Yokoso Japan di Benvenuti in Giappone parte 2
Oggi giornata libera. Nel senso che il programma non prevede niente, ognuno può girare liberamente per conto suo. Io devo assolutamente andare ad Akihabara, il quartiere dell’elettronica. Quello che in un altro momento sarebbe stato solamente un giro di piacere, è diventato una necessità: devo assolutamente prendere un caricabatterie per le stilo della macchina fotografica. Anche altri del gruppo vogliono andare li, ma preferisco farlo da solo sganciandomi. Voglio muovermi liberamente e velocemente, senza dover aspettare gli altri o mettergli fretta. Mi sveglio con calma, senza sveglia (ho comunque bisogno di riposo), doccia e parto subito. La colazione la faccio in un baretto di Akihabara, molto più piccolo del solito Andersen di Ueno, ma comunque con roba molto buona. A parte il caffè, solita schifezza tipo bibitone americano. Entro in un megastore che occupa l’intero palazzo, ogni piano è specializzato in una cosa, computer, macchine fotografiche, televisori, ecc. Girando, al secondo o terzo piano trovo le batterie ricaricabili e i relativi caricabatterie. Peccato che i prezzi siano carissimi, alla fine prendo il più economico per circa 1600 yen (in Italia lo avrei pagato la metà), ma mi serve e non ne posso fare a meno. Visto che ci sono prendo anche un adattatore per la presa, in modo da poter ricaricare il telefono, non una necessità ma sicuramente può fare comodo. Continuo il giro per il palazzone, indugiando sopratutto nella parte computer, alla fine esco quasi con le lacrime agli occhi, c’è così tanta di quella roba, ma non si può comprare niente. I prezzi sono 1.5/2 volte quelli dell’Italia. Continuo il giro fuori dal palazzo per gli altri negozi e negozietti, c’è di tutto dagli spinotti, cavi, semplici componenti elettronici, ai prodotti finiti. Qualsiasi oggetto elettronico si possa desiderare è presente, in ogni forma e dimensione. Peccato che, dati i prezzi, non si possa comprare niente. Mi stanco presto di girare in questo modo e procedo con un piano alternativo. Col resto del gruppo abbiamo due appuntamenti, entrambi in albergo. Il primo, facoltativo, alle 13:00 per il pranzo, il secondo alle 20:00 per la cena. Visto che il mio programma comprendeva solo la mattina, cercherò di riunirmi con gli altri per il pranzo. Visto che è ancora presto, faccio così: prima cosa un salto in albergo per mettere un primo gruppo di batterie sotto carica. Seconda cosa, voglio dare un occhiata alla Tokyo Tower, la famosa antenna televisiva che è una riproduzione della torre Eiffel (leggermente più alta e colorata in bianco e rosso). Secondo le informazioni ricevute, la torre è più facilmente raggiungibile dalla fermata Hamamatsucho della yamanote line (JR). Visto che i biglietti si pagano in base al percorso fatto, e che ho il biglietto giornaliero per la Tokyo Metro, utilizzo la metropolitana (Ginza line) fino a Shimbashi e da lì cambio prendendo la yamanote per una fermata (130 yen). Purtroppo i tempi di percorrenza con la metro sono più lunghi del previsto e la torre non è così vicina alla fermata. Non ho molto tempo a disposizione se voglio raggiungere gli altri per il primo appuntamento. Mi avvicino per quanto possibile, dato il tempo a disposizione, e scatto qualche foto, poi devo scappare. Raggiungo gli altri giusto in tempo e andiamo a pranzo nel solito ristorante con la macchinetta. Nel pomeriggio il tempo è decisamente peggiorato, è completamente coperto e a tratti piove. Decidiamo di fare un giro nel parco di Ueno, che dovrebbe contenere un po’ di cose interessanti. A parte il museo, visitato il primo giorno, c’è qualche tempio buddista, qualche santuario shintoista, lo zoo (che non ci interessa vedere) e qualche costruzione interessante. Alla fine prendendo qualche stradina che ci porta in direzione opposta a quella del nostro albergo, facciamo un salto al cimitero. L’unico problema è che il k-way che indosso, alla lunga, non si dimostra sufficientemente impermeabile e fa passare l’acqua. Così, stanco e di cattivo umore, sollecito gli altri per un veloce ritorno in albergo. In albergo, dopo una lunga doccia calda, ne approfitto per un bucato. L’unico problema è che non c’è un vero posto per stendere, lascio quindi la roba sparsa in giro per la stanza. (per la grande gioia di Guido). In serata piove ancora, ceniamo al solito ristorante con la macchinetta e poi subito a dormire. Le previsioni per domani danno tempo buono.
22 aprile
Oggi è il primo giorno di validità del nostro Japan Rail Pass. Il programma prevede una gita a Kamakura, una cittadina a 50 km da Tokyo piena di templi. Dopo la solita colazione da Andersen, alla stazione, prendiamo il treno. Una volta arrivati incominciamo con l’ Engaku-ji temple, che si trova a soli 50 metri dalla stazione di Kamakura. Si tratta di un tempio zen risalente al 1200 che è stato in gran parte ricostruito. Completamente immerso nel verde, data la calda giornata di sole, è un vero piacere da visitare. Successivamente passiamo al Meigetsu-ji temple, anche questo tempio zen, ma molto più piccolo. Qui abbiamo modo di vedere il nostro primo giardino zen, il classico giardino di sabbia arata, con delle pietre la cui contemplazione dovrebbe essere di ispirazione. Peccato che, un gatto, comodamente sdraiato sulla sabbia a prendere il sole, tolga molto all’atmosfera di meditazione che ci dovrebbe essere. Passiamo infine al Kencho-ji temple, anche questo zen, che risulta essere in assoluto il più bello tra quelli visitati. Come il primo, sorge su una vasta area, immersa nel verde, che comprende più edifici. Tutti fotografatissimi. Più volte. Alla fine, essendo passata da molto l’ora di pranzo ci fermiamo per il pranzo. La zona è piuttosto turistica e non è facile trovare un posto economico per mangiare. Alcuni decidono di prendere qualcosa in un supermercato, altri (tra cui il sottoscritto) si fermano in un localino-ino. Il posto è gestito da una coppia di anziani che sono gentilissimi. Troppo. Mi mettono a disagio con tutta quella gentilezza. Prendo del semplice riso saltato con dei gamberetti, che risulta essere veramente buono. Alla fine anche del caffè che viene preparato attraverso dei travasi di acqua bollente tra diverse ampolle. Sicuramente migliore del solito bibitone, ma comunque lontano dall’espresso a cui siamo abituati. Riprendiamo il giro visitando velocemente un altro tempio di cui non ricordo il nome. Dopo quelli visti durante la mattinata non ha niente di speciale. Dopo di questo decidiamo di concludere la visita dei templi e di incamminarci verso il Kotoku-in dove c’è il Daibutsu, il Grande Buddha. La tradizione vuole che si arrivi al Grande Buddha, attraverso un cammino nel bosco, quasi come un cammino verso l’illuminazione. unico problema è che non sappiamo dove sia, e quasi nessuna, tra le persone incontrate, parla abbastanza bene l’inglese per darci delle informazioni precise. Entriamo nel bosco, sperando di non perderci, seguiamo il sentiero, ma questa volta le scritte, quando ci sono, sono solo in giapponese. Veniamo raggiunti da una ragazza che parla molto bene l’inglese. Troppo bene. Alla fine si chiarisce il mistero, è una ragazza canadese di padre giapponese (da cui i tratti orientali) che si trova qui in vacanza. Lei sa leggere i caratteri giapponesi e ci indica la direzione, ci mostra anche un paio di ideogrammi, questi corrispondono a Buddha, seguendo le indicazioni che li contengono arriveremo. Lei fa il nostro stesso percorso, ma si muove molto più agilmente, ci distanzia velocemente e scompare nel bosco. Dopo aver percorso circa 3 Km usciamo dal bosco e ci ritroviamo su una strada asfaltata. Dopo qualche centinaio di metri arriviamo al Kotoku-in, dove, come ho detto, c’è il Daibutsu, il Grande Buddha. Si tratta di una gigantesca statua di bronzo alta oltre 13 metri, e pesante più di 90 tonnellate. La statua risale al 1200 e, come dice la guida, è rimasta intatta sopravvivendo al terremoto che ha distrutto il tempio che la conteneva. Ci fermiamo per un po, scattando decine di fotografie e riposandoci. Alla fine, quasi al tramonto riprendiamo la via del ritorno che ci porta alla stazione e poi a casa. E’ stata una giornata di sole, molto calda. L’ascensore diceva 26 gradi e come al solito ha avuto ragione. Commentiamo che è questo il clima che ci aspettavamo di trovare in Giappone e che vorremmo trovare sempre. Per cena ci fermiamo al “nostro” ristorante con la macchinetta e poi dopo una passeggiata, a dormire.
23 aprile
Secondo giorno di validità del JR pass, oggi è prevista la visita al monte Fuji, forse la tappa più inutile della vacanza. Sveglia presto, alle 6:20 e partenza alla 7:30. Per prima cosa ci dobbiamo recare a Shinjuku, utilizziamo la yamanote line, che essendo della JR possiamo prendere col pass senza pagare. A Shinjuku abbiamo qualche difficoltà per trovare il treno adatto, poi prendiamo il treno per Takano e continuiamo per Otzuki. Da qui, con una linea privata (che si paga a parte) prediamo il treno per Kawagichiko. Il treno sembra uscito da una favola, tutto colorato con disegni di nuvole e animali. Arriviamo alle 12:20. La capogruppo è entusiasta del percorso fatto, personalmente non capisco il motivo, ci abbiamo messo quasi 5 ore. Dalla stazione faccio la prima foto al monte, la cui cima è coperta dalle nuvole. Ce lo aspettavamo, in un anno sono meno di 20 i giorni in cui non ci sono nuvole, e sono quasi tutti in inverno. In ogni caso la foto fatta dalla stazione risulterà la migliore, Il tempo si sta coprendo molto velocemente e nel giro di pochissimo non si vedrà quasi più niente. Prendiamo una funivia che ci porta su una collina dove c’è una terrazza panoramica. Purtroppo all’arrivo è ormai tutto coperto, la montagna non si vede quasi più. Qualcuno fa una passeggiata li sopra, qualcuno si ferma un po. Alla fine scendiamo e cerchiamo un posto dove mangiare. Sul lago ci sono molti ristoranti e locali, tutti per turisti. Il che vuol dire prezzi molto alti e qualità probabilmente discutibile. Venendo dalla stazione avevamo visto dei ristorantini che preparavano dei piatti con i noodles, torniamo indietro per cercarne uno. Ne troviamo uno che ci soddisfa, i piatti presentati fuori sembrano buoni. Il ristorantino è a conduzione famigliare, e i gestori non parlano una parola di inglese. comunque a gesti riusciamo a capirci e ordiniamo. La solita minestra con i noodles ci soddisfa completamente. Dopo pranzo, visto l’orario e i tempi di percorrenza, ci mettiamo sulla via di casa. E’ l’ultimo giorno di permanenza a Tokyo, al ritorno in albergo incomincio a preparare i bagagli. Il bucato fatto qualche giorno fa e ancora sparso per la stanza è ancora umido. Scopro che al secondo piano c’è una mini-lavanderia con una asciugatrice a gettone. Con 100 yen e 20 minuti di asciugatura risolvo tutti i problemi. Noto che è presente anche una lavatrice a gettoni, se l’avessi saputo prima avrei evitato di fare tutto il bucato a mano. Per cena andiamo al solito ristorante con la macchinetta, per l’ultima volta. Essendo l’ultima sera a Tokyo ci facciamo un ultimo giro, non sapendo cosa scegliere, andiamo alla fermata metro chiamata Tokyo per vedere cosa c’è. Scelta sbagliata, si tratta di una zona di uffici, con palazzoni ma niente altro. Anche alle 11 di sera è piena di gente con completo scuro che torna dal lavoro. Ci guardano piuttosto incuriositi, probabilmente è l’ultimo posto dove si aspettano di vedere dei turisti. Anche noi ci chiediamo cosa ci facciamo li. Andiamo a dormire.
24 aprile
Oggi lasciamo definitivamente Tokyo e andiamo a Takayama, una cittadina che si trova sulle Alpi giapponesi. Sveglia alle 6:00 e partenza alle 7:20. Prendiamo la yamanote line fino alla stazione di Tokyo. Da qui, abbiamo modo di provare per la prima volta i velocissimi Shinkansen, i treni ad alta velocità giapponesi. Prendiamo un Hikari che parte alle 8:33 e ci porta fino a Nagoya. Da Nagoya, prendiamo un treno locale che va verso le montagne portandoci a Takayama. Arrivati a Takayama prima tappa ufficio turistico, dove chiediamo quali siano i posti più interessanti da visitare. Tra le varie cose chiediamo anche dove sia un ristorantino vicino per pranzare. Ci dirigiamo, con tutti i bagagli nel ristorante indicato. E’ un ristorante, vicino alla stazione, nel classico stile giapponese, tutto di legno. volendo c’è anche la zona con i tavolini bassi, dove, scalzi, si mangia seduti su dei cuscini. Non è per noi. O meglio, io lo farei pure, ma qualcun altro ha dei problemi, quindi rinunciamo. Ordiniamo degli ‘zaru soba’, che forse non sono esattamente quello che ci aspettavamo, ma non sono malvagi. Dopo pranzo riprendiamo i bagagli e andiamo nel posto dove dormiremo questa notte. Si tratta di un tempio buddista che in parte funziona come ryokan. Si chiama Zenko-ji temple inn. In questo caso, l’esperienza di un ryokan tradizionale è completa: dovremo lasciare le scarpe all’ingresso, muovendoci per l’intero complesso scalzi o con delle pantofole fornite da loro. Staremo tutti in un unico stanzone con le classiche parti fatte di carta di riso e legno, e dormiremo sui classici futon appoggiati sul tatami. Inoltre avremo a disposizione solo dei bagni comuni. Trattandosi di un tempio ci sono anche delle regole: innanzitutto gli orari, ad una certa ora chiude e se vogliamo rientrare più tardi dobbiamo chiedere la chiave. Sempre a proposito di orari, per non disturbare chi dorme dalle 22:30 in poi non si potranno più utilizzare tutte le aree comuni, sala ritrovo cucina e docce. Trattandosi di un tempio c’è anche la zona di preghiera, che può essere fotografata liberamente, ma l’accesso è consentito solo in certi orari, visto che poi li ci dormono. Apprese tutte le regole, e lasciati i bagagli andiamo a fare un giro. Andiamo a visitare lo “Hida no sato”, che tradotto sarebbe l’Hida folk village, la ricostruzione di un antico villaggio giapponese. Qualcuno lo aveva sconsigliato perché è qualcosa di non originale. Invece è bellissimo, è vero, non è antico, ma per la costruzione sono stati utilizzati gli stessi materiali che venivano usati all’epoca. Visitiamo quindi tutte queste case con le pareti di carta, i tatami e i bracieri, i tetti di paglia o di legno. Faccio decine di fotografie, forse più di un centinaio, ogni angolo è bellissimo. Questo è esattamente quello che mi immaginavo come “Giappone tradizionale”. Rimaniamo fino a quando è quasi buio, poi torniamo al tempio. Per la cena chiediamo consiglio ai monaci del tempio che ci mandano al ristorante “suzuya”. Pure questo, in stile molto tradizionale, offre tavoli normali con sedie e tavoli bassi con cuscini. Prendiamo una cosa, di cui non ricordo il nome, che si cucinava su una specie di braciere sistemato di fronte al proprio posto (ognuno aveva il suo). Conteneva carne, cipolle, verdura ed insalata. Veramente molto buono anche se leggermente caro. Al termine passeggiata per il paese e poi a dormire.
Il racconto completo con note e foto si trova qui: