Guadalupa e Marie Galante, splendide ma non per tutti
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Organizziamo le nostre due settimane tra: 4 notti a Grande-Terre (la parte più settentrionale dell’isola di Guadalupa, che come noto ha una sagoma simile ad una farfalla), 3 notti a Marie Galante (terza isola per estensione tra le Antille francesi, a circa un’ora di traghetto da Pointe-a-Pitre), e 5 notti di nuovo a Guadalupa, ma a Basse-Terre, la parte sud, vulcanica e montagnosa nonostante il nome (in realtà significa che è l’isola sottovento, non che non ci siano rilievi). Molte info utili si trovano su guadalupaonline.com, che ha anche una guida scaricabile in pdf molto ben fatta, e ovviamente nei resoconti dei TpC!
Per i pernottamenti, scopriamo subito che alberghi ce ne sono pochissimi, e B&B pure; la soluzione più comune è quella dei bungalow con angolo cottura (…e capiremo presto perchè). Ai primi di dicembre ne contattiamo diversi per email, reperiti su internet con i motori di ricerca o su Tripadvisor, per sapere prezzi e disponibilità; il periodo che abbiamo scelto corrisponde ad una vacanza scolastica francese, è alta stagione e molti posti sono già esauriti, oppure troppo cari (la vita sull’isola non è cara, nonostante quasi tutto venga importato, ma abbiamo trovato davvero dispendiosi i pernottamenti: un bungalow per 2 persone, carino ma non stratosferico, senza colazione, costa almeno almeno 80 euro a notte!). Per prenotare ci viene chiesto un anticipo di circa il 30% del totale, da versare con bonifico. Scriviamo in inglese, e così ci rispondono, ma sono le meraviglie di Google Translate: sappiate che in realtà l’inglese sull’isola non lo parla nessuno. Se non avete almeno un’infarinatura vaga di francese, cambiate destinazione.
Per l’auto, dopo ampia comparazione dei prezzi prenotiamo con economycarrentals.com; mi raccomando, prenotate con ampio anticipo perché in alta stagione le auto a noleggio vanno esaurite! Decidiamo di tenere l’auto a Guadalupa per l’intero periodo, anche se andremo 3 giorni a Marie Galante, perchè ci costa meno che restituirla e poi riprenderne un’altra per il periodo rimanente a Basse-Terre. A Marie Galante chiediamo al gestore del B&B dove dormiremo di prenotarci un’auto. In media, spendiamo circa 30 euro al giorno a Guadalupa e circa 35 a Marie Galante; la benzina costa come da noi. La spesa del noleggio auto la consigliamo vivamente: sono isole molto grandi, e i mezzi pubblici sono rari e inaffidabili, senza un mezzo proprio si rischio di non vedere nulla. D’altronde, le strade sono tutte molto belle e ben tenute, nella migliore tradizione francese.
SI PARTE!
AirFrance per soli 380 € ci porta da Torino a Pointe-a-Pitre via Parigi, dove ci tocca però un barboso trasferimento da CDG ad Orly.. essendo la Guadalupa una regione francese a tutti gli effetti, il volo oltreoceano è .. un volo interno, che per l’appunto parte da Orly, mente i voli dall’Italia arrivano a CDG. Perlomeno il ticket per il bus transfer è compreso, ma è indubbio che sia una scocciatura: i bagagli vanno ritirati a CDG e riconsegnati ad Orly, e soprattutto si allungano parecchio i tempi di viaggio (tenete conto che il bus parte ogni mezz’ora e percorre la tangenziale di Parigi: noi ci abbiamo messo solo 45’ sia all’andata che al ritorno, ma potenzialmente ci si mette anche più del doppio.. più il tempo per lasciare CDG, immenso, e quello per rifare il check-in a Orly… alla fine da Torino a Orly ci si mette di più che da Orly a Pointe-a-Pitre!).
Volo tranquillo, l’aereo non è pieno e possiamo allungare un pò le gambe sui sedili vicini; essendo un volo diurno (a differenza del ritorno) il tempo passa lentamente, ma in circa 7 ore stiamo già iniziando la discesa, si vedono il mare azzurrissimo e le parti di barriera corallina qui e là: yuppi!! Mentre aspettiamo i bagagli, come Superman che si cambiava nella cabina telefonica corriamo in bagno a metterci pantaloncini e ciabatte.. e fuori dall’aeroporto ci accolgono l’umidità tropicale, degli uccelli notturni rumorosissimi (colonna sonora per i prossimi 15 gg) e altissime palme mosse dal vento.. addio, inverno!
Recuperiamo l’auto (procedura non proprio velocissima.. primo contatto con la Flemma Caraibica); in pochi minuti siamo sulla strada per La Moule, lungo la costa nord, dove staremo i primi giorni al Domaine du Vieux Mole. Non è una località turistica, per quanto sia conosciuta dai surfisti perchè c’è il migliore spot dell’isola, ma nella zona turistica di St. Anne e St. Francois non abbiamo trovato una sistemazione dignitosa con un prezzo sotto i 75 euro a notte (che secondo i nostri canoni “asiatici” è già uno sproposito!) A posteriori, a La Moule non torneremmo: come leggerete, è già abbastanza difficile la vita del turista nelle aree turistiche, La Moule è davvero troppo fuori dal mondo. In compenso, il bungalow è davvero delizioso: è una camera doppia con bagno e angolo cottura, ricavata… su una barca tirata in secca! Gli spazi sono davvero minimi, non c’è un’area coperta dove mangiare se piove, né un filo per stendere, e la doccia è esterna, ma …è così carina!! Regolati i conti con la madame, sono solo le 21.30, ma per noi è l’una di notte e crolliamo subito, cullati dal fragore della risacca.
GRANDE-TERRE: LA COSTA EST
Dopo un’ottima colazione gentilmente offerta (le altre sarebbero a pagamento, lasciamo perdere confidando in qualche boulangerie), durante la quale facciamo conoscenza dei sucrier, uccellini variopinti golosissimi, tanto da venire a becchettare direttamente dalla zuccheriera, siamo pronti per il nostro primo giorno a zonzo! Il tempo è estremamente mutevole: su questa parte dell’isola, piatta e senza rilievi, le nuvole corrono e il meteo cambia in fretta. In due minuti siamo a La Moule, un paesotto poco attraente di poche case, dove adocchiamo un grosso supermercato, un bel lungomare deserto e due vie parallele con qualche negozio, che però è ancora chiuso (..sono solo le 8.30, causa fuso orario). Ci dirigiamo verso St. Anne e la sua costa; la strada corre tra immensi campi di canna da zucchero, case colorate, giganteschi alberi tropicali e bovini al pascolo (ognuno sempre accompagnato da un airone, che si mangia gli insetti). Arriviamo alla spiaggia di Bois Jolan, splendida anche se pioviggina, e finalmente mettiamo i piedi in acqua: è tiepida!! Allunghiamo fino oltre St. Anne, che passiamo incolonnati nel traffico (…ma dov’erano tutti?); la coda serve per comprare frutta dai camioncini fermi a bordo strada. Oltre alla canna, che viene spremuta per berne il succo, si vendono soprattutto cocchi e banane, di ogni forma e dimensione (e noi che ne vediamo sempre solo un’unica varietà, in Europa..); per i manghi purtroppo non è ancora stagione.
Visto che è spuntato il sole, ci fermiamo alla spiaggia della Caravelle, che dicono sia la più bella dell’isola. Confermiamo, è davvero spettacolare! E poi, nonostante sia la spiaggia del Club Med, è comunque una spiaggia libera: vive la France! Restiamo un pò di ore a goderci la sabbia bianca, il mare azzurro, le palme e le iguane che passeggiano di qua e di là.. insomma tutti i grandi classici caraibici! Verso metà pomeriggio riprendiamo l’auto e arriviamo fino alla Pointe du Chateaux, all’estremo dell’isola, dove le scogliere a strapiombo ci ricordano tantissimo il nostro Mar Mediterraneo.
Dopo una doccia en plein air, la fame incalza: dove si cena stasera? Giriamo La Moule in lungo e in largo, ma non c’è l’ombra di una trattoria, un ristorante e nemmeno un bar.. il supermercato è già chiuso, e in giro non c’è proprio un’anima…ma sono solo le 19.30! Eppure è così: qui alle 18 la vita sociale si spegne, un pò perché alle 6 del mattino sono già tutti indaffarati per scampare il caldo delle ore centrali, un pò perché rimane un’ancestrale diffidenza verso il buio, popolato di spiriti. Alla fine, ritornando verso il nostro bungalow, vediamo una rustica trattoria lungo la statale, e ci fermiamo al volo. Ci siamo solo noi, una coppia di turisti francesi e 5 poliziotti in pausa cena.. beh, se ci mangiano loro! Una pittoresca mamàn ci propone il menu del giorno, e noi ovviamente concordiamo subito. Mangeremo un ottimo trancio di orata alla griglia (dalle dimensioni del trancio, era un pesce ENORME) e un buon pollo al cocco, accompagnati da insalata e riso bianco.. Sappiate che queste sono 2 delle 5 o 6 ricette tipiche dell’isola.. Asia batte Caraibi anche sul cibo. Si fanno le 21 e noi ci ritiriamo sulla nostra barchetta, abbiamo già capito che qui le opzioni per la vita notturna semplicemente non esistono.
GRANDE-TERRE: LA COSTA OVEST
Dopo una mega ronfata di 10-11 ore, puntiamo sicuri verso il supermercato per procacciarci la colazione, inutile tentare altre strade. Per fortuna la Guadalupa è francese, e le boulangerie non mancano, nemmeno a La Moule. I pain au chocolat diventeranno la nostra Colazione dei Campioni, annaffiati dal succo di frutta ( in bottiglia, perchè non si trova fresco.. assurdo per un’isola tropicale, ma qua l’unica coltura è la canna da zucchero, la frutta non viene coltivata per essere venduta, ma solo per l’autoconsumo e poco più).
Oggi ci dirigiamo verso l’altra costa, quella che guarda verso il Mar dei Caraibi. Visitiamo velocemente Port Louis, che aveva visto il suo periodo di splendore tra ‘700 e ‘800, quando era il porto da cui partivano le navi cariche di zucchero, caffè e rhum per la Francia, ma che ha conservato ben poco di allora, e ci fermiamo alla Anse du Souffleur. La eleggiamo subito come la seconda spiaggia più bella della Guadalupa, dopo la Caravelle. Anzi, forse è più bella ancora, perchè in spiaggia siamo in 6. In tutto. Dopo alcune ore paradisiache all’ombra dei cocchi che vi fanno graziosamente ombra, mangiamo qualcosa ad un furgone-cucina che ha allestito i tavoli dietro la spiaggia. Questi furgoncini sono una costante in tutta l’isola: si mangia bene e a poco prezzo, ma mai avere fretta: i ritmi caraibici richiedono una mezz’ora abbondante anche solo per avere una baguette farcita!
Lungo la costa visitiamo anche Anse Labord, splendida ma con pochissima ombra, e arriviamo fino al capo, Pointe de la Grand Vigie, dove facciamo la conoscenza del prodotto tipico per eccellenza: il sorbetto di cocco fatto a mano! Una delizia davvero superlativa, con un retrogusto di vaniglia, che ancora ci fa venire le lacrime agli occhi… E poi viene fatto a mano, usando una sorbettiera che non è altro che un mastello di legno che contiene il ghiaccio, e una latta sospesa in cui si fa girare a manovella l’elica, finchè il sorbetto con pazienza non è pronto. Ritorniamo a La Moule lungo la litoranea della costa nord: alcune zone molto selvagge hanno un aspetto mediterraneo, con una macchia di arbusti secchi, mentre le zone coltivate esprimono subito tutto il potenziale tropicale.. sembra quasi che la vegetazione debba crescere a vista d’occhio! Memori delle avventure della sera precedente, puntiamo diretti al supermarchè, dove compriamo birra, pomodori, formaggio e una bella baguette: oggi si cena in barca!
GRANDE-TERRE: POINTE-A-PITRE
Svegliati da una pioggerellina leggera, decidiamo di andare a visitare Pointe-a-Pitre, sia per attendere un clima più..balneare, che per pre-acquistare i biglietti del traghetto che tra due giorni ci porterà a Marie Galante. Mangiato il solito inverecondo numero di pain au chocolat, ci dirigiamo verso PAP (lo chiamano tutti così) fermandoci a Morne a L’Eau a visitare il famoso cimitero decorato da piastrelline bianche e nere, di cui tutte le guide parlano.. davvero particolare! E sotto la pioggia l’atmosfera è molto intonata al luogo. Lungo la strada spesso le auto vengono fermate da gruppi di ragazzini mascherati che suonano trombe e tamburi e che schioccano fruste lunghissime: fanno la questua per i loro gruppi mascherati. Ovviamente il traffico, che sulla costa est e intorno a PAP è decisamente abbondante, impazzisce, ma non importa, il Carnevale qui viene prima di tutto!
Arriviamo al porto di PAP, dove troneggiano due immense navi da crociera, e dopo qualche giro a vuoto per capire da dove si entra, troviamo la biglietteria dei traghetti. Acquistiamo due biglietti A/R, e ci fanno anche lo sconto grazie ad un volantino preso in aeroporto. Accanto al porto c’è un coloratissimo mercato di verdure e frutta. Lasciamo l’auto sul lungomare, e ci addentriamo nella città seguendo le indicazioni di un itinerario a piedi trovato su una guida. Purtroppo del passato coloniale di PAP non resta quasi nulla, e le costruzioni di cemento degli anni ’60, deteriorate dall’incuria e dalla salsedine, tolgono ogni fascino alla città. Un salto veloce però lo giustificano il mercato del pesce, dove le bancarelle sono meravigliosamente stracolme di pesci dalle forme e colori per noi inusuali, la casa che ospita il museo Saint-John, una splendida dimora coloniale costruita in Francia nell’atelier di Eiffel e poi rimontata qui sull’isola, e la cattedrale. La visita è da farsi la mattina, il pomeriggio non c’è un’anima in giro e i negozi sono chiusi fino a tardi.
Lasciato il caos di Pap, visto che il sole è tornato a splendere decidiamo per un pò di vita da spiaggia, e ci dirigiamo verso St. Anne passando da una splendida strada nell’interno che attraversa le Grand Fonds, una zona di colline e calanchi molto particolare, dalla vegetazione lussureggiante e punteggiata di minuscoli villaggetti.
Andiamo alla spiaggia di Bois Jolan, che avevamo visto il primo giorno con la pioggia, e ci godiamo il sole e il vento sdraiati all’ombra dei cocchi. In spiaggia con noi c’è una classe di una scuola elementare, che fa il bagno e gioca nell’acqua con le maestre.. altro che l’ora d’aria nel triste cortiletto delle nostre scuole!
Vista la situazione ristorazione di La Moule, decidiamo di fermarci direttamente a St. Francois per cena, e poi di rientrare solo per dormire. St.Francois ha due centri: uno è quello della città vecchia, l’altro è quello sorto intorno al porto turistico, accanto al campo da golf. Decidiamo per il primo, che ci sembra più caratteristico, e udite udite: abbiamo addirittura due trattorie tra cui scegliere! Mangiamo per 35 euro a testa un menu fisso con un ottimo antipasto misto di mare, una mezza aragosta alla griglia servita con i consueti contorni (riso bianco e insalata) e un delizioso dessert. Accanto a noi si siedono due italiani (lui il classico cumenda lumbard): sono i primi che incontriamo! Qua il turismo è quasi esclusivamente francese, ed è composto di pensionati che svernano al caldo e di famiglie con bambini piccoli, che approfittano delle spiagge sabbiose (e dell’angolo cottura dei bungalow). Vedremo qualche straniero solo a Grande-Terre, perchè (ci spiegheranno poi) una serie tv franco-inglese ha fatto conoscere Guadalupa ad inglesi e canadesi.
GRANDE-TERRE: GOSIER
Facciamo i bagagli e lasciamo La Moule e la ns barchetta colorata: stanotte dormiremo nei pressi di Gosier. A La Moule non c’era posto per un’altra notte, e poi preferiamo essere più vicini al porto di PAP da cui partiremo alle 8.30 di mattina. A posteriori, abbiamo fatto bene: ieri ci abbiamo messo quasi un’ora a percorrere i 30 km da La Moule a PAP! E poi così vediamo anche la zona di Gosier, che ci mancava.
Attraversiamo per l’ennesima volta St. Anne, sempre in coda ovviamente, e ci fermiamo alla spiaggia di Anse Canot, bella perchè selvaggia, ma molto esposta, con onde violente che quasi assordano. Dopo qualche ora di relax all’ombra, andiamo a Gosier per un giro: ci pare una città vera e propria, più graziosa di PAP perchè meglio tenuta. C’è una striscia di spiaggia molto bella proprio davanti alla città, dove ci fermiamo un paio d’ore per un bagno e un sorbetto; fa quasi piacere essere in mezzo alla gente, dopo tutte quelle spiagge semi-deserte!
Ci incamminiamo verso l’ostello dove dormiremo stanotte, l’abbiamo scovato su booking.com; ci serviva semplicemente un letto e una doccia e questo era il posto più a buon mercato (…oddio.. ci è comunque costato 60 euro!). Si trova in una zona residenziale sulle colline prima di Gosier, dopo la svolta dalla strada principale non c’è più alcuna indicazione e andiamo avanti a sentimento, bivio dopo bivio…alla fine chissà come arriviamo. La camera è al piano terra, il bagno è in comune ma molto bello e pulito, c’è una piscinetta e in giardino anche delle tende in affitto, è ovviamente un posto molto basic, frequentato da giovani. Purtroppo questo comporterà musica ad alto volume fino all’una di notte.. pazienza, abbiamo i tappi.. ma certo questo ostello non lo consigliamo e non vale il suo prezzo (senza contare che non è in paese. Chissà come fanno a muoversi da qui, i ragazzi). Per cena torniamo a Gosier, finalmente c’è un ristorantino con terrazza vista mare! E mangiamo anche abbastanza bene, per circa 20 euro a testa.
MARIE GALANTE
Alle 8.00 siamo al porto, dove c’è un comodo parcheggio gratuito proprio davanti alla biglietteria, dove lasciare l’auto. Non lasciamo ovviamente nulla in vista, ma ne approfittiamo per portarci dietro solo l’indispensabile per questi tre giorni. Viaggiamo ogni anno più leggeri, ma stavolta battiamo ogni record: uno zaino in due! Dopo un’oretta di aliscafo, strapieno di gente che viene a trovare parenti o torna a casa per il weekend, e un mare un pò mosso che mi fa ringraziare di non aver fatto colazione, siamo a Grand Bourg, la minuscola capitale di Marie Galante. Forse il nome voleva essere ironico. Sul molo ci aspetta Gilles, della Villa Les Bougainvilliers, dove dormiremo. Ci accompagna dietro l’angolo a noleggiare la macchina, una scassatissima Peugeot dai sinistri cigolii e dall’aria molto caraibica, e poi in pochi minuti siamo al B&B, sulle colline tra Grand Bourg e Capesterre. Abbiamo una camera doppia con bagno su una splendida terrazza da cui la vista spazia su tutte le isole intorno; c’è un giardino tropicale piccolo ma curatissimo, e una bella piscina. Davvero un posto incantevole, che consigliamo vivamente. Ci costa 85 euro colazione compresa (e su Marie Galante la colazione compresa conviene averla, perché è un’isola decisamente rurale, dove i negozi scarseggiano). Gilles ci regala una cartina dell’isola e ce la illustra dettagliatamente, dandoci un sacco di indicazioni e consigli.
Sistemati i bagagli (questione di 3 minuti, ovviamente) siamo già in auto verso la spiaggia più vicina, che è anche la più famosa dell’isola: La Feulliere, a Capesterre! Che dire? Sabbia bianca, acqua azzurra (calma, perchè un pò in fuori c’è la barriera corallina), palme che fanno ombra e.. 5 persone oltre a noi! Meno male che è domenica! Gilles ci ha detto che le spiagge di Marie Galante vengono fotografate per i cataloghi turistici di Guadalupa, perché sono ancora più fotogeniche di quelle di Gwada.. è proprio vero, sono spettacolari! Restiamo in spiaggia fino a metà pomeriggio, poi torniamo al B&B per altro relax, a bordo piscina e con vista panoramica..che vita dura!
Per cena ci dirigiamo verso Grand Bourg, ma dopo aver percorso la via principale (non c’è molto altro) senza scorgere alcun segno di un ristorante di qualsiasi tipo (né di qualsiasi altro tipo di locale pubblico), facciamo dietro-front e andiamo a Capesterre (meno di 10 minuti in auto), dove arriviamo… nel bel mezzo di un corteo carnevalesco, finalmente! A Guadalupa non eravamo riusciti a sapere nulla delle sfilate di carnevale, non esiste un sito web, nè tantomeno una qualche forma di infopoint turistico… l’unica traccia era una serata a PAP prevista per stasera.. cominciavamo a credere che non ci fossero sfilate! Seguiamo a zonzo per il paese la sfilata, ammirando gli splendidi costumi e l’incredibile senso del ritmo e della musica che pervade tutti, poi quando la sfilata si esaurisce adocchiamo una rustica trattoria dai tavoli di plastica sistemati in un cortiletto e.. corriamo all’arrembaggio! Mangiamo molto bene per il prezzo più basso dell’intera vacanza, 25 euro in due, e assaggiamo i famosi ouassous, cioè i gamberi d’acqua dolce, che qua sono molto comuni (mentre non c’è traccia di quelli di mare). Come al solito, alle 21.30 siamo già a casa.
MARIE GALANTE – VERSO NORD
Dopo una buona colazione servitaci in terrazza dal nostro Gilles, comprensiva anche di una rapida pioggia che ci regala ben due arcobaleni uno dentro l’altro, ci dirigiamo lungo la strada costiera in direzione St. Louis, e le spiagge del nord-ovest. La strada, ampia e poco frequentata, corre tra campi di canna da zucchero, e qui e là incrociamo grossi trattori con i rimorchi carichi. Gilles ci ha raccontato che oggi meno di un terzo della produzione di canna dell’isola va alle varie distillerie del rhum, mentre tutto il resto è lavorato dal locale zuccherificio. Lo vediamo sulla sinistra, e ci fermiamo a fare qualche foto ai trattori in attesa di scaricare, e alla immensa pinza che preleva le canne. Proviamo anche a chiedere se sia possibile visitarlo, ma ci dicono di no; in effetti è un grosso impianto industriale, con tanto di fumo nero che esce dalle torri. Poco oltre c’è il sito di uno degli zuccherifici storici dell’isola, ormai diroccato, l’Habitation Trianon-Roussel. Facciamo un giro, è un sito aperto e gratuito; non ci sono nè pannelli illustrativi, nè indicazioni, ma è tutto molto intuitivo: la casa padronale, sulla collinetta, l’impianto vero e proprio, di cui si vedono ancora i basamenti di immense caldaie, il mulino a vento che dava l’energia ai macchinari, i magazzini. Non riusciremo invece mai a trovare aperto, in questi tre giorni a Marie Galante, l’altro sito, l’Habitation Murat, dove dovrebbe esserci anche un ecomuseo; pazienza, ma Gilles ci ha avvertito della gestione caraibica delle aperture: oggi ho voglia di andare in spiaggia? Non apro. Che problema c’è?
Arriviamo a St. Louis costeggiando qualche bananeto e qualche impianto di manghi: l’isola si sta lentamente riconvertendo dalla monocoltura della canna da zucchero, ormai poco redditizia per la concorrenza delle produzioni sudamericane a basso costo. Qui i salari sono “europei” e quindi non c’è paragone circa i costi di produzione. D’altronde, a Marie Galante l’agricoltura è meno meccanizzata che a Guadalupa, e spesso si vedono ancora qui e là campi di canna raccolta a mano e caricata sui carri trainati dai buoi.. un bucolico quadretto, che però nasconde una fatica immensa e una agricoltura quasi di sussistenza.
Dopo St. Louis si susseguono 4 o 5 spiagge, una più bella dell’altra. Ci fermiamo ad Anse du Mays, immensa e deserta, e poi ad Anse Canot, più riparata ma più affollata: ci saranno addirittura una decina di persone, oltre a noi! Alcune barche a vela sono ormeggiate nella rada, e il contrasto tra la sabbia bianchissima, l’acqua azzurra e il cielo nero sopra il vulcano (quando mai abbiamo visto la cima del vulcano? Mai!) è uno spettacolo eccezionale. Restiamo qualche ora, poi riprendiamo la via. Per rientrare percorriamo la bella strada costiera a nord; ci fermiamo al Trou du diable, un arco naturale lungo la scogliera creatosi per il cedimento della volta di una grotta, e poi a Capesterre per un’ultima oretta a La Feulliere, dove ormai siamo di casa. Per cena torniamo a Capesterre; poco prima del paese abbiamo visto un ristorantino bianco e azzurro, e mangiamo molto bene. Il prezzo è più caro del solito, ma in effetti è un posto molto meno rustico della media.
MARIE GALANTE – ESPLORANDO L’INTERNO
Oggi è il nostro ultimo giorno completo a Marie Galante, domani torneremo sulla terraferma. Decidiamo di esplorare l’interno dell’isola, e dopo pochi km dal nostro B&B siamo già alla distilleria Bellevue, una delle 4 o 5 ancora attive sull’isola (dove nel ‘700 se ne contavano addirittura 100). Il sito ha uno splendido mulino ancora completo dei meccanismi interni, e una spiegazione molto accurata e chiara (ma solo in francese) del processo di distillazione del rhum. L’impianto vero e proprio non è invece accessibile, a differenza di altri siti. Consigliamo di visitare questa distilleria per prima, perché solo qui abbiamo avuto modo di chiarirci le idee sul processo di produzione e sulle attrezzature, che poi abbiamo visto anche altrove.Le visite alle distillerie sono sempre ad ingresso libero (..tanto è difficile andare via senza acquistare qualcosa) e sono possibili solo la mattina fino alle 13, cosa che inibisce un pò la degustazione dei rhum, che viene sempre offerta… gli assaggi di rhum a 60° alle 10 di mattina sono davvero cosa da… vecchi bucanieri!
Dopo l’interessante tappa alla distilleria, riprendiamo a zigzagare tra le vie dell’interno, cercando di raggiungere, cartina alla mano, i tratti più panoramici che la carta di Gilles segnala bordati di verde.. tutti ottimi suggerimenti, finchè la stradina che seguiamo, che in pochi km dovrebbe sbucare sulla strada che va a St. Louis, non diventa sterrata. Sarà un breve tratto, poi riprende l’asfalto.. di sicuro. Dopo 10 minuti di sterrato (e di scricchiolii sempre più marcati del ns catorcio) siamo dibattuti tra tornare indietro e proseguire, confidando che mancherà ormai pochissimo. Ma ad ogni curva altra foresta, altre liane che pendono.. Alla fine la strada inizia addirittura a salire, ce la farà mai Catorche? Accelera, sgommando tra le pietre, ed ecco che all’improvviso finiamo sparati sull’asfalto! Sani e salvi, sulla strada giusta, e abbiamo anche l’Off Road in Foresta da raccontare!
Torniamo ad Anse Canot per un paio d’ore, e poi prima di cena ancora un pò di piscina sulla nostra splendida terrazza panoramica. Stasera ceniamo a Grand Bourg, passando abbiamo intravisto qualcosa che parrebbe una trattoria. Ebbene sì, ed è anche un posto molto grazioso: i tavoli sono in un patio interno con un giardinetto acquatico. Mangiamo bene, e spendiamo i soliti 35 euro in due, birra compresa, per il solito pesce alla griglia con riso e insalata. Perlomeno il pesce varia in funzione del pescato. Le birre locali sono leggere ma molto buone; il vino ovviamente è stra-caro, ma in ogni caso sarebbe un pò fuori luogo cercare il vino ai Caraibi!
DA MARIE GALANTE A BASSE-TERRE
Oggi dobbiamo salutare Marie Galante, che nel suo piccolo è stata una splendida scoperta: un’isola assolutamente rurale, dall’atmosfera rilassata e dal mare semplicemente fantastico! Qualche giorno qui è un’ottima idea, se siete a Guadalupa. Certo una settimana sarebbe troppo, in definitiva le spiagge sono poche, La Feulliere a sud, e quelle dopo St. Louis a nord.
Visto che il traghetto è alle 16.30, abbiamo ancora modo di fare un sacco di cose. Innanzitutto, l’ultima colazione sulla terrazza, insieme ai sucrier; poi con estrema calma facciamo i bagagli (si, vabbè…tre minuti compreso l’imballaggio delle bottiglie di rhum negli asciugamani da spiaggia!) e anche un servizio fotografico al giardino di Gilles, perchè davvero lo merita. Salutiamo i nostri ospiti promettendo tanta pubblicità a Marie Galante in Italia, e ci dirigiamo verso l’interno dell’isola, lungo le strade che ancora non abbiamo percorso.. è splendido gironzolare senza meta, tra i campi, le casette colorate con la mucca in giardino a tenere tosato il prato, e pezzetti di foresta subito densissima e strabordante. Passiamo accanto ad un’altra distilleria, la Pere Labat, e decidiamo di fermarci. Abbiamo fatto bene: la produzione oggi è ferma, ci lasciano visitare autonomamente gli impianti; memori delle spiegazioni lette alla Bellevue, vediamo la pressa che estrae il succo dalle canne, i fermentatori con una orrenda brodaglia che chissà come diventerà un nettare alcolico chiamato rhum, le cantine con le botti per l’invecchiamento, lo scarto delle canne pressate (che usano per produrre energia) e ovviamente.. la degustazione! Questo impianto è molto più artigianale e segnato dal tempo rispetto all’altro, ormai industriale, e siamo davvero contenti di aver visto entrambi.
Ci sistemiamo per qualche ora in spiaggia ad Anse Moustique, dopo St. Louis, finchè non è tempo di dirigerci verso il porto di Grand Bourg; dobbiamo riconsegnare l’auto, e anche fare il pieno.. per fortuna l’unico distributore (a Grand Bourg) è aperto, qua non esiste il self service! Lasciamo Catorche al noleggiatore e tra la folla che si sta raccogliendo all’imbarco riusciamo a prendere al volo l’ennesimo delizioso sorbetto al cocco.. quale migliore commiato da Marie Galante??
L’aliscafo è puntualissimo, e il mare è calmo per fortuna.. alle 17.30 sbarchiamo a Pointe-A-Pitre, dove ritroviamo sana e salva la nostra macchinetta. Dal porto, in pochi minuti siamo sulla superstrada che attraversa il braccio di mare che separa Basse-Terre da Grande-Terre. Che impressione tutte queste macchine, dopo l’atmosfera rarefatta di Marie Galante! E’ ora di punta, e tutti i pendolari stanno lasciando PAP per tornare a casa. Ci fermiamo a far benzina in autogrill (..un autogrill!!) e acquistiamo anche dei biscotti al cocco che si riveleranno deliziosi. In un’oretta siamo a Sainte Rose, sulla costa nord di Basse-Terre; il nostro Piton bungalow è nell’interno, lungo la strada che da Sainte Rose porta a Deshaies; staremo qui 5 notti. Grazie alle precisissime indicazioni avute da Mathieu, arriviamo in un attimo. Un posto bellissimo, con dei bungalow in legno su palafitte in mezzo ad un bel giardino; c’è un pò di panorama verso il mare, giù in basso (siamo a circa 400 m di altezza e si sente, dalla temperatura e dal vento) una bella piscina con area relax dove poter prendere in prestito libri, giochi e fumetti, o giocare al biliardino (ebbene si) e a ping pong, e anche una lavatrice-asciugatrice (se proprio siete presi dal Sacro Fuoco Del Bucato). Il bungalow poi è delizioso, con una veranda coperta dove c’è l’amaca e l’angolo cottura, la camera da letto e un bagno enorme.. viene da chiedersi perchè tornare a casa! Infatti Mathieu e sua moglie sono francesi del continente, e si sono trasferiti qui alcuni anni fa. Lei è felice di fare un pò di esercizio di lingua inglese, e ci racconta della pubblicità avuta da Deshaies grazie ad una serie poliziesca della BBC che ha portato a Grande-Terre qualche turista inglese e molti canadesi, oltre ai soliti francesi. Non l’abbiamo mai sentita nominare e cerchiamo su internet.. in Italia è stata trasmessa nel 2013 come “Delitti in paradiso”, di pomeriggio e nel periodo estivo, quindi ovviamente non l’ha vista nessuno. I nostri ospiti ci danno un sacco di consigli turistici, una bella cartina di Grande-Terre e ci dicono che nel weekend saranno via per tre giorni: vanno, per la prima volta, a… Marie Galante! E allora siamo noi a dar loro consigli e cartine.. che cosa comica!
Per cena scendiamo a Deshaies, sono 3 o 4 km di discesa ripidissima (ce ne accorgeremo a salire!). Deshaies è il posto più turistico che abbiamo visto qua a Guadalupa, ma in senso positivo: ci sono 7 o 8 ristorantini allineati lungo la strada principale, quasi tutti con terrazze sul mare, un paio di negozi di souvenir, un locale che fa la pizza (…vi lasciamo solo immaginare i nomi e gli ingredienti delle pizze!) e funziona un pò anche da bar, l’ufficio postale, una banca e un supermercato. Una metropoli, in pratica.. finalmente! Non siamo granché amanti della civiltà, ma davvero non ci spiace ritornare un pò più alla civiltà. Mangiamo molto bene in uno dei ristoranti, in 5 sere avremo modo di provarli quasi tutti; i menu e i prezzi sono simili, il conto è leggermente più alto della media dei giorni passati, sempre almeno 35-40 euro in due per un antipasto e un piatto unico, con birra e acqua (l’acqua esiste solo in bottiglie da 1,5 litri, ma è normale – anzi, ve lo ricordano loro! – portarsela via, se ne avanzate.. quindi in realtà non conviene acquistare acqua al supermercato, se siete in due). Dopo cena riusciamo persino a fare due passi lungo la via principale; non esiste lungomare nè spiaggia, per quanto il paese sia in una cala riparata che è sempre stata usata come rada per le navi.
BASSE-TERRE: LA ROUTE DE LA TRAVERSEE
Dopo una comodissima notte nel nostro adorato bungalow, scivoliamo giù verso Deshaies per fare colazione, ieri sera abbiamo già localizzato la boulangerie! Lasciata Dehè (qui la chiamano così), ci dirigiamo verso sud lungo la costa: oggi vogliamo percorrere la Route de la Traversée, che taglia l’isola di Basse-Terre da est a ovest, attraverso la foresta. Arriviamo al bivio per la Route in circa un’oretta: questa strada è stata costruita solo nell’ultimo dopoguerra, fino ad allora i paesi lungo la costa erano raggiungibili solo via mare. Il traffico non è poco, la strada è un continuo sali, scendi, svolta e risvolta (non adatta ai deboli di stomaco) e si attraversano tre o quattro paesi, con Immediata Formazione di Coda Caraibica. In più, siamo sotto elezioni e talvolta incrociamo piccoli comizi dei candidati alle comunali; tutto il mondo è paese, gli slogan sono tragicamente simili a quelli nostrani!
Appena imbocchiamo la Route de la Traversée, il traffico si dirada, il percorso sale in quota e la vegetazione inizia a premere, lussureggiante e invadente, tra alberi altissimi, liane penzolanti e immense foglie di ogni foggia e colore.. bellissimo! Superiamo lo zoo, che vedremo un altro giorno, e ci fermiamo al centro visite del Parco Nazionale, la Maison de la Foret: tutta l’area del vulcano di Guadalupa è protetta, ed è visitabile tramite una fitta rete di sentieri, paradiso dei trekker. Alcuni pannelli (in francese, ovviamente) illustrano gli habitat e gli animali di queste zone, le caratteristiche del clima tropicale, gli uragani e i suoi effetti sulla vegetazione, l’interazione tra le colture agricole e la flora. Molto interessante e ben spiegato. Ci sono anche dei poster delle principali specie di uccelli, mammiferi e pesci, e riconosciamo diversi amici dei giorni passati. Appena fuori del Centro parte un sentiero-natura lungo il quale sono indicate le principali piante della foresta: via, si va! Dura solo un’oretta…è fatto per i bambini… disse l’Ingenua. Un’ora e mezza dopo, ricoperti di fango dalle ginocchia in giù e sudati come nella sauna, sappiamo tutto sulle specie arboree della foresta pluviale, abbiamo visto le manguste, ci siamo arrampicati sulle liane e soprattutto.. abbiamo coperto un dislivello ben superiore alle nostre capacità atletiche, che in effetti non sono granché. Però siamo davvero soddisfatti. A parte le scarpe che sono un unico blocco di fango rossiccio.
Poco oltre la Maison de la Foret, c’è la Cascade Aux Ecrevisses. Mangiamo un’ottima baguette al chiosco dei souvenir, e poi andiamo a vedere la cascata, dove troviamo tutti i turisti che non abbiamo incontrato in questi giorni.. è un percorso di 2 minuti su un sentiero pavimentato, quindi arrivano fin qui persino i bimbi nel passeggino. La cascata è carina, ma la folla che la assedia gli toglie un pò di fascino.
A proposito di cascate: Mathieu ci ha consigliato di andare a vedere il Saut de la Lezard, quasi in fondo alla Route, sulle destra.. c’è da camminare circa 20 minuti, ma poi si può fare il bagno sotto la cascata.. andiamo! Tanto ormai le scarpe sono già infangate. Arriviamo in uno spiazzo davanti ad una casa diroccata, ci sono alcune auto parcheggiate. Un cartello scritto a mano indica che qui inizia il sentiero. Una striscia di fango rossiccio si infila in discesa in mezzo a dei banani. Mentre siamo lì, un pò titubanti, compare un gruppo di tre arzille vecchiette che sta risalendo. Non hanno nemmeno il fiatone. E allora cosa potrà mai essere questo sentiero? Via, scendiamo. Dopo 40 minuti, 80 scivoloni sul fango con miracolosi recuperi dell’equilibrio grazie a preziose liane salvatrici, 2000 gradoni a scendere fatti da radici (scivolose) o assi posticce (scivolose) o grossi sassi (scivolosi), nonché alcuni incontri con sventurati viandanti in risalita che boccheggiavano come sull’Everest senza respiratore, ci viene da chiederci se le tre arzille vecchiette non fossero per caso ex-olimpioniche di triathlon. Probabilmente si.
Ma ecco la cascata! Finalmente! In effetti è un posto bellissimo: la cascata, alta 5 o 6 metri, si butta in una pozza circondata di alte pareti di roccia a cui è appesa una vegetazione fatta di tutte le vostre piante d’appartamento (quelle che vi muoiono sempre ogni due per tre), più felci e liane in quantità, gocce d’acqua che stillano dappertutto e uccelli che gorgheggiano.. sembra di essere sul set del film Mission! Ci buttiamo in acqua; è gelata, ma ci voleva proprio. Il bagno lo facciamo con le scarpe, così cominciano a sciacquarsi. Dopo una mezz’oretta di relax a bordo cascata, decidiamo di riprendere la via, prima di restare bloccati dall’accumulo di acido lattico. In altri 40 minuti siamo su; a dir la verità, è peggiore la discesa della salita, a causa del fango che fa scivolare in continuazione (meno male che ieri non ha piovuto.. questo fango è dovuto solo all’umidità naturale della foresta). E poi al ritorno ormai siamo esperti nello scegliere le liane migliori. Mentre cerchiamo di toglierci le scarpe senza infangare quel poco di noi che è ancora pulito, arriva una famigliola di mamma-papà-ragazzina. Hanno le infradito ai piedi, e sono le 14.30; dalle 15 l’inizio di qualsiasi tipo di escursione è sempre sconsigliato, perché alle 18 qua è già buio ultra-pesto. Tratteniamo il respiro in attesa di capire cosa faranno… poi per fortuna dopo un rapido sguardo al Sentiero Fangoso In Mezzo Ai Banani, rinunciano. Stavamo già cercando il numero di telefono della protezione civile, per mandarli a recuperare la famigliola nella foresta. Comunque, se avete intenzione di fare anche un solo passo che non sia tra l’auto e la spiaggia, portatevi gli scarponi di trekking. Benedirete questo consiglio.
Lungo la via del rientro, ci fermiamo alla spiaggia di Anse Canot (si, è lo stesso nome dell’altra.. non hanno una grande fantasia, qua, per denominare le spiagge) per un sospirato bagno.. ce lo siamo meritato! La spiaggia è graziosa ma nulla più; l’acqua è bella, ma la sabbia è grigetta a causa della vicinanza con il vulcano (più si va a sud e più la sabbia diventa scura).
BASSE-TERRE: IL GIARDINO BOTANICO
Stamattina il primo impegno rilevante è scendere dal letto: dopo il trekking di ieri, i muscoli delle mie gambe non collaborano affatto. Ho difficoltà persino a scendere i gradini del bungalow, come L rimarca subito. Lui non ha male alle gambe… chissà perchè… grunt! Dopo una tappa colazione a Dehè, raggiungiamo il giardino botanico che c’è poco oltre il paese, in direzione sud. Raccoglie specie tropicali di ogni genere, non solo caraibiche ma anche asiatiche e sudamericane, in un grande parco di diversi ettari molto ben tenuto.. davvero una meraviglia passeggiare tra queste spettacolari fioriture e altissimi alberi (alcuni li conosciamo già, dopo la nostra Giornata Nella Vera Foresta). Ci sono anche un bel lago coperto di ninfee e una voliera di pappagallini variopinti. Restiamo circa 3 ore, e il posto le vale tutte, nonostante il ticket sia decisamente caro (15 euro a testa) Potete dare un’occhiata al sito web: jardin-botanique.com.
Riprendiamo l’auto e decidiamo di esplorare le spiagge a nord di Dehè: innanzitutto Grande Anse, la più famosa! A Grande Anse in realtà restiamo solo una mezz’oretta: è una bella mezzaluna di sabbia color ocra, di dimensioni immense (almeno un km, da un lato all’altro), molto profonda, ma è stracolma di gente, e in spiaggia non c’è un filo d’ombra, bisogna restare indietro accanto al parcheggio, che è assediato di ristorantini e bancarelle di souvenir; mentre siamo in attesa della composizione di una baguette farcita ad uno dei furgoni-bar, si mette a piovere forte. Decidiamo di risalire in macchina e andare fino al capo, sperando che il temporale si sposti. Il capo vero e proprio non si raggiunge con la strada, ma il panorama è molto bello e la vegetazione un pò mediterranea ci ricorda le nostre coste. Il tempo migliora un pò e ci fermiamo un’oretta alla Plage du Cligny, lunghissima e bordata di vegetazione, con i cavalloni che si rompono a riva sotto il cielo grigio. Molto bello. E non c’è nessuno. Visto che il tempo non migliora, decidiamo di rientrare al nostro bungalow e godercelo un pò; se spuntasse il sole, c’è sempre la piscina. E per cena sappiamo già dove andare.
BASSE-TERRE: VERSO L’ESTREMO SUD
Visto che le mie gambe cominciano lentamente a riprendere la normale funzionalità, oggi decidiamo per una missione esplorativa nell’estremo sud dell’isola, fino a Basse-Terre, cittadina che dà il nome all’isola nonché il maggior centro commerciale ed economico della zona. Vogliamo visitare il forte settecentesco che domina la città, e poi rientrando andare a vedere una piantagione di caffè, che fino al secolo scorso era la coltura più diffusa in questa parte di Guadalupa.
La strada è molto lunga: ci vogliono almeno due ore per arrivare a Basse-Terre. Se si intende girare molto nell’estremo sud, ad esempio per fare escursioni sul vulcano o andare alle famose cascate di Carbet, conviene fare uno o due pernottamenti qui in zona. La città è abbastanza grande; c’è anche una distilleria, che lavora la canna da zucchero che occupa le poche superfici non montagnose di quest’area. Passando lungo il mare (non c’è spiaggia, solo frangiflutti) ci fermiamo al mercato coperto, che vediamo affollatissimo. Gironzoliamo tra i banchi, compriamo alcuni sacchettini di spezie come souvenir per gli amici, ci godiamo i colori, i profumi e i suoni, tra le mamàn che vendono verdure e frutta e i ragazzini che offrono mazzi di granchi appena pescati (il granchio ripieno è uno delle 5 o 6 ricette tipiche). Sempre affascinante visitare i mercati, anche quelli di casa nostra! Il forte Vauban è poco oltre, in alto sulla collina con una vista bellissima sulla costa. E’ molto ben restaurato, l’ingresso è gratuito e c’è una mostra multimediale che spiega molto bene (in francese) la storia dell’isola, l’alternarsi delle dominazioni francesi e inglesi e in particolare la fine della schiavitù. Tornando indietro, attraversiamo la città vecchia, con alcune belle case d’epoca.
Ci fermiamo in un paesino lungo la strada per pranzare: c’è un ristorantino, proprio in spiaggia, molto affollato di gente del posto.. ottimo segno! Mangiamo molto bene a d un prezzo irrisorio (20 euro in due) assaggiando le costine di maiale, che a Basse-Terre sono molto apprezzate. Alle 14 siamo in strada per raggiungere la piantagione di caffè (Cafeiére La Griveliere – habitationlagriveliere.com) nell’interno di Vieux Habitants, una delle piantagioni più antiche dell’isola e l’unica ancora in funzione, per quanto il caffè prodotto sia destinato solo alla degustazione in loco. La stradina, sempre più stretta, sale lungo una valle bellissima, dove la natura è padrona assoluta. Ad un certo punto c’è persino un piccolo guado da attraversare. Paghiamo 7,50 e facciamo una interessantissima visita guidata (in francese) di oltre un’ora, durante la quale ci spiegano un sacco di cose non solo sulla coltivazione del caffè, di cui attraversiamo la piantagione, ma anche del cacao, della vaniglia e di altre piante della foresta con utilizzi alimentari. Visitiamo i magazzini con le attrezzature, mosse dall’energia dell’acqua, oggi rimesse perfettamente in funzione; ci illustrano le fasi della lavorazione del caffè (dalla raccolta, alla tostatura, alla macinazione), poi la casa padronale, ancora arredata, e un approfondimento sul cacao, di cui possiamo assaggiare i semi freschi, ancora nel frutto, e poi tostati. Infine: degustation! Ci sono caffè e cioccolata, noi temendo il tragico caffè alla francese scegliamo la cioccolata: è la cioccolata più buona che abbiamo mai assaggiato!! Una delizia davvero. Lasciamo a malincuore La Griveliere, è davvero un posto eccezionale, in un contesto naturale incredibile. Non perdetelo.
Lungo la via del ritorno ci fermiamo in spiaggia a Malendure, dove la sabbia è nera e quindi l’acqua è verde. Il sole tra tramontando sul mare, davvero molto bello. Da qui partono i battelli che portano i sub all’isolotto di fronte, Pigeon, dove c’è un sito di immersioni molto noto. Volendo, ci sono anche i battelli a fondo trasparente, ma sinceramente non ci entusiasmano, non li abbiamo provati. Per cena, dopo il lauto pasto di oggi decidiamo di fare una micro-spesa al supermarchè, e mangiare in casa… dopo tutti i km di oggi… relax sull’amaca!
BASSE-TERRE: IL PARCO ZOOLOGICO
Oggi è domenica, e a Dehè è prevista nientemeno che… una regata! Purtroppo il tempo è bruttino, ma ormai abbiamo capito che da questa parte dell’isola le nuvole arrivano e vanno nel giro di qualche ora… perciò dopo colazione ci fermiamo a vedere la partenza della regata. Le barche sono piccoline, a vela quadra, e i variopinti equipaggi con Flemma Caraibica sembrano dare priorità ai saluti agli amici, piuttosto che alle operazioni nautiche, d’altronde è già operativo il bancone del rhum (…e sono solo le 8.30!). Alla fine dopo alcune tragicomiche cadute, le complesse operazioni per piazzare la boa della partenza e i sorvoli di un drone (ebbene si!) che riprende la regata, partono. Quando scompaiono dietro il promontorio, lasciamo il molo da dove tutto il paese sta seguendo la regata, e ci incamminiamo per l’ennesima volta verso sud, per visitare il Parc des Mammales, all’imboccatura della Route de la Traversée. E’ vero che ogni volta scendiamo verso sud, ma Deshaies è l’unica cittadina che ci sentiamo di consigliare, lungo questo tratto di costa, per i pernottamenti.
Il Parc des Mammales è un parco zoologico, che ospita gli animali tipici delle isole dei Caraibi, più qualche specie centroamericana. Gli zoo non ci hanno mai entusiasmati, ma questo pare essere molto ben inserito nella foresta e ben gestito, e poi ..la sola vita da spiaggia ci annoia subito, abbiamo comunque bisogno di trovare qualche attività da fare. Il parco si rivela essere molto curato e bello, con i recinti degli animali in mezzo ad una foresta lussureggiante, che si visita lungo passerelle in legno molto comode ed accessibili (buona cosa, visto che mi fanno ancora un pò male le gambe), che permettono di avvicinarsi anche molto alla vegetazione. Vediamo le manguste, introdotte per combattere i topi che rovinavano i raccolti di canna da zucchero ma che in realtà hanno fatto solo estinguere alcune specie locali di uccelli (non impariamo mai), gli orsetti lavatori (altra specie esotica che si è diffusa alla stato libero), numerose specie di scimmiette, e poi iguane, serpenti, granchi e insetti in quantità, nonchè un giaguaro e una pantera che invece ci hanno molto intristito per la forzata limitatezza delle loro condizioni di vita. Nel parco c’è anche un percorso di passerelle in alto tra le fronde, tra i 20 e i 30 metri di altezza, che non abbiamo provato (L avrebbe chiesto il divorzio). In definitiva, a parte gli animali ci è piaciuto molto il parco, perché ci ha permesso di dare l’ennesima occhiata all’habitat della foresta, bellissimo davvero.
Tornati a Dehè, andiamo qualche ora in spiaggia alla Plage du Clugny, dove eravamo stati quel giorno di pioggia, e pi facciamo un’ultima cenetta in paese, fronte mare: domani si torna a casa.
BASSE-TERRE: ULTIME ORE IN PARADISO
Oggi dobbiamo lasciare il nostro beneamato bungalow… prima di fare i bagagli, andiamo a saldare il conto da Mathieu, chiedendo se può tenerci la valigia fino al primo pomeriggio, visto che il volo è alle 19.00. Lui gentilissimo ci lascia direttamente tutto il bungalow! L’indomani non è occupato, e ci dice di usarlo senza problemi per farci una doccia e cambiarci prima di partire. Come soluzione estrema, avevamo già adocchiato la doccia della piscina, ma approfittiamo volentieri dell’offerta!
Scendiamo a Dehè a fare colazione e poi andiamo in spiaggia a Grande Anse.. è assurdo essere stati ovunque, tranne che sulla spiaggia più famosa! In effetti anche oggi è affollata, ma un paio d’ore ce le godiamo. Pranziamo anche in uno dei rustici ristorantini nel parcheggio, spostandoci il tavolo man mano che il sole faceva capolino tra i rami… col risultato che la cameriera ogni volta non ci trova più. Dopo pranzo saliamo verso nord di qualche km, e ci fermiamo alla Plage de la Plume, che avevamo adocchiato passando: una splendida lunga spiaggia rosa, bordata di palme, sotto cui ci rilassiamo ancora un paio d’ore, con l’ultimo bagno.
Alle 15.30 siamo al bungalow, dove con calma ci prepariamo alla partenza.. gli ultimi saluti, e siamo in strada verso l’aeroporto, dove arriviamo un’ora dopo. Consegna dell’auto, cambio strategico degli abiti nei bagni (qualcuno dovrebbe lanciare l’idea di mettere degli spogliatoi, negli aeroporti) e siamo già a bordo. Purtroppo il volo è strapieno, stavolta le gambe ce le teniamo dove stanno, ovverosia sotto il mento. Per fortuna è cambiato il mese e ci sono dei film nuovi, anche se quelli in italiano si contano sulle dita di una mezza mano.. dopo questa full immersion nel francese, anche il film in lingua? Nooo! Il volo parte in orario, e in anticipo atterra a Orly, da cui ci aspetta la solita trafila Orly-CDG-Torino, dove arriveremo 20 h dopo la partenza.. con un’abbronzatura invidiabile e soprattutto tanti bellissimi colori e profumi in mente.
AVVERTENZE FINALI PER L’USO DELLE ANTILLE FRANCESI
Mare: molto bello; a Grande-Terre è ovunque adatto anche ai bambini, a Basse-Terre no perchè è sempre mosso. Le spiagge più belle sono a Marie Galante, poi ci sono La Caravelle e Anse du Souffler a Grande-Terre, plage de la Plume e plage de Cligny a Basse-Terre. Nessuna spiaggia è attrezzata, ma ci sono ovunque palme e altra vegetazione che fanno ombra, se ne volete. Nessun motivo per fare snorkeling, la fauna sottomarina non è degna di nota; qualche possibilità in più per i sub a Basse-Terre.
Interno: bellissima la foresta sulle pendici del vulcano a Basse-Terre, con moltissime attività naturalistiche e sentieri per fare trekking; belle le visite a cascate, giardini botanici, zoo, piantagioni di caffè e di banane, ecc. A Grande-Terre e Marie Galante domina ovunque la canna da zucchero; possibile (ed interessante) visitare le distillerie di rhum, ma il panorama è molto più monotono.
Soggiorno: le Antille francesi si girano facilmente, ma l’auto è indispensabile. Le distanze possono essere rilevanti, conviene articolare i pernottamenti in funzione di cosa si vuole vedere, perché sennò si passa la giornata in macchina. A posteriori, noi faremmo una notte in meno a Grande-Terre (o magari la useremmo per andare a Desirade, l’isoletta di fronte a St. Francois che ci hanno detto sia molto bella e selvaggia) cercando di pernottare a St. Anne o St. Francois; a Basse-Terre sposteremmo una o due delle 5 notti da Deshaies (ottima location per il nord) all’estremo sud, per visitare con più calma quella zona e magari andare anche in giornata alle Saintes. A Marie Galante tre notti sono la giusta misura per non annoiarsi, e la zona tra Grand Bourg e Capesterre è la migliore per soggiornare.A Guadalupa dimenticate la vita notturna (la sera non troverete nemmeno un bar dove bere una birra, tanto per essere chiari) e valutate se non sia più conveniente mangiare fuori a pranzo (molti posti nei pressi delle spiagge sono aperti solo a pranzo) per poi fare una cena leggera a casa con qualcosa acquistato al supermercato.In ogni caso, se non padroneggiate un minimo di francese cambiate destinazione, perché vi perdereste davvero troppo della natura, della storia e della cultura di queste isole.
Costi: le Antille francesi sono sicuramente più care rispetto ad altre destinazioni caraibiche, come es. Cuba. Rispetto all’Europa abbiamo trovato a buon mercato il costo per mangiar fuori (in media 30 euro in due), mentre ci sono sembrati cari i pernottamenti (almeno 75-80 euro a notte per un bungalow di media qualità, con angolo cottura, in alta stagione) e i costi delle escursioni in mare, che difatti abbiamo evitato (10 euro a testa per un’ora sulla barca con fondo trasparente, 80-90 euro per 5-6 ore fino alle piccole isole fuori costa). Medio il costo del noleggio auto (30-35 euro al giorno) e della benzina. A testa, tutto incluso tranne il volo, abbiamo speso circa 850 euro per 13 notti.
Bon voyage!
M&L