Sicilia, terra dei tre mari
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SABATO 10 AGOSTO
Anche quest’anno, se Dio vuole, sono arrivate le ferie estive e in piena sintonia con la crisi economica, ma anche con le esigenze del nostro piccolo Leo (tre anni), resteremo nel Bel Paese e andremo, in camper, alla scoperta della Sicilia: la più vasta isola del Mediterraneo, nonché la più estesa regione italiana, con i suoi oltre 25.000 chilometri quadrati. Dopo una torrida settimana di solleone questa notte è piovuto, di conseguenza la temperatura si è notevolmente abbassata… e ciò non ci dispiace visti i tanti chilometri da percorrere per giungere a destinazione. Ci svegliamo di buonora e, mentre Federico (ormai adulto) dà una mano per gli ultimi preparativi, il bimbo è carico a mille e alle 8:30 è già seduto sul suo seggiolino pronto a partire… Peccato ci siano da sistemare ancora diverse cose, che non ci permettono di prendere il via prima delle 9:00. In compenso dopo neanche due chilometri afferma di essere stanco … poi guarda con quell’aria un po’ furbetta e dice: “scherzavo!”. Oggi, per quanto riguarda il traffico, è una giornata da innegabile bollino rosso, però tutto procede al meglio e intorno alle 10:00 siamo già a Pesaro … Come non detto: mezzora più tardi siamo fermi in coda e ad Ancona Nord sono le 11:40! Adesso stiamo procedendo spediti come un bradipo! A Porto Sant’Elpidio infatti affrontiamo un’altro ingorgo e poco dopo, alle 12:40, ci fermiamo in un’area di servizio per pranzare, mentre da questa mattina abbiamo percorso la miseria di circa duecento chilometri! Ripartiamo dopo poco più di un’ora, alle 13:50, con il traffico che sembra essere un po’ più scorrevole, così alle 14:40 siamo a Pescara. Da qui in avanti poi il flusso di automezzi si può considerare nella normalità, ma l’Abruzzo, il Molise e la Puglia sono interminabili e impieghiamo altre tre ore per giungere a Bari. Continuando a macinar chilometri conquistiamo anche la fine dell’Autostrada Adriatica, con la sgradevole sagoma dei vasti insediamenti industriali di Taranto all’orizzonte e da lì prendiamo a seguire la Statale Ionica, che si dipana parallelamente alla costa della Basilicata. In questo modo guadagniamo anche le prime propaggini della Calabria, mentre montano grossi nuvoloni e addirittura piove forte quando, intorno alle 19:30, arriviamo nell’area camper della località di Trebisacce, dove passeremo questa prima notte di vacanza.
DOMENICA 11 AGOSTO
Riprende alle 8:40 il lungo viaggio verso la Sicilia. Seguiamo per un breve tratto ancora la Statale Ionica e poi andiamo verso l’interno per intercettare il corso dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. La principale arteria calabra, nonostante la pessima fama, è scorrevole e un quarto d’ora prima delle 10:00 transitiamo nei pressi di Cosenza, poi dopo una sosta all’area di servizio Rosarno Ovest per acquistare preventivamente i biglietti del traghetto Caronte & Tourist, intorno alle 11:00 siamo a Villa San Giovanni, con di fronte a noi le coste della Sicilia e Leonardo galvanizzato dall’idea di salire sull’imbarcazione che vi ci farà approdare. L’attesa per fortuna è breve, non tanto per lo stress di dover aspettare materialmente, quanto per l’impazienza del piccolo, che sarebbe stato insopportabile. L’attraversata poi è altrettanto concisa e sbarchiamo a Messina alle 12:50. Imbocchiamo poi l’autostrada A18 in direzione Catania e alla prima area di servizio ci fermiamo a pranzare. Riprendiamo strada alle 14:30 e meno di un’ora più tardi siamo all’area camper Europarking di Giardini Naxos. Aspettiamo che Leonardo completi il suo riposino pomeridiano e dopo una rinfrescante doccia ci dedichiamo alla prima visita ufficiale del viaggio: quella alla nota località di Taormina. La più mondana cittadina della Sicilia, della quale fu addirittura capoluogo in epoca bizantina, è un delizioso borgo medioevale, adagiato sulle pendici del Monte Tauro, a brevissima distanza dalle coste del Mar Ionio, che offre uno dei più suggestivi panorami dell’isola: non per niente Goethe la definì “Il più grande capolavoro dell’arte e della natura”. Dall’area camper ci dirigiamo, in autobus, verso Taormina, ma partiamo un po’ tardi, poi, causa il traffico, impieghiamo circa mezzora a raggiungere il capolinea vicino al centro, così dobbiamo fare una gran corsa per riuscire a visitare il Teatro Greco, il più importante monumento della città, che chiude i battenti alle 19:00. L’ammaliante costruzione fu eretta nel III secolo a.C. rivolta verso il mare, in magnifica posizione panoramica e, scavata nella roccia a forma di conchiglia, poteva contenere fino a quattromila spettatori. La esploriamo passo a passo, cercando di cogliere le migliori prospettive … peccato solo che con il sole ormai basso sulla linea dell’orizzonte il tutto sia in gran parte nell’ombra, e in tale condizione il più felice sembra essere Leonardo che può comunque scorazzare su e giù per le antiche gradonate. Non c’è che dire: la prima visita non è certo stata impeccabile nella sua organizzazione … Dobbiamo saltare per mancanza di tempo l’esplorazione dei Giardini Pubblici, che sarebbero stati interessanti, e ci accontentiamo di seguire in passeggiata il bel Corso Umberto I, a quest’ora brulicante di gente, anche molto elegante nell’aspetto. Dal severo Palazzo Corvaja, con caratteristici scorci sulle viuzze laterali, fra le quali il curioso Vicolo Stretto (che tanto ricorda il Monopoli), dove avrebbero problemi ad incrociarsi due persone di stazza media, arriviamo alla panoramica Piazza IX Aprile, con vista sull’imponente sagoma dell’Etna. Da lì proseguiamo poi fino alla graziosa piazzetta del duomo, ornata da una bella fontana barocca… in questo modo si fa ora di cena e seguendo i consigli della Routard andiamo al ristorante La Cisterna del Moro, dalla cui terrazza si gode di una bella vista, e in quel luogo esclusivo ci rilassiamo, allietati da buon cibo, fino al sopraggiungere dell’oscurità. Più tardi, con calma, ripercorriamo il Corso Umberto I e torniamo al capolinea degli autobus, quindi, col buio ormai totale, a Giardini Naxos e all’area camper, concludendo la prima giornata (in parte) siciliana … non perfetta, esecutivamente parlando, ma tutto sommato positiva … da domani però cercheremo di organizzarci meglio.
LUNEDÌ 12 AGOSTO
Al risveglio partiamo da Giardini Naxos seguendo, verso l’interno, la strada N 185 con l’intento di risalire la valle del fiume Alcantara e andare a visitare le omonime gole. Poco dopo le 9:00 arriviamo così al parcheggio, nei pressi della località di Motta Camastra, dal quale si può accedere, passeggiando, allo spettacolare canyon scavato dal torrente nel corso dei millenni, fra antichissime colate laviche che, al contatto con l’acqua, si sono solidificate in meravigliose conformazioni basaltiche dalla cosiddetta e caratteristica struttura a “canna d’organo”. Al sito si potrebbe accedere anche gratuitamente, lungo una ripida scalinata che porta all’imbocco delle gole, ma noi preferiamo pagare un biglietto che ci permette prima di tutto di seguire l’attrezzato Sentiero delle Gole, con numerose terrazze panoramiche sulla forra rocciosa ed il fragore delle acque che ne scaturisce (davvero una bella e facile esperienza) poi di scendere, con l’ausilio di un comodo ascensore, fin sul greto del fiume e percorrere un breve tratto a piedi per scattare alcune suggestive foto, ma l’acqua, nonostante la stagione (in pieno solleone), è gelida e ben presto ne veniamo fuori.
A metà mattinata lasciamo le Gole dell’Alcantara e torniamo a Giardini Naxos, da dove imbocchiamo poi l’autostrada in direzione Catania, ma ne usciamo quasi subito, seguendo le indicazioni per la città di Acireale. Nella nostra marcia di avvicinamento all’Etna, la cui sagoma, più o meno nitida, da ieri è una costante del paesaggio che ci circonda, abbiamo deciso di visitare sommariamente questa località, nota più che altro per le sue chiese e per il tradizionale teatro dei Pupi Siciliani. Dopo varie peripezie riusciamo a parcheggiare il nostro ingombrante mezzo vicino al centro, nei pressi di Piazza Cappuccini, e subito dopo, a piedi, ci avviamo in direzione dei monumenti più rappresentativi. In breve raggiungiamo Piazza Duomo, rinnovata nel 2009, i cui disegni geometrici della pavimentazione in marmo e pietra mettono in risalto la rosa facciata neogotica della cattedrale, affiancata dalla bianca basilica settecentesca dei Santi Pietro e Paolo… davvero un bel quadro d’insieme. Peccato che dobbiamo accontentarci di osservare il tutto solo dall’esterno, perché gli edifici religiosi hanno chiuso i battenti a mezzogiorno e riapriranno solo a metà pomeriggio. Facciamo ancora quattro passi lungo il Corso Vittorio Emanuele, osservando fra l’altro una storica e caratteristica mini-edicola tutta in legno, fino alla bella chiesa barocca di San Sebastiano, fronteggiata da dieci pregevoli statue di profeti e personaggi biblici e poi torniamo al camper per pranzare. Mentre il piccolo se la dorme ripartiamo. Passiamo nei pressi delle Isole dei Ciclopi: alcuni faraglioni basaltici che la mitologia vuole siano le rocce lanciate da Polifemo, accecato, ad Ulisse in fuga … ma non riusciamo a fermarci nemmeno per una foto e quindi siamo costretti a proseguire lungo la costa.
Giunti nella località di Aci Castello cominciamo però ad andare verso l’interno. Saliamo rapidamente di quota ed imbocchiamo la tangenziale di Catania, che seguiamo per un breve tratto, prima di uscire in direzione di Nicolosi e dell’Etna. Davanti a noi, ora molto chiara, si staglia la sagoma del più grande vulcano d’Europa (con i suoi circa 3.340 metri di altezza), nonché fra i più attivi a livello planetario, ma anche luogo al quale si associano numerose leggende mitologiche: era infatti, fra l’altro, la dimora di Vulcano, dio del fuoco, che vi forgiava le armi per Giove, re degli dei! Mentre saliamo, fra paesaggi sempre più cupi ed il nastro d’asfalto che attraversa antiche colate laviche, il sole se ne va, purtroppo, dietro alle nuvole e al Rifugio Sapienza, dove arriva la strada, a quota 1.910 metri, è tutto nell’ombra e fa anche piuttosto freddo. Con l’intento di far trascorrere il tempo nella maniera più piacevole possibile andiamo comunque, a piedi, a visitare i vicini Crateri Silvestri, plasmati dall’eruzione del 1892. Le conformazioni vulcaniche in questione sono due e, ad oggi assolutamente inattive, risultano, nella loro facilità ad accedervi, un esaustivo esempio dell’ambiente estremo che ci circonda. Saliamo a gran fatica sul cono superiore e una volta giunti in vetta le nubi ci invadono completamente, a discapito del panorama, che avvolto nella nebbia perde gran parte del suo interesse … che peccato! Scendiamo e torniamo al camper, mentre comincia anche a piovigginare. Domani mattina dovremmo salire prima in funicolare e poi con dei mezzi fuoristrada fin quasi alla vetta del grande vulcano, ma se le condizioni meteo non dovessero migliorare radicalmente saremmo costretti, giocoforza, a rinunciarvi … così non ci resta che sperare nella buona sorte, visto che le previsioni pare siano abbastanza incerte.
MARTEDÌ 13 AGOSTO
I raggi del sole filtrano in maniera benaugurante attraverso le finestre del camper e, gettato lo sguardo fuori, noto la cima del vulcano libera da nuvole, così decidiamo di prendere parte all’escursione che ci porterà, in alta quota, fin quasi alla sommità dell‘Etna. Poco dopo le 8:30 siamo già alla biglietteria della funivia, dove acquistiamo anche i tagliandi per i veicoli 4×4 che proseguiranno oltre l’arrivo dell’impianto di risalita (investendo, fra l’altro, anche una bella cifra!), mentre qualche nuvoletta si sta minacciosamente addensando in prossimità della vetta. Con Leonardo su di giri per l’avventura che lo attende, saliamo poco prima delle 9:00 su una delle cabine della teleferica che ci porterà a quota 2.600 metri. Giunti a destinazione usciamo all’aria aperta e fra il generale sgomento vediamo avanzare rapidamente odiose nubi da ogni dove… così in breve ci ritroviamo, a novembre, in piena Pianura Padana e non si vede ad un palmo dal naso! Mi lascio sfuggire qualche imprecazione mentre prendiamo posto sui mezzi fuoristrada che ci porteranno fin quasi a 3.000 metri di altezza, ai piedi del cratere principale. Scaliamo tornanti scavati fra vecchi lapilli e in questo modo guadagniamo il tetto del nostro viaggio. Quassù le nuvole sono più rade, ma il sole è decisamente latitante: fa piuttosto freddo e qua e là ci sono ancora tracce di neve ormai mimetizzate nell’ambiente circostante. Facciamo una passeggiata fra bocche fumanti ed il suolo che, in alcuni casi, scotta pochi centimetri sotto i nostri piedi. Una bella esperienza, che sarebbe stata tutt’altra cosa durante una giornata limpida, ma, ahinoi, dobbiamo accontentarci.
Infreddoliti riguadagniamo i mezzi fuoristrada e torniamo alla funicolare, quindi al camper intorno alle 11:00. Fosse stato bel tempo saremmo rimasti ancora un po’ nei paraggi, ma il grigiore non invita a farlo, allora partiamo subito verso luoghi più caldi ed accoglienti. Scendiamo da quell’enorme calamita per nubi che è l’Etna e a Nicolosi ritroviamo il sole, poi imbocchiamo l’autostrada A18 verso sud e alla prima area di servizio, appena superata Catania, ci fermiamo a pranzare. Nel primo pomeriggio riprendiamo strada e una manciata di minuti dopo le 15:00 arriviamo nell’area camper di Via Von Platten a Siracusa… che però non è più tale e in quanto (per ordinanza comunale) solo parcheggio, per la notte dovremo spostarci.
Quando il piccolo si sveglia dal riposino pomeridiano ci dedichiamo subito alla visita del quartiere di Neapolis, sorto laddove c’era l’antica Polis greca e quindi disseminato di storiche vestigia: Siracusa infatti (fondata del 734 a.C. da coloni giunti da Corinto) fu, a suo tempo, una delle più ricche ed importanti città del mondo ellenico. Ci avviamo a piedi e, passando accanto al moderno Santuario della Madonna delle Lacrime, un discutibile inno al cemento armato di fine XX secolo, giungiamo alla Chiesa di San Giovanni Evangelista, di origine bizantina, che fu il primo duomo della città, ma che in parte crollò durante il terremoto del 1693 per non essere più ripristinato. L’edificio, comunque suggestivo, va però famoso, più che altro, per le sue catacombe. Prima di tutto esploriamo, sotto la basilica, la Cripta di San Marciano: un ipogeo nel quale avrebbe predicato nientemeno che l’apostolo Paolo, poi accediamo, con una visita guidata, alle Catacombe di San Giovanni che, per vastità, sono seconde solo a quelle di Roma e risalgono al IV secolo, testimoniando il fondamentale ruolo di Siracusa nella diffusione del cristianesimo… Ci godiamo così quasi un’ora di interessanti spiegazioni ed intriganti scenari, poi torniamo all’aria aperta (molto più calda di quella delle catacombe) e ci dirigiamo in tutta fretta verso il Parco Archeologico di Neapolis. In un’ampia area ad ovest della città si trovano concentrati tutti i maggiori monumenti di epoca greca e romana dell’antica Siracusa. Paghiamo il biglietto d’ingresso e, dopo una rapida occhiata ai resti della grande Ara di Ierone II (altare dedicato ai sacrifici pubblici), ci rechiamo a vedere il bellissimo Teatro Greco: il più vasto di tutta la Sicilia e uno dei più imponenti del mondo ellenico, che poteva contenere fino a quindicimila spettatori. Risale al V secolo a.C. ed il suo impianto, rivolto verso il mare, è quasi completamente scavato nella roccia del Colle Temenite. Vaghiamo per un po’, su e giù per le antiche gradinate, assaporando il notevole panorama che si estende fino alla costa ionica e poi, nelle immediate vicinanze, andiamo ad esplorare le cosiddette latomie. Le latomie sono vecchie grotte, nate come cave di pietra dalle quali si estraeva il materiale necessario alla costruzione di templi e palazzi. Erano numerosissime nella zona dell’area archeologica, tanto che il crollo di quasi tutte le volte, in seguito a svariati terremoti, ha creato una vasta depressione, ora ricca di una folta vegetazione. Alcune latomie hanno però resistito all’azione distruttiva del tempo e una, in particolare, è ancora visitabile ed eccezionalmente nota, soprannominata, per la sua forma e la sua singolare acustica, “L’Orecchio di Dionisio”. La cavità artificiale in questione (lunga 65 metri e alta 23, dove tutto rimbomba) è un luogo di grande suggestione e all’origine di numerose leggende. Ancora rapiti dal sinuoso ed enigmatico Orecchio di Dionisio ci avviamo verso l’uscita del Parco Archeologico. Ci fermiamo a dare un’occhiata ai resti piuttosto modesti dell’Anfiteatro Romano, il terzo più grande d’Italia dopo il Colosseo e l’Arena di Verona, ma tutt’altra cosa scenograficamente parlando, poi facciamo ritorno al camper, con le ombre della sera ormai lunghissime sotto i nostri piedi. Su gentile consiglio del custode dell’ex area camper di Via Von Platten ci spostiamo per la notte in un parcheggio nei pressi dell’Isola di Ortigia, che visiteremo domani mattina, e in questo modo concludiamo una giornata non troppo fortunata, soprattutto nella sua prima parte… però confidiamo in tempi decisamente migliori.
MERCOLEDÌ 14 AGOSTO
A piedi partiamo dal camper per andare a esplorare l’Isola di Ortigia, cuore di Siracusa e Patrimonio dell’Unesco dal 2005, con le tracce di tante epoche che qui si sono succedute, da quella greca alla normanna, dall’aragonese a quella barocca. Attraversiamo il Ponte Nuovo, che collega Ortigia al resto della Sicilia, e prima di tutto ci rechiamo ad osservare le scarne rovine del Tempio di Apollo, il più antico edificio dorico della regione (risalente al VI secolo a.C.), che fu nel tempo trasformato in chiesa, poi in moschea e ancora in chiesa, quindi inglobato, in epoca spagnola, in una caserma, ma i pochi ruderi rimasti non gli rendono certo la dovuta gloria! Andiamo poi sempre più verso il centro cittadino e passando dalla scenografica Piazza Archimede, con al centro la magnifica Fontana di Artemide, circondata da nobili palazzi, arriviamo, percorrendo strette e caratteristiche viuzze, alla meravigliosa Piazza Duomo. Considerata una delle più belle piazze barocche d’Italia ha un lato ad arco quasi continuo di splendidi palazzi e l’altro rettilineo, nel quale spicca la ricca facciata del Duomo e proprio il Duomo, con il suo miscuglio di stili, è il monumento più rappresentativo di Ortigia, perché nei suoi elementi architettonici si riassume la storia stessa della città. L’edificio nasce come tempio dorico, dedicato ad Atena, nel V secolo a.C. e ne sono testimoni le numerose colonne, perfettamente riconoscibili, incastonate nei muri perimetrali. Fu poi trasformato in chiesa durante il periodo normanno, quando venne rialzata la navata centrale. Il terremoto del 1693 fece il resto, perché crollò la facciata, che fu ricostruita nel più esuberante barocco siciliano. Una volta assaporato il delizioso cocktail architettonico del Duomo ci avviamo verso l’estremità meridionale della piazza, dove spicca il mirabile prospetto della Chiesa di Santa Lucia, e, proseguendo a fianco di quest’ultima, giungiamo in riva al mare nei pressi della leggendaria Fonte Aretusa. Scenograficamente non è nulla di trascendentale, ma incuriosisce questa millenaria sorgente di acqua dolce che sgorga a pochi metri dalle coste del Mar Ionio. Osserviamo in lontananza anche la severa sagoma del Castello Maniace, duecentesca fortezza edificata da Federico II sull’estrema punta dell’Isola di Ortigia, e poi facciamo ritorno al camper, intenzionati a trovare, nei dintorni, una spiaggia dove trascorrere il resto della giornata. L’obiettivo è la baia di Fontane Bianche, situata una manciata di chilometri a sud di Siracusa, sulla quale abbiamo buone recensioni. Vi arriviamo intorno alle 11:00 e troviamo posto in un vasto parcheggio, all’uscita dell’abitato, che dà direttamente sulla spiaggia. Sistemiamo il nostro mezzo all’ombra degli alberi e subito dopo andiamo, muniti di ombrellone, a prendere posto in riva al mare. Il luogo è un po’ affollato, ma l’acqua di fronte a noi è bella e trasparente, quindi merita un po’ di sacrificio … e poi è la nostra prima esperienza balneare tutta siciliana! Vado a fotografare l’insenatura dalle limitrofe scogliere e fra stupefacenti viste dall’aspetto quasi caraibico noto, in preparazione, una sorta di arsenale bellico di tutto rispetto: sono le rampe di lancio dei fuochi d’artificio che questa sera saluteranno il Ferragosto. Facciamo un lunghissimo, quanto desiderato bagno e poi torniamo al camper per pranzare. Nel pomeriggio andiamo ancora nella bella spiaggia di Fontane Bianche e lì, fra giochi con la sabbia e tuffi nel blu del mare, facciamo piacevolmente sera. Intorno alle 19:00 riguadagniamo il camper e per la notte ci spostiamo, di qualche decina di chilometri, alla città di Noto, che visiteremo domani mattina, e quindi all’area di sosta Noto Parking, così da poter usufruire dei suoi comodi servizi.
GIOVEDÌ 15 AGOSTO
Oggi, giornata festiva per eccellenza di tutta l’estate, cercheremo, in controtendenza, di evitare la spiaggia, che sarà sicuramente iper-affollata… così ci dedicheremo in tutto e per tutto all’arte e, in particolare, all’architettura barocca. Visiteremo in proposito tre cittadine, regno di tale stile e per questo inserite anche nel Patrimonio Mondiale dell’Unesco… In più per oggi (ma non è certo un vantaggio) sono previste tante nuvole in cielo. Non filtra sole, infatti, dalle finestre della nostra casa viaggiante quando ci svegliamo nell’area camper di Noto, ed è un peccato! Con la navetta, messa a disposizione gratuitamente, raggiungiamo comunque poco dopo le 9:30 il centro dell’abitato, fondato nel 1703 sul Colle Meti, otto miglia a sud-est della preesistente città millenaria, distrutta del terribile terremoto del 1693 … Qui gli architetti dell’epoca edificarono uno dei più straordinari esempi di impianto edilizio tardo-barocco, giunto a noi quasi integro e, di recente, perfettamente restaurato. A piedi oltrepassiamo la Porta Reale, costruita nel 1838 in occasione dell’arrivo di Ferdinando II, re delle Due Sicilie, e da lì ci inoltriamo nel centralissimo Corso Vittorio Emanuele, fiancheggiato dai principali monumenti che hanno reso la città di Noto famosa in tutto il mondo. Prima di tutto osserviamo la facciata della Chiesa di San Francesco, eretta nei primi anni del Settecento in cima alle rampe di un’irta gradinata, poi, sulla sinistra, poco più avanti, quella di Santa Chiara, di pochi lustri più recente, che ci porta dinnanzi alla spettacolare Piazza Municipio. Lo spazio urbano in questione è davvero suggestivo, dominato dalla grande scalinata che porta alla settecentesca Cattedrale di San Nicolò, dall’esuberante prospetto, che ne fa uno dei più mirabili esempi del barocco siciliano. A fianco si trova poi il più severo ma interessante Monastero di San Salvatore e di fronte l’elegante Palazzo Ducezio, sede del Municipio. Immortaliamo la caratteristica Via Nicolaci, tutta in salita e fiancheggiata da bei palazzi, nei quali spiccano graziosi balconi barocchi su mensole in pietra elaborate in fantasiose figure, poi, di nuovo su Corso Vittorio Emanuele, la facciata concava della Chiesa di San Carlo Borromeo. In questo modo arriviamo di fronte al neoclassico Teatro Municipale, mentre il piccolo Leo è già stanco di osservare cose che ancora non può capire. La sua irrequietezza così ci fa ben presto desistere dall’approfondire ulteriormente il percorso di visite e ci trasciniamo velocemente verso la navetta e l’area di sosta, lasciando in noi un ricorso piuttosto fugace, seppur bello, della città di Noto. Fatto rifornimento di fichi freschi, grazie alla gentilezza della signora dell’area camper, subito dopo riprendiamo strada. Percorriamo la Statale 115 e ci spostiamo, di qualche decina di chilometri, alla località di Modica, altro gioiello del barocco siciliano. Quasi a mezzogiorno parcheggiamo (grazie anche alla giornata iper-festiva) in prossimità del centro e a piedi partiamo immediatamente per esplorarne i luoghi più interessanti. Andiamo lungo il Corso Umberto I, la principale arteria dell’abitato, e poi risaliamo la ripida scalinata che porta al cospetto del Duomo di San Giorgio, ricostruito in stile barocco fra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo, con la sua splendida facciata a torre, nella quale risaltano cinque porte, corrispondenti alle altrettante navate, mentre purtroppo il sole è sempre latitante. Visitiamo il pregevole edificio religioso anche all’interno e poi cominciamo a scendere lungo stretti vicoli, di nuovo, verso la parte bassa della cittadina. Passiamo accanto alla semplice casa natale di Salvatore Quasimodo, premio Nobel per la letteratura nel 1959, e giungiamo alla mirabile Chiesa di San Pietro, ricostruita dopo il terremoto del 1693 e preceduta da una scenografica gradinata ornata dalle statue dei dodici apostoli. Esplorati anche gli accattivanti interni di San Pietro ci incamminiamo infine, lungo Corso Umberto I, verso il camper. Ci fermiamo ad acquistare, in un negozio specializzato, la famosa cioccolata di Modica e aggiungiamo tre golosissimi cannoli siciliani da assaporare, vista l’ora ormai tarda, al termine dell’imminente pranzo. Nel primo pomeriggio le nuvole aumentano ulteriormente e fra lampi e tuoni comincia anche a piovere, mentre Leo se ne va a nanna. Lasciamo sfogare le ire di Giove Pluvio e più tardi ci spostiamo, verso la costa, nella località di Scicli, dove non è ancora piovuto, ma riecheggiano minacciosi, in lontananza, i brontolii della tempesta. Al risveglio del piccolo ci dedichiamo alla visita della cittadina, anch’essa famosa per la sua architettura, fiorita magistralmente dopo il “solito” sisma del 1693. In breve, a piedi, raggiungiamo il centro, che ci appare molto ben curato e, nel suo piccolo, forse il migliore fra quelli visti oggi. Bellissima la Via Penna: un inno al barocco, compreso il Palazzo del Municipio, la cui notorietà è legata anche alla serie TV “Il Commissario Montalbano”, di cui è stato più volte il set. Al suo interno, infatti, osserviamo quella che nel film era la stanza del Prefetto. Facciamo merenda in Piazza Italia con una tradizionale granita e poi, mentre cade qualche goccia di pioggia, ci rechiamo al cospetto dell’esuberante Chiesa di San Bartolomeo, quindi, passeggiando per vicoli, arriviamo allo stupendo Palazzo Beneventano, la cui facciata è un tripudio di decorazioni barocche, che ne fa uno dei migliori esempi del genere in tutta la Sicilia. Ma non è ancora finita perché passiamo di fronte all’interessante Ex-Convento del Carmelo e, seguendo Via Santa Maria la Nova, guadagniamo la breve scalinata prospiciente la facciata tardo-rinascimentale della Chiesa di Santa Maria della Consolazione e da lì, alzando lo sguardo sulla collina che domina l’abitato, notiamo l’imponente sagoma della Chiesa di San Matteo, fondata dai normanni e oggi in restauro. Ma altri edifici religiosi spuntano qua e là ed è davvero incredibile il loro numero in rapporto alle restanti costruzioni. L’intero centro di Scicli poi è un vero e proprio scrigno di opere d’arte e merita tutte le attenzioni del caso … peccato solo per il meteo ed il conseguente grigiore odierno. Alla fine del tour riconquistiamo il camper e partiamo immediatamente, perché ci aspetta ancora oltre un’ora di strada al termine della tappa. Da Scicli approdiamo sulla costa del Mar Mediterraneo, che poi seguiamo verso est. Così, nei pressi della località di Sampieri, notiamo i resti della Fornace Penna: un pezzo di archeologia industriale reso famoso, come altri luoghi nei paraggi, dal Commissario Montalbano. Non perdiamo troppo tempo e da lì proseguiamo, ripercorrendo, poco dopo, fra le cittadine di Ispica e Rosolini, un tratto di strada già battuto in mattinata, poi, in autostrada, torniamo all’uscita di Noto, ma non andiamo in direzione della città, bensì a sud e quindi verso il litorale ionico. Giunti nei pressi dell’Oasi di Vendicari ci avventuriamo lungo lo sterrato che, secondo indicazioni, porta all’insenatura di Cala Mosche. In fondo all’angusto e polveroso percorso c’è un’area di sosta per camper, dove ci andiamo a fermare quando sono già passate le 20:00. Ceniamo, mentre in cielo appare una benaugurante stellata e meno male, visto che domani ci aspetta una full-immersion tutta balneare.
VENERDÌ 16 AGOSTO
Nella mattina della prima giornata di solo mare del viaggio splende, per fortuna, un bel sole e subito dopo colazione ci avviamo, a piedi, verso Cala Mosche, secondo le indicazioni in nostro possesso una delle migliori spiagge della zona, situata nel cuore dell’Oasi di Vendicari, una riserva naturale istituita nel 1984. Dal parcheggio all’insenatura c’è da percorrere un chilometro abbondante, fra la macchia mediterranea, con Leonardo che finisce ben presto sulle mie spalle, ma alla fine giungiamo in vista di Cala Mosche e già dall’alto delle scogliere non possiamo fare a meno di notare le condizioni del mare, che purtroppo risulta un po’ mosso. Ci sistemiamo in un arenile già piuttosto affollato, nonostante l’ora di certo non tarda, e comunque a pochi metri dalla riva, poi corriamo subito in acqua, che anche in presenza di onde appare bella ed invitante. Consumiamo un lungo bagno fra gli irrequieti flutti, poi vado in esplorazione con maschera e boccaglio sulle limitrofe scogliere, quindi accompagno il piccolo di nuovo in acqua a sfidare i cavalloni, quando da nord-ovest appaiono minacciose parecchie nuvole, accompagnate da tuoni e fulmini. Il tempo cambia repentinamente e ben presto il cielo s’incupisce. Era nostra intenzione lasciare in spiaggia teli ed ombrellone per il pomeriggio, ma già prima di mezzogiorno prendiamo su tutto e ci avviamo verso il camper sotto minaccia di pioggia… che disdetta! Non diluvia, ma scende ugualmente qualche goccia d’acqua all’ora di pranzo, poi nel primo pomeriggio le nubi si aprono e come per incanto torna a splendere il sole. Neanche il tempo di gioire e, all’insegna della massima variabilità, quando poco più tardi ci accingiamo a tornare in spiaggia, da occidente avanzano di nuovo minacciosi altri corpi nuvolosi, ma non ci facciamo intimorire e decidiamo di andare lo stesso. Nella forzata e calda ombra d’agosto faccio comunque, con Leonardo, un ulteriore e divertente bagno fra le onde, poi il disco solare, per l’ennesima volta, fa capolino in uno squarcio di sereno e ci accompagna fino a sera. All’imbrunire rientriamo all’area di sosta. Ci sistemiamo e vestiti di tutto punto andiamo a cena nell’attiguo agriturismo, solo per constatare, con grande sorpresa, che è al completo. Così torniamo sui nostri passi e, abbandonando ogni pretesa, ci ritiriamo dentro al camper, cercando di rimediare in qualche modo ai morsi della fame. Con questa ingloriosa serata completiamo così la prima settimana di viaggio: non certo una delle migliori che io ricordi circa la buona sorte, ma confidiamo ciecamente nella prossima.
SABATO 17 AGOSTO
Alleluia: il cielo è completamente sgombro da nubi e le previsioni lasciamo ben sperare! Ci alziamo abbastanza presto e subito partiamo, così da percorrere l’angusto sterrato di Cala Mosche prima che comincino ad arrivare, in massa, le orde di bagnati. La nostra intenzione, per questa mattina, è di spostarci solo di un decina di chilometri, nei pressi della località di Pachino, alla spiaggia di Isola delle Correnti. Già prima delle 8:30 siamo nel parcheggio adiacente l’arenile e siamo anche i primi a giungervi, così possiamo sistemare il nostro mezzo a piacimento e subito dopo consumare la colazione. Con calma ci avviamo poi verso la spiaggia, che appare subito bella e bagnata da acque finalmente calme e trasparenti, in questo modo ci sono tutte le premesse per un positivo scorcio di vita balneare … per la felicità di Leonardo (un po’ meno per il fratello diciassettenne). Consumiamo bagni di sole e buon mare, con di fronte a noi l’isolotto che dà il nome al luogo ed il suo faro ormai in disuso: laddove si incontrano Mar Ionio e Mar Mediterraneo, nonché punto più a sud del nostro viaggio … e dell’Italia intera, se si escludono le Isole Pelagie. Poco prima delle 13:00 torniamo al camper per pranzare e subito dopo lasciamo Isola delle Correnti, della quale conserveremo sicuramente un buon ricordo. Mentre il piccolo dorme ci apprestiamo a percorrere la più lunga tappa in terra siciliana: oltre duecento chilometri di strada, tutta normale. Ripassiamo da Ispica, quindi dalla periferia di Modica e da quella del capoluogo Ragusa, poi scendiamo a vertiginosi tornanti verso Comiso e la vicina Vittoria per giungere sulla costa mediterranea nei pressi di Gela. Seguendo poi la litoranea Statale 115 passiamo per Licata e intorno alle 18:00 giungiamo in vista di Agrigento, con i suoi famosi templi che già s’intravedono in lontananza, ma che visiteremo solo domani mattina. Ci fermiamo in un grosso centro commerciale a far spesa e poi andiamo alla ricerca dell’area di sosta che ci ospiterà per questa notte. Dalla statale imbocchiamo la stretta strada costiera che da Porto Empedocle va verso le scogliere di Scala dei Turchi e Lido Rossello (dove siamo diretti) affrontando un traffico altamente congestionato di ritorno dalla spiaggia, sul lato opposto della carreggiata. A un certo punto però troviamo la via sbarrata perché una frana (risalente ancora all’inverno scorso) ha reso inagibile il tragitto, per cui dobbiamo tornare indietro incolonnandoci con gli altri veicoli. Una fila interminabile, di quasi due ore, mentre avanza l’oscurità. Cerchiamo posto nell’area sosta di Porto Empedocle, ma è piena, così, riguadagnata la statale affrontiamo un percorso alternativo per giungere, intorno alle 21:00, in quella di Lido Rossello. Lì c’è posto e finalmente possiamo cenare… poi una meritata doccia e in men che non si dica si fa ora di ritirarci nei nostri appartamenti.
DOMENICA 18 AGOSTO
Occorrerebbero dieci euro a testa per la navetta dall’area di sosta alla Valle dei Templi di Agrigento, così decidiamo di andare in camper… poi torneremo a Lido Rossello. Alle 8:30 siamo già in partenza e mezzora più tardi pronti ad esplorare il sito archeologico più importante e noto di tutta la Sicilia, inserito nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’Unesco fin dal novembre del 1997. Parcheggiamo in prossimità della parte bassa e in taxi ci facciamo accompagnare all’ingresso di quella alta, così visiteremo il tutto in discesa e in metà strada… non poco vista la presenza di un bimbo piccolo nei nostri ranghi. Infatti quella che impropriamente è detta Valle dei Templi in realtà è una collina, sulla quale si sono, in parte, preservati i principali monumenti di epoca ellenistica dell’antica città di Akragas, risalenti soprattutto al V secolo a.C. Appena entrati, sulla sinistra, osserviamo il primo tempio della serie: quello di Hera (o Giunone), eretto in stile ionico (come tutti quelli del sito) nei tempi di massimo splendore del luogo, all’epoca del tiranno Terone, con sei colonne sui lati corti e tredici su quelli lunghi (peripterio esastilo) e 38 in totale, delle quali ne rimangono (in piedi) 25, che si stagliano magnificamente sull’intrigante paesaggio retrostante. Dal Tempio di Hera ci spostiamo poi, seguendo un rettilineo tracciato pedonale fiancheggiato da mandorli ed ulivi, al magnifico Tempio della Concordia … primario monumento della Valle, in quanto classificato come uno dei tre templi meglio conservati di tutto il mondo greco. Edificato qualche anno dopo il Tempio di Hera, ma con le stesse proporzioni e consacrato probabilmente a Castore e Polluce, quello della Concordia si salvò dalla rovina perché trasformato in basilica cristiana nel VI secolo d.C., per poi essere riportato alle primitive forme nel Settecento … e tuttora le sue vestigia fanno bella mostra di loro quali simbolo del più puro ed originale stile classico. Scattato il meritevole servizio fotografico scendiamo ulteriormente dalla collina e, accompagnati dalla poco attraente veduta degli anonimi palazzoni della nuova Agrigento sulla nostra destra, passiamo accanto a numerose tombe paleocristiane scavate nella roccia, per giungere al cospetto delle suggestive rovine del Tempio di Ercole. La più antica costruzione della Valle dei Templi risale alla fine del VI secolo a.C. e presenta un fascinoso allineamento di otto colonne, rialzate nel 1924, fra il caos delle restanti vestigia. A questo punto usciamo dalla parte alta del sito e, attraversando una strada, entriamo in quella bassa, dove, prima di tutto, osserviamo quel che rimane dell’immenso Tempio di Zeus (o Giove Olimpico). Della più vasta costruzione del genere in Sicilia, e una delle più importanti del mondo ellenico, non rimane nulla in piedi, ma la sola vista delle rovine è ancora grandiosa e basta rintracciare una qualsiasi delle parti superiori di un capitello per rendersi conto dell’originaria maestosità del tempio. In più si possono anche notare qua e là i resti (o copie) di alcuni telamoni: colossali figure umane (alte quasi otto metri) che svolgevano, a suo tempo, anche funzione portante delle strutture, oltre che decorativa. Infine contempliamo le quattro colonne angolari (rialzate nel XIX secolo) del Tempio dei Dioscuri, che, nonostante la loro “pochezza” sono diventate il simbolo della città di Agrigento … poi torniamo al camper, consci di aver esplorato una straordinaria testimonianza del mondo antico, ed un luogo che da solo può valere il viaggio in Sicilia. Subito dopo rientriamo verso l’area di sosta di Lido Rossello, ma questa volta ci troviamo imbottigliati nel traffico che va verso il mare ed impieghiamo quasi un’ora per giungere a destinazione … giusto in tempo per pranzare. Nel primo pomeriggio, mentre Leo va a nanna, con Federico affronto la passeggiata (circa trenta minuti) che da Lido Rossello porta, lungo la costa, alla cosiddetta Scala dei Turchi: una spettacolare scogliera (legata alle antiche incursioni saracene) di natura calcarea (marna) e quindi bianchissima, levigata dagli agenti atmosferici in enormi gradoni che scendono vertiginosamente, ma con forme armoniche e rotondeggianti, verso il mare. La combinazione di elementi primordiali: roccia, acqua e aria (sottoforma di un azzurrissimo cielo) sono un cocktail straordinario, così possiamo scattare tutte le doverose foto del caso e poi tornare, soddisfatti, al camper. Quando il piccolo si sveglia ripercorriamo tutti insieme un tratto di litorale in direzione della Scala dei Turchi e sotto le alte, bianchissime falesie ci fermiamo a passare il resto della giornata, fra un bagno ed un castello di sabbia. In serata usciamo a cena nell’unica pizzeria del paese, ma è un disastro, perché aspettiamo quasi due ore prima di essere serviti e quando ne usciamo è già ora di andare a dormire … questo però non toglie nulla alle impareggiabili esperienze odierne.
LUNEDÌ 19 AGOSTO
Consumata la colazione ed espletate tutte le operazioni di routine riguardanti il camper ci apprestiamo a lasciare Lido Rossello e la vicina Scala dei Turchi: in programma c’è una giornata di trasferimento, con due soste di carattere culturale ad altrettanti siti di interesse storico. Andiamo ad ovest, lungo la Strada Statale 115, che corre parallela alla costa, oltrepassiamo i noti agglomerati di Sciacca e Menfi, e a metà mattinata arriviamo nel parcheggio del Parco Archeologico di Selinunte: uno dei più importanti della Sicilia e di tutto il mondo greco antico. Fondata nel VII secolo a.C. la città, che nel periodo di suo massimo splendore pare contasse circa ottantamila abitanti, fu distrutta dai cartaginesi, in alleanza con la vicina Segesta (che visiteremo nel pomeriggio), e le sue vestigia, messe in luce nell’Ottocento grazie agli scavi di due archeologi inglesi, si dice siano grandiose. Paghiamo il biglietto d’ingresso, oltre a quello del trenino che ci porterà a spasso per il sito (piuttosto caro ma, vista la presenza di Leonardo, indispensabile), e assieme al piccolo, entusiasta soprattutto per quest’ultimo, diamo il via alle danze.
Cominciamo con la collina più bassa ma più importante, che ospita i maggiori templi, identificati con delle lettere, perché non sono chiare le divinità a cui erano consacrati. Il Tempio E è sicuramente il più rappresentativo: probabilmente dedicato a Hera fu ricostruito, in maniera forse discutibile, negli anni sessanta del secolo scorso, e oggi si erge, impetuoso, col suo purissimo stile dorico, nel suggestivo panorama circostante. Nelle vicinanze sono impressionanti anche le rovine dei Templi E e G: il primo (dedicato ad Atena o a Dionisio) è il più piccolo e più danneggiato, ma anche il più antico, e l’altro, risalente al VI secolo a.C., era uno dei più grandi edifici del genere dell’antichità, intitolato probabilmente a Zeus, del quale rimane in piedi una sola colonna (restaurata nel 1836), alta 16 metri e del diametro di 3,5. Dopo l’esplorazione dei templi nella parte bassa del sito risaliamo sul trenino, che ci porterà in quella alta… o a ciò che ne resta. Sono, infatti, abbastanza scarne le rovine dell’Acropoli, se si escludono le quattordici colonne del Tempio C (forse dedicato ad Apollo), rialzate nel 1925 e di recente restaurate … Poi, con la vista che spazia sulla costa mediterranea, c’incamminiamo sulla collina, attraversata da due arterie principali, a loro volta intersecate da vie minori, che conducono ad una bella porta fortificata, a suo tempo principale accesso al cuore della città. E’ ormai mezzogiorno quando, allietati da una fresca granita, ci mettiamo nuovamente in attesa del trenino che ci riporterà all’ingresso del sito, cosci del fatto di aver consumato l’ennesima, eccellente esperienza di storia in terra siciliana. Pranziamo nel parcheggio di Selinunte poi, mentre Leonardo se la dorme, riprendiamo strada e in meno di un’ora giungiamo nel piazzale antistante un’altra importante area archeologica: quella di Segesta, arroccata sul Monte Barbaro, nell’interno della Sicilia nord-occidentale. Dell’epica città, eterna rivale di Selinunte, non rimane quasi nulla, se non, miracolosamente intatti, il tempio ed il teatro, quest’ultimo, per la sua posizione, fra i più suggestivi dell’antichità. Proprio dal teatro, al risveglio del piccolo, iniziamo la nostra visita. Acquistiamo così i biglietti per il sito e per la navetta che ci accompagnerà in cima alla collina e in men che non si dica ci troviamo a scorrazzare su e giù per le antiche gradinate, risalenti al III secolo a.C., che potevano accogliere fino a quattromila spettatori, ma anche con la grandiosa veduta che spazia sulla valle sottostante … e sul sinuoso viadotto dell’autostrada A29, che corre in direzione di Trapani. Davvero suggestivo il Teatro di Segesta, in ottima posizione ed eccellente stato di conservazione (grazie anche ad un recentissimo restauro) … ma non perdiamo tempo e subito dopo corriamo a vedere il vicino tempio, prima che venga inghiottito dall’ombra dell’altura adiacente. Anche il Tempio di Segesta, edificato in purissimo stile dorico alla fine del V secolo a.C., è veramente molto bello, col suo eccezionale quadrilatero di colonne, senza scanalature, che si erge imponente ai piedi della brulla montagna che lo sovrasta. In questo modo concludiamo l’esplorazione di uno dei più importanti siti della Magna Grecia e successivamente ci apprestiamo a percorrere l’ultimo tratto della tappa, che ci porterà nella celeberrima località di San Vito Lo Capo.
Andiamo lungo l’autostrada verso Trapani, ma non arriviamo al centro del capoluogo di provincia siciliano e svoltiamo qualche chilometro prima in direzione nord. Notiamo, in alto, sulla nostra sinistra e fra le nuvole, il borgo di Erice, che visiteremo dopodomani, e da lì proseguiamo lungo la Statale 187 … Così facendo, per strade minori, giungiamo in vista del mare e sul Golfo di Cofano, nei pressi di Timpone, ci godiamo un infuocato tramonto … Poi, una manciata di minuti più tardi, siamo a San Vito Lo Capo. Non troviamo posto nell’area di sosta che ci eravamo prefissati e dobbiamo accontentarci di un’altra, più lontano dalla costa, ma con un servizio di navetta gratuito. Sono le 20:30 e ormai è buio. Ceniamo, facciamo una rigenerante doccia e poi ce ne andiamo a dormire. Domani sembra cambi radicalmente il tempo, ed in programma c’è una giornata a carattere esclusivamente balneare … speriamo bene, almeno per la mattinata … Intanto possiamo goderci gli straordinari ricordi odierni, ricchi di storia e fascino, che solo le millenarie pietre riescono a trasmettere.
MARTEDÌ 20 AGOSTO
A San Vito Lo Capo dovrebbe trovarsi una delle più belle spiagge di tutta la Sicilia. per questo vi resteremo full-time, dalla mattina alla sera. Quando ci alziamo splende il sole e con la navetta dell’area di sosta ci facciamo accompagnare quanto prima in riva al mare. Sono da poco passate le 9:00 quando mettiamo piede sulla sabbia e, già a quell’ora, a fatica riusciamo a trovare un buon posto vicino a riva dove piantare l’ombrellone, poi ci guardiamo intorno e sovrastati dalla sagoma, quasi dolomitica, del Monte Monaco, che caratterizza in maniera verticale il paesaggio, corriamo subito a vedere il tanto decantato mare che, in parte giustificato da un leggero moto ondoso, di primo acchito non ci entusiasma tanto … anzi, direi che ci aspettavamo decisamente di meglio! Nel frattempo sono apparse un po’ di nuvole, ma per fortuna il cielo non si copre ed il sole si alterna all’ombra così, fra un gioco ed un bagno, arriviamo tranquillamente a mezzogiorno.
Nel pomeriggio, in barba alle previsioni, splende ancora il sole, così torniamo in spiaggia … ma il mare è ancora più brutto (sembra uno stagno!), forse anche per la grande quantità di bagnanti. Un siciliano, abituale frequentatore di San Vito Lo Capo, ci confessa di non averlo mai visto in tali condizioni … E’ una disdetta: la più grande delusione del viaggio, ancor di più dell’Etna fra le nuvole! In un modo o nell’altro facciamo comunque sera e arriva anche l’ora di far ritorno al camper. Più tardi, in lontananza, notiamo chiaramente i lampi di un temporale … Domani è prevista pioggia e non ci resta che sperare in un altro errore, questa volta piuttosto grossolano, da parte dei meteorologi.
MERCOLEDÌ 21 AGOSTO
Durante la notte si è abbattuto su di noi un forte temporale, ma quando ci svegliamo, grazie a Dio, splende di nuovo il sole. Lasciamo l’area di sosta e, per completare la visita della zona, ci avviamo verso sud lungo la strada che, fra intriganti panorami, giunge all’ingresso della Riserva Naturale dello Zingaro, poi torniamo indietro e da San Vito Lo Capo seguiamo le indicazioni per Trapani. Giunti in vista del capoluogo cerchiamo la partenza della funicolare che sale alla città di Erice, che già da un po’ avevamo notato svettare nel paesaggio circostante. Mettiamo piede nella nostra cabina e col grandioso panorama, che nonostante la foschia spazia sull’agglomerato urbano di Trapani e sulle Isole Egadi all’orizzonte, saliamo fin quasi ai 751 metri di quota di Erice, ma ci sembra di salire sull’Etna, infatti all’arrivo ci troviamo fra le nuvole, e fa anche piuttosto freddo. Erice, splendido borgo medioevale giunto quasi integro ai giorni nostri, in realtà, secondo la tradizione, fu fondato nella notte dei tempi dal mitico Eryx, figlio di Venere e re degli elimi, il popolo che poi si spinse a posare le prime pietre di Segesta. L’aspetto attuale lo si deve però ai normanni, che nel XII secolo ristrutturarono l’abitato e vi edificarono un castello. Oltrepassata Porta Trapani, un dei tre varchi attraverso le poderose mura del borgo, andiamo subito a visitare, in un’atmosfera autunnale, il Duomo (o Chiesa Matrice), dalla bella facciata gotica risalente al XIV secolo, fiancheggiata dal severo campanile, forse eretto, in origine, come torre di vedetta da Federico D’Aragona. Subito dopo ci incamminiamo in salita verso la centralissima Piazza Umberto I, così lungo la strada ci fermiamo in una pasticceria a gustare un “genovese”: dolce tipico ericino, farcito di buonissima crema… e quando ne usciamo il sole fa finalmente capolino fra le nuvole. Il paese è davvero un gioiellino medioevale, con vicoli che sono cartoline e volutamente ci perdiamo per un po’ fra questi. Passiamo accanto alla Chiesa di San Giuliano, poi giungiamo in vista di quella di San Giovanni Battista, ubicata ai margini dell’abitato con alle spalle un grandioso panorama che spazia fino a San Vito Lo Capo. Passeggiando arriviamo quindi al cosiddetto Castello di Venere (risalente al XII secolo), abbarbicato ad uno sperone roccioso con straordinarie viste, allietati dal caldo tepore del sole, che ha finalmente vinto la sua battaglia con le nuvole ed ora inonda tutto di splendida luce. Ripassiamo infine a fotografare la Chiesa Matrice in un’altra stagione e poi con la funicolare torniamo al livello del mare. Pranziamo e subito dopo prendiamo strada, anzi, l’autostrada: direzione Palermo. Verso il centro della Sicilia ci sono grossi nuvoloni carichi di pioggia, mentre su di noi insiste ancora il sole. Così, giunti all’uscita di Castellammare del Golfo, seguiamo le indicazioni per Scopello e una manciata di minuti più tardi ci fermiamo nel parcheggio antistante l’omonima tonnara. La Tonnara di Scopello, una delle più importanti e antiche di tutta l’isola, risale al XIII secolo e si trova ubicata in uno spettacolare tratto di costa, caratterizzato da alcuni faraglioni, talmente scenografico che è stato anche scelto come set naturale per girarvi un noto spot pubblicitario della Wind, con i comici Aldo, Giovanni e Giacomo. Il luogo è accessibile a pagamento e offre anche un’originale opportunità balneare, ma non adatta ad un bimbo … in più non è proprio la giornata giusta, così ci accontentiamo di osservarlo dall’alto delle limitrofe scogliere, quindi andiamo a trascorrere il resto del pomeriggio nella vicina insenatura di Guidaloca, mentre il sole se ne torna definitivamente dietro alle nuvole ed in lontananza si vede chiaramente piovere. Il mare è mosso e poco invitante, così facciamo sera a giocare con i sassi che caratterizzano la spiaggia e poi andiamo, per la notte, nell’area di sosta Agricampeggio Scopello. Più tardi il meteo si acquieta ed in cielo appare una bella luna piena … speriamo bene, perché domani ci attende un’intera giornata al mare nella Riserva Naturale dello Zingaro.
GIOVEDÌ 22 AGOSTO
C’è qualche nuvola in cielo ma non preoccupa più di tanto. Mettiamo i panini dentro allo zaino e con la navetta dell’area di sosta ci facciamo accompagnare all’entrata meridionale della Riserva Naturale dello Zingaro, prima area protetta di questo tipo in Sicilia, istituita nel 1981 al termine di numerose iniziative ambientaliste volte ad impedire la costruzione di una strada costiera che doveva raggiungere San Vito Lo Capo da Scopello. A piedi superiamo l’ingresso, pagando i tre euro richiesti, mentre le nubi si sono completamente dileguate, e subito attraversiamo una breve galleria, unica testimonianza dell’epoca in cui erano iniziati i lavori di costruzione della strada, quindi ci dedichiamo al sentiero che corre lungo la costa. Il percorso si snoda, fra selvaggi scenari, per circa sette chilometri, fino all’uscita dalla riserva verso San Vito Lo Capo, ma noi, vista la presenza del piccolo, ci accontenteremo di raggiungere solo la prima caletta, quella di Capreria, posta a meno di un chilometro di distanza dal varco di accesso. Arriviamo alla spiaggia poco dopo le 9:00 e già dall’alto possiamo ammirarne la bellezza: il mare oggi è calmo ed esprime i suoi colori migliori, in netto contrasto con quelli più caldi delle scogliere circostanti ed un cielo incredibilmente terso. Nonostante l’orario, però, il luogo è già piuttosto affollato e a fatica riusciamo a trovar posto per i teli ed il nostro ombrellone. Giusto il tempo per ambientarci e in men che non si dica siamo a crogiolarci fra i cristallini flutti di Cala Capreria, in un mare veramente bello, come ci saremmo aspettati di vedere anche a San Vito Lo Capo! In un amen si fa mezzogiorno e pranziamo al sacco, mentre la gente tutt’intorno si è fatta così fitta che a fatica si riescono a scorgere i sassi della spiaggia … e sale in noi la nostalgia delle deserte spiagge caraibiche. Più tardi Leonardo supera brillantemente l’esame del riposino in riva al mare (nonostante la ressa) e al suo risveglio andiamo tutti a goderci un altro bagno. Le meraviglie dello Zingaro, compresa la caletta di Capreria, hanno però tutte una peculiarità: sono rivolte ad oriente, e le altissime falesie retrostanti fanno sì che finiscano nell’ombra già prima delle 17:00 … così a quell’ora c’incamminiamo verso l’uscita della riserva. Da lì chiamiamo poi la navetta, con la quale torniamo all’area di sosta e dopo una rinfrescante doccia prendiamo strada con destinazione Palermo. Da Castellammare del Golfo imbocchiamo la A29, che corre lungo la costa nei pressi dell’aeroporto di Punta Raisi e di Capaci, dove notiamo il monumento commemorativo l’omonima strage mafiosa, nella quale persero la vita, circa vent’anni fa, il giudice Falcone, la moglie e la relativa scorta. Poco prima delle 20:00 facciamo il nostro ingresso a Palermo … Brighiamo non poco, ma alla fine troviamo il Green Park: area di sosta ubicata quasi in pieno centro, che ci ospiterà per la notte … e da lì, domani mattina, partiremo alla scoperta del capoluogo siciliano.
VENERDÌ 23 AGOSTO
Ultimo giorno intero in terra di Sicilia, completamente dedicato a Palermo, principale agglomerato urbano dell’isola, che oggi conta quasi settecento mila abitanti, le cui origini risalgono all’VIII secolo a.C., in epoca fenicia. Ci alziamo abbastanza presto per essere già prima delle 9:00, nei pressi di Piazza Indipendenza, al Palazzo dei Normanni, facilmente raggiungibile a piedi dal Green Park. Ottima scelta, perché ancora non c’è gente e, in tutta tranquillità, possiamo goderci le bellezze del vecchio Palazzo Reale, che fu inizialmente una fortezza araba (nel IX secolo), poi rimaneggiato e ingrandito dai re normanni e oggi, in parte, è anche sede dell’Assemblea Regionale Siciliana. Ci dedichiamo subito alla parte più nota della struttura: la cosiddetta Cappella Palatina, vero e proprio capolavoro dell’arte arabo-normanna, iniziata da Ruggero II nel 1132 come cappella di corte, che ospita stupefacenti mosaici bizantini su fondo oro. Restiamo così per un po’, letteralmente ammaliati ed in silenziosa contemplazione, dinnanzi a tale ricchezza di decorazioni e riusciamo anche a scattare qualche innocente foto (senza flash), nonostante l’incomprensibile divieto. Dopo la Cappella Palatina esploriamo gli interessanti appartamenti reali, comprendenti la sala che ospita l’attuale Consiglio Regionale, quindi il piano interrato, dove si trovano gli ambienti più antichi del complesso, infine usciamo dall’edificio mentre cominciano ad affluire, più numerosi, i turisti. Nelle vicinanze andiamo anche a vedere ciò che resta della Chiesa di San Giovanni degli Eremiti, risalente al XII secolo, con le sue cinque rosse cupole arabe e l’attiguo, affascinante chiostro, poi da Piazza Indipendenza cerchiamo i mezzi pubblici per raggiungere la cittadina di Monreale, posta sulle colline alle spalle di Palermo. Per giungere a destinazione occorrerebbe cambiare linea, ma i tempi sono piuttosto lunghi, così per l’ultimo tratto accettiamo l’irrinunciabile proposta di un tassista, che per pochi euro ci accompagna praticamente in piazza a Monreale … Il suo vero scopo era poi quello di adescarci per il ritorno, ma noi, gentilmente, decliniamo la proposta. Monreale, cittadina formatasi nel XIII secolo intorno ad un’abbazia benedettina, divenuta poi uno dei più vasti arcivescovadi dell’isola, è nota soprattutto per quello che è, oggi, il suo Duomo, i cui lunatici orari di apertura ci hanno costretto ad interrompere, momentaneamente, la visita di Palermo. Al pari della Cappella Palatina, il Duomo di Monreale è una delle più elevate espressioni dell’arte arabo-normanna e, fondato nel 1172 da Guglielmo II, si contraddistingue per i meravigliosi mosaici su fondo oro, che si estendono per oltre seicento metri quadrati, raccontando episodi dell’Antico Testamento. Di fianco al primario edificio religioso osserviamo poi lo splendido chiostro, della stessa epoca, contornato da 228 colonne con intarsi a mosaico o decorate con arabeschi, sovrastate da archi ogivali, che creano scorci di grande suggestione. Con i mezzi pubblici, intorno a mezzogiorno, torniamo quindi a Palermo e scendiamo quasi di fronte al suo Duomo. Maestoso, di origine arabo-normanna ma profondamente rimaneggiato nel corso dei secoli, quasi come se ogni dominatore dell’isola avesse voluto lasciare su di esso un’impronta indelebile. Lo esploriamo nei minimi particolari, a partire dalle reali tombe normanne e sveve, per passare al ricco tesoro e alla cripta, contenente sarcofagi di origine romana, e giungere, con una visita guidata, fin sul tetto dell’edificio, tra fantasiose cupole e belle viste sulla città. Sono già passate da un po’ le 13:00 quando torniamo al camper per pranzare e più tardi, mentre il piccolo se la dorme, in compagnia di Federico, mi reco ad esplorare le inquietanti Catacombe dei Cappuccini, dove nella metà dell’Ottocento furono stipati ed appesi circa ottomila cadaveri, imbalsamati con tecniche utilizzate dai frati, ancora oggi visibili, tutti in fila, lungo i muri dei sotterranei, a creare un ambiente di gusto estremamente macabro, ma anche suggestivo. Abbandonato l’aldilà e riguadagnata la luce del sole ne approfittiamo per andare a fotografare anche la vicina dimora-fortezza della Ziza, severo esempio di architettura normanna risalente alla fine del XII secolo, poi intorno alle 16:30 siamo nuovamente al camper per ricompattare la squadra e proseguire nella visita del centro di Palermo. Perdiamo un po’ di tempo ad aspettare un autobus che, chissà per quale motivo, non passa proprio, poi grazie anche all’ausilio di un’ape-taxi, che ha particolarmente divertito Leonardo, raggiungiamo il cuore della città, identificato con Piazza Vigliena, detta comunemente Quattro Canti. Qui si incrociano le due principali arterie di Palermo, che nel XVII secolo dividevano la città di quattro grandi quartieri, ai cui angoli si trovano altrettanti monumentali palazzi dalle facciate concave, arricchite di decorazioni barocche. Da lì, vista l’ora ormai tarda, ci precipitiamo subito a vedere La Martorana (o Chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio), di culto ortodosso, risalente al XII secolo e tempestata di meravigliosi mosaici bizantini … ma al suo interno si sta consumando un matrimonio e ciò non ci permette di visitarla accuratamente, così ci dedichiamo all’attigua Chiesa di San Cataldo, della stessa epoca, ma caratterizzata da un’architettura più severa e sovrastata da tre solenni cupole rosse, in contrasto con la monocromia delle pareti sottostanti. L’edificio religioso chiude alle 18:00 e in extremis riusciamo ad esplorarne gli spogli ma suggestivi interni, quindi ci dedichiamo alla dirimpettaia Chiesa di Santa Caterina, che, eretta nel XVI secolo, presenta al suo interno una fastosa decorazione barocca fatta di stucchi ed intarsi policromi che ricoprono ogni centimetro di muro … senza dubbio una delle più belle costruzioni del genere in città. Rivolgiamo quindi la nostra attenzione alla fotogenica Piazza Pretoria, con la sua cinquecentesca e monumentale fontana, animata da svariati personaggi marmorei e contornata da interessanti edifici, fra i quali il Municipio (o Palazzo delle Aquile) … anche se il tutto è ormai, irrimediabilmente, nell’ombra del tardo pomeriggio. A questo punto facciamo una toccata e fuga al Mercato di Ballarò, considerato il più antico di Palermo, ma il luogo ci inquieta un tantino e ben presto prendiamo la strada per il Green Park. Così lungo il tragitto ci fermiamo a comprare panelle e cannoli per cena, con l’intendo di ricordare piacevolmente questa terra, che domani lasceremo.
SABATO 24 AGOSTO
Inizia pian piano il lungo viaggio di rientro. Poco dopo le 8:00 lasciamo l’area di sosta di Palermo e seguiamo le indicazioni per l’autostrada, imboccata la quale ci avviamo a percorrere praticamente tutta la costa settentrionale dell’isola, saltando volutamente, per mancanza di tempo, l’interessante città di Cefalù. Quasi a mezzogiorno però ne usciamo per andare sul litorale di ponente della località di Milazzo e consumare un ultimo bagno siciliano prima di tornare sul continente. Milazzo si trova su una curiosa penisola protesa nel Mar Tirreno, dalla quale si salpa alla volta delle Isole Eolie, che offre una lunga spiaggia sassosa, sulla quale avevo ottime referenze … e ne ho la riprova, infatti nel suo limite settentrionale scopriamo un mare strepitoso, nel quale gongolarci per un po’ di tempo … fino all’ora di pranzo. Cinque minuti prima della 14:00, dal lungomare di Via Toma a Milazzo, prende il via il vero e proprio viaggio di ritorno e circa mezzora più tardi usciamo già dall’autostrada, a Messina, seguendo le indicazioni per il porto … ma siamo subito in coda! Oggi è una giornata da bollino rosso per i rientri dalle vacanze, così impieghiamo oltre due ore per imbarcarci e alle 16:45, finalmente, saliamo sul traghetto della Caronte & Tourist, che circa trenta minuti più tardi ci fa sbarcare a Villa San Giovanni, in Calabria … ma dopo pochi metri siamo nuovamente in fila lungo la bretella che porta all’autostrada. Decidiamo così di avventurarci in un percorso alternativo, lungo la statale che corre verso nord in prossimità della costa, ma ci troviamo imbottigliati nel centro della cittadina di Scilla e del suo traffico balneare, riuscendo ad entrare in autostrada solo alle 18:20… è un’odissea! Il traffico ora è scorrevole, ma siamo in grande ritardo sulla tabella di marcia, in più dobbiamo affrontare un altro rallentamento per lavori dopo Pizzo Calabro. Intorno alle 20:00 ci fermiamo per cena, in un’area di servizio, poco prima di Cosenza e successivamente riprendiamo strada. Seguendo a ritroso il percorso dell’andata, alle 22:45 giungiamo a Trebisacce, nella stessa area di sosta dove avevamo pernottato due settimane fa in viaggio verso la Sicilia, e, tutti stanchi, ben presto ce ne andiamo a dormire.
DOMENICA 25 AGOSTO
Partiamo presto da Trebisacce, alle 6:20, mentre Sabrina e Leonardo rimangono a letto … in questo modo recupereremo il tempo perso e ci metteremo (forse) al riparo da nuove code. Alle 8:40 siamo a Bari, compresa sosta per colazione e sveglia per tutta la famiglia, poi, un’ora più tardi, a Foggia. Alle 11:30 eccoci transitare lungo la A14 nei paraggi di Pescara … e poco dopo in coda per un incidente. Così in prossimità di San Benedetto del Tronto ci fermiamo a pranzare. Alle 14:30 riprendiamo la strada maestra, che essendo abbastanza scorrevole ci permette di essere ad Ancona alle 15:20 e mezzora dopo a Pesaro. Rientriamo in Romagna e alle 16:20, superate le indicazioni di Rimini Nord, siamo di nuovo fermi in coda. Così decidiamo di uscire a Valle del Rubicone e percorrere l’ultimo tratto sulla Via Emilia. In questo modo, dopo una sosta obbligata per le operazioni di servizio, alle 17:40 concludiamo il viaggio di fronte a casa. Poco più tardi cominciamo a riordinare il camper, mentre scorrono in noi le immagini più belle della Sicilia, regione ricca di storia millenaria e stupendi scenari naturali, crocevia del Mediterraneo e mitica “terra dei tre mari” (a volte caratterizzati da magnifici riflessi cristallini)… unico neo l’italico sovraffollamento agostano.
– Dal 10 al 25 agosto 2013
– Da Forlì a Forlì km. 3481