Un’Irlanda di emozioni

Un viaggio emozionante tra le mete più conosciute e quelle meno battute dell'isola di Smeraldo
Scritto da: superele1982
un'irlanda di emozioni
Partenza il: 06/08/2015
Ritorno il: 16/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Ero stata in Irlanda a studiare per tre settimane nel lontanissimo 1998, quando avevo sedici anni, e non sono più riuscita a dimenticare la bellezza del sud ovest con i suoi panorami mozzafiato, la simpatia degli irlandesi e la vitalità di Dublino. Dopo tanti anni, volevo che anche mio marito vivesse insieme a me un po’ di questo Paese più unico che raro, quindi abbiamo preparato un bell’itinerario (con volo + noleggio auto), prenotato i b&b dall’Italia e siamo partiti con aspettative altissime… che puntualmente l’Isola di Smeraldo non ha deluso, anzi, si può dire che le abbia persino superate.

GIORNO 1 – GIOVEDI’ 6 AGOSTO

Abbiamo il volo alle 11.20 a Linate, quindi partiamo da Parma con calma, lasciamo l’auto nel parcheggio che abbiamo prenotato, vicino all’aeroporto, veniamo accompagnati alle partenze con la navetta gratuita e iniziamo il nostro viaggio. Atterriamo a Dublino con un po’ di ritardo, ritiriamo l’auto a noleggio prenotata con Hertz (quest’anno la nostra compagna di viaggio è una Scoda Rapid) e ci dirigiamo subito verso Howth e il bed and breakfast che abbiamo prenotato per la prima notte.

Howth è una penisola poco a nord di Dublino, a pochi chilometri dall’aeroporto, ed è un caratteristico porto irlandese: colorato, tranquillo, il panorama è comunque piacevolissimo e ce ne accorgiamo sin da subito, mentre andiamo a Cornerville, prenotato per una notte al prezzo di 80€ (colazione inclusa, parcheggio pubblico gratuito).

Al primo tentativo nessuno viene ad aprirci, poi ci rendiamo conto che il proprietario è nel garage e bussiamo anche lì. Ci riceve gentilmente e ci mostra la camera, spaziosa (mai visto un letto così grande) e pulita, arredata in stile georgiano, tipico dell’Irlanda, da quanto scopriremo durante tutto il nostro viaggio. Ci dà un po’ di indicazioni utilizzando una grande cartina dei dintorni, risaliamo in auto e percorriamo i pochi chilometri che ci separano dal centro di Howth. Siamo affamati (in aereo non abbiamo mangiato), quindi cerchiamo subito un posticino. Ci fiondiamo da “Crabby Jo’s”, e ordiniamo calamari fritti e sandwich di gamberi, insieme a due belle birre fresche. Con un caffè, spendiamo 32 euro, ma siamo soddisfatti e possiamo iniziare la nostra passeggiata.

Il molo è piuttosto tranquillo, assistiamo alle operazioni per tirare in secca e trasportare via una grande nave da pesca, il tutto ordinatamente e con molta calma e sicurezza. Non c’è tanta gente in giro, e arriviamo abbastanza rapidamente sulla collina che dà sul mare. Una chiesa diroccata fa da cornice ad un cimitero, ma l’atmosfera non è triste e desolata, nonostante il luogo in cui ci troviamo. Belle croci celtiche si affacciano sul mare d’Irlanda e i gabbiani volano numerosi nel cielo piuttosto nuvoloso. Poche gocce di pioggia ci accompagnano al rientro al bed and breakfast per riposare un po’ prima di tornare ad Howth per cena.

Facciamo un giro fino al faro, scattiamo qualche foto piuttosto suggestiva nella pur semplice atmosfera che ci circonda e poi torniamo verso il centro. Scegliamo un pub vicino alla stazione della DART, la linea che collega Howth con il centro di Dublino. “The Bloody Stream” è il tipico pub irlandese: piuttosto antico, muri spessi, luci soffuse, camino acceso (in agosto!), buona musica in sottofondo e cucina gustosa. Ordiniamo un assaggio di tre ostriche e due bei piatti di fish&chips. Con due pinte di birra spendiamo 44€, e questa sarà sempre più o meno la spesa media a cena per due persone considerando un piatto completo (main dish) e una pinta di birra.

Torniamo a Cornerville e ci riposiamo dopo la nostra prima giornata in terra d’Irlanda.

GIORNO 2 – VENERDI’ 7 AGOSTO

Ci svegliamo presto e scendiamo a far colazione. Andy ci prepara caffè e pane tostato, ci serviamo con dei croissant e poi arriva il menù da cui possiamo scegliere altro cibo: io prendo del salmone affumicato che è davvero molto buono, anche se subito pensare di mangiarlo a colazione sembra strano… invece va benissimo, e lo mangio con appetito. Paghiamo il conto per la notte, salutiamo, ringraziamo per l’ospitalità e partiamo peri l Brownes Hill Dolmen, che dista un centinaio di chilometri da Howth e si trova sulla strada che ci porterà già fino al sud del Paese.

Il parcheggio del sito del dolmen è vuoto, come già notato l’anno scorso in Bretagna questi siti preistorici poco pubblicizzati non attirano mai molto pubblico, il che è sempre un bene, così potremo fare tutte le foto che vogliamo senza ressa intorno. Siamo vicino a Carlow, poco lontano dall’uscita dell’autostrada che abbiamo percorso scendendo verso sud. Entriamo senza che nessuno ci chieda di acquistare un biglietto d’ingresso, percorriamo qualche centinaio di metri a piedi per raggiungere il dolmen, che è comunque già visibile dal parcheggio data la mole piuttosto importante. Ai lati del prato in cui si trova il monumento megalitico il terreno è coltivato (infatti è proprietà privata). Il dolmen è davvero imponente, e leggiamo che la lastra del soffito (davvero enorme) pesa più di 100 tonnellate ed è la più grande in Europa. Scattiamo molte foto, la giornata è magnifica e la temperatura è ideale.

Risaliamo in auto e percorriamo circa 40 km, fino a Kilkenny. Troviamo parcheggio a pagamento in una stradina vicinissima al centro, e ci incamminiamo. Attraversiamo un ponte che regala una bella vista sul castello sulla sinistra e in pochi passi arriviamo appena fuori dalle alte mura. Non abbiamo in programma una visita all’interno del grande edificio, ma entriamo comunque nei giardini (gratuitamente): un’aiuola a forma di croce celtica fa da contorno ad una bella fontana, e sulla scalinata il castello, dal suo colore caratteristicamente scuro, è imponente. Facciamo il giro di tutto il perimetro e anche il retro, con un bel prato all’inglese curatissimo, non delude.

E’ ora di pranzo e scegliamo il centralissimo “The field”, un pub tipicamente irlandese. Alle pareti molta memorabilia sportiva, non c’è un centimetro libero neanche sul soffitto! Pranziamo con poco più di 28 euro per una zuppa densa (chowder) di pesce, un bell’hamburger di carne irlandese con formaggio e le immancabili due pinte di birra. Prima di ripartire, facciamo una passeggiata per la via principale del centro di Kilkenny, saliamo su una collinetta per visitare brevemente la Cattedrale, poi riscendiamo e facciamo un po’ di shopping al negozio della birra Smithwicks, che viene prodotta qui a Kilkenny dal 1710. Il tour al birrificio ci porterebbe via troppo tempo, così terminiamo con qualche acquisto di souvenir in uno dei tanti negozietti pieni zeppi di ogni immaginabile tipo di ricordo tematico irlandese e torniamo verso l’auto giusto in tempo per rispettare il tempo del parcometro. In due ore, la Wild Atlantic Way ci porta a Kinsale, un bel porticciolo marittimo colorato e vivace.

Prendiamo possesso della camera alla Tierneys Guesthouse sulla Main Street dopo aver pagato il parcheggio in strada per l’auto (solito parcometro, ma con pochissimi euro potremo lasciare l’auto posteggiata di fronte alla guesthouse fino al mattino successivo): siamo al secondo piano, la camera è piuttosto piccola ma pulita. La finestra a Velux fa i capricci, ma il gentilissimo ragazzo che ci ha accolti con poche mosse decise e piuttosto brusche riesce a chiuderla. Pagheremo la camera 84€, colazione esclusa.

Dopo esserci riposati un po’, usciamo e facciamo due passi per il centro. Assetati, ordiniamo due Bulmers in un vecchio bar: mentre percorrevamo la strada da Kilkenny a Kinsale abbiamo visto gli stabilimenti enormi di questa benedetta Bulmers, quindi… perché non provare la loro birra? Quando il barista ci ha portato le due pinte, in effetti il sapore ci è sembrato un po’ fruttato, anche se piacevole. Ci siamo guardati un po’ in giro, per poi scoprire, da una pubblicità, che la Bulmers è… sidro! Continuiamo la nostra esplorazione del centro in cerca di un posticino dove cenare, ma non c’è niente che ci attiri più di tanto e i prezzi sono davvero molto alti. Alla fine, torniamo sulla Main Street e scegliamo “The old Kingsale”, un pub quasi di fronte alla guesthouse dove dormiremo. Non abbiamo tanta fame, e ordiniamo un antipasto di calamari fritti e un’insalata di formaggio di capra. Con due pinte di birra si arriva a 32€, ma le porzioni erano veramente molto scarse, anche se il cibo era comunque buono. Facciamo un’ultima passeggiata poi, stanchi, andiamo a riposarci.

GIORNO 3 – SABATO 8 AGOSTO

Prima delle 8 siamo già pronti e usciamo alla ricerca della colazione. Poco lontano da Main Street troviamo un posticino che ha appena aperto dove mangiamo cioccolata calda e un mega cookie (io), e caffè, pancakes e croissant (Davide). Il prezzo è praticamente quello di un pranzo, ma siamo comunque soddisfatti.

Dopo due chiacchiere e un simpatico saluto con la titolare della guesthouse, partiamo alla volta di Old Head, una punta sull’oceano che dista appena un quarto d’ora da Kinsale. L’oceano è sempre molto suggestivo, e i resti di un’antica torre che ora fa da cancello per un magnifico campo da golf in un esclusivo circolo sono un ottima cornice per un paesaggio davvero imperdibile. Anziché tornare verso Kinsale, continuiamo a percorrere la stradina panoramica che da Old Head scende verso il mare, e questo si rivelerà un’ottima scelta, dato che passeremo per una bella spiaggia e tanti piccoli centri abitati, fino ad arrivare a Schull, la prossima tappa.

Parcheggiamo gratuitamente appena sopra il centro, e scendiamo subito verso il porto, dove sono in corso dei preparativi per una regata a cui i bambini del luogo parteciperanno nel pomeriggio. C’è chiasso, grida di bambini, musica, ma l’atmosfera è allegra e siamo felici. Pranziamo al pub “The Bunratty Inn”, che con 24 euro ci soddisfa con un grosso club sandwich, un altrettanto enorme panino con la carne di manzo, patatine fritte e le immancabili due pinte.

Riprendiamo l’auto e in poco più di 40 minuti, ma su strade non molto agevoli, arriviamo alla piovosa Mizen Head Signaling Station, a picco sull’oceano. C’è molta gente, ma la pioggerellina insistente e il vento forte non ci lasciano apprezzare il panorama. Un po’ delusi ripartiamo verso Killarney, dove arriviamo sotto una pioggia scrosciante dopo poco più di due ore di viaggio.

Troviamo subito la Cherry Tree Guesthouse, proprio sulla strada principale che conduce al centro cittadino, e ancora una volta nessuno risponde al campanello. Decidiamo di telefonare e finalmente un uomo si presenta e ci lascia entrare guidandoci alla camera (per due notti, parcheggio privato e colazione inclusa, pagheremo 130€) spaziosa e pulita. Ci riposiamo un po’, e poi usciamo dirigendoci a piedi verso il centro, che dista appena cinque minuti di marcia. Piove molto meno e non usiamo nemmeno gli ombrelli.

Le strade sono piene di negozi, pub, ristoranti e artisti di strada, e Killarney ci piace sin da subito. Dopo un giro, decidiamo di cenare al ristorante “An Sceal Eile”, proprio su una delle strade principali della cittadina. Con 38€ mangiamo bene a base di piatti tradizionali irlandesi: io provo il “Bacon and Cabbage”, carne di maiale cotta a lungo e servita con cavolo verza passato nel burro, besciamella e patate (mashed potatoes, una specie di purea ma molto meno condita rispetto alla nostra); Davide si cimenta con uno stufato di carne cotto nella birra. Con due pinte e un caffè siamo più che sazi.

In strada è pieno di musica, e ci fermiamo ad ascoltare un cantante scozzese bravissimo, che delizia il numeroso pubblico con battute scherzose e canzoni famose, da “American Pie” a “The sound of silence”, senza dimenticare gli amici italiani (ci ha riconosciuto senza che parlassimo…) con “Io vagabondo” (lui però, anziché non avere soldi in tasca, non aveva soldi in banca… apprezziamo la licenza poetica, con buona pace dei Nomadi).

Troviamo anche un negozio che vende lana ed articoli fatti a mano sulle isole Aran: affondare le mani in tutto quel bianco soffice è davvero bellissimo!

Ultima passeggiata prima di rientrare in albergo, e poi buonanotte: il giorno dopo ci attende il famoso tour del Ring of Kerry.

GIORNO 4 – DOMENicA 9 AGOSTO

Ci alziamo presto e scendiamo per la colazione. Possiamo addirittura scegliere tra diverse proposte! Stiamo sul classico entrambi, e ci arriva un bel piatto con uova su bagels e bacon, oltre a pane tostato che spalmiamo di ottimo burro. Un caffè e poi via, si parte per il Ring of Kerry.

Si tratta di un percorso ad anello che attraversa una bella fetta della regione del Kerry, consigliato da tutte le guide e molto pubblicizzato. Partiamo presto, e percorreremo il tragitto in senso contrario rispetto ai pullmann, per evitare di perdere troppo tempo dietro i torpedoni (le strade sono strette e sorpassare non è sempre possibile). Il tempo sembra reggere nonostante minacciose nuvole grigie. Dopo pochi chilometri dalla partenza, facciamo una deviazione dal percorso consigliato per visitare una spettacolare spiaggia (vicino a Glenbeigh) battuta dalle onde, dal vento e dalla solita pioggerellina fitta e fredda: c’è anche chi non si lascia intimorire e fa coraggiosamente il bagno! Scattiamo alcune belle foto anche ai cavalli irlandesi (non alti come i nostri, ma comunque bellissimi animali) e ripartiamo. Ci rendiamo conto che purtroppo le strade sono spesso chiuse ai lati da una fitta vegetazione, il che non permette di godersi il panorama… questa è una grande differenza rispetto alla Bretagna e alla Normandia, visitate durante le nostre ultime vacanze. Pazienza, continuiamo comunque il giro facendo ogni tanto qualche deviazione tentati dai cartelli ai bordi della strada. E per fortuna, direi: uno di questi ci indica un castello, quello di Ballycarbery, e percorriamo pochi chilometri di stradine piuttosto strette e deformate. Quello che ci troviamo davanti agli occhi alla fine della strada, però, vale tutto il viaggio per il Ring of Kerry: il castello, o comunque quello che ne rimane, è ancora maestoso, il profilo è accarezzato dall’edera, e l’atmosfera un po’ cupa che le nuvole regalano al sito rendono tutto piuttosto magico. Ci ricordiamo delle atmosfere viste nei film e che pensavamo non esistessero davvero, ma siamo costretti a ricrederci. Vicino al castello, che sorge comunque su una proprietà privata, pascolano tranquille alcune mucche e l’oceano arriva proprio vicino ai nostri piedi. Un luogo incantevole, forse anche grazie al fatto che non sia poi così conosciuto.

Torniamo indietro verso la strada principale, che ci fa attraversare Waterville, un piccolo centro, molto carino, proprio sull’oceano. Un gruppo di italiani appena arrivati in pullmann si affolla a fare la foto con la statua di Charlie Chaplin, il più famoso visitatore mai giunto in questa cittadina. Dall’altra parte della strada, un uomo siede tranquillo su una sedia di plastica sul marciapiede accarezzando un grosso caprone dalle grandi corna… Non ci si deve mai stupire di niente!

Riprendiamo la nostra strada e, prima di arrivare a Caherdaniel, facciamo una deviazione per la spiaggia di Derrynane, molto affascinante e piuttosto pacifica. Pranziamo a Caherdaniel, a pochi chilometri di distanza, al pub “The Blind Piper”, dove con 33€ mangiamo due bei panini aperti con salmone e granchio (ormai le nostre due pinta di birra sono un denominatore comune in tutti i nostri pasti). Ripartiamo alla volta di Kenmare, un bel centro che attraversiamo solamente in auto, poi saliamo verso le montagne del Molls Gap. Facciamo una deviazione verso l’interno e la Black Valley, e troviamo davvero dei bei panorami tra montagne, laghi e pascoli di pecore e mucche (bella la vista sul Barfinnihy Lake). Prima di arrivare a Killarney, alcune soste veloci al punto panoramico di “Ladies View”, affollatissimo di torpedoni fermi per fare fotografare i turisti, e alle modeste cascate, anche queste prese d’assalto dalla massa di turisti provenienti da ogni dove.

A Killarney ci dirigiamo direttamente al Ross Castle, che non delude le aspettative: dista 2 chilometri dal centro, c’è un comodo parcheggio per l’auto, e verso l’orario di chiusura è tranquillo (siamo arrivati verso le 17, non siamo comunque entrati… già l’esterno è favoloso). Il castello è maestoso, e si specchia nelle acque di un bel laghetto pieno di anatre. L’atmosfera è da favola, e il cielo che finalmente si è rasserenato corona una giornata piena di scoperte.

Per cena, a Killarney facciamo fatica a trovare un posto in cui non ci sia da fare ore di coda per avere un tavolo, e finiamo al “The Dyne” dove ceniamo piuttosto male con 21€ (conto ridotto gentilmente dalla titolare dopo le mie lamentele sul piatto scadentissimo che mi era stato servito dopo un’ora di attesa, quando le birre erano praticamente calde). Siamo rimasti delusi dal percorso ufficiale del Ring of Kerry, forse troppo pubblicizzato. Abbiamo invece apprezzato i posticini fuori dai circuiti più conosciuti e scoperto così alcuni piccoli paradisi incantevoli. Dopo una passeggiata per il centro, dove il nostro amico scozzese dà ancora spettacolo con le sue canzoni, torniamo in hotel fiduciosi per i luoghi che ci aspettano nei giorni successivi della nostra vacanza.

GIORNO 5 – LUNEDI’ 10 AGOSTO

Colazione irlandese di buon mattino. Davide prova la Full Irish Breakfast, che oltre a uova e bacon (la mia colazione) include anche pudding nero e bianco, ma le abitudini sono dure a morire e mangiare sanguinaccio la mattina è duro per i nostri stomaci italici. Lasciato da parte l’amaro boccone, paghiamo il conto e partiamo alla volta della penisola di Dingle, che raggiungeremo dopo aver attraversato il Conor Pass. Durante il tragitto, ci fermiamo alla incantevole spiaggia di Castelgregory e poi, quando scoviamo uno stupendo punto panoramico poco oltre, sulla strada, non resistiamo, scendiamo e scattiamo diverse foto della piccola insenatura che si presenta ai nostri occhi. Il Conor Pass, poco conosciuto ai più, non è lontano e le strade sono molto ben praticabili. I turisti sono pochi, e la vallata al di sotto dei nostri occhi è meravigliosa. Il verde d’Irlanda sembra accarezzare dolcemente le colline, e il sole bacia Dingle e l’intera penisola, non troppo lontane e già ben visibili.

Attraversiamo Dingle, colorata e piuttosto vivace, e ci dirigiamo al Gallarus Oratory, ad appena 7 chilometri di distanza. Vogliamo evitare la ressa dei turisti, e infatti facciamo appena in tempo… Questa piccola ma affascinante costruzione, che risale ai tempi dei primi cristiani d’Irlanda, è tra i più fotografati luoghi del Paese, e non a torto. Rimaniamo affascinati dalla perfezione dei suoi muri a secco e scattiamo molte foto.

Dalla nostra fida guida della Lonely Planet, scopro che poco lontano, in direzione di Ballyferriter – che vogliamo raggiungere per pranzo – ci sono i resti di un centro monastico, quello di Riasc. Sulla strada, mentre Davide guida (ovviamente a sinistra), per fortuna vedo un vecchio cartello scolorito che indica il sito: pochi metri e, non segnalato, sulla destra, un cancellino arrugginito e un muro a secco nascondono quello che resta del monastero di Riasc. Scendo subito, ipnotizzata, e scatto foto nel silenzio più totale: ancora una volta, non c’è assolutamente nessuno, fuori dai circuiti turistici più conosciuti. Tanto meglio, un luogo così particolare può rivelare il suo fascino solo al visitatore solitario.

Torniamo indietro sulla strada principale che ci conduce a Ballyferriter, dove ci sono solo poche case e tre pub. Entriamo al “Tigh Ui Chatain” (siamo nel cuore della cultura gaelica, di nomi in inglese ce ne sono pochi, e già si sente parlare in “irlandese”) e con nemmeno 30€ pranziamo con due pinte e due ottimi fish&chips.

Subito dopo la fine del paesino, inizia il percorso ad anello sulla penisola di Dingle, e – rispetto al percorso fatto al Ring of Kerry – rimaniamo letteralmente a bocca aperta per lo stupore nel vedere – e nel ritrovarci sempre a vista d’occhio dalla strada panoramica – il blu dell’oceano che si staglia ai nostri occhi, il verde delle colline che lo circondano e il cielo che più azzurro non si può. La strada è molto stretta, molto spesso siamo costretti a fermarci in piccole piazzole di sosta per far passare chi arriva dalla direzione opposta, ma tanta prudenza è più che premiata da ciò che vediamo alla nostra destra.

Al termine del circuito, riattraversiamo Dingle e ci mettiamo in marcia per Doolin, a più di tre ore di strada, ma quasi non sentiamo la stanchezza dopo aver visto dei panorami che ci hanno davvero fatto mozzare il fiato.

L’autostrada ci conduce a Doolin abbastanza velocemente e verso le 19 arriviamo finalmente al B&B Ocean View, sulla strada tra Doolin e le celebri Cliffs of Moher. Veniamo accolti brillantemente da Patrick, uno dei membri della famiglia McMahon, proprietari della piccola struttura (per due notti, pagheremo 160€, colazione inclusa). Ci fa sentire subito a casa, chiacchieriamo amabilmente e riceviamo alcuni preziosi consigli per le due giornate che passeremo nei paraggi. Per la serata, risponde alla nostra richiesta di trovare un pub dove si faccia buona musica irlandese consigliandoci il pub di O’Connors. In dieci minuti d’auto raggiungiamo il “centro” di Doolin. Non è un centro vero e proprio, dato che Doolin stesso è una cittadina diversa dal solito: le case sono sparse dal porto alla collina e hanno in comune una parrocchia che riunisce tutti. In ogni caso, il pub di O’Connors si trova nella zona dove la densità di negozi per turisti e b&b è più alta, nella strada che porta poi al porto di Doolin (il Pier). Parcheggiamo poco oltre, ed entriamo. Il locale è zeppo di gente, troviamo un cameriere che ci mette in lista d’attesa per un tavolo per cenare e nel frattempo ci invita a prendere qualcosa da bere al bar. Ordiniamo due pinte di birra, e dopo una ventina di minuti ci fanno accomodare al tavolo. Ordiniamo al bancone cozze stufate e patatine (io), pollo marinato e fritto (Davide), e una fetta di cheesecake da dividerci. Nonostante il caos, i piatti ci vengono serviti al tavolo in un tempo ragionevole. Alle nove e mezza inizia a sentirsi la musica nell’aria, quindi ci spostiamo verso il centro del locale e ci godiamo il “concerto” dal vivo: due violini, due fisarmoniche e un flauto suonano allegre melodie irlandesi. Ad un certo punto, un vecchio con una gamba sola inizia a cantare facendosi accompagnare dagli strumentisti e l’atmosfera si fa ancora più affascinante. In tanti cantano in coro seguendo la musica e le parole cantate dal vecchio, che con la sua voce stentorea e ferma stupisce e incanta. Chi è seduto davanti a noi, che siamo rimasti in piedi avendo abbandonato il nostro tavolo troppo lontano, ci invita a sederci per goderci meglio la musica e tra una chiacchiera e l’altra scopriamo che il generoso cliente che ci offre i posti vicino al suo è un irlandese emigrato in Australia tornato in patria per le vacanze… davanti a lui una coppia di spagnoli inizia a chiacchierare anche con noi, mentre racconta le proprie esperienze durante il loro viaggio nell’Isola. E’ bellissimo vedere che c’è così tanta apertura anche con gli stranieri, non si nega una parola gentile e un sorriso a nessuno, in Irlanda.

Dopo le undici, ormai assonnati, riprendiamo la strada verso il b&b dei McMahon e ci addormentiamo dopo aver tirato le tende sulla finestra che, ormai buia, ci aveva mostrato un panorama meraviglioso sull’oceano non appena entrati in camera al nostro arrivo.

GIORNO 6 – MARTEDI’ 11 AGOSTO

Una colazione superba, quella che Patrick ci serve nella sala con vista sull’oceano. Fragole fresche, joghurt, latte, caffè, tortino di patate e cipolle, bacon, uova, salsiccine e un mezzo pomodoro: tutto veramente ottimo, la colazione migliore mai mangiata durante tutta la vacanza.

Staremmo ancora lì a farci viziare da Patrick e da Gussie, l’anziano patriarca della famiglia (che in inglese pensiamo sappia dire solamente “very good”), ma oggi è la giornata delle Cliffs of Moher, che raggiungiamo in pochi minuti. Rispetto al 1998, è stato costruito un grande parcheggio sulla strada, nel quale è chiaramente obbligatorio pagare 6 euro a testa come biglietto di ingresso alle scogliere. Una breve passeggiata ci porta direttamente nel cuore delle Cliffs, che si stagliano davanti a noi. Intraprendiamo il cammino sulla destra, verso la torre O’Brien, e la magia del luogo ci incanta: un timido sole si sta facendo largo nel cielo finora plumbeo, la forza del mare al di sotto delle scogliere è visibile persino a tanti metri di altezza e i gabbiani volano fieri sulle nostre teste. Un bel sentiero, la Burren Way, è percorribile per un lungo tratto, ma noi camminiamo solo per un pezzo prima di decidere di tornare indietro e vedere l’altra parte delle scogliere.

I turisti iniziano ad arrivare numerosi, e ormai anche la temperatura è salita notevolmente, cosa incredibile per un posto del genere (nel 1998, in luglio, c’era un freddo impressionante).

Mentre Davide scatta le ultime foto, faccio un’incursione nel negozio del Visitor Center, ben organizzato e discretamente fornito di una quantità di oggetti per turisti.

Riprendiamo l’auto e – anziché tornare verso Doolin – continuiamo sulla strada che, risalendo verso la costa, ci porta ad Hag’s Head, all’estremità delle Cliffs of Moher. Parcheggiamo a pagamento (2€), dato che non è possibile lasciare l’auto in strada né tantomeno raggiungere la punta in macchina, e percorriamo a piedi circa un chilometro in mezzo a bei pascoli di mucche prima di raggiungere il luogo che penso sia stato il top di tutta la vacanza. Hag’s Head ti lascia senza fiato: le scogliere, l’oceano di un blu cobalto mai visto, il torrione di epoca napoleonica a guardia di un panorama incontaminato e affascinante, tutto contribuisce a regalare ai nostri occhi emozioni davvero uniche. Questa è la vera Irlanda, questo è quello che cercavamo. Scattiamo una quantità spropositata di fotografie, poi, soddisfatti, ci incamminiamo verso la macchina. Un asinello al pascolo sembra volerci dare un arrivederci in questo luogo meraviglioso, e chissà… magari un giorno ci torneremo davvero, nella speranza che tutto sia rimasto così, semplice e stupendo.

Scendiamo verso Liscannor, dove pranziamo in uno dei pub sulla strada principale, il “Joseph McHugh’s”. Le due insalate al salmone affumicato (e le due birre) pagate 25€ sono abbondanti ma scondite e piuttosto insipide, e alla mia richiesta di un po’ d’olio d’oliva mi viene servita una scodellina di olio di un colore poco invitante e con almeno tre dita di fondo fangoso.

Siamo piuttosto stanchi, oggi vogliamo riposarci un po’, quindi – dopo aver visto l’unica torre sopravvissuta del Doonagore Castle di Doolin e alcuni negozietti del paesino – torniamo al b&b per una salutare pennichella. Facciamo la conoscenza di Martha, la sorella di Patrick, con cui chiacchieriamo amabilmente dell’Italia e dell’Irlanda. Ci sentiamo sempre più a casa in questo Paese fatto di gente aperta e simpatica, e prendiamo l’auto ancora sorridendo per ciò che Martha ci ha raccontato.

Per cena, ci fermiamo al ristorante per famiglie (nel senso che ci sono molti spazi riservati ai bambini e ai loro giochi) “The Stonecutters Kitchen” dove mangiamo bene con circa 34€ (tagliatelle fatte in casa – ! – con frutti di mare, e burger di manzo). Riprendiamo l’auto e scendiamo al porto in avanscoperta per la giornata di domani, dato che verremo qui per prendere il traghetto che ci porterà su una delle isole Aran.

Il Pier è tranquillo, alcuni bambini con le mute fanno bei tuffi nelle acque fredde della baia, e il cielo al tramonto – con le Cliffs a farla da padrone sulla sinistra – è uno spettacolo imperdibile. Ai nostri piedi, è tutta una pietra piatta, come se la natura avesse costruito un mosaico di pietra da cui spuntano ciuffi d’erba e l’acqua dell’oceano riesce a riaffiorare nonostante i massi. L’Irlanda è davvero magia, e con gli occhi pieni di meraviglie ci addormentiamo felici dai McMahon.

GIORNO 7 – MERCOLEDI’ 12 AGOSTO

Dopo l’abbondante colazione di Patrick, lo salutiamo con un po’ di tristezza: qui a Doolin ci siamo trovati davvero bene, lui e la sua famiglia ci hanno riservato un trattamento affettuoso e amichevole, che non è così facile da trovare neanche in Irlanda. E poi Doolin ha qualcosa di magico con quel suo panorama aspro che guarda sempre l’oceano, le sue casette disperse tra le colline e il silenzio, un silenzio carico del fascino che solo l’Irlanda sa regalare.

Scendiamo al porto, dove prendiamo subito i biglietti per Inisheer, la più piccola delle isole Aran e quella più vicina a Doolin (dista 8 chilometri). Verso le 10 il traghetto parte: l’aria è frizzante e il mare non è proprio una tavola piatta. Si viaggia molto lentamente, e raggiungiamo l’isola in una mezz’ora di navigazione. Già prima di sbarcare riusciamo a vedere il relitto della Plassy, una nave mercantile che nel 1960 era stata gettata sugli scogli dell’isola dalla forza dell’oceano in tempesta. Sembra tutto molto promettente, è come se sapessi già sin da subito che non rimarremo delusi neanche da questa esperienza su quest’isola.

Scendiamo e subito al molo ci si prospettano le varie opzioni per visitare Inisheer: in bici, sul carro dietro ad un trattore o su un calesse? Caldeggio la terza opzione, e quando vengo a sapere da un baffuto conducente che tutto il giro dell’isola a bordo di un calesse costa solo 10 euro a testa, convinco Davide e ci dirigiamo, su indicazione del simpatico signore baffuto, verso Christina (un bel cavallo scuro) e il calesse attaccato a lei. Il Baffo arriva con altre 5 persone, un’intera famiglia irlandese, e saliamo tutti sul calesse. A cassetta, il Baffo lascia salire con lui anche il più piccolo dei figli degli irlandesi, noi saliamo allegramente tutti dietro. Christina tira che è una bellezza e ci muoviamo spediti. Davide, all’inizio restio all’idea di fare il giro con il calesse, è costretto a ricredersi ed inizia a godersi lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi: salendo, vediamo che l’intera isoletta (250 abitanti) è praticamente coperta di muretti a secco, come se questi costruissero una rete sul terreno.

Ad ogni passo di Christina, il panorama si fa sempre più aspro e più bello. Arriviamo al relitto della Plassy, e il Baffo ci fa scendere per una pausa (così intanto Christina mangia un po’ di fieno) e per lasciarci il tempo di scattare fotografie. Il relitto è impressionante, la ruggine ha corroso la nave che giace su un fondo di sassi e scogli così chiari da far risaltare ancora di più il rossiccio che la ricopre totalmente.

Il conducente ci riprende a bordo e tra una chiacchiera e l’altra (il suo inglese è pressoché incomprensibile, tanto è forte l’accento delle isole Aran… capiamo una percentuale sufficiente a comprendere il discorso in generale, ma non di più) arriviamo fino alla salita che conduce al castello. Qui il Baffo e Christina ci depositano insieme alla famiglia irlandese, e tutti saliamo per la salita ripida che ci porta a ciò che resta di un antica struttura, da cui però il panorama è ancora più bello di quello visto a bordo del calesse. Scattiamo foto, giriamo video, felici e sempre più sorpresi. Scendiamo di nuovo verso il porto e troviamo un pub, il “Tigh Ned”, dove per 25€ mangiamo un buon sandwich e un piatto strano quanto insulso a base di pane e formaggio grattugiato, con le patatine… Vabbè, almeno la birra è sempre buona!

Il traghetto parte con un po’ di ritardo, l’isola è affollata di turisti e i traghetti non sono poi così numerosi e veloci da soddisfare tutti e tutte le rotte che si possono scegliere (si può anche fare il giro fino alle Cliffs oppure il tour per tutte e tre le isole Aran). Bisbigliamo un arrivederci ad Inisheer e alle Cliffs prima di toccare terra a Doolin, riprendiamo la macchina un po’ mesti e ci mettiamo in viaggio verso Galway.

Prima di arrivare, però, facciamo tappa al Dunguaire Castle, che dista 50 chilometri da Doolin e una trentina di chilometri da Galway. Questo castello è fotografatissimo, è forse tra i più celebri d’Irlanda, ma ci lascia un tantino delusi… chissà cosa ci aspettavamo, ma lo troviamo discretamente interessante e passiamo rapidamente oltre. Arriviamo in poco tempo a Galway, dove troviamo con facilità, anche grazie al nostro fido navigatore satellitare, l’Adare Guesthouse (per due notti, ci costerà 160€. La colazione è esclusa, e ci costerà 9.50€ a testa al giorno). Grainne ci accoglie bene, la stanza è in ordine e la struttura è a dieci minuti a piedi dal centro città. Sì, perché di città si tratta: è finito il silenzio di Doolin e la tranquillità delle isole Aran…

Usciamo a piedi e arriviamo in poco tempo alla via pedonale centrale, dove si riversa un mare di persone di tutte le nazionalità. Decidiamo di cenare al ristorante irlandese “Riordan’s”, dove mangiamo della buona carne di manzo con salsa al pepe, funghi, cipolle e patatine. Il conto non arriva ai 40€ (ma ci accontentiamo solamente delle birre da 33cl incluse nel menu che abbiamo scelto). Facciamo una passeggiata per i negozietti e ascoltiamo qualche artista di strada, poi torniamo con calma alla guesthouse per un buon sonno ristoratore.

GIORNO 8 – GIOVEDI’ 13 AGOSTO

La colazione da Grainne è un mix tra self-service e servito. Si può scegliere da un menù quali piatti farsi preparare in cucina da lei, e tu puoi servirti la bevanda calda che preferisci tra quelle in sala pranzo. Io mi butto sul salmone con le uova strapazzate, Davide abbandona il salato per farsi preparare da Grainne dei buoni pancakes con lo sciroppo dolce. Due fette di pane bianco tostato e siamo pronti per partire.

Da Galway raggiungiamo in poco più di un’ora il Connemara di Kylemore Abbey, ma prima di arrivarci non possiamo non fermarci a fotografare il panorama selvaggio e terribilmente affascinante che ci si presenta davanti agli occhi: è tutto lì, tutto insieme. L’oceano si sposa con le montagne e i laghi, e le pecore camminano tranquille e indisturbate sul ciglio della strada in cerca di erba da brucare.

Kylemore Abbey ci si presenta con tutta la sua maestosa bellezza già sin dalla strada. Il parcheggio è ancora deserto, segno che i turisti sui torpedoni devono ancora arrivare… bene! Decidiamo di non entrare (il biglietto costa 13€ a testa, e – a parte i giardini che a quanto pare ospitano anche varietà di fiori piuttosto particolari – l’interno non ci sembra meritevole di un prezzo così alto, dato che il castello è stato comunque costruito nel Novecento e il tutto ha un aspetto “Gotico Naif”) però riusciamo a scattare bellissime foto anche prima del cancello per chi ha il biglietto. Il castello abbazia, infatti, si specchia su un tranquillo lago, quindi è possibile goderselo nel pieno del suo fascino anche dalle sponde dello specchio d’acqua.

Al negozio del castello decidiamo di provare i famosi Fudges, dolci tipici irlandesi che hanno un’aria tremendamente golosa e piuttosto consistente. Ne gustiamo un po’ all’uscita, ma sono piuttosto pesanti e non li finiamo, decidendo di tenerceli per pranzo (sono dei mattoncini!).

Proseguiamo verso l’inizio della Sky Road, una strada panoramica lunga una decina di chilometri che ci permette di ammirare le bellezze paesaggistiche del Connemara. La spiaggia di Eyrephort è un piccolo paradiso tranquillo, e le scogliere che si ammirano dall’alto della strada sovrastante sono selvagge e meravigliosamente affascinanti. Alla fine della Sky Road arriviamo a Clifden (praticamente abbiamo percorso la strada in senso contrario rispetto a quello che le guide riportano, nel senso che loro consigliano di intraprendere la Sky Road iniziando da Clifden. E’ la stessa cosa, dipende solo se il punto di partenza è Galway con Kylemore oppure Clifden), un piccolo ma vivace centro abitato. Paghiamo un’ora di parcheggio al parcometro e facciamo un pranzo leggero (alla spiaggia di Eyrephort abbiamo finito i Fudges) all’Atlantic Coast Hotel: mi gusto 6 ottime ostriche, e Davide fa uno spuntino con 3 buone alette di pollo piccanti (con due pinte di birra e un caffè spendiamo circa 27€.

In un’oretta d’auto siamo di ritorno a Galway, dove ci riposiamo prima di fare una passeggiata pre-cena per esplorare i docks. Ci sono moltissimi cigni, qui dove l’acqua dolce del fiume incontra l’oceano, e anche questo contribuisce a regalare alla bella vista (case colorate e mare blu intenso) quel pizzico di “je ne sais pas quoi” in più che solo l’Irlanda finora ha saputo regalarci.

Proviamo il ristorante spagnolo-messicano “Cactus Jack” dove con 55€ ceniamo con una paella (io direi all’irlandese, comunque discreta) e un bell’hamburger, senza rinunciare a due ottimi dolci (e ovviamente, birra!).

Torniamo in hotel un po’ tristi perché da domani non vedremo più il mare che ci ha accompagnati in questi giorni di vacanza, ma contemporaneamente sempre più contenti perché ciò che abbiamo vissuto ci è piaciuto ogni giorno di più.

GIORNO 9 – VENERDI’ 14 AGOSTO

Dopo la buona colazione da Grainne, la salutiamo e partiamo in direzione est, per attraversare in orizzontale il Paese e arrivare a Dublino, dopo aver fatto tappa a Clonmacnoise, che dista da Galway circa 80 chilometri.

Già in autostrada inizia a piovere, e quando arriviamo al centro monastico medioevale siamo ormai rassegnati alla pioggia, che praticamente sarebbe la prima vera pioggia dall’inizio del nostro viaggio in Irlanda. Miracolosamente, scendiamo dall’auto e smette di gocciolare. Entriamo, paghiamo il biglietto (6€ a testa) e subito ci fanno passare dal museo, dove fanno bella mostra le croci celtiche originali (fuori ci sono le copie, tra l’altro fedelissime come riproduzioni). Sono ben illuminate, e scattiamo belle foto anche delle decorazioni minuziosamente intarsiate sulla pietra. Usciamo sul sito monastico, e per fortuna il tempo continua a reggere. Ciò che resta delle diverse costruzioni, chiese, oratori e torri, è affascinante e suggestivo. E’ incredibile pensare a quanto tempo sia passato dalla costruzione di un sito di questo genere, e a quanto ancora sia bello camminare su questi prati e in mezzo a questi edifici di pietra. Siamo contenti della visita, e ci rimettiamo in marcia verso Dublino, che ormai dista solo un’ora e poco più di macchina.

La Guesthouse che abbiamo prenotato, la Leeson Bridge, è appena fuori dal centro della capitale (per due notti, colazione e parcheggio inclusi, pagheremo 256€. I prezzi di Dublino sono piuttosto alti ma, considerando che siamo quasi in centro e che una breve distanza è percorribile a piedi per arrivare alle mete più turistiche, si può dire che abbiamo trovato una delle sistemazioni più economiche). Ci mettiamo un po’ a raggiungerla, visto il traffico e tutti i semafori pedonali a cui siamo costretti a fermarci. Parcheggiamo l’auto a pagamento per poi dirigerci alla reception e chiedere indicazioni circa il loro parcheggio privato gratuito incluso nella prenotazione. Portiamo la macchina al sicuro nel parcheggio seminascosto della guesthouse e attendiamo con pazienza che la camera sia pronta per depositare i bagagli e darci una rinfrescata.

Usciamo verso le 15.30, dopo un bell’acquazzone. Raggiungiamo il centro a piedi in un quarto d’ora, attraversando in diagonale il bellissimo parco di St. Stephen’s Green, e in men che non si dica siamo già nella centralissima Dawson Street. Voglio trovare per prima cosa la statua di Molly Malone, famoso personaggio del folclore di Dublino, per fare una foto ricordo e dopo poco eccoci davanti a lei: è in Suffolk Street, tra Grafton Street e Nassau Street. La statua è più grande di quanto credessi, e direi che si tratta di una bella statua, progettata davvero bene e realisticamente. A fianco di Molly Malone, un biondo cantautore australiano incanta il pubblico con le sue canzoni rock… ah, l’Irlanda!

Facciamo una passeggiata in Grafton Street e decidiamo di prenderci un aperitivo in una delle sue traverse. Una mezza pinta di sidro e una Guinness e siamo pronti a ripartire per andare a vedere l’Ha’ Penny Bridge che poi ci porta direttamente a Temple Bar, un’oasi di musica, ristoranti, pub (e confusione) che è veramente molto Irlandese. Ascoltiamo qualche artista di strada (sembra sempre di assistere a dei mini concerti, ed è sempre bellissimo) poi cerchiamo un posto per la cena. Decidiamo per il ristorante “O’Shea’s”, dove con nemmeno 50€ ci regaliamo una bella cena dublinese: Davide assaggia il famoso piatto nazionale, l’Irish Stew, uno stufato di agnello con patate, io mi butto su un piatto di pesce misto (fish&chips, salmone affumicato, scampi fritti e verdura mista), e alla fine ci scappa anche un Jameson Irish Whiskey per il consorte, che apprezza soddisfatto.

L’ultimo giro a Temple Bar ad ascoltare un altro po’ di musica, poi gambe in spalla attraverso Grafton Street e il perimetro del Parco per tornare in hotel in una ventina di minuti di camminata per un buon sonno ristoratore.

GIORNO 10 – SABATO 15 AGOSTO

E’ Ferragosto, ed è il nostro ultimo giorno di vacanza in Irlanda. Iniziamo già ad essere un po’ tristi, a sentire un po’ il distacco da questa terra che ci ha ospitato calorosamente per 10 splendidi giorni.

Oggi andremo alla scoperta di Dublino, ce la godremo il più possibile! Iniziamo con una bella colazione a buffet (mini brioche, mini pains au chocolat, uova, bacon, latte, caffè) e poi… avanti, marsch!

La prima tappa è St. Patrick’s Cathedral: l’esterno è un po’ cupo, ma l’interno (entrata 6€ a testa) è maestoso, dai colori caldi. L’unico difetto è che a quanto pare il silenzio per la preghiera non sono contemplati se non è in corso una messa: ci sono molti turisti che parlano a voce alta, e persino un negozio di souvenir proprio dentro alla cattedrale, con tanto di cassa e cassiera! Forse i protestanti sono molto meno rigidi dei cattolici per quanto riguarda il silenzio e il rispetto nei luoghi di culto… Qui tutto ci sembra molto turistico, ma la Cattedrale soddisfa comunque le nostre aspettative.

Christ Church, l’altra importantissima chiesa protestante di Dublino, dista poco, ma la fotografiamo solamente dall’esterno. La prossima tappa è quella che ci incuriosisce di più: mentre cercavo di stabilire un itinerario con i punti da visitare a Dublino, sono incappata nella descrizione della chiesa di St. Michan’s, nella parte occidentale della città, a nord del fiume Liffey, che la divide in due. Questa chiesa anglicana, oltre che essere molto antica, ha una caratteristica piuttosto particolare (nonché un po’ macabra, ma dopo aver visitato in lungo e in largo le Catacombe di Parigi, ormai non ci fa più paura niente): nei sotterranei ospita alcune cripte dove il pubblico può vedere dei corpi sepolti lì anche da più di 800 anni! Non potevamo lasciarci sfuggire una chicca del genere, tra l’altro mi è sembrato che il luogo non facesse parte dei circuiti turistici classici e che quindi anche per questo meritasse una visita.

Da Christ Church attraversiamo il Liffey e arriviamo in una decina di minuti. Paghiamo l’ingresso (i soliti 6€ a testa), e aspettiamo che qualcuno venga a chiamarci per la visita guidata alle cripte. Tra tutti, siamo un gruppo di una decina di persone, e noi siamo gli unici italiani. Dopo poco, un buffo folletto irlandese fa la sua entrata in chiesa chiedendo chi volesse vedere le mummie (“Who wants to see the mummies?”) come se la cosa dovesse mettere paura a tutti… lo seguiamo spavaldi, e ci conduce davanti ad una botola di fianco alla chiesa. Devo ammettere che a quel punto mi sono preoccupata un po’, ma non soffrendo di claustrofobia mi sono comunque fatta coraggio… siamo italiani, che diamine! Dopo qualche battuta sulla nazionalità di ciascuno di noi (per noi italiani si spazia dalla Juventus a Berlusconi), il nostro simpatico Caronte apre il lucchettone della botola e ci invita a scendere ovviamente uno per uno nella prima cripta, fiocamente illuminata, lunga e stretta.

Essendo tra i primi a scendere, finisco in fondo allo stretto corridoio chiuso e, voltando l’occhio alla mia sinistra, noto subito delle ossa e tre begli scheletri far bella mostra proprio davanti a me, ben poggiati nelle loro bare aperte. In quel momento ha avuto senso il fatto che la nostra guida stesse dicendo che addirittura Bram Stoker ha preso ispirazione per scrivere “Dracula” proprio visitando il cimitero all’esterno della chiesa… secondo me anche le cripte potrebbero averlo colpito tanto da scrivere un’opera così!

In ogni caso, lo spiritoso Caronte (che da alcuni siti ho scoperto chiamarsi Peter) ci racconta in modo molto divertente e brillante la storia delle cripte e alcune ipotesi sui suoi attuali occupanti (lo scheletro più lungo, soprannominato “Il Crociato”, è quello di un uomo che superava i 2 metri di altezza. In effetti, la bara è troppo piccola per lui, infatti ha le gambe spezzate…). Ci invita a toccare il dito del Crociato, dato che sembra porti fortuna, ma onestamente né io né Davide ce la sentiamo. Non ci fa impressione vedere degli scheletri dal vivo, ma toccarli… no, grazie.

Usciamo per poi calarci in un’altra cripta, che stavolta ha bare nelle nicchie sia a destra che a sinistra. C’è addirittura una bara chiusa con una bella corona regale proprio in bella vista! Peter ci racconta che in uno di questi piccoli antri ci sono i cadaveri di alcuni rivoluzionari irlandesi, giustiziati a fine Settecento dopo che la rivoluzione che avevano tentato di fare fallì miseramente. Ci sono altri interessanti aneddoti, e Peter, un po’ recitando e un po’ facendo da guida seria, ce li racconta in modo molto diverso dal solito, per cui l’esperienza si rivela qualcosa di inaspettato e molto piacevole.

All’uscita, abbiamo l’intera giornata a disposizione per gli ultimi acquisti e per goderci le nostre ultime ore a Dublino. Torniamo verso Temple Bar, dove troviamo il mercato alimentare all’aperto. C’è davvero di tutto, da tutto il mondo, e quando trovo un vietnamita che cucina dei noodles non resisto alla tentazione e ne compro una vaschetta che mangio direttamente in loco. Che bontà! Mi ricorda tanto i noodles mangiati in strada a New York! Fa così tanto film…

Nel quartiere si sente che nei pub si sta già suonando musica dal vivo, quindi decidiamo di entrare all’”Auld Dubliner” per gustarci la musica, due birre e un pranzetto per Davide (che non rinuncia ad un altro burger, ottimo anche questo). L’atmosfera è calda, si canta a squarciagola insieme al cantante/chitarrista, si beve e si ride. Siamo veramente felici di essere qui, e di essere stati in Irlanda.

Ultimo giro di acquisti in Grafton Street e torniamo in hotel per depositare borse e pacchetti. Un riposino, e siamo pronti per uscire per la cena, e stavolta sarà burger anche per me, al “Gurmet Burger Kitchen”, non troppo lontano da Dawson Street. Anelli di cipolla fritti, due mega burger di carne di manzo, due birre e un caffè ci costano 40€, ma non potevamo chiudere meglio la nostra vacanza. Torniamo in hotel piuttosto abbattuti, i giorni sono volati, ma ci sembra contemporaneamente lontano quel primo giorno a Howth, appena scesi dall’aereo… E’ l’ultima notte a Dublino: gli ultimi venti minuti di camminata, e buonanotte, Irlanda.

GIORNO 11 – DOMENICA 16 AGOSTO

Sveglia alle 4, dobbiamo rendere l’auto a noleggio e poi prendere l’aereo alle 7.

Abbiamo percorso 1800 chilometri, abbiamo visto posti meravigliosi, conosciuto gente solare, sorridente, scherzosa e gentile, ci siamo divertiti, abbiamo riso, e abbiamo pianto prima di ripartire per l’Italia. Non potevamo trovare di meglio. Grazie, Irlanda. Goodbye, Ireland.



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