Colori intensi, cupole e scale a chiocciola: sembra un museo delle illusioni, ma è una stazione della metropolitana
Di recente (a metà luglio) è stata inaugurata una nuova stazione della metropolitana: è la stazione di Chiaia, new entry (finalmente) sulla Linea 6 di Napoli e pare un museo delle illusioni. Come praticamente ogni stazione di Napoli esempia come arte e infrastruttura possono coesistere senza troppi problemi, seppure l’armonia è la risultante di un passato a dir poco travagliato, costoso e decisamente deleterio per certi attori. La metro stessa è parte dell’experience, come si sa a Napoli, le cui stazioni sono piene di mosaici meravigliosi. Quella di Chiaia è una stazione in più livelli che è stata progettata dall’architetto Uberto Siola, poi arricchita dalle opere di un regista britannico di nome Peter Greenaway: si fa largo uso di colori intensi ed elementi architettonici unici nel suo genere. Cupole e scale a chiocciola sono parte delle cose che fan parte di un ambiente che va un po’ oltre la funzione pratica, come fanno le altre stazioni di Napoli. Ma questa qui, com’è?
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Un museo sottoterra: com’è la stazione di Chiaia?
La scultura di fronte. Gaetano Capaldo, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, da Wikimedia Commons
Il dentro della stazione è dominato da un uso sapiente e molto intenzionali dei colori, legato alle divinità della mitologia greca. I colori vanno dal bianco, all’azzurro, al blu, al verde, al giallo e al rosso. Vi ricorda qualcosa la scelta? Ma certo, sono i colori degli affreschi antichi di Pompei ed Ercolano che decorano lo spazio e lo trasformano in un viaggio mitologico ideato da Greenaway.
A livello di struttura architettonica, c’è da ricordare che l’architetto è Uberto Siola, che ha creato altre stazioni: Mostra, Augusto e Lala. Quella di Chiaia ha cupole imponenti e installazioni scultoree che danno forte senso di maestosità e riverenza: le cupole che dominano vari punti della stazione (come l’esterno) sono fatte per dare un senso di vastità e connessione con l’architettura classica. La prima cupola per l’ingresso superiore è in acciaio e cristallo a sesto ribassato che passa la luce del sole fino a 40 metri, illuminando fino ai binari, mentre la seconda cupola al piano inferiore è dedicata all’Ade, cava al centro, con 320 occhi arancioni del Re degli Inferi sui viaggiatori in attesa.
Le sculture invece e, più che altro, le citazioni mitologiche di Greenaway (specie le statue delle divinità) sono un accompagnamento a dir poco gradevole, soprattutto se la metro la si vive tutti i giorni. L’idea è quella di un viaggio mitologico nelle viscere della terra: la prima scultura infatti è quella di Giove, in metallo color azzurro con 24 braccia verso il cielo, per simboleggiare lo scorrere del tempo, ed è quella che si vede mentre si scende nella stazione. I livelli sono 5 e sono associati, come detto, a divinità e colori: Giove è bianco che sfuma in azzurro (cielo), Nettuno è il blu cobalto (mare), Cerere è il verde smeraldo (terra), Proserpina è il giallo-arancio (il melograno) e Plutone ha il rosso cremisi per gli Inferi.
Nettuno in sé ha, per lui, un pozzo di 12 metri di diametro con la scala elicoidale. Tale scala crea un po’ di surrealismo, quasi di illusione, come se si stesse dentro a un museo il cui obiettivo è quello di disorientare il visitatore. Sulla scala c’è una citazione di Ovidio che legge “Est in aqua dulci non invidiosa voluptas” (c’è un piacere non invidiabile nell’acqua dolce), il che probabilmente è molto voluto, data la storia del cantiere della stazione. Nelle parti inferiori si trovano i resti dell’acquedotto del Serino che ai tempi di Roma ci passava in mezzo. Invece il livello di Cerere ha celle che ospitano un’esposizione di riproduzioni di statue della collezione Farnese del Museo Archeologico di Napoli.
Una sensazione comune fra le stazioni della metropolitana di Napoli, contando che tra la linea 1 e la linea 6 ci sono più di 200 opere fatte da più di 90 autori, sia internazionali che local. La stazione Garibaldi ha le scale mobili sospese, quella di Università è dedicata al digitale con Synapsis, c’è Municipio che pare un museo, Vanvitelli con la Successione di Fibonacci oppure Museo con l’Ercole farnese.
Se conoscete già questa metro della Linea 6, però, probabilmente è per i motivi infelici
La storia della Linea 6 della metropolitana di Napoli, e in particolar modo della stazione di Chiaia, è intrinsecamente legata a una serie di eventi infelici e problematiche di vario tipo che la hanno segnata ben prima dell’inaugurazione. I lavori sono iniziati nel 2002 e hanno attraversato decenni di ritardi, problemi tecniche e controversie. Anzitutto il problema principale è stato quello della gestione dele acque sotterranee, elemento a dir poco critico date le sorgenti di Napoli. Già dagli anni ’90 a concepimento dei lavori arrivarono le prime grosse complicazioni col blocco di una enorme fresa meccanica sotto via Piedigrotta, anche se lì i problemi maggiori furono gli sprechi e gli scandali (Mani Pulite, hello).
Altri ritardi nel 2007 quando vengono inaugurate 4 su 8 delle stazioni previste coi tempi d’attesa insostenibili da subito. Ciononostante i lavori continuarono (a far danni) e negli scavi di Chiaia si essiccarono decine di alberi secolari della Villa Comunale, neanche fossero colpiti da una maledizione, ma era cambiato il regime delle acque sotterranee. Marzo 2013, un pezzo di Palazzo Guevara di Bovino (sulla Riviera di Chiaia) crolla all’improvviso sempre causa interferenza con le acque sulfuree (ben corrosive) che erano rimaste alla base del palazzo, indebolendo fino al crollo.
C’erano già gli allarmi, puntualmente ignorati, ma non è nulla di nuovo, perché qualche anno prima del crollo la valutazione dei cantieri di Chiaia fu a dir poco negativa, ma la documentazione sull’impatto ambientale scomparse dagli uffici della Regione nel 2009. La modernizzazione a tutti i costi ha i suoi risultati, e probabilmente, potrebbe averne di altri.
Crediti foto cover: Yeagvr, CC0, da Wikimedia Commons