I mille colori di Napoli, una città che non si scorda mai

Napule è mille culure, cantava Pino Daniele, e non si può negare che sia una definizione calzante. Ci sono stata ormai una decina di volte, quasi sempre per lavoro, ma ancora adesso non sono sicura di averne colto realmente l’anima.
Scritto da: Viviaggia
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Napule è mille culure, cantava Pino Daniele, e non si può negare che sia una definizione calzante. Ci sono stata ormai una decina di volte, quasi sempre per lavoro, ma ancora adesso non sono sicura di averne colto realmente l’anima.

La prima volta a Napoli non si scorda mai

lungomare di napoli

La prima volta che sono stata a Napoli è stato forse 15 anni fa. Allora rimasi fortemente colpita da un modo di vivere ampiamente diffuso che altrove non esiste o è raro: intere famiglie sistemate su uno scooter, con tutti i passeggeri senza casco; panni stesi al sole su fili che corrono da un lato all’altro dei suoi stretti vicoli; chiasso, rumore e traffico che non infastidiscono nessuno; una lingua musicale che viene gridata anziché parlata; i prodotti autentici in ogni dove, spesso coincidenti con i prodotti tipici italiani.

Ora che ci sono tornata per l’ennesimo anno di fila, Napoli non mi ha più stupita per questi particolari, per quanto sia ancora molto frequente trovare padre, madre e un paio di figli appollaiati su un motorino, magari con un carico da trasportare. Forse la percezione più immediata di questi “bus” a due ruote l’ho avuta andando a correre la mattina alle 7:30, quando la campanella incipiente autorizza studenti e genitori a sbucare dai vicoli direttamente sul marciapiede senza guardare o interessarsi della (prevedibile) presenza dei pedoni e a tentare un omicidio stradale (il mio, nello specifico, una decina di volte).

Neppure posso dire di essermi stupita quando, all’arrivo alla Stazione Centrale, la prima immagine della realtà mi è stata data da una donna che aveva appena finito di espletare i propri bisogni solidi al centro della piazza e si stava educatamente pulendo. Mi sono un attimino sorpresa quando ho provato ad attraversare sulle strisce “senza aver fatto prima testamento”, come ha detto un mio collega, ma è stato giusto un attimo.

In verità non è che io mi sia abituata a Napoli nel tempo, ma probabilmente è solo che oggi ci vado dopo aver visto tantissimo mondo in più e aver scoperto quanto poco specifiche siano determinate realtà. Per esempio, Napoli è priva di auto e persone se la paragoniamo a Bangkok (dove il traffico resta costante 24 h e mi è capitato di metterci 30 minuti per passare in auto da un lato all’altro dello spartitraffico). Le famiglie sullo scooter sono niente rispetto a certi trasporti eccezionali che ho visto in Asia, dove su un motorino scassato riescono a trasportare l’equivalente di un appartamento ben arredato. E i panni stesi nei vicoli impallidiscono se confrontati con gli strati magliette appese al sole in Amazzonia, con una densità di 5 capi per centimetro quadrato.

Eppure, Napoli la sua identità – che non del tutto colgo, ma di cui intuisco la presenza – me la urla in faccia ogni volta e ogni volta mi ricorda che è unica.

Napoli o si odia o si ama

napoli chiostro santa chiara

Si dice che Napoli o si odia o si ama e questa non può che essere una verità. Iniziamo dalle ragioni per cui ad alcuni risulta difficile da digerire. A quanto detto prima (caos, traffico, pedoni usati come birilli) si aggiunge una estrema densità di persone che difficilmente conosce momenti di tregua. Se andate in giro per Napoli alle 6:30 di mattina, troverete già sul lungomare gruppi di anziani che parlano di calcio e di soldi e incontrerete lungo il cammino gruppetti di giovani intenti a non saprei dire bene cosa, ma certamente a parlare. A Napoli – quella che ho visto io, quantomeno, racchiusa tra Piazza Garibaldi, Piazza Dante, Via Toledo e il lungomare – la vita si svolge in pubblico, senza timidezze o ritrosie. La gente soffre, ama, litiga, ride, scherza, si lamenta, bestemmia e gioisce pubblicamente, a voce alta, con grandi gesti delle mani, come se fosse su un palcoscenico e dovesse farsi sentire dal fondo della sala. E i passanti sono incuriositi e interessati da quello che succede intorno, ficcano il naso del tutto legittimamente ed esprimono la loro opinione non richiesta. Per esempio, stamattina un uomo che era dietro di me e zoppicava ha improvvisamente iniziato a correre – con gli arti tutti perfettamente funzionanti – per inseguire un’ambulanza e scoprire dove si stava recando.

Di certo a quelli abituati a sussurrarsi la vita, a tenere tutto per sé o a esprimere le emozioni nel segreto di un appartamento sicuro, questa platealità potrà sembrare un po’ molesta. E forse quelli più timidi saranno infastiditi dal sentirsi parlare per strada da perfetti sconosciuti, spesso venendo appellati come “ingegnere”, “professore”, “dottore” senza aver esibito né laurea né specifica competenza. Ma se si sta al gioco, non ci si sente di certo soli. Per esempio, ieri a cena ho sentito un uomo chiedere al cameriere: “Come fa a sapere che sono ingegnere?” e con logica partenopea ineccepibile il cameriere ha risposto: “Perché siete senza capelli”. Come ho detto, è una logica (partenopea) ineccepibile. Il distacco, per chi vuole mantenerlo, è dato da quel “voi” con il quale certamente vi si rivolgeranno a Napoli, che siate sul taxi o per strada, che vi stiano chiedendo cosa volete mangiare o vi stiano inseguendo per avere due spiccioli per un panino.

Cos’altro può dare fastidio di Napoli? Beh, di certo il fatto che non sia esattamente il Giappone e che se lasciate un oggetto incustodito difficilmente lo ritroverete. O che potrete pensare di fare un affare mentre state comprando un oggetto falso. O che talvolta capiti di salire su un finto taxi e di ritrovarsi in una stazione di servizio ed essere rapinati (è successo a un mio conoscente, il quale dopo la rapina è stato comunque portato al teatro cui era diretto). Di certo l’attenzione è d’obbligo, perché è una città in cui di episodi spiacevoli ne possono capitare. Ma anche qui, niente di diverso da quello che si trova in altre città (a Parigi, per esempio, ho assistito a 3 scippi in metro nella stessa corsa; a Lima i taxi ufficiali sono venduti dentro l’area interna riservata ai passeggeri, tanti sono gli abusivi e i malintenzionati e l’elenco potrebbe continuare a lungo).

Ovviamente, il buon senso vi dirà di non seguire Google Maps quando vi indica vicoli stretti e bui dai quali può arrivare all’improvviso chiunque e sempre il buon senso vi suggerirà di non girare in quartieri poco raccomandabili e di passare veloci veloci nell’area intorno alla stazione, tenendo stretta la borsa e facendovi rigorosamente i fatti vostri su quello che capita intorno. La sicurezza di Napoli credo sia un problema percepito più dagli estranei che dai locali. E infatti un dato di fatto è che i napoletani che svolgono lavori importanti nell’ambito della legalità e della sicurezza e che – secondo una teoria infondata – potrebbero sentirsi desiderosi di lavorare altrove, in luoghi meno carichi di eventi, vogliono invece sempre lavorare a Napoli. Questo particolare mi ha fatto riflettere varie volte ma mi porta sempre alla stessa conclusione: a Napoli si vive bene.

Napoli ha le sue regole, che non ho ancora del tutto colto, ma che evidentemente i napoletani conoscono e rispettano fermamente.

Per cosa si ama, Napoli?

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Napoli è oggettivamente una cartolina: una città baciata dal sole, dai colori brillanti, con il mare e il Vesuvio sullo sfondo, molti castelli, una storia di grandissimo rilievo e una lunga tradizione di cucina e artigianato. E scusate se è poco. Cosa visitare, in una città così ricca? In questo percorso comincerò da un luogo che non molti conoscono, che si trova a breve distanza dalla stazione e, per quanto apparentemente irrilevante da fuori, nasconde al suo interno sale bellissime: Castel Capuano. Castel Capuano è stato per molti anni la sede del Tribunale di Napoli, ma prima ancora è stato un palazzo reale e ha ospitato personaggi molto importanti, tra i quali menzionerò Francesco Petrarca.

Da Castel Capuano si prende quella che non a caso si chiama “Via dei Tribunali” e si entra nel cuore di Napoli. In questa stradina piuttosto stretta, dove troverete scooter e monopattini a circolare in qualsiasi direzione conosciuta dalle leggi della dinamica (inclusi scalini di accesso alle case), non avrete che da scegliere quale fila fare per assicurarvi un’ottima pizza fritta. Starete in fila con i turisti se andrete presto e con i napoletani se andrete un po’ più tardi, ma l’attesa sarà più che ripagata.

Prima di fare un regalo alle vostre papille gustative, assicuratevi di poter raccontare qualcosa di rilievo culturale e godete del dipinto di Caravaggio che si trova sulla presso la chiesa e la Quadreria del Pio Monte della Misericordia, in Via dei Tribunali 253, “Le sette opere di Misericordia”.

Addentata la pizza, girate sulla sinistra e immergetevi in Via San Gregorio Armeno. Non pensiate che questa strada sia da visitare solo durante il periodo natalizio, anzi: di certo fuori “stagione” la folla sarà minore e vi godrete di più lo spettacolo. La stradina è popolata da negozietti che offrono presepi unici al mondo, fatti a mano dagli artigiani locali, sicuramente aggiornatissimi e al passo con le ultime novità del gossip e della politica. Se qualcuno ha fatto qualcosa di rilevante durante l’anno, certamente troverete il suo pupazzo pronto per il presepe.

Accanto alla natività e ai pastorelli, poi, campeggia Pulcinella in tutte le forme e dimensioni, spesso accompagnato da un cornetto rosso o da un paio di corna rosse: i Napoletani credono fortemente in questi portafortuna e ve li offrono a pochi euro. Non si può garantire che il cornetto rosso scacci i guai, ma perché non tentare?

A campeggiare su tutti i personaggi del presepe è comunque un uomo a cui non solo i napoletani, ma certamente tutti gli italiani si sentono in qualche modo legati, nonostante la vita burrascosa che un talento unico fa quasi sempre dimenticare: Maradona. Maradona è una sorta di divinità nell’olimpo napoletano e le sue immagini, le sue maglie, le sue raffigurazioni, i suoi murales campeggiano un po’ ovunque, con i colori dell’azzurro della maglia, a raccontare di un periodo glorioso di orgogli e vittorie.

Continuando a camminare per i vicoli di Napoli arriverete a una delle sculture che più mi hanno impressionata nei miei viaggi, nonostante abbia visitato moltissimi musei con opere celebri: il Cristo velato (Cappella Sansevero).

Non vi sono dubbi sul fatto che l’opera sia di impatto immediato, con questo velo di marmo che copre il Cristo senza celarne alcunché, rendendo la materia quasi etera ed impalpabile. Non crederete ai vostri occhi… e di fatto alcuni non ci credono davvero e malignano dicendo che si tratterebbe di un velo fatto indurire con una particolare sostanza che lo avrebbe reso simile al marmo.

Anche qui, come per il cornetto, direi che vale la pena di farsi assalire dalle emozioni positive senza farsi troppe domande. Ricordate, in fondo, che siamo in una città misteriosa. Se il mistero vi appassiona e non conoscete il significato della parola claustrofobia, aggiratevi per la Napoli sotterranea, che si trova sempre lì in zona. Io, che di mio non prendo neanche l’ascensore, non ci sono mai stata e non credo che ci andrò… ma mai dire mai.

Se la stanchezza non vi ha presi a pugni o avete fatto una giusta sosta con la sfogliatella (a me piace riccia, la frolla mi ricorda troppo il pasticciotto) o, meglio, se avete spezzato il viaggio in più parti, aggiratevi per Piazza Dante e via Toledo. La zona di Piazza Dante è bella anche di sera. Io, per esempio, mi ci sono trovata durante la semifinale degli europei del 2021, quando l’Italia vinse ai rigori. I festeggiamenti intorno a Piazza Dante sono semplicemente indescrivibili: questa sì che è gente che sa come esprimere la gioia e l’allegria, anche se in tasca non ti arriva niente e la tua vita il giorno dopo sarà sempre la stessa. L’immagine che ho di quella sera è comunque di un uomo col figlio in scooter, entrambi senza casco, che si è fermato davanti a noi, ha messo l’orologio in tasca (“Non si sa mai”, ha detto) e si è lanciato nella folla per farsi strattonare in allegria. Ripeto, è una città che ha le sue regole che la gente rispetta con grande ardore.

Seguendo la scia dei negozi si arriva a Via Toledo, dove vale la pena di fare un giro in metro per vedere una delle stazioni più belle d’Italia. Il soffitto delle scale mobili è tutto in mosaico nei colori dell’azzurro, con accanto la riproduzione di onde del mare e al centro un cono altissimo al cui interno luci variopinte si alternano fino alla sommità. Il tratto è breve, ma farete delle foto che andranno fortissimo su Instagram. Sempre su Via Toledo, dribblando scooter e venditori ambulanti, potete prendere la funicolare per andare su fino al Vomero.

Se la stanchezza è tanta e la fame aumenta, potete deviare verso la storica pizzeria da Michele. Prendete un numerino, fate la fila e assaporate la classica pizza napoletana che fuoriesce dal piatto, piena di sugo, con mozzarella di bufala.

Fate una deviazione nella Galleria Umberto I, visitate il Maschio Angioino e scoprite quanta storia e quanta cultura sono racchiuse in pochi metri. Alla fine di Via Toledo si arriva a uno dei luoghi simbolo di Napoli: Piazza del Plebiscito. La Piazza è ampia e spesso piena di turisti, ma nelle prime ore del giorno o durante la sera ci troverete solo i “passeggiatori di cani”. E ne vale la pena.

Qui si trovano due Caffè del Professore, entrambi autoproclamatisi – come spesso avviene – quali unici realmente autentici. Io di Caffè del Professore a Napoli, tutti sedicenti autentici, ne ho incontrati molti, senza aver mai capito quale sia il migliore. Nel dubbio, prendete comunque un caffè napoletano che non vi deluderà, stando solo attenti a non ustionarvi le labbra (la tazzina è riscaldata, per ragioni che gli amanti del caffè capiranno immediatamente… io, per esempio, lo bevo caldo da ustione). Per la foto su Instagram, entrate da Gambrinus, sfoggiando un’aria un po’ snob di quelli che possono permettersi di tutto e il cui salone di casa è simile se non più sofisticato.

Seguendo la discesa (la stanchezza fisica vi suggerirà di sicuro la strada più comoda) si arriva al bellissimo lungomare di Napoli. Varrebbe la pena di girarlo tutto a piedi fino a Mergellina (in estate, ci potrete fare il bagno in mare), ma sta a voi dosare le forze. Comunque, a furia di pizze e sfogliatelle il carburante lo avrete accumulato. Il lungomare è per me uno dei posti più belli in ogni città, anche se quello di Napoli ha l’indubbio vantaggio di offrire sullo sfondo il Vesuvio e la sagoma di Castel Dell’Ovo. A colpirmi però, come sempre, sono i napoletani. Per esempio, io so cosa spinge me ad alzarmi all’alba per andarci a correre mentre il sole sorge (la pazzia, non c’è dubbio), ma cosa spinge i napoletani a raggrupparsi alla stessa ora per parlare di calcio? Non potrebbero – almeno loro, sani di mente – dormire?

Napoli è una città da visitare

Si potrebbe parlare di Napoli per ore e ore, ma il solo modo per scoprire se ci si ambienterà o meno è quello di andare a visitarla. Io, quando conosco stranieri che mi chiedono dell’Italia, la indico spesso tra le città che andrebbero visitate (dopo Roma, Venezia e Firenze) e spesso incontro persone che ci sono già state.

Il cibo da solo varrebbe il viaggio: la vera pizza napoletana (diffidate dai posti turistici, vi potrebbe capitare anche una pizza terribile), il vero caffè, il babà, la sfogliatella riccia o frolla, la mozzarella di bufala, la pastiera, il tarallo caldo, il pesce fresco, etc etc.

Di storia ne avrete quanta ne vorrete così come di paesaggi da cartolina, a patto di scansare traffico e passanti. Io stessa mi ci trovo sempre in condizioni diverse a seconda del mio umore e della mia predisposizione a questa coralità incessante. Per esempio, l’ultima volta che ci ero stata non vedevo l’ora di andarmene, mentre oggi sul treno sento un po’ di nostalgia. La stessa schizofrenia provata stamattina nel passare dal silenzio e la calma del lungomare al delirio di mezzi e persone di Via Toledo all’ingresso a scuola.

Voi andateci senza preconcetti, pronti a coglierne il meglio e a lasciarvi travolgere dalla giostra. Poi deciderete se la amate, la odiate o siete nell’odi et amo in cui mi trovo io.

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Foto di Sam van Bussel su Unsplash

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Tom Podmore/Unsplash.com

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