Un viaggio di nozze lungo un mese: dalle Marchesi

Il nostro viaggio ha visto le seguenti tappe: Nuku Hiva (isole Marchesi), Moorea, Bora Bora, Tikehau, Rangiroa, Rurutu (isole Australi) nella Polinesia francese e in ultimo l’isola di Pasqua. Abbiamo programmato il nostro viaggio dopo aver letto la guida della Lonely Planet e parecchi racconti di viaggio di questo sito (e a proposito ringrazio...
Scritto da: Ceghe
un viaggio di nozze lungo un mese: dalle marchesi
Partenza il: 04/06/2007
Ritorno il: 04/07/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 3500 €
Il nostro viaggio ha visto le seguenti tappe: Nuku Hiva (isole Marchesi), Moorea, Bora Bora, Tikehau, Rangiroa, Rurutu (isole Australi) nella Polinesia francese e in ultimo l’isola di Pasqua. Abbiamo programmato il nostro viaggio dopo aver letto la guida della Lonely Planet e parecchi racconti di viaggio di questo sito (e a proposito ringrazio tantissimo Sunfolwer76 – vedi il racconto “Polinesia francese: un sogno” del 09/11/2006- con le sue utilissime informazioni e con l’enorme pazienza avuta nel rispondere a tutte le mie domande) e dopo aver navigato in internet su diversi siti. Tutte queste sono state fonti utilissime di informazioni per decidere quali isole includere nel nostro viaggio e in quali pensioni alloggiare. Abbiamo deciso di includere almeno un’isola di ognuno dei quattro arcipelaghi della Polinesia francese in modo da vedere paesaggi di tipo diverso e anche una Polinesia più autentica, meno turistica. Inoltre, visto che eravamo a Papeete, abbiamo pensato che era anche l’occasione buona per vedere l’isola di Pasqua (anch’essa parte della Polinesia) raggiungibile in aereo solo da Santiago del Cile o proprio da Papeete. Abbiamo deciso di alloggiare in pensioni anziché nei vari resort per risparmiare, visto che le pensioni sono più economiche, così abbiamo potuto fare un viaggio più lungo e includere le isole Marchesi e le isole Australi (il pacchetto di voli per girare tra le isole è costato il doppio di quello che comprende solo le isole della Società e le Tuamotu).

Siamo partiti il 4 giugno al mattino presto da Milano Linate con Alitalia con destinazione Parigi da dove abbiamo preso il volo dell’Air Tahiti Nui che ci ha portato direttamente fino a Papeete (con scalo tecnico a Los Angeles). Il viaggio è andato bene: aerei puntuali e bagagli che ci hanno seguito (tra l’altro i bagagli li abbiamo imbarcati a Milano e ripresi direttamente a Papeete senza dovercene preoccupare a Parigi). L’Air Tahiti Nui è una compagnia moderna con personale gentile e aerei moderni. C’è stato però un momento di panico a Parigi per i bagagli: al check-in ci hanno chiesto dei talloncini necessari per trasferire il nostro bagaglio direttamente da un aereo all’altro e noi non ne sapevamo niente. Poi, però, fortunatamente ho ritrovato questa sorta di talloncini attaccati sul retro dei biglietti del ritorno: praticamente quelli dell’Alitalia al check-in a Milano ce li hanno dati senza dirci niente e quindi nemmeno senza spiegarci che ce li avrebbero chiesti a Parigi. Pertanto vi conviene chiedere dove ve li attaccano perché altrimenti non vi dicono niente (e crediamo sia una prassi abituale perché al banco del check-in accanto al nostro c’era un’altra coppia che aveva il nostro stesso problema).

Siamo arrivati a Papeete in tarda serata e, dopo un’accoglienza con musica e collana di fiori, il pulmino dell’agenzia ci ha portato al nostro albergo (Hotel Tiarè Tahiti) e attorno a mezzanotte siamo andati a letto stanchi dopo un giorno intero di viaggio. L’albergo non è male, spartano ma pulito ed è proprio in centro vicino al mercato, solo il personale non sempre è gentile.

Il giorno successivo abbiamo fatto una levataccia perché alle 5.30è passato il pulmino dell’agenzia per portarci in aeroporto a prendere l’aereo con destinazione Nuku Hiva nelle Marchesi. Il volo è durato 3 ore. Abbiamo pranzato in aereo (unico caso di pasto compreso nel volo in tutto il viaggio; sugli altri voli per le altre isole ci sono panini e snacks a pagamento). All’atteraggio è venuto a prenderci un ragazzo che fa da autista per la pensione che avevamo prenotato. Dopo circa un’ora e mezza di viaggio in fuoristrada (unico mezzo per potersi muovere visto che la maggior parte delle strade non sono asfaltate) con l’autista che guidava in modo un po’ spericolato (io ho passato il viaggio aggrappata ad una maniglia!), siamo arrivati a Taiohae che è il centro amministrativo e la cittadina più grande dell’isola. Abbiamo alloggiato alla Pension Mave Mai. La pensione non è male, abbiamo anche mangiato abbastanza bene. Unica scomodità è che i pasti vengono serviti nel ristorante del proprietario della pensione; il ristorante non è lontano ma, se devi andare o tornare a piedi (sperando che non piova), è un po’ scomodo per la poca illuminazione e la strada di accesso alla pensione in parte sterrata. Alla sera, durante la prima cena, abbiamo prenotato l’escursione per il giorno dopo: destinazione la cascata di Vaipo (un salto di 350 m!).

Consiglio pratico: spalmatevi sempre molto bene di Autan o simili perché i moscerini autoctoni non perdonano.

Per l’escursione ci siamo trovati in un gruppo di 6 persone. La guida è venuta a prenderci al molo di Taiohae con la sua barca. Si chiama Kimi (non so se si scriva così) ed è veramente un bravo. Abbiamo fatto il nostro primo viaggio in barca per raggiungere la baia da cui imboccare la valle per raggiungere a piedi la cascata. Tranne nelle isole più turistiche, dove si va in gita in gruppi più numerosi, nelle isole fuori dai circuiti tradizionali le barche non sono molto grandi e, per chi soffre di mal di mare, possono essere una brutta esperienza: si balla e ci si bagna parecchio, ma è divertente.

Accompagnati da Kimi, abbiamo risalito la valle in mezzo alla foresta e siamo giunti alla base della cascata. Lungo il tragitto abbiamo ammirato una natura lussureggiante, con dei colori che nessuna fotografia può degnamente riprodurre, e dei resti archeologici. Il ritorno in barca ha avuto un momento da brivido: Kimi ha preso male un’onda (ricordiamoci che non c’è barriera corallina e siamo in oceano) e per poco non finivamo tutti in acqua. Comunque è andato tutto bene ed è stata proprio una bella gita che consigliamo.

Consigli pratici: portatevi dei sandali in gomma (quelli da spiaggia per intenderci) perché noi con la soluzione scarponi+scarpette da scoglio abbiamo combinato un casino. Durante il tragitto bisogna attraversare un fiume diverse volte (sia all’andata che al ritorno) e cambiare su e giù le scarpe è piuttosto scomodo. Invece, i sandali te li tieni sempre su e via (magari con un paio di calzini: non è il massimo dell’eleganza ma ti protegge i piedi quando cammini sia in acqua che sul sentiero). Noi alla fine i scarponi li abbiamo bagnati e non sono riuscita ad asciugarli bene nemmeno con il phon (il clima è molto umido) con il risultato che ci siamo tenuti degli scarponi puzzoni per tutto il viaggio (e non è simpatico).

Il giorno dopo abbiamo fatto un’altra escursione (con l’autista della pensione) consistente in un giro dell’isola in fuoristrada. Anche questa è stata una bella esperienza, abbiamo fatto la pausa pranzo da Chez Yvonne dove abbiamo gustato una buonissima aragosta ai ferri. Abbiamo comperato dei ciondoli in madreperla da un artigiano (consiglio comperare qua ciondoli in madreperla o conchiglia o osso perché non ne ho visti di così belli da nessuna altra parte in Polinesia).

Il tempo rimastoci a disposizione lo abbiamo dedicato a escursioni a piedi attorno a Taiohae (di cui una alla Baia di Colette) e a una visita di Taiohae e al suo mercato artigianale dove abbiamo fatto qualche acquisto consigliati da Benoir, un infermiere francese ospite della nostra stessa pensione e che lavora a Tahiti, il quale ci ha rassicurato sulla effettiva produzione in loco degli oggetti esposti e ci ha detto che erano di qualità molto migliore di quelli che si trovano al mercato di Papeete.

Il 9 giugno siamo partiti per Papeete e da qui per Moorea, seconda tappa del nostro viaggio. Anche qui ci sono venuti a prendere con un pulmino. Abbiamo alloggiato alla Pension Motu Iti, una sistemazione molto migliore che a Nuku Hiva: il bungalow era carino, pulito e si mangia in riva al mare con dei bellissimi tramonti. A Moorea ci siamo fermati solo due giorni ma, tra il brutto tempo e io che mi sono fatta male a una caviglia (ma niente di grave per fortuna!) scivolando dalle scale del bungalow (che scema! Mi raccomando: non fate come me, accendete sempre la luce prima di scendere le scale!!) non abbiamo fatto un granché: abbiamo affittato una macchina per fare un giro (seguendo le indicazioni della Lonely Planet) e l’altra giornata ci siamo goduti il mare facendo un giretto con i kayak messi a disposizione gratuitamente dalla pensione. Ad essere sincera, Moorea non mi ha colpito in particolar modo per cui non consiglierei di inserirla nel vostro viaggio. Piuttosto inserirei un’altra isola, magari meno turistica o mi fermerei qualche giorno in più in altre isole, come Rangiroa che è splendida e ci sono diverse cose da vedere e noi non siamo riusciti a farle proprio per i pochi giorni a disposizione.

Da Moorea ci siamo spostati, sempre in aereo, a Bora Bora che è veramente bella, nonostante il turismo le abbia fatto perdere quell’aria selvaggia che abbiamo respirato a Nuku Hiva. A Bora Bora abbiamo alloggiato alla Pensione Village Temanuata Beach: il bungalow non è molto grande (con le valigie ti muovi a stento) e non è prevista né colazione né alcun altro pasto, ma è a quattro passi dall’unica e bellissima spiaggia dell’isola (Punta Matira). Bora Bora è carissima per cui abbiamo optato per arrangiarci tutti i tre giorni che siamo stati là facendo la spesa ad un piccolo supermercato distante 10 minuti a piedi dalla pensione. Tramite la pensione abbiamo prenotato due escursioni: una è stata il classico tour dell’isola con snorkelling, pranzo, pasto a squali e razze (pratica che non approviamo ma è praticamente inevitabile); l’altra è stata una bella passeggiata tra i pesci con scafandro in testa a 4 m di profondità, accompagnati da un sub francese: è stato bellissimo anche perché abbiamo prenotato l’uscita delle 8.30 ed eravamo solo io e Marco per cui abbiamo avuto l’attenzione del sub tutta per noi, è un’esperienza che consiglio vivamente a chi, come me, piacciono i pesci ma non è un sub. Un’altra giornata l’abbiamo dedicata al relax in spiaggia godendoci il bel mare della laguna.

Da Bora Bora ci siamo spostati a Tikehau, il primo atollo che abbiamo visto. L’isola è piccola e non troppo turistica. Abbiamo alloggiato alla Pension Aito Motel Colette, ma ve la sconsiglio. Sia noi sia i nostri vicini abbiamo avuto la spiacevole compagnia di topi (presenza che è stata sostanzialmente negata dai proprietari). I nostri vicini li hanno proprio visti, noi per fortuna solo sentiti correre sul tetto ma ci hanno lasciato simpatici ricordini sparsi per il bungalow. Inoltre, sconsiglio questa pensione perché il proprietario, pur non essendo antipatico, non si è prodigato molto ad esaudire le nostre richieste di escursioni. Infatti, oltre alla gita a vedere l’isola degli uccelli (è una piccola isola disabitata in mezzo alla laguna dove nidificano gli uccelli), io avrei voluto fare dello snorkelling (visto che la guida definiva il mare di questo atollo uno dei più ricchi di fauna marina della Polinesia francese) ma non è stato possibile: la guida della Lonely Planet consigliava di immergersi nel pass ma il proprietario della pensione l’ha sconsigliato per le forti correnti (noi a Rangiroa ci siamo immersi nel pass, accompagnati da persone esperte e restando nella zona da loro indicata, e abbiamo visto tanti pesci in sicurezza senza sentire nessuna corrente). D’altra parte non ci ha proposto alcuna alternativa (e mi pare incredibile che non ce ne fossero) e purtroppo l’unica scuola che organizzava escursioni per immersioni e snorkelling era chiusa per ferie. Così abbiamo passato il secondo giorno facendo una tranquilla passeggiata lungo la spiaggia del motu dove alloggiavamo godendoci il sole e la spiaggia.

Da Tikehau ci siamo spostati a Rangiroa, il secondo atollo che abbiamo visto. Rangiroa è bellissima. Purtroppo noi, per problemi di aerei, abbiamo potuto fermarci solo per due giorni pieni, ma io consiglio di programmare di fermarsi almeno quattro-cinque giorni per vedere tutto quello che c’è di bello. Noi abbiamo fatto due escursioni: una all’isola dei coralli (posto molto bello per bagno e snorkelling) e una alla Laguna blu. Ma non siamo riusciti a vedere le sabbie rosa e non abbiamo nemmeno fatto un giretto dell’isola con calma. Abbiamo alloggiato alla Pension Bounty che consiglio vivamente: bel bungalow, buon vitto e il proprietario è un gentilissimo francese poliglotta (parla francese, inglese, giapponese e anche l’italiano!) che ci ha consigliato sulle gite e soprattutto su da chi farci accompagnare nelle gite e ci ha consigliato bene.

Ultima tappa nella Polinesia francese è stata Rurutu nell’arcipelago delle Australi. Qui abbiamo alloggiato alla Pension Manotel. Questa pensione è gestita da un francese che si è sposato con una polinesiana e ci siamo trovati proprio bene. Come il francese poliglotta di Rangiroa ci ha dato l’impressione di aver scelto di gestire una pensione proprio per il piacere di incontrare e parlare con persone diverse di tutto il mondo e per il piacere di far conoscere la splendida isola in cui vive. Con lui abbiamo fatto un giro dell’isola e ci ha spiegato molte cose rispondendo a tutte le nostre domande. Devo avvisare, però, che qui come nelle altre isole meno turistiche che abbiamo visitato, si parla solo francese e noi ci siamo salvati solo grazie al fatto che Marco ha riesumato il francese studiato a scuola. Un’altra giornata l’abbiamo passata a visitare delle grotte (tipiche dell’isola) accompagnati dai figli del francese. Unico dispiacere è stato non aver potuto vedere le balene per le quali Rurutu è famosa: diffidate di guide, agenzie viaggi e notizie in internet; non è vero che le balene si vedono già dalla fine di giugno! Ci è stato detto che in realtà le balene arrivano dalla metà di luglio e se potete scegliete quel periodo per andare a Rurutu. Ci sono sub della Six Passengers (una scuola di immersioni di Rangiroa gestita da un italiano) che ti fanno immergere (in tutta sicurezza) con le balene!! Se io avessi potuto, non mi sarei fatta sfuggire questa opportunità unica.

Concludendo, quindi, noi siamo rimasti contenti delle nostre scelte. Consigliamo di dormire in pensione perché, oltre che a risparmiare, ti consente di avere un maggior contatto con la gente del posto rispetto ai resort. Sicuramente nei resort sei più comodo ma si corre il rischio di non uscirne mai se non per le escursioni, perché ti vengono offerti tutti i servizi. Invece, il bello di un viaggio, a mio parere, sta anche in cose come fare la spesa nel piccolo supermercato di paese, andare in ufficio postale per spedire una cartolina o prendere un autobus, cose che ti permettono di entrare in contatto con la gente del luogo e capire (almeno in parte) come vivono. Ultima cosa (ma non meno importante) le pensioni sono gestite da persone del luogo e non dalle grosse compagnie straniere per cui i tuoi soldi restano sicuramente ai polinesiani e non ad altri. Sicuramente ci vuole un po’ di spirito di adattamento perché gli standard igienici non sono uguali ai nostri ma vi assicuro che si sopravvive (e ve lo dice una che è piuttosto delicata…).

Siamo anche stati contenti di aver inserito nel nostro itinerario isole un po’ fuori dai classici tour: è vero che questo ha significato meno spiagge e mare ma abbiamo potuto vedere anche una faccia meno turistica della Polinesia (a Rurutu eravamo gli unici turisti dell’isola!) in isole di pochi abitanti, che si conoscono e si salutano tutti, e dove la natura ha conservato un carattere più selvaggio.

E devo contraddire chi, in un racconto di viaggio presente su questo sito (vedi “Polinesia, davvero sicuri? del 31/08/2007), parla male della Polinesia. A noi la Polinesia è piaciuta, anche se non mi ritengo un viaggiatore di “qualità bassina” (riporto le sue stesse parole). Probabilmente, caro viaggiatore di alta qualità, se ti fossi informato meglio prima di partire, certe “sorprese” che hai trovato non sarebbero state tali e avresti optato per un’altra meta.

Chiusa questa parentesi, riprendo con il nostro lungo viaggio di nozze che non è finito qui! Da Rurutu, con sosta forzata di un giorno a Papeete causa assenza di voli, siamo partiti alla volta dell’Isola di Pasqua o meglio Rapa Nui. Siamo arrivati dopo un volo di circa 5 ore. Abbiamo preso il volo un po’ spaventati da certi racconti di viaggio trovati in rete e secondo i quali la compagnia Lan Chile (che ha il monopolio dei voli sull’isola) era una vera schifezza in termini di vitto, pulizia e professionalità del personale. Invece, devo dire che si tratta di una compagnia moderna ed efficiente (a parte il ritardo con cui siamo partiti di circa 1 ora), anzi l’aereo era più moderno di quello dell’Air Tahiti Nui.

All’arrivo a Rapa Nui devo confessare che trovarmi improvvisamente in pieno inverno australe è stato uno shock: 14 °C, vento e pioggia. D’altra parte giugno è la stagione ottimale per un viaggio in Polinesia ma non per un viaggio a Rapa Nui dove quel periodo è di bassissima stagione. Ci è stato detto che l’alternanza continua di sole e pioggia è una caratteristica dell’isola in qualsiasi stagione ma almeno d’estate la temperatura è più alta! Inoltre, essendo le strade non asfaltate, abbiamo rischiato di non poter accedere a certi siti per impraticabilità delle strade. Comunque, anche se la bassa stagione ha significato anche meno gente e meno confusione, io consiglierei un altro periodo per visitarla. Consigliamo di fermarsi almeno tre notti per poter vedere i siti principali con calma. A noi la pensione dove abbiamo alloggiato (Cabanas Mana Nui, carina e personale gentile ma niente riscaldamento!) ci aveva proposto una gita di un giorno e due gite da mezza giornata per vedere i siti principali e con guida in lingua inglese. Noi, però, abbiamo richiesto la guida in italiano e ne hanno trovata una (l’unica) ad un prezzo superiore. Noi abbiamo accettato e abbiamo fatto proprio bene. Con la nostra guida (il simpatico Hermann) ci siamo messi d’accordo per due giri di due giornate intere, pagando così sostanzialmente la stessa cifra che avremmo pagato facendo i giri proposti con guida in inglese ma facendo dei tour privati. Infatti, eravamo solo noi due e la guida, abbiamo potuto vedere tutto con calma e con l’attenzione della guida tutta per noi: bellissimo! Non ci dilunghiamo oltre per dire quanto sia affascinante l’isola: la sua fama è mondiale. Non possiamo fare altro che confermare che la fama è meritata e consigliare a chi ne avesse l’occasione di visitarla ma nella loro bella stagione!.

di Marco e Romina



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche