Dall’Antilibano all’Eufrate. Viaggio in Siria

DALL’ANTILIBANO ALL’EUFRATE. VIAGGIO IN SIRIA
7-14APRILE 2010
7 APRILE. BOLOGNA – ALEPPO
Partiamo in sei: Teresa e Maria Grazia, Laura e Franco, Giovanni ed io.
Il viaggio è senza problemi: sorvoliamo il mar Ionio, l’isola di Zante, il Peloponneso (montagne ancora innevate!), Cipro; compare, infine, la costa siriana, evanescente tra la foschia. Ci abbassiamo sulla zona di Aleppo, guardando i rettangoli dei campi, rossi di terra arata e verdi di grano. All’orizzonte il sole sta tramontando. All’aeroporto, all’uscita del tunnel ci aspetta Said, che ci farà da guida e da angelo custode per tutti i giorni successivi; mentre cambiamo un po’ di euro, sbriga lui le pratiche relative ai controlli dei passaporti e ai visti. L’aeroporto è pieno di guardie armate. Recuperati i bagagli, usciamo infine nell’atrio, ornato da una bella fontana. Intorno, signori siriani con lunghe vesti color caffelatte e kefìà bianche e bianche e rosse. Dignità e silenzio. L’aeroporto è lontano dal centro, dove si trova il nostro albergo; il trasbordo è abbastanza lungo. Il sole è ormai tramontato (con circa un’ora di anticipo rispetto all’Italia), ma i negozi e le officine sono ancora aperti. Abbiamo la prima impressione di una città tutta di pietra bianca, molto vivace, con botteghe e laboratori come sopravvivevano ancora da noi negli anni ‘50. Mi ha ricordato anche certe cittadine del Portogallo. Noto le inferriate sporgenti alle finestre dei piani alti, come a Gerusalemme. Il pulmino si infila nelle strette stradine del centro, passando ad un pelo dalle macchine parcheggiate. Ammiriamo l’abilità dell’autista, che, non potendo andare oltre, ci lascia nei pressi di una piazza con palme ed una statua al centro.
Siamo nel quartiere cristiano-armeno, tranquillo e silenzioso, se confrontato con il resto della città. Proseguiamo a piedi, passando sotto un voltone, costeggiando negozi di artigianato locale ancora aperti. Entriamo infine, passando sotto un arco, in uno stretto passaggio tra gli alti muri delle case, ornato da un alberello, e ci troviamo davanti alla porta dell’albergo, il Martin Dar Zamaria Hotel. È un “boutique hotel”, come i tour operator chiamano le vecchie case dei mercanti, restaurate e adibite ad albergo, in questa zona della città. L’atmosfera è pittoresca: vetri colorati e fontane, mobili e poltrone di legno scuro riccamente intarsiati di madreperla. Pagheremo il “pittoresco” con un po’ di male alle ginocchia: non c’è, infatti, spazio per un ascensore, bisogna quindi raggiungere le camere al primo piano inerpicandosi per scalette dagli scalini alti e poco profondi, fornite di corrimani molto bassi e ornati qua e là di “pezze” di stucco che coprono le buche. Scendendo, poi, bisogna stare molto attenti agli ultimi gradini, che sono molto più stretti degli altri e quasi semicircolari. Anche la nostra camera è ricca di atmosfera: è molto lunga ed alta, tanto che in fondo hanno ricavato il bagno e, sopra, un soppalco con il letto. Alle pareti sportelli scolpiti: sono le imposte di finestre che danno sul cortile centrale o sulla strada, oppure ante di armadietti a muro. Al di sopra, pannelli dipinti di blu e rosso.