All’ombra dell’Alhambra
Al mondo vi sono tante città e tanti luoghi meravigliosi che per la loro bellezza esercitano un gran fascino su moltissime persone anche se non vi sono mai state materialmente; chi di noi non ha mai detto io vivrei… io me ne andrei… io lascerei tutto… è un sogno, una aspirazione, una dolce illusione che regala alla nostra vita sempre una speranza, che ci fa credere, alcune volte, che da un giorno all’altro tutto cambi, tutto sia più bello, tutto sia più facile; al di là di questo però: vi è mai capitato di amare una città? Non intendo se vi è piaciuta ma se vi siete mai sentiti attratti fisicamente dalle sue pietre, dai suoi muri dalle sue strade; se avete mai camminato così pesantemente da voler lasciare sui suoi marciapiedi lastricati le vostre impronte a testimonianza non del vostro passaggio ma del fatto che voi siete parte di essa. Vi è mai capitato di sentirla vostra nel momento in cui vi mettevate piede e per la prima volta respiravate lì? Avete mai provato la sensazione, nel momento in cui la lasciavate, non di tornare a casa, ma di andar via da casa? Vi è mai capitato di pensare a questa città con nostalgia, amore, emozione sempre nuova quasi ogni giorno della vostra vita da quando l’avete vista la prima volta? Ed in fine, vi è mai capitato di sognare di tornar lì e piangere nel sogno per la felicità? A me si, e tutto ciò mi è successo per Granada; il delirio che mi avvolge è il mistero di sentirmi parte integrante di quella città da tempo immemorabile, quasi come un fantasma che dopo essere stato condannato a vagare per espiare una colpa, giunto qui la sente estinta, sente di aver espiato, sente che il suo purgatorio è finito e che lì proprio lì è il suo Paradiso. Così come a Sevilla a Granada sono tornato per la terza volta, ed ognuna di queste non solo ho avvertito sempre più forti le emozioni ed i sentimenti prima descritti, ma è sempre avvenuto qualche cosa, incontri, episodi, ecc. Per i quali la città si è fatta amare sempre di più.
Purtroppo, ma dal mio punto di vista fortunatamente, Granada è un posto conosciuto per l’Alhambra, ma trascurato per moltissimi altri aspetti; spesso qui la gente arriva in pulman, visita il celeberrimo monumento, mangia qualche cosa in fretta e poi va via portando con sé al massimo qualche foto; invece, anche se l’Alhambra rappresenta effettivamente la zona di maggior attrazione monumentale ed artistica della città, troviamo in altre zone della stessa, quella forza mistica che unita alla diversità dei luoghi, volta per volta assume un sapore, una qualità, una caratteristica diversa. Come non parlare della forza magnetica dell’Alhambra: la cittadella fortificata incombe su Granada; la salita per giungervi non è particolarmente lunga, ma molto ripida e pure, io l’ho sempre percorsa senza fatica, come se la voglia di giungere presto in quel luogo mi moltiplicasse leenergìe; già oltrepassata la porta di Granada e giunti nel pioppeto dell’Alhambra si incontra la prima caratteristica del luogo: l’acqua; ruscelli da secoli mormoranti, colonna sonora perpetua di questi posti ai quali con le loro acque correnti regalano la vita, come il sangue ad un corpo; continuando a salire poco dopo troviamo la seconda caratteristica del luogo: gli odori del bosco e dei giardini che si fondono in un’armonia, quasi fosse una composizione olfattiva, il cui compositore altri non può essere che Iddio o altri a lui assimilabile; personalmente non sono mai stato avvolto da una simile meravigliosa sensazione olfattiva in nessun altro luogo da me visitato; queste due sensazioni integrano la terza che è riscontrabile in tutta la città: il rosso della terra, dei muri, degli edifici, proprio come il sangue che scorrendo in un corpo gli dona la vita; Alhambra, parola derivante dall’arabo; significa proprio Castello Rosso; tutto ciò prima di entrare nel cuore della cittadella già rende questi momenti indimenticabili.
L’alhambra è un complesso monumentale che si articola su di una superficie piuttosto estesa e comprende giardini, edifici, boschi, strade ecc.; non è mia intenzione descrivere quanto di assolutamente meraviglioso si può qui ammirare, ma non posso esimermi dal riferire sensazioni ed emozioni che qui sempre mi hanno avvolto; nei giardini del Jeneralife le sensazioni olfattive e visive a volte trascendono la realtà, dando l’impressione meravigliosa di perdersi in un mondo fantastico, un bosco fatato; è un piacere immenso respirare quegli odori mentre si è abbagliati dai colori di una vegetazione rigogliosissima che vien fatta crescere dandogli le più svariate forme, ora creando cunicoli tra gli alberi ora vere e proprie stanze a celo aperto traboccanti di fiori e piante; e poi l’acqua che scorre ai lati delle scale, nelle fontane, nei pati dall’atmosfera senza tempo e dagli angoli nascosti; il rimbombo delle camere del palazzo nazzario vuote ma meravigliose che donano una sensazione di calma e misticismo; ho notato che le persone visitandole spesso parlano sommessamente come se si trovassero all’interno di una chiesa, con la differenza che questo non è un luogo sacro! L’alcazaba allo stesso tempo non può lasciare indifferenti; con le sue torri vermiglie che servivano da difesa o come postazione di segnalazione; si tratta, infatti, della zona militare della cittadella, che è anche la più antica e per questo la più in rovina; emana però un fascino e può ancora sembrare di udire strepiti di antiche battaglie e gemiti di morenti o di gente distrutta dalla fatica; la stessa fatica che si fa salendo sulle torri visitabili, non tanto per la loro altezza ma per il fatto che le scale sono decisamente scomode e mal messe. Dai punti panoramici dell’alhambra si può ammirare tutta la città con i suoi dintorni: la pianura della Vega, le alture dell’alpujarra proprio sotto la sierra nevada e la sierra stessa; ma rimaniamo in città. L’albaicin è un altro di quei luoghi in cui l’emozione la fa da padrona; si tratta dell’antico quartiere arabo, nel quale trovarono rifugio i mori sconfitti dai cristiani a Baeza, da dove il nome albaicin; tutt’ora è il più grande quartiere arabo d’europa e quando sei lì in certi momenti fai fatica a pensare di essere in una città europea, perché l’atmosfera che qui respiri è sinceramente mediorientale; la differenza è che mentre nel resto d’Europa l’immigrazione arava è un fatto risalente al più a qualche decegno fa, qui è praticamente casa loro, qui ci sono sempre stati, almeno dal VII secolo D.C., dall’epoca cioè della conquista araba e non sono andati tutti via dopo la reconquista cristiana, allorquando proprio Granada fu l’ultima a capitolare il 2 gennaio 1492; questa permanenza più che millenaria è percettibile proprio qui: si sente correntemente parlare arabo, i vestiti stessi sono tradizionali dei paesi arabi, i negozi, le mercansie in vendita i loro profumi, colori e sapori sono inconfondibilmente non di provenienza europea; la musica che si ascolta anche suonata dal vivo qui ha risonanze arabe più che mai; certo… c’è anche il flamenco, che di per sé è fortemente influenzato dalla musica araba antica, ma qui si possono ascoltare facilmente melodie e ritmi arabo-andalusi che se non sono proprio uguali a quelli dei secoli della dominazione dei mori, almeno ne sono discendenti diretti. Le strette e ripide stradine che si inerpicano su, verso la sommità del quartiere sono costeggiate da muri che spesso racchiudono e lasciano intravedere splendide case antiche con pati e giardini le fronde dei cui alberi sovrastano i muri di recinzione stessi, inondando con le loro chiome e con i loro profumi le strade e le meravigliose e calme piazzette alcune delle quali hanno una magnifica vista sull’alhambra che non distante, sta di fronte; è bellissimo verso sera perdersi in queste silenziose e tranquille stradine ed imbattersi di tanto in tanto in qualche bimba che porta con sé una gabbietta con gli uccellini, o incontrare qualche gitano dalle profonde rughe e dallo sguardo intenso. I gitani appunto… guardando dall’alhambra si nota sulla destra dell’albaicin, non molto discosto, una collina che è veramente particolare ed è un’altra manifestazione tangibile dell’anima granadina; si tratta del sacromonte con sulla cima un santuario; sulle pendici della collina si aprono grotte ed ancora grotte che fino a non molto tempo fa erano le abitazioni dei gitani; per chi li conosce il sacromonte ricorda moltissimo i sassi di Matera; tutt’ora questo è il quartiere dei gitani e del flamenco; le grotte “cuevas” da abitazioni sono state trasformate in piccoli locali in cui la sera si tengono spettacoli di flamenco, la maggior parte, a dire il vero, per turisti. Camminare sulle strade del quartiere deserte anche di giorno sotto il sole e con le macchine che si contano sulle punte delle dita di una mano, avvolti da un silenzio irreale rotto solamente dagli animali da cortile o dal ronzare degli insetti, dal vento che fa stormire le fronde o dal suono di qualche chitarra che vien fuori da qualche cueva o abitazione, è quanto di più consigliabile per ritrovare una calma ed un equilibrio interiori, per guardarsi dentro e parlare con la propria anima da troppo tempo trascurata; è incredibile pensare che solo a poche centinaia di metri nel centro di Granada scorre la vita del XXI secolo mentre qui sembra di essere totalmente immersi in una dimensione agreste che, pur potendo, non vuol cambiare, come è immutabile l’alhambra che dalle alture del sacromonte appare in tutto il suo splendido rosso. Anche il centro di Granada, che sorge in una sorta di valle tra la collina dell’alhambra e quella dell’albaicin, d’epoca rinascimentale, è notevole per bellezza ed emozioni che sa offrire, ma è più vicino al concetto di “bella città” espressione con la quale intendo belle piazze e strade, bei palazzi e chiese (la cattedrale di Granada è notevole), però facilmente assimilabile ad altre città con negozi, bar, ristoranti ecc. Simili e lo stesso fluire delle persone che in massa rendono tutto uguale; in effetti in questa zona vi è un gran traffico di granadini e turisti inquanto è geograficamente al centro e quindi punto di passaggio per raggiungere tutto quanto prima descritto. Una caratteristica di Granada che trovo veramente splendida e rara per una città di piccole dimensioni (circa 250000 abitanti) è che sembra di essere in una metropoli multiculturale e multietnica, ma con tutto a portata di mano e permeata da un’atmosfera magica e sospesa nel tempo; non è un caso, infatti, che Granada eserciti una sorta di attrazione su molteplici tipi di persone che da tutto il mondo decidono di venire a vivere per un periodo qui; a volte basta svoltare un angolo per effettuare un salto culturale o temporale. Credo che la multietnicità sia effetto delle culture araba, gitana e spagnola che si incontrano, confrontano e confondono in uno spazio fisico limitato; l’importante università, la terza di Spagna, poi contribuisce ad arricchire tutto ciò e funge da catalizzatore tra le culture.
Quanto ho appena raccontato ha certamente un carattere soggettivo e manca di obiettività, al punto che ai lettori più attenti non sarà sfuggito che dalla prima persona prurale in cui nei paragrafi precedenti mi esprimevo ed includevo anche mia moglie, sono passato alla prima persona singolare, poiché le emozioni non possono che essere esclusivamente individuali e nessuno può raccontare quelle degli altri;né credo né pretendo che coloro che si recheranno ho che già siano stati a Granada proveranno o abbiano provato tutto ciò, ma questo è il mio punto di vista, queste sono le mie sensazioni ed emozioni, questo è l’amore che io provo per questo luogo e per la sua gente. Spesso, quando ne parlo, mi sono sentito dire: “ma perché non ti trasferisci lì”? Rispondo che la tentazione e la voglia è tanta e che forse per un periodo limitato nel tempo sarei anche disposto a farlo, ma con molta paura; poiché anche Granada è parte di questo mondo, la quotidianità della vita potrebbe prendere il sopravvento e sopire le meravigliose emozioni che qui ho provato e che riprovo ogni volta in cui penso a questo luogo, che da città ideale e rifugio in cui la mia mente e la mia anima possono liberamente spaziare, la vita di tutti i giorni potrebbe cambiare in meravigliosa città certamente, ma assimilabile ad altre. Ciò che invece io cerco non è una città meravigliosa,anche perché già vivo forse in quella che è la meravigliosa tra le meravigliose (ROMA), ma un luogo fisico e reale che però viva dentro di me capace di lasciar spazio a tutti i miei sogni, a tutte le mie fantasie, a tutti i miei desideri e sentimenti e per ciò la Mia Granada è perfetta, perché, per me, più che una città è un’emozione.
Come ti dissi, oh anima mia, tornerai a Lisbona, ma prima dovrò passare a prenderti a Granada.