Le strade della Siria in camper

La Siria vista in una prospettiva diversa. Alle radici della nostra storia, liberi di scegliere il percorso, le soste e le persone da conoscere.
Scritto da: bartolomeo
le strade della siria in camper
Partenza il: 25/09/2010
Ritorno il: 16/10/2010
Viaggiatori: 4
Spesa: 1000 €
dal 25.09.2010 al 16.10.2010

Partecipanti: Cinzia & Luca, Paola & Goffredo

“La Siria è un paese canaglia”, “Ti fidi ad andare in Siria in camper?”, “O ti rapiscono o ti sparano”… Questi i luoghi comuni di amici e conoscenti prima della partenza. Ma dov’è la Siria dei nostri telegiornali? I presunti terroristi che si allenano alla guerra incitati da un regime o dall’altro non hanno niente a che vedere con le persone solari e generose che abbiamo incontrato, le donne curiose e gentili, i bambini con gli occhioni sgranati nel visitare la nostra casa viaggiante. Non armi ed esplosivi, ma the e pasticcini; non propaganda politica e religiosa, ma voglia di confrontarsi; non inganni e delinquenza, ma disponibilità estrema.

Ma partiamo dall’inizio…3 settimane di ferie, facciamo due conti: fin dove si può arrivare? La Siria ci sembra un’ottima meta visto che Turchia e Giordania le abbiamo già visitate. Coinvolgiamo nell’avventura una coppia di amici alla loro prima esperienza Mediorientale. Se tutto va bene loro proseguiranno per la Giordania. Beati loro, sono in pensione e non hanno problemi di tempo!

Partiamo nel pomeriggio di sabato 25 Settembre e la prima sosta per la notte è in prossimità di Trieste, dove ci incontreremo con Paola e Goffredo che provengono da Lecco. Nei prossimi tre giorni, guidando circa 12 ore al giorno, passiamo tutte le frontiere: Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria e Turchia, fino ad arrivare in tarda serata in Siria, dopo aver percorso ben 3130 Km. Le strade sono tutte facilmente percorribili e scorrevoli tranne che in Bulgaria dove, malgrado si paghi un ticket settimanale per l’autostrada, ci sono lunghissimi tratti di statale pessima, soprattutto in prossimità di Sofia. Decidiamo di sbrigare le formalità doganali anche se è tardi, sperando che essendoci poche persone in transito, il processo sia rapido e indolore, ma ovviamente ci siamo illusi…Per 2 ore ci aggiriamo da un ufficio all’altro, pagando tasse, balzelli e bustarelle varie, compilando numerosi moduli e cercando di orientarci con il nostro inglese stentato nei meandri della burocrazia. Quando finalmente ci lasciamo alle spalle la frontiera tutti euforici, ci coglie la stanchezza e dopo una cena veloce, ci addormentiamo di botto nel parcheggio della dogana.

Prima cosa da fare: il pieno! Siamo arrivati con i serbatoi in riserva per poter godere totalmente del gusto di fare un pieno con 20 euro e poi dobbiamo pure ammortizzare la tassa sul gasolio di 200 euro che abbiamo pagato in dogana… Fatto questo ci dirigiamo verso la nostra prima meta: Qal’at Samaan, San Simeone. Le indicazioni stradali sono comprensibili, le strade discrete, ma soprattutto le persone a cui chiediamo si fanno in quattro per darci indicazioni. Non sapendo troppe parole sulle rovine della cattedrale: sulla cima di un monte, con il sole a picco sulle bianche colonne, il primo assaggio di Siria ci esalta e le foto si sprecano. Mentre scendiamo, pieni di entusiasmo, diamo un passaggio a due autostoppisti spagnoli e, approfittando della compagnia, decidiamo di visitare anche le rovine nei dintorni. E’ così che ci troviamo a passeggiare per un paesino con case a cupola e veniamo subito invitati a condividere una tazza di the con un signore e tutta la sua famiglia. La conversazione è particolarmente difficile, in pratica ci intendiamo a gesti, ma quando capiscono che lavoro in ospedale, subito saltano fuori numerosi farmaci e altrettanti malanni su cui mi si chiede di esprimere un parere…E’ una parola, la mia capacità di mimica è limitata, di esprimermi in arabo non se ne parla, per cui la comicità è la regola. Dopo questo intermezzo ci dirigiamo ad Aleppo, affrontando il traffico cittadino con i Blues Brothers a tutto volume. Per fortuna incontriamo un poliziotto patito di Valentino Rossi che ci fa accompagnare fino al parcheggio dei pullman sotto l’hotel Sheraton… Così possiamo vantarci di alloggiare in un hotel di lusso! Nel pomeriggio visitiamo la moschea, nascondendoci sotto delle apposite “vestaglie” fornite per una modica cifra all’ingresso. Il luogo è molto bello, ma è ancora meglio sedersi a guardare le persone, i loro vestiti e gli atteggiamenti. I turisti sono chiaramente riconoscibili per le tuniche particolari e il naso all’aria. Il clima fra i siriani è molto rilassato, quasi da picnic festivo. C’è chi chiacchera, chi prega, chi si appisola, ma in questa diversità di atteggiamenti, spicca l’incedere maestoso delle donne velate. E’ un abbigliamento che vedremo quasi esclusivamente ad Aleppo: donne interamente coperte di abiti neri, occhi compresi, guanti neri, solo la direzione in cui vanno ci fa distinguere il dietro dal davanti! Ovviamente la cosa ci incuriosisce, in tutti i paesi musulmani fino ad ora visitati non abbiamo mai visto un indumento così integrale, per cui ci mettiamo ad osservarle di sottecchi ovunque le vediamo. Dopo lungo meditare e parecchia osservazione, crediamo di capire che lungi dall’essere prevaricate, queste donne fanno parte di una élite. Borsette e scarpe sono strafirmate. Le troviamo maggiormente concentrate in entrata e in uscita da negozi di lusso che per prezzi competono con l’Italia. Non vediamo i loro occhi, ma tutto l’atteggiamento dà l’idea di voler prendere distanza dalla comune plebaglia, non solo dai turisti, ma dai loro stessi compatrioti. Va bè, paese che vai, snobbismo che trovi! Ritorniamo tranquillamente al camper per una cenetta intima. Siamo abbastanza stanchi, le strade, le emozioni e la novità ci hanno stremato.

Il giorno dopo proseguiamo la nostra visita con la Cittadella, ammirati dai possenti bastioni e dalla vista che spazia su tutta la città. A seguire il solito divertente giro nel suk, con l’acquisto di quintali del famoso sapone di Aleppo, che i nostri pazienti mariti si caricheranno sulle spalle. Poi, visto che pesa, loro tornano ai camper e noi donne decidiamo di farci un giro al bagno turco. All’inizio sbagliamo ed entriamo nell’imponente bagno degli uomini, poi un indolente giovanotto ci accompagna ad almeno un chilometro di distanza in quello delle donne, che è tutt’altra cosa. Ambiente sporco e fatiscente, due donne che ci guardano con malcelato disprezzo per aver disturbato il loro meritato riposo e trattamento conseguente. Pagamento salato e ovviamente anticipato e alla fine di tutto ciò pretendono pure la mancia! Va bè che siamo turisti, ma fessi no! Questa, insieme alla propensione di alcuni bigliettai del darti volutamente il resto sbagliato (ovviamente a favore loro), è l’unica nota negativa da rilevare in tutto il viaggio. Ci aspetta una cena in un ristorantino locale per un prezzo irrisorio poi a nanna.

Per fortuna il nostro parcheggiatore di fiducia ci chiede un passaggio per casa sua che, guarda caso, è giusto nella direzione programmata e questo ci permette di uscire dalla città senza troppe sofferenze, perchè se fuori dalle città le indicazioni stradali sono chiare e frequenti, all’interno si dà per scontato che tutti sappiano dove devono andare! Prossima meta Rasafa, ma lungo la strada decidiamo di sconfiggere il caldo fermandoci al lago Al Assad, formato da una diga sul mitico Eufrate. Un piccolo fraintendimento con i militari di guardia alla diga finisce fra le risate, dopo di che un tuffo nelle acque azzurre e calme del lago aiuta a rinfrescare il clima. Ogni tanto qualche curioso si ferma a guardarci senza per questo essere fastidioso. Ne approfittiamo anche per una breve visita alla Fortezza Ja’abar, quasi interamente ricostruita, ma che specchiandosi imponente nel lago, fa un bell’effetto. Si riparte per arrivare al tramonto a Rasafa, antica città sumera. Le mura ben conservate sono uno spettacolo, forse per l’isolamento del luogo, o perchè siamo praticamente gli unici visitatori. Anche i riflessi del sole calante sulle rocce antiche crea quella suggestione che rende bellissimi persino i ruderi più miseri. Dormiamo tranquilli ai piedi delle mura che hanno resistito al trascorrere del tempo, a guerre e terremoti… Meglio dei nuovi edifici dell’Aquila!

Sulla via per Halabiye troviamo un enorme mercato locale, non il solito suk turistico, ma proprio le bancherelle per gli abitanti di tutti i paesini circostanti. Ovviamente ci fermiamo a fare un’orgia di compere: olive, peperoni, frutta locale, spezie. E’ più quello che mangiamo che quello che compriamo, perchè tutti fanno a gara per farci assaggiare i loro prodotti, più per curiosità che per desiderio di vendere. I colori, gli odori (non sempre piacevoli visto anche la presenza del bestiame), la confusione unita a un’afa opprimente perchè siamo in prossimità del deserto, contribuiscono a farci assaporare intimamente l’anima di questo paese e di questo popolo. Prossime mete, Halabiye, Doura-Europos e Mari. Nessuna di queste tre città in rovina rappresenta un grosso spettacolo per i non esperti in civiltà antiche, perchè purtroppo le rovine sono veramente scarse e in alcuni casi mal tenute. Due però le cose da segnalare, un tuffo nell’Eufrate con panorama sull’antica Mesopotamia che ci fa scorrere un brivido di antiche reminescenze scolastiche ed un incontro-scontro in tarda serata con una tempesta di sabbia. Per chi non ci si fosse mai trovato in mezzo, come noi del resto, la tempesta di sabbia è come quella di neve, solo che è rossa, calda e ti si infila fra i denti. Siamo comodamente seduti a tavola, fuori fra i due camper, quando incuriositi vediamo un velo rosso che si avvicina. Il tempo di capire di cosa si tratta, prendere armi e bagagli ed infilarci nei rispettivi mezzi di trasporto e già siamo pieni di questa polvere finissima che invade vestiti, capelli e abitacolo. I camper ne usciranno malconci e il lavoro per pulirli sia fuori che dentro sarà notevole…E meno male che non eravamo in viaggio!

Questa mattina io e Paola, navigatrici di bordo, abbiamo avuto la brillante idea di raggiungere Al Bukamal, a un chilometro dall’Iraq, da cui dovrebbe partire una strada segnata sulla cartina in direzione Palmira, che ci farà risparmiare 200 km. Arrivati alla città di confine chiediamo informazioni e in breve tempo ci ritroviamo circondati da una ventina di persone che cercano di farci capire che questa strada non esiste. Noi testone, con una cartina recente in mano, continuiamo ad insistere che dovrebbe esserci…In breve la confusione attira un militare, che dopo aver controllato i documenti ci spiega che la strada in effetti c’è, ma è talmente pericoloso percorrerla a causa delle infiltrazioni di soldati iracheni, che anche i militari transitano solo formando un convoglio. Zitti zitti, ce ne torniamo sui nostri passi, sorbendoci i brontolamenti dei nostri due uomini, che con il senno di poi ci dicono “te l’avevo detto”! Ritorniamo a Deir-ez-zor e imbocchiamo la strada che attraversa il deserto fino a Palmira. Come sempre arriviamo al tramonto, ci posizioniamo ai piedi del castello che domina le rovine e ci godiamo lo spettacolo del sole calante in mezzo a 200 o 300 turisti che però una volta arrivato il buio, ritornano ai loro pullman e ci lasciano soli e soletti nel parcheggio. Tira un vento gelido, che però ha il pregio di rendere limpido il cielo, per cui oltre allo spettacolo notturno di Palmira illuminata dalle luci soffuse ci godiamo anche una stellata che nei nostri cieli lombardi non vediamo più da anni.

Al risveglio spostiamo il camper all’interno del sito e iniziamo la visita che durerà tutto il giorno. Non sto ad elencare le bellezze di Palmira in quanto foto e guide turistiche possono dare notizie più complete, invece ci è rimasta nel cuore la visita in una tenda di pastori. Vagando vicino alle torri funerarie abbiamo visto un po’ fuori dalle solite rotte, questa tenda circondata da un gregge di capre e non abbiamo resistito alla tentazione di avvicinarci. Siamo stati accolti con estremo entusiasmo, ci hanno offerto lo sciroppo di melograno che stavano preparando in quel momento, uno yogurt fatto da loro, ma questo si è arrischiato a berlo solo Luca, ovviamente il the, ed anche ospitalità per la notte. Ci hanno spiegato che la notte dalle colline circostanti, scendono dei grossi felini (linci?) a mangiare le loro capre. Ci hanno raccontato la storia dei loro 2 figli, nati con i piedi torti, uno operato perchè sano di mente, l’altro lasciato invalido perchè affetto da ritardo mentale. A quanto sembra la sanità è molto costosa. Anche qui sono stata “costretta” a fare un consulto medico e ho dovuto consigliare di portare con urgenza la nonna in ospedale per una grave patologia infiammatoria. Le risate quando Goffredo a cui è stato messo in braccio un piccolo capretto, si è sentito stranamente umido… Si sa che le capre non indossano pannoloni!!! Al momento dei saluti, siccome sul camper abbiamo sacchi di vestiti usati che ci portiamo per questo scopo, abbiamo distribuito numerosi indumenti, contenti del loro entusiasmo nel riceverli. Il tutto è stato così commovente che, al momento dei saluti, il capo famiglia, un giovanotto di circa 35 anni, si è quasi messo a piangere. Siamo tornati a malincuore al posteggio precedente e ci siamo fatti una cena consolatoria e un nuovo giro by night sotto le mura di Palmira.

Altra strada in mezzo al deserto per raggiungere Damasco. In teoria avevamo un posto assicurato nel parcheggio di un albergo, perchè i nostri amici avevano ricevuto l’incarico di consegnare un portatile al portiere di questo posto…Questa avventura ci è costata tutto il pomeriggio, prima in cerca dell’hotel, poi nel tentativo di fare uscire il nostro camper dalle strade a senso unico e intasatissime che ci hanno consigliato di fare. Alla fine, parcheggiato il camper fuori dalle mura antiche e chiesto un passaggio a un taxi, non siamo neanche riusciti a trovare il portiere che era comodamente a casa sua, malgrado l’avessimo avvertito del nostro arrivo. Rabbia e nervosismo non ci impediscono di goderci la visita di Damasco e così partiamo ad esplorare il luogo. Visita alla moschea, alle case damascene e come sempre al suk.

Ci alziamo alle 5 per dirigerci in frontiera. L’intenzione è salire su un pullman che ci porterà in visita a Baalbek, in Libano. Ieri sera avevamo fatto un giro di ricognizione alla stazione delle corriere, non cavandone un ragno dal buco. L’unica informazione utile che ci avevano dato era quella che i mezzi partono alle 7. Alle 6 siamo pronti, ma sembra che i pullman quel giorno siano in festa, pensiamo sia un trucco dei taxisti in attesa di clienti, ma anche la biglietteria ufficiale conferma. Allora patteggiamo un prezzo con un taxi che ci porterà in Libano e dopo la visita ci riporterà a casa. Arriviamo in frontiera e dopo aver pagato un visto d’uscita abbastanza salato, ci dicono che nè io, nè Goffredo, in quanto proprietari del camper, non possiamo uscire senza mezzo annesso. Peccato che non possiamo neanche entrare in Libano, con i nostri camper, perchè il prezzo sarebbe esorbitante! Alla fine torniamo con la coda tra le gambe a Damasco, dopo aver gettato al vento 50 euro a testa di taxi. Per fortuna al ritorno potremo utilizzare il visto già pagato. Ci consoliamo con un ulteriore giro al suk e al Palazzo Azem, che merita assolutamente una visita. Poi, dopo una decina di telefonate, riusciamo anche a incontrarci con il portiere, che scocciato per il disturbo (suo, non nostro!) si piglia il portatile e se ne va. Ce ne andiamo anche noi, direzione Bosra: l’avventura damascena non è stata delle migliori. Bosra è una città magica. Il castello con all’interno un teatro romano; la città vista al tramonto, abitata non dagli antichi romani, ma dalla popolazione locale che comunque contribuisce a creare l’atmosfera; la cena nel ristorantino fronte castello, che ci sorprende perchè, pur essendo apparentemente molto turistico, il cibo è buono e abbondante per una modica spesa .

Oggi le coppie si dividono: Paola e Goffredo si avventurano in Giordania, noi che a breve dovremo tornare al lavoro iniziamo la risalita. Prima tappa Maalula con il suo monastero e il piccolo Siq. Questa piccola cittadina non ci dà grosse soddisfazioni, per cui ci dirigiamo verso Mar Musa. Ci fermiamo a chiedere un’informazione ad un signore in motorino che ci propone di seguirlo. In breve ci ritroviamo ospiti in casa sua, circondati da tutti i parenti e da almeno mezzo paese… La conversazione spesso è un po’ stentata e io esco pazza a furia di dire che stiamo bene, che abbiamo 2 figli, età, nome e lavoro!!! Tutti quelli che arrivano (e sono tanti!) ci fanno queste domande. Ovviamente siamo ospiti a merenda, cena e colazione per il giorno dopo. Saremmo ospiti anche per la notte in casa loro se non insistessimo con scuse varie a dormire nel nostro camper. Già abbiamo cenato divisi, io con donne e bimbi, Luca con una decina di uomini, non vogliamo proprio anche dormire separati!

Ci si alza alle 8 ma si parte alle 11, perchè facciamo la prima colazione in tre case diverse e, per prima colazione, intendo formaggio, carne, uova, peperoni, frutta varia, olio, pane, ecc. La scalata al convento di Mar Musa è impegnativa, ma l’affronterei più serenamente se non avessi la pancia piena e i due simpatici personaggi che ci hanno accompagnato che ogni volta che mi fermo a riprendere fiato, si offrono di tirarmi, spingermi o portarmi in braccio!!! La situazione è comicissima e Luca consapevole della mia difficoltà ad affrontare le salite e del mio imbarazzo per queste continue e sollecite offerte d’aiuto, si fa delle grandi risate. Comunque, tutta questa fatica è ben ripagata, sia dalla vista che dalla bellezza del santuario. Ci raccontano che è una comunità di 8 persone, mista sia per quanto riguarda il sesso che per religione. Paolo, il frate che l’ha fondata e che insieme ad altri ha ristrutturato la chiesa antica, è molto apprezzato sia dai siriani cattolici che da quelli musulmani. Chiunque arrivi da loro può ricevere ospitalità, vitto e alloggio in cambio di piccoli lavori quali cucinare, lavare i piatti o scopare per terra. Ci sarebbe piaciuto trattenerci di più, ma dobbiamo riportare indietro le nostre guide e ripartire, dopo aver nuovamente rifiutato la loro ospitalità. Queste esperienze sono molto belle ma, vuoi la mancanza di una lingua comune, vuoi i tempi ristretti, non possono essere vissute come vorremmo. Prossima meta Apamea. Tanto per cambiare arriviamo al tramonto e dopo una breve occhiata al sito illuminato ci fermiamo a dormire davanti ad un ristorante.

Il sito è immenso e forse mi piace di più che Palmira, l’isolamento e i pochi turisti lo rendono particolarmente interessante. E’ veramente bello anche il museo all’interno di un antico caravanserraglio che contiene grossi pezzi di mosaico. Necessiterebbe di un po’ più di luce e di maggiori indicazioni per trovarlo, come del resto questa città, persa in chilometri e chilometri di campi coltivati. Per fortuna utilizziamo frequentemete ed efficacemente il nostro Tom Tom “scendi e chiedi”. Questo però non ci impedisce di perderci nuovamente nel deserto alla ricerca delle case ad alveare e del Qasr Ibn Wardan. Il castello è diroccato, ma come sempre il contesto lo rende interessante, costruito con pietre bicolori, fa da baluardo al deserto. Le case ad alveare sono usate spesso come stalle per cui abbastanza trascurate e non è insolito veder spuntare la testa di un asinello da queste opere d’arte. Oggi giornata piena, ultima tappa Hama. Le Norie si rispecchiano nell’acqua con gli ultimi raggi del sole e i vicoli si intrecciano formando angoli veramente suggestivi. La città è pulita ed ordinata, differente dalle altre visitate, quasi occidentale nella sua struttura. Scopriamo che la parte vecchia è stata rasa al suolo dall’esercito siriano che è penetrato con aerei e carri armati per sedare un’insurrezione. In effetti sia in città che nei dintorni non si vedono tutte quelle gigantesche effigi del presidente che si possono osservare nel resto del Paese. Parcheggiamo in riva all’Oronte, nei pressi di una moschea e della ruota più grande.

Pensando di fare i furbi e risparmiare strada, decidiamo di raggiungere il Krac des Chevaliers, passando da Mysaf, approfittando di questa tappa per visitare l’omonimo castello che, in effetti, anche se diroccato, resta ancora molto imponente. Il brutto viene dopo: infatti la strada attraversa una catena montuosa abbastanza impervia, con poche indicazioni ma innumerevoli curve su strade pessime e strettine. Questa deviazione ci permette però di vedere un’altra faccia della Siria, in effetti qui sembra di essere in Trentino: intere piantagioni di meleti in piena raccolta, tanto che con 2 euro ce ne prendiamo un’intera cassa; ma la cosa più strana è che sono sufficienti 5 chilometri di curve per passare da uno stile di vita ad un altro. Paesi in cui le donne guidano l’auto e si vestono in jeans o gonne corte e dalle scuole escono ragazzi e ragazze insieme, altri con donne vestite tradizionalmente e pudicamente separate dai maschi. Comunque dopo molti tornanti, arriviamo finalmente alla nostra meta: il castello dei Cavalieri. Decisamente fa un bell’effetto, dalla sua sommità si domina il paesaggio, ossia fa il lavoro per cui è stato costruito…Purtroppo essendo una meta classica dei tour organizzati è un po’ affollato, ma è talmente grande che riusciamo a ritagliarci molti angolini per visitarlo in solitudine. Dopo molte insistenze e contrattazioni, accettimo l’aiuto di una guida locale, ma non ne vale assolutamente la pena, perchè ci accompagna solo nella parte inferiore e poi ci lascia abbandonati a noi stessi. Finita la visita di questo castello, decidiamo di fare una puntatina anche al castello del Saladino che apparentemente sembra molto vicino a Latakia… Appunto, apparentemente. Anche qui ci sono di mezzo le montagne e prima che arriviamo a destinazione è sera. Ci fermiamo ai piedi del castello in una pineta immensa con gli scoiattoli che ci saltano sul tetto e le zanzare, che troviamo solo in questa zona, che ci ronzano intorno.

Il castello, che la sera prima ci sembrava un rudere, ci riserva delle belle sorprese. Innanzitutto la posizione magnifica su questa pineta immensa, poi degli angoli ancora ben tenuti, che ci permettono di capire come si svolgeva un tempo la vita militare. Proseguiamo in direzione Aleppo alla ricerca delle Città Morte. Ma le montagne sono sempre in agguato, la strada ricomincia a salire fino a portarci su un passo montano a 2 o 3000 metri che domina incontrastato sulla vallata sottostante interamente coltivata. La vista spazia su questa scacchiera dalle mille sfumature di verde e di marrone e se non fosse per il vento gelido che ci stacca le orecchie, sarebbe bellissimo fermarsi a mangiare con questo panorama. Proseguiamo faticosamente il cammino fino a giungere alle nostre prossime mete: Serilla persa in mezzo a campi di ulivi e muretti a secco, è una bella sorpresa. Alcuni edifici di buona fattura sono ancora visibili e passaggiare tranquillamente in mezzo alle vestigia di un lontano passato è veramente piacevole. Ebla invece ci delude parecchio. Pur avendo la dotta guida di uno studioso di storia dell’arte e il sole al tramonto che dipinge i muri di rosso, non riusciamo ad intravedere nei pochi muri rimasti, alcuni dei quali rifatti, i resti di un’antica civiltà. Comunque dopo una vana ricerca di un posto per mangiare perchè veramente stanchi della giornata, ci fermiamo in prossimità delle mura per il meritato riposo notturno.

Questa mattina inizia il grande rientro! Il passaggio in frontiera, sia quella siriana che quella turca, è velocissimo ed indolore, meno di un’ora per tutte e due. In Bulgaria raccogliamo 2 autostoppisti Cechi che, bagnati come pulcini con zaini pesantissimi, stanno tentando di rientrare a casa. Ci facciamo impietosire e gli diamo un passaggio per circa mille chilometri, non credono alla loro fortuna… Purtroppo è incominciato a piovere prima di Ankara e questo tempo ci accompagnerà fino al confine con l’Italia, per cui, anche se dispiaciuti per il rientro, il sole che ci accoglie appena varcato il confine ci rasserena. L’esperienza, è inutile dirlo, è stata bellissima. Anche con i nostri amici è filato tutto benissimo. Considerato il fatto che tutti e quattro siamo abituati a viaggi in solitaria, abitudini ed interessi simili ci hanno permesso di godere appieno la vacanza. Solo Goffredo schiaccia un po’ troppo il piede sull’accelleratore, sarà mica il peso della polvere sulle scarpe sempre sporche, che condiziona il tutto ?!

NOTIZIE UTILI

Il viaggio via terra è ideale per chi ama guidare e apprezza l’idea di avvicinarsi alla meta per gradi, vivendo il paesaggio e le persone. Ovviamente per questioni di tempo noi lo abbiamo fatto senza molte soste, ma comunque ne vale la pena. Le strade sono tendenzialmente belle, in effetti è quasi tutta autostrada, ma nei tratti dove questa non c’è, si attraversano luoghi ancora legati al mondo rurale e alle vecchie tradizioni. Nel nostro percorso ci siamo fermati a dormire negli autogrill, ai caselli pagavamo sempre con carta di credito oppure euro e non abbiamo mai avuto nessun problema.

Alle frontiere occorre armarsi di santa pazienza. In Serbia e Bulgaria non mettersi in coda dietro ai camion che hanno una corsia “preferenziale”, abbiamo contato fino ad 80 camion fermi in attesa di passaggio, sorpassarli senza paura e incanalarsi in quella delle macchine che è molto più breve.

In Siria le strade sono abbastanza percorribili anche se strette. Le città sono caotiche e con poche indicazioni stradali, invece le restanti strade non creano problemi. E’ però sconsigliabile guidare di notte, perchè non c’è illuminazione, alcuni mezzi si muovono senza accendere i fanali e un’infinità di persone a piedi, con i carretti o moto tassativamente senza luci, si muove da un posto all’altro.

In alcuni parcheggi vicino a siti storici (es, Apamea, Doura Europos) è sconsigliabile fermarsi a dormire perchè di notte si fanno festini a base di schiamazzi e colpi di arma da fuoco…. Ma non preoccupatevi, saranno gli stessi guardiani ad avvisarvi e a consigliarvi posti più idonei!

L’acqua in bottiglia si trova ovunque e il cibo è buono, vario e a prezzi modici.

Scarse le possibilità di connettersi ad internet, per le telefonate invece ci sono tessere prepagate a scalare che permettono lunghe conversazioni con l’Italia per pochi euro. Ricordarsi che le tessere sono regionali e non valgono per tutto il territorio siriano.

E per finire, contrattare, contrattare e ancora contrattare… Ovunque non ci sia una tariffa fissa stabilita dallo stato è essenziale discutere sui prezzi, altrimenti rischiate di raddoppiare le spese di viaggio!!

Chilometri percorsi: 9025 Gasolio: 630 euro Autostrade: 185 euro Siti e musei: 80 euro Taxi: 51 euro Parcheggi: 26 euro Hamman: 11 euro

Visto d’ingresso multiplo in Siria fatto al Consolato di Milano durata 15 giorni e rinnovabile nelle maggiori città siriane, 26 euro per ognuno.

Carnet du passage in Siria (leggi: tassa sul gasolio!) 200 euro ad ogni entrata in frontiera.

Assicurazione: 50 euro, valida tre settimane. Visto di uscita: 25 euro Marche da bollo, timbri e optionals (meglio non indagare!) 25 euro

Spesa complessiva di tutto il viaggio: 1500 euro circa



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