Due cuori e una honda in andalusia

Nell’agosto 2008, mio marito Stefano ed io (Daniela), abbiamo percorso le roventi strade del sud della Spagna con la nostra Honda Transalp 600 ben equipaggiata con 3 bauli + borsa serbatoio, ma rigorosamente senza Gps, solo una buona “vecchia” cartina Michelin e la preziosa Lonely Planet; abbiamo raggiunto comodamente Barcellona via nave da...
Scritto da: danyt19
due cuori e una honda in andalusia
Partenza il: 08/08/2008
Ritorno il: 24/08/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
Nell’agosto 2008, mio marito Stefano ed io (Daniela), abbiamo percorso le roventi strade del sud della Spagna con la nostra Honda Transalp 600 ben equipaggiata con 3 bauli + borsa serbatoio, ma rigorosamente senza Gps, solo una buona “vecchia” cartina Michelin e la preziosa Lonely Planet; abbiamo raggiunto comodamente Barcellona via nave da Livorno e così è stato per il ritorno, scelta che si è rivelata felice visto che l’Andalusia via terra è lontana ; per i pernottamenti abbiamo scelto hotel 2 o 3 stelle, di buon livello qualitativo, prenotati dall’Italia via internet per evitare stressanti ricerche sul posto… eh sì, ci siamo finalmente concessi un po’ di confort dopo anni di tenda e sacco a pelo nelle più svariate località europee..

Venerdì 8 agosto Mentre buona parte del mondo assiste incantata davanti alla tv alla cerimonia di apertura delle olimpiadi di Pechino, noi buttiamo un occhio allo schermo e uno ai bagagli per gli ultimi controlli, poi quando tutto è pronto, vestiti di tutto punto da bravi motociclisti, alle 5 del pomeriggio si parte da Reggio Emilia sotto un sole ardente che sembra di essere già in terra spagnola; viaggio regolare, arriviamo al porto di Livorno con largo anticipo sull’ora di ritardo con cui è partita la nave, sbrighiamo le formalità, saliamo a bordo e ci prepariamo a passare la notte e buona parte della giornata seguente sui morbidi divanetti della grande nave veloce (anche se 20 ore di viaggio con il mare mosso non sono una passeggiata).

Finalmente la sera del giorno successivo, illuminata da uno splendido tramonto, ecco pararsi davanti a noi la agognata costa iberica e via via che ci avviciniamo al porto, vediamo le luci di Barcellona accendersi e accoglierci danzando..

Domenica 10 agosto Ci svegliamo di buon mattino dopo un bel sonno ristoratore in un alberghetto semplice ma confortevole sulla Parall-el (la moto ha fatto nanna rigorosamente al chiuso in un parcheggio custodito, come ha fatto per quasi tutto il resto della vacanza, soprattutto nelle grosse città), colazione e poi ci sgranchiamo un po’ le gambe in vista dei km che ci aspettano, passeggiando sulla Rambla semideserta data l’ora; conosciamo già Barcellona e il suo fascino perciò stavolta è solo un saluto veloce e ci mettiamo in sella destinazione sud.

Usciamo dalla città ed imbocchiamo l’autostrada senza nessuna difficoltà, ci accompagna un traffico intenso ma scorrevole e sullo sfondo un tetro paesaggio industriale, poi piano piano si fà spazio la campagna gialla e verde e tutto assume una dimensione più umana, nel nostro tranquillo andare ogni tanto veniamo superati da auto e moto con targa italiana che suonano il clacson e ci salutano e io trovo la cosa divertente perché mi fa sentire un po’ a casa nonostante la distanza.

Oggi tappa di avvicinamento, non vogliamo stordirci con troppa strada, per cui oltrepassata Valencia deviamo verso l’interno, il traffico si dirada, i campi sono sempre più brulli e dopo alcune soste di servizio, nel tardo pomeriggio giungiamo ad Almansa, tranquilla cittadina adagiata ai piedi di un bel castello; doccia, riposino poi affamati ci dirigiamo verso il centro città ma non abbiamo tenuto conto degli orari spagnoli – oggi è domenica c’è un sacco di gente in giro, ma tutti nei bar a prendere l’aperitivo – per cenare bisogna attendere oltre le 21.30, prima di ristoranti aperti, neanche l’ombra; placati i morsi della fame, siamo ormai molto stanchi e andiamo a goderci una notte di meritato riposo al fichissimo Hotel Blu, una stanza tutta specchi e faretti, moderno e pulitissimo, filodiffusione nei corridoi e centro benessere (che noi non abbiamo utilizzato), uno dei migliori di tutta la vacanza, voto 10 (€. 93 in due a notte, parcheggio e colazione compresi).

Lunedi 11 agosto Dopo una luculliana colazione a buffet, di nuovo in marcia, ci aspetta Cordoba, dove arriveremo nel primo pomeriggio; siamo immersi nel paesaggio spagnolo che avevo sempre immaginato, un alternarsi di campi verdi e colline brulle a perdita d’cchio, nastri d’asfalto che salgono all’orizzonte e sembrano poi lanciarti nel nulla di una discesa infinita su una moto che corre incontro ai miraggi, spinta da un vento caldissimo; mi percorre il brivido della vertigine, comincia a girami la testa, dev’essere la velocità o forse il caldo, prego Stefano di fermarci un poco per riprendere fiato e in una piccola oasi d’ombra sfogo finalmente in pianto quel pizzico di tensione che mi accompagna quasi sempre all’inizio di un viaggio lontano dalle miei radici… ma è un’ emozione di cui non potrei fare a meno, amo troppo viaggiare fuori e dentro di me, così mi trovo spesso “fra la via Emilia e il West” per dirla con le parole del cantautore Francesco Guccini.

Ora và molto meglio, si può riprendere con calma la strada, la campagna si popola via via di costruzioni e cartelloni pubblicitari, siamo in vista di Cordoba, abbandoniamo l’autostrada per dirigerci verso il centro città, costeggiamo il Rio Guadalquivir e seguendo l’ottima segnaletica stradale e turistica, in breve tempo raggiungiamo il delizioso Hotel Maimonides (€. 137 2 notti con parcheggio e colazione) proprio di fronte alla Mezquita, l’unico problema è che per arrivarci bisogna percorrere un senso unico contromano oppure un dedalo di viuzze pedonali.

Dopo esserci rinfrescati e riposati, andiamo subito alla scoperta di Cordoba, una piacevole cittadina vivace ma tranquilla, a misura d’uomo; passeggiamo per i vicoli della Juderia, l’antico quartiere ebraico, con le sue casette candide e i suoi patios fioriti, visitiamo la Sinagoga e la Casa Andalusì splendidamente arredata in stile arabo, sbirciamo attraverso i portoni delle arabeggianti sale da the e infine ceniamo nel patio di un bel ristorantino, dove assaggiamo un ottimo salmorejo, crema di verdure variante locale del più famoso gazpacho andaluso; per concludere la serata, spettacolino di danza e musica in una piazzetta allestita a sagra paesana per l’occasione, con bambinette “incartate” nei tipici abiti rossi a pois bianchi, il tutto un po’ kitch ma molto divertente, complice anche una buona copa di manzanilla, il tipico vino locale color camomilla, squisito ma decisamente robusto.

Martedì 12 agosto A colazione ci attende un buffet ricco di ogni ben di Dio che si può consumare nella grande sala dell’albergo oppure nel patio, poi di buon mattino visto che dalle 9 alle 10 l’ingresso non si paga, ci accingiamo a visitare la Mezquita, la stupenda moschea-cattedrale che è uno dei più importanti esempi di arte islamica del mondo occidentale. Tralascio i particolari storici e architettonici (come farò per gli altri monumenti visitati) per i quali vi rimando alle guide turistiche e rammento quanto è stato piacevole passeggiare con il naso all’insù ammirando il reticolo formato da quasi un migliaio di colonne ed archi rossi e bianchi, rincorrere sul pavimento i giochi di luce colorata creati dal sole attraverso i mosaici, poi rinfrescarci alla fontana del Patio de los Naranjos, il bel cortile alberato sul quale domina incombente la sagoma del minareto.

Una volta fuori dalle mura del complesso, ci addentriamo di nuovo fra antichi vicoli e cerchiamo Calleja de las Flores per fotografare come nelle cartoline il campanile della Mezquita incorniciato tra gerani e strette mura, ma ad agosto i fiori non fanno una gran bella mostra di sé. Ormai se ne è andata la mattinata, rimane solo il tempo per due leggeri bocadillos e per recuperare in camera i costumi da bagno, alle 14 ci aspetta l’Hammam, i Bagni Arabi. Abbiamo prenotato l’ingresso ieri direttamente sul posto (31 euro per bagno, massaggio di 15 minuti e the) e consigliamo vivamente questa piacevole esperienza di puro relax in un ambiente affascinante con luce soffusa, pareti rosse e sottofondo di musica araba, dove ci si può immergere (rigorosamente in costume da bagno) in vasche di acqua tiepida, calda e fredda e lasciarsi galleggiare ammirando sull’acqua i giochi di luce del sole che filtra dai fori a stella della volta del soffitto.

Completiamo il quadretto idilliaco con un massaggio rilassante con olio profumato all’arancia, poi ci fermiamo a sorseggiare un the aromatizzato alla frutta, nella bella teteria araba sopra ai Bagni.

Tutta questa tranquillità ci ha fatto venire sonno e ritorniamo in hotel dove ci concediamo un pisolino di un’oretta, poi via di nuovo a conoscere la parte nuova della città che si estende a ridosso di Plaza de las Tendillas, la piazza principale, dove si possono ascoltare le campane dell’ orologio suonare un’improbabile flamenco e se si è un po’ bambini ci si può tuffare sotto gli alti getti di una moderna simpatica fontana; noi ci siamo limitati a fotografare alcuni ragazzini che si divertivano tra scherzi e spruzzi dorati poi abbiamo proseguito curiosando nelle vetrine di bei negozi senza tralasciare una sbirciatina agli immancabili Zara e El Corte Ingles; cena in un bel localino affollato nei pressi della Juderia (la Taberna Rafaè) con bis di Manzanilla; col cuore leggero concludiamo romanticamente la serata su una panchina del Puente Romano (appena ristrutturato e completamente pedonale) e ci lasciamo accarezzare da un vento caldo, mentre un solitario suonatore di sassofono e le luci della città rendono l’atmosfera davvero magica.

Mercoledì 13 agosto Oggi lasciamo Cordoba per continuare il nostro viaggio verso Siviglia, non prima però di avere visitato in mattinata l’Alcazar de los Reyes Cristianos, la fortezza che fù appunto dapprima residenza reale e poi prigione, chiusa solo mezzo secolo fa. Il palazzo non presenta particolari attrattive ma meritano una visita i giardini a terrazza, ricchi di siepi, fiori, fontane e laghetti.

In un paio di orette scarse di viaggio lungo un’autostrada tutta saliscendi, con le immense figure dei tori pubblicitari che si stagliano all’orizzonte, giungiamo a Siviglia e questo è stato l’unico momento in cui il satellitare sarebbe stato benedetto: consultiamo cento volte la cartina, chiediamo informazioni ma non riusciamo a districarci nel labirinto dei sensi unici, confusi anche da una calura opprimente, finchè un colpo di fortuna ci porta direttamente di fronte all’ufficio turistico di Plaza de san Francisco, dove una gentile signorina in un italiano quasi perfetto ci consegna una mappa dettagliata con tutte le indicazioni per arrivare all’hotel Cervantes (€ 214 3 notti con parcheggio) a dieci minuti di cammino dalla cattedrale. Siamo stravolti e non usciamo dall’albergo fino alle 5 del pomeriggio, ma le strade sono quasi deserte e decidiamo di cercare un po’ di sollievo all’ombra della Casa de Pilatos, bella residenza nobiliare ricca di azuleios, le tipiche piastrelle decorate e di motivi ornamentali in stile mudejar (consigliamo il biglietto intero, 8 euro con visita guidata al piano superiore dove si può ammirare anche un piccolo dipinto del Goya), poi ci riposiamo un po’ nel vecchio patio ombroso dove cespugli rampicanti abbracciano pareti dipinte di rosa scrostate dal tempo, quasi a volersi sorreggere a vicenda, in un insieme molto decadente e poetico.

Di nuovo in strada, sosta in un baretto con i tavolini all’ombra per gustare un bel bicchierone di sangria fresca poi andiamo a fare conoscenza con il delizioso Barrio de Santa Cruz, vicino alla cattedrale, la zona di Siviglia dove più abbiamo lasciato il cuore e vaghiamo senza una meta precisa tra gli stretti vicoli e le piazzette pieni di negozietti, localini vari e bar de tapas; notiamo diversi manifesti che pubblicizzano esibizioni di flamenco e siccome abbiamo tutta l’intenzione di assistere ad almeno uno spettacolo, chiediamo informazioni, ci consultiamo e fatti due conti in tasca decidiamo di prendere i biglietti per la sera seguente per l’esibizione delle 22.30 alla Casa della Memoria, sede di un’associazione culturale, consigliata per la qualità anche dalla guida Lonely Planet; il costo è modico (14 €) unico neo non si può fotografare durante lo spettacolo ma solo nei 5 minuti finali, per questo Stefano appassionato fotografo rimane un po’ deluso, ma gli prometto che andremo a vedere un altro spettacolo alle cuevas di Granada dove potrà scatenarsi con gli scatti. Intanto dopo tutto questo girovagare abbiamo una gran fame e ci scateniamo con le tapas che io adoro in tutte le loro forme e sapori; sulla strada del ritorno rimaniamo affascinati dalla cattedrale e dalle piazze illuminate e dall’atmosfera di festa e magia che si respira a Siviglia di notte.

Giovedì 14 agosto Dopo una pessima colazione con croissant e caffè in un bar centrale ci dirigiamo verso l’ingresso della cattedrale ma scopriamo che a causa di una funzione in corso, dovremo rimandare la nostra visita di qualche ora; andiamo allora a passeggiare lungo il Guadalquivir dove partono le barche che portano a fare le crociere sul fiume, fotografiamo la Torre del Oro, antica torre di vedetta, poi poco più avanti ammiriamo l’esterno della famosa Plaza de Toros de la Real Maestranza, la bella arena coi muri dipinti di bianco e di giallo, abbaglianti nel sole; ci sono visite guidate tutti i giorni, ma noi dopo un’inevitabile conflitto di coscienza, decidiamo invece di acquistare i biglietti per assistere alla corrida di Ferragosto che si terrà proprio l’indomani, perché pensiamo che sia l’unico modo per comprendere il rapporto degli spagnoli con i tori e con questa forma di arte cosi profondamente radicata nella loro cultura.

Ritorniamo poi verso la cattedrale e finalmente varchiamo la soglia di questo regno della maestosità e dell’ opulenza; è veramente enorme, una delle più grandi del mondo, e spettacolare, come spettacolare è la veduta della città dall’alto della torre della Giralda, la vista spazia sugli antichi quartieri e sui sobborghi moderni, sulle innumerevoli piscine sui tetti degli alberghi, sulle colline circostanti e sugli avvenieristici ponti sul Guadalquivir, progettati dall’architetto catalano Santiago Calatrava, caro a noi reggiani anche per avere progettato le cosiddette “Vele”, i ponti che sovrastano l’autostrada del sole nei pressi del casello della nostra città. A pranzo, seguendo il validissimo consiglio di una coppia di turisti per caso, scegliamo il Cafè Bar las Teresas nel Barrio de Santa Cruz, dove in un ambiente suggestivo con i prosciutti penzolanti dal soffitto, piastrelle decorate su tavoli e pareti e fotografie sbiadite di toreri, gustiamo ottime tapas e sangria al costo decisamente modesto di circa 15 € in due; ci incamminiamo poi verso il Parque de Maria Luisa per goderci una siesta all’ombra ma la calura non concede tregua nemmeno lì, troviamo che l’ambiente sia piuttosto trascurato e le piscinette dove avremmo voluto rinfrescarci i piedi, sono sporche e poco invitanti quindi ci spostiamo nella vicina stupenda Plaza de Espana coronata da un imponente edificio semicircolare in mattoni rossi e azulejos che raffigurano mappe ed eventi legati ad ognuna delle provincie spagnole. Dopo aver scattato decine di fotografie ai giochi di luce ed ombre creati da archi e colonne ci dissetiamo con una delle buonissime granite al limone che si trovano un po’ ovunque nei chioschetti lungo le strade, poi rientriamo in albergo per una doccia e un cambio d’abito: stasera flamenco! Al centro di un bel patio fiorito, con fontanella e petali di rosa sparsi sul pavimento, il tablao, il quadrato di legno dove una coppia di ballerini fa risuonare i tacchi ad una velocità incredibile per un’ora e mezza, seguendo il ritmo della chitarra e il battito delle palmas; rimaniamo incantati dall’intensità dell’intepretazione, dalla musica, dagli sguardi, dalle balze del vestito che la “bailaora” fà volare con sensualità; quella sera però, ancora non sò che al ritorno da questa terra magica, la sua cultura mi avrà affascinato così tanto che deciderò di iscrivermi ad un corso di baile flamenco in una scuola di danza della mia città e che ciò si rivelerà una piacevolissima esperienza… Venerdì 15 agosto Ferragosto, La Asunciòn festa nazionale molto importante per i cattolicissimi spagnoli, che fin dalle prime ore del mattino si riversano nelle strade vestiti dei loro abiti migliori, diretti ad assistere alle numerose funzioni religiose.

Una robusta ma poco economica colazione da Starbucks, ci dà l’energia per goderci la visita all’Alcazar di Siviglia e ai suoi stupendi giardini che ci sono piaciuti forse di più di quelli dell’Alhambra. L’Alcazar costruito nel 913 come fortezza per i governatori cordoviani di Siviglia è stato poi nel corso dei secoli ampliato e modificato dai vari regnanti che si sono succeduti, dai musulmani agli almohadi, ai re cristiani e tuttora la famiglia reale spagnola, in occasione delle visite a Siviglia vi soggiorna, occupando le stanze denominate Cuarto Real Alto, quartieri reali superiori appunto, ai quali è possibile accedere con una visita guidata e ad ingresso limitato. Si depositano borse e zaini negli armadietti all’ingresso dopo averli fatti passare sotto il metal detector e ci si immerge in un mondo fiabesco di sale, saloni e soffitti meravigliosamente decorati e arredati, che vale assolutamente la pena visitare. Passeggiamo poi nei giardini fioriti dove un intreccio di siepi ben curate e alberi altissimi creano una specie di labirinto punteggiato dalle immancabili basse fontanelle decorate in bianco e blu.

Dopo tanta meraviglia torniamo al mondo reale.. È ora di andare a scoprire il Barrio di Triana, il famoso quartiere gitano al dilà del fiume, con le sue abitazioni e le chiese dipinte di rosso, giallo e bianco, che è un centro importante di produzione di ceramiche e azulejos, infatti sui muri delle case si trovano numerosi mosaici raffiguranti immagini religiose. Purtroppo essendo mezzogiorno di un giorno festivo, le strade sono semideserte e i negozietti e laboratori di ceramica tutti chiusi, per cui ci spostiamo verso la via principale in cerca di uno dei caratteristici bar de tapas, dove ci sfamiamo con una bella porzione di calamari fritti e insalata, su tavolini di legno appiccicosi almeno quanto il pavimento sottostante, ma fà tanto atmosfera… Beh, ora abbiamo proprio bisogno di un po’ di riposo perché sarà una serata impegnativa… alle 20 ha inizio la Corrida. Con largo anticipo ci dirigiamo con i nostri biglietti e una grossa bottiglia di acqua gelata verso la Plaza de Toros, dove già parecchia gente comincia ad affollare le gradinate; come molti altri turisti abbiamo scelto il posto al sole, perché più economico e per un’oretta dovremo soffrire un po’, ma per ora lo spettacolo dell’arena infuocata all’ora del tramonto, in febbrile attesa, è molto emozionante. Emozione che si accentua quando al suono delle fanfare il toro fa il suo ingresso nell’arena incalzato prima dai peones, i giovani toreri, poi dai banderilleros e dai picadores a cavallo; appare infine il matador, luccicante nel suo abito a colori vivaci, sguardo fiero, cappa e spada, a interpretare una danza elegante e macabra con l’animale già ferito e sanguinante, tra gli olè di incitamento del pubblico e le urla strazianti del toro che non vuole morire, che combatte con orgoglio fino all’ultimo respiro, fino a quando l’ultima stoccata con la spada non mette fine al suo quarto d’ora di gloria e alla sua vita… Allora si levano dagli spalti urla e applausi e dopo le migliori intepretazioni anche fazzoletti bianchi e questo darà diritto al torero di tagliare una o anche tutte e due le orecchie del toro e di mostrarle al pubblico adagiate su di un cuscino, in un giro d’onore all’interno dell’arena; dopo che si è consumato il sacrificio la vittima viene portata fuori legata per le zampe e trainata da due cavalli infiocchettati, scena alla vista della quale non sono riuscita a trattenere le lacrime.

Non credo che il morire in gloria piuttosto che in un mattatoio qualsiasi, ripaghi il toro di tanta sofferenza, ma rimando la questione ad altri spazi; personalmente non rinnego la scelta fatta di vedere questo tipo di spettacolo, ma non ne vedrò più altri.

Sabato 16 agosto Stamattina presto lasciamo Siviglia, direzione estremo sud, ma prima faremo una sosta per visitare Ronda. Dopo esserci districati non senza una certa difficoltà, tra periferia, superstrade e svincoli, ci inoltriamo in un territorio montuoso, verde e piuttosto selvaggio, punteggiato qua e là di piccoli paesini bianchi ( i pueblos blancos) aggrappati ai fianchi delle montagne. L’aria quassù è ancora un po’ fresca così decidiamo di fermarci per un caffè in una specie di bar-trattoria lungo la strada, frequentato da gente del posto che fà colazione in piedi al bancone, con fette di pane tostato spalmate con intrugli strani prelevati ognuno con la propria posata da scatolette in comune poste sul banco in mezzo a pile di tazzine sporche, mentre il pavimento è tappezzato di cartacce e cicche di sigaretta; ci guardiamo intorno un po’ sconcertati e scopriamo pure alcune gabbiette di volatili cinguettanti, appese proprio sopra il bancone del bar – non ci resta che ridere e scappare! Arriviamo a Ronda verso mezzogiorno, lasciamo la moto carica con tutti i bagagli in un parcheggio coperto custodito così possiamo restarcene tranquilli per alcune ore e per prima cosa ci avventiamo su due saporiti bocadillos consumati su una panchina all’ombra, con vista sulla spaccatura del Tajo che appunto taglia in due la città di Ronda; passeggiamo poi in direzione del Puente Viejo da cui si gode la visione spettacolare del fiume che scorre nella gola e ci spingiamo fino ai vecchi bagni arabi risalenti al XIII secolo ancora ottimamente conservati. Passando per piazzette alberate e viuzze su cui si affacciano bei palazzi signorili attraversiamo il Puente Nuevo che collega la città vecchia con quella nuova, ci scattiamo un bel po’ di foto turistiche nella balconata sull’orlo del precipizio, poi decidiamo di andare a vedere la Plaza de Toros (stavolta senza toros), una delle più belle e antiche di Spagna e dal centro dell’arena contempliamo in rispettoso silenzio le arcate in arenaria rosa in contrasto con il blu acceso del cielo, cercando di non far caso alle mosse di alcuni turisti che armati di foulard e fotocamere inscenano improbabili duelli fra tori e toreri.

Lasciamo Ronda dopo essere rimasti un buona mezz’ora a riposarci su una panchina contemplando la bella facciata dipinta in bianco e giallo della chiesa di Nuestra Senora del Socorro.

La spettacolare strada che ci avvicinerà alla costa attraversa un bel paesaggio di montagna, sfiora minuscoli borghi in mezzo al nulla e corre verso un ampio orizzonte di colline verdi che ci accompagna fino a Castellar de la Frontera, un tranquillo e ordinato paesino situato a circa 10 km dalla costa in prossimità di Gibilterra e non troppo lontano da Tarifa (dove avremmo voluto far tappa ma non abbiamo trovato posto). L’Hotel Castellar che ci ospita per 3 notti, è nuovo e pulito, arredato in stile campagna molto raffinato, decorato in delicati toni pastello, con una bella piscina, colazione abbondante e un buon rapporto qualità prezzo (€ 265 3 notti con parcheggio e colazione). Sarebbe l’ideale per passare qualche giorno in assoluto riposo, ma per noi è solo una base da cui partire per visitare altre amene località dei dintorni.

Tuffo in piscina e cena in paese in un ristorantino molto spartano, carne alla griglia superlativa ed economica, un bicchiere di tinto de verano, leggero vino rosso simile alla sangria, chiacchiere in un’atmosfera semplice e rilassante.

Domenica 17 agosto Oggi mare! La nostra destinazione è la famosa spiaggia di Bolonia, un paradiso di sabbia bianca e mare blu sulla Costa de la Luz a circa una ventina di km. Da Tarifa, dove arriviamo in tarda mattinata, dopo aver attraversato la brutta e trafficata città di Algeciras e dopo essere rimasti bloccati nel traffico a causa di un brutto incidente stradale.

La strada che corre tra Algeciras e Tarifa è un grosso serpentone che attraversa un altopiano, tutta saliscendi, con larghi curvoni che invogliano alla velocità e per questo a mio avviso piuttosto pericolosa, ma offre vedute mozzafiato soprattutto quando dall’alto della collina disseminata di giganti pale eoliche per la produzione di energia elettrica appare laggiù in fondo la bianca Tarifa e all’orizzonte il profilo dell’Africa.

Bolonia ci accoglie con una leggera brezza e la sua grande duna di sabbia dove ci si può arrampicare per poi lasciarsi rotolare giù e divertirsi come bambini, accecati dalla luce abbagliante del mezzogiorno; il sole scotta, non possiamo restare a guardare l’oceano senza desiderare di farci accarezzare dalle sue onde, ci tuffiamo ma l’acqua è gelida, il tempo di qualche bracciata e siamo di nuovo sulla spiaggia ad asciugarci! Passiamo il resto della giornata leggendo e passeggiando, poi quando torniamo al parcheggio per riprendere la moto, ne troviamo accanto una uguale alla nostra, proprietà di una simpatica coppia di milanesi, che ci ha lasciato un bigliettino di saluto sul serbatoio, così scopriremo che fanno parte anche loro della stessa associazione di mototuristi alla quale siamo iscritti anche noi; li ritroveremo a Tarifa la sera, ma potremo scambiare solo poche parole perché loro sono in procinto di prendere il traghetto per il Marocco e da lì ritornare a Genova; ci ha fatto comunque piacere incontrarli e ci siamo lasciati scambiandoci gli indirizzi e-mail e dandoci appuntamento per un bel giro sull’appennino emiliano… La nostra domenica prosegue curiosando nei vicoli della città vecchia, fra negozietti e localini pieni di bella gioventù abbronzata, per poi costeggiare le mura del castello nell’ora del tramonto e salire al Mirador dal quale si gode una vista spettacolare sullo stretto braccio di mare che separa l’Europa dall’Africa e sul profilo azzurro dei monti del Marocco, vicinissimo nella limpidezza della serata estiva. Sulla via del ritorno, nel buio della notte ci fermiamo ad ammirare in silenzio le luci tremule del continente africano.

Lunedi 18 agosto E’ il turno di Gibilterra..Dirò subito che è il luogo che mi ha entusiasmato di meno, di tutta la vacanza, sarà perché preferisco le atmosfere latine a quelle anglosassoni o perché non mi sono interessata a sufficienza alla sua storia o ancora perché quella mattina avevamo voglia di farci un bagno in mare, fatto stà che dopo avere raggiunto la base della rocca dall’ interessante profilo ed aver percorso la strada che la costeggia, fino al punto panoramico di Europa Point e aver scattato alcune fotografie con il Marocco sullo sfondo, abbiamo snobbato funicolare e scimmiette e abbiamo ripreso la strada verso la Spagna. La cosa che mi ha suggestionato di più di Gibilterra è la pista dell’aeroporto che taglia in due l’unica strada di accesso, che viene chiusa al traffico come se fosse un passaggio a livello del treno, nel momento in cui qualche aereo decolla o atterra. Abbiamo avuto la fortuna di arrivare proprio nel momento in cui dovevano decollare tre grossi aerei e ci siamo goduti lo spettacolo in prima fila nonostante un fiscale poliziotto inglese mi abbia intimato di non allontanarmi dalla moto per fare fotografie, come avrei voluto.

Raggiungiamo anche oggi la Costa de la Luz, attraversando una campagna ondulata e disseminata di centinaia di moderni mulini a vento e scegliamo una spiaggia isolata poco lontano da Los Canos de la Meca e dal famoso faro di Trafalgar, ci crogioliamo al sole di questa bella giornata insolitamente senza vento e riusciamo finalmente a concederci un bel bagno ristoratore tra le onde tiepide. Nel tardo pomeriggio siamo di nuovo a Tarifa per fare un po’ di shopping nei bei negozi di articoli sportivi, che vendono principalmente abbigliamento colorato e ogni tipo di attrezzatura per surfisti. Rientrati a Castellar ceniamo di nuovo nel ristorantino della prima sera, poi a nanna che domattina si riparte.

Martedì 19 agosto Oggi è il mio compleanno, Stefano mi sveglia con un bacio e mi fa subito gli auguri; prepariamo i bauli e dopo una buona colazione (che pensavano di dover pagar a parte e scopriamo compresa nel prezzo dell’albergo), siamo di nuovo in sella con destinazione l’affascinante Granada. Percorreremo quasi tutto il tragitto in autostrada per evitare il traffico e nel primo tratto del percorso, mentre costeggiamo dall’alto la Costa del Sol, assistiamo ad un curioso fenomeno: una densa nebbia avvolge le cittadine costruite a picco sul mare, con assurdi grattacieli e mega alberghi che svettano al di sopra della cappa bianca. Tornando verso l’interno il cielo si fa più terso e i campi sono di un caldo colore giallo bruciato; oltrepassiamo colline e vallate fino a che davanti a noi si staglia il grande profilo della Sierra Nevada ai piedi della quale è adagiata Granada. Quando entriamo in città si ripete l’ormai consueta scena che mi vede sfilare dal marsupio carte e cartine che svolazzano al vento e urlare a Stefano la direzione da prendere; passiamo davanti alla stazione degli autobus e ci fermiamo a raccogliere le idee..Si siamo sulla strada giusta per l’albergo prenotato, eppure.. Ma per fortuna ci affianca una specie di angelo custode in motorino, forse uno dei tanti messi a disposizione dalle amministrazioni locali, che con tanto di giubbottino catarinfrangente ci chiede dove siamo diretti e ci invita a seguirlo, tanto che in pochi minuti giungiamo a destinazione, l’hotel Carlos V (€ 94 per due notti ma senza parcheggio ne colazione), proprio a 5 minuti a piedi dal centro città. Situato in un anonimo palazzone un po’ datato, dapprima ci lascia un po’ perplessi, poi scopriamo che l’albergo, tutto sul 4° piano del palazzo, anche se 1 sola stella è molto carino e colorato, rinnovato di recente e discretamente pulito; c’è anche la doccia con l’idromassaggio, una vera chicca! Una doccia e un riposino sono d’obbligo prima di andare a scoprire questa amena cittadina dove il termometro in questi giorni passa sovente i 40 gradi. Partiremo poi seguendo l’itinerario consigliato dalla Lonely Planet, dalla visita dell’Albayzin, il vecchio suggestivo quartiere arabo, passando per la Carrera del Darro, una viuzza che si snoda lungo una valletta scavata proprio sotto le mura dell’Alhambra, con scorci pittoreschi e vari negozietti di coloratissima merce araba di ogni tipo, lampade, specchi, tappeti, argenterie e infiniti tipi di the aromatici e molto altro ancora. Ci inerpichiamo fra gli stretti vicoli deserti del quartiere fino ad arrivare allo spettacolare Mirador San Nicolas una balconata con vista sull’imponente mole dell’Alhambra e sulla Sierra Nevada alle sue spalle. In questa zona ad alta concentrazione turistica, le guide consigliano di tenere bene a bada le proprie cose contro il rischio degli scippatori, cosa che io essendo piuttosto timorosa non mi faccio certo ripetere due volte e cammino guardandomi le spalle ! Proprio a fianco del piazzale del belvedere, sorge una nuova bella moschea tutta bianca, della quale si possono visitare gli incantevoli giardinetti pieni di fiori e fontanelle e dove il custode vende a pieno ritmo bicchieri di squisita limonata aromatizzata con foglie di menta. Dopo esserci ristorati, scendiamo di nuovo verso il centro, ammirando dall’alto i tetti delle case, la sagoma della cattedrale e i monti circostanti. Stasera per festeggiare vogliamo cenare in un locale tipico e su consiglio della guida scegliamo la famosa Bodegas Castaneda, che appena entrati ci accoglie con un incredibile caos di persone ammassate al bancone o appoggiate alle botti di legno che fanno da tavolino. E’ tutto un vociare, un viavai di camerieri efficientissimi che urlano la “comanda” a chi stà dilà in cucina, una caccia al posto… È molto divertente, molto spagnolo…Passiamo dieci minuti in piedi in un angolino appoggiati ad una botte studiando la situazione, poi uno dei magici camerieri ci trova un posto a sedere ad uno dei tavolini addossati alla parete e allora via con tortilla e tapas di tutti tipi e bis di sangria, mentre una grossa testa di toro imbalsamato ci osserva dall’alto in mezzo agli immancabili prosciutti penzolanti. Spendiamo circa 20 euro in due ed usciamo sazi e contenti, pronti per un bel giro di shopping nei negozietti che avevamo individuato nel pomeriggio. Mi regalo un specchio con cornice in stile arabo e acquisto bicchieri da thè e alcune scatoline decorate, da regalare alle mie amiche; passeggiata fra le luci della città.

Mercoledì 20 agosto E’ arrivato il giorno dell’Alhambra! Speriamo che tutto vada come da progetto… L’aspettativa è alta e la visita richiede una buona organizzazione. Abbiamo acquistato i biglietti via internet circa un mese fà (indispensabile farlo per evitare code kilometriche e scarsissime possibilità di accesso) scegliendo per l’ingresso al Palazzo dei Nasridi l’orario delle 14.30, vietato sgarrare o non si entra più. Prima di uscire dall’albergo, acquistiamo alla reception i biglietti per lo spettacolo di flamenco che si tiene come ogni sera nelle grotte del quartiere gitano di Sacromonte, organizzato appositamente per i turisti, ma in un’ ambientazione abbastanza “ruspante” (spettacolo, consumazione, trasferimento dall’hotel in pulmino, con sosta al Mirador san Nicolas per ammirare le luci dell’Alambra, il tutto per 25 euro, ne vale la pena; in molti alberghi si possono trovare i biglietti per gli spettacoli, con ampia scelta di proposte e di costi). Passiamo la mattinata visitando la bella cattedrale di Granada che dapprima ci accoglie con le immancabili zingare (che dribliamo abilmente) che vendono rametti di rosmarino portafortuna (!?) appena fuori dall’ingresso e poi ci affascina con le sue volte e le sue colonne bianche che svettano verso l’alto; ci spostiamo poi nella sontuosa Capilla Real a fianco della cattedrale, dove nella cripta dall’atmosfera lugubre e inquietante riposano i famosi re cattolici Ferdinando di Aragona e Isabella di Castiglia, vegliati dalle loro stesse statue; nella sacrestia c’è invece un piccolo museo contenente scettro e corona reale e vari oggetti d’arte, nonché una bella collezione di quadri fiamminghi. Verso mezzogiorno cominciamo ad  avvicinarci alla meta; in Plaza Nueva compriamo dei panini che mangeremo più tardi, poi di fronte ad una indicazione che promette: Alhambra 800 mt, abbiamo la brillante idea di percorrerli a piedi facendo una passeggiata..Che vuoi che siano per degli escursionisti esperti come noi… NON fatelo! E’ una salita sfiancante sotto il sole, i metri sono molti di più e ci sono comodi pulmini che in pochi minuti dal centro città ti portano direttamente davanti alle biglietterie (al ritorno non ce lo siamo fatti sfuggire). Una volta arrivati alle biglietterie non è che sia tutto semplice, ci sono code e sportelli ovunque ma finalmente dopo avere chiesto varie informazioni al personale di servizio, veniamo indirizzati alle macchinette automatiche da dove inserendo il numero di prenotazione e la carta di credito con cui abbiamo pagato esce il biglietto magico che ci dà accesso a questo regno incantato. Ora possiamo rilassarci un po’ e gustarci i nostri bocadillos all’ombra, in attesa che venga il nostro turno di visita e… Beh, devo dire che non si può andare in Andalusia senza visitare L’Alhambra: tutto il complesso di questa cittadella è un mondo a parte, un vero gioiello di architettura ed imponenza, un patrimonio di storia e suggestione dipinto d’oro dai raggi del sole, ma la vera chicca è il Palazzo dei Nasridi (il Palazzo degli Emiri, loro si che se ne intendevano..), con una tale ricchezza di decorazioni di stucchi e piastrelle colorate, di soffitti intagliati, di iscrizioni arabe, di patii, colonne, balconi, vasche, fontane, da far girare la testa; purtroppo o per fortuna c’è molta ricchezza anche di turisti ma questo non pregiudica il fascino del luogo, anche se fare fotografie decenti si rivela impresa faticosa. Restiamo più di un’ora e mezza con il naso all’insù, aggirandoci tra le varie stanze, per ammirare questo splendore. Una volta usciti dal palazzo, ci dirigiamo all’Alcazaba che con i suoi bastioni e le sue torri costituisce uno splendido balcone panoramico sulla città; concediamo invece solo una rapida occhiata al palazzo di Carlo V, al cui interno si trovano due importanti musei, per proseguire verso il Generalife, gli stupendi giardini a dire il vero un po’ penalizzati dalla calura estiva, dove si può passeggiare fra fiori colorati e profumatissimi, siepi curate e ben potate, enormi alberi, laghetti, fontane, il tutto rigorosamente ordinato in belle file simmetriche. Ormai è tardo pomeriggio, la stanchezza comincia a farsi sentire, la nostra visita volge, al termine; all’uscita attendiamo il pulmino che in dieci minuti ci riporterà in città. Ma la giornata non è ancora finita… Prima di rientrare in albergo per rinfrescarci e riposarci un po’, ci fermiamo a comprare due grossi panini imbottiti di ottimo kebab e verdure, che ci gustiamo strada facendo, poi via a prepararci… Stasera ancora flamenco… Olè! Anche stavolta l’esperienza ci diverte parecchio; arrivati al Sacromonte, ci si inerpica su per una stradina costeggiata da file di costruzioni bianche scavate nel fianco della collina, finchè dalla finestra aperta al piano terra di una di queste casette, appare l’immagine di una florida gitana, nel suo abito di scena verde smeraldo, che accoglie il pubblico con sorriso ambiguo appesantito da un’enorme quantità di trucco. Siamo al Los Tarantos, una specie di vecchia cantina costituita da due cuevas lunghe e strette, con il soffitto a volta e le pareti piene di vecchie fotografie e oggetti legati alla tradizione gitana, molto caratteristico. Ci si accomoda su sedie impagliate addossate  alle pareti e mentre si sorseggia birra o sangria si assiste al dimenarsi ritmato da chitarra e palmas di queste belle bailaoras fiere, nei loro vestiti coloratissimi, tutti balze e pois e con i fiori tra i capelli e ci si lascia contagiare intercalando olè a battiti di mani, in una festa collettiva. Ci colpisce in modo particolare una di loro, magrissima, sguardo altero che presuppone grande sicurezza di se, a giudicare dalle apparenze ben oltre la sessantina, che si muoveva con una tale grazia e velocità da lasciare increduli. Una delle cose belle del flamenco è che non è necessario essere giovanissimi per poterlo praticare con passione, perché il flamenco non è solo una danza, ma è anche cultura e tradizione, è un modo di vivere e di sentire, di percepire e trasmettere le proprie emozioni, non è solo tecnica, quello che conta di più è l’intensità dell’espressione, l’interpretazione personale dei vari stili e per quel che mi riguarda penso sia anche un modo creativo per guardarsi dentro e magari scoprire di sé lati inesplorati e nuove opportunità espressive. E’ la nostra ultima sera a Granada, non abbiamo ancora voglia di dormire e rientrati in albergo ci fermiamo sulla terrazza a respirare l’aria tiepida della notte e ad ammirare il profilo della Sierra Nevada appena percettibile nell’oscurità, mentre sotto di noi brillano le luci di questa città che ci è già entrata nel cuore.

Giovedì 21 agosto Prima di lasciare Granada ci rimane ancora una cosa da provare: i churros, golose frittelle a forma di salsicciotti da intingere nella cioccolata calda, con le quali facciamo colazione in un bar della ombreggiata Plaza Bib Rambla; poi un giretto per gli stretti vicoli dell’Alcaiceria, l’antico mercato arabo della seta, ora stracolmo di negozietti di souvenir, per la verità ancora abbastanza tranquillo a quell’ora del mattino, poi via a recuperare moto e bagagli, oggi si riprende la (ancora lunga) via del ritorno. Torniamo verso la costa per visitare brevemente la zona di Almeria e del Parco Naturale di Cabo de Gata, che scopriremo essere meritevole di un po’ di tempo in più rispetto alla mezza giornata che abbiamo potuto dedicarvi noi. Purtroppo dato il periodo di alta stagione, non siamo riusciti a trovare sulla costa una sistemazione per la notte a prezzi accettabili, per cui abbiamo prenotato una camera in un bell’albergo di campagna di un paesino bianco in mezzo al niente, a circa 50 km. Dal mare, Lucaneina de Las Torres. Arrivandoci da Granada, l’ultimo tratto di strada corre in mezzo alla Sierra Alhamilla e al deserto di Tabernas, in un paesaggio aspro e brullo di colline e canyon, ricco di fascino, famoso per essere stato il set di numerosi film western tra cui quelli girati da Sergio Leone. Oggi però siamo solo di passaggio, abbiamo fretta di correre al mare, visiteremo meglio questa zona domani . Lasciati i bagagli in albergo, prendiamo costumi ed asciugamani e siamo di nuovo in sella su di una stradina di montagna mozzafiato, strettissima, tutta curve e senza parapetti, da cui la vista spazia sul cosiddetto mare di plastica, un’infinità di serre di polietilene grazie alle quali gli agricoltori hanno trasformato questo arido terreno in una delle zone più intensamente coltivate d’Europa, portando ricchezza ma anche problemi e polemiche. Arriviamo finalmente al mare, al paesino di San Josè da dove parte la strada sterrata che conduce alle più belle e selvagge spiagge della zona; noi scegliamo la Playa de los Genoveses, un paradiso di sabbia dorata e acqua tiepida dove ci dimentichiamo del resto del mondo fino al tramonto; quando ci torna la voglia di muoverci, attraversiamo il prato di agavi alle spalle della spiaggia e riprendiamo la strada sterrata che correndo in un paesaggio quasi lunare, si spinge verso la Playa de Monsul ed altre splendide insenature, fino a che non scorgiamo l’imponente profilo della scogliera del Faro di Cabo de Gata. La situazione é molto suggestiva, ormai le spiagge sono quasi deserte, sulla sabbia rosa rimane solo l’ombra di qualche fiore selvaggio, disegnata dall’ultimo raggio di sole, la brezza si fà quasi fresca, è tempo di tornare in paese. A San Josè,  paesotto piuttosto turistico ma carino fatto di basse casette bianche, in piacevole antitesi ai palazzoni della Costa del Sol, ceniamo con calamari fritti e vino bianco, in uno dei pochi ristoranti aperti già alle 8 di sera, poi riprendiamo la via del ritorno ormai avvolta dall’oscurità. Per rientrare in albergo scegliamo una strada più lunga ma meno pericolosa di quella fatta all’andata, ma anche qui è tutto buio e deserto, attraversiamo solo un paio di paesini e incrociamo pochissime auto…Io sono un po’ tesa al pensiero che possa capitare qualcosa, cerco di distrarmi pensando ad altro ma non vedo l’ora di arrivare, tra l’altro fà proprio freschino…   Venerdì 22 agosto Stamattina il cielo è grigio, a tratti cade una leggera pioggerellina, dopo colazione, carichiamo i bagagli e ripartiamo alla volta del deserto di Tabernas; ora non piove ma c’è molta umidità nell’aria e questa cappa non permette di godere appieno del paesaggio; pazienza, andiamo dritti alla nostra meta. Fra le 3 ricostruzioni di set cinematografici che si possono visitare nella zona, patriotticamente optiamo per Western Leone, che ci sembra il meno turistico, il meno finto, oltre che essere il più economico: l’ingresso costa 11 euro a testa e si può assistere a due spettacoli, uno con banditi e sceriffo all’interno del saloon e l’altro con i cavalli (a dire il vero della scenetta nel saloon non abbiamo capito molto, non comprendendo lo spagnolo, ma è stato divertente per l’ambientazione, i costumi e gli spari finti che facevano strillare i bambini presenti). Bene, fin dall’ingresso nel villaggio, abbiamo capito di aver fatto la scelta giusta: davanti a noi si apre la piazza, circondata da una serie di edifici in legno, tra cui il saloon appunto, la chiesa, l’ufficio dello sceriffo con annessa prigione, le abitazioni con il tetto di paglia, la diligenza, tutto in perfetto stile vecchio selvaggio west, un po’ logoro ma molto affascinante, mentre nell’aria risuonano le meravigliose melodie di Ennio Morricone che con la sua “C’era una volta in America”, ci fa venire i brividi… Passiamo così un paio d’ore sentendoci un pò dentro un film.. Si è fatto ormai mezzogiorno, la cappa di umidità ha lasciato il posto ad un sole accecante e il caldo si fa quasi insopportabile in queste lande aride, le colline grigie punteggiate qua e là di bassi cespugli si confondono con un orizzonte di cielo azzurro pallido… È tempo di ripartire verso nord. Ci fermeremo per la notte in una cittadina anonima circa a metà della strada tra Almeria e Barcellona, chiamata Muro de Alcoy, all’Hotel Vila de Muro che sarebbe stato carino ed accogliente se non fosse che qui come in altri posti della Spagna probabilmente ancora non conoscono l’aspirapolvere; ma la gentile signorina della reception, armata di scopa e paletta si è prodigata per rendere abitabile la nostra stanzetta e la mattina dopo per scusarsi dell’inconveniente ci ha offerto la colazione; l’albergo ha comunque un buon ristorante con terrazza, dove abbiamo passato la serata.

Sabato 23 agosto Viaggiamo tutta la giornata su autostrade trafficate ma scorrevoli; c’è molto movimento soprattutto nei pressi di Valencia a causa del Gran Premio di Formula 1 che si svolgerà il giorno dopo, incontriamo molte auto di italiani sulla via del ritorno come noi e auto con targa italiana e francese con i portapacchi stracolmi di oggetti di ogni tipo che gli immigrati nordafricani portano dal loro paese, quando tornano in Europa a lavorare, dopo aver trascorso là le vacanze. Il paesaggio cambia man mano che risaliamo la penisola, diventando sempre più verde e il cielo è sempre più limpido e azzurro, decorato da innocue nuvolette bianche. C’e la prendiamo comoda, la nave per l’Italia, partirà a mezzanotte, abbiamo già fatto due conti, riusciremo anche a goderci per qualche ora l’atmosfera barcellonese. Arriviamo al porto di Barcellona verso le 17 e ci dirigiamo al parcheggio custodito sotterraneo del World Trade Center, proprio lì vicino, un po’ caro ma comodissimo; ci mettiamo i calzoni corti e andiamo a farci un giro al Maremagnum, un bel centro commerciale raggiungibile dalla Rambla de Mar, proprio sul porto, dove facciamo gli ultimi acquisti, poi dopo aver mangiato qualcosa in una focacceria che già conoscevamo, andiamo a fare ancora due passi sulla Rambla, stavolta piena di gente e artisti di strada e proviamo una sensazione di familiarità e di accoglienza, ci sentiamo come se fossimo a casa nostra e nello stesso tempo siamo emozionati di essere ancora una volta in questa città che ci ha regalato tanti splendidi momenti. Ma il tempo passa, cambia anche il cielo e con l’oscurità ha portato le nuvole, cominciano a cadere le prime gocce di pioggia, tra il fuggi fuggi generale per cercare riparo ci affrettiamo al parcheggio per recuperare la nostra amata compagna di viaggio e dirigerci all’imbarco. Il resto non è più storia… Salutiamo le luci di Barcellona con un nodo alla gola e come tanti promettiamo a noi stessi “hasta luego Espana”, aspettaci, torneremo! Domenica 24 agosto Mare, mare e ancora mare, si legge, si dorme, si scrive… Riprendo il mio diario di viaggio, che per la verità in questa vacanza ho un po’ trascurato a causa delle mille cose da fare e da vedere e approffitto di questo tempo di tranquillità, solo apparentemente vuoto, per mettere sulla carta alcune riflessioni, per non lasciare sfuggire le sensazioni che ho provato nei giorni di questa avventura e come alla fine di ogni viaggio per fare un bilancio di tutte le nuove cose che ho imparato e per fare altri progetti per il futuro. Devo ammettere che è stata una vacanza piuttosto faticosa per i tanti kilometri percorsi in sella alla moto, per le temperature elevate, per le infinite strade su cui abbiamo camminato per visitare le città, sempre rincorrendo il tempo, ma ne è valsa mille volte la pena perchè l’Andalusia è una terra magica, che ci ha regalato straordinarie emozioni e ci ha permesso di vivere bellissime esperienze; c’è un po’ il rammarico di aver dovuto tralasciare molte cose per mancanza di tempo, ma è un’ottima scusa per programmare in futuro un altro viaggio da queste parti (magari la prossima volta mi deciderò a prendere l’aereo…) Buon viaggio in Andalusia!!! Daniela e Stefano (Reggio Emilia) danyt19@gmail.Com



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