ci prepariamo per la sera. Stasera proviamo l’Island Cow. Volevamo andarci anche ieri sera ma era troppo pieno. IN realtà c’è molta gente anche stavolta e ci viene prospettato un tempo di attesa di un’ora. Ci danno un cerca persone e il loro immenso menù, che abbiamo tutto il tempo di consultare. Hanno davvero tante portate ed è difficile scegliere. Alla fine propendiamo per una paella e una fajita, ovviamente di pesce. Una volta seduti il servizio è celere e la cena è buona anche se un po’ pesante e il conto non è eccessivo. Domani proveremo n altro ristorante citato nella guida.
25/07/2011
Anche in questo ultimo giorno a Sanibel passiamo la mattina tranquillamente in spiaggia, e pranziamo con un piatto di spaghetti al tonno fatti in casa (stanza!) Per il pomeriggio vorremmo visitare la spiaggia di Captiva, l’isola attigua a Sanibel e collegata ad essa da un ponte. L’isola di captiva è ancora più tropicale di Sanibel, e le ville ancora più lussuose. E’ un’isola stretta e lunga dove c’è un’unica strada principale. Arriviamo alla spiaggia nel primo pomeriggio. La spiaggia è straordinaria, di sabbia bianca e molto grande, ma purtroppo o per fortuna non è per niente attrezzata, quindi noi due sprovvisti di ombrellone ma provvisti di pelle molto delicata ce ne dobbiamo andare. Un’altra spiaggia molto bella, a Sanibel però, è la Bowman’s Beach. Dato che la spiaggia è off limits, o torniamo in albergo e andiamo alla nostra spiaggia, oppure ci facciamo un giro nel Ding Darling National Wildlife Refugee. Optiamo per la seconda e entriamo al centro visitatori. Ogni ora un tram con i lati aperti percorre lentamente le 5 miglia sulle quali si estende il parco , permettendo di osservare gli animali. Purtroppo oggi non partiranno altri tram quindi non ci resta che affrontare il percorso con la nostra macchina. Dico affrontare perché fa molto caldo e alla unga continuare a salire e scendere dalla macchina, anche spegnendo l’aria condizionata, diventa estenuante. Non lo rifarei se non con il tram. Vediamo più o meno gli stessi animali di ieri, tante mangrovie e granchietti ma purtroppo nessun alligatore. Rientriamo in albergo verso le 4 e mezzo e ci buttiamo in spiaggia. Io faccio un bagno nel mare, che al pomeriggio ha più o meno la stessa temperatura dell’acqua della pasta. Alle 5 l’addetto ci “scoperchia”, ci toglie l’ombrellone letteralmente da sopra la testa, allora decidiamo di provare la piscina, dove resteremo fino alla fine del pomeriggio. Per cena proviamo il George and Wendy’s, ristorante a conduzione familiare. I prezzi sono un po’ più alti ma la cucina è ottima. Alle pareti sono anche esposti dei quadri che si possono comprare. Io assaggio il Mahi Mahi, uno strano pesce con la testa squadrata, di colore giallo, verde e blu intesi e molto grosso, condito con una salsa di cocco. Torniamo a casa presto, dobbiamo fare il bucato alla lavanderia dell’albergo!
26/07/2011
La nostra destinazione finale è Key Largo, dove abbiamo l’albergo. Prima, però, Everglades! Partendo alle 8 dall’hotel arriviamo al centro visitatori Shark Valley verso le 10.30. Scendiamo verso Naples e lì imbocchiamo il Tamiami Trail, strada sicuramente più lenta dell’autostrada ma più panoramica. Tamiami sta per Tampa e Miami, i due estremi della strada, ma il segmento più famoso è quello tra Miami e Naples, che attraversa il parco delle Everglades e il Big Cypress National Preserve. Usciti dal traffico di Naples siamo catapultati in un altro mondo, una lunga strada immersa nella natura senza nemmeno un semaforo e con pochissime automobili. Da subito possiamo ammirare il particolarissimo paesaggio delle Everglades. Visto dalla macchina sembra un prato come se ne vedono tanti da noi. Ma basta accostare e osservare da vicino e si vede che sotto il manto d’erba scorre l’enorme fiume, con una corrente talmente lenta da sembrare fermo. La fauna è ricchissima. Ci sono i famosissimi alligatori, ma anche tartarughe, pesci, tanti insetti e tutti gli uccelli che abbiamo già avuto modo di vedere a Sanibel. Tanti operatori offrono i tour sulle airboat, Arrivati a Shark Valley saltiamo sul tram aperto che entra nel parco per 12 km, fino a una torre panoramica, e poi rientra al centro visitatori. Costa 18,50$ a testa. Assolutamente necessario alle Everglades, in particolare in questo periodo dell’anno, è l’antizanzare. Noi avevamo acquistato a Boca Raton un repellente apposta per escursionisti, e con questo siamo usciti dal giro in tram e sull’airboat illesi. Zanzare ce n’erano comunque tante, e molte persone più sprovvedute sono state punte per bene. I tour sul tram è narrato da un ranger, che spiega la flora e la fauna del parco e tutti i danni che l’uomo ha portato, direttamente o indirettamente, all’ecosistema. Alcuni danni per esempi sono stati provocati dalla costrizione di un canale e del Tamiami trail, che ostacolano il corso del fiume. Un altro problema è la presenza non endemica del pitone. Alcuni si comprano il pitone come animale da compagnia fino a quando, stanchi dell’animale, non decidono di abbandonarlo nelle Everglades. Questo comportamento destabilizza notevolmente l’ecosistema, perché il pitone si piazza in cima alla catena alimentare, facendo strage di tutto ciò che riesce ad ingurgitare. Il paesaggio è diverso da qualsiasi cosa che io abbia mai visto: una prateria sterminata, sotto la quale scorre il fiume, che crea una palude fangosa dove trovano habitat tanti animali. Qui crescono anche tanti alberi, mangrovie e cipressi, che ospitano uccelli e altri animali. Ogni tanto si creano degli stagni, e questi sono i punti dove è più facile trovare gli alligatori. C’è tanta umidità e fa molto caldo, e ci becchiamo anche un bel temporale, ma fortunatamente siamo al coperto. Avvistiamo diversi alligatori, soprattutto i piccolini, mentre i grandi se ne stanno nascosti sott’acqua visto il gran caldo. Dopo il temporale, però, alcune tartarughe e diversi uccelli escono allo scoperto e riusciamo a vederne un po’. Alla torre non ci azzardiamo a salire fino in cima per le troppe zanzare, infatti le persone che sono salite scendono praticamente inseguite dalle zanzare. Una volta terminato il tour e rientrati al centro visitatori, usciamo e andiamo a mangiare nell’unico ristorante dell’area, il Miccosukee. Questa era un’area popolata dagli indiani e qui c’è la loro riserva. In questo ristorante si possono assaggiare la coda d’alligatore e il pesce gatto, e altre specialità della zona. Io scelgo un semplice panino cubano. Dopo pranzo sfidiamo le nuvole e facciamo un giro sull’airboat, nell’agenzia operata dagli indiani. Le airboat sono abbastanza sicure per L’ambiente e divertenti, ma non aspettatevi di vede molti animali perché sono molto rumorose quindi li spaventano. Infatti veniamo forniti di tappi per le orecchie. Il nostro tentativo di sfidare da sorte va male, a metà tragitto siamo sorpresi da un temporale in piena regola e arriviamo alla piattaforma di sosta bagnati fradici. Navigare con l’airboat è divertente ed è un’esperienza particolare, poiché la barca viaggia tranquillamente sull’erba e sulle ninfee, senza però danneggiarle, e dà la sensazione di volare sul fiume. Fortunatamente fa caldo nonostante abbia piovuto, così durante il viaggio di ritorno ci asciughiamo. Proprio quando ormai disperavo, alla fine del giro, non appena l’airboat viene spenta appaiono proprio vicino a noi ben quattro alligatori. Sono piuttosto grossi, un paio di metri circa, e nuotano a pelo d’acqua accanto alla barca, uno sulla destra di fianco a me e tre sulla sinistra. Vedere questi animali nel loro habitat, mentre si comportano come è per loro naturale (non come nei tour dove fanno dei teatrini con gli alligatori, tipo gli danno da mangiare, gli aprono la bocca, gli saltano sopra…) è un’esperienza fantastica ed emozionante, da provare. Lasciamo le Everglades veramente soddisfatti della nostra giornata, proseguiamo il Tamiami Trail fino all’incrocio con l’autostrada 1 e da lì scendiamo verso le mitiche isole Keys. Il paesaggio qui è molto diverso. La Lonely Planet dice che questa è una zona rurale, infatti vediamo diversi agricoltori, serre e negozi di frutta e verdura. A Homestead, dall’architettura si potrebbe essere in Messico, o a Cuba. Tanti locali e negozi portano insegne in lingua spagnola. Ci fermiamo giusto per un caffè da Starbucks poi riprendiamo il nostro cammino. La guida indica Flamingo, praticamente il punto più a sud della Florida sulla terraferma, come la zona delle Everglades più bela in assoluto. Purtroppo però è troppo lontana per noi, ci vorrebbe più di un’ora per arrivarci e poi dovremmo tornare fin qui per prendere la diramazione per le Keys, perciò lasciamo perdere. E’ il grosso rimpianto del mio viaggio in Florida, visto che oltretutto Key Largo è stata una delusione. La strada che porta alle Keys, con i guardrail azzurri come il cielo, è molto piacevole. Le isole Keys (dallo spagnolo cayo, isola) sono una catena di isolette che iniziano a sud di Miami e proseguono a semicerchio verso sud-ovest per culminare a Key West, dove si trova il punto più a sud degli Stati Uniti (continentali, perché in realtà il punto in assoluto più a sud è alle Hawaii). Le isole sono collegate dalla Overseas Highway, che è anche la strada principale di tutte le isole. Quando cercate un indirizzo, questo sarà indicato con il miglio della Overseas Highway su cui si trova seguito da una sigla, OS oppure BS: OS sta per Ocean Side, quindi sul lato rivolto sull’oceano atlantico, verso Cuba; BS significa Bay Side, e indica il lato “interno” che dà sul Golfo del Messico. Noi ci abbiamo messo mezz’ora per capirlo. Key Largo è la più grande delle isole Keys, infatti passato il ponte non si ha la sensazione di essere su un’isola, sembra di stare ancora sulla terraferma. E’ un’isola rivolta principalmente a pescatori, appassionati di immersioni e snorkeling. E’ per questo che noi ci fermiamo qui: domattina vogliamo fare snorkeling nel John Pennekamp Coral Reef State Park. Per il resto l’isola non ha molto da offrire, pochi alberghi e pochi ristoranti. Noi alloggiamo al Marina del Mar, un semplice tre stelle con colazione, e ceniamo al pessimo Coconuts Restaurant. In generale sconsiglio Key Largo, meglio tirare dritto per Key West. L’unica cosa degna di nota è il negozio Key Lime Products, dove vendono prodotti a base di Key Lime. IL Key Lime è il frutto simbolo delle Key e dovrete assolutamente assaggiare qualche specialità, soprattutto la torta Key lime pie, fatta con questo limoncino verde.
27/07/2011
Alle nove parte la battuta di snorkeling e quando abbiamo telefonato ci hanno chiesto di essere alla biglietteria per le 8. Il John Pennekamp è l’unica barriera corallina viva degli Stati Uniti continentali. Entriamo, paghiamo i nove dollari di ingresso, e andiamo alla biglietteria. Qui ci viene detto che oggi accettano solo esperti, a causa della corrente. L’unica alternativa, visto che non sappiamo fare immersioni, sarebbe la barca con il fondo di vetro, ma non ci attira quindi ce ne andiamo. Avrebbero almeno potuto avvisarci all’ingresso così non avremmo pagato i nove dollari. Le uniche altre de possibilità di fare snorkeling sono a Marathon e al Bahia Honda State Park, così ci mettiamo in strada. Usciti da Key Largo cominciamo a vedere le isolette, che attraversiamo una dopo l’altra, ponte dopo ponte, circondati da un mare dall’azzurro abbagliante. Intorno a noi tantissime barche, persone che fanno snorkeling e che pescano. L’atmosfera è rilassante e sembra di essere ai Caraibi. Attraversiamo Plantation Key e arriviamo a Islamorada, autodefinitasi capitale mondiale di pesca sportiva. Infatti vediamo tante imbarcazioni da pesca e negozi di attrezzatura per questo sport. Le isole diventano sempre più piccole e distanti le une dalle altre, e si ha la sensazione di guidare in mezzo al nulla. Le spiagge non sono molte, ma le poche che vediamo sembrano carine. Noi continuiamo attraversando Fiesta Key, Conch Key e altre, fino ad arrivare a Marathon. L’isola dove si trova Marathon è un po’ più grande delle altre, e secondo la guida c’è Sombrero Beach, una spiaggia che dev’essere molto bella. Attraversiamo il Seven Mile Brige, una notevole opera architettonica, un ponte di ben 7 miglia (quasi 11 km) che collega de isole. IL ponte dove si passa ora ha circa 30 anni, e sulla destra possiamo vedere il vecchio ponte, ora in disuso anche perché mancante di alcune parti. Il ponte è così lungo che sembra di stare in una dimensione parallela, con l’oceano tutto intorno a noi. Subito dopo il ponte arriviamo a Bahia Honda Key. Qui c’è una bellissima spiaggia, all’interno del parco, e si potrebbe fare il famoso snorkeling. Purtroppo quando arriviamo, stavolta fuori dal parco, un cartello ci avvisa che lo snorkeling di oggi è stato cancellato. A questo punto decidiamo che tanto vale tirare dritto fino a Key West. Ci fermiamo solo mezz’oretta a Big Pine Key, l’isola che ospita i piccoli cervi delle Keys, una specie in miniatura di cervo. Semplicemente guidando riusciamo ad avvistare e fotografare due esemplari. Questi animali però sono molto paurosi, per fortuna loro, quindi non riesco a fotografarli da vicino. E’ una fortuna che siano intimoriti dall’uomo perché queste creature possono essere investite facilmente. Infatti il limite di velocità a Big Pine è molto più basso che nelle altre isole, soprattutto di notte. Da qui abbiamo ancora una quarantina di km tra acque turchesi e allegri negozietti in stile caraibico, poi il conteggio delle miglia comincia a scendere 10,9,8,7… all’altezza del miglio 5 si entra nella mitica Key West. L’isola si presenta immediatamente diversa dalle altre, E’ una località molto più turistica, più abitata, vivace e vitale. IL nostro albergo è il The Grand Guesthouse e si trova all’altezza del miglio 1, quindi siamo abbastanza in centro. Arriviamo verso le 12.30 e il gentilissimo Jim, il proprietario, ci tiene in reception almeno un’ora spiegandoci e annotando minuziosamente su una cartina tutti i migliori ristoranti, le attività da fare, le attrazioni storiche di Key West, senza tralasciare i migliori locali dove bere il Margarita! Jim è una persona fantastica, e tiene molto bene il suo b&b. Abbiamo prenotato la stanza più economica, la numero 1, ma ci viene concesso l’upgrade alla numero 3, più grande. La nostra stanza è molto carina, arredata con colori pastello, e anche la zona dove si trova l’hotel è tranquilla. La cosa più importante è che abbiamo il parcheggio. Costo della stanza 99$ a notte. Per pranzo, visto che non abbiamo ancora potuto fare il check in, andiamo su consiglio di Jim al vicino El Siboney, famoso ristorante cubano. La cucina è eccellente anche se un po’ pesante, le portate sono spesso servite con plantani fritti (piccole banane verdi), molto gustosi. Il prezzo è ottimo, spendiamo in due circa 30$. Assolutamente da provare, lo danno come uno dei migliori ristoranti cubani su Tripadvisor. Dopo aver fatto un giro perlustrativo decidiamo che sarà meglio noleggiare delle biciclette, così andiamo da Jim e ritiriamo i nostri mezzi, con i quali ci dirigiamo subito alla casa di Ernest Hemngway. Il prezzo d’ingresso non è economico, 12,50$, ma è comprensivo di tout guidato e nella casa e nel giardino si possono fare fotografie e filmare. Soprattutto, si possono coccolare e accarezzare i 40 gatti che abitano qui. Hemingway amava i felini e quando viveva in questa casa aveva un gatto con sei dita di nome Snowball. I gatti di adesso sono tutti discendenti di Snowball, e circa la metà di essi ha sei dita. La casa è interessante anche dal unto di vista architettonico in quanto è l’unica di Key West provvista di cantina, e costruita con grossi massi che l’anno preservata dai danni provocati dagli uragani. Poi vediamo il Southernmost point, il punto più a sud degli Stati Uniti continentali, il cartello stradale che indica il miglio zero della US1 e la piccola Casa Bianca di Truman. Lasciamo le biciclette a circa metà di Duval Street e facciamo una passeggiata nella via più famosa di Key West, dove si trovano la maggior parte dei negozi, ristoranti, bar e locali. A quest’ora non c’è in giro molta gente, vediamo il Margaritaville, il locale dell’attore Jimmy Buffet, e il Willie T’s, il bar con tutti i dollari attaccati ai muri, alle colonne, sui tavoli, ovunque. Nel passato i marinai attaccavano un dollaro al muro scrivendoci sopra il loro nome, così da potersi garantire un piatto di zuppa anche nei giorni di pesca magra. Ci riposiamo con uno smoothie in un bar della catena Key Lime products, poi torniamo in albergo per rinfrescarci prima del tramonto. Prima di rientrare, però, passiamo dal cimitero di Key West. La particolarità, data la scarsa altezza sul livello del mare, è che le persone non vengono sepolte sottoterra, ma sopra. Tutte le tombe sono sopra il livello del suolo. Cerchiamo con poca fortuna la lapide che reca la scritta “Te l’avevo detto che ero malato”: magari a voi andrà meglio. A Key West tutte le sere ci si trova a Mallory Square ad ammirare il tramonto, in mezzo alla folla e a bancarelle di oggetti e cocktail e intrattenitori di strada di ogni genere. Il sole tramonta dietro a un isolotto, è un peccato che ci siano un po’ di nuvole ma l’atmosfera è molto conviviale. Invece di prendere un cocktail a una bancarella ci facciamo “intortare” da un bar, ci sediamo e ordiniamo da bere. E’ carissimo e ci mettono anche una vita a servirci. Mai più. Dopo lo spettacolo del tramonto ceniamo al Rooftop Café, ristorante con una cucina ottima ma prezzi un po’ altini, e prima di rientrare facciamo un altro giro in una Duval Street decisamente più trafficata e popolata. La principale attrazione locale è il pub Sloppy Joe, dove Hemingway veniva a bere, ma c’è anche il bar più piccolo di Key West, non più grande di 5-6 metri quadri. Rientrati in albergo ci decidiamo finalmente ad assaggiare il sigaro comprato a Tampa.
28/07/2011
Oggi faremo un’escursione lunga tutto il giorno con l’operatore Danger Cruises. Organizzano crociere al largo di Key West su piccole barche a vela con un massimo di 20 persone. Ci è stato consigliato da Jim e speriamo che valga i 100$ spesi. Ci avviamo al molo a piedi, piano piano, e arriviamo praticamente già stanchi visto il caldo. Una cosa che noto durante la strada è che tante case sono chiuse e sono abitate probabilmente solo in inverno, visto che i padroni non si sono disturbati a togliere le decorazioni natalizie. La barca a vela è piccola, e siamo 18 persone più tre e mezzo di equipaggio. Il mezzo è il bimbo di sette anni del capitano, che oggi accompagna il papà al lavoro. Siamo gli unici italiani sulla barca e siamo praticamente un’attrazione visto che tutti gli altri sono americani. Il mare è meraviglioso, calmo e turchese, e Key West diventa sempre più piccola fino a che non si scorge solo la sagoma dell’enorme nave da crociera della Caribbean Cruises ancorata al porto. Ci portano al largo di Key West e gettano l’ancora in una zona dalla corrente calma e dall’acqua piuttosto bassa dove possiamo fare snorkeling. Lo staff è preparatissimo, ci forniscono pinne, maschera e volendo salvagenti e giubbini di salvataggio e fanno una breve presentazione della zona e una spiegazione su come fare snorkeling e come attirare l’attenzione in caso di problemi. Ci assistono uno per uno mentre ci tuffiamo, compresi gli esperti. Qui non c’è barriera corallina, il fondo è coperto di piante acquatiche e spugne all’interno delle quali si nascondono le aragoste. I pesci sono per lo più semplici pesciolini di mare ma vediamo anche qualche colorato esemplare tropicale e qualche stella marina. La temperatura dell’acqua è perfetta, non troppo calda. Restiamo in acqua alla ricerca di qualche pesce particolare per almeno un’ora, e nessuno ci mette fretta per risalire. Una volta risaluti, di nuovo con l’aiuto dell’equipaggio, il capitano rimette in moto la nave. La nostra meta ora sono gli isolotti di mangrovie intorno ai quali faremo kayak. Nel frattempo le ragazze ci servono il pranzo a buffe: insalata di pollo al curry, pasta fredda, roast beef, arrosto di tacchino, pane, nutella formaggi vari. Mangiamo tutti in abbondanza e il cibo basta per tutti. Sulla barca ci sono anche due frigoriferi da campeggio pieni zeppi di bibite, analcoliche e alcoliche. In più splende un bellissimo e caldissimo sole. Non ci manca proprio niente. Anche prima di buttarci sui kayak ci vengono fornite indicazioni s come governarli, e ci aiutano a salire uno per uno. Noi veniamo malauguratamente inseriti nel gruppo esperti, perché il capitano non si è accorto che ho alzato la mano quando ha chiesto chi era principiante. Infatti l’inizio è drammatico, non riusciamo a remare nella giusta direzione per mancanza di coordinazione e finiamo al largo. Siamo la barzelletta della barca!!! Alla fine, con le indicazioni mirate riusciamo a riprenderci e a raggiungere il gruppo e da qui in avanti, pur sempre tenendoci a distanza di sicurezza dagli altri, riusciamo a cavarcela bene. Pagaiamo in queste acque cristalline accanto a stupende isole di mangrovie, abitate da tante specie di uccelli che ci vengono indicati e descritti dalla guida. Seguendola, ci allontaniamo anche di molto dalla barca, ma non c’è da preoccuparsi perché qui l’acqua è molto bassa, a volte raschiamo il fondo pagaiando. Una volta capito il meccanismo del kayak, la gita diventa persino rilassante, se ignoriamo il male alle braccia naturalmente. Riusciamo anche a infilarci in un tunnel creato dalle mangrovie, dove la nostra guida approfitta dell’ombra per spiegarci l’importanza di questi alberi per l’ambiente. Aiutano persino a limitare i danni provocati dagli uragani! Tornati alla barca e lasciati i kayak all’equipaggio, ci viene dato un po’ di tempo per rilassarci a mollo mentre loro tirano i kayak in barca e risistemano tutto per la partenza. Il viaggio di ritorno dura almeno mezzora, e possiamo bere una birra, prendere il sole e chiacchierare. Mi sento veramente una VIP mentre veleggiamo verso Key West! Ci vengono offerti anche dei nachos e dei biscottini alla nutella. Mi rilasso e mi godo la brezza e il panorama, e quando attracchiamo a Key West dopo la giornata sulla barca ho un attimo di cedimento nel toccare la terraferma. Siamo così cotti dal sole e stanchi che il tragitto a piedi fino all’albergo passa in un attimo, non ce ne rendiamo nemmeno conto e siamo già sotto la doccia. Usciamo, stavolta in auto, e andiamo, chiaramente, a Duval Street. Troviamo un bar dove servono cocktail frozen già pronti che vengono miscelati in una specie di granitore/centrifuga a forma di lavatrice. Ce né per tutti i gusti ma alla fine ordino un semplicissimo margarita. Andiamo a Mallory Square e ci godiamo uno splendido tramonto, stavolta senza nuvole che ne coprano la discesa, mentre assaporiamo il nostro margarita. Per cena scegliamo Caroline’s, dove assaggiamo un altro margarita, stavolta molto più buono di quello di prima, e io mi mangio (lo aspettavo da giorni) un mega hamburger con patate fritte. La cena è gustosa e il conto non salato. Facciamo l’ultima passeggiata s Duval street e poi rientriamo: dobbiamo preparare il bagagli perché domani si parte per Miami!
29/07/2011
Si parte per Miami, la nostra ultima tappa. Partiamo con molta calma, tanto la colazione da Jim è alle 8.30, e ci incamminiamo verso la città più grande della Florida. Ci godiamo la US1 in senso opposto, ce la prendiamo con molta calma. Ci fermiamo a osservare il panorama e il bellissimo mare blu. Miami è una città enorme, fatta di diversi distretti che in realtà sono comuni con un proprio municipio: Coconut Grove, North Bay Village, Coral Gables, Miami Beach, sono tanti comuni che insieme formano la grande città di Miami. Il nostro hotel un Best Western, si trova a North Bay Village, una zona facilmente raggiungibile grazie all’autostrada e piuttosto tranquilla. E’ un hotel che mi sento di consigliare, ha un ottimo rapporto qualità/prezzo (in mendi 65€ a notte) e il parcheggio gratuito, cosa che i più famosi e costosi hotel art déco di Miami Beach spesso non hanno. Miami si presenta come una città dal traffico insostenibile. Quando non siete sull’enorme turnpike a 6 corsie che riesce comunque ad intasarsi, vi ritroverete incolonnati a semafori infiniti, sia nel numero sia nella durata. Preventivate sempre il doppio rispetto a quello che dice il navigatore e non sbaglierete. Visto che è ora di pranzo e siamo quasi arrivati, ma difficilmente ci daranno la stanza, ci fermiamo in una zona che si rivelerà essere parte di Little Havana e mangiamo in un McDonald. Arriviamo in hotel nel primo pomeriggio e ci viene data la nostra stanza, una bella camera spaziosa con letto king. La nostra esplorazione di Miami parte dalla famosa Little Havana. Qui si sono venuti a rifugiare i cubani contrari al regime di Castro. La 8th Street, meglio nota come Calle Ocho, è il punto focale di Little Havana, dove si trovano i locali, bar, e la maggior parte delle attrazioni turistiche. Parcheggiamo e iniziamo a vagare per la via. Dalla macchina mi era sembrata un po’ triste, mi aspettavo una piccola via piena di locali cubani, con tanta gente in strada, invece siamo su uno stradone semi deserto con Burger King, McDonald e Subway. Scesi dalla vettura la prospettiva cambia notevolmente: per prima cosa noto le stelle stille Hollywood inserite nel marciapiede. Sono la Hall of Fame dei cubani che hanno fatto la storia: politici, scrittori, attori, e naturalmente la celeberrima cantante cubana Gloria Estefan. Da ogni bar e locale, cosa che non avevo notato nell’atmosfera ovattata dell’auto, esce musica cubana ad alto volume, soprattutto salsa, mette allegria e voglia di ballare. C’è il Maximo Gomez Park, un parco con tavoli e sedie dove gli anziani (bisogna avere almeno 65 anni) vengono a giocare a domino. I tavoli sono pieni di gente che gioca e Che guarda, e io trovo la scena molto divertente perché assomigliano tantissimo ai nostri anziani che giocano a scopa e a briscola al circolino. Urlano, imprecano, e come da noi c’è quello che non gioca ma guarda la partita con le braccia dietro la schiena. Il mondo è proprio piccolo. Dietro di loro, un murale ricorda un summit con tutti i capi di stato delle Americhe. Ci sono tanti bar e negozi di sigari, e alcuni locali storici come il Casa Panza. Noto anche diverse scuole di salsa e tanti, tanti centri per l’invio di denaro alla madrepatria, per telefonare a Cuba a costo ridotto, inviare fax e documenti. Andiamo via da little Havana e passiamo da Downtown Miami in auto. Questa zona non mi piace per niente. Per cena vorremmo concederci dopo tanti giorni una bella cheesecake, ma nonostante arriviamo alle 10 al cheesecake factory il tempo di attesa è di un’ora, quindi ceniamo al vicino Trattoria Rosalia, buono e abbastanza economico. La mia porzione di pasta è così abbondante che me la faccio dare da portare a casa.
30/07/2011
Oggi è il nostro ultimo giorno di vacanza, e visto che l’aereo partirà alle 23 abbiamo tutta la giornata davanti. A colazione stampiamo la carta d’imbarco in hotel così da essere più rapidi in aeroporto. Il tempo a disposizione è poco, quindi la spiaggia ce la possiamo scordare, ma non possiamo e non dobbiamo assolutamente perderci Miami Beach. La zona degli hotel in stile art déco, la più famosa, così come Lummus Park, si trovano a sud, così parcheggiamo sulla Collins Avenue all’altezza della 13th street, al costo non esagerato di 1,5$ l’ora. Ci incamminiamo verso la celeberrima Ocean Drive e finiamo dritti in faccia al centro visitatori. Entro fiduciosa di recuperare una cartina e qualche info, ma tutte le brochure sono a pagamento nel negozio di souvenir. Lasciamo perdere e seguiamo il percorso indicato dalla fidata Lonely Planet, che segnala comunque quasi tutti gli hotel degni di nota. Ocean Drive è molto alla moda, e non l’avrei detta così raffinata. Invece tutti gli hotel hanno dei tavolini all’aperto molto eleganti, curati nei minimi dettagli, e bar Che costano parecchio. Diversi hotel in stile art déco hanno un’auto d’epoca di fronte alla porta, tra le quali spicca una bella cadillac fucsia. Gli hotel sono molto particolari con le loro strane geometrie e i colori, a volte pastello a volte pastello a volte molto accesi. Nonostante il caldo afoso è piacevole passeggiare lungo questa strada, che purtroppo non avrò occasione di vedere di sera, con ‘unico inconveniente del traffico, molto intenso anche a quest’ora del mattino. Il traffico di Ocean Drive è molto lento e ostacolato Dai tanti autobus che faticano a fare le curve in queste vie piuttosto strette. Vediamo tutti gli alberghi delle cartoline, l’Avalon, il Park Central, il Majestic e così via. Accanto a questi alberghi si estende Lummus Park, la zona della spiaggia dove si organizzano gli eventi e gli incontri all’aria aperta. C’è anche una palestra all’aperto n po’ come a Los Angeles. Tanta gente va in bicicletta, poi c’è chi preferisce i roller o lo skateboard. Oltre Lummus Park inizia la famosissima Miami Beach, con la sua sconfinata distesa di sabbia bianca, le postazioni dei bagnini ed i bellissimi ragazzi e ragazze, palestrati, tatuati e abbronzati che la animano. Rientriamo sulla Ocean Drive e la percorriamo verso nord. Ancora si susseguono gli alberghi, e in fondo alla strada, sulla 15th street, troviamo refrigerio in uno starbucks. Ormai il tempo del parcheggio sta per esaurirsi, così torniamo sulla Collins Avenue per andare alla macchina. Qui trovo tante persone che offrono dei tour guidati di Miami, e mi viene in mente che forse per il pomeriggio vale la pena di fare un tour guidato, così da ottimizzare il poco tempo che ci resta prima di riprendere il volo. Forse nel nostro albergo c’è qualche brochure. In realtà trovo di meglio: alle 13 parte un tour guidato di 5 ore che ci verrà a prendere in hotel e ci riporterà qui per le 18. Costa 50$ e normalmente non lo avrei fatto, ma il tempo stringe così accettiamo. Se non altro ci riporteranno qui in tempo per cenare con calma e poi andare all’aeroporto, e faremo un tour al fresco dell’aria condizionata. In camera ci riscaldiamo la pastasciutta di ieri sera e prepariamo i bagagli, e per le 13 ci facciamo trovare pronti quando il simpatico Miguel ci viene a prendere. Impieghiamo più di un’ora solo per fare il giro degli alberghi e recuperare tutti i partecipanti al tour, poi, a pulmino pieno, Miguel inizia finalmente il giro guidato, spiegandoci tutte le attrazioni e i monumenti che vediamo dal finestrino. Partiamo proprio da Miami Beach. E’ ancora ora di pranzo così vedo la gente che mangia all’aperto fuori dai famosi alberghi art déco. Si rafforza la mia idea di posti costosi perché vedo viaggiare molte aragoste, ostriche ed enormi bicchieroni di cocktail. Ci spostiamo verso l’interno ed entriamo a Little Havana. Facciamo una pausa di mezzora circa a Calle Ocho, che abbiamo già visitato ieri ma che giriamo di nuovo molto volentieri. Vediamo anche un signore che sta tutto il giorno fuori da Un bar a farsi fotografare con il suo enorme sigaro in bocca. Passiamo anche per la parte residenziale di Little Havana, così ho modo di notare che la zona non è, come pensavo, interamente povera, né tanto meno degradata. Del resto, molti cubani sono qui da più di cinquant’anni quindi hanno avuto modo di fare strada negli Stati Uniti. Le nostre prossime tappe sono i quartieri residenziali per benestanti Coral Gables e Coconut Grove. Non c’è molto da dire su questi quartieri, solo ville lussuose, macchine lussuose, negozi di lusso e giardini ben tenti. Mi stupisce l’incredibile quantità di negozi di abiti da sposa. Degni di nota sono il Biltmore Hotel, 5 stelle costosissimo e famoso perché Al Capone era solito alloggiare qui nella suite residenziale, la Venetian Pool, piscina prima privata e ora pubblica decorata in uno stile veneziano un po’ pacchiano, e il cimitero di Coconut Grove, simile a quello di Key West. Lasciamo questa zona per ricchi e torniamo a Downtown Miami. Qui noto che la metropolitana è sopraelevata, probabilmente la città non è abbastanza in alto per fare una metropolitana sotterranea. Lo skyline di Miami, tanto bello visto dall’autostrada, è abbastanza deprimente una volta che si è sotto i grattacieli. Non ha di certo il fascino di New York, sono prevalentemente uffici, deserti visto che oggi è sabato. Il nostro tour finisce al Bayside Market, centro commerciale all’aperto e punto di ritrovo dei residenti. Qui ci imbarcheremo per la crociera che ci porterà a Vedere le ville dei personaggi famosi. Mentre il gentilissimo Miguel ci fa i biglietti per la crociera abbiamo modo di vedere una band che suona musica caraibica dal vivo e tanta gente, giovani e anziani, bianchi e neri tutti insieme, che balla nella piazzetta lì davanti. Questo momento mi dà proprio la sensazione di essere in una città multiculturale ben amalgamata. CI accomodiamo al secondo piano della Nave così da sentire un po’ di brezza, anche se l’imbarcazione parte con una lentezza estenuante, il che mi fa accorgere che siamo parecchio in ritardo sulla tabella di marcia. Sono le 16.30 e la crociera dura un’ora e mezzo, quindi sicuramente non saremo in hotel per le 6 come mi aveva assicurato il ragazzo alla reception. Miami vista dal mare è davvero bella, con i suoi grattacieli “vista mare” e Key Biscayne che si profila alla nostra destra. La prima isola cui passiamo accanto è Fisher Island. Qui un appartamento costa almeno 2 milioni di euro, e non c’è modo di arrivare sull’isola se non con il proprio yacht o elicottero. Qui hanno casa personaggi come Shakira, Sofia Loren e Tom Cruise. Poi facciamo il giro intorno a un’altra isola, sulle cui coste si affacciano le ville dal lusso sfrenato di personaggi come Julio Iglesias, la defunta Liz Taylor, Paulina Rubio e Puff Daddy. Alcune sono davvero esagerate, soprattutto quella con l’aria condizionata anche all’esterno. La cosa che mi stupisce è che nessuna di queste ville è aperta, non c’è proprio nessuno né in Casa né in giardino. Non che mi aspettassi di trovare Julio che prende il sole, ma il fatto che siano tutte sistematicamente deserte mi dà l’impressione che queste case siano “da esposizione”. Passiamo accanto a un isolotto con un obelisco al centro dove i residenti vengono a fare il bagno e prendere il sole, e ammiriamo lo skyline di Miami Beach, con tanti hotel con un giardino di palme sul tetto. Da questo punto di vista la città è davvero bella. Quando la crociera termina e riusciamo a tornare tutti sull’autobus sono ormai le 6 e un quarto. Considerando che siamo stati i primi ad essere caricati deduco che saremo gli ultimi ad essere lasciati giù, e non possiamo permetterci di arrivare in hotel alle 7 e mezzo. Spiego il problema a Miguel, che si guadagna una bella mancia generosa facendo uno strappo alla regola e lasciandoci giù per primi, Abbiamo così il tempo di rinfrescarci, dare un’ultima controllata per accertarci di non aver scordato nulla, fare il check-out e andare a cena. Non riusciamo a cenare ma ci prendiamo una bella fetta di Cheesecake al lime e mango da mangiare fuori dal ristorante, come al solito strapieno. Arriviamo in aeroporto per tempo, lasciamo la nostra fidata Dodge che ci ha fatto compagnia per tutto questo tempo e ci avviamo mestamente al check-in. Qui sorrido vedendo una giovane coppia che al check-in si vanta della propria abbronzatura, guadagnata in 15 giorni di esposizione al sole di Miami, e penso a quante cose ho visto e fatto io in quei 15 giorni. Torno a casa sicuramente più bianca ma anche più felice, felice di aver fatto tutte queste meravigliose esperienze, di aver provato tutte quelle attività come il kayak e lo snorkeling, di aver visto così tanti posti stupendi. Miami si allontana lentamente alle mie spalle, diventando sempre più piccola, e il cielo della Florida mi saluta con un incredibile spettacolo di lampi sopra la grande città.