Vitoria e Burgos

L'interessante capitale dei Paesi Baschi e la magnifica cittadina di Burgos, ricca di storia e con il Museo dell'Evoluzione Umana, collegato alla vicino sito paleontologico di Atapuerca.
vitoria e burgos
Partenza il: 02/05/2019
Ritorno il: 05/05/2019
Viaggiatori: 2
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Vitoria e Burgos

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Nel piccolo aeroporto di Vitoria non c’è un noleggio auto, penso sia una politica volta a evitare che la cittadina divenga solo un punto di passaggio per Bilbao o Burgos.
Non ci sono nemmeno taxi, ma il bus proprio davanti all’entrata ci porta in centro alla Cattedrale Nuova: il nostro hotel, la Casa de los Arquillos, è a 10 minuti di distanza a piedi. Si tratta di una costruzione di duecento anni in pietra, in cima a una scalinata che parte da Plaza de La Virgen Blanca, una bellissima piazza a forma di mandorla sulla quale si affacciano eleganti palazzi ottocenteschi con le tipiche verande in legno.
La casa de Los Arquillos dà al piano inferiore su un porticato ad archi, una delle attrazioni architettoniche della città. Mi domando come avremmo fatto a raggiungere un hotel che non fosse stato in centro. Fa freddo, c’è vento e pioviggina.

Vitoria Gasteiz la capitale dei paesi baschi

Anche la mattina dopo ci svegliamo con lo stesso (previsto) clima, la nostra intenzione sarebbe stata quella di fare un giro in bicicletta nei parchi che formano un anello verde intorno alla città ma non se ne parla proprio. Vitoria Gasteiz, nonostante nessuno lo sappia, è la capitale dei paesi baschi. Fu fondata verso la fine di XII secolo da un re di Navarra con il nome di Nueva Vitoria, vicino al villaggio fondato nel VI secolo dai visigoti, Gasteiz, nome che, in effetti, ha un che di sassone. Nel 1200 fu incorporata al regno di Castiglia, nel 1813 vi si combatté la battaglia tra le truppe inglesi, spagnole e portoghesi per cacciare Napoleone dalla Spagna. Nel centro della piazza della Virgen Blanca troneggia infatti la statua dedicata a questa importante vittoria.

E’ una bellissima città, piena di verde, zone pedonali, costruzioni eleganti e ben tenute, una gran quantità di trasporti pubblici modernissimi. Plaza de España è una piazza rettangolare delimitata da porticati, quando ci arriviamo è quasi deserta perché l’orario di apertura di tutto qui è alle 10 del mattino, e pare che tutti i musei e le chiese chiudano dalle 13 alle 16-16,30, la sacra siesta. Visitiamo, gratis, il museo di Belle Arti, in un’elegante villa in stile neoclassico, ben tenuto, carino. Oltre a noi c’è in visita solo una scolaresca con tre maestre e una dozzina di bambini intorno ai 7 anni. Sono tutti stranieri, la maggior parte sudamericani e una bambina afgana. Sembrerebbe che gli spagnoli facciano il loro dovere prendendosi i migranti. Non sapendo che fare sfruttiamo un altro museo gratis, la Casa del Cordon, nel centro della città medievale. Sulla facciata vi sono tre porte ad arco gotico, attorno a quello centrale è scolpito il cordone del saio francescano. L’elegante palazzo, molto ben restaurato, fu costruito da una ricca famiglia ebrea convertitasi al cattolicesimo al tempo dell’inquisizione. Il palazzo ingloba al suo interno una torre medievale dal bellissimo soffitto blu a costoloni dorati. Furono ospiti della ricca famiglia Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, i sovrani che unificarono la Spagna e finanziarono i viaggi di Cristoforo Colombo, e il papa Adriano di Utrecht quando passò per Vitoria. Per fortuna al piano terreno, di fronte all’entrata nella torre dove viveva la famiglia, c’è un comodo divano dove potersi quasi appisolare in questa giornata uggiosa, dopo aver vagolato nei tre piani dell’abitazione tra imponenti mobili di noce.

La cattedrale di Vitoria è in restauro ma organizzano visita guidate al suo interno, purtroppo non riusciamo a iscriverci a quella delle 16, già esaurita. Sembra che questa visita abbia talmente colpito Ken Follet da avergli ispirato il libro “Mondo senza fine”, successivo a “Pilastri della terra”. Sul sagrato della chiesa c’è l’unica statua di bronzo al mondo raffigurante Ken Follet.

Un altro museo gratis di Vitoria è quello delle carte da gioco, Los Naipes, abbinato in un bellissimo palazzo medievale al museo archeologico. Sembra che sia il più completo museo di carte da gioco del mondo, e tanto per cambiare pare che il gioco delle carte sia iniziato in Cina nel X secolo, dove erano già state inventate la carta e la stampa per xilografia. Il gioco delle carte si diffuse poi in tutto il mondo arabo e verso la fine del Medioevo in Europa, con mazzi sostanzialmente simili a quelli attuali: 52 carte divise nei quattro semi, coppe, denari, spade e bastoni.

Finalmente è arrivato il momento di spostarci a Burgos, il noleggio Europcar non è lontano dal centro, una quindicina di minuti a piedi. Non piove più, l’autostrada è gratis e quasi deserta. Dopo circa un’ora e mezza arriviamo a Burgos, che non è più quella cittaduzza un po’ arretrata che ricordavo dal viaggio a Bilbao e dintorni nel 2003. Burgos è oggi una città moderna, con il traffico intenso del venerdì sera e una vasta isola pedonale all’interno della quale è ubicato il nostro hotel, il Norte y Londres. Nonostante Google Maps insista che ci possiamo arrivare davanti e noi proviamo a seguire le indicazioni, ci troviamo per tre volte davanti ad una colonnina che si abbassa solo inserendo una tessera. Ci rassegniamo a mettere l’auto nel parcheggio pubblico di Plaza de España, distante circa 200 metri.

L’hotel è carino, primi novecento, mi ricorda la casa dei nonni (non i miei). Fa piuttosto freddo anche qui, è quasi sereno ma spira una brezza tagliente. In fondo siamo in montagna, Burgos è a 850 metri di altitudine, è stata una grande idea portare il giaccone pesante oltre a quello leggero.

Oggi, sabato 4 maggio, la giornata è splendida, quasi senza nubi, posso passare al giubbottino leggero. E’ il grande giorno dell’evoluzione umana, da sempre uno dei miei soggetti preferiti. Leggendo un libro sull’uomo di Neanderthal ho scoperto che uno dei maggiori giacimenti fossili del mondo è stato scoperto a circa venti chilometri da Burgos, alla Sierra de Atapuerca. In seguito al ritrovamento di questa miniera del paleolitico nel 2010 a Burgos è stato inaugurato il MEH, Museo de la Evolución Humana, al di là del fiume Alarzón che la attraversa. Puntuali alle 10 ci presentiamo all’entrata, siamo i primi a varcare la soglia. Ci accoglie una grande tabella che mostra chiaramente come le diverse ondate di specie Homo si siano infine estinte, tranne Homo Sapiens apparso in Africa circa 2-300.000 anni fa ed emigrato tra i 100.000 e i 70.000 anni fa verso l’Europa passando dal corridoio medio-orientale. Per un certo periodo Homo Sapiens ha convissuto in Eurasia con altre specie Homo, come Erectus, Neanderthel, Denisoviano, in piccola parte ibridandosi con queste ultime due, poi estinte. Quindi Homo Sapiens esiste sulla terra da forse 300.000 anni, ma altre specie Homo sono vissute per molto più tempo, ad esempio Homo Erectus è esistito per 2 milioni di anni, distribuendosi dall’Africa all’Eurasia. E’ stato il primo a utilizzare le amigdale, cioè pietre lavorate in modo da avere due facce taglienti (bifacciali) e ad usare il fuoco.

E’ molto emozionante la ricostruzione del Beagle, il vascello sul quale Darwin compì un viaggio intorno al globo di 5 anni durante il quale elaborò informazioni decisive per formulare la teoria dell’evoluzione, sconvolgendo il mondo scientifico e religioso del XIX secolo. E sono pure impressionanti le magnifiche statue raffiguranti i vari appartenenti al genere Homo. Sono assolutamente affascinata dalle possibilità della scienza di datare reperti così antichi, grazie a sistemi di comparazione con strumenti litici ritrovati vicino, al decadimento radioattivo dell’argon, alla presenza nello stesso strato di fossili animali e vegetali caratteristici di quel periodo, e ora anche agli studi sul DNA. E’ incredibile che dal ritrovamento di minuscoli frammenti si riesca a capire a quanti individui appartenessero e quale fosse la loro morfologia, la capacità cranica, la loro età, la presenza di ferite o malattie causa di deformazione delle ossa.

Alle 11,45 c’è il ritrovo all’entrata del museo per la visita agli scavi, rigorosamente da prenotare, infatti ci siamo iscritti via internet una ventina di giorni fa. Purtroppo la visita è solo in castigliano (mi avevano avvertita) quindi Mike si dovrà accontentare delle mie spiegazioni. Tra l’altro è sabato e c’è il ponte del I maggio anche in Spagna.

La Sierra di Atapuerca è un sistema di grotte carsiche create dal fiume Arlanzón, in un ambiente ricco di fauna e vegetazione per l’abbondanza di acqua e lunghi periodi climatici più caldi e umidi dell’attuale. Le aperture delle grotte sono spesso state ostruite nel corso dei millenni dai depositi di terra e materiali diversi, anche se l’esistenza di alcune caverne era nota da secoli. Alla fine dell’800, durante gli scavi per la costruzione di una ferrovia che doveva trasportare materiale da costruzione verso le zone industriali della costa atlantica, furono scoperti reperti fossili, per cui il governo assegnò a questa zona un’importanza archeologica. Nel 1910 la ferrovia smise di funzionare e il suo tracciato fu usato come cava, danneggiando i giacimenti fossili. Solo nel 1964 iniziarono le campagne di scavi, che cominciarono a portare alla luce un’enorme quantità di reperti eccezionalmente conservati. Atapuerca si rivelò nel corso degli anni il giacimento fossile con resti umani più antico d’Europa e più a lungo frequentato, da 1,2 milioni di anni fa fino all’età del bronzo. Il sito fu dichiarato patrimonio UNESCO nel 2000.

Ci guida nella visita una giovane paleontologa, rigorosamente volontaria, spiegandoci le varie parti del giacimento che si snodano lungo la trincea scavata nella roccia per la vecchia ferrovia, dove sono indicati i vari strati di scavo. Il lavoro del paleoantropologo consiste nel rimuovere sacchi di terriccio, catalogarli minuziosamente in base alla loro posizione, data dello scavo e nome dello scavatore, andarli a setacciare al fiume alla ricerca di reperti, poi studiarli e interpretarli anche con l’aiuto del laboratorio.

Nel giacimento sono stati rinvenuti i resti fossili di una specie umana prima non conosciuta, Homo Antecessor (che in latino significa avanguardia, scopritore), considerata la più antica specie Homo in Europa, vissuta circa 900.000 anni fa, probabilmente l’ultimo antenato comune tra Sapiens e Neanderthal. Il ritrovamento di alcuni frammenti, in particolare una mandibola di un individuo di circa 16 anni e altri 80 piccoli pezzi, ha consentito di arrivare alla conclusione che appartenessero a 6 individui diversi e da tagli e scheggiature sulle ossa causati da strumenti bifacciali che praticassero il cannibalismo (rituale o meno non è possibile stabilirlo). Più recentemente è stata trovata la mandibola di un individuo di circa venti anni, definito Homo sp. (una specie ancora non ben definita) vissuto 1,2 milioni di anni fa.

In una caverna profonda 13 metri, probabilmente utilizzata come cimitero, sono stati scoperti i resti di 28 individui di Homo Heidelbergensis (430.000 anni fa) di età molto differenti e di entrambe i sessi, più del 90% dei fossili umani di questo periodo recuperati nel mondo. Homo Heidelbergensis è considerato il progenitore del Neanderthal, i maschi avevano un’altezza media simile alla nostra ma erano più robusti e le donne avevano un bacino più ampio, che facilitava il parto. Il cranio numero 5, il meglio conservato, è stato soprannominato Miguelón, in onore di Miguel Indurain, il grande ciclista. La morfologia delle ossa uditive e dell’osso ioide del collo sono compatibili con la capacità di sentire e parlare. Insieme a questi individui è stato trovato un solo coltello bifacciale di quarzite rossa, un minerale raro, che fa pensare a un’offerta votiva e quindi a una percezione di spiritualità.

Durante gli scavi è stata ritrovata solo una falange (!) di Neanderthal, ma moltissimi strumenti litici caratteristici di questa specie. Gli umani non vivevano in queste grotte, che erano umide e buie, ma le usavano per l’interramento dei cadaveri, mentre in altre si calavano per impadronirsi degli erbivori caduti dentro attraverso stretti crepacci. Sono state rinvenute anche le ossa appartenenti a specie di animali estinti o attualmente inesistenti a questa latitudine, come la iena maculata, l’orso delle caverne, la tigre dai denti a sciabola, elefanti e rinoceronti. A un certo livello stratigrafico si nota il diverso orientamento dei minerali ferrosi, corrispondente all’inversione del campo magnetico terrestre avvenuta circa 780.000 anni fa, causata dallo spostamento del magma ferroso nello strato superficiale del nucleo terrestre!

Nel nostro gruppo ci sono dei ragazzini molto simpatici che sono molto interessati e fanno domande spiritose. Quando la paleoantropologa parla dei bifacciali usati come coltelli, la bambina chiede come mai non usavano anche le forchette. E il bambino nero adottato si stupisce grandemente nell’apprendere che lui, a differenza di tutti gli altri del gruppo, ha 100% DNA Sapiens, mentre gli europei bianchi hanno un 1-4% di geni Neanderthal, una specie di umana che si è evoluta solo in Eurasia.

Dopo questa interessantissima visita al giacimento il bus ci porta a Atapuerca, un villaggio di case di pietra che ha conosciuto una rinascita grazie ai turisti che arrivano qui per visitare gli scavi: la popolazione è risalita e l’età media diminuita. Ci passa anche il sentiero del pellegrino.

Ma non è finita, la visita comprende anche il parco didattico, dove la bravissima volontaria ci mostra come i nostri antenati producevano le amigdale. Mi colpisce che abbiano impiegato un milione di anni a capire che due facce taglienti sono meglio di una sola. I bambini impazziscono nel vedere come l’Homo Sapiens di 30-40.000 anni fa dipingeva le pareti delle caverne, creando con l’ocra rossa disegni di animali di una bellezza straordinaria. Sono state trovate anche impronte di mani, un po’ in tutte le parti del mondo, come adesso mettono le firme sui monumenti a voler dire: “Io sono stato qui!”. Le mani sono dipinte sia in positivo appoggiando sulla parete rocciosa l’estremità intinta in una poltiglia di ocra rossa, oppure in negativo spruzzandoci sopra ocra rossa diluita con un sistema a due cannucce sfruttando l’effetto Venturi. Bambino nero e bambina bionda lasciano anche loro la testimonianza della loro manina.

Ma solo i grandi possono provare a usare il propulsore, un bastone collegato a una lancia con una corda e inserito in una sua scanalatura, che consentiva di aumentare notevolmente la forza, la lunghezza e la velocità di gittata. Provo anch’io, e mi viene un lancio piuttosto buono, forse una reminiscenza di quando ho vinto il campionato studentesco regionale di lancio del peso.

Poi c’è la sepoltura dei Neanderthal, che già capivano e temevano la morte e forse immaginavano un aldilà, perché adornavano il defunto di conchiglie e lo seppellivano in posizione fetale come se dovesse rinascere.

Infine la nostra volontaria si esibisce nella creazione del fuoco, una delle tappe fondamentali nella storia dell’umanità perché gli ha permesso di scaldarsi, proteggersi dalle fiere, cuocere i cibi, radunarsi intorno a un falò a raccontare storie, e decine di altre cose ancora. Ottenere un focherello sfregando un legnetto non è cosa facile, la paleoantropologa quasi muore asfissiata soffiando vigorosamente sopra le scintille, ma alla fine ce la fa, la casa paleolitica si riempie di fumo ma i bimbi sono estasiati.

Alle 18,30 abbiamo il free tour a Burgos, con ritrovo in piazza delle Cattedrale davanti al monumento del pellegrino, che in effetti è abbastanza difficile da individuare perché è un tipo di bronzo stravaccato su una panchina. La guida è una signora simpatica e piena di brio, anche qui si parla solo castigliano e pure piuttosto velocemente, non è facile capire e contemporaneamente fare un riassunto per Mike.

Burgos fu fondata nell’884 nel tentativo di arrestare l’ondata saracena. La città è cinta da splendide mura e sovrastata da un castello di cui adesso esistono solo i ruderi. Questa volta non abbiamo il tempo di andarci ma ricordo che nel 2003 abbiamo ammirato il panorama dai suoi spalti e si vedeva un nido di cicogne su uno dei suoi tetti. Chissà se c’è ancora adesso che la città si è così sviluppata. Mentre ero al castello Anthony, a casa da solo, mi telefonò per sapere come si fanno i gnocchi di patate.

La magnifica cattedrale gotica in candida pietra calcarea si staglia imponente sopra tutti gli altri edifici, con le sue guglie fiammeggianti.

Accanto alla sua facciata laterale decorre il Camino de Santiago, indicato dalla conchiglia di capasanta incisa in una delle lastre di marmo della strada. Da Burgos a Santiago il cammino è ancora lungo, 500 chilometri. Anche la cattedrale è patrimonio Unesco, e così pure il Camino de Santiago, per cui Burgos ha da sola ben tre siti Unesco.

Passiamo attraverso il piccolo borgo medievale, le case hanno un piano terreno dove c’erano le botteghe e un primo piano dove vivevano i bottegai. Ci abitavano i conciatori e i ciabattini: i pellegrini consumavano le scarpe e qui potevano rifarsene di nuove. Da sempre in questa zona è diffusa la pastorizia, la lana delle pecore è di ottima qualità, paragonabile alla merino. Dal XIV al XVI secolo si sviluppò una vera industria multinazionale: la lana veniva cardata e imballata, trasportata verso il porto di Bilbao sull’Atlantico dal quale arrivava via mare alle Fiandre, dove veniva trasformata in panno che tornava poi a Burgos, crocevia di traffici per tutta l’Europa.

Adesso le pecore e gli altri animali d’allevamento sono più importanti per l’industria alimentare, per la produzione di carne, salumi e formaggi, favorita dall’abbondate presenza della buona acqua del fiume Arlanzon. Ma ci sono anche molte altre industrie tra cui la Firestone, chiamata familiarmente “fire” dagli abitanti, come dichiara fieramente e affettuosamente la nostra guida.

Nell’omonima piazza si erge la statua del Cid, a cavallo del suo fedele Babieca, il mantello svolazzante e la Tizona sguainata. La Tizona, la spada in acciaio di Toledo, giace attualmente insieme ai resti del Cid nella cattedrale di Burgos, acquistata dalla municipalità per 1,6 milioni di euro dal nipote del marchese che ne era venuto in possesso. Rodrigo Diaz de Vivar nacque a Vivar, un piccolo villaggio a sette chilometri da Burgos, nel 1043. Soprannominato El Cid Campeador non perse una sola battaglia nel grande scontro tra regni cristiani della penisola iberica, tra di essi e contro le dinastie musulmane. Le sue gesta sono state cantate nel “Cantar de mio Cid”, un poema epico anonimo risalente al 1140, uno dei primi documenti scritti in lingua spagnola, diffuso dai giullari e dai poeti erranti. Non mancava la storia d’amore con la bellissima moglie Doña Jimena, i cui resti mortali giacciono accanto a quelli del marito. Non si può fare a meno di pensare a quei due con le fattezze di Charlton Heston e Sofia Loren nel film del 1961 “El Cid”, che ho visto con mia nonna al cinema Spaventa. Ricordo più quei film visti con gli occhi rapiti dell’infanzia in quel cinema di periferia nei pomeriggi dei giorni feriali d’estate che quelli visti l’altro ieri.

Concludiamo la visita di Burgos sul Paseo del Espolon, il viale pedonale lungo il fiume, sotto l’intreccio dei rami dei filari di platani ai lati, a formare come una galleria. I rami sono ancora spogli, la stagione è un po’ indietro, ma tra poco le foglie creeranno un soffitto verde che riparerà dalla calura estiva. E’ una delle poche cose che ricordo del mio precedente soggiorno a Burgos, noi seduti all’ombra sotto il tunnel arboreo a guardare il fiume, in una splendida giornata di giugno.

Dopo essere tornati in hotel a vestirci da inverno, perché imperversa questo vento gelido, andiamo a cena in un ristorante consigliato dalla guida, Casa Ojeda, a mangiare il lechazo, specialità di Burgos e in particolare di questo elegante ristorante. Credevo si trattasse di porcellino da latte, invece è agnellino da latte. Buonissimo, tenerissimo, il migliore che abbia mai mangiato se mai ne ho già mangiato. Ma poi sono assalita dai sensi di colpa, mi sveglio nel cuore della notte in preda ai sintomi più diversi e mi riaddormento solo quando è ora di alzarsi.

Il parcheggio dell’auto in Plaza de España costa più del noleggio, la strada verso Vitoria è ancora quasi deserta. Lasciamo le chiavi nel buzon perché è tutto chiuso e con i nostri trolley camminiamo fino alla fermata del bus per l’aeroporto vicino alla Cattedrale Nuova dove siamo discesi tre sere fa.

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