Il giro del mondo in quaranta giorni

"Piatto ricco mi ci ficco" è la frase dei grandi giocatori e io, da "grande" viaggiatore, ho colto al volo l'opportunità
Scritto da: a.a.
il giro del mondo in quaranta giorni
Partenza il: 05/07/2007
Ritorno il: 14/08/2007
Viaggiatori: 1
Spesa: 4000 €
Per lavoro mi hanno chiesto di seguire tre manifestazioni in tre continenti diversi, in un tempo così ristretto che non si poteva “passare dal via”.

Africa – Marocco

Si parte il 5 luglio in direzione Marocco e si atterra direttamente a Casablanca. Siamo ospiti dell’Hotel Rivoli che in pieno centro, a pochi passi dalla Casbah. C’è il vicino omonimo bar che evoca il film con Ingrid Bergman e Humphrey Bogart e il pianista Dooley Wilson. I tavolini sono su Place de la Fraternitè, ma all’interno del piccolo locale ci sono le foto girate sul set. È il quartiere delle ambasciate, con ville eleganti di stile coloniale.

Uscendo dall’Hotel e proseguendo verso est l’Avenue des Far si arriva al Porto, costeggiando la Città Vecchia. Mentre girando verso nord si arriva alla Moschea di Hassan II, un’opera mastodontica a ridosso del mare, da lì inizia il piccolo golfo che ha il suo apice al promontorio con il Faro di El Hank, si può poi proseguire sulle spiagge di Ain-Diab e di Sindibad, le località esclusive dei turisti.

Asia – Thailandia

Si torna dal Marocco il 16 luglio e via Amsterdam ci si imbarca per Bangkok. Non c’è il tempo di ammirare la città che un pullman ci porta verso nord attraversando le province di Pathum Thani, Ayutthaya, Saraburi per arrivare a lago “Lam Takhong Dam”, per poi costeggiare i templi e giungere a Nakhon Ratchasima. E’ il lussuoso Sima Thani Hotel ad accoglierci e il suo ristorante a piano terra a deliziarci con mille manicaretti della cucina locale. L’Hotel è all’entrata della città sull’arteria principale, molto trafficata a tutte le ore del giorno. Ma voltando su Mukkamontri Rd, oltre ad avere uno spaccato della vita locale, con i negozietti a bordo strada, c’è il tempio Wat Kong Phra Sai dove ci è stato concesso di assistere a una “consacrazione” buddista.

Si deve prende un “pulmino” per arrivare a “The Mall”, il mastodontico centro commerciale che all’ultimo piano ospita un Centro Congressi che per l’occasione si trasforma in Palazzo dello Sport. Una maniera per portare lo sport a contatto con le persone e con le aziende che investono, perché la cittadina è dotata di una modernissima cittadella circolare (del diametro di 850 metri) con doppio Palasport, piscine, stadio e pista di atletica. Manca però un vero e proprio Centro Città con la sua vita notturna. Il 30 luglio lasciamo Nakhon Ratchasima in direzione della capitale per fermarci la notte al Best Western Premier.

Viaggio interrotto – Dopo una ricca colazione siamo pronti per fare il lungo viaggio che ci porterà nelle Americhe. La carta d’imbarco dell’United Airlines riporta il volo UA838 da Bangkok a San Francisco, ma il volo atterra a Tokyo a nostra insaputa e inspiegabilmente. Una fila chilometrica per conoscere l’accaduto e solo un cartellone riporta la scritta “canceled”. Arrivati al bancone della compagnia aerea ci dicono che non ci sono possibilità di raggiungere in giornata San Francisco e neppure il giorno seguente. Il personale giapponese è in difficoltà per trovarci una soluzione perché i voli della compagnia diretti in California sono tutti pieni in questo periodo. Insistiamo nel provare con altre compagnie e poi ci propongono la soluzione di fare scalo alle Hawaii, ma dover cambiare isola per prendere un altro aereo per la California e il tempo breve negli spostamenti, ci fa desistere. Noi gli spieghiamo che dobbiamo andare in Messico e di provare su San Diego, o Los Angeles, alla fine trovano un volo il giorno seguente per Los Angeles. Ci dicono che possiamo dormire all’Excel Hotel Torku a loro spese e che una navetta ci attende all’uscita dopo aver ritirato i bagagli. La rabbia e lo stress non ci fanno godere a pieno il lussuoso albergo della capitale nipponica, attrezzato con ogni forma di tecnologia.

La mattina seguente ci vengono a prendere per riportarci all’aeroporto dove viaggiamo con l’American Airlines fino a Los Angeles, le lunghe file per il check-out, obbligatorio (ci chiediamo ancora il perché e come sia possibile una cosa del genere) e il nuovo check-in ci fanno perdere la coincidenza per San Diego e ovviamente per la seconda volta il personale che doveva venirci a prendere all’aeroporto dal Messico, fa un viaggio a vuoto. Arrivati a San Diego la mia valigia non era con il volo, negato anche il rimborso.

Non essendoci più nessuno ad aspettarci abbiamo preso un taxi, che però, dall’aeroporto di San Diego, ci ha portati fino alla dogana con il Messico. L’attraversamento l’abbiamo dovuto fare a piedi, trasportando le pesanti valigie lungo i valichi con filo spinato e porte girevoli di sicurezza, il tutto a 40° e sotto il sole. Quando un altro taxi ci ha “scaricati” al Gran Hotel Tijuana, non sapevamo cosa desiderare di più se dormire, farci una doccia o mangiare… credo che abbiamo fatto le tre cose insieme.

Americhe – Messico e Stati Uniti

Partiti alle 13.00 del 31 luglio da Tokyo, siamo arrivati alle 11.00 del 31 luglio a Los Angeles, dopo 10 ore di volo avendo rimesso l’orologio di 24 ore indietro sulla “meridiana del cambiamento di data”. Un’esperienza indimenticabile. Pur non soffrendo il jet lag, questa volta mi ha completamente “ucciso” anche perché la notte persa (siamo arrivati in serata in albergo, quindi nella mattinata giapponese) non è stata mai recuperata in pieno, date le temperature allucinanti della penisola californiana.

Il caldo e la “pericolosità” della zona, non ci ha permesso di vivere a pieno la città, gli spostamenti erano solo per i centri commerciali che offrivano, oltre alle vetrine, l’aria condizionata. In compenso dalle finestre dell’albergo si poteva ammirare il campo da golf e il parco con la gente che faceva footing o portava il cane. Mentre sulla collinetta di fronte alla città, nella zona Universitaria, si respirava un aria diversa… sembrava di stare in un’altra nazione.

Il 3 agosto lasciamo Tijuana in pullman per dirigerci a Mexicali. A El Rancho il panorama cambia in collinare e brullo, si attraversa la Colonia Luis Echeverria e si scorge il carcere. Si sale in una zona più verde fino al valico de La Rumorosa per poi gettarsi a capofitto tra i tornati che portano alla Death Valley. Ci sono centinaia di carcasse di auto e camion a cui i freni non hanno retto andando a finire nella scarpata. Molte le croci lungo il percorso. Ora non s’incrociano più gli autotreni che salgono a fatica con i loro tubi di scappamento neri, perchè è stata costruita un’altra strada parallela ma distante.

Non c’è il tempo per fermarsi ad ammirare il panorama al “Mirador Ojo De Aguila”. S’incomincia a scorgere la sabbia del deserto. Si entra in città in una delle arterie più trafficate per dirigerci all’Hotel Araiza. Il caldo è terrificante, ci sono oltre 50°, ma non si suda per la bassa percentuale di umidità. Nei luoghi chiusi senza aria condizionata si soffoca. La sera è ancora peggio, perché, anche se la temperatura scende di una diecina di gradi, l’umidità sale non facendoti respirare. Mexicali è al confine con gli Stati Uniti. Un muro spinato separa i due Stati, dall’altra parte Calexico con il suo aeroporto.

Nel centro della città la Cattedrale de Nuestra Senora de Guadalupe di stile coloniale, mentre la Plaza Del Mariachi è in quartiere più degradato che si anima la notte al canto dei “suonatori”.

Il 12 agosto lasciamo Mexicali per il tragitto opposto che ci porta a Tijuana e in giornata attraversiamo la frontiera (questa volta in auto dopo una fila chilometrica che il nostro autista ha cercato più volte di aggirare) per spostarci a San Diego. Prendiamo una suite al Gaslamp Plaza che ha una vista sulla baia, dove si scorge il Coronado Bridge che collega la città alla penisola omonima. L’Hotel è vicino alla Fifth Ave e ci permette di visitare a piedi il centro fino a raggiungere il mare.

Il 13 agosto il lungo ritorno via San Francisco e Francoforte per approdare a Roma.



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