Viaggio negli Stati Uniti & Canada

Introduzione Che viaggio….. Nel luglio del 2005, io Luca, mia moglie Francesca allora fidanzati ….e mia sorella Emanuela, suo marito Nicola abbiamo organizzato una mega vacanza negli Stati Uniti e in Canada. Fino ad una ventina di giorni prima della partenza non pensavamo minimamente di fare questo viaggio, Nicola e Emanuela ce lo avevano...
Scritto da: luca&fra
viaggio negli stati uniti & canada
Partenza il: 15/07/2005
Ritorno il: 04/08/2005
Viaggiatori: fino a 6
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Introduzione Che viaggio… Nel luglio del 2005, io Luca, mia moglie Francesca allora fidanzati …E mia sorella Emanuela, suo marito Nicola abbiamo organizzato una mega vacanza negli Stati Uniti e in Canada.

Fino ad una ventina di giorni prima della partenza non pensavamo minimamente di fare questo viaggio, Nicola e Emanuela ce lo avevano proposto ma noi volevamo andare in Sardegna con il camper e stavamo per prenotare il traghetto, ma quella sera il servizio di prenotazione on line non funzionava… 15 Luglio 2005 venerdì Si parte…..

Decolliamo dall’aeroporto di Milano Malpensa, volo Alitalia AZ 606 delle 15,20 con destinazione New York e alle 18,40 (ora locale) atterriamo all’aeroporto internazionale di Newark che si trova nello stato del New Jersey. Rispetto al JFK Airport è sicuramente meno trafficato, a circa una ventina di km da Manhattan. Sbarcati dall’aereo ci mettiamo subito in coda per sbrigare le procedure dell’immigrazione, a cui tutti i passeggeri in arrivo negli Stati Uniti devono sottoporsi; sono state introdotte nell’ambito del Programma US VISIT, che prevede la compilazione di un modulo per i dati personali, la presa allo sportello delle impronte digitali di due dita oltre che alla scansione digitale della retina dell’occhio. Passati i noiosi e severi controlli, ritiriamo il bagaglio, usciamo dall’aeroporto e cerchiamo un mezzo che ci porti in Hotel. Per raggiungere il centro di Manhattan si può optare per il bus, per la metro, per il taxi o addirittura per la limousine. Io, megalomane come sono, sarei salito sulla limousine, ma pensando che costasse una follia mi sono convinto che è meglio lo Shuttle hotel che compie il giro degli hotel trasportando al massimo una decina di persone. Ci mettiamo però per arrivare a destinazione un’ora e mezzo, spendendo alla fine l’equivalente di un taxi. L’hotel da noi prenotato è il Thirty Thirty, si trova in ottima posizione nel quartiere di Murray Hill a 4 isolati a est di Madison Square Garden/Penn Station e a 4 isolati dall’Empire State Building e a 1.5 Km da Times Square. E’ moderno e confortevole, l’unico neo sono le stanze un po’ piccole ma pulite; si tratta perciò di un hotel con un buon rapporto qualità prezzo.

Scaricati in camera i bagagli, sono già le 21.30, usciamo subito per mangiare qualcosa. Nonostante la stanchezza camminiamo per circa una trentina di minuti senza una meta precisa, arrivando fino a Times Square, l’incrocio tra la Broadway e la 7th Avenue, fulcro del quartiere dei teatri, degli spettacoli, degli alberghi di lusso, dei negozi, e dei cinema. Questa zona di Manhattan è una delle più densamente edificate al mondo e visitate, pensate riceve più di 25 milioni di visitatori ogni anno. I cartelloni pubblicitari, gli schermi giganti e i pannelli elettronici che coprono la base di quasi tutti i grattacieli fanno brillare di mille luci Times Square, rendendola indimenticabile sia di giorno che di notte. Non riesco proprio a descrivere il traffico su questa piazza, non fanno altro che sfrecciare taxi di colore giallo, decine di limousine di svariate lunghezze anche ben oltre i 10 mt!!! E poi un sacco di gente, che entra ed esce da negozi, teatri, cinema, librerie, masse di persone che attraversano la strada sulle strisce pedonali. Proprio questa sera c’è l’uscita del libro di Harry Potter, vediamo centinaia di persone in coda sin dalle prime ore del mattino per poter acquistare il libro!!!!!! Che dire siamo a New York!!!!!!!!!!! Sembra di essere su un altro pianeta, è notte e c’è il caos. Nicola sembra impazzito non fa altro che scattare fotografie con la sua reflex, la Fra invece è molto stanca e sogna di toccare il letto!!!!!!!!! Nel frattempo sono arrivate le 23 e ancora non abbiamo trovato un posto di nostro gusto per fare uno snack, così decidiamo di integrarci con lo stile di vita americano finendo per farci un panino al McDonald’s. Per mezzanotte e mezzo rientriamo finalmente in hotel per riposare, in Italia sono già le 6,30 del mattino!!! 16 Luglio 2005 sabato Sveglia alle 8,00, oggi abbiamo un sacco di cose da vedere, non c’è assolutamente tempo da perdere!!!!!!!!! Dopo un’abbondante e cara colazione nel ristorante dell’hotel a base di uva e succo di arancia, prendiamo un taxi e ci facciamo portare al MoMA, il Museum of Modern Art, uno dei più celebri d’arte moderna e contemporanea, qui si trovano opere di Umberto Boccioni, Salvador Dalí, Edgar Degas, Edward Hopper, Henri Matisse, Claude Monet, Pablo Picasso, Vincent Van Gogh, ecc… Alla biglietteria comperiamo per risparmiare il City Pass New York che consente di acquistare a prezzo agevolato l’ingresso a 6 attrazioni, quali l’Empire State Building, il Museo Americano di Storia Naturale, il MOMA, una crociera Circle Line di 2 ore e un biglietto per il Gugghenim Museum. Il Moma è veramente grande ci sono tanti piani da visitare e così restiamo sino al primo pomeriggio. Il programma della giornata è ancora intenso e abbiamo poco tempo per pranzare, così mangiamo lungo la strada in un mini supermercato che oltre a vendere un pò di tutto ti offre anche primi e secondi piatti caldi, frutta e verdura, il tutto venduto a peso in vaschette. Qui è pieno di questi piccoli supermercati dove molti americani vengono a pranzare nella pausa, anziché cibarsi del solito hamburger. Dopo un boccone camminiamo lungo la bellissima Fifth Avenue, una delle vie principali del centro di Manhattan, affiancata da eleganti edifici, residenze storiche, alberghi lussuosissimi come il San Regis e un sacco di negozi di grandi marche e firme come Tiffany, Rolex, Gucci, ecc.

Oggi è sabato e i negozi sono tutti aperti, così andiamo a dare una sbirciatina per vedere se i prezzi sono convenienti. La Fra e la Lela si fanno prendere dalla frenesia dello shopping, entrano ed escono in continuazione dai negozi; per fortuna però spendono poco, i prezzi infatti sono molto alti. Fuori dai negozi ci sono 40 gradi con un tasso di umidità altissimo e dentro l’aria condizionata che fa un freddo pazzesco. Qui c’è il rischio di prendersi una polmonite. Dopo lo shopping continuiamo la visita del quartiere di Midtown con i suoi altissimi grattacieli, entriamo in quello di vetro delle Trump Tower dove al suo interno ai primi piani sono presenti diversi negozi ed anche un enorme cascata tutta in marmo. Continuiamo il giro a piedi, affascinati da queste enormi strutture sviluppatesi in altezza che in nessun modo riusciamo ad immortalare per intero in un’unica fotografia, nemmeno Nicola con la sua macchina reflex e con tutti i suoi grandangoli ci riesce.

Visitiamo la Cattedrale St. Patrick’s, la chiesa principale dell’Arcidiocesi di New York che si affaccia sull’elegante 5th Avenue (all’incrocio con la 51st Street), a due passi dal Rockefeller Center costruita tra il 1853 ed il 1878 in stile neogotico.

La costruzione è sormontata in tutte le direzioni da imponenti grattacieli di altezza tripla. Le due torri campanare raggiungono l’altezza di 99 m. Purtroppo non riusciamo ad entrare, perché si sta celebrando un matrimonio. Allora io faccio notare alla Fra che fuori dalla chiesa sono parcheggiate diverse limousine e lei mi dice che quando ci sposeremo vorrà essere portata in chiesa con una macchina come queste… Proseguendo il cammino non possiamo non visitare il Rockefeller Center, un complesso di 19 edifici disposti su pianta ottagonale lungo la Fifth Avenue (tra la 48th e la 51st Street) e la Avenue of the Americas (tra la 47th e la 51st Street). L’iniziativa di costruire questa sorta di città-grattacielo, che ha radicalmente trasformato il volto urbano di Midtown Manhattan, partì dal petroliere John D. Rockfeller jr. Questi aveva in un primo tempo previsto di utilizzare un’area di 10 ettari nel centro di Manhattan per installarvi la Metropolitan Opera e, a tal fine, stipulò, nel dicembre 1929, un contratto d’affitto di 24 anni con l’ente proprietario del terreno, la Columbia University. In seguito alla crisi economica e al crollo della Borsa Rockfeller cambiò avviso e, dopo aver fatto demolire, nel 1931, ben 228 edifici, diede il via alla costruzione di un complesso edilizio e commerciale; questo consisteva inizialmente di soli 14 edifici ma a partire dal 1954, con la costruzione di cinque altri stabili, subì continui e successivi ampliamenti fino a raggiungere (nel 1973) le dimensioni e l’aspetto attuali. Oltre ai numerosi uffici il Rockfeller Center, che accoglie ogni giorno 175.000 visitatori e in cui lavorano 60.000 persone, comprende 30 ristoranti, dozzine di negozi al pianterreno e nelle gallerie sotterranee, studi televisivi e radiofonici. La Lower Plaza è una piazza leggermente incassata, sfondo di molti film, attorno alla quale sventolano le bandiere dei Paesi membri dell’ONU e in cui si può ammirare il Prometheus, una statua in bronzo dorato del 1934 e una fontana con giochi d’acqua. D’estate la Lower Plaza, è occupata dai tavoli dell’American Festival Café e funge da luogo di ritrovo e d’incontro per i visitatori, mentre d’inverno vi viene installata una pista di pattinaggio sul ghiaccio di 800 metri quadrati. Durante le festività di fine anno viene inoltre allestito nella piazza il più grande albero di Natale di New York, un pino del Maine alto oltre 20 metri. Di fronte alla Lower Plaza si erge il General Electric Building, l’edificio che domina l’intero complesso.

Si è fatta sera, il sole sta per tramontare e noi, dopo la visita del Moma e i chilometri a piedi fra i grattacieli, siamo veramente cotti, decidiamo di rilassarci un paio d’ore prima di andare a cena, prendiamo un taxi e ci facciamo portare al Pier 83, West 42nd Street sul Hudson River dove alle 19.00 parte la CIRCLE LINE CRUISE, la crociera della durata di due ore, sulla quale, navigando sul fiume Hudson intorno all’isola di Manhattan, si ha modo di ammirare da vicino la Statua della Libertà, Ellis Island, vedere i grattacieli del distretto finanziario, l’Empire la cui punta è completamente avvolta dalle nuvole di umidità, i ponti di Williamsburg, di Brooklyn, il palazzo di vetro delle nazioni unite, e un meraviglioso skailine della città. Il biglietto fra l’altro rientra nel City Pass, quindi non dobbiamo fare assolutamente coda. La crociera è veramente stupenda e questo è l’orario migliore per farla, perché si ha modo di vedere la città, sia al tramonto che di notte, con tutti i grattacieli illuminati, uno spettacolo davvero da non perdere.

Per le 21, rientriamo al Pier, siamo affamati oltre che stanchi, così decidiamo di andare nel quartiere di Soho e Tribeca per mangiare un boccone, prima di rientrare in albergo. Soho e Tribeca fino a una trentina di anni fa era occupata da stabilimenti industriali, magazzini, depositi merce, non di certo era una meta del turismo newyorkese. Oggi questi stabilimenti sono stati trasformati in loft di artisti ed intellettuali ed in ristoranti ricercati e negozi. Da veri italiani veniamo subito colpiti da un localino dove suonano dal vivo del Blues e servono delle pizze giganti. Ci fermiamo qui, c’è posto però solo fuori dal locale, sul marciapiede a lato di una strada piuttosto trafficata e con i camini di ventilazione delle cucine che ci sparano addosso. La pizza è buona, ma il conto è piuttosto salato, c’è pure la mancia al cameriere. Qui in America infatti nei prezzi esposti sui menu non compaiono mai le tasse che sono sempre messe a parte sul totale e che ammontano all’8,25%, inoltre il servizio di solito non è compreso, e quindi bisogna lasciare un 10-20 % di mancia. E’ mezzanotte, rientriamo in hotel per riposare.

17 Luglio 2005 domenica Sveglia sempre per le 8.00, e dopo un’abbondante colazione in un posticino tipo Starbuck vicino all’hotel, che vende dei muffin ai mirtilli o al cioccolato, grandi come dei panettoncini e fette di torte al formaggio e aver bevuto un litro di cappuccino bollentissimo da strinarci la lingua, ci dirigiamo a piedi verso un negozio che vende “roba elettronica”. Nicola ha già la memory card della macchina fotografica piena, in meno di due giorni ha già scattato un migliaio di foto, per cui deve assolutamente comperare un piccolo hard disc per poterle trasferire. Da casa ha visto in internet un grande negozio di elettronica con prezzi vantaggiosi. Il negozio si chiama B & H Photo-Video e si trova sulla 9^Ave al n°10001 all’angolo con la w 34^St.

Visto che dalla mappa non sembra molto distante decidiamo di andarci a piedi, passando per il Madison Square Garden, conosciuto soprattutto per essere lo stadio della squadra di basket dei New York Knicks e dei New York Rangers di hockey.

Arrivati al negozio restiamo al suo interno almeno un paio d’ore, e veniamo letteralmente colpiti da questa tecnologia. Usciti ci dirigiamo verso Times Square, e lungo il percorso vediamo tantissimi negozietti che vendono vestiti firmati dai prezzi convenienti. Comperiamo delle magliettine della Polo, dei jeans Levis, e altri capi pagandoli veramente poco. Arrivati a Times Square ci mettiamo in coda alla biglietteria per acquistare i biglietti per assistere ad un musicol in un teatro di Broadway.

La coda è però lunga e dopo un’ora di attesa decidiamo di lasciare perdere e di dirigerci verso il Central Park, passando lungo la 7th Avenue dove troviamo una catena francese che vende panini al prosciutto crudo e formaggio. Decidiamo così di prenderci i panini e di andare a fare il pic-nic al Central Park. Purtroppo il tempo non è dei migliori, fa caldo e c’è molta umidità tanto che in cielo c’è una cappa di nuvole che non permette di vedere nemmeno le sommità dei grattacieli. Il Central Park è uno dei parchi cittadini più conosciuti al mondo, grazie anche alle sue comparse in numerosi film e telefilm. E’ chiamato il “polmone verde” di New York. Al suo interno attualmente si trovano diversi laghi artificiali, estesi sentieri, due piste da pattinaggio, parchi giochi per bambini, prati utilizzati per numerosi sport e spettacoli. La strada lunga 9,7 km che circonda il parco è frequentata da ciclisti, persone che fanno jogging tutti con l’iPod nelle orecchie e pattinatori a rotelle, specialmente nei fine settimana quando è vietato il transito alle auto. Dopo esserci gustati l’ottimo panino ci dirigiamo a piedi verso il quartiere dell’Upper East Side, un quartiere residenziale molto ambito a lato del polmone verde di Manhattan, qui si respira aria di ricchezza e sicurezza. È un quartiere chic dove già dai primi anni del 1900, ricche famiglie hanno scelto questa zona per costruire le loro case, a volte simili a musei.

Prima però passiamo davanti al mitico Plaza Hotel di New York che si trova all’angolo tra la 5th av e il Central Park South, costruito nel 1907, i cui ospiti erano del calibro di Marilyn Monroe, dei Beatles, di Frank Lloyd Wright e Richard Nixon. Notiamo però che l’hotel è chiuso e sono in corso dei lavori di ristrutturazione per convertire una parte della struttura in un condominio di lusso con ben 181 appartamenti per uomini d’affari che si vogliono assicurare una quota di questo simbolo della Grande Mela e la restante in hotel, riducendo così il numero delle camere da 805 a 207, innalzando il costo a 1000 euro per una doppia a notte. A forza di camminare cominciamo ad essere un po’ stanchi e passando davanti ad un negozio di biciclette ci viene in mente l’idea di affittarla per girare l’Upper East Side e i sentieri che si snodano lungo il Central Park. Noleggiate 4 montan bike ci dirigiamo subito a visitare il famosissimo Guggenheim Museum che si trova al n. 1071 della Fifth Avenue, tra la East 88th e la East 89th Street. L’edificio appare esternamente come una spirale rovesciata in cemento bianco a quattro anelli che sale fino a una cupola di vetro a ca. 30 m d’altezza; all’interno la spirale si apre su di un vasto spazio centrale e viene percorsa dal visitatore partendo dall’alto e scendendo per una rampa elicoidale lunga 432 m e con un’inclinazione del 3% che si snoda lungo un spazio espositivo composto da oltre 70 nicchie e piccole gallerie in cui sono in mostra le opere d’arte del museo. La costruzione viene illuminata dalla luce naturale proveniente dalla cupola o da altre forme di luce indirette. In tutto il Guggenheim possiede 5.000 tra dipinti, sculture e lavori su carta del periodo compreso tra l’Impressionismo e i giorni nostri, un cospicuo patrimonio che può venire esposto solo parzialmente e a periodi alterni. Tra i pezzi più significativi che appartengono al museo vanno ricordate senz’altro la più grande collezione al mondo delle opere di Picasso, di Léger, di Chagall ,Van Gogh, ecc.. All’uscita del museo, il tempo si fa brutto, comincia anche a piovere, ma noi non ci scoraggiamo e ci dirigiamo con la nostra bicicletta a nord del Central Park, sino ad arrivare ad Harlem, il quartiere dove risiede la comunità newyorchese di origine africana, un’area a nord del Central Park. Noto in tutto il mondo come il quartiere nero di New York, Harlem è stato fondato dagli olandesi nel 1658 come area residenziale per la borghesia, e solo successivamente abitato dagli ex schiavi neri utilizzati per la costruzione di Broadway, la via di collegamento tra il quartiere stesso e il centro della città. Harlem è stato ed è tutt’ora, una delle culle della comunità afro-americana. Gli anni ’20 e ’30 lo hanno visto protagonista sulle scene del grande Jazz. Nei suoi locali, suonavano grandi musicisti di fama mondiale. Gli anni ’60 hanno segnato invece un punto di svolta negativo: povertà, criminalità e sovraffollamento, hanno creato le condizioni per fare del quartiere un vero e proprio ghetto. Qui andiamo a visitare la CATHEDRAL OF ST. JOHN THE DIVINE, la più grande cattedrale neogotica del mondo, situata alla Amsterdam Avenue presso la 112th street. Iniziata il 27 dicembre 1892 seguendo lo stile romanico, è stata successivamente modificata in stile gotico. La chiesa può ospitare 10.000 persone sedute. Di particolare rilievo sono le vetrate a mosaico delle finestre. Spesso è possibile assistere a delle rappresentazioni teatrali e a concerti e alla domenica si può partecipare ad una messa Gospel. La Fra e la Lela entrano a visitare la chiesa, mentre io e Nicola rimaniamo di guardia alle biciclette, non ci fidiamo a lasciarle nemmeno per un istante, non dobbiamo dimenticare che siamo ad Harlem. Mentre aspettiamo che escano, guardiamo la cartina e notiamo che la Columbia University dista solamente poco più di un paio di isolati. Non possiamo quindi perderci la visita a una delle più famose università statunitensi fondata nel 1754 dal re Giorgio II d’Inghilterra, che effettua ricerca ad altissimi livelli ed è riconosciuta in tutto il mondo. Si sta facendo tardi ed è ora di rientrare per riconsegnare le biciclette prima che il negozio chiuda. Al ritorno passiamo per le vie centrali di Harlem e notiamo che il quartiere sembra meno pericoloso di quanto riportato sulle guide, infatti dagli anni 80 l’amministrazione comunale ha iniziato un impegnativo programma di ristrutturazione con l’intento di renderlo meno degradato. Riconsegnate le biciclette, passiamo all’interno del Central Park e ci dirigiamo a Midtown dove prendiamo un taxi che ci riporti in hotel, dobbiamo assolutamente farci la doccia e cambiarci, siamo completamente bagnati fradici.

Verso le 21,00 usciamo per andare a cena in uno dei locali self service nei pressi dell’hotel.

Prima di rientrare in camera andiamo a fare qualche foto alla MetLife Tower che si trova vicino al nostro hotel a Madison Square Park. L’edificio, costruito nel 1907, fu scelto come modello del Campanile di San Marco a Venezia. La torre di 52 piani è alta 213 m, più del doppio della sua controparte italiana e tra il 1909 ed il 1913 assunse il primato mondiale di altezza. Qui scattiamo un sacco di foto notturne alla cupola che è ben illuminata. 18 Luglio 2005 lunedì Oggi si va a visitare Coney Island, o meglio ciò che è rimasto di Coney Island, conosciuta dal mondo intero per i film girati sulle sue spiagge e per il parco divertimenti più famoso d’America. Il modo più pratico per raggiungerla da Manhattan è sicuramente la metropolitana linee D, F, N, e Q, fermata Stillwell Avenue. Il nostro viaggio parte proprio dalla linea Q e attraversa tutta Manhattan in sotterraneo, passa sul Manhattan Bridge e continua per tutta Brooklyn per metà allo scoperto. Dal finestrino della metro notiamo la varietà del paesaggio urbano. Si passa dai palazzi di media altezza alle casette unifamiliari, fino ad arrivare ai “Casermoni” e magazzini abbandonati e dimessi, a sottolineare la forte presenza russa nella parte inferiore di Brooklyn. Poco prima di Stillwell Avenue, sulla sinistra, si scorge il mitico luna park (Amusement Park) e l’oceano.

Ci sono luoghi che sembrano fatti apposta per raccogliere ciò che resta dei sogni perduti. Uno è Coney Island, «il grande sogno americano, l’illusione di un mondo meraviglioso in cui tutti sarebbero stati felici», nelle parole di Woody Allen che qui ci ha trascorso l’infanzia. Conney Island capolinea di non so quante linee metropolitane è la spiaggia e il paese dei balocchi a buon mercato dei neworkesi. Ma anche il Luna Park per antonomasia per il resto del mondo. Ma non fu sempre così, infatti due secoli fa, Coney Island fu uno dei primi avveniristici amusement park della storia, la prima giostra, con i classici cavallini di legno, risale al 1876. Un successone, che insieme alla metropolitana che rese il paese dei balocchi e la sua spiaggia accessibili a tutti, portò alla nascita di tre parchi divertimenti, diversi hotel, casino e tanto altro.

Se la metropolitana era stato il motivo del grande successo, ciò che aveva reso le spiagge accessibili a tutti, con l’avvento e la popolarità dell’automobile i newyorkesi, dopo la Seconda Guerra Mondiale, scelsero il mare più esclusivo e un po’ più lontano di Long Island. Ma non solo, Coney Island era colata a picco per colpa soprattutto delle gang e della violenza, dello spaccio, della prostituzione che avevano iniziato a imperversare alla fine degli anni ’60.

Purtroppo camminando sulle assi di legno dell’arcifamosa boardwalk, la passeggiata lungo l’oceano, ci si rende conto che Coney Island non è più la spiaggia che all’inizio del secolo scorso aveva fatto svagare migliaia di newyorkesi. Oggi dei numerosi luna park che avevano caratterizzato il panorama a ridosso del lungo arenile rimangono soltanto gli scheletri di un ottovolante una ruota panoramica e il celebre fungo dal quale ci si poteva buttare con un paracadute, tutte le altre attrazioni andarono distrutte da incendi (il più rovinoso nel 1911) e dal degrado. Quel lungomare che appariva brulicante di uomini bianchi ricchi, belli e rilassati nelle foto degli anni 50, oggi ospita enormi donne afroamericane distrutte da una vita newyorkese impossibile. Vedere il luna park in silenzio sembra quasi come osservare il passato fatto di spensierati giochi e divertimento ed urla di gioia dei bambini. Di tanto in tanto oltre ai pochissimi turisti la banchina di legno scricchiolante è popolata da vocianti gabbiani che di fatto rendono meno silenziosa la spiaggia. L’odore di spazzatura e di marcio che si respira per queste strade ci fa venire il voltastomaco. Sono appena le 10,30 del mattino e per strada non c’è quasi nessuno, le serrande dei negozi e dei locali notturni sono ancora abbassate. Notiamo tanti magazzini abbandonati e depositi di autobus che assediano malinconicamente quelle che furono grandi attrazioni. Andiamo a fare visita alla spiaggia, ma la fitta cappa di umidità ha creato una nebbiolina che riduce enormemente la visibilità sul mare. Sentiamo solamente il suono di un vaporetto che sta cercando di attraccare sul lungo pontile in legno che probabilmente gli risulta difficile trovare. La spiaggia di sabbia è veramente grande, ma piena di bidoni della spazzatura. Oltre a noi ci sono i guarda spiaggia, e qualche persona che passeggia in riva al mare.

Prima di riprendere la metro per rientrare a Manhattan ci dirigiamo da Nathan’s, il fast food all’angolo con Surf Avenue. E’ qui che viene servito il “celebre hot dog di Coney Island” pubblicizzato in tutte le altre filiali di Nathan’s della città.

Verso le 12,30 ritorniamo a Manhattan per andare a visitare il quartiere del Financial District in cui si concentra la vita amministrativa e finanziaria di tutta la città. Il punto di partenza di questo itinerario è Ground Zero. Rimane molto difficile scrivere alcune parole su quello che ormai tutti conosciamo come Ground Zero, il luogo dove sorgevano le torri gemelle del World Trade Center di New York. Insieme a queste sono crollati altri edifici ed alcuni sono rimasti gravemente danneggiati. Sono stati necessari più di otto mesi per rimuovere tutte le macerie dalla zona. Le Twin Towers o torri gemelle erano, il motivo dominante del WTC, non tanto per la loro bellezza, ma di sicuro per la loro imponenza. Alte 420 metri con 110 piani e 100 ascensori ciascuna, erano gli edifici più alti di New York.

Visitiamo la chiesa di Trinity Church, ricostruita per ben tre volte, è una delle più antiche di New York. L’edificio attuale fu ricostruito nel 1846 è alto 85 metri (fu il più alto di New York fino al 1860) ed è in stile gotico, il primo esempio a New York. Dal punto di vista architettonico la cosa più importante da segnalare sono le tre porte in bronzo della facciata, che si ispirano alle famose porte in bronzo del Battistero a Firenze. Successivamente andiamo a scattare qualche foto a Wall Street, cuore del quartiere finanziario di New York e simbolo mondiale del business. Qui si trovano le sedi centrali delle maggiori banche americane e dove di giorno lavorano migliaia di persone all’interno degli uffici finanziari, mentre di notte le vie e le piazze e gli imponenti grattacieli sono totalmente deserti e immersi nel più totale silenzio. Andiamo a fotografare la sede della Borsa di New York, il centro finanziario cui fa riferimento l’intera economia mondiale.

Si è fatta l’ora di pranzo, giusto il tempo per un panino e poi via ci dirigiamo a piedi verso nord, sino ad arrivare a Tribeca dove affittiamo quattro biciclette per poter accelerare la visita della città visto che il tempo a noi rimasto è poco meno di 24 ore, e le cose da vedere sono ancora tante. Questi quartieri sono molto meno affollati rispetto alla zona nord, ed è molto piacevole e suggestivo girare tra queste vie in bicicletta. Siamo veramente organizzati: io ho la cartina in mano e dirigo il gruppo, la Fra ha il compito di fare le riprese, Nicola invece è il direttore della fotografia, mentre la Lela è l’interprete e con la guida della Loley Planet fornisce le notizie sui luoghi.

Attraversato Tribeca, passiamo per Soho, il quartiere dove nascono le mode più “Cool” e “Trendy” della città. Qui le case sono in mattoni ed hanno tutte le scale antincendio in ferro. Inoltre lungo le vie del quadrilatero compreso tra Broadway, West Broadway, Houston Street e Canal Street, si trovano i negozi più belli e gli atelier/boutique dei migliori stilisti. Il cuore pulsante di Soho è certamente Prince Street e la sua perpendicolare Green Street.

Andiamo in giro per il Greenwich Village, un bellissimo quartiere residenziale newyorchese che fino dagli anni ’70 era il preferito dagli artisti, dagli scrittori e dagli insegnanti della New York University.

Il cuore del quartiere è il Washington Square Park, il grande parco all’interno del quale è possibile incontrare tutti i tipi di persone, dagli studenti ai musicisti di strada, ed è qui che facciamo una sosta e ci concediamo una bibita fresca. Circondano il parco gli edifici della celebre New York University, mentre nella zona centrale si trova l’arco di trionfo intitolato a George Washington. Proseguiamo il nostro percorso andando verso la Little Italy o meglio ciò che è rimasto, infatti negli ultimi anni il quartiere italiano si sta sempre più rimpicciolendo e ormai si concentra prevalentemente intorno a Mulberry Street. Lungo questo tratto di strada si trovano ristoranti, bar, caffetterie e negozi che vendono prodotti tipici italiani. Qui non ci fermiamo nemmeno a prendere un cafè, si sta facendo tardi e ancora non siamo stati sul ponte di Brooklyn. Attraversiamo Chinatown il quartiere etnico e super trafficato con una miriadi di luci, colori, rumori, ed un sacco di ristoranti, negozi, banchetti che espongono sulla strada la propria merce. Si trovano edifici a forma di pagoda e di tempio, insegne bilingue, vetrine straripanti di pesci vivi, erbe aromatiche, zampe di galline appese, e tutto ciò che più di tradizionale la cultura cinese può produrre. Arriviamo al quartiere Civic Center, la zona che si trova ai piedi del ponte di Brooklyn dove hanno sede numerosi uffici governativi. Qui vediamo il City Hall, il municipio di New York, e l’ufficio del sindaco che si trova nel vicino Manhattan Municipal Building, un mastodontico edificio con un massiccio colonnato corinzio, uno degli edifici amministrativi più grandi del mondo. E proprio da qui a est della City Hall in Park Row/Centre Street che si imbocca il percorso pedonale e ciclabile lungo la passerella che è situata al di sopra del nastro stradale destinato alla circolazione automobilistica e che offre una suggestiva veduta di Manhattan e dei suoi grattacieli, oltre che di South Street Seaport e della Upper Bay con, sullo sfondo, l’inconfondibile sagoma della Statua della Libertà.

Il Ponte di Brooklyn collega i due distretti newyorchesi di Manhattan e di Brooklyn scavalcando l’East River. Sorretto da due imponenti piloni in granito con doppia arcata neogotica alti 89 m, che lo tengono sospeso a circa 40 m sul fiume, il ponte ha una lunghezza di 1052 m (senza contare le rampe d’accesso) e una larghezza di circa 26. I quattro cavi d’acciaio galvanizzato con zinco che lo sostengono hanno un diametro di 28 cm e sono composti da ben 5700 fili. La sua costruzione iniziò il 3 gennaio 1870 sulla base del progetto dell’ingegnere J. A. Röbling (1806-1869), il quale però morì dopo poco tempo in seguito ad un incidente avvenuto nel cantiere. L’opera di Röbling venne proseguita dal figlio Washington il quale, colpito da embolia gassosa mentre lavorava sott’acqua alla costruzione dei piloni di sostegno, dovette seguire la prosecuzione dei lavori osservandoli, tramite un telescopio e con l’assistenza della moglie Emilie, dal letto della sua abitazione e dopo circa 13 anni di lavori il ponte fu terminato ed il Costo complessivo fu di 16 milioni di dollari. È un giro da non perdere, la vista della città è veramente unica, bisogna fermarsi sotto i due piloni di sostegno in pietra dove sono collocati dei punti di osservazione da cui è possibile ammirare lo splendido panorama circostante.

Il Ponte di Brooklyn può comunque vantare, a oggi, tre non indifferenti primati: è il più antico ponte eretto a New York sull’East, è stato il primo ponte sospeso in acciaio mai costruito e all’epoca della sua apertura, era considerato il più lungo tra tutti i ponti del mondo.

Arriviamo nel quartiere di Brooklyn qui scendiamo subito sul fiume dalla parte nord dove c’è un bellissimo percorso pedonale da cui si può godere uno skyline della città, questo è veramente un posto unico, ci sono delle panchine dove le persone vengono a leggere il giornale, e a rilassarsi. In questo punto sono state girate molte scene di Film. Qui non so dirvi quante foto Nicola abbia fatto, con il trepiede, con l’autoscatto, a colori e in bianco e nero. Inoltre è possibile vedere l’imponente struttura in ferro del Manhattan Bridge, dove transita il treno e la metropolitana.

Si è fatto tardi, è ora di riconsegnare le biciclette, quindi ci affrettiamo a rientrare, di strada da fare c’è n’è molta. Sono le 18.30, ci fermiamo in un Pub a berci un boccale di birra accompagnato con degli stuzzichini per rifocillarci dal nostro bel giro in bicicletta. Ma si sa una birra tira l’altra, e finiamo per uscire dal Pub con un po’ di ubriachezza. Fermiamo un taxi e ci facciamo portare all’Empire State Building il grattacielo più famoso e che è stato fra l’altro il più alto del mondo sino agli anni 70, con i suoi 381 metri per i suoi 86 piani, ma considerando anche la punta del pennone progettata per l’ancoraggio dei dirigibili ed oggi utilizzata come antenna si raggiunge i 443 metri. I lavori di costruzione dell’edificio iniziarono poche settimane prima del terribile crollo della borsa dell’ottobre 1929 e i lavori furono ultimati nel 1931, non molti mesi dopo l’inaugurazione del Chrysler, a cui rubò il primato di edificio più alto del mondo, superandolo di circa 60 metri. Per innalzare l’Empire State Building occorsero 14 mesi di lavori serrati, durante i quali fu battuto il record di costruzione di quattro piani alla settimana e, cosa mai successa prima di allora, le spese furono inferiori a quelle previste durante la progettazione. Qui facciamo più di un ora di coda, poi finalmente saliamo su un grande ascensore dove in meno di un minuto arriviamo all’86° piano, per vedere l’osservatorio che è aperto sino a tarda notte. Che dire la vista notturna della città con le sue mille luci ha davvero un fascino particolare, e la grande altezza fa sembrare anche i grattacieli limitrofi bassi. Ragazzi che vista…

19 Luglio 2005 martedì Abbiamo ancora poco tempo da passare a New York; alle 15,30 dobbiamo andare all’aeroporto di Newark per ritirare l’auto a noleggio e fare rotta verso il Canada.

La giornata è fantastica, sono sparite le nuvole ed il cielo è sereno, tanto da convincerci a prenotare alla reception dell’hotel per le 12 un giro in elicottero della durata di circa 10 minuti; io sin da casa sognavo di sorvolare le cime dei grattacieli di New York. Nell’attesa andiamo in giro per negozi e non possiamo non visitare i grandi magazzini di Macy’s. Sono talmente grandi che io e la Fra riusciamo a perderci, per fortuna dopo averci rincorso per circa una mezz’ora ci ritroviamo davanti all’ingresso. Intanto sono arrivate le 11,30 così prendiamo un taxi e ci facciamo portare sulla 12th Avenue, all’angolo con la 30th west St dove si trova l’eliporto di Midtown. Arrivati saldiamo 101$ più tax per persona, e dopo essere passati sotto il metal detector e aver depositato le borse in un apposito armadietto saliamo sull’elicottero. Sorvoliamo la costa del new jersey, la statua della libertà e downtown. Vedere New York dall’alto, a bordo di un elicottero e’ un’esperienza indimenticabile! Peccato solo che, per ragioni di sicurezza a seguito dei disastri dell’11 settembre, l’elicottero non gira più sui grattacieli, ma si limita a sorvolare la zona del fiume e di Central Park.

Rientrati abbiamo ancora un po’ di tempo, e qui ci dividiamo: la Fra e la Lela, pensando forse di non aver comperato abbastanza, continuano il tour fra i negozi, mentre io e Nicola andiamo a visitare l’Intrepid Sea-Air-Space Museum. Il museo si trova al molo 86 (Pier 86) ed è costituito da alcune navi. Tra queste la portaerei USS Intrepid (costruita nel 1943, lunga 266 mt., partecipò alla Seconda Guerra Mondiale), il cacciatorpediniere Edison e il sottomarino Growler. La parte centrale della mostra si trova all’interno della portaerei, dove sono esposti aeromobili di tutte le epoche. Si va dai primi tentativi di volo fino all’Apollo sceso sulla luna. Tra gli aeroplani esposti sul ponte di volo c’è l’A-12 Blackbird, l’aereo più veloce al mondo. Ci ritroviamo in albergo per le 14.00, giusto il tempo per un pranzetto veloce e poi, ritirati i bagagli, cerchiamo un taxi grande, tipo monovolume, per poterci ospitare tutti e quattro con i bagagli e farci portare all’aeroporto di Newark, dove. L’auto noleggiata è uno splendido monovolume tipo chrysler voyager, spaziosissimo, di colore bianco con i vetri oscurati, dotato di tutti i confort. Non appena saliamo non facciamo altro che schiacciare tutti i bottoni e aprire i cofanetti alla scoperta dei vari optional della macchina. Troviamo anche il lettore dvd con il televisorino per i passeggeri posteriori, l’unico problema è che in America il sistema video è Ntsc e non Pal, pertanto non riusciamo a vedere niente, nemmeno le nostre filmine.

Qui inizia la seconda parte del nostro viaggio della durata di una settimana, attraveriamo diversi stati come il Connecticut, il Rohode Island; qui visitiamo Newport, il Massachusetts dove facciamo un bagno sull’oceano a Cape Code e una sosta a Boston, il Vermont, il Maine, poi finalmente arriviamo in Canada e qui andiamo a vedere Quebec City, Montreal, Toronto e Buffalo; in questa zona ci sono le cascate del Niagara, successivamente rientriamo negli Stati Uniti e andiamo nello stato del Michigan: all’aeroporto di Detroit restituiamo l’auto e prendiamo il volo per Las Vegas. Prendiamo subito confidenza con il mezzo e con il suo cambio automatico, riuscendo bene a destreggiarci, per fortuna le strade sono ampie e ben segnalate. Vediamo circolare macchine di grandi dimensioni di cilindrata almeno superiore i 2500cc rigorosamente a benzina, e camion lunghissimi. Il limite di velocità sulle autostrade è veramente basso di 65 miglia/ora e i controlli sono frequenti e le multe assai salate. Dimenticavo, qui la benzina non costa cara e le autostrade sono gratuite, l’unica cosa che ti fanno pagare in modo piuttosto salato sono i ponti.

La strada per arrivare a NewPort è lunga circa 330 Km, occorre attraversare tutta New York con il suo traffico intenso e arrivare a destinazione non troppo tardi per cercarci un posto per dormire.

Imbocchiamo l’autostrada n°95 uscendo da New York e tenendo come direzione Providence, poi dopo aver percorso 280 Km arriviamo a Westerly, qui usciamo dall’autostrada e prendiamo la strada litoranea n°1 e dopo circa 40 km arriviamo a Newport, una città ricca di storia e di panorami, dove le più ricche e importanti famiglie d’America hanno costruito le loro lussuose residenze.

Il paesaggio è veramente cambiato: dagli alti grattacieli ci troviamo in campagne verdissime, con casette in stile inglese, al massimo di due piani, rigorosamente in legno e tetto spiovente a due acque. Una volta arrivati cerchiamo un motel, qui c’è ne sono parecchi e per sapere se sono o meno al completo espongono fuori un’insegna luminosa con sopra scritto “Vacancy “o “non Vacancy”. Dopo averne visti un paio scegliamo il Sea Whale Motel che si trova sulla via Middletown, a pochi passi dalla spiaggia, con camere vista laguna, al costo di 113$ una doppia. Il motel, tutto in legno, è molto carino e caratteristico. Depositiamo i bagagli e andiamo subito in centro a cenare prima che chiudano in un Pub dove ci gustiamo un ottimo hamburger, con patate a suon di musica.

20 Luglio 2005 mercoledì Andiamo al porto di Newport, facciamo colazione e un giretto per le sue stradine e dopo, ci rimettiamo in macchina; entriamo nello stato del Massachusetts e ci dirigiamo verso Cape Cod, un posto speciale nel cuore e nelle menti degli americani. E’ la meta prossima a Boston ove si trascorre il weekend nei piccoli cottage o nei Bed & Breakfast, fino ai più sofisticati Country Inns. Le famiglie bostoniane, del New England o di New York ne fanno rifugio prediletto durante i fine settimana, per fuggire alla pressione della vita cittadina. E’ il luogo, infatti, dove il clan dei Kennedy ha creato il proprio “compound”, nel villaggio di Hyannis. Il Cape è un’armonia di natura e semplicità, gusto estetico e genuinità. Al Cape sopravvive la tradizione della pesca e dei mercati del pesce nei piccoli villaggi costieri. Il mare, le barche ed il pescato sono una delle rappresentazioni più tipiche di questa penisola. Cape Cod è un lembo di terra, dalla strana forma di braccio piegato, che si estende in mare per 12 km ed e’ la punta estrema degli States nell’ Atlantico. La penisola si trova a 80 km a sud est di Boston e a 320 km ad est di New York. Qui ci rechiamo a visitare il parco del National Seashore Park, parcheggiamo la macchina all’ingresso e con un trenino i Rengers (le guide del Parco) ci accompagnano sulla lunga spiaggia di dune dove ci fermiamo un paio d’ore per prendere un po’ di sole e farci un bagnetto veloce fra le onde grandi dell’oceano perché l’acqua è gelata!!! Purtroppo qui la Fra, allergica alle punture di insetto viene punta ad una coscia da un insetto simile ad un tafano e finisce per ritrovarsi in breve tempo la gamba gonfia come un pallone!!! Per fortuna ci siamo presi da casa una crema a base di cortisone che nel giro di qualche giorno riporta la situazione alla normalità. Verso le 15,30 ci rimettiamo in viaggio e alle 17,30 arriviamo a Boston, qui pernottiamo al Ramada Inn, un motel che si trova a circa 4 km dal centro; è un’ottima soluzione poiché si può parcheggiare la macchina in hotel e un servizio navetta gratuito ti conduce alla fermata della metro. La camera doppia costa 123$ con la colazione inclusa. Scaricati i bagagli ci facciamo un bagnetto in piscina, poi usciamo, raggiungiamo il centro e ci dirigiamo al Fisch Pier, un ristorante molto semplice, consigliato dalla nostra guida per mangiare l’aragosta, a prezzi modici. Un giretto a piedi per scattare qualche foto alla città tutta illuminata, poi verso le 23,30 rientriamo in hotel.

21 Luglio 2005 giovedì Dopo un abbondante colazione in hotel liberiamo la camera e raggiungiamo il centro città con la navetta/metro. Boston è costruita secondo un’architettura di tipo anglosassone e questa caratteristica la rende una delle città più affascinanti di tutti gli Stati Uniti, in quanto rappresenta una sorta di ponte tra due continenti e tra due culture.

La prima caratteristica singolare di Boston è costituita dal fatto che per agevolare la visita del centro storico è stato creato un apposito percorso segnato da una striscia rossa (di mattoni), conosciuto come il Freedom Trail, che guida attraverso la parte più antica, sicuramente la più interessante dal punto di vista storico e culturale. L’itinerario di 6 Km collega più di una decina di luoghi storici ed inizia dal centrale Boston Common, il primo parco pubblico americano, e si continua verso nord ammirando la sontuosa cupola dorata della State House, l’ultima dimora del patriota Samuel Adams, oggi sede del Governo. Imboccando Park Street si raggiunge la Park Street Church, dove venne cantato per la prima volta l’inno nazionale. Di fianco all’Old Granary Burial Gorund, hanno trovato riposo gli eroi della Rivoluzione. Mete successive sono la King’s Chapel, la prima chiesa non puritana, e la Statua di Franklin. L’Old Conrner Bookstore è lo storico luogo d’incontro di letterati e di personaggi che hanno fatto la storia della città, mentre l’Old South Meetinghouse, seconda chiesa puritana di Boston, ha ospitato infuocate riunioni che portarono alla rivoluzione. Il primato di edificio pubblico più antico spetta all’Old State House, ex sede dei governatori inglesi, dalla cui balconata, nel 1876, venne proclamata la Dichiarazione d’Indipendenza. Di fronte sorge uno dei luoghi simbolo di Boston: cinque archi di pietra nel prato ad indicare il Boston Massacre Site, quando il 5 marzo del 1770 cinque patrioti morirono dando l’avvio alla Rivoluzione.

La storica Faneuil Hall, la Culla della Libertà, era utilizzata come centro di riunione e mercato pubblico. Nel quartiere del North End si raggiunge la Paul Revere House e la Old North Church, la più antica chiesa di Boston; attraversato il Charlestown Bridge si arriva al Copps’Hill Burying Ground, la collinetta dove vennero appostati i cannoni britannici durante la battaglia di Bunker Hill.

Da lì si prosegue visitando la Uss Constitution, la più antica nave armata degli Stati Uniti, per finire al Bunker Hill Monument, dove sorge un obelisco di 67 metri in ricordo di una delle battaglie più cruente della storia americana. Al di là della storia, dalla cima dell’obelisco si gode comunque un bellissimo panorama della città.

I bellissimi edifici storici, con i vicoli acciottolati, le antiche chiese e i viali alberati, si fondono armoniosamente con la parte più moderna dei grattacieli e regalano a Boston un fascino particolare. Colta e raffinata, con un ricco passato storico, fulcro della vita artistica ma anche intellettuale, la città si distingue per essere a misura d’uomo, e vale la pena intraprendere il tour tracciato del Freedom Trail per conoscere quelle che sono state tra le vicende più importanti che hanno visto la nascita degli Stati Uniti d’America. Da veri italiani non possiamo non fare un salto nel North End dove si trova la Little Italy forse meglio custodita degli Stati Uniti. Qui troviamo ristoranti italiani, bar con cafè espresso, pasticcerie, negozi che vendono l’olio di oliva, formaggio grana, e tutto questo ci fa venire una gran voglia di mangiare “nostrano”, non il solito hamburger ma un ottimo piatto di pasta, le “fettucine Alfredo”in uno di questi ristoranti. Il quartiere italiano di Boston è molto più carino, caratteristico, vivo e pulito della Little Italy newyorkese.

Nel pomeriggio rientriamo in hotel per recuperare la macchina e poi andiamo a visitare Cambridge, la zona culturale di Boston che ospita la Harvard University, una delle più prestigiose del mondo, dove hanno studiato in passato molti presidenti e personaggi di spicco della politica e della cultura americana. Harward è conosciuta perché qui sono nati e si sono sviluppati i computer, grazie anche all’opera di Bill Gates. Intorno all’università si trova una zona di notevole interesse come la Biblioteca Widener, in cui sono custoditi dei volumi unici al mondo. Si sta facendo tardi, salutiamo la bellissima Boston e ci mettiamo alla guida sulla strada n° 1 litoranea, che costeggia l’autostrada ma che attraversa tutti i paesini in modo da vedere più da vicino il paesaggio, le abitazioni ed i piccoli centri. Usciamo dallo stato del Massachusetts ed entriamo in quello del Maine, che confina a nord con il Canada, e facciamo una sosta a Perkins Cove, un minuscolo porticciolo per piccole imbarcazioni. Le botteghe sono in piccoli cottage decorati in modo molto personale, di charme: un vero e proprio stage-set d’arte. Ci sono botteghe d’arte, negozietti d’antiquariato e tanti piccoli ed intimi ‘Tea Shoppes’. Perkins Cove ha un fascino particolare, qui c’è anche un bellissimo ponticello elevatoio in legno bianco che si innalza per poter fare passare le barchette a vela.

In serata raggiungiamo Portland, la città più grande di questo stato. Cerchiamo con fatica da dormire, e alla fine troviamo posto in un motel piuttosto vecchio e degradato con una puzza di mochet pazzesca, al costo di 100$ per una camera con due letti matrimoniali. Ceniamo in centro in un posto dove fanno delle ottime pizze, poi andiamo ad ascoltare un concerto dal vivo in un Pub dove c’è un sacco di gente, sembra proprio di essere a casa in uno dei nostri pub il venerdì sera.

22 Luglio 2005 venerdì Dopo una notte turbata passata con un occhio chiuso e uno aperto, per paura che ci derubassero, visto che la porta non si chiudeva e senza aver appoggiato nemmeno la testa sul cuscino poiché tutto giallo e bucherellato dalle cicche di sigaretta, ci dirigiamo in centro e dopo colazione andiamo a vedere il faro di Cape Elizabeth.

Oggi abbiamo da fare molta strada, ma prima di metterci in viaggio decidiamo di fermarci a visitare il factory-outlet di Freeport, che si trova a soli 25 minuti di auto nord di Portland lungo la Us.1 .Una vera cittadina, ma con un outlet in ogni casa, oltre che al L.L.Bean un grande negozio di articoli sportivi, formato da più palazzine, aperto 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Qui la Fra e la Lela si sentono a casa, non fanno altro che provarsi vestiti nell’outlet di Ralph Laurel, io nel frattempo guardo l’orologio e vedo che si sta facendo parecchio tardi per poter arrivare a Quebec e cerco così di prendere in mano la situazione ma vengo colto all’improvviso da terribili fitte alla pancia… deve essere stato il mezzo litro di cappuccino bollente e l’aria condizionata regolata molto bassa dei negozi.

Verso le 11,30 riprendiamo la strada Us. 275 in direzione nord sino ad incontrare la Us.95, passiamo Waterville e all’altezza di NewPort, imbocchiamo la strada Us.7 poi la Us.23 sino a Sargenville, qui svoltiamo a destra e raggiungiamo il Low’s Bridge. Low’s Bridge è uno storico ponte coperto in legno costruito originalmente nel 1830, e poi ricostruito nel 1987, poiché spazzato via da una grossa piena. Dista 200 km da Freeport, e si trova nei pressi di Guilford. Nel Main esistevano più di venti ponti coperti in legno, oggi a seguito di inondazioni, incendi ne restano solamente una decina e questi sono diventati un grande patrimonio assolutamente da preservare. I ponti venivano coperti per proteggere la struttura portante dall’acqua e dalla neve, rendendoli più duraturi nel tempo.

Ritorniamo indietro e prendiamo la strada Us. 15, raggiungendo Greenville, un paesino che si affaccia sul lago, Moosehead Lake. Il paesaggio è molto particolare, non sembra nemmeno di stare in America, il traffico è inesistente, si incontra solo qualche macchina, alcune che trainano la barca, vediamo qualche persona sulla canoa canadese che si dedica alla pesca del salmone e della trota. Incontriamo paesini piccolissimi, con casette in legno che si sviluppano esclusivamente su di un’unica strada, dotati di pompa di benzina, minimarket con bar, e qualche bed & breakfast e campeggio. Le case sembrano quasi fantasma, non si vede anima viva nemmeno sui loggiati, ma pure sono abitate. Siamo completamente circondati da meravigliose foreste e da laghi scuri molto profondi.

La strada continua per circa 90 km costeggiando prima l’ononimo lago, poi prosegue nell’interno sino al lago Long Pond e infine si dirige sino a Jackman dove si incontra la strada principale U.S .201 che porta al confine. Qui a Jackman troviamo una gelateria, la Lakrview Ice Cream, ovviamente non resistiamo e ci fermiamo anche per sgranchire le gambe, visto che mancano ancora più di 180 km alla meta, Quebec City. I controlli doganali canadesi sono piuttosto severi, tanto che, una volta arrivati al confine, finiscono per aprirci i bagagli dentro al baule dell’auto. Siamo finalmente in Canada!!!! Scopriamo subito alla pompa di benzina che la moneta locale non è più il dollaro americano ma quello canadese che fra l’altro vale molto meno!!!! La regione del Quebec è indubbiamente la più singolare dell’America Settentrionale, quasi l’80% della sua popolazione è di origine francese e di conseguenza, i modi, la mentalità, i costumi e le abitudini gastronomiche sono prettamente francesi.

Per le 21,00 arriviamo a Quebec City, qui appena passato il ponte Pierre la Porte usciamo dalla superstrada e incontriamo subito sulla destra molti hotel e motel. Noi troviamo posto al Travelodge Hotel che si trova al numero 3135 di chemin Saint-Louis, pagando la camera da quattro 190$ canadesi compreso di colazione e parcheggio auto. Le camere sono belle, pulite e l’arredo è moderno. Scaricati i bagagli, andiamo subito con l’auto in centro a vedere se, nonostante la tarda ora, è ancora aperto qualche ristorante, ma nulla da fare, allora ci “sbaffiamo” un’ottima crepes alla nutella e dopo rientriamo in hotel per riposare.

23 Luglio 2005 sabato Dopo un’abbondante ed ottima colazione in hotel, andiamo a visitare la più antica città canadese, forse anche una delle più belle, con i suoi vicoli di acciottolato, le case d’epoca e le vecchie chiese che svettano dall’alto di un promontorio battezzato non a caso la Gibilterra dell’America Settentrionale, sovrastante il fiume San Lorenzo. Quebec è l’unica città fortificata del continente nordamericano e le massicce opere di difesa formano una barriera intorno alla cosiddetta Haute Ville, contrapposta alla vecchia zona del porto sottostante chiamata Basse Ville. L’aria che si respira in questa città è tipicamente francese a partire dall’aspetto dei suoi edifici civili e religiosi, fino ai ristoranti dove si può fare colazione con caffè, baguettes, e croissants. Iniziamo il tour a piedi della città a da haute ville dove visitiamo: il Chateau Frontanec una struttura dominante con le sue torri, torrette e tetti ripidi che rappresentano il principale simbolo della città, oggi trasformato in un albergo di lusso, la Basilique Notre Dame de Quebec, l’hotel Palace de Ville, un palazzo grandioso ottocentesco e il palazzo del governo, successivamente andiamo a Place d’Armes da dove è possibile raggiungere la città bassa mediante una funicolare o una ripida e tortuosa strada detta Cotè del la Montagne. Una volta arrivati ci sembra di avere la sensazione di trovarci nella nuova Francia dei primi tempi. Qui ci sono gli edifici più antichi e le vie più suggestive. Il punto focale è Place Royale dove si trova la chiesetta Notre Dame de Victories e delle splendide casette in stile francese rigorosamente in sasso con dei fiori coloratissimi alle finestre. Molto bella è anche rue de petit Champlain, rue Saint Pierre e rue Sant Paul. Dopo pranzo prendiamo l’auto e andiamo a visitare l’Ile d’Otlèans, l’isola che si trova di fronte a Quebec City raggiungibile in una ventina di minuti tramite il ponte che attraversa il braccio settentrionale del San Lorenzo. Ci dirigiamo a Sainte Petronille, un punto fantastico perché da qui si gode di una splendida vista su Quebec City. L’isola è verdissima, con lussureggianti distese erbose. Purtroppo non abbiamo tempo per girarla tutta, ripercorriamo il ponte a ritroso per ritornare a Quebec ma rimaniamo colpiti da un’interessante attrazione naturale la Montemorency Falls, una spettacolare cascata alta 83 metri che si trova proprio di fronte a noi.

Verso le 17,30 lasciamo Quebec, riprendiamo l’autostrada e dopo circa tre ore arriviamo a Montreal. Nell’entrare in città incontriamo molto traffico e così arriviamo in centro per le 21,00 e ci affrettiamo a trovare l’hotel. Gli alberghi sembrano tutti al completo, troviamo una suite per quattro persone all’Holiday Inn Express Hotel & Suites che si trova al n°155 blvd rene-levesque east al costo di 225$ canadesi con colazione e parcheggio auto coperto!!!! Veramente un affare, la camera è meravigliosa, ed è composta da un grande soggiorno con angolo cottura, zona bar, un divano letto, ed una camera enorme con un letto matrimoniale. Bé ora bisogna decidere chi dorme sul divano letto e chi si prende la camera, allora c’è la giochiamo a sorte con una monetina. Che sfiga a me e alla Fra capita proprio il divano letto!! Sistemati i bagagli andiamo subito fuori per cenare. Questa sera in giro c’è un sacco di gente, infatti deve esserci una manifestazione particolare, ci sono dei carri mascherati, tanta musica e artisti di strada. Siamo indecisi sulla scelta del ristorante: italiano, francese, la solita roba americana o Tailandese. Finiamo al Tailandese, a mangiarci una specie di insalata di riso con dentro di tutto: carne, pesce, verdura e tantissimo peperoncino. Ovviamente si mangia con le bacchette, le forchette qui non sanno nemmeno cosa siano!! Dopo cena, (se così si può dire di aver cenato), facciamo un giro per le vie del centro e prima di andare a dormire chiudiamo il buchino allo stomaco con un’ ottima crepes alla nutella.

24 Luglio 2005 domenica Montreal è la seconda città del Canada, nonché seconda città francofona del mondo e una delle più cosmopolite del paese. Le strade offrono un curioso insieme di vecchio e di nuovo, contrapponendo i grattacieli a un quartiere d’epoca ricco di edifici storici. E’ situata su una grande isola di 51 km di lunghezza e 16 di larghezza ed il centro della città occupa una piccola zona divisa in tre parti: Vieux Montreal, il cuore della città vecchia esteso lungo il fiume San Lorenzo, Mont Royal, la grande collina che sorge alle spalle del centro, ed il centro vero e proprio, un quartiere con grattacieli, centri commerciali e palazzi d’epoca. Proseguendo oltre si possono ammirare le infrastrutture costruite per le olimpiadi del 1976. Le distanze che separano le diverse zone sono troppo grandi da essere percorse a piedi, ma con la metropolitana si può andare ovunque. Montreal è famosa per la sua Ville Souterraine, infatti a seguito degli inverni molto rigidi e nevosi, è stata costruita la città sotterranea, un enorme labirinto di corridoi che consentono agli abitanti della città e ai turisti di recarsi al lavoro, visitare musei, andare al cinema, fare shopping senza salire in superficie. La prima tappa la facciamo nella città vecchia a Place Jacques Cartier, poi visitiamo la Basilica di Notre Dame, andiamo a Place D’armes, giriamo per le vie molto pittoresche di Rue Saint Paul, rue Notre Dame che ricalcano ancora il piano tracciato nel 1670 e dove si trovano botteghe, negozietti, bar, ristoranti, bed and breakfast.

Prendiamo poi la metro e andiamo al villaggio olimpico, una delle stravaganze più spettacolari al mondo, dove si trova un immenso stadio costruito per le Olimpiadi del 1976 dominato da una straordinaria torre pendente a cui è appeso mediante 26 cavi un soffitto detraibile. Le difficoltà a realizzare tale struttura furono infinite, tanto che fu completata solo nel 1987 dieci anni dopo i giochi olimpici. Rimaniamo veramente colpiti da questa strana architettura di colore bianco che sembra una grande navicella venuta dallo spazio. Saliamo su di un ascensore che si arrampica lungo la spina dorsale della torre ed in pochi secondi raggiungiamo una piattaforma panoramica che offre una vista ineguagliabile sulla parte orientale di Montreal.

Nel pomeriggio torniamo nella Montreal Centrale e facciamo un giro a piedi fra i moderni grattacieli, e le chiese neogotiche come la Chathedral Christ Church.

Per le 16,00 rientriamo in hotel, ritiriamo l’auto e andiamo a scattare qualche foto alla città dall’ille de Notre Dame, isolotto che si trova di fronte in mezzo al fiume San Lorenzo. L’ile de Notre Dame è un isolotto artificiale creatosi negli anni antecedenti 1967 con il materiale di scavo ricavato dalla costruzione della metropolitana e della città sotterranea. Su questa isola Montreal ha ospitato nel 1967 anche l’expo 67, infatti è possibile trovare ancora traccia di due soli padiglioni rimasti, la Biosfera ( la cupola geodetica) il padiglione USA e il casinò di Montreal che era il padiglione Francese.

L’isola è anche famosa per il suo circuito di Formula Uno. Dopo qualche fotografia, ci mettiamo in viaggio verso Toronto. Il viaggio è lungo, Toronto dista 550 Km, quasi 5 ore di macchina, e per fortuna abbiamo già prenotato l’hotel direttamente da Montreal per non rischiare di non trovare posto. Ceniamo lungo la strada da Mc Donalds e arriviamo in città per le 22,30, ci dirigiamo subito all’Hotel Holiday Inn on King sito in Downtown al 370 King St. L’hotel è molto bello e in zona centrale: la nostra camera si trova agli ultimi piani e abbiamo così una bella vista sulla città. Siamo veramente cotti abbiamo le gambe a pezzi, ma veniamo attratti dalla città con i suoi grattacieli tutti illuminati e dalla Cn Tower, così usciamo per fare qualche foto. Rientriamo per l’una di notte, ma scopro di aver scordato gli occhiali da vista nell’hotel di Montreal!!!!che sbadato!!!! Ora mi restano solo le lenti a contatto!!! 25 Luglio 2005 lunedì Dobbiamo essere veramente pazzi, ma alle 7,00 del mattino ci alziamo per andare a farci un bagno nella piscina scoperta che si trova all’ultimo piano dell’hotel. Ragazzi che spettacolo ma soprattutto che vista!!! Verso le 8,30 scendiamo per fare colazione e poi dedichiamo la mattina alla visita della Toronto moderna con i suoi splendidi grattacieli, rimaniamo veramente colpiti dalla CN Tower. Con i suoi 553 metri circa è l’edificio più alto del mondo. La CN Tower fu costruita nel 1976 su comissione della BBC, che aveva bisogno in quegli anni di una nuova torre per le trasmissioni, e fu finanziata dalla società statale che gestisce la rete ferroviaria, la CN appunto, da cui il nome della torre. La torre ha due terrazze panoramiche, una posta al piano primo ed una al secondo. Quella del primo piano è composta a sua volta da quattro livelli in cui si trova uno dei punti di forza della torre, il Glass Floor dove una parte del pavimento è ricoperta di spessi vetri che permettono ai visitatori di camminare con la sensazione di esser sospesi nel vuoto alla impressionante altezza di 347 metri, dei negozi, e a 360 metri di altezza è ubicato il ristorante girevole che compie un giro completo intorno all’asse della torre ogni 90 minuti. Al secondo piano c’è la terrazza, denominata Skypod, posta a 447 metri, ed è unicamente panoramica. Da questa seconda terrazza, nelle giornate più limpide e serene, si possono vedere addirittura le cascate del Niagara. Dalla torre notiamo anche una strana struttura persone, dove al suo interno si svolgono partite di baseball, concerti, partite di football canadese, giochi vari, spettacoli. Lo stadio fu completato nel 1989. Esso è coperto dalla cupola apribile più grande del mondo, che, mediante un ingegnoso sistema, permette al tetto di chiudersi sopra al campo da gioco in caso di avverse condizioni meteorologiche. Nel pomeriggio salutiamo Toronto e dopo circa un’ora e mezza di viaggio arriviamo a Niagara Falls dove si trova una delle meraviglie della natura più conosciute al mondo, ed anche una delle più sfruttate dal punto di vista turistico. Le cascate del Niagara sono uno spettacolo che va guardato senza alzare troppo lo sguardo perché in quel caso la meraviglia della natura si perde in un mare di…Cemento!!! Le cascate sono situate a cavallo tra USA e Canada e sono per la loro vastità tra i più famosi salti d’acqua del mondo. Non trattandosi delle cascate più alte del mondo (solo 52 metri di salto), la loro fama è certamente legata alla spettacolarità dello scenario, dovuto al loro vasto fronte d’acqua e all’imponente portata stimabile in oltre 168.000 m3 al minuto nel regime di piena e circa 110.000 m3 come media. Le cascate comprendono due tratti le “American Falls” così chiamate poiché si trovano sul versante statunitense del fiume Niagara, larghe 300m e alte 50 e le “Horsehoe Falls” in territorio canadese, più imponenti larghe 800m e alte 50 disposte a forma di ferro di cavallo. Si tratta di cascate giovani, in termini geologici, infatti nacquero quando le acque del lago Erie modellarono un canale in uscita verso il lago Ontario, al termine dell’ultima era glaciale. Nel corso dei secoli la grande forza dell’acqua ha eroso il terreno calcareo arretrando la cascata di circa 12 Km in 12.000 anni, quindi circa 1 metro l’anno. Con il passare del tempo, l’acqua arretrerà fino a Buffalo, sul lago Erie, e le cascate come le vediamo oggi non esisteranno più. Per fortuna oggi l’arretramento è di circa 30 cm l’anno a seguito dell’accordo fatto nel 1951 fra Canada e Stati Uniti sullo sfruttamento comune delle acque per la produzione di energie idroelettrica riducendo così la portata da 6 a 3 milioni di litri al secondo.

Facciamo un sacco di foto, siamo veramente impressionati dalla portata d’acqua di queste cascate.!!! Non possiamo però andarcene via senza prima averle viste veramente da vicino, allora saliamo a bordo di un battello che ci porta quasi ai loro piedi. Ovviamente sul battello ci forniscono l’impermeabilie poiché la doccia una volta giunti in prossimità della cascata è assicurata. È impressionante vedere anche quanti visitatori ci siano, e poi la cosa buffa è che ai turisti che si inoltrano a vedere le cascate dal lato canadese gli viene fornito l’impermeabile di colore blu, mentre quelli che le visitano dal lato statunitense gli viene dato quello di colore giallo.

Niagara Falls sembra proprio una piccola Las Vegas, con le sue costruzioni in cemento, i suoi grattacieli, le sue luci e i suoi hotel di lusso. Per le 18,00 lasciamo Niagara Falls e cerchiamo un posto non troppo dispendioso per la notte e così troviamo a Vineland, a circa 30 km in un motel della catena Days Inn, il Prudhommes al costo di 100$ canadesi per una camera quadrupla. Bé non ve lo consiglio proprio, ha si una piccola piscinetta coperta con un idromassaggio caldo ma non è per niente pulito, l’acqua è gialla e nell’idromassaggio c’é una schiuma da fare veramente schifo. Inoltre le camere sono brutte, sporche e con una mochettes vecchia che emana un odore di umido e vissuto, l’aria condizionata fa un rumore che sembra un trattore e per finire il gabinetto è persino mezzo intasato. Strano perché nella catena dei Days Inn ci siamo sempre trovati bene. Bé non resistiamo in camera dall’odore quindi usciamo torniamo Niagara Falls per cenare e vedere le cascate di notte quando sono tutte illuminate con dei fari colorati che creano un’atmosfera ancora più suggestiva. Qui Nicola si sbizzarrisce, forse ha trovato la sua musa ispiratrice e scatta centinaia di foto.

Rientriamo tardi in hotel, siamo cotti. Questa notte ho dormito molto poco, non vedevo l’ora che venisse giorno per andarcene.

26 Luglio 2005 martedì Oggi ci attende il lungo viaggio in auto per raggiungere Detroit che dista 460 km e riconsegnare l’auto per le 15,30 all’aeroporto. Quindi passiamo la dogana, salutiamo definitivamente il Canada e rientriamo negli Stati Uniti. Arriviamo a Detroit in anticipo così decidiamo di farci un giro per la città in auto, ma riusciamo a vedere ben poco perché nel frattempo ci imbattiamo in un grosso temporale.

Riconsegnata l’auto all’aeroporto saliamo sul volo HP 97 America West Arlines delle 21.35 con destinazione Las Vegas. Per le 23,30 arriviamo a Las Vegas, la città più dinamica e spettacolare della terra che si trova nel ben mezzo del deserto. Pensate che all’inizio del xx secolo non esisteva neanche. Ora ci vivono quasi due milioni di persone. In questo posto ci sono più di 100.000 camere di hotel che si riempiono completamente nel fine settimana e si trovano ben 14 dei 15 alberghi più grandi al mondo. Las Vegas è un enorme monumento all’esuberanza architettonica, con casinò sgargianti costruiti senza badare a spese, che ogni anno attirano più di trenta milioni di turisti.

Usciti dall’aeroporto prendiamo un taxi ed in pochi minuti arriviamo al Luxor,un hotel moderno ed elegante, situato nel centro della città, proprio sul famoso viale “The Strip”. L’albergo può contare una capacità di 4.407 tra stanze e suite e il suo tema portante è indubbiamente l’antico Egitto, infatti la forma a piramide lo rende uno dei più riconoscibili hotel-casinò della città. Sulla sommità della piramide è posto il più potente raggio laser mai creato che è visibile già da 400 Km di distanza dagli aeroplani.

Per raggiungere la reception percorriamo un viale di palme, dove si trova l’obelisco egizio di Cleopatra, passiamo attraverso le zampe di una sfinge riprodotta fedelmente e ci ritroviamo dentro la piramide, dove si trova il casinò, bar e ristoranti, sale intrattenimento, un centro commerciale, e l’hotel. Dalla hall che fra l’altro è la più grande al mondo alziamo gli occhi verso il cielo e abbiamo davanti a noi l’intera piramide di 36 piani completamente cava con le 2.000 camere disposte sulle facciate inclinate.

Facciamo il check in e ci dirigiamo alla camera 27144 che si trova al 27^piano, e notiamo subito una particolarità dell’hotel, qui non ci sono gli elevetor, ma 4 inclinator disposti sui quattro spigoli, infatti risulterebbe impossibile vista la forma della piramide salire in verticale, quindi si sale su di un inclinatore. Arriviamo in camera, depositiamo le valigie, e poi un giro di perlustrazione per questo magnifico hotel che non smette mai di stupirci con le sue attrazioni. Dormire in questa grande piramide di vetro affumicato è veramente una delle esperienze più belle che si possono fare a Las Vegas.

27 Luglio 2005 mercoledì Facciamo un abbondantissima colazione al Buffet che si trova nei piani interrati dell’hotel, mangiando dolce, salato, frutta e cereali spendendo circa 10$ per persona. Nicola come al solito non si tiene e mangia talmente tanto che per i prossimi due giorni rimane nauseato dal cibo. Un tuffo nella piscina dell’hotel con l’acqua a 40°c e poi per le 11,00 usciamo per andare a fare lo Strip lungo la Las Vegas Boulevard, una strada lunga 9 km su cui si affacciano i più grandi casinò.

Ogni casinò è un mondo autonomo di fantasie, volutamente pacchiano e genuinamente eccitante. Grandi passaggi mobili, e strutture particolari ci invitano ad abbandonare il marciapiede ed ad entrare nei casinò, poi un volta entrati ritrovare la via di uscita riuslta a volte difficile. È tutto studiato apposta così una volta entrato rimani dentro e non sei invogliato ad andare in altri casinò. Una cosa ancora particolare è che tutti questi ambienti sono senza finestre e orologi in modo da farci perdere rapidamente il senso del tempo.

Iniziamo dall’Exalibur a forma di castello medioevale, poi proseguiamo con MGM grand una struttura con più di 5.Ooo camere, ispirato al cinema di Hollywood che ospita spesso concerti evento, incontri di box di rilevanza, l’illusionista David Copperfield, inoltre si trova un’area adibita a bosco dove gironzolano dei veri leoni.

Usciamo da questo gigantesco complesso attraversiamo la strada e subito veniamo incuriositi dalla ricostruzione esuberante e meticolosa della Grande Mela del New York- New York hotel e casinò, con l’Empire State Building, il Chrysler Building, la Statua della Libertà ed il ponte di Brooklyn intersecati da binari di un emozionante montagna russa. Si prosegue lungo il Las Vegas Boulevard per arrivare alla parte più spettacolare della “Strip”. Si comincia dall’Hotel Bellagio con la ricostruzione di un paese sul lago di Como, bellissimi gli interni (da non perdere il giardino e lo shopping center) e con uno stupendo spettacolo di giochi d’acqua che si svolge nel lago artificiale adiacente di ben di tre ettari e ci chiediamo dove trovino tutta questa acqua visto che siamo nel ben mezzo del deserto! Ogni mezzora dal lago fuoriesco centinaia di fontane sommerse che prorompono in balletti d’acqua con coreografia di musica e luci colorate.

Di fianco al Bellagio c’è il Ceasar Palace, costruito rievocando i fasti dell’antica Roma, e al cui interno si trovano diversi centri commerciali. Attualmente è uno dei maggiori centri turistici della città grazie allo show “A New Day…” nel quale la cantante canadese Céline Dion appare quattro giorni alla settimana sin dal 2003 in una specie di Colosseo costruito esclusivamente per lei. Anche il britannico Elton John appare sporadicamente nel suo show “The Red Piano”. Assolutamente da non perdere lo shopping center al suo interno con una ricostruzione delle vie di Roma con statue, fontane e cielo azzurro che simula: l’alba, il giorno, il tramonto e la notte in un ciclo di tre ore.

Dal Ceasar Hotel si passa al Mirage Hotel (3000 camere circa), con un ingresso principale lussureggiante e con le tigri bianche di Siegfried & Roy; da non perdere l’eruzione del vulcano antistante l’hotel ripetuta ogni sera ad intervalli di 15 minuti. Proseguendo troviamo il Treasure Island Hotel, molto simile alle attrazioni dei Pirati di Disneyland o Gardaland; ogni sera, nel lago adiacente, si svolge uno spettacolo di battaglie navali.

Cominciamo veramente ad essere stanchi e soprattutto frastornati da queste migliaia di slot machine, dal rumore delle monetine che fuoriescono dalle macchinette, dalle sirene che segnalano la vincita, dal via e vai di migliaia di turisti che come noi stanno facendo lo strep. Per le 16,00 rientriamo in hotel ma prima vediamo se riusciamo ad acquistare un biglietto per lo spettacolo del Cirque du Soleil. Non bisogna lasciare Las Vegas senza prima aver assistito ad uno di questi spettacoli.

Il Cirque du Soleil si distingue dagli altri circhi per l’assenza di numeri circensi che utilizzino animali, contemporaneamente dedicando il suo palco a artisti di mimo, acrobati, giocolieri e proponendo uno spettacolo che fonde la tradizione cinese con lo stile avanguardistico celebrando gli elementi della natura attraverso numeri sorprendenti che coniugano arte, musica, coreografia, acrobazia. Fondato nel 1984 a Montreal, ha circa 3000 dipendenti, che animano attualmente 7 spettacoli in tournée con tendoni in tutto il mondo, e altri 7 spettacoli stabili, ognuno con differenti tematiche. Qui a Las Vegas è possibile vederne ben 5 dei sette spettacoli stabili, Mistère, presso il Treasure Island Hotel , Ô, presso il Bellagio Hotel , Zumanity, presso il New York-New York Hotel , Kà, presso l’MGM Grand Hotel , LOVE (avente come argomento i Beatles), presso il Mirage Hotel. Per pura fortuna riusciamo a trovare 4 posti per Mistère, presso il Treasure Island Hotel allo spettacolo delle 19,30 al costo di 95$ per persona. A dire il vero il biglietto ci è sembrato un pò caruccio, ma fidatevi sono soldi ben spesi.

Be che figata un bagno nella piscina del nostro hotel un po di sole sul lettino ma resistiamo pochissimo fa molto ma molto caldo e poi subito a farci la doccia poiché alle 18,30 bisogna prendere il taxi per andare a vedere Mistere al Tresur Island. Siamo talmente tirati con i tempi e stressati dai ritmi frenetici di questo splendido viaggio che cominciamo a perdere qualche colpo. Stiamo infatti per uscire dalla camera per andare a vedere lo spettacolo che alla domanda della fra “ avete preso il biglietto?” Nicola si tocca la tasca per accertarsi di avere il portafoglio ed in un attimo scende il gelo… Non ha il portafoglio in tasca, allora corriamo subito in camera per cercarlo rovistando in ogni posto senza trovarlo però. Cominciamo a preoccuparci non è che glielo hanno rubato? Ora sono cavoli il passaporto…La carta di credito… E anche i 400$ spesi per lo spettacolo che ormai sta per iniziare e che probabilmente non riusciamo nemmeno a vedere!!!. Per fortuna lo troviamo, lo aveva solo messo in un’altra borsa ma non se lo ricordava più e per fortuna riusciamo ad arrivare giusto in tempo allo spettacolo. Terminato lo spettacolo siamo molto affamati e ci fermiamo a cenare al Buffet del Tresur Island che propone appetitose grigliate, deliziose pizze, pasta e sushi fresco.

Continuiamo il nostro giro e visitiamo il Venetian Hotel, il più grande hotel 5 stelle americano con più di 4.Ooo camere ed un casinò da 11.Ooomq. Nella zona antistante l’ingresso del Venetian sono riprodotti fedelmente in scala 1 a 2 il campanile di San Marco e il ponte di Rialto, quello dei sospiri. Un lago artificiale prosegue all’interno della struttura con un canale, che costeggia la zona del centro commerciale (che copre una superficie totale di 50.000 m²) e viene percorso da riproduzioni fedeli delle tradizionali Gondole Veneziane governate a remi. Ritorniamo verso l’hotel a piedi, ripercorrendo lo strep in verso opposto per visitare Las Vegas quando regala il suo meglio con le sue migliaia di persone che affollano le strade e i miliardi di kilowatt che la illuminano a giorno.

28 Luglio 2005 giovedì Dormiamo sino a tardi per recuperare il sonno, poi un tuffo nella piscina dell’hotel e a seguire pranzo al Buffet del Luxor. Per le 15,00 con il Taxi raggiungiamo l’agenzia di noleggio “EL Monte Rv” per ritirare il nostro super Camper che diventerà la nostra casa viaggiante per la prossima settimana. Cavoli… ma quanto è lungo… abbiamo prenotato dall’Italia il modello C25 e ci hanno dato il CS30 lungo ben 9,40 metri… Si avete capito bene 9,40 metri, un’esagerazione, come la capienza del suo serbatoio 55 galloni che corrispondono a ben 208 litri di benzina!!! Direte voi ma con 208 litri fate più di 1.000 Km, ed invece no, un mezzo così pesante e grande consuma come un camion: si percorrono a malapena 290 miglia, poco più di 450 Km. Siamo sempre fermi a fare benzina, soprattutto nei tratti desertici per paura di rimanere a secco, tante sono le strisciate fatte con la carta di credito dal benzinaio che ammontano sempre sui 90-100$ di carburante.

Il camper è accessoriato con tutti i confort possibili, c’è il climatizzatore con il generatore di corrente, il forno, il microonde, un frigo enorme, la Tv color, e addirittura il divano con il tavolo, ed alla sera quando ci si fermava in campeggio era possibile premendo un piccolo bottone allargare il camper di circa 80 cm creando veramente un piccolo Mini Appartamento. Per farvi un idea più precisa di come era il nostro camper basta vedere il film “Vita da Camper RV” con Robin Williams.

Ritiriamo sia il Veichle Kit che comprende piatti, posate,bicchieri ed attrezzatura da cucina, che il personal Kit che comprende le lenzuola e gli asciugamani. Purtroppo ci accorgiamo che le lenzuola sono veramente sporche e brutte, così che ci dirigiamo subito in un grosso centro Commerciale di Las Vegas per fare scorta di provviste e per acquistare un paio di lenzuola.

Per le 18,00 finalmente riusciamo a lasciare Las Vegas e a dirigerci verso il Gran Canyon. Percorriamo la strada 95 poi imbocchiamo la strada 93 per Kingman, e dopo solo una quarantina di Km da Las Vegas incontriamo la diga Hoover Dam ed entriamo in Arizona. Questo gigante lungo 220 metri, che attraversa il Boulder Canyon sul fiume Colorado, fu completato nel 1935. Era più alto di un edificio di 6 piani, più grande della piramide di Cheope in Egitto, e aveva richiesto una quantità di cemento sufficiente ad asfaltare un’autostrada da San Francisco a New York.

Nel frattempo si è fatto buio, per strada ci sono pochi veicoli e fa un buio impressionante, percorriamo ancora 90 miglia su una strada in mezzo al deserto completamente dritta con qualche sali scendi e raggiungiamo il paese di Kingman dove ci fermiamo a dormire nel campground della catena Koa fuori Kingman. In America non è possibile dormire con un caravan lungo la strada o in un parcheggio, poiché è proibito il vagabondaggio, pertanto siamo costretti ad entrare in campeggio.

29 Luglio 2005 venerdì Ci alziamo di prima mattina, una piccola colazione e ci mettiamo subito in viaggio verso l’atteso Gran Canyon. Passiamo da Williams e dopo poco più di 50 miglia raggiungiamo l’ingresso del Gran Canyon National Park e parcheggiamo il nostro veicolo al Canyon View Information Plaza dove si trova il visitor center. Il cielo si è annuvolato, il tempo sembra non essere dei migliori, sembra proprio che da un momento all’altro possa cominciare a piovere, ma non ci lasciamo scoraggiare, del resto siamo a più di 2.500 metri di altitudine sopra il livello del mare.

All’interno del parco si può ammirare uno degli spettacoli naturalistici più belli degli Stati Uniti, quello creato nel corso dei secoli dal fiume Colorado, che erodendo la roccia per migliaia di anni ha creato questo ambiente in cui è possibile visitare molte fasce climatiche e passare in poche ore dall’ambiente desertico a boschi di conifere. E’ lungo 446 chilometri circa, profondo fino a 1.600 metri e con una larghezza variabile dai 500 metri ai 27 chilometri. Il panorama del canyon che si apre sotto Mater Point è spettacolare, è ha proprio dell’incredibile, credo proprio che nessuna fotografia possa immortalare una tale grandiosità. Da questo punto di osservazione si ha anche un’ottima vista del fiume Colorado. Lasciamo Mater Point e ci incamminiamo verso ovest raggiungendo un altro punto di osservazione spettacolare: Yavavai Point. Per vedere gli splendidi punti di osservazione del West Rim non accessibili ai veicoli privati, occorre raggiungerli o a piedi impiegandoci però parecchio tempo poiché anche distanti diverse miglia l’uno dall’altro, oppure, come abbiamo fatto noi, utilizzando la navetta dei Ranger. Vediamo così Hopi Point, Mohave Point e Prima point, dove aspettiamo il tramonto. Rientriamo a Mather Point, e con il caravan andiamo a cercarci un campeggio per passare la notte. Purtroppo l’unico campeggio dentro il parco è tutto al completo così troviamo posto nel rudimentale “Ten X Campground” nella Kaibab National Forest, fuori dall’entrata del parco vicino a Tusayan. Pur essendo rudimentale è veramente un posto magnifico, una grossa piazzola con un tavolo in legno attrezzato nel ben mezzo del bosco e al costo solo di 10$ per notte. Se venite qui ricordatevi di pagare!!!!! Infatti non c’è nessuno che ti viene a chiedere i soldi, ma bisogna lasciarli dentro una busta che va compilata inserendo la targa del camper e imbucata in una casetta delle lettere all’ingresso del Campground.

30 Luglio 2005 sabato Ci alziamo presto, usciamo dal Ten X Campground e rientriamo nel parco per assistere ad uno spettacolo da non perdere: l’alba al Gran Canyon ma il cielo è ancora coperto così che non riusciamo a vedere nulla. Con il camper percorriamo l’east Rim Drive lunga 23 miglia che dall’information Plaza costeggia il Gran Canyon sino a Desert View dove c’è un altro centro informazioni ed una strana costruzione cilindrica posta sull’orlo del canyon costruita nel 1932. Lungo il percorso ci fermiamo a Yaki Point, Grandview Point, Mora Point, a scattare foto. Per le 10,30 lasciamo Desert View e ci mettiamo subito in moto, raggiungiamo la cittadina di Cameron che dista circa 60 miglia dove ci fermiamo a fare il pieno di carburante per non rischiare di rimanere a piedi nel tratto desertico che conduce alla Monument Valley che dista ancora poco più di 120 miglia. La Monument Valley è un’icona degli Stati Uniti occidentali. Il pianoro desertico è in realtà di origine fluviale e si trova al confine tra Utah e Arizona in un’area abbastanza isolata quanto estesa che dista più di 70 km dalla cittadina più vicina: Kayenta. Ci troviamo nella riserva Navajo e siamo un’ora in avanti rispetto al resto dell’Arizona. La strada che conduce alla Monument Valley è la Highway 163 e nella parte terminale segue un percorso rettilineo in leggera discesa che dà al viaggiatore l’impressione di calarsi all’interno della valle, non so quante volte abbiamo accostato ai margini della strada per ammirare e fotografare i panorami. Il territorio è prevalentemente pianeggiante ad eccezione del fatto che la pianura è cosparsa da una sorta di guglie. Questi edifici naturali formati da roccia e sabbia hanno la forma di torri dal colore rossastro (causato dall’ossido di ferro) con la sommità piatta più o meno orizzontale; alla base si accumulano detriti composti da pietrisco e sabbia. La Monument Valley è conosciuta per i grandi picchi di roccia rossa che da sempre hanno rappresentato un luogo ideale per il cinema western. La regione è ancora abitata dagli Indiani Navajo e questo rappresenta un ulteriore attrazione della Monument Valley, in quanto permette di ammirare da vicino alcuni villaggi, la loro vita quotidiana e di acquistare qualche oggetto di artigianato.

Per le 15,30 dopo aver pagato 5$ per persona il biglietto di ingresso, raggiungiamo con il camper il Visitor Center, e acquistiamo un escursione organizzata dagli indiani Navajo della durata di circa 2 ore e mezzo che ci permette di visitare la vallata con un fuoristrada 4×4. Che spettacolo: l’immagine del classico paesaggio del selvaggio west fatto di colline di arenaria e di irti pinnacoli rocciosi che spuntano da un’infinita distesa di sabbia rossa spazzata dal vento è proprio davanti ai nostri occhi.

Rientriamo al visitor center, assistiamo al tramonto scattando un sacco di foto e dopo usciamo dal parco, percorriamo due miglia a ovest della US-163 e raggiungiamo Goulding’s Monument Valley Lodge, dove c’è un campeggio per RV oltre che un motel, un ristorante, un benzinaio ed un piccolo spaccio commerciale. Il campeggio si trova fra una gola di rocce rosse in posizione veramente unica, infatti da qui si ha una splendida vista sulla Monumet Valley, ogni piazzola inoltre è dotata di un barbecue. Ci viene quindi voglia di accendere il fuoco e di cuocerci le bistecchine che ci stiamo portando a dietro nel congelatore del camper da Las Vegas. … Che libidine, un barbecue nel bel mezzo del deserto, l’unico neo è che la griglia è fissa e quindi non si può pulire sotto l’acqua prima di cuocere la carne così ci siamo mangiati anche un po’ di sabbia rossa della Monument. Di notte il cielo è stellato, e non essendoci inquinamento luminoso le stelle sembrano vicinissime.

31 Luglio 2005 domenica Lasciamo la Monument Valley e percorriamo la strada che conduce al Brice Canyon passando per il Lago Powell, il lago artificiale più grande degli Stati Uniti. In realtà oggi si possono ammirare le acque del lago, un tempo si potevano contemplare gli scenari tipici dei canyon scavati nell’altopiano Colorado. Solo nel 1957, a seguito della costruzione della diga di Glen Canyon, le acque invasero le strettissime gole del canyon creando l’attuale Lago Powell. Per darvi un’idea delle sue dimensioni, pensate che l’insieme dei litorali del lago misura circa 3.360 chilometri, una distanza più grande dell’intera costa statunitense dell’Oceano Pacifico. Passato il paesino di Page prima di oltrepassare il fiume Colorado con il ponte, giriamo a sinistra e imbocchiamo la scenic view dr, troviamo un piazzale dove è possibile parcheggiare il camper e camminiamo una decina di minuti a piedi lungo un sentiero in terra rossa battuta che porta direttamente sul crinale della gola scavata dal Colorado e improvvisamente ci troviamo davanti con tutta la sua imponenza il muro in cemento armato della diga, e una splendida gola di roccia rossissima in fondo alla quale scorre il fiume Colorado.

Riprendiamo il camper e andiamo subito a vedere da vicino questo strano lago. Devo proprio dire che ci troviamo di fronte ad un paesaggio veramente strano ed inquietante, siamo nel ben mezzo del deserto, non c’è un albero e vediamo questo lago con acque pallide turchesi che si infrangono sulle rocciose rocce rosse e qualche nuvoletta di foschia che maschera in lontananza le sue isole che una volta erano le cime delle mesa.

E’ ora di pranzo così decidiamo fermarci a mangiare sul camper in una piazzola in riva a questo strano lago.

Nel pomeriggio rimbocchiamo la strada 89 e dopo circa 75 miglia raggiungiamo la cittadina di Kanab oggi nota come “Little Hollywood” dello Utah, a causa dei tanti film western e spettacoli girati qui negli ultimi cinquant’anni e non manchiamo di dare una sbirciatina ai movies studios dove è ricostruita una cittadina western che ha fatto da coreografia a molti film e serie televisive. Per il resto a Kanab non c’è proprio niente, così ci rimettiamo subito in viaggio. Ritorniamo sulla road US89 e percorriamo ancora una sessantina di miglia prima di imboccare la road UT12 che porta al Brace Canyon. La road UT12 ci da subito il benvenuto con lo scenografico Red Canyon, rocce rossissime, un paesaggio quasi irreale. Rimaniamo affascinati da questa strada che si snoda fra meravigliosi pinnacoli di colore rosso intenso, e dalle piccole gallerie o meglio archi creati sopra alla strada. Dopo una ventina di miglia raggiungiamo il bivio per il Brace Canyon, ma è già troppo tardi per andare a visitarlo, ormai si sta facendo buio, così consultiamo la guida per individuare un campground e troviamo il camping KOA di Cannonville nella Bryce Valley che dista da qui ancora 12 miglia. Prima di raggiungerlo incontriamo il primo paesino dopo Kanab, Tropic dove ci fermiamo nuovamente per fare il pieno di benzina e la spesa nel piccolo supermercato. Il frigo del camper infatti sta cominciando a vuotarsi, è Nicola che non fa altro che mangiare tutti i “pocci” comperati (patatine, pop corn da fare nel micronde, ecc.) a dire il vero anche io gli faccio compagnia!! Sullo scaffale del mimi market vediamo un vasetto di pomodoro così ci viene una voglia pazza di pizza. Decidiamo allora di provare a farla sul nostro camperone americano dotato di forno, l’unico problema è trovare tutti gli ingredienti!!!!!!!!!!! Riusciamo a racimolare una confezione da 2,5 Kg di farina, una busta di lievito per pane americano (intendo quello che si gonfia come un pallone), il pomodoro, e una specie di mozzarella fatta di fecola di patate tagliata alla Julien. Arrivati in campeggio ci mettiamo subito al lavoro, impastiamo ed inforniamo la pizza nel fornetto del camper… ma quanto lievita questa pasta…

Dopo circa un paio d’ore riusciamo finalmente a metterci a tavola e a mangiarci la nostra PIZZA, che buona… forse a ripensarci avevamo molto fame…

1 Agosto 2005 lunedì Imbocchiamo la hwy-12 e ci dirigiamo verso il Brace Canyon National Park, al bivio con la Hwy-63 svoltiamo a destra e dopo qualche miglio incontriamo l’entrata al parco dove dobbiamo pagare 20$ per l’ingresso del veicolo. Raggiungiamo il Visitor Center e successivamente andiamo a vedere i punti panoramici più importanti (Sunrise Point, Inspiration Point, Sunset Point ecc.).

Lo spettacolo che ci riserva il Bryce Canyon è veramente unico: quando siamo nella pineta sul vicino altopiano, non ci immaginiamo minimamente il panorama meraviglioso che si sta per aprire davanti ai nostri occhi al di la dei pini. Infatti, man mano che ci avviciniamo al margine del canyon, vediamo sorgere dal suolo enormi anfiteatri di guglie scolpite nella roccia. In un attimo, i colori vivaci del parco ci appaiano in tutto il loro splendore.

Nonostante il nome, il Brice non è propriamente un canyon ma un enorme anfiteatro originatosi dall’erosione del settore orientale dell’altopiano Paunsaugunt. Il Bryce è celebre per i caratteristici pinnacoli, gli hoodoos, prodotti dall’erosione delle rocce sedimentarie fluviali e lacustri, erosione dovuta all’azione di acque, vento e ghiaccio. Le rocce hanno un’intensa colorazione che varia dal rosso, all’arancio al bianco. Avete presente quando si gioca in riva al mare a far cadere la sabbia bagnata dal pugno chiuso della mano per fare le guglie dei castelli ? Bene, un hoodoo è così, solo che è molto ma molto più grande, fatto di roccia arancione, rosa e bianca e ognuno è diverso dall’altro… gli indiani paiute che un tempo vi cacciavano, li descrissero come” rocce rosse che si ergono come uomini in un anfiteatro. “ Il Bryce ha una superficie di 145 km² ed un’altitudine che varia tra 2400 m e 2700 m. Dal Sunrise Point iniziamo il nostro trekking all’interno del canyon, decidiamo di fare il sentiero Queen’s Gardens Trail per una lunghezza di circa 3 Km per andare e 3 per tornare. Discendiamo dentro il canyon e la prima cosa che notiamo sono le enormi pareti rocciose rosse, gialle e arancio, gli alti alberi, e i tanti scoiattoli. Le guglie del Bryce viste da vicino e dal basso verso l’alto sono davvero fantastiche; spicca il contrasto tra il colore arancio-bianco. Il sentiero è piuttosto facile e si fa tranquillamente in poco più di 2 ore.

Rientrati al Sunrise Point prendiamo il camper e andiamo avanti per la strada panoramica che si snoda per circa una 30 km sino ad arrivare nella parte nord del parco a Natural Bridge, dove è possibile ammirare un bellissimo ponte naturale ad arco di colore arancione. Si sta facendo tardi, dobbiamo raggiungere lo Zion Natural Park che dista un centinaio di miglia, quindi ripercorriamo la strada a ritroso, salutiamo lo splendido Bryce Canyon, imbocchiamo nuovamente la hwy-12 sino a raggiungere la hwy-89 poi svoltiamo a sinistra in direzione sud e dopo diverse miglia al bivio con la Long Valley Junction svoltiamo a destra prendendo la hwy-9 fino all’ingresso dello Zion National Park. La vista è da mozzafiato: gli imponenti pinnacoli rocciosi si ergono maestosi e ci si sente davvero molto piccoli davanti ad una tale maestosità.

Zion Park è un parco protetto e si estende su una superficie di 600 Kmq. Come ogni angolo naturale degli States può vantare un proprio record: comprende infatti l’arco roccioso più largo al mondo. Il Kolob Arch, dotato di una apertura di oltre 100mt.

La parte principale del parco si sviluppa intorno allo Zion Canyon, una valle immersa tra le rosse montagne che la delimitano e attraversata da una strada chiamata Zion Canyon Scenic Drive chiusa alle macchine. Parcheggiamo il camper al Zion Canyon Visitor Center, ci muniamo di cartina e saliamo sulla navetta dei ranger per goderci lo Scenic Drive sino in fondo al parco. Il giro ci lascia per tutto il percorso con la testa fuori dal finestrino nel tentativo di ammirare l’incredibile panorama. Nel caso abbiate poco tempo per visitare lo Zion fate come noi, giratevi in shuttle lo Zion Canyon, fermandovi ad ogni fermata a contemplare il paesaggio. Dopo circa mezzora raggiungiamo la zona denominata Temple of Sinawava, che si trova all’ultimo stop dello shuttle bus e ci inoltriamo in un sentiero, tutto pianeggiante che costeggia il fiume Virgin, che è di una bellezza esagerata, in mezzo al bosco. Torniamo alla fermata dell’autobus per rientrare al Visitor Center, riprendiamo il camper e per le 19 ci rimettiamo in viaggio per Las Vegas, imbocchiamo hyw-15 e dopo ben 155 miglia (3 ore e mezza), raggiungiamo il campeggio Koa Circus Circus di Las Vegas. Prima però ci fermiamo in un parcheggio alle porte della città per fare una foto notturna panoramica da un altopiano, rischiando perfino di essere arrestati dalla polizia locale. Nicola è salito sul tetto del camper, ha montato il trepiede e sta scattando delle foto, quando all’improvviso arriva una pattuglia della polizia pensandoci dei terroristi pronti a fare qualche cosa di strano. Fortunatamente ha subito capito che si trattava dei soliti turisti e ci ha invitato ad allontanarci immediatamente dalla zona scortandoci sin sulla tangenziale. Per le 23 entriamo in campeggio, che dire, fa veramente schifo, è un grande piazzale completamente asfaltato che emana un calore pazzesco. Ovviamente abbiamo l’aria condizionata a manetta. Sbrighiamo le nostre solite faccende di scarico e carico dei serbatoi delle acque nere e bianche, ma questa volta le cose non vanno come dovevano andare, avete presente la scena del film Vita da Camper quando Robin Williams vuota le acque nere, bè mi si è forato il tubo dello scarico proprio mentre stavamo scaricando!!!!!!!!!!! che puzza e che schifo!!!!!!!!! per fortuna il camper è dotato di un tubo di scorta!!!!!!! 2 Agosto 2005 martedì Partiamo presto, oggi dobbiamo percorrere molta strada, in programma c’è il Sequoia Park che si trova nella parte centrale dello Stato della California, poco distante dal confine con lo Stato del Nevada e dalla Death Valley. L’unico problema è che per raggiungere il parco da Las Vegas bisogna percorrere ben 800 Km, e il tempo a nostra disposizione è veramente poco, infatti domani sera dobbiamo per forza rientrare a Las Vegas per essere sicuri di riconsegnare il camper giovedì mattina. Lungo il percorso ci consultiamo per capire se veramente vale la pena fare 1600 Km in poco più di 24 ore o trovare un posto alternativo. Alla fine dopo una lunga e combattuta indecisione optiamo per abbandonare la visita al Sequoia Park e fare invece una “capatina” a Los Angeles. Penso che siamo veramente quattro pazzi, è vero che le sequoie sono lontane, ma anche Los Angeles non è così vicino e soprattutto ancora non ci rendiamo minimamente conto di cosa voglia dire avventurarci dentro la città con il nostro camperone da 9,50 mt!!!!!! Dopo diversi cambi alla guida verso le 17,00 cominciamo ad avvicinarci alla meta, il numero delle corsie aumenta, da 2 passiamo a 3, poi a 4, poi a 5, ancora a 6, 7, 8 , ragazzi che casino…… svincoli sia a destra che a sinistra, e non si può pensare che se uno si trova nella 6^ corsia possa attraversarle tutte per uscire dall’autostrada!!!!!!! Incontriamo intersezioni con svincoli che si snodano su più livelli, veramente uno spettacolo!!!!!!!!! Ma lo spettacolo però si trasforma in casino, infatti ci ritroviamo sulla 4^ corsia e dobbiamo uscire fra 4 miglia sulla destra, ma non riusciamo ad andarci: il traffico è sempre più intenso e con un mezzo così lungo le macchine si intrufolano da tutte le direzioni e finiamo per non riuscire ad uscire e quindi a sbagliare strada. La Lela allora consulta la mappa e individua un percorso alternativo: percorrere la Mulholland drive, che dovrebbe condurci dritti a Malibu’, dico dovrebbe perché alla fine finiamo per perderci sulle colline in periferia di Los Angeles. Dopo più di un’ora persa a girovagare troviamo la strada e arriviamo a Malibu’, famosa per le sue afose spiagge e residenza di molte stelle del cinema e dello spettacolo in genere. La città è attraversata dalla Pacific Coast Highway e circoscritta a est da Topanga e delle Pacific Palisades, a nord dalle montagne di Santa Monica, a sud dall’Oceano Pacifico e a nord-ovest dalla Ventura County. Si sta facendo tardi ormai non c’è tempo per visitare la città e quindi ci mettiamo alla ricerca disperata di un campeggio o parcheggio per camper, ma qui sembra proprio un’impresa trovarlo, quei pochi che vediamo sono tutti al completo. Per cercare un’indicazione di un parcheggio risultato inesistente, finiamo per incastrarci con il mezzo su di una cunetta. Ragazzi, che paura, improvvisamente scende il gelo su di noi, vuoi vedere che abbiamo spaccato il camper in due e dobbiamo pagare i danni!!!!!!! Bè per fortuna è andata bene, inseriamo la retro marcia e mettiamo l’acceleratore a tutto gas riuscendo così a disincastrarci.

Siamo stanchi, il viaggio è stato lungo e in piu’ la paura di rovinare il veicolo, quindi ci rimettiamo alla ricerca di un posto per passare la notte. Proviamo a dirigerci verso Nord sperando che una volta usciti dalla città possiamo trovare posto, ma alla fine siamo a Santa Barbara e ancora niente. Nel frattempo ci è venuta fame, ne approfittiamo per fare un giro sul lungomare, e trovare un posticino consigliato dalla nostra guida per mangiarci una gustosa bistecca accompagnata da un ottimo vino proveniente dalle famose uve californiane. Il conto è un po’ salato ma la carne davvero divina.

Si sta facendo molto tardi, riprendiamo il camper e cerchiamo disperatamente un posto per passare la notte; per fortuna troviamo un parcheggio lungo l’oceano dove si trovano un sacco di camper, molti dei quali di persone che, raggiunta una certa età, hanno scelto di passare la loro pensione facendo vita da nomadi. Ragazzi questa vacanza è proprio all’insegna dell’avventura!!! 3 Agosto 2005 mercoledì Verso le 8,30 ci svegliano le urla di un gruppo di surfisti che già dal primo mattino si trovano in acqua a cavalcare le onde dell’oceano Pacifico che si infrangono sulla lunga spiaggia. Ci mettiamo in viaggio per Los Angeles, una città affascinante e in perenne trasformazione, è la seconda città degli USA. L.A. È un’enorme estensione di un agglomerato urbano che copre una superficie di 1202 chilometri quadrati; è un insieme di 83 città (alcune amministrativamente indipendenti) collegate fra loro da una rete di autostrade e superstrade metropolitane di 1200 chilometri, e che si intersecano con mille svincoli, raccordi e soprelevazioni. La grande metropoli è adagiata in un’immensa conca di 180 chilometri di diametro che va dall’oceano Pacifico alle montagne di San Gabriel e di Santa Monica. Le case sono prevalentemente di legno e circondate da giardini; fino al 1957 era proibito costruire grattacieli perché la zona è a rischio sismico. Poco distante passa la famosa faglia di San Lorenzo. La popolazione raggiunge gli undici milioni di abitanti. Si tratta di una popolazione multietnica, nella quale prevalgono i messicani, ma con numerosissimi asiatici, europei, neri e sudamericani; si calcola che in città siano parlate ben 82 lingue.

Ieri abbiamo dato una sbirciatina a Malibu, e alle sue ville su palafitta, costruite direttamente sulla spiaggia, oggi andiamo a vedere Santa Monica e Venice Beach, le mete più turistiche dell’intera area di Los Angeles; qui troviamo un bellissimo lungomare con un sacco di vie ciclabili e pedonali, popolate da giocatori di hockey a rotelle, da bellezze statuarie sui pattini, da artisti di strada, e da un sacco di palestrati che nelle palestre allestite sulla spiaggia fanno sfoggio dei propri bicipiti. E’ proprio qui che hanno girato Baywatch, il telefilm con le guardaspiaggia più famose al mondo con il loro costumino rosso e le curve da paura, che per tanti anni ci hanno tenuto attaccati alla televisione.

Lasciamo la costa e ci inoltriamo nella città, dobbiamo proprio essere dei pazzi, con un camper così!!!!!!! .

Ma nonostante tutto, riusciamo ad arrivare a Beverly Hills e persino a parcheggiare in centro nei pressi di Rodeo Drive. Beverly Hills è situata vicino Hollywood e Bel Air, è divisa sostanzialmente in due parti: una più elitaria ed una meno esclusiva. La zona più a nord-est, verso la collina, è la parte in cui le strade sinuose con viali alberati di palme si arrampicano in mezzo a sontuose ville con piscina e campi da tennis, mentre la zona più a sud assomiglia maggiormente ad un “quasi normale” quartiere residenziale, anche se le case hanno comunque un aspetto sontuoso ed esclusivo. L’unico neo è che non è possibile nemmeno avvicinarsi ai cancelli delle case perché si viene subito allontanati.

Il cuore commerciale e mondano di Beverly Hills è la famosissima Rodeo Drive, la via dello shopping, la strada di Pretty Woman, dove vi sono i più costosi atelier di tutto il mondo, alternati a ristoranti di lusso dai prezzi decisamente proibitivi. Tuttavia, una passeggiata per Rodeo Drive, ammirando le vetrine e passando tra limousines dalla lunghezza impressionante e Rolls Royce dai vetri oscurati, è sicuramente d’obbligo ed è necessaria per assaporare fino in fondo l’atmosfera di Beverly Hills. Qui dopo un giro fra i negozi ci fermiamo a mangiare da “il Fornaio” che si trova al 301 North Beverly Drive, un ristorante italiano dove abbiamo modo di mangiarci finalmente un’ottima pizza ma cara sui 15 dollari l’una.!!!! Purtroppo non c’è tempo dobbiamo andare, abbiamo promesso al parcheggiatore che ci saremmo fermati solamente 90 minuti, altrimenti non ci avrebbe fatto parcheggiare un camper così grande. È giunto il momento di raggiungere la famosa Hollywood, la città dei VIP di ogni genere e del debutto di molti film americani che avviene nei suoi immensi cinema. E’ qui che vengono consegnati i premi oscar. La città si presenta come una zona piuttosto squallida, costruita senza una precisa connotazione urbana, formata da bassi edifici e da larghe strade e viali posti ai margini delle due celebri vie, Sunset Boulevard e Wiltshire Boulevard; all’interno raccoglie i grandi teatri e le abitazioni degli attori, dei registi e dei produttori, situate in genere sulle pendici della vicina collina di Beverly Hills.

Siamo a Hollywood, passeggiamo lungo la Walk of Fame («Passeggiata della Fama» dal 6.100 al 7.047 di Hollywood Boulevard) dove vi sono più di 1900 stelle di ottone dedicate alle celebrità (al n° 6776 Marilyn Monroe, al n° 6777 Elvis Presley al n° 6628 Renata Tebadi, al n° 6927 Michael Jackson).

Sempre su questa strada si trova anche il Teatro Cinese (6.925 Hollywood Boulevard) dove sono state proiettate le «Prime» di molti famosissimi film e, talvolta, sono stati distribuiti gli Oscar; ora è una semplice sala cinematografica, ma davanti al suo ingresso si trovano le impronte delle mani e dei piedi e le firme di molti attori famosi del passato e del presente. Ancora oggi vengo¬no aggiunte tre nuove impronte all’anno. Lasciamo Hollywood e ci rimettiamo in viaggio verso Las Vegas, ma prima di uscire dalla città a Nicola viene in mente di cercare la casa della famiglia in cui era stato quando era venuto a Los Angeles per fare la vacanza studio, l’unico problema è ricordarsi il posto in cui si trovava. Si ricorda solamente il distretto, ed il nome della famiglia e qualche vago ricordo della scuola in cui aveva studiato l’inglese. Dopo aver girato mezzo paese, e aver chiesto diverse informazioni ai passanti, raggiungiamo il paese, ma non troviamo la via. Per fortuna una signora americana molto gentile e disponibile che stava uscendo di casa, ci ha invitato ad entrare per fare una ricerca in internet per trovare il nome della via tramite il cognome della famiglia. Finalmente riusciamo ad ottenere l’indirizzo esatto, non ci sembra vero di essere riusciti in un impresa che sembrava impossibile (trovare una persona fra 11 milioni), ma quando arriviamo davanti alla casa ci aspetta la delusione più grande: la famiglia ha messo da poco in vendita la casa e si è trasferita in un’altra città. Così con l’amaro in bocca dopo tanto affanno rientriamo con il nostro camperone sull’autostrada, percorriamo la strada desertica e dopo 4 ore arriviamo in tarda serata nel bellissimo RV campeggio Oasis a 2711 W. Windmill Lanep.

Arriviamo affamati, e in frigo sono rimaste solamente 8 bistecchine, così ci improvvisiamo a cuocerle in un barbecue da noi creato nella nostra piazzola con quattro sassi bianchi rubati da un aiuola, e la griglia del forno del camper. Che spettacolo!!!!!!!!!!!!!!!!!!

4 Agosto 2005 giovedì Dopo colazione ed un bagnetto nella graziosa piscina del RV camping, prepariamo le valigie, è giunto il momento di riconsegnare il camper all’agenzia di noleggio.

Verso le 12 restituiamo il camper, prendiamo un taxi e ci facciamo portare all’Hotel Luxor, dove lasciamo in custodia i bagagli alla portineria per essere liberi di fare un ultimo giretto per Las Vegas, abbiamo tempo solo sino alle 21, l’aereo è alle 23,30.

Prima dell’ultimo strip fra i casinò ci fermiamo a fare l’ultima abbuffata al buffet del Luxor. Siamo un pò malinconici, ripensiamo al nostro magnifico viaggio e ai posti grandiosi che abbiamo avuto modo di scoprire in queste settimane, siamo a Las Vegas così decidiamo di giocarci gli ultimi 20-30 dollari che ci sono rimasti in tasca alle slot machine, nella speranza di fare una grossa vincita, e di poterli investire in un altro magnifico viaggio. Purtroppo ci va male, perdiamo anche i 30 dollari, solo la Fra è l’unica che riesce con una monetina da 25cc a vincerne ben 10!!!!!!!! che fortuna!!!!!! Pensate non li ha rigiocati, ma si è fatta cambiare le monetine per poter così comprarsi le ultime cartoline e alcune caramelle!!!!!!!!! Cavoli il tempo ci è sfuggito di mano, il gioco e le mille luci dei casinò della sera ci hanno fatto completamente scordare del fatto che è giunto il momento di salutare Las Vegas e di correre in hotel a prendere le valigie altrimenti rischiamo di perdere l’aereo!!!!

Alle 23,30 decolliamo da Las Vegas con il volo dell’American Airlines con destinazione Miami per poi prendere il volo diretto dell’Alitalia per Milano Malpensa. Arriviamo a Miami alle 7,30 del mattino (ora locale) ma il volo per l’Italia parte alle 16,50, pertanto abbiamo qualche ora da aspettare in aeroporto, girando troviamo un agenzia che organizza un’escursione della durata di circa 3 ore per visitare la Miami coloniale e la Miami City. Proprio quello che fa per noi. Saliamo su un pulmino che ci porta alla zona del porto di Miami, qui parte il tour organizzato della città.

Questa zona ha come principale riferimento il Biscayne Boulevard, lungo il quale si trovano interessanti parchi come il Bicentennial Park, dove si trova il memoriale a JFK, o il Bayfront Park, nel quale c’è il grande centro commerciale di Bayside Market Place. Nella parte meridionale della zona si vede il Financial Center, da cui inizia la Brickell Avenue, il cuore finanziario di Miami che ospita edifici molto particolari come l’Atlantis, Villa Regina e la Cen Trust Tower.

Visitiamo con molta fretta il quartiere di Downtown che rappresenta il cuore della Miami moderna e si sviluppa attorno a Flager Street, la principale via commerciale della città. La sua caratteristica principale è il Metromover, una metropolitana sopraelevata che scorre sopra la zona centrale di Miami e dalla quale si può godere della vista su tutta la zona sottostante. Successivamente ci spostiamo a visitare Coconut Grove, il quartiere storico di Miami, oggi divenuto una zona residenziale esclusiva e raffinata. Oltre a numerosi alberghi e ristoranti, offre come principali attrazioni il Grove Center e il City Hall, sede dell’Amministrazione locale. Nella zona si trovano inoltre il Peacock Park, vasta area verde sempre molto frequentata, e il Dinner Key, il porto turistico di Miami. Per terminare ci portano a vedere il famoso lungomare passando davanti alla casa di Versace. Purtroppo è già ora di rientrare in aeroporto, non c’è nemmeno il tempo di fare un giro sulla spiaggia, veramente un peccato. Sarà una scusa per tornare….

Per le 16,50 ci imbarchiamo sul volo di rientro e di questo lungo viaggio rimane il ricordo, oltre che dei bei momenti trascorsi in compagnia, di un paese che forse avrà poca storia da raccontare ma che sicuramente è in grado di regalare emozioni su emozioni con i suoi parchi e paesaggi naturali mozzafiato e le sue città del tutto particolari ed uniche al mondo, che rimarranno per sempre impresse nella nostre menti… fine!!!!!!!!!!!!!!!!!



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