Creta inesplorata

Alla scoperta di Creta... gioielli nascosti e luoghi imperdibili
Scritto da: steber
creta inesplorata
Partenza il: 14/08/2011
Ritorno il: 04/09/2011
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Creta è più di un isola, è un continente meraviglioso. La particolarità del suo territorio, la varietà dei suoi paesaggi, le straordinarietà delle sue vicende storiche, l’originalità della sua cucina e il carattere fiero dei suoi abitanti la rendono un’esperienza unica rispetto a tutto il resto della Grecia. Creta è più di una terra antica, è quella che Enea chiamava la “Gran Madre”. La sua civiltà era fiorente e raffinata già 4600 anni fa, quando calpesterete le pietre delle città minoiche, sfigurate da guerre furiose e terremoti tremendi, pensate anche che il Colosseo ha solo 2000 anni, la Muraglia Cinese 1800, Chichen Itza 1400, Angkor 1200 e Machu Picchu 600. Creta non è un’isola facile da visitare e, in un certo senso, resta sempre un mistero, come il suo famoso Labirinto. A dispetto del turismo di massa che la frequenta, conserva luoghi stupefacenti, magie inaudite e una cultura autentica che possono ancora riservare emozioni da terra inesplorata: forse è per questo che desideriamo ancora tornarci. Questo racconto è il frutto di più viaggi a Creta, non vi troverete le notizie che, agevolmente, potete leggere sulle numerose guide turistiche dedicate all’isola e neppure recensioni su hotel o studios che, facilmente, potete trovare nei siti specializzati. Questo racconto parlerà dei luoghi e degli appuntamenti “imperdibili” con qualche dritta per viverli al meglio; questo racconto parlerà di luoghi meno noti, di “dettagli” e “sfumature” che potranno dare un’impronta particolare al vostro viaggio; parlerà delle persone, dei profumi e delle luci, che, più di tanti libri ed opuscoli, ci hanno rivelato l’essenza di Creta. Questo racconto è dedicato a chiunque voglia andare o tornare a Creta, sia ai viaggiatori indipendenti e determinati a scoprirla, viverla ed apprezzarla fino in fondo con un viaggio itinerante, sia a coloro che, non volendo rinunciare ad una comoda vacanza di mare, desiderano comunque fare qualche piacevole escursione. Questo racconto è un viaggio di 3 settimane per l’intera isola, articolato in brevi capitoli, in modo che possiate anche spezzarlo e ricomporlo, seguendo la vostra ispirazione, interesse e curiosità, in viaggi più brevi, 1 o 2 settimane, o semplicemente utilizzarlo per singole escursioni da dove avrete scelto di soggiornare.

Ma ora in viaggio!

Prendete in mano una cartina di Creta ed osservatela: 300 km circa di lunghezza e una larghezza che varia fra i 60 Km della zona centrale e i 15 km della valle che collega Ierapetra al golfo di Mirabello; tre altissime catene montuose, i Monti Bianchi ad ovest, il massiccio del Monte Ida al centro e i Monti Dikti a est, tutti oltre i 2.000 mt e a picco sulla costa meridionale; il nord dell’isola, piuttosto pianeggiante, percorso da est ad ovest da una sorta di autostrada che collega le città principali, i porti e gli aeroporti; un fitto reticolo di tortuose strade che scendono a pettine da nord a sud scavalcando intrepide i monti. Questa è Creta. Risulta evidente che pensare di visitarla tutta facendo base in un solo posto e spostarsi ogni giorno in auto è una vera follia, passereste la vacanza in macchina, su e giù per le valli, correndo in continuazione, arrivando alle spiagge più belle nei momenti peggiori e rinunciando alla magia che alcuni luoghi esprimono in modo indescrivibile al tramonto, alle prime luci del mattino o sotto un mantello di stelle. Se acquistate un pacchetto turistico con soggiorno in resort, è quindi opportuno visitare e godere il più possibile delle zone più vicine e lasciar perdere quelle più lontane, se invece siete viaggiatori indipendenti, la cosa migliore da fare è spostarsi, cambiare spesso dimora accorciando il più possibile il raggio di esplorazione e costruire il proprio itinerario strada facendo, decidendo di giorno in giorno dove fermarsi di più e dove di meno. Creta ha una ampia offerta di alberghi, studios, rooms-to-let e campeggi, anche nel mese di agosto non vi sarà difficile trovare una sistemazione anche negli angoli più remoti. In ogni caso, qualunque cosa decidiate di fare, sono certa che troverete la vostra Creta inesplorata, perché quello che ciascuno di noi vede, non è mai stato visto da nessun altro, perché ogni viaggio a Creta è unico e irripetibile. Ecco dunque il nostro viaggio, la nostra Creta inesplorata che, tappa dopo tappa, continua a farci battere il cuore.

L’itinerario

Il nostro viaggio parte dall’occidente di Creta, zona che non può lasciare indifferente anche il turista più incallito e merita da sola un viaggio. E’ la regione dei Monti Bianchi e della nobile Chanià, delle caraibiche spiagge Elafònissos e Ghramvousa, delle celebri Gole di Samarià, di antichi monasteri e città misteriose abbandonate dalla notte dei tempi. Si passa poi allo stretto tratto di isola incastonato fra i Monti Bianchi e il Monte Ida, una zona che riserva grande varietà di paesaggi, luoghi mitici e molte sorprese. E’ la regione delle spettacolari e vergini Gole di Aradena, di tre spiagge affascinanti e del tutto differenti fra loro, Preveli, Triopetra e Agios Pavlos, di un romantico castello sulla sabbia, di antiche roccaforti monastiche e della suggestiva Rethimno. Costeggiando le boscose pendici del Monte Ida si scende quindi verso gli antichi palazzi minoici di Festo e Agia Triada, la città di Gorthina e il magnifico tramonto di Matala. Si corre quindi verso l’estremo oriente di Creta, una zona dal fascino arcano ed africano, molto diversa da tutto il resto dell’isola. E’ la zona della foresta di palme di Vai, delle assolate e deserte spiagge di Xerocambos, della Valle dei Morti di Zakos e della grande, magnifica icona di Moni Toplou. Da Sitia la strada corre poi veloce sulla costa settentrionale con brevi soste lungo il Golfo di Mirabello e Eluonda. Il viaggio si chiude con Iraklion, il suo Museo Archeologico e la visita alla città dei miti, Knosso.

La solitaria Sougia

Arrivare direttamente nell’Occidente di Creta è più facile di quanto si possa immaginare. Sui cataloghi di alcuni tour operator potete trovare allettanti pacchetti in resort non lontani da Chanià, ma se siete viaggiatori indipendenti potete utilizzare due comode porte di ingresso, il porto e l’aeroporto di Chanià, e scegliere di visitare questa zona come preferite: con un vostro mezzo (auto o moto) via mare, o con una formula fly and drive. Il porto si trova a 7 Km a est, nel sobborgo di Souda: ogni mattina all’alba arriva la nave che parte dal Pireo alle 21.00 ed ogni sera alle 20.00 una nave salpa per il Pireo. L’aeroporto si trova invece a 14 Km a est, al centro della penisola di Akrotìri, e, oltre alle compagnie di bandiera greca, vi fanno scalo compagnie low-cost come Ryanair. Il nostro viaggio inizia da qui, alle 5.30 sbarchiamo dalla nave al porto di Souda. Come al solito siamo gli ultimi a scendere, il garage è ormai vuoto, sleghiamo la moto e prendiamo il viale alberato che porta a Chanià. Buio pesto, profumo di pane, qualche kafenion già aperto o non ancora chiuso. Ancora un po’ addormentati ci sfugge la deviazione per Omalòs e così finiamo dritti nelle strette vie a ridosso delle mura dove gli ambulanti stanno montando i loro banchetti per il mercato. Con non poche difficoltà ci liberiamo dal confuso intrico di mezzi, uomini, animali e bancarelle, e riusciamo ad imboccare la strada giusta. Attraversiamo i famosi aranceti poi la strada inizia a salire, non c’è in giro anima viva. Le cime dei Monti Bianchi, innevate fino a giugno, sono ancora avvolte da nuvole, il sole schiarisce appena il cielo con pennellate rosa e malva. Ci fermiamo al passo sotto il Monte Tourli, quota 1.000, che divide i due versanti dell’isola: solo noi ed un gregge di capre, fa un freddo boia. Finalmente il sole scavalca le vette e rompe le nubi, uno spettacolo magnifico, il paesaggio erompe in tutta la sua bellezza e solennità. Discendiamo per i 30 Km che ci separano da Sougia, una delle località balneari più gradevoli di tutta l’isola, che sarà il nostro primo campo base. Sougia è un piccolo paese sulla costa sud, giusto una settantina di Km sotto Chanià, ed ha conservato intatta la sua tranquillità grazie al fatto di essere una zona di interesse archeologico con severi limiti a costruire, e grazie alla sua posizione, proprio ai piedi dei Monti Bianchi, che la rende raggiungibile per mezzo di una sola e tortuosa strada non agevole per i pullman turistici. Ciò non toglie che vi possiate trovare buone sistemazioni in piccoli alberghi, studios e rooms, taverne eccellenti, bar e un fornito market. Se cercate in zona una località più vivace ed animata potreste scegliere la non lontana Paleochora, una cittadina a tutti gli effetti, molto più attrezzata, collegata e frequentata. Le sue case sono letteralmente incastrate su una stretta penisola che si stende fra una spiaggia sabbiosa, attrezzata, bordata di tamerici, molto spesso ventosa, ed una stretta spiaggia di ciottoli, bruttina, soffocata dalle case, che termina con il porticciolo. Avrete i servizi ma non avrete i silenzi, la spiaggia e il mare di Sougia. Forse per questo a noi Paleochora non era piaciuta e non ci siamo più tornati. Ma eccoci invece nuovamente a Sougia. Alle 8.00 del mattino la grande mezzaluna della spiaggia ci accoglie inondata di luce, il mare, riparato dagli alti monti, è una tavola argentea. Facciamo colazione in un locale che sta sistemando le sedie sulla strada alberata di tamerici che costeggia la spiaggia: il caffè ci scalda lo stomaco e il sole le ossa. Prendiamo alloggio da Ririka Rooms, le camere sono piuttosto piccole ma non manca nulla, la nostra è al piano terra, sul giardinetto pieno di piante e fiori da cui si contempla il mare. La spiaggia di Sougia è immensa e il suo caldo ciottolino multicolore, dopo la notte in traghetto, è il materasso più comodo che potessimo desiderare. Verso est, dove la spiaggia si allarga e confina con una zona alberata, c’è un piccolo insediamento di camperisti e campeggiatori, alcuni occupano anche le grotte e le rientranze delle rocce, davanti alle quali creano graziosi recinti di pietre e piccoli nuraghi. Quando la spiaggia sembra finire, c’è invece un passaggio verso una seconda spiaggia, più piccola e riparata, con ampie caverne che offrono ombra ed un mare spettacolare. Nel tardo pomeriggio i fianchi dei Monti Bianchi, che si infilano dritti nel mare, diventano quasi vermigli e dalle cime scende, puntuale ogni giorno, un fresco vento che accarezza la spiaggia e corre poi veloce verso l’orizzonte marino. Ririka è una anziana signora dai capelli argentati e pettinati con cura, come la maggior parte delle donne greche anziane scende al mare al tramonto, si immerge lentamente nel suo mare, tutte le sere, quasi con rispetto, ma con visibile piacere. La prima notte di Creta ci accoglie con un cielo stellato impressionante, la via Lattea sembra una lunga sciarpa bianca su cui brillano gli enormi diamanti di Altair, Vega e Deneb. Ci perdiamo in tanta immensità, eppure abbiamo la sensazione di esser tornati a casa.

Le cime dei Monti Bianchi

La mattina ci godiamo ancora il mare nella spiaggetta più orientale che, fino a mezzogiorno, è deserta. Nel pomeriggio saliamo ai Monti Bianchi, o Lefka Ori, come li chiamano qui. Rieccoci al passo del Monte Tourli, poi prendiamo un bella strada che, tutta a quota 1.000 con ampi panorami sul Mar Libico, porta in 13 Km a Omalòs. Questo altipiano è bellissimo, un vero paesaggio montano ma inondato dalla calda luce mediterranea; i pascoli sono ampi e grandi greggi di pecore si muovono lenti sotto la sorveglianza dei cani e dei pastori, tutto intorno, come una corona brillante, le alte cime dei Monti Bianchi che superano tutte i 2.500 mt. Saliamo fino al rifugio di Xiloskalo, quota 1.600, e fa proprio freddo, ma lo spettacolo della Gola di Samaria sotto di noi è sempre da mozzafiato. Creta ha molte gole spettacolari e suggestive dove si può assaporare l’atmosfera sospesa e solenne delle sue montagne, le Gole di Samaria sono quelle più conosciute e celebrate. Il pomeriggio Xiloscalo è deserta, puoi sentire l’eco della tua voce rimandata dal Monte Gingilos, i falchi roteano alti negli ultimi bagliori dorati prima che cali l’ombra nella valle e le cime si tingano di rosa. Ci fermiamo al bar panoramico, ancora reduce della consueta invasione mattutina, il suono di una lira cretese, lento e struggente, accompagna la nostra estatica contemplazione. Ridiscendiamo verso Sougia e a 5 km prima del mare facciamo una breve deviazione, ancora in salita, verso Koustogerako, patria di ribelli ad oltranza, né i turchi né i tedeschi riuscirono mai ad espugnare il loro nido d’aquila. Un posto proprio fuori dal mondo dominato dal picco di 1.980 mt del Monte Psilafi. Il paese si racconta in due parole: 2 kafenion molto spartani, con il fornello a gas e i bricchi di alluminio, 10 semplici case raccolte intorno ad uno spiazzo erboso, tutto qui. Una donna chiama le sue pecore con un lamento antico e loro accorrono a balzi belando allegre. Seduta fuori dalla sua casetta, una novantenne, vestita di nero ed illuminata da uno spicchio di sole tiepido, ci saluta con un sorriso. Al nostro rispondere, mi fa segno di sederle accanto e parte con una raffica di domande di cui ne comprendo ben poche, ma lei è comunque soddisfatta di quel poco che capisco e rispondo: lì di turisti ne capitano ben pochi e non vuole proprio rinunciare a questa conversazione. Mentre mi racconta che ci vede poco, che le duole la schiena e sente sempre freddo alle gambe, Aldo ci punta addosso la macchina fotografica e lei, fulminea, si tira su dritta e fiera, raccoglie i lembi del tipico fazzoletto, lo zeberi, che porta sulle testa e lo sistema in un attimo alla maniera cretese: una vera guerrigliera sfakiota. La saluto con un bacio e mi riempio i polmoni del suo intenso profumo di erba e sapone.

L’incanto di Lissos

Lissos era una antica città dell’epoca classica, fiorente fino al X secolo d.C., aveva un porto vivace, utilizzato dalla vicina Elyros, e un Santuario di Asclepio in cui si praticavano terapie termali grazia ad una fonte minerale miracolosa. Dal X secolo al 1957 nessuno sapeva più che esistesse, e ancora oggi pochi sanno che esiste. Di buon ora ci incamminiamo, la strada la conosciamo bene, imbocchiamo sicuri il canalone alle spalle del porticciolo di Sougia e percorriamo la boscosa gola, passiamo sotto l’alta rupe che si protende ad arco sopra di noi con la solita emozione: è un passaggio sempre impressionante. Quindi saliamo sul crinale sinistro per superare la collina. Finalmente eccoci, dall’alto compare l’incantata baia di Lissos, con la mezzaluna bianca della sua spiaggia e le sue rovine. Dopo gli scavi del 1957, che hanno portato alla luce diverse statue e il Santuario di Asclepio, il luogo è stato del tutto abbandonato, c’è solo un capanno con un guardiano di capre e di scavi. Dall’alto non vi sarà difficile individuare la vasta città sulla collina di fronte a voi e nella valle, fra i cespugli, la zona del Santuario, le fondamenta delle case, del teatro e delle terme. Scendiamo veloci verso gli scavi e ci infiliamo fra le rovine. Gli splendidi mosaici del Santuario di Asclepio sono lì davanti a noi, né il sole né le sterpaglie hanno potuto annientarne la grazia e i colori. Più a valle, vicino al capanno del guardiano e sotto le frasche, gorgoglia ancora la miracolosa fonte dalle proprietà terapeutiche, fresca e dal sapore ferroso. Ci sediamo all’ombra e mangiamo qualche carruba che pende dal un albero, andiamo a visitare le due chiesette e poi ci tuffiamo nell’acqua turchese per un bagno rinfrescante. Sulla scogliera che chiude la baia ad occidente sono visibilissime, come nel porticciolo di Sougia, le linee scavate dal mare a vari livelli, che testimoniamo il lento sollevamento di questa parte di isola nel corso dei secoli. Mentre ci godiamo la solitudine e l’incanto di questa solitaria baia, arrivano alla spicciolata alcuni escursionisti inglesi che si raggruppano sulla spiaggia, chiaramente in attesa di una barca. Arriva un grande motoscafo, è Captain George, il poliedrico gestore del mini-market, commerciante, motociclista, motonauta, organizzatore di escursioni, affittacamere, affabulatore: un uomo molto aperto e simpatico, una fonte inesauribile di informazioni per ogni vostra necessità. Vista la coincidenza, questa volta evitiamo di fare anche il ritorno a piedi e gli chiediamo un passaggio per il ritorno, che, volentieri ci concede.

I tramonti struggenti di Falasarna

La nostra seconda tappa è alla base della penisola più occidentale di Creta, Gramvousa. Da qui si può agevolmente andare a Chanià o raggiungere tre luoghi fra i più spettacolari dell’isola: le chilometriche spiagge di Falasarna, la laguna di Elafonissi e la selvaggia penisola di Gramvousa con la baia di Balos. Come campo base per questa zona suggeriamo due alternative, entrambe valide. La prima è soggiornare a Kissamos, o Kastelli che dir si voglia, una cittadina rurale e vivace, affacciata sull’ampio golfo delimitato dalle penisole di Rodopi e Gramvùssa che, come due sentinelle, vigilano il suo porto e i traghetti che arrivano da Gythio nel Peloponneso. A Kissamos sostano pochi turisti ma ha un buon sito web su cui scegliere la sistemazione che più aggrada. La sera, potrete respirare una atmosfera veramente autentica cenando insieme ai locali nelle ottime taverne del paese o in quelle affacciate sulla spiaggia che propongono ottimi piatti di pesce e saporite verdure appena colte. Sulla piazza principale, in un bel palazzo turco-veneziano, merita una visita anche il piccolo Museo Archeologico. In fondo alla spiaggia, in località Nopigia, appena dopo l’omonimo campeggio, c’è un teatro all’aperto, rivolto al mare come quelli dell’antica Grecia, dove, nei giorni di Ferragosto, si tiene una importante manifestazione di musica e danze cretesi, bellissima e per nulla turistica, in onore del Chaniotico Sirtò che è nato proprio qui. Una sera abbiamo anche avuto modo di assistere ad un corteo nunziale. Nel pieno rispetto delle regole della tradizione secolare cretese, gli sposi e la maggior parte degli invitati erano in abito tradizionale e a dorso di mulo: non dimenticheremo l’incedere fiero degli uomini con i vracha infilati negli stivaloni di cuoio nero, le nere reti con le frange annodate sul capo, le camice nere e i coltelli d’argento nei cinturoni, i fucili lustri, gli spari in aria in segno di festa. Se invece vi affascina l’idea di soggiornare in un isolato e tranquillo studios con una bella terrazza panoramica da cui godere struggenti e magici tramonti, da Kissamos dovete prendere la strada per Platanos e poi scendere verso Falàsarna. Arrivando, le numerose serre, costruite nella zona pianeggiante del primo tratto di litorale, disturbano il colpo d’occhio che si può avere dall’alto, ma, una volta scesi, le serre svaniscono nel nulla e resta una sorta di altopiano assolato qua e la punteggiato di case. In questa zona non esiste un villaggio vero e proprio ma soltanto grandi case sparse che affittano studios e rooms; ci sono diverse taverne vicino al mare, molto frequentate a pranzo dai turisti di passaggio, mentre la sera sono deserte e poco fornite, se non chiuse; la sera, a Falàsarna, c’è un silenzio assoluto, rotto solo dal soffiare dei gufi, nelle notti senza luna è buio pesto, le stelle le puoi toccare, non c’è illuminazione pubblica e se volete raggiungere a piedi la taverna più vicina dovete munirvi di torcia. La simpatica Anastasia, preavvisata telefonicamente il giorno prima, ci ha riservato nei suoi Anastasia-Stathis Rooms una stanza al piano superiore, ampia e luminosa, da ogni finestra si vede il mare, e il terrazzo è enorme. Sotto di noi c’è una coppia di settantenni bolognesi che ci stanno 3 mesi all’anno. Molliamo tutto e scendiamo a piedi sulla spiaggia, una delle migliori di Creta. Una lunghissima ed ampia distesa sabbiosa, divisa in mille calette da propaggini rocciose, una sabbia finissima dalle sfumature rosate ed un mare tiepido striato di azzurro e turchese. Non avete che l’imbarazzo della scelta, è talmente vasta che potete sbizzarrirvi fra le zone attrezzate gestite dalle taverne e le zone nature, ciascuno troverà la sicuramente la “sua” spiaggia. Nell’ora più calda ci rifugiamo sotto la pergola di una taverna e ci perdiamo nel luccichio del mare che qui sembra immenso e benigno. Sul tardi prendiamo la moto ed andiamo fino in fondo alla strada e continuiamo sullo sterrato che porta alle rovine della antica città di Falàsarna. Il fascino di questo luogo è inaudito, forse per il fatto che una volta si trovava sul mare mentre oggi, per effetto dell’innalzamento della costa occidentale di Creta, è tutto all’asciutto e il suo porticciolo sembra smarrito con i moli battuti dal vento e non dalle onde, con i fori per le gomene delle barche che danno ricovero alle lucertole. Verso il tramonto, le sue imponenti mura di tufo giallo sembrano cingere l’etere e il suo grande trono di pietra dominare lo spazio. Sotto una tettoia sono visibili gli scavi che hanno portato alla luce una stanza da bagno, di qualche millennio fa, ben intonacata e attrezzata con quattro magnifiche vasche di terracotta. Questo è un posto ci sembra sempre magico, per tanti motivi, e ci restiamo fino al tramonto. Per la cena risaliamo la strada verso Platanias e ci fermiamo dal nostro Zacharias che inizia a chiacchierare e ad elencare tutte le leccornie che ha preparato oggi “la sua mamma”: fiori di zucchine ripieni, melanzane al formaggio, capra al limone e un irrinunciabile galatoboureko. Alla fine ci offre anguria e melone e beviamo insieme un buon bicchierino di rakì.

I Miraggi di Elafonissi

Elafonissi è troppo conosciuta, visitata, fotografata e facile da conquistare per avere segreti. Per raggiungerla, chi arriva da Chanià, poco prima di Kissamos, prende solitamente la deviazione per Topòlia che è sicuramente la via più rapida ma la meno attraente. Noi, da Platanos, prendiamo invece la bella strada costiera che passa da Sfinari, molto panoramica, frequentata più da capre che da automezzi. Le innumerevoli curve, attraverso una serie di minuscoli paesi poco o nulla abitati, ci riportano sulla strada principale appena prima del Monastero di Crisoskalitissa. Qui il paesaggio diviene improvvisamente piatto, le montagne restano alle spalle e la strada continua verso sud correndo su un pianoro roccioso. Elafonissi la vedrete da lontano, sfumata come un miraggio. All’estremità meridionale della costa occidentale, proprio sullo spigolo dell’isola, c’è questa lunga, ampia, immensa distesa di sabbia, separata dall’isolotto di Elafonisi da un breve tratto di mare con l’acqua così bassa che potete tranquillamente guadare senza che vi superi la coscia. Questo isolotto è coperto di dune e macchia mediterranea ed è abbastanza lungo per rompersi in tante belle calette. I colori di Elafonissi sono unici: la sabbia è chiarissima e la battigia è colorata di vivido rosa da minuscoli frammenti corallini, il mare cangia continuamente e sembra dipinto a larghe pennellate nei toni più chiari che l’azzurro possa offrire. Il riverbero della distesa sabbiosa, il leggero vapore che sale dall’acqua bassa, la polvere sollevata dal vento e la luce diafana vi daranno proprio l’immagine di un miraggio. Ma tanto incanto è rotto da troppa gente, sempre ed ovunque. Essendo raggiungibile da una comoda strada asfaltata che arriva fin sulla spiaggia, arrivandovi pullman turistici ed autobus di linea nonché barche dalla vicina Paleochora, non la troverete mai deserta, tenete poi presente che è anche facile preda dei camperisti che colonizzano stabilmente i pochi alberi della spiaggia, organizzano festose tavolate, scaricano dai loro mezzi lettini prendisole, canotti e canoe. Ma data la sua vastità, arrivando presto, potreste conquistare una caletta sull’isolotto, anche se vi sarà difficile difendere a lungo il vostro angolo di paradiso. Tutto questo non vi deve però far rinunciare ad Elafonissi e a passeggiare nelle sue basse acque multicolori. Noi ci passiamo ancora una volta tutta la mattina, poi, appena incalza il caldo e la gente, ci ritiriamo sulla collina, nella tranquilla e defilata taverna dove avevamo fatto sosta altre volte. Da questa posizione rialzata, sotto l’ombra della pergola e con una fresca fetta di anguria in mano, contempliamo ancora una volta, rapiti, il miraggio di Elafonissi: quassù non arriva il vociare dei bagnanti, ma solo il suo respiro caldo, le figure umane non si vedono, non sono che minuscoli ed ondeggianti puntini, annullati ed assorbiti dall’immensità delle sfumature rosa-azzurre.

Prima di rientrare ci fermiamo al Monastero di Chrisoskalitissa, un edificio abbarbicato ad uno sperone roccioso che si alza sul mare per 35 metri. La chiesa è nel punto più alto e domina un bel panorama, per accedervi occorre salire una bianca e stretta scalinata. Il nome del monastero, molto bello e musicale, è legato proprio a questa scala. Se ci andate al tramonto, quando i raggi del sole entrano dritti dalla porta a volta che chiude la scala, vi sembrerà di salire verso il cielo, se non verso il Paradiso. La leggenda popolare vuole che le anime pure possono vedere i suoi scalini d’oro: chriso skali, appunto. Il Monastero della scala dorata, a dispetto del suo nome, non ha ricchezze da esibire, è ancora abitato da qualche monaca che tiene in ordine la chiesa, coltiva il magro orto, vende e confeziona souvenir per i turisti di passaggio nei mesi estivi. Pensate anche a loro, tornando dalla spiaggia, acquistate qualcosa o accendete una candela lasciando una piccola offerta.

Gramvoùsa selvaggia

Gramvousa e la Baia di Balos: un tempo erano gioielli nascosti raggiunti da pochi, ora sono una meta imperdibile e ben reclamizzata. Comunque sia, a nostro avviso, restano uno dei luoghi più belli al mondo. La prima volta che mi sono affacciata dalla alta rupe che domina il Golfo di Gramvousa e la Baia di Balos ne sono rimasta folgorata, non riuscivo a credere a tanta bellezza, avrei voluto rimanere lì per sempre, un brivido persistente di emozione mi inchiodava su quelle rocce e mi legava per sempre a questo luogo. Allora non c’era lo spiazzo per il parcheggio con la cantinetta che vende le bibite e lo sterrato spariva all’improvviso fra le sterpaglie, non c’era il sentiero a gradoni per scendere e bisognava indovinare i passaggi prendendo spunto dalle capre (e il problema era poi risalire…), giù non c’era la taverna ma una baracca di guardiani di capre e pescatori che improvvisavano qualcosa (se c’erano…) e da Kissamos non arrivava nessuna barca carica di turisti. La magia di quel tempo resta solo nei ricordi, ma anche oggi c’è la possibilità di assaporare ancora questo luogo in tutta la sua bellezza ed apprezzarne il fascino selvaggio. Per prima cosa non fatevi spaventare dallo sterrato che si deve percorrere, in qualche punto è davvero malconcio e potrebbe venirvi la tentazione di tornare indietro, ma non desistete, piano piano lo si percorre anche con una normale automobile, se non ha un assetto troppo ribassato. Il premio per l’audacia e la pazienza saranno i bei panorami che la stessa penisola di Gramvousa già vi offrirà lungo il percorso ma, alla fine. poter soprattutto contemplare la baia di Balos dall’alto, cosa che non sarebbe possibile arrivando in barca. Seconda cosa, andateci al mattino prestissimo, prima che potete, troverete solo quelli che vi hanno passato la notte e potrete godere, per tutta la mattina, di un vero paradiso: i primi turisti che arrivano con le barche partono Kissamos verso le 10.30, fanno una tappa alla fortezza di Gramvousa e, anche con mare buono, non ce la fanno ad arrivare prima di mezzogiorno. Terza cosa, se vi sentite un po’ “wild”, armatevi di tenda e sacco a pelo e restateci la notte: non temete, non sarete i soli ed ora c’è anche la presenza rassicurante della taverna, l’unica accortezza che dovrete avere è quella di non lasciar nulla in balia delle capre. Ma anche se siete degli irriducibili pigroni e decidete di andarci in barca, andateci, non rinunciate a questo spettacolo della natura. Ma torniamo a noi. Lasciato il mezzo sullo spiazzo adibito a parcheggio si individua subito il sentiero da seguire ma, appena questo accennerà a curvare verso sinistra, abbandonatelo e andate dritti verso nord, finirete sulla rupe che domina tutta la Baia ed avrete la più ampia e bella visuale: resterete senza parole, credetemi. Lo sguardo spazierà su un immenso scenario da film. Alla vostra destra come due navi pirata pietrificate, vedrete galleggiare le isole Agria Gramvousa, selvaggio regno di capre, e Imeri Gramvousa, con la sua fortezza inespugnabile scenario di lotte furibonde, identificata anche come la mitica residenza del dio dei venti Eolo. Dritto davanti a voi il panettone roccioso di Balos, un isolotto collegato alla costa da una stretta barriera di scogli appena affioranti che hanno permesso la formazione di una meravigliosa spiaggia sabbiosa e una laguna turchese dall’acqua cristallina e bassissima in cui potrete sdraiarvi. Alla vostra sinistra e dietro di voi i picchi aguzzi del Monte Geroskinos, 700 mt di altezza, le cui ripide pendici, scivolando veloci verso il mare, riescono comunque a trattenere, fra i radi ed ostinati cespugli, le fragili dune di sabbia su cui scorrazzano mandrie di capre. Montiamo la nostra tendina azzurra e ci abbandoniamo al paradiso. A proposito, sulla spiaggia di Balos non ci sono attrezzature e non c’è ombra di alcun tipo, dopo mezzogiorno inizia a fare davvero caldo, anche l’acqua del mare diventa caldissima, non fate neppure eccessivo conto sulla taverna in fondo alla spiaggia: in alta stagione può finire le scorte, in bassa stagione potreste trovarla chiusa. Insomma, attrezzatevi secondo le vostre esigenze e passerete momenti magnifici.

I gioielli di Chania

Qualunque sarà il vostro itinerario nell’occidente di Creta, Chanià resterà un passaggio obbligato e quindi potrete decidere di visitarla a vostro piacimento, ma non tralasciate di visitarla: è la città più bella dell’isola. Se non volete spostare il vostro “campo base” dalla zona Kissamos, potete andare a Chanià in un’oretta, ci sono 40 Km di strada buona e veloce; se avete però deciso di tornare a casa partendo da Chanià potreste riservarle almeno l’ultimo giorno di vacanza, soggiornando magari in città oppure nella zona di Souda-Kalami se desiderate avere il mare a disposizione. In ogni caso, a metà strada fra Kissamos e Chanià, alla base della Penisola di Rodopi, non dovete lasciarvi sfuggire una sosta a Moni Goniàs, il Monastero dell’Angolo, che deve il suo nome proprio alla posizione. Questo Monastero è una vera fortezza e le sue mura vi racconteranno molto della storia di Creta e del ruolo determinante che hanno avuto i monasteri nella resistenza all’impero ottomano. La palla di cannone rimasta infissa nei bastioni rivolti al mare non lascia dubbi. Cercate di andarci la domenica o quando c’è una funzione, molto probabilmente sarete i soli turisti e sarà un’esperienza emozionante, non solo per la suggestiva distribuzione rituale del pane al termine della funzione, ma soprattutto per l’evidente devozione dei fedeli che saranno visibilmente felici di dividerlo con voi. Da Moni Gonià a Chanià la strada è un susseguirsi di brutture turistiche: Maleme, Gerani, Platanias, Agia Marina. Una “tonnara” di posti anonimi per un turismo anonimo, negozi traboccanti di scemenze, ristoranti con piatti standardizzati e schedati in tutte le lingue, pitte e souvlaki fotografati in versione fast-food, persino un grande ristorante costruito ad immagine e somiglianza del palazzo di Knosso… Anche spiagge e mare non sono granchè. Arrivati a Chanià, invece, si è subito preda della sua vivacità e del suo caos levantino: i negozi, di qualunque tipo, espongono le loro merci all’esterno intralciando il passaggio, auto e moto vanno dove e come gli pare infischiandosene di semafori e divieti, le indicazioni non sono il massimo della chiarezza. Avvicinatevi il più possibile alla città vecchia, ben delimitata dalle mura, e cercate di parcheggiare nella zona del Mercato Alimentare che è il miglior punto di partenza per visitare la città. Il centro storico è molto caratteristico e ricco di punti di interesse culturali, negozietti molto ricercati e glamour fanno la felicità degli amanti dello shopping, i menù delle eccellenti taverne stuzzicano l’appetito: Chanià piacerà a tutti e rappresenterà una piacevole pausa alla routine balneare. Qualche suggerimento? Il Mercato Alimentare coperto, a nostro avviso uno dei più affascinanti del mediterraneo, ricorda un po’ il Mercato Orientale di Genova, quello della zona turca di Nicosia o quello di Marsiglia, da cui è stato proprio preso spunto. Entrando nel grande edificio a croce greca, subito sarete colpiti dal piccante mix di profumi e aromi che si sprigiona dai banchi di erbe aromatiche, poi sarete incuriositi dalle caratteristiche grida di richiamo dei negozianti, quindi vi perderete nella varietà delle merci. Qui ci sono più di 70 negozi alimentari e troverete di tutto, dalle olive ai saponi, dalle carni ai formaggi, dai vini alle erbe medicinali, dai cesti di frutta ai souvenir. Ma la particolarità di questo mercato è la presenza al suo interno di kafenion e rosticcerie molto frequentate dai locali, incuranti del fatto che il loro mercato sia diventato anche una attrazione turistica. Nel quartiere Ebreo di Evraiki trovate il Museo Archeologico, un vero gioiello irrinunciabile, meriterebbe una visita già solo la sua location, all’interno della imponente chiesa veneziana del convento di San Francesco trasformata in moschea da Yussuf Pascià. La preziosa raccolta documenta la storia della regione di Chanià dal neolitico – minoico all’età romana ed espone reperti veramente raffinati. Fra tutti, in una vetrinetta, vi segnaliamo un piccolo sigillo che ci ha veramente emozionato: rappresenta un dio, un re o un demone, in piedi sulla torre più alta di una città, si tratta praticamente una fotografia di secoli fa, una istantanea di una città scomparsa! Non meno emozionante un giocattolo di argilla dell’ottavo secolo a.C. Le Mura Veneziane, quelle occidentali sono le meglio conservate, salite sui bastioni della Fortezza di Firkas che chiude il porto sul lato opposto al fotografatissimo Faro Veneziano. Questo è un angolo della città molto bello, si respira il profumo intenso del mare e della storia, nei giorni di mare mosso è magnifico. Incastrato fra il porto e le mura trovate il quartiere Mussulmano di Topanas: un dedalo di viuzze, belle case restaurate e cortili nascosti, giardini segreti e portoni scolpiti, anche se colonizzato da negozi e ristoranti, anche se lo trovate affollato di gente, resta bellissimo. Fra la Moschea dei Giannizzeri e il Grandi Arsenali si stende il nobile quartiere Veneziano di Kasteli con i suoi principali monumenti e i suoi bei palazzi che costeggiano in prima fila tutta l’ansa del porto. La stramba e bassa moschea conferisce un connotato esotico alla città e ne rappresenta ormai un simbolo. I grandi Arsenali testimoniano il grande passato commerciale de La Canea ma degli originari 23 ne restano solo 9, alcuni ancora utilizzati come arsenali, altri, restaurati, come sedi di mostre. Il quartiere popolare di Splatzia è molto diverso dagli altri e meno frequentato dai turisti: le sue case e le vie selciate sono state restaurate nel corso degli anni e creano bei passeggi pedonali, lontano dalla, folla, intorno ad un minareto.

Le perle dell’Akrotiri

Se siete in zona ed avete ancora un po’ di tempo, una interessante escursione, decisamente fuori rotta, può essere l’Akrotiri, la penisola tondeggiante e piatta su cui c’è l’aeroporto. Qui non ci sono bellezze naturali e il paesaggio è, anzi, piuttosto desolato; i paesi sono bruttini e le strade confuse; ci sono poche, piccole e modeste spiagge, anche la mitica Stavròs, resa immortale dal sirtaki ballato da Antony Quinn nel celebre film Zorba il Greco ed un tempo bellissima, non è che l’ombra di se stessa. Perché allora venire all’Akrotiri? Tre monasteri bellissimi, fra i più belli di Creta. Il Moni Agia Triada Zagaròlon è il primo che si incontra ed è forse il più imponente di tutta l’isola, un edificio monumentale e grandioso, lo si direbbe più un palazzo rinascimentale italiano che un monastero greco. Il complesso monastico ha anche tutta l’attrezzatura di una grande azienda agricola, frantoi e torchi per il vino, nonché un aranceto. Molto bello anche il paesaggio circostante e il lungo viale di accesso bordato di altissimi cipressi. Da questo monastero, seguendo le indicazioni ed attraversando un paesaggio aspro e roccioso, si arriva, dopo una stretta gola, al piccolo altipiano su cui sorge il Moni Gouvernetou. Il suo aspetto massiccio di monastero fortezza, la sua austera forma rettangolare, la squadrata torre angolare e le feritoie, ben si intonano al selvaggio paesaggio circostante: quanto lontana sembra la frivolezza veneziana di Chanià! L’iscrizione sopra la porta di ingresso, “stretta è la porta ed angusta la via che conduce alla vita”, sembra scoraggiare; i monaci, al contrario, sono molto ospitali e sono lieti di mostrarvi la loro grande chiesa, dedicata alla Signora degli Angeli, con una facciata riccamente scolpita. Dal Gouvernetou parte poi un sentiero che porta in 10 minuti alla Grotta dell’Orso e alla sua piccola cappella dedicata alla Madonna dell’Orso che ha sostituito con la sua icona la venerata stalagmite dedicata al culto di Artemide. Continuando per altri 20 minuti, si arriva alle rovine del Convento di San Giovanni, noto come il Moni Katolikou. Il percorso e il contesto naturale sono suggestivi ed impressionanti, il monastero è aggrappato a una scarpata, scavalcata da un ponte, nel cuore di un paesaggio primordiale. Pare sia il convento più antico di Creta e che San Giovanni Eremita stesso abbia vissuto nella più grande delle grotte che si aprono nella rupe, la chiesa stessa è scavata nella roccia. Qualche raro turista arriva anche qui, ma non molti.

Gole di Samarià

Visto che le abbiamo nominate, interrompiamo un attimo il nostro viaggio e prima di lasciare la regione di Chanià apriamo questa doverosa parentesi nel caso voleste visitarle. La valle di Samaria si apre fra le ripide pendici del Monte Volakiàs 2117 mt e del Monte Pàchnes 2454 mt, proprio di fianco a Sougia. Il primo tratto è ampio, maestoso e solenne, la sua visione migliore la si ha dall’alto, da Xiloskalo, soprattutto nel tardo pomeriggio quando il sole colora di rosa le cime dei Monti Bianchi e l’unico rumore è il vento. L’altro punto spettacolare è alla fine delle Gole, le Porte di Ferro, dove alte pareti di roccia quasi si toccano, e il momento migliore per vederle è il primo mattino con i falchi Eleonora che volteggiano ancora indisturbati. Tutta l’area, dal 1962, è dichiarata Parco Nazionale, pertanto si paga un ingresso, non si può pernottarvi, tutto il percorso è attrezzato per un escursionismo in tutta sicurezza, considerato anche l’elevato numero di visitatori che la frequentano ogni stagione estiva. La forestale a tal proposito ha fatto diversi interventi istituendo postazioni di pompieri e pronto soccorso, cestini per i rifiuti, wc, tavoli per pic-nic e pannelli informativi. Tutto ciò toglie a questo percorso il sapore selvaggio ma non la bellezza del luogo. Se soggiornate in hotel in zona Chanià o Rethymno e volete rompere la monotonia balneare con la visita alle Gole di Samarià, il mezzo migliore per farlo è quello di affidarsi alle agenzie che offrono un pacchetto tutto compreso per i servizi di trasporto. Con 25 euro circa, verrete prelevati all’alba nei pressi del vostro hotel e trasportati fino a Omalos, ripresi poi nel pomeriggio ad Hora Sfakion e riportati a casa. A vostro carico resterà il biglietto d’ingresso al parco, 6 euro, e il biglietto del traghetto da Agia Roumeli ad Hora Sfanion, 10 euro. Chiaramente anche a Sougia o Paleochora organizzano transfer per le Gole, non fate però conto sui dichiarati traghetti che collegherebbero queste due località ad Agia Roumeli: il percorso marino in questa direzione è molto più lungo, esposto ai venti e pertanto pericoloso, spessissimo vengono sospesi o ci sono solo sulla carta. Affidarsi ad una agenzia consente quindi di fare il percorso classico senza arrovellarsi il cervello con gli ipotetici orari dei bus pubblici e loro inconvenienti. Va però detto che tale escursione, fatta in alta stagione, sconta un traffico da raccordo anulare che può rovinare l’incanto di questo posto. Stando al cliché di rito della Samaria Gorge Long Way, gli escursionisti, e non immaginate quanti, partono tutti la mattina presto da Omalòs, più o meno alla stessa ora, si tuffano giù per il ripido sentiero di Xiloscalo, percorrono l’ampio fondovalle, attraversano le Porte di Ferro ed arrivano al mare di Agia Roumeli, dopo circa 5 ore, nell’ora più calda, pranzo, bagno e via sul battello per Hora Sfakion dove li aspetta il pullman per tornare a casa. Questo non è però l’unico modo per visitare le Gole. Volendo si può fare anche il percorso al contrario, controcorrente, partendo dal mare nell’ora più fresca e salendo verso la montagna. C’è infine la possibilità della escursione cosiddetta Samaria Gorge Easy Way che prevede, traghetto da Hora Sfakion a Agia Roumeli, percorso nell’ora più fresca della giornata e con poca fatica, solo 5 Km di cui i primi 2 pianeggianti, fino alle Porte di Ferro, si torna poi ad Agia Roumeli e si prende il traghetto per Hora Sfakion. Comunque sia, fatte una volta, non avrete interesse a farle una seconda. Se poi siete viaggiatori itineranti, allergici ai riti imposti dal turismo tam-tam e preferite riservare le vostre energie per Gole più selvagge e meno frequentate di cui parleremo poi, godrete meglio dei panorami di Samaria in altro modo, con più calma, e, forse, con maggior soddisfazione spezzandone i punti di vista migliori durante il vostro viaggio. Una prima contemplazione la farete dall’alto, recandovi a Xiloscalo nel pomeriggio, come abbiamo sopra descritto. Una seconda contemplazione la farete dal basso, recandovi alle Porte di Ferro di buon ora con il primo traghetto che parte da Hora Sfakion, per trasferirvi poi, ancora in traghetto, a Luotro, trascorrere un incantevole pomeriggio di mare tornando a Hora Sfakion con l’ultima corsa.

Rodakino e la spiaggia del Corvo

Riprendiamo il nostro viaggio: da Falasarna, via Chanià, scendiamo per la strada che porta a sud attraverso i bellissimi Farangi Imbrou, con le loro pareti di rocce colorate alte più di 300 metri, fino a raggiungere Hora Sfakion. Ricordate, “farangi” è il termine che indica le gole, ogni volta che lo vedete scritto sulla cartina lo spettacolo è garantito. Il tratto di costa compreso fra Hora Sfakion e Agios Pavlos è spesso molto ventoso: alle sue spalle c’è una sorta di tavolato che va dai 1.500 ai 1.300 metri, incastrato fra la catena dei Monti Bianchi a sinistra e il massiccio del Monte Ida a destra che superano entrambi i 2.500 metri, questo crea una sorta di canale con “effetto Venturi”. La natura qui è particolarmente bizzarra, ci sono strette gole incise come rughe nella roccia, fiumi e ruscelli che scendono al mare nascosti da palmizi e impressionanti dune marine. Proprio al centro di questo tratto di costa c’è il nostro nuovo campo base, Rodakino, un paesino da nulla, proprio quattro case costruite nel punto in cui si incontrano tre strettissime gole che scendono ripide dal Monte Krioneritis, il Monte delle Acque Fredde. Sotto il paese si apre la spiaggia di Koraka, il Corvo, una bella distesa di sabbia grossa e ciotolini grigi, mare cristallino e profondo, qualche pensioncina, semplici taverne e bar che mettono a disposizione lettini ed ombrelloni. Il posto è molto tranquillo e frequentata solo dai locali, qui trovate la taverna Arokaria e gli Apartments Kleanthi, con un orto amorevolmente coltivato e verdi aiuole di profumata vlita. Kanakis è una delle persone più belle che abbiamo mai incontrato, schietto ed intelligente, a volte tagliente, mai banale, asciutto come la sua terra, tenace e determinato come i suoi antenati ribelli, un cuore sinceramente ospitale e naturalmente generoso. Nelle tranquille serate, passate con lui a chiacchierare sotto le stelle, Creta ci è entrata inesorabilmente nell’anima. Ci accoglie subito con un bicchierino di raki casalingo, fresco di frigo, fuoco ghiacciato nello stomaco vuoto; ci mostra il nostro appartamento e ci lascia sistemare. Prima di pranzo, per festeggiare il nostro arrivo, brindiamo con un secondo raki e, alla fine, alziamo ancora il bicchierino di raki, il terzo, con uno “stin iassas” in onore della moglie, una cuoca eccezionale. Non proprio sobri, decidiamo di rinfrescarci le idee con un giretto fino a Sellià e un bagno alla sua bella spiaggia, Sudha, un riparato e nascosto angolo di sabbia contornato da palme. Finiamo il pomeriggio con qualche acquisto a Plakiàs, la località più turistica della zona, molti alloggi, ristoranti, bar e market, una lunga spiaggia, bella ma impraticabile nelle giornate di vento; preferiamo decisamente la solitudine di Koraka, ma è solo questione di gusti. Per la cena Kleanthi ha preparato un ottimo stufato di capra e una baklava da antologia, ma il rosso Peza, vino corposo e profumato di ciliegia, mette a ko gli ultimi neuroni lucidi: dormiremo benissimo.

Le aquile di Aradena

Hora Sfakion è a 25 Km da Rodakino, una volta era la capitale dell’orgogliosa regione di Sfakià, oggi è un insieme disordinato di costruzioni al servizio del turismo di passaggio per le Gole di Samarià. Da Hora Sfakion ci sono diverse corse al giorno di barche dirette ad Agia Roumeli con sosta a Loutro, un meraviglioso villaggio, raggiungibile solo via mare o a piedi dai monti retrostanti. Le sue case bianche sono disposte a semicerchio intorno a una piccola spiaggia e il mare è stupendo, da bagno memorabile. Ma oggi ci lasciamo alle spalle il mare e il porticciolo di Hora Sfakion intasato dai pullman turistici e saliamo velocemente verso Anopoli, Con 12 Km di tornanti si sale a quota 600 metri a picco sul mare e, curva dopo curva, si conquista un paesaggio stupendo. Il versante meridionale dei Monti Bianchi, in questo punto vicinissimi al mare, è una sponda lucente, un grande specchio che riflette fasci di luce argentea sul buio Mar Libico, qui si capisce perché questi Monti si chiamano Bianchi. Lungo tutto il percorso non troviamo un mezzo motorizzato, nessun albero, solo nudi e chiari graniti, radi e bassi cespugli, in compenso capre ovunque. Ci fermiamo nel punto più alto a fotografare un simpatico gruppo di capre in bilico sulle rocce, mi avvicino piano cercando di non spaventarle, arrivo quasi sul bordo del baratro e davanti a me, fulminea, vicinissima, spiega le sue enormi ali un’aquila, salendo dritta verso il cielo. Indimenticabile, una delle esperienza più intense della mia vita. Ormai le aquile sono una rarità anche a Creta, sempre meno sono i luoghi solitari dove possono cacciare indisturbate. Anopoli ci accoglie con un buon profumo di pane, un paio di anziani sfakioti, in abito tradizionale e stivaloni, ci osservano sornioni dal portico della semplice casa di pietra. Il paesaggio è in tutto e per tutto montano. La strada continua in quota fino ad Aradena, un paese che è stato collegato al resto del mondo solo nel 1986, quando venne costruito un ponte di ferro sopra il baratro di 150 metri su cui si affacciano le case. Prima della costruzione del ponte, ad Aradena si arrivava solo a piedi, scendendo un vecchio ciottolato lungo la sponda della gola e risalendo dall’altro lato. Il posto è da vedere. Il paese è ormai praticamente abbandonato, ma ha una bellissima chiesa bizantina dedicata all’Arcangelo Michele con una strana cupola e bei affreschi. La cosa che vi colpirà maggiormente sarà però la bellezza della Gola di Aradena, una delle più imponenti di Creta. Per quasi tutti i suoi 7 Km di lunghezza, ha pareti lisce ed alte 100/150 metri, il percorso scende fino alla spiaggia di Finikas e, da questa, si arriva brevemente con un sentiero a Loutro da cui torna a Hora Sfakion in traghetto. Qui non incontrerete guardie forestali, aree per pic-nic e turisti, solo qualche temerario e una ruggente natura selvaggia. Attraversato, con emozione, il ponte di ferro di Aradena, la strada continua ancora per 5 km fino ad Agios Ioannis, un piccolo gruppo di case in mezzo ad un intenso profumo di pino. Torniamo a Rodakino via Frangokastelo, constatando che la zona, rispetto ad un po’ di tempo fa, è stata molto costruita ed attrezzata turisticamente, venendo un po’ a mancare l’effetto scenico ed onirico della solitaria fortezza fra dune e canne piegate dal vento. Ma il sole, calando, crea ancora effetti magici fra le rovine del Castello e del vicino convento abbandonato di S. Charalambos; la fantasia vola a sanguinose battaglie, pirati, armi scintillanti, cannoni rombanti e stendardi polverosi. Stasera la taverna Arokaria è tutta in agitazione, Kanakis e Kleanthi corrono come dei pazzi dando ordini a destra e manca: domani gli è stato commissionato un pranzo importante per festeggiare un battesimo e gli ospiti saranno molti. Kanakis insieme ad altri uomini sta sistemando tavoli e sedie, griglie e grossi pentoloni, Kleanthi sta preparando elaborati centrotavola con ananas, uva, formaggio e polpettine di carne. La cucina è pertanto chiusa.

L’oasi di Preveli

La mattina presto il profumo del nostro caffè si mescola con quello che già sale dai pentoloni che bollono nel cortile. Mentre usciamo siamo subito invitati ad assaggiare il contenuto di una delle enormi pentole, doverosamente accetto e sento che è capra: col mio pezzo di carne in mano penso che il povero cane incatenato ad una cuccia di latta sulla curva della strada oggi sarà felice. Partiamo verso est e, dopo 27 Km, arriviamo alla mitica spiaggia di Preveli, più conosciuta come Palm Beach, una delle più belle e fotografate di Creta, e, conseguentemente, molto frequentata. Oltretutto non è lontanissima da Rethimno, è facilmente raggiungibile in automobile, tramite un facile sterrato che termina ad un centinaio di metri dalla spiaggia, e pure in barca da Plakias o Agia Galini da giugno a fine agosto. Il contesto paesaggistico è innegabilmente meraviglioso e vale la pena di arrivare la mattina presto per poterlo contemplare. Il fiume Megalopotamos scende dai monti alle spalle della spiaggia, le gira pigramente attorno creando piscine naturali e una verdissima oasi di palme ed oleandri, sfocia infine nel Mar Libico con un’ultima lenta curva; il litorale è di morbido ghiaietto, l’acqua cristallina, intorno le rupi dei monasteri di Kato e Piso Preveli. Prima della colonizzazione turistica doveva sicuramente dare l’impressione del paradiso terrestre. Verso le due la spiaggia è piena di gente e il fiume brulica di pedalò, ce ne andiamo alla taverna vicina al ponticello veneziano di pietra che attraversa il fiume. Mentre tutti crogiolano al sole, saliamo ai monasteri. Kato Moni Preveli è quello più in basso (kato), a strapiombo sulla valle, abbandonato, praticamente in rovina, le celle hanno ancora i muti ma non i tetti. All’ingresso, ad accogliere i visitatori, è rimasta solo la fonte da cui sgorga acqua fresca. Dopo 2 Km c’è Piso Moni Preveli, quello in alto (piso), grande ed ordinato, una vera cittadella murata. Costruito intorno all’anno 1000 e situato in un luogo idilliaco con splendida vista sul Mar Libico, fu sede, come la maggior parte dei monasteri cretesi, della resistenza all’impero ottomano. Nel piccolo museo del monastero potrete vedere, oltre a icone e oggetti preziosi, molte fotografie di monaci armati di tutto punto, con stivaloni e fucili, più simili a fieri guerriglieri che a pii eremiti. Ma al posto di questi monaci, duri e combattivi, punto di riferimento per tutta la povera gente che, nei tempi difficili, cercava rifugio e conforto nei monasteri, oggi ci sono monaci ben pasciuti ed inanellati, parlano un ottimo inglese e, fra uno sbadiglio e l’altro, osservano indifferenti lo sfilare di turisti e pellegrini. Tornando facciamo un’ultima sosta alla bella spiaggia sabbiosa di Ammoudi, tranquilla e con molti alberi. Kanakis è sfinito, nella taverna sembra sia passato un ciclone, ma è visibilmente soddisfatto della riuscita della festa. Si siede con noi e mentre mangiamo ci racconta delle sue giornate fuori stagione, delle sue fughe in montagna, fra le forre selvagge, ci parla dell’intelligenza degli asini, che qui abbiamo visto girare liberi sia in paese che sulla spiaggia, ci parla delle sue capre e delle proprietà del dittamo, erba leggendaria e miracolosa. Quando gli diciamo che siamo stati a Preveli si infiamma e ci racconta che, fino a 30 anni fa, il monastero viveva con la rendita delle sue terre, faceva coltivare gli ulivi ed allevare bestiame, dava lavoro a molti uomini e le famiglie della zona continuavano a vedere nel monastero il loro punto riferimento. Ora vive solo della rendita turistica, il biglietto d’ingresso pagato dalle migliaia di turisti che lo visitano ogni anno assicura cospicue entrate, i monaci non danno più lavoro a nessuno, gli ulivi inselvatichiscono e muoiono, la terra e la gente si è impoverita, molti se ne sono andati.

La duna infernale di Agios Pavlos

A Triopetra ed Agios Pavlos, qualsiasi cosa indichi la vostra cartina, l’unico modo per arrivarci senza perdersi sono le deviazioni dirette che scendono dal tratto di strada che collega Spili ad Agia Galini. Per Agios Pavlos la deviazione più comoda e diretta è quella verso Saktouria che in 13 Km porta dritta, si fa per dire, al mare. La spiaggia di Agios Pavlos è forse la più impressionante di Creta, le sue sabbie nere che partono dal mare e finiscono sulla montagna sono una visione infernale che rimane impressa nella memoria. Insieme a Gramvousa è il luogo che ci ha lasciato le emozioni più forti. La sua immensa e demoniaca duna è un enorme scivolo verso il Mar Libico e pare sia un miracolo della natura, si dice che continui, compatta, per decine di metri verso le profondità marine. In effetti alla base della duna non si apre una vera e propria spiaggia e la sabbia sembra proprio scivolare nell’acqua senza interruzioni di sorta; il piccolo sentiero che scende sulla duna è piuttosto faticoso sia per il fatto che si sprofonda fin quasi al ginocchio, sia perché la sabbia scura diventa rovente, soprattutto nel pomeriggio quando è ora di risalire. La grande spiaggia sabbiosa, che si apre oltre la duna, termina nel punto in cui ci sono tre grandi scogli nel mare, queste tre grandi pietre segnano l’inizio della immensa spiaggia di Triopetra. Se non volete affrontare discesa e scalata per la duna, potete dirigervi verso la spiaggia orientale di Agios Pavlos posizionata ad anfiteatro sotto le case del minuscolo borgo, più che altro costituito da piccole pensioni e taverne. La taverna storica della spiaggia è To Koutàli (il cucchiaio), una volta era l’unica e resta sempre un mito. Fra la strada principale e la spiaggia di Triopetra c’è il Monte Sidérotas, un brullo monte di grigia roccia alto 1162 mt, quindi occorre fare i conti con lui ed aggirarlo. Ci sono due possibilità: una è deviare a Kissou Kambos e fare una strada un po’ contorta, l’altra, secondo noi migliore, è da Akoumia che in 12 Km raggiunge il mare. In questa piccola zona pianeggiante, che, volendo, si raggiunge anche dalla spiaggia di Preveli, ci sono anche altre spiagge, Agia Fotini e Ligres, ma la più bella resta Triopetra, molto, molto, molto difficile trovarla affollata anche in alta stagione.

L’atmosfera esotica di Rethymno

Oggi il vento è forte, il mare sembra bollire e si alzano impressionanti mulinelli d’acqua. Dalla spiaggia vola via di tutto, ombrelloni, lettini, salviettoni, nulla resite, solo il grigio asinello Garibaldi che, come tutte mattine, fa il suo giretto in spiaggia Nel canalone gli alberi gemono ma, non si sa come, resistono, le cicale tacciono impaurite. Ci mettiamo in viaggio verso Rethymno per la strada che attraversa gli impressionanti Farangi Kurtaliòtiko, gole davvero spettacolari in cui il vento ulula selvaggio. Vicino alla chiesetta di Agios Nikolaos brillano le sorgenti del fiume Megalopotamos che scende al mare formando l’oasi di Preveli. Incredibilmente, allo sbocco delle gole, il vento scompare e c’è la bonaccia più totale. Tutte le strade dirette a Rethymno convergono verso il suo centro, non si può sbagliare; trovare poi una sistemazione a Rethymno è facilissimo, l’offerta è esuberante. Il centro storico è molto raccolto, parcheggiate il vostro mezzo nella zona del Giardino Comunale e Porta Guora, date un’occhiata al vivace Mercato con le sue bancarelle di formaggi, frutta, verdura e di corone di pane, poi proseguite a piedi, è tutto a portata di mano. Rethymno è una città molto affascinante, ha un porticciolo pittoresco con gli edifici che si specchiano nel mare, una possente fortezza veneziana, un quartiere ottomano-veneziano quasi intatto, monumenti veneziani, moschee e minareti. Il Porto Veneziano è sicuramente l’attrattiva principale, non è cambiato molto dal 1300 ad oggi, la sera i tavolini dei ristoranti si illuminano di candele e lanterne creando mille riflessi sull’acqua e l’atmosfera è molto suggestiva. Ma il meglio di sé, il porticciolo, lo dà la mattina presto, senza il fracasso dei turisti, quando le barche dei pescatori scaricano il pesce, i negozianti sistemano le loro cose e le anatre pinneggiano fra le barche in cerca di qualche pezzo di pane. L’altro posto da vedere è sicuramente la Fortezza, se volete essere soli l’orario migliore è dalla apertura alle 10. La colossale porta di ingresso è l’unica apertura sulla città. Le mura e i cammini di ronda sono in ottime condizioni, vale la pena di fare tutto il percorso dietro i merli per godere di belle vedute sulla città, il porto e la campagna circostante. La costruzione più interessante è la moschea della fortezza, con l’interno della cupola inusualmente ricoperto di mosaico. Di fronte al portone della Fortezza, in un grande edificio di pietra che era la prigione turca, c’è il piccolo Museo Archeologico. Raggiungendo Platia Petichaki si arriva al cuore della città e del suo quartiere Ottomano-Veneziano con le splendide case e i palazzi ornati da mille particolari architettonici che vi affascineranno. La Fontana Raimondi, la Loggia Veneziana, le chiese e le moschee, i campanili e i minareti, i negozietti artigianali di strumenti musicali e di coltelli, tutto è qui raccolto. Qualsiasi strada prendete è come fare un viaggio nella storia, soprattutto la sera, quando la magica atmosfera di Rethymno vi tiene in bilico fra oriente ed occidente. Le vie pedonali selciate si riempiono di tavolini molto curati, i colori si accendono del riverbero rossastro di lumi e candele, l’aria profuma di gelsomino e di mare, i pensieri vagano sospinti dalla musica insinuante della lira cretese, nata proprio in una delle botteghe di questo quartiere dove ancora lavorano abili liutai. Ad una città tanto bella non poteva certo mancare una spiaggia e la natura, lavorando per migliaia di anni, ha regalato a Rethymno una meravigliosa spiaggia sabbiose, lunga 12 Km, fra le più belle dell’isola. Purtroppo, l’uomo, in una trentina d’anni di frenetico lavoro, per la gioia dei turisti, ha “ornato” tutta questa costa di alberghi, ristoranti, bar e discoteche, rooms to let e rent a car, e di qualsiasi altra cosa vi venga in mente. Così Rethymno si è trovata congiunta con le vicine località di Perivòlia e Plataniàs da un fitto e disordinato nastro di strutture turistiche di tutte le sorte e categorie. Eppure in mezzo al bailamme dei ristoranti mediocri e kitsch di questa zona, facilmente riconoscibili dalle enormi liste in plastica posizionate accanto agli ingressi, dai camerieri insistenti che ti invitano in dieci lingue diverse e dagli improbabili arredi di gusto minoico o finto rustico, sopravvive ancora, quasi immutata, una delle più autentiche taverne cretesi “fuori porta”: da Zisi. Uscendo da Rethymno e percorrendo la vecchia provinciale verso Plataniàs, in località Missìria, sulla destra dopo una grande chiesa e un vivaio, non noterete certo la sua insegna greca Tou Zhsh nascosta dalle fronde degli alti eucalipti che costeggiano la strada, ma noterete il suo ampio piazzale e lo schieramento di tavolini con tovaglie quadrettate, lo stuolo di camerieri, in camicia bianca e pantaloni neri, affannati fra tavolate di rethymnesi in uscita serale con la famiglia. Sembra un posto da due lire e vale un tesoro. Ce la consigliò, 20 anni fa, un benzinaio e ricordiamo ancora quella sera: il menù ci viene recitato in greco alla velocità della luce, non capiamo nulla, entriamo in cucina. Su grandi spedi stanno arrostendo enormi kokoretsi: frattaglie di agnello fasciate in intestini e arrostite allo spiedo, viene servito a fette come un polpettone, il ripieno è morbido e saporito e la fasciatura diventa come pasta sfoglia. Non mancano i kontosuvli: pezzi di carne suina infilati sullo spiedo e arrostiti, la carne viene tagliata a lama e servita in grossi pezzi dalla crosticina croccante. Insieme ai classici paidhakia, le costolette di agnello, sfilano mille varianti di sutzukakia, polpette di carne e spezie, e keftedhakia, di sola carne. Completano il menù alcune specialità cretesi: Kleftiko, agnello cotto al forno con patate, formaggio di pecora e verdure, Apakia, pezzettini di carne di maiale affumicata, conservati in salamoia con aceto e spezie, serviti leggermente fritti, splinogardoumo, piccole salsicce ripiene di cervella. Il tutto accompagnato dai più classici tacos cretesi, ciambelle d’orzo ammollate in acqua e condite con olio, aceto, sale, origano e pomodoro, che, pare, aiutino la digestione (per fortuna!). A questo punto, sono già passate quasi due settimane, se avete esaurito il tempo a disposizione e dovete tornare verso casa, tenete presente che potreste imbarcarvi anche a Rethymno il cui porto è collegato al Pireo sia con traghetti tradizionali che veloci, oppure prendere l’aereo a Chanià 59 km o Iraklion 71 km. Il nostro viaggio continua.

Gli eroi di Arkadi e i boschi del Monte Ida

La direzione è sud est, attraverso una inusuale “terra di mezzo”, attraverso monti ed altipiani, molto lontano dalla confusione della costa settentrionale. Il Monastero di Arkadi è sulle pendici settentrionali del Monte Ida, a una sola ventina di Km da Rethimno, e costituisce una delle classiche ed irrinunciabili escursioni per chi soggiorna in questa zona. La strada più veloce per arrivarci è quella che parte da Plataniàs salendo verso i paesini di Loutra Kyriana e Amnatos. Forse non è il più grande, il più bello e il più antico dei monasteri di Creta ma, per i Cretesi, è una sorta di santuario, un luogo sacro, l’indiscusso simbolo della lotta per la liberazione, per noi è un luogo di indubbia suggestione. La battaglia feroce che vi si svolse e il sacrificio di più di 1000 persone fra ribelli, monaci, donne e bambini che arrivarono a farsi saltare in aria dando fuoco alle munizioni, sono entrati nella storia e nella leggenda. Il piccolo museo è pieno di cimeli e ricordi di questo episodio di coraggio e determinatezza che ben fa luce sull’indomito carattere cretese. Dopo la totale distruzione da parte dei turchi è stato fedelmente ricostruito e noi lo vediamo così com’era l’8 novembre 1866 quando fu deciso che passasse alla storia. La bellezza del paesaggio circostante, la sua architettura fortificata, la bella chiesa barocca che, entrando, vi appare stagliarsi luminosa contro il cielo, il campaniletto con tre campane e la sua tragedia lo rendono il monastero più visitato ed il primo della lista delle escursioni organizzate: questo è il suo unico difetto, sempre pieno di visitatori. Dal Monastero di Arkadi prendiamo una bellissima scorciatoia, sterrata ma in buone condizioni e con poche asperità, che, puntando dritta a sud, porta al paesino di Klisidi. Da qui si scende a Thronos che, ad onor del suo nome, se ne sta seduto sulle pendici della montagna ad osservare le cime del Monte Ida e la bella valle di Amari, ricca di chiese bizantine. In questo punto ci congiungiamo alla strada che da Rethymno conduce verso la vetta del Monte Ida che con i suoi 2.450 metri è il più alto di Creta. Se non avete voglia di avventurarvi sullo sterrato di Arkadi, partendo da Rethymno, la via più veloce per arrivar sin qui è andare a Spili, deviare poi verso Gerakari e Amari, arrivare a Thronos e svoltare verso Kalogeros. Da qui inizia un affascinante percorso, molto panoramico, intorno alle boscose pendici meridionali del Monte Ida che sarà un vero paradiso per i viaggiatori in cerca di posti autentici: un susseguirsi di paeselli tradizionali, conventi storici, località archeologiche sconosciute, bellissimi paesaggi montani e pochi, pochissimi turisti. Qui il paesaggio cretese si esprime al meglio nella sua calma solennità e il suo autentico carattere tradizionale per nulla turbato dalla tentazione del facile guadagno del turismo. Il percorso di 45 Km che va da Vistagi, un grande villaggio di case imbiancate affacciate su un balcone naturale, fino a Zaròs, resta sempre in quota abbastanza alta con splendide viste su ogni lato. Per gli appassionati di archeologia segnalo che 8 Km dopo Platanos passerete per il villaggio di Kamares: nei suoi pressi c’è la famosa grotta della dea della fertilità in cui furono rinvenuti gli splendidi vasi, con la particolare decorazione policroma su fondo nero che da Kamares ha preso il nome, lasciati in dono dai signori di Festo nel 2000 a.C.. Prima di arrivare a Zaros si incontrano poi le indicazioni per tre monasteri bizantini, Moni Valsamonero, un romantico rifugio di pietra, Agiou Andoniou Vrondisiou, sede di una famosa scuola di pittura in epoca veneziana presso cui si formò Damaskinòs, il maestro di El Greco, e Agiou Nikolaou, che vanta bei affreschi, Zaròs è invece famosa per la le sue fonti e la sua acqua minerale, proprio quella che quotidianamente compare sulla vostra tavola durante la vacanza. Vicino ad una di queste fonti c’è l’area forestale di Votòmos dove l’acqua sorgiva forma un laghetto in cui si specchiano le cime dei monti e dove è possibile pranzare al fresco sui tavoli in legno per pic-nic sistemati dalle guardie forestali. Lungo la strada che porta al laghetto ci sono anche diverse taverne che reclamizzano le trote locali. Dopo la piacevole sosta montana a Zaròs si scende in 13 Km verso la bionda e sonnolenta valle di Messara.

Gli scavi di Festo, Agia Triada e Gorthina

Gli antichi principi minoici, per costruire i loro palazzi e le loro ville non potevano che scegliere l’immensa piana di Messara, bagnata da due grandi fiumi e molti affluenti, ben protetta dai venti e baciata dal sole tutto l’anno, la più fertile delle pianure di Creta. Questa valle già un tempo generosa, è ancora oggi sfruttata fino all’ultima zolla, il suo clima eccezionale e le numerose, bruttissime, serre producono ortaggi 12 mesi all’anno. I siti archeologici di Festo, Agia Triada e Ghortina sono piuttosto diversi fra loro, Festo è un grande palazzo minoico, Agia Traida una villa di svago minoica e Ghortina una grande e composita città con edifici molto stratificati. Le tre località sono vicine fra loro e possono agevolmente essere visitate insieme, ma se avete poco tempo e dovete sceglierne una, scegliete Festo. Festo è sicuramente il sito più affascinante e suggestivo, soprattutto per la sua posizione rialzata di 100 mt sulla valle con il profilo del Monte Ida sull’orizzonte; se vi è possibile, andateci nel tardo pomeriggio, quando il sole inizia la sua discesa verso il Golfo di Messara tingendo d’oro il cielo e la piana. Gli scavi sono opera della scuola archeologica italiana e sono stati condotti nel più assoluto rispetto della tradizione conservativa e non ricostruttiva. Festo era già una città nel 3000 a.C., il grande palazzo minoico del 1900 a.C. è ben intuibile nel suo tracciato e la sua Scala centrale, 12 lunghi gradini di pietra argento, sembra ascendere al cielo, insuperata in solennità e regale magnificenza. Anche il sito di Agia Triada è stato scavato dalla scuola italiana che vi individuò una principesca residenza estiva minoica del 1700 a.C. più che un palazzo amministrativo o governativo. Forse furono i suoi preziosi arredi, la sua posizione vicina al mare, le sue dimensioni più contenute o la frivolezza dei suoi affreschi a far credere ciò, ed oggi, immersa nel verde come in un giardino, lo si crede ancora. Ghortina è una grande città che fiorì sempre, mai conobbe distruzione in tutta l’antichità; nel periodo romano era ancora molto potente tanto che, per un certo periodo, fu persino capitale della provincia romana della Cirenaica. La maggior parte degli edifici che restano visibili appartengono a questo periodo, fra tutti il grazioso Odéion in cui si ascoltava musica. Il motivo di tanta fama e potenza sta nel fatto che Zeus scelse proprio Ghortina come rifugio segreto per la sua love story con Europa e Ghortina non mancava di ricordarlo in ogni occasione, persino le sue monete riproducevano la scena del Toro-Zeus che rapisce Europa.

Le suggestioni di Matala

La giornata volge al termine e si conclude nel migliore dei modi sulla spiaggia di Matala. Questa nota località, per quanto si sia sviluppata turisticamente e sia durante il giorno meta di escursioni organizzate, resta, dal punto di vista paesaggistico, un luogo molto bello. La bianca scogliera di arenaria con le caverne, utilizzate come abitazione dagli uomini del neolitico fino agli hippies degli anni ‘60/70, occupa il lato settentrionale della baia e ne è il punto focale e più caratteristico; il paese, un agglomerato di case stretto su lato meridionale, non è di quelli bruttissimi e si sforza di inserirsi nel contesto. Al centro della baia domina la spiaggia, sabbiosa, bellissima e caldissima, mare cristallino, immoto e trasparente. Il tramonto con il sole che cola a picco nel mare disegnando sull’orizzonte il profilo bruno dell’isoletta di Paximadia, ogni sera, ridona a Matala tutto il suo fascino arcano e un aperitivo al Lion è un momento cult.

Dalla piana di Messara a Ierapetra

Dalla piana di Messara la strada corre abbastanza dritta e veloce verso est, senza sorta di traffico, un percorso poco battuto attraverso una serie di centri agricoli. Avendo più tempo e un mezzo adatto a sterrati, da Festo o Ghortina è possibile fare una bella deviazione a sud, verso Lentas, l’antica Levin e la incantevole spiaggia di Loutro, per poi prendere lo sterrato che aggira i Monti Asterousia. Questo percorso è una vera avventura fra farangi selvaggi in un paesaggio primordiale con magnifiche vedute sul Mar Libico e le coste meridionali di Creta. Nel punto più alto del percorso dei Monti Asterousia (1200 mt), prima di scendere al monastero che c’è sul mare, si vedono tutte insieme le cime dei Monti Bianche, del Monte Ida e del Monte Ditte, insomma si abbraccia tutta Creta. Se il tempo però stringe e l’obiettivo è raggiungere velocemente la parte più orientale di Creta e farvi base per esplorare la zona, si va dritto verso est. Arrivati a Martha ci immettiamo sulla ampia strada che scende da Iraklion, proprio nel punto in cui iniziano le pendici del terzo massiccio montuoso cretese, il Monte Ditte, ma la strada è buona e rimane tale fino a Ierapetra. Il punto più bello del viaggio è da Vianos fino a Pefkos, costeggiando bellissimi boschi profumati di pino. A questo punto la strada inizia a scendere verso Mirtòs dove c’è una spiaggia di ciottoli carina, parecchie taverne e alberghetti, una località tranquilla e discreta. Da qui a Ierapetra ci sono 20 Km di tragitto squallido attraverso un paesaggio bistrattato dalla agricoltura intensiva: a sinistra serre, a destra serre, davanti serre e dietro serre. Ierapetra è una città piuttosto grande e rivela poco o nulla dei suoi fasti passati e della sua ricchezza presente, non tanto dovuta al turismo quanto ai cetrioli e i pomodori che crescono rigogliosi tutto l’anno nelle sue serre. L’aspetto disordinato e sgraziato delle sue case e l’incuria generale dei suoi quartieri fanno apparire brutta anche la parte vecchia della città, sopravvissuta vicino al porto contornato dai resti di una fortezza veneziana. Seguendo sempre la costa, abbandoniamo Ierapetra: a destra una lunga e, a tratti, larga spiaggia di ciottoli con diversi alberi, a sinistra continuano le serre a cui si aggiunge la “valorizzazione” turistica sviluppata senza alcuna regola o criterio, fino a Makrigialos è tutto così, per 27 Km. Poco prima di Analipsi si lascia la strada principale deviando a destra verso Kalò Nerò e il paesaggio inizia a farsi interessante. La strada passa molto vicina alla costa rocciosa e a sinistra compaiono caratteristiche colline pietrose traforate da grotte. All’improvviso compare davanti a voi il Monastero Kapsà abbarbicato su una imponente rupe all’uscita di una stretta gola: la sua storia è molto curiosa, legata ad un pastore furfantello che, ottenuta nel 1841 la proprietà del monastero diroccato dove sistemava le sue pecore, spacciandosi autore di miracoli, riuscì a restaurare ed ingrandire il monastero con le offerte dei pellegrini creduloni e a lasciarlo poi in eredità ai suoi parenti. Il furfantello benedetto ora riposa in pace nel suo monastero e potete vederlo nella teca che i suoi eredi, riconoscenti, gli hanno costruito. Da qui la strada asfaltata continua lungo costa fino a Goudouras, un paese nascosto dalla plastica delle serre, e poi piega verso l’interno, sterrata, verso Agia Triada e da qui, asfaltata, fino a Ziros. Se non si hanno buone carte stradali e senso di orientamento fare questo percorso può risultare complicato; sicuramente più semplice, al bivio di Analipsi, mantenere la strada principale che va verso Sitia e deviare alla prima indicazione che trovate per Ziros e la sua base militare. Comunque a Ziros bisogna arrivarci! Perché?

L’africana Xerocambos

Perché da Ziros a Xerocambos e da qui a Kato Zakros c’è uno dei tratti più belli della costa orientale. Uno splendido percorso attraversa un paesaggio deserto e roccioso, coperto di radi arbusti e spinosi cisti, immutato dall’origine dei tempi. Da Ziros la strada, asfaltata da poco, scende come un serpentone dalle larghe spire verso il Mar Libico che, stendendo il suo drappo blu come sfondo, crea un bellissimo contrasto cromatico con le colline. Non una casa, non una coltura, una strada nel nulla. Xerocambos è un tranquillo e modesto villaggio agricolo, il suo isolamento l’ha preservato dal turismo di massa, anche se, a poco a poco, si è attrezzato con qualche taverna, rooms to let e studios e un minimarket per accogliere i turisti che hanno la volontà e la pazienza di arrivarci. Ma è tutto qui, niente edicole, niente negozi di souvenir, niente alberghi, niente bancomat e distributore di benzina. Il paesaggio è vagamente nordafricano, compaiono radi e snelli ulivi, mandorli e fichi d’india, la luce è accecante e l’ombra sembra non esistere, qualche ibisco e qualche bouganville vicino alle case sono le uniche note di colore. Dietro aspri e desertici contrafforti, rocciosi e selvaggi farangi, davanti candide spiagge e mare cristallino. Un luogo di contrasti e al tempo stesso assoluto. Il paese, 30 abitanti in tutto, sorge su una specie di tavolato leggermente arretrato dalla linea di costa, un piccolo promontorio sorvegliato da una manciata di minuscole isolette divide due ampie insenature con splendide spiagge sabbiose, di cui una molto ampia e l’altra frammentata in tante calette. Scegliete voi se starci un giorno, una settimana, un mese… un anno? Da Xerocambos con uno splendido sterrato, facilmente percorribile da qualunque mezzo e che, forse, troverete a breve del tutto asfaltato, si percorrono 8 Km attraverso un paesaggio roccioso impressionante e si arriva alla strada asfaltata che porta a Zakros o Kato Zakros. Percorriamo ancora 20 Km verso nord, in direzione Palèkastro, sempre in mezzo ad un paesaggio pieno di strane rocce brune punteggiate di cespugli di cisto e paeselli di pochi abitanti in mezzo agli oliveti. Palèkastro è un villaggio abbastanza sviluppato e carino, ottimo punto base per visitare e godere con calma l’estremo oriente dell’isola: 30 km dalle spiagge di Xerokambos, 25 km dal sito minoico di Kato Zakros e la sua baia, 20 km dalla Valle dei Morti di Zakros, 2 Km dal sito di Roussolakos e le spiagge di Hiona e Kouremenos, 6 Km dal palmeto di Vai e 9 Km da Itanos, 6 Km da Moni Toploù. Neppure ad un kilometro fuori Palèkastro, scendendo verso il mare, ci fermiamo al minuscolo paesino di Angathià: quattro case di pietra e una taverna disposte a corona intorno a una micro piazzetta. Prendiamo alloggio in una caratteristica casa di pietra, completamente ristrutturata, il proprietario è un simpatico signore che, nato qui e trasferitosi ad Atene per lavoro, non manca mai di tornare al suo paese e alla sua famiglia d’origine appena può. Per la cena ci sediamo ai tavolini dell’unica taverna, Bassiàcos, dove, considerato il risicato numero di forestieri, diventiamo subito oggetto di curiosità ed attenzione da parte dei locali. Si è già sparsa la voce che siamo italiani e questo per gli abitanti di Angathià, scopriremo, è un ottimo biglietto da visita. La serata passa tranquilla in contemplazione delle luci sull’orizzonte e la nostra posizione rialzata che domina, rivolta a nord, la piana di Roussolakos e il mare, ci regala una fresca e gradevole brezza, una vera manna in questa serata d’Africa cretese.

I misteri di Zakros

La mattina siamo sulla piazzetta di Zakros, inondata dal sole, ci sediamo ai tavolini di un kafenion e, per colazione, ordiniamo yogurt con miele e caffè greco. Seduto accanto a noi c’è un nordico che, come me, sta annotando su un taccuino i suoi appunti di viaggio, si guarda intorno visibilmente estasiato dalla luce mediterranea ed osserva divertito i nostri due piatti di yogurt, abbondanti e fuori misura, letteralmente ricoperti di miele, noci e nocciole: forse saremo finiti anche noi nel suo taccuino. Con questo pieno di energia siamo pronti per scendere a piedi verso Kato Zakros attraverso i Farangi Ton Nekon, la Valle dei Morti. L’imbocco del percorso parte all’estremità sud del paese ed è ben segnalato, scende fino al mare per 6/7 Km e, una volta discesi, si risale da Kato Zakros con i pullman di linea che, da giugno ad agosto, fanno servizio. A dispetto del suo nome il sentiero è facilmente percorribile e non impegnativo, in compenso lo scenario è impressionante: le pareti verticali della gola sono letteralmente traforate di grotte naturali in cui sono state scoperte tantissime tombe minoiche utilizzate dal 2600 al 2000 a.C., da qui il suo nome di Valle dei Morti. Allo sbocco della gola, la visione della baia di Kato Zakros è un vero ritorno alla vita. Mare di cristallo, splendida spiaggia ciottolata, qualche tranquilla taverna e pensioncina stagionale, grandi alberi e antiche rovine. Cosa si può chiedere di più? Kato Zakros è sicuramente uno dei luoghi più affascinanti della costa sudorientale e, come Sougia, deve la sua tranquillità alla presenza della vasta zona di interesse archeologico che la circonda ed alle limitazioni che questa impone allo sviluppo edilizio. Se si riuscirete ad interrompere il meritato e fatato ozio balneare in cui sarete piombati dopo il trekking, potrete affrontare la visita del palazzo minoico, il quarto per dimensioni dopo Knosso, Festo e Malià. Per i non addetti ai lavori, il fascino principale di queste rovine sta sicuramente nel paesaggio remoto ed incontaminato che le circonda, per gli addetti ai lavori ha invece il fascino irresistibile del luogo misterioso, ancora tutto da scoprire. Gli scavi nella piccola pianura dietro la spiaggia sono stati avviati nel 1901 da un assistente di Evans, lo scopritore di Knosso, portando alla luce una decina di case del tardo minoico e molti oggetti preistorici, ma la campagna di scavi sistematici è partita solo nel 1961 ad opera dell’archeologo greco Platon che ha portato alla luce il sistema palaziale, tuttora gli scavi sono in corso e il figlio di Platon, proprio nel 2011, ha presentato nuove e sensazionali scoperte. Zakros, comunque, resiste al suo mistero.

Il palmeto di Vai e l’antica Itanos

La foresta di palme di Vai è un tesoro, un paesaggio prezioso, unico, non solo a Creta ma anche in Grecia, anzi, in tutta Europa. E’ insensato paragonarla, come taluni fanno per snobismo cercando di minimizzarne la bellezza, alle grandi oasi marocchine o egiziane: questo è l’unico palmeto spontaneo presente in Europa e queste palme, endemiche dell’isola, sono una rarità botanica, crescono solo qui. Scendendo dalle colline riarse verso la spiaggia di Vai, si ha sicuramente la netta impressione di un paesaggio da deserto africano, ma la dolcezza della brezza marina che agita le grandi foglie e le sfumature azzurre e turchesi che fanno da sfondo al verde intenso delle palme, sono uno spettacolo che non appartiene al deserto. E la spiaggia di Vai, nel deserto, sarebbe solo un fantastico miraggio: grande e sabbiosa, contornata da rocce rosate, un mare meraviglioso come solo il mediterraneo sa essere. Vai è invece un posto reale, unico nel suo genere, e deve la sua particolarità e bellezza proprio al felice connubio fra una spiaggia meravigliosa e un bosco di oltre 5000 palme, verdissime e rigogliose. L’unica cosa che Vai potrebbe invidiare al deserto è solo il silenzio, la pace. Nessuno rinuncia, giustamente, a vedere questo fantastico luogo e quindi solo nelle prime ore del mattino se ne può assaporare il fascino, poi è una tragedia. Soprattutto nei mesi di luglio e agosto, la spiaggia si riempie rapidamente man mano che arrivano i pullman granturismo e le auto a noleggio, inizia la sarabanda degli sport acquatici, la fanfara della musica, delle suonerie dei cellulari e del vociare. Quindi si trasloca. Un buon rifugio lo si trova già a 1 km circa, prendendo la strada per Capo Sideros e dove ci sono tre belle spiaggette. La migliore delle tre è quella proprio a sud delle rovine di Itanos. La individuerete facilmente grazie all’immensa palma solitaria che spicca nel mezzo della spiaggia, è sabbiosa, molto tranquilla e la presenza delle rovine sul mare la rende suggestiva. L’antica città era proprio sulla riva del mare, un insediamento fenicio attivo nel commercio della porpora, la sostanza colorante rossa estratta dai molluschi pescati in queste acque, l’oro rosso dei tempi antichi. Oltre ai fiorenti laboratori per la porpora, i romani vi impiantarono anche delle vetrerie, ed Itanos divenne ricca e potente, una vera città industriale. Poi le guerre, i terremoti, i saraceni e l’incuria la ridussero a quell’ammasso disordinato di pietre che oggi si vede. Ancora più tranquilla, ma sassosa, è la spiaggia di Chochlakià, sul lato opposto della penisola, raggiungibile con una stradina da Ermoupoli. L’ultimo possibile rifugio, è la spiaggetta di Tenta o Tenda, davanti all’isola di Elasa, poco prima che la strada vi venga sbarrata dalla zona militare.

Una allegra serata ad Angathia

Prima di rientrare, dato che è ancora presto, scendiamo fino alla spiaggia sotto Palèkastro, Hiona, una grande distesa sabbiosa, frequentata soprattutto dalle famiglie della zona, ma con tante insenature sabbiose e tranquille nella sua estremità meridionale. Proprio dietro la spiaggia ci vedono le rovine di Roussolakos, la città minoica più grande dopo Knosso, con un’estensione stimata di 300.000 mq, sede del grande Tempio di Zeus Dicteo. I lavori della scuola archeologica inglese sono tuttora in corso ma potete dare una sbirciata alle fondamenta delle sue case, raggruppate in quartieri, separati da ampie strade ben lastricate. Ma eccoci di ritorno ad Angathia, oramai siamo di casa e tutti ci salutano affabilmente: abbiamo scoperto che durante la seconda guerra mondiale, nella zona pianeggiante dietro la spiaggia di Hiona era stanziata una compagnia dell’esercito italiano che, da quanto abbiamo capito, aveva ben familiarizzato con il “nemico”. Andiamo a comprare le sigarette nel negozietto che vende un po’ di tutto, i coniugi ottantenni che lo gestiscono mostrano orgogliosi le foto del figlio in divisa da vigile urbano ad Atene; appena il marito si allontana la donna ci chiede subito, con grande emozione, se conosciamo il sig. Raggi. Nei suoi occhi brilla, inconfondibile, la luce di un amore giovanile mai sepolto e la speranza di ritrovarne un brandello prima di morire. Forse lei aveva 15 anni e il giovane Raggi, ne aveva 18 o 19, nessuno dei due capiva a cosa serviva quella guerra, tutti e due ne avevano paura, ma forse hanno vissuto i momenti più intensi della loro vita. Non sappiamo che rispondere e, per fortuna, ci toglie dall’imbarazzo il rientro del marito. Lei si asciuga subito gli occhi con il lembo del grembiule e, dallo sguardo del marito, comprendiamo che lei non ha mai smesso di chiedere del sig. Raggi agli italiani di passaggio. Dopo cena, come tutte le sere, il paese, 10/15 persone, è riunito sulla piazzetta, ciascuno con la sedia portata da casa: anziani e meno anziani, uomini e donne, c’è anche il nostro ospite con il suo vecchio papà e non possiamo rifiutare l’invito a rimanere con loro. Si scatena subito un fuoco incrociato di domande, ognuno vuole parlare e dire qualcosa, tutti vogliono farci sapere che sanno dov’è Milano o Roma, che dell’Italia conoscono tante cose, la pastasciutta e le canzoni, parte “quel mazzolin di fiori” e “la bella gigugin”, imparate dai soldati, “azzurro” imparata non so da chi. Il papà del nostro ospite racconta che da ragazzo andava sempre a pescare con i soldati italiani, “fish bomb” dice “ fish bomb”, mimando la palese tecnica di pesca, “many many fish” passandosi soddisfatto la mano sulla pancia, e tutti ridono divertiti. Una donna dice di saper fare gli gnocchi su insegnamento della madre che aveva a sua volta imparato dal sergente italiano. Cominciano a nominare Giorgio, Luigi, Antonio, noi non esistiamo più, loro sono felici di ricordare e noi di ascoltare.

La Bibbia di Moni Toplou

Nella parte orientale di Creta, lontano dalle vette impervie delle grandi montagne, il nascere del mattino è un momento meraviglioso: l’aurora “dalle dita rosate”, come diceva Omero, accarezza il cielo e, uno dopo l’altro, scosta i drappi freddi e grigi lasciati dalla notte, l’alba stende senza esitazioni il suo velo d’oro lasciandolo scivolare sul mare e sulla terra, il sole sale, sale, sale facendo scintillare ogni cosa: ora Creta è oro puro. Il Monastero di Toplou, solitario sulle colline che dominano il mare apre i battenti della sua fortezza. Il suo nome turco di Toplu Monastir significa “Monastero dei Cannoni” e rivela inequivocabilmente la sua origine di fortezza veneziana, il suo nome greco Moni Panagìa Akrotirianì significa “Monastero della Madonna delle Colline” e richiama la sua collocazione. Detto questo è facile immaginarlo. Dentro le mura alte 10 metri, la minuscola chiesa originale del XIV secolo mostra lapidi scolpite e iscrizioni antiche del II sec. a.C., un piccolo rosone ingentilisce la severità della facciata e un portone di legno intagliato vi porta ad affreschi mistici. Ma il gioiello nascosto in questo monastero fortificato lo trovate nel suo piccolo museo: la grande icona Mègas èi Kyrie, “Grande sei o Signore”, un vero capolavoro del 1700 del pittore cretese Kornàros. In sostanza si tratta di sorta di Bibbia “a fumetti”: una grande tavola di 133×85 cm., colori smaglianti e precisione di tratto, centinaia di personaggi, decine di scene dell’antico e nuovo testamento che aiutavano i fedeli analfabeti a comprendere le scritture e la grandezza di Dio. Abbiamo veramente faticato a staccare gli occhi da questa meravigliosa opera! Dopo aver nutrito lo spirito, nutriamo il corpo fermandoci a fare colazione in una delle famose pasticcerie di Sitia, una bianca città srotolata sul declivio che scivola verso la sua riparata baia sabbiosa. Data la sua posizione è una città abitata da sempre, è stata persino un avamposto genovese, segno inequivocabile delle sue potenzialità in termini di traffico commerciale. Le poche tracce del tempo passato sono ben tenute e valorizzate, il suo mercato mattutino dietro il porto è molto vivace. Per quanto dotata di strutture turistiche, ha mantenuto un carattere autentico e genuino; la sua economia agricola e commerciale, più che turistica, ha fatto si che i locali continuano a vivere secondo le loro abitudini e i loro ritmi.

Dal Golfo di Mirabello alla baia vip di Elounda

Inizia quindi, con calma, il nostro viaggio sulla costa settentrionale. Da Sitia a Kavoussi la strada costeggia alta le pendici settentrionali, aride e ripide, del Monte Orno, con molte curve ma di buona percorribilità. Si attraversano molti paesi caratteristici fra cui Tourloti e Lastros. Dopo Lastros prendiamo la deviazione verso il mare che in 4 Km (è la più corta) porta a Mochlos, un caratteristico villaggio, diverso da tutti gli altri, costruito su una propaggine rocciosa battuta dalle onde e sorvegliato da un tondo isolotto che non dista più di 200 metri dalla riva. Ritornati sulla strada principale, dopo 6,5 Km scendiamo ancora verso il mare a Tholos, uno dei posti migliori per il bagno grazie alla sua bella spiaggia chiara di sabbia e ghiaietto, orlata di alberi, incastonata allo sbocco dei Farangi Avgo con l’isola di Psira sull’orizzonte. Da Kavoussi la strada scende e il percorso diventa poco interessante: da Pachia Ammos ad Ammoudara è un susseguirsi di piccole insenature sabbiose occupate da alberghi grandi e piccoli con la strada principale che gli passa proprio a fianco, da Ammoudara a Agios Nikolaos 5 Km di villette, case di villeggiatura e ogni sorta di esercizio turistico lungo una costa priva di spiagge. Le uniche soste in questo tragitto possono essere il sito minoico di Gournià, anche se fra tutti è il meno bello e suggestivo, oppure, a 1,5 Km, la brevissima deviazione verso il Iera Moni Faneromenis da cui potete godere una bellissima vista sul Golfo di Mirabello e capire perché l’hanno chiamato così. Arrivati a Agios Nikolaos la attraversiamo velocemente costeggiando il mare, il porto e passando sopra il ponte da cui si vede il caratteristico lago interno trasformato in porticciolo per le piccole imbarcazioni. Questo è il punto più grazioso della città, cresciuta proprio intorno al Vulismeni Limni, un buio lago profondo 65 metri, messo in comunicazione col mare solo nel 1870 con il canale che scorre sotto il ponte. Per il resto l’espansione edilizia improvvisa e sregolata ha cancellato quasi del tutto il carattere tradizionale dell’antica Agios Nikolaos. Prima di dirigerci verso Iraklion saliamo dritti per 10 Km verso nord in direzione Elounda curiosi di vedere questa località tanto rinomata sede privilegiata di stellatissimi insediamenti turistici e lussuose ville. Non riusciamo proprio a capire la ragione di tanto successo, se non nel fatto di essere una zona costosissima e quindi uno status symbol. La zona è aridissima, la costa rocciosa, l’aria è caldissima, non c’è un villaggio vicino. Elounda non ha neppure 10 metri di spiaggia, però ci sono decine di piscine, campi da tennis e campi da golf. Prima di questa colonizzazione a 10 stelle, il luogo traeva sicuramente fascino proprio dalla sua desolazione, dal suo aspetto di laguna sonnolenta, dalle rovine sommerse di una città morta e di una aspra fortezza. L’antico porto di Oluos giace sotto il mare, con il mare calmo e una maschera si può intravedere fra i ciuffi di posidonia qualcosa. Per quanto ci riguarda, oggi, l’unica attrattiva della zona è una veloce escursione alla Fortezza di Spinalonga e per farla il modo migliore, più veloce ed economico è andare a Plaka da cui partono diverse barchette. Non pensate però di potervela godere da soli, perché vi arrivano numerose escursioni organizzate da Elounda (ogni mezz’ora) e Agios Nikolaos. Riprendiamo la statale in direzione Iraklion, bella e non molto trafficata. Attraversiamo velocemente un tratto pianeggiante fino a Neapolis, da cui parte la deviazione per il pubblicizzatissimo altopiano di Lassithi, che potete tranquillamente evitare senza rimorsi. Continuiamo dunque verso Iraklion salendo in una verde vallata con un paesaggio gradevole per ridiscendere a Malià. Da Malià a Iraklion la statale costiera è una spada, larga, ma molto trafficata in quanto serve la zona più turistica e meno attraente dell’isola, sia in termini di spiagge che di paesaggio. Sisi, Agia Varvara, Malia, Hersonissos, Analipsi, Gouves, Gournes, Kokkini Hani, Katsianos Kambos: una fila interinabile di hotel e villaggi all inclusive da 1 a 10 stelle, di paesi animatissimi in alta stagione e città fantasma per il resto dell’anno. Chi soggiorna qui, e non si muove da qui, non può che tornare a casa con una immagine deludente di Creta. Creta è altrove.

Iraklion e il Museo Archeologico

Siamo all’ultimo capitolo del nostro viaggio, e sarà brevissimo anche perché, dopo tanti kilometri siamo tutti un po’ stanchi. Ma vale la pena di fare un ultimo sforzo, prendere alloggio in qualche piccolo hotel in posizione strategica per il rientro, via mare o via aereo, e fare una visita al sito di Knosso e al Museo Archeologico. Se siete rimasti delusi dall’aspetto dei quartieri periferici di Iraklion e del suo aspetto di città moderna, non pensate però che sia una città squallida e che non possa riservare angoli deliziosi. Il centro, benché racchiuso da mura, è, rispetto a tutte le altre città, molto più grande e l’impianto urbanistico un po’ più confuso, ma non si può sbagliare, il cuore della città è Platìa Venizelou e tutti ve la sapranno indicare. Se poi guardate una cartina la individuate subito senza bisogno di un navigatore: da Platia Venizelou partono a raggiera tutte le strade principali. Il Porto Antico è 500 metri a nord, il Museo Archeologico 400 metri a est, Platia Kornarou 300 metri a sud, la stazione dei bus per Knosso a soli 50 metri, i bus per l’aeroporto a 400 metri. Intorno a Platia Venizelou si stendono le zone pedonali con le loro caratteristiche vie piene di negozi, librerie, antiquari, locali e ristoranti carini; la splendida Fontana Morosini, la Loggia Veneziana, Agios Markos e Agios Titos e tutti i principali monumenti della città sono nei suoi pressi. Detto questo, in base al tempo che avete a disposizione, potete girovagare per le vie del centro intorno alla piazza, andare verso Platia Kornarou e visitare il Mercato permanente che si svolge lungo la via Odos 1866 fino alle suggestive Fontana Bembo e Fontana Ottomana trasformata in caffè, oppure andare per la Via dei Martiri 25 Agosto fino all’Antico Porto e visitare la Fortezza Veneziana. Sicuramente dovete trovare il tempo per visitare il Museo Archeologico! Se state ancora leggendo questo racconto e se siete arrivati sin qui significa che Creta ha forse fatto breccia dentro di voi, e non solo per le sue spiagge e il suo mare, forse avete iniziato a percepirne l’anima antica e profonda, quella che parla attraverso i paesaggi solenni e le pietre dei suoi siti più remoti, forse avete intuito la grazia e la regalità che i cretesi ancora esprimono nel loro incedere sui monti, nelle loro danze, nella loro musica o nel loro modo di brindare, forse avete compreso l’unicità di questa terra. Il Museo Archeologico di Iraklion vi darà conferma di tutto questo. La raccolta è semplicemente straordinaria, un viaggio reale in un fantastico mondo di storia, un viaggio lungo 5500 anni, in nessun museo al mondo potete vedere qualcosa di simile, perché nessun museo al mondo ha reperti minoici in tale quantità, varietà, pregio e valore. Il Museo però era diventato un po’ vecchiotto, costruito e impostato secondo i criteri degli anni ’30, le teche espositive non davano giusto risalto ed enfasi alla bellezza e unicità di taluni reperti. Nel 2006 è stata pertanto avviata una doverosa e radicale opera di ristrutturazione che doveva concludersi nel 2009, ma non si è ancora del tutto conclusa. I reperti principali sono comunque sempre stati visibili anche se in minor quantità e concentrati in spazi più limitati. Ma non scoraggiatevi, e se il prossimo anno vi diranno che il Museo è ancora in restauro, andateci comunque e concentratevi sulla qualità e unicità dei reperti, non sulla quantità o il numero delle sale. Se fosse esposto anche il solo prezioso Cratere di Festo con i fiori in rilievo, o il Vaso dei Mietitori e il Sarcofago di Agia Triada, o l’Anfora in stile marino di Zakos con polipi, stelle marine e conchiglie, o la preziosa Scacchiera e il Rhyton a testa di toro con le corna auree di Knosso ne uscireste comunque affascinati. Un solo pezzo merita la visita!

Knosso, la città del Labirinto

Chiudiamo quindi con Knosso, la grande città dei miti. Chi di noi non ricorda la storia di Pasife e Minosse, di Arianna e Teseo, di Dedalo e Icaro, ma soprattutto del Minotauro e il Labirinto? Proprio per il fatto che Knosso è un luogo in bilico fra realtà e fantasia, fra conscio e subconscio, è difficile visitarlo; ci andiamo carichi di aspettative, con la testa piena di immagini catturate dai libri e costruite dai ricordi, ci andiamo già infarciti di luoghi comuni sulla opportunità o inopportunità delle ricostruzioni di Evans, ci andiamo con cartine, piantine e ricostruzioni. Cerchiamo a tutti i costi riferimenti concreti ed intellegibili, non possiamo farne a meno. Andare a Knosso dovrebbe essere, invece, una sorta di “pellegrinaggio”, un po’ come andare a Troia o Itaca: solo così, non vedendo nulla, si può vedere tutto. Immemori della folla di turisti che vi circonderanno, camminate fra le pietre di Knosso e perdetevi fra loro; non cercate ossessivamente i riferimenti descrittivi, seguite fiduciosi l’emozione del mito che sarà il vostro filo d’Arianna; osservate con benevolenza le imponenti colonne dipinte, gli affreschi e le sale ricostruite, pensando che siete nel palazzo della regina Pasife e del re Minosse; percorrete la grande scalinata dell’ala est che, circondata dal lucernario, scende per tre livelli e percepite la forza oscura del Labirinto; camminate sul lastricato della strada reale e pensate che è la più antica strada d’Europa e del mondo, che state mettendo i piedi dove li ha messi Teseo; osservate i piccoli dettagli che documentano l’alto sviluppo tecnologico, la rete fognaria e la disposizione dei lucernari a climatizzazione degli ambienti, non potrete fare a meno di pensare che solo un grande architetto come Dedalo li possa aver progettati. Per tutto questo, Knosso, non può essere paragonato a nessun altro sito al mondo, resta uno dei pochi luoghi dove i nostri miti possono prendere corpo, dove possiamo comprendere che il Labirinto oscuro esisteva davvero, e non era solo dentro di noi.

Due raccomandazioni

1) Carta stradale: indispensabile, le strade sono il vero Labirinto di Creta, la migliore in assoluto è quella della Road Editions S.A. di Atene, infallibile, procuratevela per tempo prima di partire;

2) Guide turistiche: a tutti consiglio Creta Guida Oro del Turing Club Italiano; ai viaggiatori indipendenti, Creta di LonelyPlanet; ai motociclisti, Creta di Road Editions.



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