Un luogo in cui non ci sono gli orologi

Insha’Allah….”se dio vuole”…e probabilmente dio ha voluto che io andassi in Marocco. In realtà la mia amica Noemi ed io volevamo andare in Alaska, ma poi complice un’esitazione nella prenotazione del volo e conseguente notevole incremento, difficilmente comprensibile, nel breve lasso di tempo di due giorni, del costo del biglietto,...
Scritto da: catiasan
Partenza il: 05/08/2007
Ritorno il: 18/08/2007
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
Insha’Allah…”se dio vuole”…E probabilmente dio ha voluto che io andassi in Marocco. In realtà la mia amica Noemi ed io volevamo andare in Alaska, ma poi complice un’esitazione nella prenotazione del volo e conseguente notevole incremento, difficilmente comprensibile, nel breve lasso di tempo di due giorni, del costo del biglietto, abbiamo dovuto cambiare meta. A questo punto entra in gioco la nostra comune amica Silvia che abita a Siviglia con il suo meraviglioso marito Quico e che ci propone di incontrarci in Marocco. Detto fatto: noi si prenota il viaggio da Roma a Casablanca ed il ritorno da Siviglia e si cominciano a studiare le guide del Marocco. Poi all’inizio di luglio la Silvia si accorge che il suo passaporto deve essere rinnovato, ma non ha tenuto conto del suo stato di cittadina italiana residente all’estero che complica un po’ il processo del rinnovo e quindi nonostante i nostri tentativi di smuovere cielo e terra per accelerare la questione, Silvia e Quico non saranno con noi in questo viaggio. La partenza è prevista per il 5 agosto ore 20.35 con i potenti mezzi della Royal Air Morocco. La mattina mi sveglio con un vago mal di testa e notevole nausea, derivati dal banchetto per le nozze di mio cugino a cui ho partecipato la sera prima, ma, donna tosta, penso che passerà e parto da Ancona per Roma. Viaggio da contorsionista, in uno scompartimento con famiglia dotata di cane e arrivo a Termini. Leonardo Express e vado direttamente in aeroporto dove aspetto la mia amica Noemi. Il mal di testa aumenta dopo che il suo arrivo mi arreca anche la notizia di un ritardo nella partenza dell’aereo, ma vogliamo perdere il buon umore per due ore di ritardo?! Tralascio la coda kilometrica al check in, al controllo passaporti e il vagare errabondo nella zona dei gates…Si sale a bordo. Non l’avessi mai fatto: un misto di odori umani, quello che con felice locuzione dialettale si chiama “cristianì”, unito al tipico odore delle cene pre-cotte che vi servono in aereo, potenziato dall’apporto di spezie, dà il colpo di grazia alla mia nausea. O il colpo di grazia glielo dà la notizia che dovremo aspettare ancora prima di partire? Non so, perché a questo punto decido di cadere in catalessi e quindi mi appisolo. Arriviamo all’aeroporto di Casablanca con due ore e mezzo di ritardo e fila per il controllo passaporti. Per fortuna una magnifica parete con acqua che scorre ed una tipica fontana araba ci ristora e ci consola e cominciamo a guardarci attorno e a pensare ad avvisare l’hotel che avevamo prenotato. Chiamiamo con il cellulare di Noemi e assicuriamo il portiere di notte, che stava dormendo visto che oramai era passata l’una e mezza di notte, che stiamo arrivando. OK: Taxi, ma non abbiamo dirham. Chiediamo al taxista, probabilmente abusivo, di portarci all’hotel Maamounia dietro pagamento in €. Disfatte dal viaggio tralasciamo la fase di contrattazione…Ci va bene qualsiasi prezzo, ma direi che 25 € sono comunque un costo sopportabile. Sonno ristoratore, prima colazione marocchina cucinata con l’olio d’argan, paracetemolo, e pronte per esplorare in poche ore Casablanca. Il nostro programma prevede il trasferimento in treno a Marrakech. Ci infiliamo quindi in una agenzia di viaggi e ci prenotiamo il viaggio: 14.50 partenza da Casa Voyagers. Il riad l’avevamo già prenotato dall’Italia: era indicato nella Lonely e avevamo cercato informazioni anche attraverso internet e ci era piaciuto, il Jnane Mogador ( 38 € la doppia). Un’osservazione sulla Lonely: questa volta non si è rivelata così affidabile ed anche un paio di ragazzi che abbiamo incontrato ci hanno confermato questa cosa, anzi a loro erano capitate anche delle cartine sbagliate. Casablanca: cemento e souq. E’ una città che vive tra questi due estremi: ci sono moltissimi cantieri edilizi, una bellissima aria che arriva dal mare e poi la medina ed i souq che a me hanno ricordato Palermo e la Vucciria, bancarelle al sole e odore di decomposizione. A Palermo, però, non ci sono i vecchietti che vendono fasci e fasci di menta. Intendiamoci: a me piace questa atmosfera, avevo anche superato l’hang-over da cena nuziale, ma ho visto ed odorato pesce che sta sotto il sole delle 13 su un letto di ghiaccio ormai acquoso, e mi sembra giusto informarvi che nei souq di Casablanca e di altre città marocchine troverete anche questo. Un kebab, molto buono, al volo e via verso la stazione. Il treno per Marrakech arriva ed è una bella sorpresa: lunghissimo, bello pulito con scompartimenti che ti permettono di allungare le gambe senza prendere a calci il tuo dirimpettaio.

Tutto ciò per la modica cifra di 110 dirham a testa e cioè circa 10 €. In treno oltre a due giovani donne marocchine che però parlavano arabo e non sono state molto espansive c’è una coppia di italiani. Avevano già visto Fes e Maknes e ci siamo messi a chiacchierare, scoprendo quanto il mondo sia piccolo in realtà: lei aveva passato le vacanze della sua infanzia a Senigallia, lui bazzica il luogo di lavoro di Noemi! Arriviamo a Marrakech verso le 19, ora di punta. Come sempre scegliamo il mezzo pubblico, aspettiamo un po’ e finalmente arriva l’autobus n. 3 , ( se non ricordo male), che va verso la medina, pieno , strapieno…Come in tutti i posti civili il biglietto si fa a bordo e c’è il tornello, quindi il biglietto lo pagano tutti, e al di là dell’affollamento inverosimile, ma non poi tanto diverso da quello di autobus romani, la vettura è pulita e non ci sono sedili scassati. Noto con piacere che siamo le uniche non marocchine dell’autobus. Marrakech è splendida quando arriviamo: tutto sta diventando rosa, c’è il casino che ci sarà sempre non appena il sole cala. Sfidando il traffico che è un insieme caotico di auto, carretti con i muli, autobus, biciclette e motorini, ci mettiamo un po’ di tempo a trovare il riad che pure essendo molto vicino alla Djema al Fna, la piazza ombelico di Marrakech è un’oasi di silenzio. Noemi approfitta del massaggiatore della casa. Io approfitto della doccia e del letto. Quindi usciamo per la cena e per vedere cosa ci riserva la vita notturna di questa città ( notturna per me significa fino a mezzanotte massimo: non siamo nottambule): suono incessante di tamburi, flauti che incantano i serpenti, bancarelle che preparano il cibo producendo un sacco di fumo, il tutto circondato da quell’insieme di auto, muli, biciclette, motorini di cui sopra e persone, persone, persone e una marea di “Hola! espanoles?” “Frances?” . Ceniamo, un po’ insipido, sulla terrazza di uno degli innumerevoli ristoranti che circondano questa piazza e ad un certo punto il vento rafforza e diventa bello fresco, e sarà una piacevole compagnia per tutto il resto del nostro viaggio: il vento fresco della sera, anzi, ad Essaouira diventerà addirittura freddo. Sveglia abbastanza presto il giorno dopo perché il nostro scopo era prenotare qualche escursione nei dintorni. Camminando incrociamo a Sahara Expedition e forse con eccessivo entusiasmo, riflettevamo dopo aver concluso l’acquisto, ci prenotiamo ben due escursioni. Forse siamo state folgorate dal fatto che chi organizzava il tutto lì dentro erano donne, comunque ci siamo prenotate le escursioni alle Cascate d’Ozoud per il giorno dopo e poi il giorno dopo questa uscita saremmo andate verso l’Erg Chebbi, il deserto di dune.

Soldi: abbiamo prelevato moneta locale con i nostri bancomat, prelievi sui quali le nostre care banche ci hanno fatto poi pagare un sacco di “costi operazione”. Telefono: con 60 dirham di schede telefoniche ( pari a 6 € scarsi) abbiamo fatto un giro di telefonate per trovare l’albergo ad Essaouira, ed abbiamo fatto tante telefonate per questo, e chiamato le nostre rispettive famiglie varie volte.

I telefoni pubblici ci sono e sono tanti, sparsi per la città.

Dopo aver trovato l’albergo per Essaouira, fra internet e telefonate varie, ci siamo dedicate per il resto della giornata a girare per i souq di Marrakech e per questo giro ci vuole tanta pazienza e poca ansia: ci sono continuamente persone che vi “offrono” indicazioni per arrivare alle varie zone del souk e non tutte mirano solo ad avere un po’ di dirham come ricompensa, ma neppure tutti sono pericolosi delinquenti, quindi serenità e si va avanti per la propria strada dicendo “merci” a tutti, ma cambiando strada anche in modo imprevedibile, oppure mostrandosi totalmente indifferenti, come se si fosse sordi. Qualsiasi guida stampata comunque dice anche dove procurarsi delle guide ufficiali che vi possono salvare da questo continuo assalto quindi se volete evitare questo tipo di fastidio, la soluzione c’è. In questo giro siamo finite alla medersa di Ali Ben Youssef , molto bella, vale sicuramente la pena di darci un’occhiata e poi camminando camminando siamo finite in un’ oasi di pace in una piazzetta all’interno del souk delle spezie. Qui i colori vivaci e gli odori delle spezie si uniscono ai colori delle lane con cui le donne producono cappelli e maglie. C’è anche un piccolo Caffè delle spezie molto carino. Ritorno con il solito codazzo di “hola”, “Frances?” Italiane? …(oh! i marocchini sono capaci di parlare tutte le lingue del mondo, per lo meno per le cose essenziali!) A cui ormai avevamo fatto l’abitudine.

Il mattino dopo partiamo alle ore 8 per le Cascate di Ouzoud, il nostro autista è un segaligno ragazzo che si chiama Yussef, ed il gruppo è composto da ragazzi di varie nazionalità fra cui un ragazzo giapponese. Yussef, come tutti i marocchini parla arabo e francese e quando scopre che Noemi parla francese ed io inglese ci usa come interpreti. Non ricordo il paesaggio che abbiamo attraversato in maniera particolare, se non per le scritte che ogni tanto vedo sui fianchi dei monti, un paesaggio brullo, con varie sfumature di ocra gialla. Arriviamo alle cascate e iniziamo a scendere per un sentiero molto facile fatto di scale e giù in pratica c’è il mondo: questo è periodo di vacanze anche per i marocchini e questo posto deve essere molto gettonato. Ci sono intere famiglie che sono venute a vedere queste cascate. Dopo un congruo numero di foto dedicate al salto delle acque ci dedichiamo all’osservazione delle persone. Come poi noteremo in seguito le donne possono avere un abbigliamento molto occidentale, le bambine sono addirittura in costume, oppure essere coperte da capo a piedi, alcune indossano anche i guanti , ma soprattutto c’è una diversità di comportamento notevole fra uomo e donna, maschio e femmina. Pochissime si bagnano, mentre i ragazzi fanno gare di tuffi e possono permettersi una sbruffona spensieratezza. Assistiamo anzi ad un episodio a cavallo tra la comica e il thriller: dovete sapere che a controllare queste pozze d’acqua formate dalle cascate c’è una specie di bagnino- sorvegliante, armato di fischietto. Ad un certo punto l’intensità dei fischi aumenta e questo bagnino attraversa velocemente il ponte e sembra inveire contro una parete rocciosa…In realtà un ragazzetto aveva scalato la roccia e si era trovato un rifugio in una rientranza e il bagnino lo stava invitando a scendere, però scendere risulta molto più difficile che salire e ‘sto ragazzo non sa che fare. Il bagnino lo invita quindi a buttarsi in acqua e noi (io con trepidazione perché avrei avuto una paura folle) assistiamo a questo tuffo da una dozzina di metri. L’appuntamento per il ritorno era previsto per le 15, abbiamo tutto il tempo quindi per concederci forse il pranzo più buono di tutto il viaggio. Una salade marocaine ( pomodori tagliati a cubetti, peperoni verdi e cipolle, spolverizzati con l’immancabile cumino) e poi una tajine di agnello, con verdure ed uva passa e quindi con un tocco agrodolce veramente buono. Il tutto servito con un cordialissimo sorriso da un ragazzo che sembrava scusarsi di servirci una cucina “casera” come si dice in Spagna, perché anche secondo lui eravamo spagnole! Qui per la prima volta ho constatato quanto possano essere pulite le “turche”. Sto parlando del bagno, ebbene sì…Qui si usa largamente la turca. La cosa che mi ha colpito è che mentre da noi esiste comunque lo scarico che pulisce solo la turca , qui ogni toilette è attrezzata con un piccolo rubinetto laterale, posto in basso con un secchio sotto. Chi usa il bagno quindi dovrebbe avere la compiacenza di prendere l’acqua da questo rubinetto e gettarla, non solo nella turca, ma anche fuori per pulire tutto attorno, se ci fosse bisogno. Quindi l’umido è solo acqua e non altri liquidi organici.

Ritorno tranquillo a Marrakech e quando arriviamo ci rendiamo conto che dovremmo procurarci un altro hotel per la sera dell’11 agosto quando torneremo dal deserto visto che per Essaouira partiremo solo alle ore 15 del 12 Agosto. Troviamo, grazie all’aiuto di un “procacciatore”, (gran bel ragazzo!) che di solito stava piazzato vicino al nostro riad, un altro riad molto carino ( Riad Ramza) in pratica dietro al nostro, che può ospitarci per 500 dirham che sono una cifra fra i 45 – 48 € ( e quindi 24 € a testa) per quella notte. Si può spendere molto, ma molto meno, per dormire, ma come diciamo con la mia amica Noemi, noi c’abbiamo un‘età ormai ed il tempo della tenda è passato: corriamo il rischio di svegliarci completamente incriccate e quindi addio viaggio. Il mattino dopo si parte per questa escursione di 3 giorni che ci porterà alle dune di Erg Chebbi. Il gruppo è abbastanza numeroso, tanto che ci dividiamo in due “pulmini”. Nel nostro gruppo ci sono inglesi, fra cui spiccano per simpatia Catherine e Dann, un australiano, Patrick, uno spagnolo/catalano, Manel, tanti italiani ( Mirco e Stefania, Giuseppe/Beppe e Paola, Alessandro) e tre ragazze giapponesi, Akiko, Masami e Kumi. Akiko lavora per una organizzazione internazionale in Marocco già da un anno. La novità è che il cielo è coperto e non si ripulisce nel corso della giornata, come succede di solito, ma anzi, mentre saliamo il Medio Atlas, piove!! Attraversiamo la Valle del Dades, la valle delle casbah, dai meravigliosi colori. La terra e le rocce sono rosati, o ci sono infinite sfumature di ocra rossa, ci sono tante piante di oleandri rosa e poi palme, per cui Noemi ed io che ci siamo piazzate di fianco all’autista, non facciamo altro che dire: “guarda che bello!!” Arriviamo così ad Ait Benhaddou che è stato il set di “Lawrence d’Arabia”. La Casbah è costruita con un impasto di terra rossa, paglia e canne e vista con la pioggia ha l’aspetto della cera fusa. E’ un paesaggio fiabesco e spiazzante, almeno per me.

Arriviamo all’hotel che si trova all’interno delle gole (Auberge des Gorges Dades- Ait Oudinar)ed è un po’ come stare sulle nostre montagne: l’aria è frizzante e tutto l’ambiente è “arabic- montanaro”: i letti ed i mobili, molto essenziali, sembrano di pino, ci sono i plaid sul letto e fuori c’è un cielo che già mi lascia senza parole, qui, con le luci che ci sono nell’albergo: si riesce a vedere la Via Lattea! Il giorno dopo si parte e visitiamo, in compagnia di una guida messa a disposizione dall’organizzatore del tour, Tinerhir e la sua palmeraie. Il sistema delle palmeraie ricorda un po’ la strutturazione del lavoro e del territorio nella Francia feudale: c’è la città, in cui non esistono spazi verdi e ci sono solo le case, mentre la terra da lavorare, gli orti sono fuori delle mura. Abbiamo anche visitato una casa berbera in cui Fatima lavora la lana ed altri tessuti per ricavarne tappeti, molto belli. Ho imparato che quelli prodotti artigianalmente hanno le frange solo su un lato e ciò testimonia il fatto che sono fatti su un telaio verticale.

Ci si dirige poi verso la gola del Todra. Il fiume ha una portata ridottissima ad agosto, ma le acque sono cristalline e freddissime e soprattutto le pareti di questa gola sono spettacolari. Dopo il pranzo comunitario si riprende l’auto e ci dirigiamo verso Erg Chebbi. Ad un certo punto comincio a sentirmi un po’ yankee: il paesaggio è diventato assolutamente piatto, arido ed il nostro pulmino va su questa striscia di asfalto, incontrando rarissime auto. La mia inquadratura fissa è attraverso il lunotto dell’auto, e se non ci fosse la musica berbera che il nostro autista manda incessantemente con le sue cassette, potrei pensare di essere nel Mid-west. Dall’asfalto poi passiamo ad una pista battuta che ci shakera un po’, ma da qui si cominciano a vedere le dune sullo sfondo. Sono quasi arancioni perché il sole sta calando e da questo momento comincio ad essere presa da una strana sensazione: sono presente, ma anche un po’ in trance, fase da pre-anestesia… Da alcuni anni volevo vedere il deserto, finalmente è lì davanti a me e per arrivarci devo salire su un dromedario, io che sono l’antifisico per eccellenza e non ho mai montato nemmeno un pony! Chi se ne frega, si va. Credo di aver raccolto il minimo bagaglio che ci consigliano di portarci dietro con un notevole sforzo, non riuscivo a pensare a che cosa mi potesse servire: per cui ho preso su l’ acqua ed una maglia, ed il resto era quello che indossavo dalla mattina: non è vero che i dromedari puzzano, in questo caso puzzavo più io. Dobbiamo salire tutti quanti sui dromedari e a giudicare dal numero di risatine, battute, esitazioni c’è un certo nervosismo, ma poi piano piano, issati su dai “cammellieri” che ci accompagneranno e saranno le nostre guide per questa notte nel deserto, cominciamo a rilassarci e a conoscere i nostri animali. Il mio era estremamente tranquillo e stavo quasi in chiusura della carovana, una delle ragazze italiane, forse Stefania, aveva invece un dromedario a cui piaceva mordere il didietro del dromedario che lo precedeva …Credo che la traversata sulle dune sia durata un’oretta. Da lassù la sabbia sembrava così morbida, e tutto quanto così rarefatto che diventa naturale parlare a bassa voce. Il sole stava scendendo sempre più rapidamente e ad un certo punto ero persa: ogni punto di riferimento cancellato: il sole era calato, solo un lieve rossore indicava l’ovest, per me le dune erano tutte uguali, le stelle non erano ancora comparse…Niente panico tuttavia, ma solo questa specie di sonnambulismo. Quando siamo arrivati alle tende, la prima cosa che ho fatto è stata togliermi i sandali e camminare a piedi nudi, affondando in questa sabbia così sottile, che ancora conservava un po’ di tepore. Qualcuno si è rotolato giù per i fianchi delle dune, Omar/Amar il nostro “Capo Cammelliere” intanto stava attrezzando il campo tendato con la luce, la cena, la musica. Anzi siamo partiti dalla musica e abbiamo cominciato a conoscerci. Già ero impressionata dalla capacità dei marocchini di Marrakech di parlare molte lingue, Amar, dallo sguardo impertinente, berbero e nomade ormai prestato al turismo, mi ha letteralmente stregata: come tutti parla arabo e francese, (oltre al berbero) e poi parla benissimo lo spagnolo e l’inglese, più che qualche parola d’italiano e s’è pure memorizzato frasi in giapponese! Lo scambio avviene attraverso le chiacchiere, le barzellette, le canzoni. Ti chiedono di tutto e parlano, parlano… Da un indovinello di Amar è derivato il nome della nostra spedizione “Camel in the fridge Expedition”. Dopo la cena a base di tajine e sabbia, la musica e le chiacchiere sono continuate, ma con gli occhi puntati verso l’alto. E’ il 10 agosto, notte di San Lorenzo e io sto sotto il cielo più nero che io abbia mai visto, completamente ricoperto di stelle, grandi, piccole, dalla luce ammiccante o ferma, la Via Lattea quasi pesante per la sua densità e le stelle cadenti che scendono a ripetizione.

Poi è arrivato Mohammed, mezzo berbero –mezzo tuareg, e ho cominciato a sentirmi studiata e braccata. Lontana da me qualsiasi idea romantica, ho tentato di raggiungere un gruppetto di miei compagni di escursione che stava guardando le stelle sulla cima di una duna, ma lui mi ha letteralmente rapito, portato via con grazia, dolcezza e decisione. Il chiarore livido dell’alba è arrivato in silenzio ma poi, piano piano tutti si sono rimessi in piedi per affrontare la traversata sulla nave del deserto e il viaggio di ritorno in auto che sarebbe durato tutto il resto del giorno.

Ora, da qui, da casa, credo di aver cominciato a provare lì, mentre facevamo le rituali foto di gruppo, quel senso di sradicamento che è diventato più forte quando ho lasciato il Marocco circa una settimana dopo. Lo stesso strappo che ho provato la prima volta che ho lasciato Palermo, ma poi a Palermo ci sono tornata, tante volte, e tutte le volte penso che dopotutto è così facile prendere un aereo.

Altra notte a Marrakech e anche altro giro per vedere Palais Al Badi poi siamo partite per Essaouira. Viaggio in un autobus molto comodo ( circa 6 € a testa), in mezzo ad un paesaggio brullo, ma disseminato di muretti a secco, palme di argan ed anche ulivi. Essaouira è poi una cittadina molto accogliente, rilassante, con un sacco di persone simpatiche. Abbiamo dormito al Riad Al –Madina che negli anni ‘70 ha ospitato anche Hendrix e Leonard Cohen. I commercianti non sono pressanti come a Marrakech e fare compere è molto divertente: un ricordo particolare per il ciabattino da cui ho comperato delle splendide ciabatte colorate e che il giorno dopo l’acquisto mi ha richiamato per restituirmi dei soldi, e a Yassin il gioielliere a cui “ho spezzato le gambe” ( come ha detto lui) con le mie controproposte economiche. Qui abbiamo fatto mare, ci siamo abbronzate, abbiamo fatto cene splendide con il pesce cucinato molto semplicemente alla griglia. Insomma… potrebbe essere un buon posto in cui spendere il resto della vita… Insha’Allah P.S. Il ritorno è avvenuto attraverso Siviglia perché avevamo deciso di passare a trovare anche Silvia e Quico. Essaouira Marrakech con autobus e poi Marrakech – Tangeri con il treno notturno ( buona cuccetta e notte tranquilla per un costo totale di circa 36 €). Il traghetto per Tarifa 31 € a testa.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche