Scegli uno, visitane tre: dalla Città del muro alla Firenze dell’Elba, sono loro le 3 destinazioni imperdibili del nord-est tedesco
Berlino per la settima volta, con visita ad Amburgo e Dresda. Avendo una settimana di tempo in ottobre, stagione fuori dalle date canoniche, abbiamo deciso di tornare a Berlino per nostalgia e da lì fare una capatina a Amburgo (già stati qualche anno fa) e a Dresda (idem). Così verifichiamo i voli Ryanair Bologna-Berlino (102 euro a testa andata e ritorno con priority) e i treni da Berlino per le due “gite fuori porta”.
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Ahimè, il treno ci costerà quasi più dell’aereo, lo troviamo molto aumentato rispetto all’ultima volta, e così gli alberghi, soprattutto a Berlino. Decidiamo di dormire come già altre volte al Meininger attaccato all’Hauptbanhof e idem a Dresda, dove passeremo due notti. Invece Amburgo decidiamo di farlo andata e ritorno in giornata.
Diario di viaggio in Germania dell’Est
Giorno 1 – Berlino
Arriviamo a Berlino al Terminal 2 e c’è un discreto tragitto a piedi fino al T1 da dove partono i treni per la città. Appena entrati ci fermiamo all’ufficio del turismo dove facciamo il biglietto giornaliero per piccoli gruppi (noi siamo in 4) per le zone ABC che include anche l’aeroporto che costa 33 Euro e vale su tutti i mezzi di Berlino. Solo bisogna viaggiare insieme, è un biglietto unico e lo deve esibire uno del gruppo. Va vidimato e vale 24 ore dalla vidimazione. Si può fare anche alle macchinette.
Prendiamo il primo treno utile e scendiamo all’Hauptbanhof (HBF) mitica e immensa. Al solito attimo di disorientamento fra i vari piani e le uscite. Becchiamo quella giusta (vista sul Reichstag) e a 50 metri sulla destra il rassicurante Meininger. Check in veloce, lasciamo le valigie in stanza e usciamo subito gasati (147 euro a notte per la doppia con colazione a buffet).
Usiamo la U5, l’ultima linea metro nata da pochi anni, e usciamo alla seconda fermata a vedere subito la porta di Brandeburgo. È sempre un’emozione. Questa linea è comodissima perché ferma in tutti i luoghi principali e ha fermate nuove con scale mobili. Ripartiamo e con un cambio arriviamo alla Potsdamer Platz.
Occhiata al mitico semaforo storico del 1924 ancora in funzione e poi andiamo verso il Sony Center. Prima però decidiamo di investire un po’ di euro nel Panoramapunkt, l’ascensore più veloce d’Europa, per salire a vedere il panorama di questa zona. Discesi andiamo sotto la cupola del Sony Center la cui piazza è ancora in lavorazione (due anni fa era proprio chiusa, adesso una parte è riaperta) e andiamo nella birreria storica Lindenbrau a farci una birra e uno spuntino.
Poi una passeggiata fino a piazza Marlene Dietrich e un giro nel mega centro commerciale coperto da soffitto in vetro, bellissimo!
Ci incasiniamo un po’ fra UBahn e SBahn perché spesso per passare da una all’altra tocca uscire e spostarsi ad altro ingresso magari anche solo a una cinquantina di metri di distanza. È uno dei problemi di Berlino, mezzi capillari ovunque ma tocca stare sul pezzo nei cambi! Ci spostiamo all’Alexanderplatz, orologio mondiale e atmosfera vivace. Un giro all’Alexa (mega centro commerciale) e ripartiamo verso la fermata della stazione Friederichstrasse e, cosa già vissuta, cerchiamo il ponte pedonale, con scale e piuttosto cupo e inquietante e anche mal tenuto, che porta all’altra riva della Sprea per andare a mangiare allo Standige Vertretung. Il locale è già pienissimo e dovremmo aspettare un tot, allora prenotiamo per domani sera e, visto che si è anche fatto tardi e siamo un po’ stanchini, andiamo all’HBF e ci facciamo un Asia Gourmet non male.
Poi a letto con vista sulla stazione.
Giorno 2 – Berlino
Sveglia presto e alle 7 siamo già a colazione. Il Meininger non sbaglia mai (abbiamo già frequentato anche quelli di Marsiglia e Lione e lo standard è molto simile). C’è un po’ di tutto, dolce e salato, fiocchi, yogurt, uova e affettati e anche cose vegane. Bene essere arrivati presto perché sulle 7.30 arriva un sacco di gente. Il tempo è splendido e ci prepariamo per la visita al Reichstag. In settembre ho prenotato la visita scegliendo come è previsto dal form 3 orari e poi nella risposta e conferma della prenotazione mi hanno convalidato la visita per le 9. Ci si collega al sito del Bundestag, si seguono le istruzioni e dopo poco arriva la conferma e la prenotazione che bisogna esibire all’ingresso. Ovviamente si passa un controllo tipo imbarco dell’aereo e poi si seguono le indicazioni e si entra. Nessun problema se si ha uno zainetto.
La visita è gratuita, viene consegnata l’audioguida in italiano e ci si può stare e girare senza limiti di tempo. È la quarta volta che ci vado ma è sempre come la prima: mozzafiato e in più la giornata splendida è veramente una fortuna. Ce lo godiamo a lungo e usciamo a malincuore. Ovviamente ci sono anche i bagni a disposizione.
Arriviamo a piedi alla porta di Brandeburgo seguendo il tracciato del muro in terra. Toccante. Poi passiamo in mezzo al Memoriale dell’Olocausto, 2711 parallelepipedi di grigio cemento. Non visitiamo il sottostante museo perché l’abbiamo già visto due volte, comunque consigliatissimo. Andiamo invece a cercare la targa posta sul sito dove c’era il bunker di Hitler. Al suo posto un parcheggio, ma la targa è molto interessante con piantina e spiegazioni. Torniamo alla Pariser Platz e facciamo un giro dentro l’Hotel Adlon.
Poi metro, con cambio, fino alla zona del mercato turco. Fermata Schonleinstrasse e a piedi arriviamo alla Maybachufer e ce lo facciamo tutto a piedi. Il mercato è attivo solo martedì e venerdì mattina quindi o lo vediamo oggi o niente perché torneremo a Berlino solo sabato! Il tempo bellissimo e l’atmosfera multietnica sono piacevoli. Ci mangiamo anche un ottimo gozleme. Facciamo anche un po’ di assaggi di bellissima frutta. Ce la godiamo proprio, c’è pure il passaggio di un gruppo numerosissimo di cigni!
Di nuovo metro (adesso rifacciamo il biglietto perché ci scade quello di ieri e lo facciamo solo zona AB e costa 31 euro sempre nella versione piccolo gruppo) e andiamo con un paio di cambi alla fermata Triptower Park. Vorrei tornare a vedere il Molecule Man, visto che lo splendido tempo ci favorisce per qualche bella foto. Ahimè anche qui il percorso che avevo fatto lungo il fiume quando ci sono venuta la prima volta è precluso per lavori stradali e devo dire che Berlino è sempre una sorta di cantiere. Arriviamo ugualmente alla statua, una gigantesca scultura che emerge dal fiume. L’istallazione si può ammirare tra l’Elsenbrücke e Oberbaumbrücke. La statua è stata collocata lì nel maggio 1999 e rappresenta l’unione di tre quartieri: Kreuzberg, Alt-Treptow e Friedrichshain. Un simbolo di unione dopo che queste zone sono state divise ed isolate dal muro. Alta 30 metri, è stata progettata e realizzata dallo scultore americano Jonathan Borofsky. Molecule man è completamente in alluminio e pesa 45 tonnellate. Per me è bellissimo.
Ci fermiamo per caffè e merenda in un bel barettino e ripartiamo con la metro per andare alla East Side Gallery. Scendiamo alla Warschauerstrasse, una di quelle fermate S e U distanti da scarpinare! Dalla metro alla East Side Gallery altra bella tratta all’andata in discesa (al ritorno in salita!) e camminiamo lungo il muro fino al famoso bacio (tra Breznev e Honecker). Ogni volta che ci sono tornata ho trovato cose diverse. Imbiancano pezzi di muro e artisti vari fanno cose nuove. Non è uno dei posti che preferisco. Ma come tanti altri è una sorta di must.
Ci fermiamo poi in una panchina al sole di fronte all’Oberbaumbrücke, il famoso ponte rosso a due livelli sul fiume Sprea. Costruito in legno nel 1724, è stato per decenni il ponte più lungo di Berlino. Oggi è considerato uno dei monumenti caratteristici della città. Unisce i quartieri di Friedrichshain e Kreuzberg, in precedenza divisi dal Muro di Berlino ed è diventato uno dei simboli della riunificazione della capitale tedesca.
Anche da qui in lontananza si vede il Molecule Man e, soprattutto, sul livello superiore passano le metro gialle e il colpo d’occhio del contrasto col ponte rosso, mentre sotto passano le macchine, è veramente da foto. Ci facciamo anche una passeggiata nella parte pedonale del ponte e poi riaffrontiamo la salita fino alla metro.
Andiamo agli Hackesche Höfe, serie di cortili intercomunicanti, che da quando è caduto il muro sono diventati il punto di riferimento per i visitatori di Berlino. Gli Höfe sono stati sottoposti ad un costoso restauro; il complesso edilizio si trova nel quartiere storico “Scheunenviertel”, rappresenta la più grande area chiusa costituita da cortili della Germania e dal 1972 sono posti sotto tutela. Gli Höfe, situati di fronte all’Hackescher Markt, vennero inaugurati il 23 settembre 1906. Il complesso edilizio, come altri cortili interni di Berlino, veniva utilizzato come sede di uffici, industrie, fabbriche e abitazioni. Quest’idea venne ripresa anche negli anni ’90 in occasione del risanamento ed è stata messa in pratica con successo. Gli otto cortili, situati tra le vie Rosenthalerstrasse e Sophienstrasse su una superficie di 27.000 metri quadri, offrono oggi spazio per aziende industriali, enti culturali e abitazioni, locali e negozi. Anche intorno agli Höfe si trova una zona piena di vita con numerosi bar, ristoranti e locali che fanno di questa area uno dei quartieri più alla moda della vita notturna di Berlino.
Percorriamo poi tutta la Sophienstrasse entrando in numerosi altri cortili caratteristici di mattoncini rossi con vegetazione e finestre in ferro battuto. Una strada con angoli veramente unici. Siamo nel quartiere ebraico, come si può notare anche dalle numerose pietre d’inciampo. Ci mettiamo a cercare la Missing House di Christian Boltanski. Una installazione che ci incuriosisce: “Rappresentare il Vuoto” lasciato in Europa dagli omicidi perpetrati dagli uomini e le donne nazionalsocialisti non è un compito facile, perché il Vuoto di per sé sfugge a ogni possibilità di figurazione. A inizio anni novanta, l’artista francese Boltanski (1943-2021) era professore ospite alla Hochschule der Kuenste di Berlino, una città, ai tempi, ancora segnata dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale. Il Quartiere Ebraico poi, che era stato fino all’1989 nel settore Est, era rimasto come congelato nel tempo: case in rovina, tetti esplosi e squarci di bombe.
Passeggiando lungo la Grossen Hamburger Strasse Boltanski nota un buco in mezzo a due case, all’altezza del civico 15/16: proprio alla fine della guerra una bomba degli alleati aveva colpito quell’edificio che era bruciato completamente in una notte. Si incuriosisce subito per quel vuoto singolare e comincia a fare ricerche: vuole scoprire chi abitava in quella “casa mancante”, chi era ancora lì la notte del bombardamento, chi era già scappato e chi invece era stato deportato dai nazisti qualche anno prima. Questo vuoto si trova a pochi passi dal più antico cimitero ebraico del quartiere Mitte (cimitero che i Nazisti hanno violato e cancellato nel 1943), all’inizio di quella che viene chiamata “la via della Tolleranza”.
Qui infatti abitava una comunità mista di cittadini ebrei e non, e ancora oggi si possono trovare, oltre agli edifici che testimoniano la presenza degli Ebrei in città, la chiesa protestante Sophienkirche e qualche metro più in là l’ospedale cattolico dedicato alla patrona di Berlino, Sant’Edvige.
Tre religioni che coesistevano una accanto all’altra, segno della compattezza del tessuto sociale berlinese prima dei veleni seminati dalla propaganda nazista. Boltanski riesce a scoprire i nomi delle persone che abitavano al 15/16, il lavoro che svolgevano, il giorno del loro compleanno, quello della loro morte: chiede che quel vuoto non venga mai più riempito, che lì rimanga per sempre questa “Missing House”, e sulle due desolate pareti tagliafuoco affigge semplicemente delle placche (molto simili alle affissioni funebri ancora in uso in alcune città italiane) che riportano piano per piano il nome degli inquilini, la loro professione e le date di inizio e fine della loro vita. Rimaniamo scossi a guardare questo vuoto fra le due case. Boltanski aveva una sensibilità straordinaria. Consiglio il museo di Ustica a Bologna e l’archivio dei battiti del cuore a Teshima in Giappone. Ho visitato entrambi e non si dimenticano.
Riprendiamo la metro e andiamo finalmente a cena allo Standige Vertretung. È un locale di cucina renana che propone fantastici flammkuchen, il mitico currywurst, goulasch, stinco e le frikadellen. L’ambiente è imperdibile. Ne abbiamo sperimentato un altro della stessa catena a Brema. I manifesti alle pareti, la birra a fiumi e l’allegria che pervadono l’ambiente lo rendono molto, molto tedesco.
Si torna stanchi ma soddisfatti. La giornata è stata ricchissima.
Giorno 3 – Amburgo
Sveglia sempre alle 6, colazione alle 7 e subito in stazione a prendere il treno per Amburgo. Troviamo senza difficoltà binario e carrozza e si parte. Treno non troppo pieno, abbiamo comunque i posti prenotati (70 euro a testa andata e ritorno, prenotazione compresa). Tempo ancora bellissimo e bel paesaggio. Alle 11 siamo ad Amburgo. La stazione è immensa e piuttosto incasinata. Comunque ci fermiamo all’ufficio del turismo per cartina e qualche indicazione. Abbiamo ancora la guida della volta in cui ci siamo stati per alcuni giorni. È un po’ datata ma le cose principali da vedere ci sono tutte.
Anche qui biglietto giornaliero per piccolo gruppo per 14 euro con la differenza che dura 9 ore e non 24 come a Berlino.
Partiamo con la metro e andiamo subito alla piazza del Municipio (Rathaus) dove si può entrare nel bellissimo androne e visitare anche il cortile. Arriviamo a vedere l’Inneralster, il lago più piccolo lungo il quale corre lo Jungfernstieg, lunga passeggiata pedonale. Diamo un’occhiata anche all’Europa Passage, un grande e bellissimo centro commerciale. Non riusciamo ad arrivare alla Colonnaden che era invece la passeggiata preferita l’altra volta, anche perché il nostro albergo era proprio in pieno centro. Purtroppo il tempo corre e vogliamo vedere altre cose. Tocca fare delle scelte.
Riprendiamo la metro e andiamo decisi all’Elbphilharmonie situata nel quartiere di HafenCity. È una sala da concerto, una delle più grandi ed acusticamente avanzate a livello mondiale. La costruzione in vetro assomiglia a una vela issata, a un’onda o a un cristallo di quarzo, ed è appoggiata sopra un vecchio magazzino in mattoncini nelle vicinanze dello storico Speicherstadt. Si fa un biglietto per entrare, gratuito, e si sale alla terrazza panoramica con una stupenda e lunghissima scala mobile. Ambiente bellissimo, bar, shop e terrazza tutto intorno con vista sul fiume e sulla città. Imperdibile. C’è molto vento ma anche un bel sole e ce lo godiamo seduti vista porto.
Si riparte a cercare la vecchia Amburgo lungo la Deichstrasse con le sue vecchie case restaurate del XVIII secolo e alcune belle chiese antiche, tra cui St Petri, St Katherine, St Jakobi e St Nikolai. Da stretti passaggi ci si affaccia sul camminamento in legno sull’acqua da cui si ammirano le case riflettersi nel fiume. Molto caratteristico.
Riprendiamo la metro e andiamo al porto da dove con una breve ma piacevole passeggiata, animata da ristorantini, negozi e molta gente, arriviamo al famoso vecchio tunnel pedonale sotto all’Elba. Inaugurato nel 1911, è un pezzo di storia amburghese curato con amore e dal sapore nostalgico che ha già festeggiato il suo centesimo compleanno. La caratteristica struttura squadrata, a cupola, posta sui Landungsbrücken di St. Pauli, ospita i macchinari e le quattro grandi gabbie elevatrici che trasportano persone e biciclette a una profondità di quasi 24 metri fin dal 1923. Dopo avere percorso 426,5 metri sotto l’Elba e attraversato tunnel tutto piastrellato si ritorna in superficie a Steinwerder e si può godere della splendida vista sul porto. Scendiamo con una delle enormi gabbie in legno e il tunnel si rivela pieno di persone e biciclette che sfrecciano velocissime. Una vera emozione.
Risaliti ci fermiamo sul lungo porto dove alla mattina presto si svolge il caratteristico mercato del pesce (che avevamo visitato l’altra volta) e ci attardiamo a godere della vista sull’ Elbphilharmonie che brilla in lontananza e su alcuni bei velieri ormeggiati al porto.
Visto che siamo già in zona ci spostiamo al quartiere St. Pauli, famoso sia per la zona a luci rosse che per essere il luogo dove i Beatles il 17 agosto 1960 tennero il loro primo concerto nello storico Indra Club. Dall’esperienza di Amburgo sono nate due canzoni registrate anche in tedesco “Komm, gib mir deine Hand” (I Wanna Hold Your Hand) e “Sie liebt dich” (She loves you). La Beatles Platz ha cinque statue a silhouette in metallo per rappresentare ogni musicista che è stato a un certo punto un membro della band: John Lennon, Paul McCartney, George Harrison, Stuart Sutcliffe, Ringo Starr e Pete Best. La statua del batterista rappresenta sia Ringo Starr che Pete Best, che era il batterista prima di Ringo. Ci si può fotografare stando nelle sagome a grandezza naturale e fingendo di far parte della band. La piazza è in realtà circolare con un diametro di 95 piedi ed è stata pavimentata in nero per sembrare un disco in vinile. Ci sono anche bande di acciaio con i nomi di circa 70 canzoni dei Beatles incisi su di loro. Il quartiere di St. Pauli è decisamente un po’ “trasandato” per non dire che ha l’aria malfamata sia per come è tenuto che per il tipo di locali. Percorriamo buona parte della Reeperbahn che è proprio la strada principale del quartiere a luci rosse detta “il miglio del peccato”.
Arrivati all’angolo con la famosa stazione di polizia Davidwache in mattoncini rossi (presente in molti telefilm polizieschi tedeschi) si gira in una laterale in leggera salita e sulla destra si incontra la Herbertstraße che deve la sua fama al fatto di essere rimasta l’unica strada cittadina dove è ancora possibile trovare le prostitute in vetrina come accade nel famoso quartiere De Wallen di Amsterdam.
L’ingresso alla via, chiuso da alcune barriere in ferro di color rosso, è, al contrario di Amsterdam, proibito alle donne e ai maschi di età inferiore ai 18 anni, come segnalato da cartelli sulle barriere che recano appunto la scritta in tedesco Zutritt für Männer unter 18 und Frauen verboten e in inglese Entry for men under 18 and women prohibited. E sebbene il divieto non abbia valore legale (trattandosi di una strada pubblica), ma sia semplicemente un “suggerimento”, le prostitute reagiscono in malo modo nei confronti dei “trasgressori”, in particolare nei confronti delle donne.
La via misura una sessantina di metri, lungo la quale si affacciano degli edifici variopinti con le prostitute in mostra. Dico quello che mi ha raccontato mio marito che ci ha fatto un giretto curioso mentre io aspettavo fuori dal cancello un po’ preoccupata.
Riprendiamo la metro con cambio per andare alla zona dei magazzini, la più fotografata di Amburgo. La Speicherstadt (Speicher “magazzino” + Stadt “città”) è un complesso di 17 magazzini occupati da diversi musei (museo delle miniature, museo della marina, museo della dogana). Ospita anche diversi uffici, case discografiche e agenzie di spettacoli. È situata in prossimità del porto lungo i canali del centro, nei quali si riflettono invitando alla fotografia. Costruita tra il 1884 e il 1927 su un’area di circa 330.000 m2 è il più grande complesso di magazzini mai realizzato al mondo. Dal 1991 è monumento protetto dai beni culturali e il 5 luglio 2015 è stato nominato patrimonio dell’umanità dell’UNESCO insieme alla Kontorhausviertel e alla bellissima Chilehaus, costruzioni storiche e uniche nel loro genere.
I magazzini, alti sette-otto piani, sorretti da palafitte in legno di quercia, con la sovrastruttura di laterizio rosso (secondo l’architettura tipica delle città anseatiche) ed abbelliti con torrette e pinnacoli, servivano per lo stoccaggio di merci di vario genere, quali caffè, tè, spezie, cacao, tabacco, rum, tappeti orientali, tutto trasportato in barche e sollevato da carrucole, molte delle quali ancora visibili sporgenti da torrette aggettanti.
Arriviamo fino al punto più fotografato dove si incrociano due canali divisi da una costruzione centrale a punta. Qui i turisti attendono che si accendano le luci per fare lo scatto iconico presente su tutte le guide. La volta scorsa per fortuna ci sono riuscita ma lottando ferocemente con turisti e fotografi addirittura in postazione coi cavalletti! Purtroppo oggi non è l’orario giusto e siamo anche un tantino contro sole, comunque l’effetto scenico è garantito.
Purtroppo è ora di mangiare qualcosa al volo e tornare in stazione a riprendere il treno per Berlino.
Incrociamo più di una statua di Hans Hummel, una coloratissima proprio in stazione, che era un portatore d’acqua considerato arcigno e un po’ ignorante poiché, infastidito e deriso dai ragazzini che lo chiamavano “bombo Hummel”, spesso cercava di prendere le piccole canaglie ma, dato che trasportava due pesanti secchi pieni d’acqua, non riusciva quasi mai a prenderli e non gli rimaneva altro che apostrofarli al grido di “Mors Mors” che pare fosse brutta cosa. Fra l’altro assonante con il tipico saluto locale Moin Moin riprodotto su tanti souvenir. Oggi l’Hummel è diventato un simbolo di Amburgo e si dice che si trovino sparse per la città più di cento statue coloratissime che riproducono questo strano personaggio,
La giornata toccata e fuga ad Amburgo è finita. Mi è piaciuto tornarci anche se per poche ore, è una città strana e affascinante che lascia il segno.
Per finire consiglio, ovviamente a chi piace o interessa, una visita al museo Hamburger Kunsthalle per vedere almeno il Viandante sul mare di nebbia (in tedesco Der Wanderer über dem Nebelmeer), e il Mare di ghiaccio, due dipinti mitici del pittore romantico tedesco Caspar David Friedrich. Una peculiarità del Viandante sul mare di nebbia, una delle opere più rappresentative della pittura romantica ottocentesca, è la presenza della Rückenfigur: si tratta di un personaggio visto di schiena, perso in un’assorta contemplazione della natura. Questa espressione figurativa fa sì che l’osservatore si immedesimi nella figura del viandante e si compenetri nella sua situazione psicologica ed emotiva. Io sono innamorata di Caspar David Friedrich, ho visto tutto ciò che ho potuto di lui, a Berlino, Lipsia, Dresda e sono andata fino a Stralsund per vedere almeno le meravigliose scogliere di gesso bianco (alte anche più di 100 metri) dell’isola di Rugen rese immortali da un’altra splendida opera, Le bianche scogliere di Rügen (Kreidefelsen auf Rügen), il quadro infatti è in una collezione privata in Svizzera e ahimè non l’ho mai visto dal vivo!
Chiedo scusa per la digressione.
Nel frattempo siamo arrivati a Berlino e a letto cotti. È stata una bellissima giornata.
Giorno 4 – Dresda
Colazione sempre alle 7 in santa pace e si parte, stavolta con il trolley al seguito, per andare a Dresda (anche qui sono già stata e torno volentieri a “ripassare” i ricordi). Il treno stavolta è strapieno perché la meta finale è Budapest e sono contenta di aver prenotato anche i posti pur pagando qualcosa di più perché sarebbe stato veramente un problema. Treno in orario (56 euro a testa andata e ritorno compresa prenotazione del posto), scendiamo e già dall’uscita della stazione adocchiamo il nostro Meininger (102 euro a notte la doppia con colazione a buffet). È tutto nuovo e molto bello. Peccato che essendo ancora mattina non ci danno la stanza fino alle 15. Il deposito bagagli è solo attraverso un’app con registrazione e QR code pare 6 euro a collo. Traffichiamo nervosi senza nessun aiuto dalla reception e non ci riusciamo pur non essendo particolarmente lessi.
Così torniamo in stazione e lasciamo le valigie nei box del deposito bagagli a soli 3 euro e molto semplicemente! Ufficio del turismo in stazione per un po’ di informazioni. Anche qui si può fare il biglietto per i mezzi pubblici per piccolo gruppo a 21,70 euro valido fino alle 4 del giorno successivo alla vidimazione, e partiamo col tram che ha la fermata davanti alla stazione (a Dresda non c’è metro) verso il centro, anzi per l’esattezza scendiamo alla fermata prima del ponte sull’Elba praticamente davanti al teatro Semperoper. Direi che il tram è il mio mezzo preferito, tutto a vista e niente scale e camminamenti sotterranei!
C’è il sole, ci incamminiamo e saliamo alla famosa terrazza/passeggiata che è una delle cose particolari di Dresda. La Brühlsche Terrasse (Terrazza di Brühl) è un celebre complesso architettonico, realizzato a partire dal 1738/1739 per volere del conte Heinrich von Brühl (1700-1763) sui resti delle antiche fortificazioni cittadine. È definita, per la sua posizione panoramica lungo il fiume Elba, il “Balcone d’Europa”, definizione coniata da Goethe. Ci panchiniamo al sole godendo il bellissimo panorama. La percorriamo tutta costeggiando splendidi palazzi per arrivare all’Albertinum, palazzo originariamente adibito ad armeria, poi trasformato in un museo che ospita le collezioni della Skulpturensammlung e della Galerie Neue Meister facendone uno dei musei più importanti di tutta la Germania; l’edificio prende il nome da Alberto di Sassonia e la ristrutturazione ha abbinato all’interno degli edifici una immensa hall moderna con bar, poltrone, shop a disposizione del pubblico anche se non si visitano i musei. La ricchezza delle opere esposte è incredibile (ovviamente l’avevo già visitata la volta scorsa) e questa volta stiamo solo seduti a bere un caffè e respirare l’atmosfera. Però allo shop qualche altra cosa con quadri di Caspar David Friedrich me la compro!
Riprendiamo a camminare in direzione centro, fino alla Frauenkirche, di culto luterano, uno dei simboli della città con una storia particolare. Costruita fra il 1726 ed il 1743 è ispirata all’architettura ed alle cupole delle chiese barocche italiane del tempo. La cupola, ci si può salire, è alta 91 metri. È considerata la più bella chiesa luterana della Germania. Il 13 febbraio 1945, durante il bombardamento britannico della RAF, la chiesa non venne colpita direttamente dalle bombe. Prima della guerra gli ampi finestroni erano stati murati per preservare l’interno; tuttavia, su un lato ne vennero lasciati aperti alcuni. La tempesta di fuoco che devastava la città spinse il fuoco anche all’interno della chiesa. Bruciarono le balconate e tutti gli arredamenti in legno. La chiesa tuttavia rimase in piedi ancora per due giorni; poi, a seguito del calare della temperatura (che era arrivata a oltre 1000 °C), per effetto del raffreddamento della pietra arenaria (e del mutamento della sua natura, divenuta spugnosa per l’alta temperatura), uno degli otto piloni che sorreggevano la cupola si spostò: questa, venendo a mancare l’appoggio, crollò su se stessa trascinando tutto l’edificio, che rimase allo stato di rudere per 45 anni.
Si dovette attendere fino al 1990, dopo la riunificazione tedesca, per un’evoluzione della situazione, che arrivò con l’appello di Dresda del 13 febbraio, in occasione del 45º anniversario della distruzione della città.
L’iniziativa, partita dai cittadini, con esposizioni e concerti, donazioni private e sovvenzioni fece sì che il progetto di restauro riuscisse a partire.
La prima fase del restauro, fino al 1994, consistette nello sgombero delle macerie. Nel 1996 era completata la ricostruzione della volta della cripta, nel 2002 tutti i lavori di assemblaggio, effettuati per lo più con materiali originali puntualmente repertoriati, per rendere all’edificio l’aspetto originario. Tutti gli elementi, anche le pitture murali irrimediabilmente perdute, sono il più possibile fedeli all’originale, grazie alle documentazioni dell’epoca. Da notare è poi la croce dorata che sovrasta la cupola, finanziata dai britannici in segno di riconciliazione.
La chiesa, terminata, è stata consacrata il 30 ottobre 2005 per essere completamente visibile ai turisti nel 2006, in occasione dell’800º anniversario della città. Questo edificio, anche secondo le intenzioni del governo tedesco, assume così la funzione di simbolo di pace e riconciliazione fra i popoli.
All’esterno sono riconoscibili i pezzi di muro originale utilizzati in quanto anneriti e di grana diversa dal resto. Intercettiamo anche una funzione religiosa con coro. L’interno è straordinariamente spettacolare.
Mentre giriamo per i negozi del centro prenoto la cena di stasera alla Pulverturm e quella di domani sera al Dresden 1900 Museumsgastronomie. Tanto per essere sicuri!
Le cose particolari di Dresda che meritano attenzione girando per i negozi sono almeno quattro.
Chi conosce le spade incrociate blu cobalto del famoso marchio della manifattura di porcellana di Meissen, dove la porcellana viene prodotta dal 1710, sa che è sinonimo di artigianato di alta qualità. La porcellana di Meissen è molto pregiata e amata dai collezionisti ma carissima. Guardare i pezzi esposti nel negozio e il loro prezzo ne dà l’idea!
Poi c’è la “Moravian Star”, o Herrnhuter Stern in tedesco, una stella di carta e cartone con una forma a 25 punte illuminata dall’interno con lampadina ed effetto di trasparenza. Le stelle sono ancora fatte a mano e sono diventate decorazioni natalizie popolari in molti luoghi in tutto il mondo. La volta scorsa in cui sono stata a Dresda era nel periodo natalizio e quasi ogni casa ne aveva appese all’esterno. Nei mercatini vendevano quelle artigianali, ma prezzi e difficoltà di trasporto mi hanno fatto rinunciare. Sono di solito bianche o rosse e veramente belle. Ne ho poi acquistata una in plastica in Italia in una nota catena tedesca, appesa e accesa fa comunque la sua figura.
Un’altra cosa che non si può non ammirare sono le lavorazioni in legno, sia natalizie che decorative e giocattoli, prodotte dagli artigiani dei Monti Metalliferi, dove l’intaglio e la tornitura del legno hanno una lunga tradizione. Quando l’industria mineraria tradizionale nei Monti Metalliferi (Erzgebirge) declinò, molti minatori si diedero alla lavorazione artistica del legno. Famosi, oltre ai lavori decorativi natalizi di grandi dimensioni con candele e luci, sono gli schiaccianoci di tutte le dimensioni. Diciamo che i negozi sono un po’ simili a quelli della Kathe Wohlfahrt che però ha molte più cose di arredo e decorazione.
Infine il Dresdner Stollen, conosciuto anche come Christstollen o Weihnachtsstollen, è un dolce che si prepara in tutta la Germania durante il periodo natalizio in diverse varianti, ma la sua origine è da rintracciare proprio nella città di Dresda in cui si hanno notizie di questo dolce dal 1474. Lo stollen è una pasta lievitata dolce, profumata da diverse spezie e arricchita con frutta candita, secca e mandorle tostate, dalla consistenza morbida simile al pane, ricoperta da una spolverata di zucchero a velo. Lo Stollen è coperto da indicazione geografica protetta e solo 150 fornai di Dresda ne producono la versione ufficiale. Anche questo dolce è presentato in diversi bei negozi specializzati con bellissime confezioni.
Dopo questa bella passeggiata andiamo a dare una prima occhiata al famoso Fürstenzug (Corteo di principi), il grande murale raffigurante una processione di tutti i regnanti di Sassonia. Venne dipinto tra il 1871 e il 1876 per celebrare l’800º anniversario dalla fondazione della Casata di Wettin, dinastia che regnò sulla Sassonia. A causa del fatto che era esposto agli eventi atmosferici sbiadì velocemente e venne rifatto, utilizzando circa 23.000 mattonelle di porcellana di Meissen, tra il 1904 e il 1907. Lungo 102 metri, è noto come la più grande opera d’arte in porcellana al mondo. Il murale mostra i ritratti di 35 margravi, Elettori, Duchi e Re della Casata di Wettin tra il 1127 e il 1904. Il Fürstenzug è stato realizzato sulla parete esterna dello Stallhof (Cortile delle scuderie) del castello di Dresda. Le tonalità sono dal grigio al senape e marrone ed è un vero spettacolo.
Passiamo davanti alla Residenz, il castello o palazzo reale (Dresdner Residenzschloss), costruito nel XVI secolo, che ospita cinque musei fra i quali le Grünes Gewölbe (Volte verdi) che, prima del furto avvenuto nel novembre 2019, conteneva la più grande collezione di gioielli in Europa. È uno degli edifici più antichi di Dresda. Per quasi 400 anni, fu la residenza dei sovrani (1547–1806) e dei re (1806–1918) della Sassonia della linea Albertina della Casa di Wettin. Entriamo nel bellissimo cortile coperto da una volta in vetro e prenotiamo l’ingresso alle Grünes Gewölbe per domattina. Si entra a numero chiuso su prenotazione, proprio per la massima sicurezza dopo il famoso furto.
Ci spostiamo allo Zwinger, uno dei principali monumenti della città. È un immenso complesso architettonico, palazzo con giardini, in stile barocco, costruito tra il 1709-1710 e il 1732-1733 per volere di Augusto II di Polonia detto il Forte (1670-1733). Il termine “Zwinger”, con cui è denominato il complesso significa all’incirca “fortificazione inframurale” (ovvero “fra le mura cittadine”) o “castello concentrico” e fa riferimento ad una preesistente fortezza medievale.
Il complesso, pressoché interamente ricostruito dopo le distruzioni dovute ai bombardamenti nel corso della seconda guerra mondiale, è considerato una delle massime espressioni dell’architettura barocca tedesca e fino al 2009 faceva parte – come il resto dei monumenti di Dresda e della Valle dell’Elba – del patrimonio dell’umanità dall’UNESCO (lista da cui la città è stata “depennata” dopo la costruzione in quell’anno di un nuovo ponte sull’Elba).
Anche qui grandi lavori in corso in tutto il grandissimo giardino interno. Non vediamo i musei incorporati (quello delle porcellane sarebbe imperdibile) ma facciamo il giro di tutte le mura con visioni molto suggestive vista anche l’ora del crepuscolo. Riusciamo a vedere un po’ di traverso il famoso Glockenspielpavillon (“Padiglione del carillon”) che prende l’attuale nome dal carillon formato da 40 campane in porcellana di Meissen, che suona ogni ora melodie di Antonio Vivaldi o Carl Maria von Weber. Riusciamo a sentirlo. Passiamo anche accanto alla “Porta della corona” che costituisce l’entrata principale allo Zwinger ed è diventata uno dei simboli di Dresda per l’enorme corona verde brillante e oro sostenuta da quattro aquile da cui è sormontata. Scendiamo in vicinanza del Semperoper, il teatro dell’opera di Dresda che deve il suo nome all’architetto Gottfried Semper che progettò l’edificio. Si tratta di una delle costruzioni più prestigiose della Sassonia ed è una nota sede teatrale nella quale vengono rappresentate la maggior parte delle opere liriche. Il terzo piano in rientranza si affaccia sulla piazza antistante con la sua particolare forma tondeggiante e sul portale, domina la facciata una vistosa quadriga di pantere. L’effetto è veramente suggestivo.
Siamo veramente esausti, camminato un sacco e visto un sacco di cose, ci buttiamo a cena scendendo le scale della Pulverturm, ristorante caratteristico con spiedo a vista di maiale intero e personale in costume. Gira fra i tavoli anche la maitresse del palazzo reale! Mangiamo benissimo e ci riprendiamo dalle fatiche.
Tornando a riprendere il tram per la stazione diamo un’occhiata al Fürstenzug in notturna con la pallida illuminazione che lo rende ancora più suggestivo e sembra quasi che i principi si muovano e ci vengano incontro. Osserviamo incantati anche il teatro Semperoper e la “veduta del Canaletto” in notturna: strepitosi.
Recuperiamo i trolley in stazione e finalmente siamo in camera. Qui si vede Rainews24 così ci facciamo qualche notizia. Prima di crollare.
Giorno 5 – Dresda
Sveglia sempre presto, colazione ottima e ambiente veramente confortevole. Direi ancora meglio di quello di Berlino. Digerito il problema del deposito valigia partiamo a fare il biglietto per il tram giornaliero e prendiamo di nuovo il n.10 ma scendiamo alla fine del ponte. Arriviamo a piedi fino alla brillantissima statua equestre dorata di Federico Augusto II il Forte (Dresda 1660-Varsavia 1733), uno dei simboli della città. La statua mostra questo re vestito da imperatore romano e si eleva all’inizio della Hauptstrasse, il viale pedonale nella zona nuova della città, Neustadt, e alla fine del ponte di Augusto. Augusto il Forte è stato responsabile di diversi e famosi edifici della città come il palazzo dello Zwinger.
Da lì percorriamo a piedi il ponte di Augusto verso la città vecchia per apprezzare quello che viene definita “La veduta del Canaletto). Infatti il pittore italiano Bernardo Bellotto (detto il Canaletto) ha trascorso 17 anni a Dresda e ha dipinto molte vedute di questa città, chiamata all’epoca “la Firenze sull’Elba”. Ovviamente foto varie e arriviamo all’ingresso del Museo giusto in tempo per fare “spogliarello” completo (ci sono gli armadietti) in quanto bisogna entrare senza niente e non si può neppure fotografare. Peccato! Per fortuna c’è una meravigliosa audioguida in italiano e così ci godiamo lo spettacolo del museo Grünes Gewölbe.
Il museo venne fondato da August der Starke (Augusto II il Forte) nel 1723 per contenere i gioielli della corona sassone che spaziano dal barocco al neoclassicismo. Il nome è dovuto al fatto che la stanza è dipinta di verde. Il museo è stato riaperto dopo un lungo restauro il 1º settembre 2006 e si compone di nove sale, ciascuna delle quali ha un tema specifico a cui sono legati i gioielli esposti.
Lo storico Grünes Gewölbe consiste di 9 sale e un’entrata:
- La Vorgewölbe con lo studio di Martin Lutero
- La Bernsteinkabinett con lavori e prodotti artistici in ambra.
- La Elfenbeinzimmer con molte statue in avorio.
- La Weißsilberzimmer, con prodotti di gioielleria in argento
- La Silbervergoldetes Zimmer, con prodotti di gioielleria in oro e argento
- La Pretiosensaal, caratterizzata dalla presenza di specchi a mercurio.
- La Wappenzimmer, con la collezione di stemmi reali realizzati in materiali preziosi
- La Juwelenzimmer, con la collezione di gioielli
- La Bronzezimmer, con sculture in bronzo e gioielli
- La Raum der Renaissancebronzen, con sculture di epoca rinascimentale
Una sala più wow dell’altra! Fra i pezzi più significativi il Mohr mit Smaragdstufe (Moro con piatto di smeraldi), creato da Balthasar Permoser nel 1724. La statua, alta 64 centimetri, si presenta riccamente decorata con pietre preziose e gioielli. Poi il Diamante verde di Dresda, un brillante verde di 41 carati, il cui colore verde è unico dal momento che deriva da una sua radiazione naturale. Altro diamante è il Sächsische Weiße (Sassone bianco), di 48 carati. Unico è anche un enorme zaffiro, regalo dello zar Pietro I il Grande di Russia.
Nel percorso viene anche illustrato il famoso furto che la galleria subì nel 2019.
Riprendiamo il tram e andiamo nella parte nuova della città a cercare il Kunsthof Passage nel quartiere studentesco famoso per il Funnel Wall (in italiano “muro imbuto”), ovvero un palazzo in grado di suonare un’insolita melodia nelle giornate piovose. La facciata dell’edificio è infatti ricoperta da curiose grondaie costituite da tubi ed imbuti a forma di strumenti musicali, arrotolati e piegati in modo tale da produrre musica durante il passaggio dell’acqua al loro interno.
Il Kunsthofpassage è diventato nel tempo una sorta di galleria a cielo aperto e, oltre al “Palazzo che suona”, ci sono altre opere d’arte, dislocate tra 5 diversi cortili: il Cortile degli Elementi che nasce dal progetto e dal lavoro dei 3 artisti Christoph Rossner, Andre Tempel e Annette Paul ed è un edificio dalla facciata gialla decorato con lastre in alluminio dorate che riflettono la luce dei raggi solari; il Cortile degli Animali: la facciata di un intero palazzo è colorata di verde e decorata in rilievo con giraffe, scimmie e gru. Inoltre i balconi dell’edificio sono realizzati in vimini; il Cortile delle Luci: lo spazio, molto cupo, è stato illuminato con specchi che riflettono i raggi del sole e producono diverse sfumature colorate.
All’interno dei cortili piccoli locali e negozietti molto originali.
Nella città nuova si cela anche la Pfunds Molkerei, in Bautzner Straße 79, una latteria considerata la più bella al mondo! Ahimè anche questa volta non siamo riusciti a vederla! Pare sia caratterizzata da antiche e preziose piastrelle e offre una vasta degustazione di formaggi italiani, francesi e tedeschi. Inoltre anticamente era presente una fontanella da cui sgorgava il latte. Lo annoto per mia memoria sperando di tornare e trovarla!
Torniamo in centro sempre col tram e ci facciamo un lungo giro in un centro commerciale cercando informazioni turistiche che non troviamo. Alla fine però un gentile addetto del centro commerciale ci dà le dritte che ci servono e partiamo ancora con un altro tram per un giro lunghetto per raggiungere il Loschwitzer Brücke, un ponte a traliccio che attraversa il fiume Elba collegando i quartieri Blasewitz e Loschwitz. Il ponte è anche chiamato Blue Wonder Bridge o Blaues Wunder cioè “meraviglia blu”. Lungo 150 metri senza l’ausilio di pilastri, per l’epoca una costruzione spettacolare. Dopo un periodo di costruzione durato due anni, il ponte fu completato nel 1893 al costo di 2,25 milioni di marchi d’oro (equivalenti a 13 milioni di euro del 2009) e chiamato König-Albert-Brücke in onore del re Alberto di Sassonia. Fino all’apertura del Waldschlösschenbrücke, il 26 agosto 2013, era l’unico ponte che attraversasse l’Elba ad est di Dresda. Dà accesso ad una zona collinare residenziale immersa nel verde con bellissime ville e anche una cremagliera che porta in cima al colle che sovrasta il ponte. Dal ponte si vedono anche alcuni castelli e un lungo tratto di fiume costeggiato da belle passeggiate nel verde. Veramente un luogo suggestivo d’altri tempi. Lo percorriamo tutto a piedi e al ritorno ci facciamo una bella merenda in una pasticceria (con cameriere italiano) con ricche fette di Stollen e succo di rabarbaro.
Torniamo col tram, ultimo giro in centro mentre si accendono le luci, Dresda è proprio bella Andiamo finalmente a cena al Dresden 1900, molto caratteristico, c’è pure un intero tram all’interno. Mangiamo molto bene, gulasch, wurstel, patate, insalata di cetrioli, arrosto con cavolo rosso, tutto buonissimo e servizio gentile. E’ pieno di gente e c’è allegria diffusa. Unica cosa al solito poca luce e tocca usare la torcia per leggere il menu. Sarà per fare atmosfera ma non mi piace.
Torniamo per l’ultima volta al Semperoper a prendere il tram e a letto.
Giorno 6 – Rientro a Berlino
Colazione, check out e stazione. Si ritorna a Berlino. Treno in orario e mezzo vuoto. Averlo saputo ci potevamo risparmiare la prenotazione dei posti, ma non era possibile! Arrivati a Berlino dobbiamo lasciare le valigie nei box del Meininger (solito check in alle 15) per 3 euro a trolley. Ripartiamo, biglietto metro e con la U5, la nostra preferita, andiamo direttamente alla fermata Museum Insel per visitare il duomo. C’è il sole e un sacco di gente in giro. Entriamo pagando il biglietto, poi attesa perché c’è una funzione in corso. Si sale fino alla cupola con bella vista e vediamo le famose tombe della famiglia reale degli Hohenzollern.
Usciti raggiungiamo il vicino giardino con le due famose statue di Marx e Engels. Dopo un po’ di riposo in panchina fronte statue, riprendiamo la strada passando sotto un ponte ahimè adibito a barboni/homeless un po’ inquietante e arriviamo al museo della DDR sulla riva della Sprea. L’avevo visitato ma lo rivedo volentieri perché è piuttosto interessante. È pieno di gente e gli spazi sono stretti e si gira un po’ a fatica.
Usciti altri due passi nell’Unter den Linden e poi metro con un paio di cambi U/S indaginosi e arriviamo alla KuDamm per vedere la Kaiser-Wilhelm-Gedächtniskirche (Chiesa commemorativa dell’Imperatore Guglielmo) nel quartiere di Charlottenburg. La chiesa originale venne costruita nel 1890, ma fu gravemente danneggiata in un bombardamento nel 1943. L’edificio originario non è più stato ricostruito, ma è stato affiancato da architetture moderne costruite tra il 1959 e il 1963: il contrasto tra le rovine antiche e la parte moderna è una testimonianza degli orrori della seconda guerra mondiale. La chiesa si trova al centro di Breitscheidplatz, segna l’inizio delle due strade commerciali più importanti della Berlino ovest, il Kurfürstendamm e la Tauentzienstraße.
La nuova chiesa ha le pareti costituite da un nido d’ape in cemento contenente 21.292 inserti di vetro colorato, realizzati dal maestro vetraio francese Gabriel Loire, ispirato dai colori dei vetri della Cattedrale di Chartres. Il colore predominante del vetro è il blu. Da fuori l’edificio non è certo né bello né invitante ma all’interno è spettacolare per effetto dei vetri colorati e dell’enorme Cristo dorato appeso all’interno. Dal lato destro della chiesa memoriale sorge, con la stessa struttura a nido d’ape della chiesa nuova, la torre campanaria, a base esagonale di 12 metri di diametro e alta 53,5 metri. Attualmente è in restauro. All’interno sono collocate sei campane realizzate con il bronzo dei cannoni francesi, bottino della guerra franco-prussiana del 1870-1871.
Nella parte vecchia, precisamente nella base della torre rimasta come rovina, trova collocazione il Gedenkhalle (Memoriale), una sorta di museo della chiesa. Qui si trovano documenti storici della chiesa, alcuni dei mosaici contenuti nell’edificio ed è visitabile gratuitamente e veramente suggestivo.
Camminiamo lungo la Tauentzienstraße per andare a vedere la scultura “Berlin” realizzata nel 1987 da Brigitte Matschinsky-Denninghoff e Martin Matschinsky e posta nel divisorio centrale fra le corsie della strada. La posizione quindi è abbastanza infelice ma ha come sfondo prospettico la Gedächtniskirche, che viene incorniciata dalla scultura e quindi è molto fotografata.
La scultura è costituita da quattro grandi tubi in acciaio al nichel-cromo intrecciati senza toccarsi e spezzati, e rappresenta le due metà di Berlino – allora divise dal Muro – contemporaneamente unite e separate, vicinanza e nello stesso tempo isolamento.
Ci godiamo anche un po’ di negozi e arriviamo in mezzo a un bagno di folla (è sabato pomeriggio) al famoso KaDeWe, acronimo di Kaufhaus des Westens (grande magazzino dell’ovest), un grande magazzino con un assortimento sofisticato e di lusso, fondato da Adolf Jandorf ed inaugurato il 27 marzo 1907. Si trova nella Tauentzienstraße all’angolo con Wittenbergplatz, ed è il grande magazzino più famoso di tutta la Germania.
Nel corso della sua storia travagliata è stato ampliato e restaurato più volte; si sono susseguite 5 diverse società madri (dal febbraio 1994 appartiene a Karstadt) e durante la seconda guerra mondiale è stato distrutto da un incendio. Oggi il KaDeWe, con i suoi 60.000 metri quadrati di superficie di vendita, è il grande magazzino più esteso dell’Europa continentale. Il reparto delle specialità gastronomiche costruito negli anni ’20, il cosiddetto “Feinschmeckeretage”, è particolarmente rinomato: a seguito dell’ampliamento del 1978 è il secondo reparto di generi alimentari più grande di tutti i centri commerciali del mondo.
Particolarmente rinomati sono appunto il sesto e settimo piano, con una enorme offerta di prelibatezze da tutto il mondo e punti di ristoro esclusivi. È il più grande reparto dedicato alle specialità gastronomiche in Europa. Coi suoi più di mille posti a sedere, questo reparto del KaDeWe è anche il più grande ristorante della città. Dalla fine degli anni ’80, il commerciante e gourmet Norbert Könnecke gestisce il reparto della gastronomia del KaDeWe.
Saliamo all’ultimo piano dove c’è il bar-ristorante self service con i posti a sedere proprio sotto l’iconica cupola di vetro affacciata sulla città. Decidiamo di cenare e scopriamo che una parte del buffet si paga a peso (ci fa strano, mangiavamo così in Brasile).
Tutto squisito e si riparte con un po’ di cambi per tornare in stazione e vedere di riposarci un po’!
Recuperiamo le valigie e facciamo check in e finalmente ci si stende. Anche oggi giornata strapiena!
Giorno 7 – Berlino
Colazione al solito alle 7 e con calma, dopo il solito biglietto giornaliero dei mezzi, ci muoviamo verso la zona del Museo Ebraico (in tedesco Jüdisches Museum Berlin), il più grande museo ebraico in Europa.
Per raggiungerlo dalla fermata della metro si percorre un’area pedonale tra Mehringplatz e Friederichstrasse dove è allestito il Path of Visionaries, il ‘sentiero dei visionari’, una passeggiata lungo la quale i paesi membri dell’Unione Europea sono rappresentati da pannelli a terra con citazioni di personalità illustri (per l’Italia è riportata una frase di Giuseppe Mazzini). Interessante il sito dove si trovano tutte le frasi di tutti gli stati. È un’iniziativa molto interessante.
Arriviamo al museo. Avevo prenotato ieri l’ingresso per le 10 con procedura un po’ complessa online, tocca sempre registrarsi etc, ma almeno mi sono arrivati per mail i biglietti gratuiti. Entriamo. Io l’avevo già visto e mi aveva colpito. Niente a che vedere con lo Yad Vashem di Gerusalemme che è un luogo che lascia un segno indelebile, anche perché questo è centrato su esperienza ben diversa da ciò che abbiamo in mente come museo, cioè dove si va a vedere qualcosa. Qui si va più che altro a vivere un’esperienza.
È composto da due edifici, uno dei quali è un ampliamento appositamente progettato dall’architetto Daniel Libeskind; una collezione permanente ed esposizioni temporanee raccontano la storia degli ebrei in Germania. Libeskind ha battezzato il suo progetto between the lines (tra le linee) e nei punti in cui le linee si intersecano si formano spazi vuoti detti voids, che attraversano l’intera costruzione del museo e ne sono concettualmente l’elemento strutturale centrale.
Visto dall’alto, l’edificio ha la forma di una linea a zig-zag, e per questa ragione è stato soprannominato blitz (fulmine in tedesco). La forma dell’edificio ricorda una stella di David destrutturata. L’edificio è interamente ricoperto da lastre di zinco-titanio
Il museo non ha un ingresso diretto dalla strada, ma vi si accede dall’adiacente Berlin-Museum. Una scala e un sentiero sotterraneo collegano i due edifici, questo a simboleggiare quanto la storia ebraica e quella tedesca siano collegate e connesse fra loro. La scala conduce ad un sotterraneo, composto di tre corridoi, denominati assi che simboleggiano i diversi destini del popolo ebraico: l’asse dell’Olocausto conduce ad una torre che è stata lasciata vuota, denominata la Torre dell’Olocausto; l’asse dell’Esilio conduce ad un giardino quadrato esterno, denominato Giardino dell’Esilio, racchiuso fra 49 colonne; l’asse della continuità, collegato agli altri due corridoi, che rappresenta il permanere degli ebrei in Germania nonostante l’Olocausto e l’Esilio. Questo asse conduce ad una scala, lunghissima e di grande effetto, che a sua volta conduce alla costruzione principale. L’entrata al museo è stata intenzionalmente resa difficile e lunga, per infondere nel visitatore le sensazioni di sfida e di difficoltà che sono distintive della storia ebraica.
Una delle cose più suggestive è l’installazione “Shalechet – Foglie cadute” dell’artista israeliano Menashe Kadishman che ha dedicato quest’opera a tutte le vittime della guerra e della violenza. 10 000 volti in acciaio punzonato sono distribuiti sul pavimento dello Spazio Vuoto della Memoria (Memory Void), l’unico void dell’edificio di Libeskind in cui è possibile entrare. L’artista israeliano Menashe Kadishman ha dedicato la sua opera non soltanto alle vittime della Shoah, ma a tutte le vittime di guerra e violenze. I visitatori sono invitati a camminare sui volti e ad ascoltare il fragore prodotto dalle lastre di metallo che sbattono l’una contro l’altra e contro le persone che passano. Il frastuono e l’angoscia per tutti quei morti fanno desiderare di uscire al più presto dalla sala, senza poter smettere di calpestare le teste delle vittime della Shoah. E’ un’esperienza inquietante che non si dimentica.
Infine ci si ritrova nello spazio aperto ma coperto della caffetteria nel “Cortile di vetro” affacciato sul giardino del museo.
Caffè e si riparte a piedi verso il Checkpoint Charlie. Un must di Berlino. Il Checkpoint Charlie era un importante posto di blocco situato a Berlino tra il settore sovietico e quello statunitense. Situato sulla Friedrichstraße, all’altezza dell’incrocio con Zimmerstraße, collegava il quartiere sovietico di Mitte con quello statunitense di Kreuzberg.
Venne istituito nell’agosto del 1961 in seguito alla costruzione del muro di Berlino per permettere il transito del personale militare delle forze alleate, del personale militare sovietico di collegamento e di quello diplomatico e dei visitatori stranieri.
Dopo la riunificazione il punto di controllo venne rimosso. In data 13 agosto 2000 venne inaugurata la ricostruzione fedele della prima cabina di controllo americana divenuta in breve tempo un punto di grande richiamo turistico. Il Museo del Muro si trova a pochi metri dal Checkpoint. Nota in tutto il mondo è la foto del giovane agente del pronto intervento Conrad Schumann, che il 15 agosto 1961 saltò le protezioni di filo spinato ed entrò nel settore francese liberandosi del mitra.
Un ampio sentiero in mezzo a un bel prato sul lato meridionale della via testimonia ancora il vecchio tracciato del Muro, il cui percorso nei tratti dove non c’è più è sostituito da una doppia fila di pali, praticamente una lunga passeggiata con varie installazioni informative e foto che porta al centro visitatori. Ci fermiamo anche alla Kapelle der Versöhnung (Cappella della Riconciliazione) in fango e paglia, molto particolare, sorta al posto della distrutta Versöhnungskirche. Le cose che riguardano il muro da vedere a Berlino sono parecchie, questa a mio avviso è forse la più completa e interessante.
Si riparte decisi ad una sosta e andiamo alla Cioccolateria “Rausch Schokoladenhaus”, che pare sia, con i suoi oltre 1500 metri quadrati su tre piani, la più grande del mondo e si affaccia sulla piazza del Gendarmenmarkt.
Più di 250 creazioni al cioccolato nella vetrina di praline più lunga del mondo (tutti questi primati li vendo come li ho trovati in internet ovviamente), oltre a incredibili capolavori creati con oltre 1.000 kg di cioccolato, ad esempio tutti i principali monumenti della città di enormi dimensioni realizzati col cioccolato.
Saliamo al caffè, facciamo un po’ di coda per sederci e goderci la splendida vista sulla Gendarmenmarkt gustando una tortina e una cioccolata calda scegliendo anche % di cacao e provenienza. Io che non amo la cioccolata calda mi faccio una tortina alla frutta e uno scenografico bicchierone freddo di caffè al cioccolato con panna. Da urlo.
Usciamo a malincuore per farci un giro nella Gendarmerplatz, ancora in lavorazione da più di due anni, anche se in parte già percorribile, sulla quale si affacciano le chiese gemelle del Deutscher Dom e Französischer Dom, nonché il Konzerthaus. La piazza, che ospita anche la statua di Schiller, è considerata una delle più belle di Berlino per l’armonia dei suoi monumenti. Federico I destinò la piazza alla costruzione di una chiesa per ciascuna delle due comunità religiose, luterana e francese riformata. Le due chiese vennero edificate a partire dal 1701 e sono identiche, separate dal teatro, anch’esso attualmente in restauro. L’ho vista anni fa integra e con il mercatino di Natale che vi si svolge, il più elegante dei numerosissimi mercatini di Berlino, e me la ricordo veramente bella.
Da lì a piedi raggiungiamo la Bebelplatz, prospiciente l’Unter den Linden. Il 10 maggio 1933 proprio qui, nel centro di Berlino, allo scoccare della mezzanotte, migliaia di libri vennero dati alle fiamme. I membri dell’Unione studentesca nazionalsocialista tedesca gettarono nel fuoco importanti opere della letteratura mondiale in un grande rogo. Vennero bruciate opere di autori come Heinrich e Thomas Mann, Erich Kästner, Stefan Zweig, Heinrich Heine, Karl Marx e Kurt Tucholsky. Molti degli scrittori criticati come decadenti e antitedeschi avevano già lasciato la Germania ed erano andati in esilio. Joseph Goebbels proclamava: l’uomo tedesco del futuro non sarà più un uomo fatto di libri, ma un uomo di carattere.
Nel centro della piazza, circondata da bellissimi e importanti edifici, fra cui la Cattedrale di Sant’Edvige e la biblioteca reale, si trovano le targhe che ricordano la terribile notte e una parte del pavimento è trasparente e lascia vedere simbolici ripiani di biblioteca bianchi e vuoti. Facciamo un momento di meditazione e proseguiamo verso la Neue Wache, con grande edificio con colonnato in stile neoclassico, che si vede dall’altra parte di Unter den Linden. Fu fatto erigere da Federico Guglielmo III di Prussia tra il 1816 ed il 1818 come sede della Guardia reale e come monumento ai soldati tedeschi morti poco prima durante le guerre contro Napoleone. È sempre stato considerato come un mausoleo-monumento al Milite Ignoto con diverse attribuzioni a seconda dei periodi storici. Entriamo a vedere la suggestiva statua “La Pietà Laica” della celebre artista Käthe Kollwitz che spicca al centro vuoto della Neue Wache. La statua, scolpita nel 1937, mostra una donna con in braccio il figlio adulto morto ed è una chiara rappresentazione dell’universalità del dolore. Una luce fioca e dei fiori contribuiscono alla suggestione.
Proseguiamo verso l’isola dei musei e andiamo a riprendere la metro verso il Rotes Rathaus, il municipio della città di Berlino. È la sede del sindaco e del governo della città-stato di Berlino. Il municipio fu costruito tra il 1861 e il 1869 da Hermann Friedrich Wäsemann nello stile Rinascimentale dell’Italia settentrionale, ispirandosi in particolare alle città di Ferrara e Bologna dove era fatto molto uso del cotto e dei mattoni rossi. A piedi raggiungiamo il Nikolaiviertel che prende il nome dalla Nikolaikirche. La struttura originaria risale al 1230 circa. Distrutta e ricostruita in più fasi oggi la chiesa, sconsacrata, è adibita a museo ed è riconoscibile per le due torri gotiche acute. Nelle stradine pedonali negozietti e aria medievale. Il quartiere si affaccia con una bella piazzetta direttamente sulla Sprea.
Davanti alla chiesa la fontana dello stemma (Wappenbrunnen) che ha un grande orso con lo stemma di Berlino e che commemora la fondazione della città. Di fronte alla fontana uno storico negozietto di orsi di peluche di tutte le dimensioni. Ci fermiamo a cenare alla birreria Brauhaus Georgbräu affacciata sulla sponda della Sprea con tipica cucina tedesca e ottima birra.
Torniamo alla U5 alla fermata Rotes Rathaus diretti alla stazione e a letto.
Giorno 8 – Berlino e rientro in Italia
Colazione, check out e lasciamo i trolley sempre a pagamento nei box. Biglietto metro oggi per le zone ABC visto che ci deve servire anche per andare in aeroporto. Chiediamo gli orari e i treni al punto informazione DB molto comodo e ci danno una stampata degli orari del pomeriggio (abbiamo il volo di rientro alle 21.00).
Ci fermiamo al negozio Depot della stazione per un po’ di acquisti di cose per la casa molto carine e poi partiamo per andare all’Humboldt Forum. Per prima cosa ci guardiamo lo shop veramente mitico. Poi la terrazza (a pagamento per 5€) che merita per la bellissima vista a 360 gradi sulla città. Il tempo oggi non è il massimo e fa freschino ma vale la pena.
Lasciamo tutte le nostre cose negli armadietti e liberamente si visitano numerose sezioni fra cui la nostra preferita (già vista con attacco da sindrome di Stendhal per la magnificenza), quella di arte asiatica. Una collezione straordinaria. Qui ci si chiede quanto sia confortante che tante cose così importanti siano offerte in gratuità. Ad esempio il Reichstag, il museo giudaico, questo incredibile complesso museale, la filarmonica di Amburgo e non ultimo l’accesso libero da qualsiasi tornello (ovviamente con biglietto) a tutti i mezzi di trasporto nelle tre città che abbiamo visitato, cosa che fa sentire liberi di “usare” le città.
L’Humboldt Forum, inaugurato il 16 dicembre 2020 e aperto al pubblico il 21 luglio 2021, completa l’offerta culturale dell’adiacente Isola dei musei proponendosi come museo universale.
Il complesso unisce gli esterni barocchi del castello di Berlino agli interni moderni progettati dall’architetto italiano Franco Stella. Il forum riunisce le collezioni di due musei precedenti, il Museo Etnologico di Berlino e il Museo di arte asiatica.
I beni artistici e culturali custoditi nel Museum für Asiatische Kunst sono tanto vari quanto diverse sono le culture asiatiche stesse: si tratta di una delle collezioni più importanti a livello mondiale di opere d’arte originarie dell’area culturale indo-asiatica e riconducibili ad un arco temporale compreso fra il quarto millennio prima di Cristo e il presente. Protagoniste dell’esposizione sono la scultura indiana delle origini e l’arte e la cultura della Via della Seta, così come l’arte sacra cinese, giapponese e coreana.
Un’attenzione particolare merita la “collezione Turfan”, nota in tutto il mondo, che prende il nome dalla prima delle quattro spedizioni reali prussiane sulla Via della Seta settentrionale (oggi Xinjiang, Repubblica Popolare Cinese) svoltasi fra il 1902 e il 1914: cuore dell’esposizione è la riproduzione di un tempio rupestre in dimensioni originali, ovvero la grotta Kizil 123, chiamata anche “grotta delle colombe che portano l’anello”, decorata con dipinti murali originali. Si rimane a bocca aperta.
E poi la casa del tè giapponese di epoca contemporanea illustra invece rituali come la cerimonia del tè: comprende una stanza per la preparazione e una stanza principale con camino, in cui può svolgersi la cerimonia del tè. Si può assistere ad un filmato completo del tradizionale rito del tè giapponese.
Anche qui i pezzi più importanti sono riprodotti in piccole dimensioni, trasformate in “opere tattili” con la descrizione in braille per gli ipovedenti. E così anche numerose chiese e monumenti. Provo sempre a toccare le riproduzioni e provare a ricostruirne l’immagine attraverso il tatto. Certo una cosa molto utile, ma che fortuna poter vedere!
Usciamo come sempre a malincuore da questa struttura estremamente affascinante anche architettonicamente. Ci si sente in un luogo dove poter stare ore e ore come essere a casa. Ti resta nel cuore.
E dopo queste meraviglie ci spostiamo alla Ritter Sport Colorful Chocolate World nella Französische Strasse. Assaggiamo, compriamo, ma stavolta non ci facciamo fare la cioccolata personalizzata, c’è troppa coda. Proseguiamo, un’occhiata ai negozi dell’Ampelmann, l’omino del semaforo simbolo di Berlino, e dirigiamo spediti a fare un giro da Dussmann das KulturKaufhaus, un luogo unico che offre non solo libri, film e design, ma anche una vasta gamma di eventi. Qui l’inverosimile su cinque piani e 7.500 metri quadrati, il tutto con orari di apertura particolarmente lunghi, fino alle 24!
Situato direttamente alla stazione di Friedrichstraße, è dedicato non solo ai lettori di lingua tedesca: ma c’è anche un’ampia sezione di letteratura in lingua inglese e, naturalmente, libri in altre lingue, italiano compreso. Troverete tutti i generi che cercate: dalle guide ai romanzi, ai libri per bambini e giovani adulti, ai libri specialistici e di saggistica e una sezione calendari dell’avvento e non infinita. Non solo la selezione di libri è inesauribile, anche l’offerta di musica è impareggiabile. Ci sono tutti: Bach, Mozart e Wagner, Tchaikovsky, Chopin e Rubinstein. Non a caso si chiama “Il grande magazzino culturale” e ha il più grande reparto di musica classica del mondo. Ma anche gli appassionati di jazz, pop e world music troveranno ciò che cercano nei reparti del negozio. Ci sono anche più di 10.000 cartoline e 18.000 documentari, film e serie da tutto il mondo, sia in loco che online. È presente anche un’ampia selezione di audiolibri, spartiti, articoli da regalo e cancelleria.
Infine il pazzesco bar, in fondo alla sala d’ingresso, con la parete alta 5 piani tutta vegetazione e acqua che scorre e si raggiunge scendendo alcuni gradini, a dir poco da sogno sedersi a riposare storditi da ciò che si è visto. E il verde della parete che contrasta col rosso prevalente di tutta la libreria è vitale e accattivante. Non si uscirebbe più!
Dopo questo bagno di cultura con un paio di cambi ci buttiamo finalmente all’Ansinth Depot, nella Weinmeisterstraße, per fare l’ultima “trasgressione” prima di tornare a casa. Locale minuscolo con pochi posti a sedere ed interamente dedicato all’assenzio, di ogni tipo e qualità. Un posto decisamente “strano”. Van Gogh, Toulouse-Lautrec e Oscar Wilde erano alcuni degli artisti fin-de-siècle che si lasciarono ispirare dalla “fatina verde”, come viene spesso chiamato l’assenzio. Questo piccolo negozietto pittoresco vende più di 100 qualità di questo potente liquore, l’ingresso è sovrastato dall’enorme insegna “Absinth” che sembra ricordare una Berlino d’altri tempi. Infatti la storia di Absinthdepot Berlin inizia ben prima della caduta del Muro. Tradizionalmente l’assenzio veniva consumato con una zolletta di zucchero posata su un cucchiaio forato, sopra la zolletta viene versata dell’acqua ghiacciata. Viene così creato l’effetto detto louche, i componenti del liquore che non sono solubili in acqua emergono e rendono la bevanda opaca e lattiginosa.
Il rituale di preparazione dell’Assenzio è un processo affascinante che risale al XIX secolo e richiede del tempo e attenzione. Il gestore del locale ce lo prepara infatti con lentezza utilizzando una specie di alambicco da cui esce l’acqua fredda e delle palette decorate traforate su cui posare la zolletta. Un calice alla volta e ci mette un po’ di tempo. In effetti non ci pare un granché. L’avevamo sentito un’altra volta e ci era sembrato più buono. Siccome sa di anice ricorda abbastanza il pernod.
Torniamo in albergo, riprendiamo i trolley, ci diamo una sistemata e andiamo a prendere il treno per l’aeroporto.
In aeroporto tutto regolare, volo in orario, ci facciamo un ultimo curriwurst più caro e meno buono (ma già siamo in aeroporto!) e si parte in orario perfetto.
Ciao ciao Berlino. Chissà se ci sarà un’ottava volta…. sento già un po’ di nostalgia.