Turchia, che nostalgia
VENERDì 10/08/12
Alle ore 06:45 siamo già a bordo dell’aereo Turkish Airlines che dall’aeroporto di Milano Malpensa è pronto per decollare alla volta di Istanbul. Accompagnati da un sottofondo di musica turca, ci libriamo in cielo, dove trascorriamo quasi tre ore prima di atterrare, alle 11:30 ora locale (Turchia GMT + 1), all’aeroporto di Internazione Ataturk di Istanbul. Una volta apposto il timbro sul passaporto e aver successivamente ritirato i nostri fantastici zaini Quechua Arpenaz da 60 e 70 litri, veniamo accolti da una folla di persone sventolanti fogli pieni di nomi, tra i quali però non riesco a scorgere il mio. Poi, quando un ragazzo dietro le transenne mi urla: “Mr. Antonio”, comprendiamo di aver trovato il transfer che gratuitamente (servizio di sola andata offerto dal nostro albergo), ci porterà, in circa mezzora, all’Hotel Arena, situato nel quartiere di Sultanahmet, cinque minuti a piedi dalla Moschea Blu (Euro 390,00 la camera, quattro notti inclusa colazione a buffet). Alla reception veniamo subito accolti dal Sig. Erhan che, in fase di registrazione passaporti, ci inviata a sederci offrendoci del çay (tè turco caldo) e un’alzatina piena di squisiti biscotti al pistacchio, alle mandorle e al cioccolato. La gentilezza del signor Erhan ci ha accompagnato anche per i tre giorni successivi, fornendoci utili consigli sulla visita della città e sulle abitudini del popolo turco. Lasciamo i bagagli nella meravigliosa camera caratterizzata da un tocco di stile ottomano e usciamo subito alla scoperta della città.
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La nostra prima tappa è la piazza dell’antico Ippodromo, su cui si affaccia la Moschea di Sultanahmet composta da sei alti minareti e conosciuta con il nome di Moschea Blu, fatta erigere nel 1609 dal sultano Ahmed. Ammiriamo i due obelischi che sovrastano il centro della stessa, sia quello di Teodosio raffigurante geroglifici egiziani che la colonna di Costantino in pietre di granito, vicino ai quali si trova la Fontana dell’Imperatore Gugliemo, il cui interno è magnificamente adorno di incisioni in lingua araba. Sul lato opposto della Moschea Blu si trova invece un grosso mercatino alimentare e d’artigianato, le cui casette in legno ci ricordano quelle dei nostri mercatini di Natale. Entriamo quindi nella Moschea Blu, giusto il tempo ti toglierci le scarpe e scattare qualche foto alle pareti delle cupole ricoperte da oltre 21.000 piastrelle di ceramica color turchese da cui l’appellativo “Blu” deriva, prima che inizi la preghiera delle 13:00. Usciamo dal lato settentrionale e attraversiamo una verde parco in cui si trova una grande fontana che spruzza alti getti d’acqua, dietro la quale si accede alla Basilica di Aya Sophia, eretta prima come cattedrale cattolica nel 415 d.C., trasformata in moschea nel 1453 dal sultano ottomano Maometto II e convertita definitivamente in museo nel 1935 dal primo presidente della repubblica turca, Kemal Ataturk. In quanto museo, l’ingresso ad Aya Sophia è, a differenza delle altre moschee, a pagamento. Alle biglietterie, invece di acquistare il singolo biglietto, comperiamo e paghiamo con carta di credito il pass che ci consentirà, per TL 72,00 a testa (circa Euro 33,00), di visitare anche gli altri più importanti monumenti della città. Entriamo e rimaniamo affascinati dai meravigliosi interni, dove predominano affreschi e mosaici, gli ultimi dei quali ben visibili salendo al secondo piano, come la Deesis, ovvero il Cristo Pantocrate che appare su tutti i libri di storia, e le cupole anch’esse adorne di altrettanti affreschi e mosaici. Dal medesimo piano si ha una vista magnifica di tutto il complesso interno e, tra le altre cose, è possibile vedere una serie di fotografie ad alta definizione raffiguranti i dettagli delle opere artistiche qui custodite. Affamati, ci dirigiamo per un veloce pasto verso i ristorantini situati nei pressi dei vicini giardini Mehmet Akif Ersoy ParkI, per poi raggiungere Yerebatan Caddesi, dove si trova la Cisterna Basilica, ovvero la più grande cisterna sotterranea di Istanbul fatta costruire da Giustiniano I e scoperta nel XIX secolo, le cui dimensioni sono di 140 metri per 70. Costituita da dodici file di ventotto colonne alte ciascuna nove metri, è possibile ammirarne l’interno percorrendo delle passerelle erette su una pavimentazione coperta da circa trenta centimetri d’acqua in cui nuotano carpe di medie dimensioni. Nel periodo in cui Istanbul fu capitale dell’Impero Romano d’Oriente, la cisterna veniva alimentata dall’acqua proveniente da un acquedotto distante diciannove kilometri e che veniva qui immagazzinata, prima di essere immessa nella rete pubblica della città. Usciamo e passeggiamo lungo Alemdar Caddesi fino all’inizio della salita che porta al Museo Archeologico. In questa via acquistiamo un po’ di lire turche in uno dei numerosi uffici di cambio presenti (Euro 1,00 = TL 2,20), dato che in Italia non è possibile reperire tale valuta in quanto non negoziabile. Se volete cambiare denaro in aeroporto, fatelo per il minimo indispensabile, in quanto nelle aerostazioni vengono applicati tassi di cambio più sfavorevoli. Qui ad Istanbul, così come in altre zone turistiche della Turchia, sono presenti diverso sportelli bancomat, sia al di fuori delle banche che sparsi per la città in punti a maggiore visibilità. Noi non ne abbiamo mai usufruito ma, nel caso decidiate di farlo, prelevate ai bancomat annessi fisicamente alle banche, così da poter chiedere direttamente aiuto al personale di quest’ultima nel caso non venga restituita la carta, al contrario degli altri dove per la restituzione si dovrà attendere più giorni. Rimaniamo nella medesima via a mangiare in un carino self service e, prima di tornare in hotel, ci perdiamo nel mercatino situato nella piazza dell’Ippodromo. Giunti ormai all’ora di cena, rimaniamo sorpresi nel vedere il gran numero di persone, di entrambi i sessi e di tutte le età, che in questo momento della giornata si riversano per il quartiere, in particolare sui vasti prati, allestendo delle improvvisate aree ristoro con tanto di coperta, bollitore del tè e cibo in vaschette, da consumare dopo aver atteso la fine del tramonto e quindi del Ramadam giornaliero (qui chiamato Ramazan) che terminerà definitivamente il 18 agosto 2012.
SABATO 11/08/12
Ci dirigiamo subito verso il Topkapi, ovvero il palazzo del sultano, per la cui visita bisogna mettere in preventivo almeno tre ore, considerate le numerose stanze che lo compongono, qualche edificio esterno come l’Harem e i vari giardini interni. Diciamo che questo potrebbe essere il luogo giusto in cui respirare atmosfere da Mille e Una Notte. Se poi si vuole godere di una splendida vista sul Bosforo, non c’è niente di meglio che passare attraverso le terrazze retrostanti, da dove la vista spazia anche sull’antico quartiere genovese di Galata.
Consumiamo un pranzo veloce nel piccolo ristorantino situato all’interno del “Secondo Cortile” del palazzo (per intenderci quello retrostante la Porta del Saluto) attorniati da gattini in attesa di essere sfamati (Istanbul, così come tutta la Turchia, è piena di gatti “randagi”, ed è tutt’altro che raro vederne di piccolini giocare tra loro) e percorriamo la vicina stradina in discesa che in cinque minuti ci porta al museo archeologico, costituito da tre edifici separati: il primo più piccolo contenente, tra gli altri, reperti Egiziani e Ittiti, il secondo, immenso e su più piani, spazia dagli Assiri, ai Greci, fino agli Ottomani e poi il terzo, vuoto e ricoperto internamente esclusivamente di maioliche, che, a detta della nostra Lonely Planet, è l’edificio più antico di Istanbul. Dopo circa due ore di visita ci incamminiamo verso il Gran Bazaar, nel cui tragitto sostiamo in un negozietto di dolci prelibatezze turche appena preparate, dove ce ne facciamo riempire una scatoletta. Arriviamo così al Gran Bazaar, venendo inondati all’ingresso da un’orda di persone che, per fortuna, vanno scemando dopo un centinaio di metri. Oltrepassata l’entrata ci si trova di fronte una via centrale, i cui lati sono disseminati da negozi di souvenir e molte gioiellerie, da cui partono diramazioni ad essa perpendicolari e da cui a loro volta partono altre viuzze. In queste ultime sono presenti anche molti negozi di artigianato, tessili e piccoli chioschi molto carini in cui sedersi per mangiare o sorseggiare qualcosa. Qui al Bazaar abbiamo avuto la nostra prima esperienza di contrattazione riguardo ad uno specchio e ad un ciondolo, entrambi d’argento. Usciamo dall’uscita posteriore per respirare un po’ d’aria e ci ritroviamo in un quartiere decisamente meno turistico e più povero dove per la prima volta riscontriamo la relativa miseria da cui questo paese non è stato risparmiato, anche se è attualmente tra quelli in maggiore crescita economica. Proseguiamo lungo la stradina che scende verso il porto ritrovandoci improvvisamente in vie affollatissime dove venditori espongono abiti sulle proprie bancarelle e in cui a forza bisogna farsi largo tra la folla. Stupiti e divertiti raggiungiamo il vicino Bazaar delle Spezie o Bazaar Egiziano, più piccolo e meno affollato di quello visto in precedenza ma decisamente più attraente. Saranno i profumi e i colori delle innumerevoli spezie a renderlo speciale, le esposizioni di frutta secca e di erbe corrispondenti a i vari tipi di tè (che qui è un rito), oppure le degustazioni di dolci da parte dei commercianti, questo non lo sappiamo, fatto sta che indiscutibilmente ci ha maggiormente appagato. Usciamo e ci ritroviamo presso l’enorme piazza su cui si affaccia l’altrettanto bella Yenii Camii, ovvero la Moschea Nuova (ha pur sempre quattrocento anni), che entriamo a visitare non prima di aver degustato sugli scalini d’ingresso della stessa una pannocchia bollita acquistata da uno dei numerosi carretti presenti in città. Attraversiamo quindi Ragip Gumuşpala Caddesi all’altezza del Ponte di Galata, il quale unisce Sultahnamet all’omonimo quartiere di Galata, e costeggiamo una parte di lungo mare, dove acquistiamo da un signore che vende un po’ di tutto, due schede telefoniche internazionali da TL 12,00 l’una, in quanto chiamare con il proprio cellulare costa oltre Euro 2,00/min. Purtroppo però, nel tentativo di usarle in un vicino telefono pubblico, non riusciamo in nessun modo ad inserire il codice su di esse riportato. Chiediamo quindi aiuto a un passante che parla solo turco e che tenta invano di rimediare al problema, che a sua volta è costretto a chiamarne un altro, che fortunatamente parla un filo di inglese, ma che, in grave difficoltà, ferma sia uno degli uomini in divisa da marinai intenti a proporre le crociere sul Bosforo che il signore che ci ha venduto le schede. Morale, dopo una serie di estenuanti tentativi durati più di mezzora, ci dicono tutti che probabilmente c’è un problema tecnico relativo al servizio e che quindi al momento non è possibile usufruirne. Che sia vero oppure no, abbiamo comunque avuto la prima conferma del grande altruismo del popolo turco, generosità che si è mostrata anche in successive occasioni. Stanchi, ci riportiamo ormai verso Sultanahmet alla ricerca di un posticino in cui cenare nei pressi del nostro albergo. Riusciamo così a trovarne uno il cui cameriere ci propone l’unico menù disponibile, ovvero il Menù Ramazan, ad un costo di TL 25,00 p.p.. Desiderosi di fare questa nuova esperienza, ci lasciamo convincere e ne usciamo alla fine decisamente soddisfatti, sia per la qualità del cibo che in merito alla quantità, entrambi superiori alle nostre aspettative.
DOMENICA 12/08/12
Apriamo la giornata iniziando a passeggiare tra le vie solitarie e per nulla turistiche della parte meridionale di Sultanahmet e che lentamente ci portano verso la Moschea Beyazit, situata sull’omonima piazza. Ammiriamo il cortile interno con la fontana centrale delle abluzioni e poi, tolte le scarpe come da prassi, entriamo e ci accomodiamo sul tappeto interno che ricopre l’intero pavimento, appena dietro le transenne in legno che delimitano la zona di preghiera riservata ai fedeli, per leggere le informazioni riportate sulla nostra Lonely Planet. Usciamo e fotografiamo l’imponente arco dell’università per poi giungere alla vicina e maestosa Moschea di Solimano. E’ davvero imponente e somiglia molto, almeno l’esterno, alla Moschea Blu. Ha un enorme e tranquillo giardino che la circonda su tre lati, mentre su quello retrostante c’è il relativo cimitero. Parte del lato meridionale è delimitato da una lunga e stretta vasca, sopra e a fianco della quale sono disposti rubinetti e sedute intervallati a distanza regolare, verso cui i fedeli confluiscono per le abluzioni. Saliti gli scalini che portano al cortile interno, quest’ultimo si presenta magnifico, tanto quanto l’interno della moschea le cui cupole sono adorne di decorazioni che trasformano la calligrafia araba in stupende opere d’arte. Ci portiamo poi verso il lungo viale Fevzi Paşa Caddesi, da cui si scorgono i resti del vecchio acquedotto la cui costruzione fu iniziata sotto Costantino, per addentrarci successivamente in un vicino quartiere apparentemente molto caratteristico ma, a nostro giudizio, somigliante ad una sorta di piccolo ghetto musulmano dove, con tutti gli occhi puntati addosso (la zona evidentemente è poco turistica) ne usciamo velocemente riportandoci su Fevzi Paşa Caddesi. Da qui proseguiamo a piedi verso ovest lungo il medesimo viale per altri tre kilometri fino a giungere al Museo dei Mosaici di Kariye o Chiesa di San Salvatore in Chora (che significa “Fuori le Mura”) risalente al XII secolo e che abbiamo trovato grazie all’aiuto di un signore a cui abbiamo chiesto informazioni e che ci ha accompagnato a piedi per un centinaio di metri quasi fino a destinazione (la zona si può tranquillamente raggiungere anche in tram o in taxi). Prima di arrivare al museo viviamo uno dei diversi episodi che dimostrano quanto la Turchia sia ancora un paese in cui la povertà è parecchio diffusa. Un bambino infatti ci affianca sul marciapiede e ci rincorre per diverse decine di metri nel disperato tentativo di venderci un solo pacchetto di fazzoletti, ripetendo costantemente le medesime incomprensibili (da parte nostra) parole, quasi simulando un pianto. Come lui, altri in città stanno seduti in un angolo o su alcuni scalini con a fianco una piccola bilancia con la speranza che qualche buon’anima si pesi e dia loro qualche moneta. Ci è spiaciuto molto vedere questa situazione in cui i bambini, costretti probabilmente dalle famiglie, vengono privati delle gioie della loro infanzia. Tornando al museo, questo è meno turistico rispetto ai siti presenti in Sultanahmet, ma non per questo deve essere messo in secondo piano, anzi, merita obbligatoriamente una visita in quanto, a detta anche di qualsiasi guida sulla città, contiene diversi meravigliosi affreschi e spettacolari mosaici risalenti al XIV secolo, raffiguranti scene della storia cristiana, alcuni meglio conservati e più ricchi di quelli di Aya Sophia. Usciamo e pranziamo nel ristorantino di fronte all’ingresso, consigliato anche dalla Lonely Planet e poi, a stomaco pieno, ci dirigiamo verso la vicina Fethiye Camii che in passato era stata prima una chiesa bizantina, poi convertita in Moschea dagli Ottomani e tutt’ora trasformata in un museo ospitante stupendi mosaici. In questo quartiere ci accorgiamo, dalla condizione di strade e case, di essere in una zona di Istanbul un po’ a sé stante, sfuggita al turismo di massa. Confesso che abbiamo avuto anche un po’ di inquietudine, forse a causa dei nostri stereotipi occidentali, soprattutto nel vedere facce poco raccomandabili e diverse donne, avvolte da burqa e vestaglia nera, i cui occhi erano l’unica parte visibile. Detto questo, preciso che non ci è successo assolutamente niente, ma consiglio ugualmente a chi passerà di qui, di prediligere le ore di luce. A questo punto prendiamo un economico taxi, il primo della vacanza, per sfruttare un passaggio fino alla piazza antistante la Yeni Camii. Non lo avessimo mai fatto, i tassisti turchi sono veloci, spericolati e sfrecciano per le vie della città incuranti dei pedoni. Nel breve tragitto, quest’ultimo, con il suo striminzito inglese, conferma le nostre impressioni sullo stile conservatore del quartiere in cui siamo appena stati, definendolo, a detta di molti abitanti di Istanbul, “Little Persia”. Scesi alquanto scossi attraversiamo la già conosciuta Ragip Gumuşpala Caddesi e percorriamo il piano inferiore del ponte di Galata che unisce il quartiere al di là del Corno d’Oro a Sultanahmet. Il ponte, lungo circa mezzo kilometro, è composto da due piani, quello superiore asfaltato su cui passano auto e mezzi pubblici (tram compresi) e delimitato su entrambi i lati da larghi marciapiedi, e quello inferiore, sul cui solo lato orientale sono presenti una serie di ristoranti disposti uno accanto all’altro e affacciati su un percorso pedonale aperto sul Bosforo, riparato solo dalla tettoia creata dal piano superiore. Qui veniamo continuamente invitati a sederci dai relativi camerieri per gustare il pesce alla griglia appena pescato, anche se non ci lasciamo trarre in inganno date le condizioni del mare sottostante, alquanto inquinato da sporcizia e scarichi di imbarcazioni. Dato il violento temporale che si prospetta dinnanzi a noi, decidiamo di sederci sui tavolini all’aperto di uno di questi, esclusivamente per sorseggiare, riparati dall’acqua ma non dal vento, un po’ di tiepido çay e metter giù così i primi schizzi degli episodi divertenti che ci sono accaduti dal nostro arrivo. A proposito di cose spiritose, quando percorrerete il piano inferiore del ponte, non meravigliatevi se dal lato del mare vedrete fili, ami, galleggianti o secchi che lentamente, come sospesi nell’aria, scendono verso il basso. Non state assistendo ad un gioco di prestigio, ma solamente scoprendo le raffinate tecniche di pesca in uso tra i numerosi pescatori che affollano il piano superiore. Temporale passato, proseguiamo lungo il ponte e, all’incirca nel suo punto centrale, notiamo un gruppo di delfini farsi largo tra i battelli con delle piccole acrobazie. Stupiti da questo avvistamento, nonostante questo sia un punto trafficato da molte imbarcazioni, riferiamo l’accaduto l’indomani mattina al nostro gentile albergatore, il Sig. Erhan, il quale ci dirà che la loro presenza è normale a seguito di un temporale, in quanto il mare agitato rende loro più agevole la ricerca di cibo. Da questo punto in avanti, proseguendo in direzione Galata, il ponte diventa percorribile solo per la sua parte superiore. Raggiungiamo così il vecchio quartiere genovese, ma ci limitiamo a passeggiare tra i diversi ristoranti che si affacciano sui vari moli da cui partono i battelli pubblici che fanno la spola con la parte asiatica della città. Facciamo quindi un giro in un minimarket locale, prima di ripercorrere a ritroso il ponte di Galata e ritornare così sulla sponda settentrionale del Corno d’Oro. Su questa parte di lungomare si susseguono improvvisati marinai che cercano di vendere i biglietti per la crociera sul Bosforo ma dai quali ci facciamo consegnare solo i depliant che le pubblicizzano, con la scusa che ne approfitteremo il giorno successivo. Tra questi incontriamo un signore molto simpatico e che evidentemente è abile nella vendita, la cui compagnia sarà quella da noi prescelta l’indomani. Percorriamo quindi un sovrappasso pedonale su Ragip Gumuşpala Caddesi e ci addentriamo per qualche via interna, a quest’ora quasi deserta, tra la Yeni Camii e Aya Sophia, oltrepassando l’imponente edificio delle Poste Centrali e una zona militare quasi off-limits che ci incute un po’ di timore. Giunti nella piazza di Aya Sophia mangiamo un’altra pannocchia bollita e percorriamo il dedalo di vie laterali, piene di stuzzicanti ristorantini. Giriamo tra i mercatini in legno dell’Ippodromo stracolmi di persone e acquistiamo del cibo nel minimarket dietro l’albergo. Infilato tutto nello zaino, senza farci troppo notare, saliamo in camera e consumiamo la nostra cena con l’aggiunta di alcuni dolcetti comprati ieri sulla strada che porta al Gran Bazaar.
LUNEDì 13/08/12
La prima visita odierna è riservata alla Moschea Blu, che visitiamo meglio e più lentamente rispetto a venerdì. Ci portiamo quindi alla vicina fermata del tram di superficie di Sultanhamet, dove acquistiamo i caratteristici gettoni rossi alle apposite macchinette presenti all’ingresso e che, infilati negli appositi tornelli, consentono l’accesso alla banchina. E’ interessante come ci siano barriere vetrate, interrotte solo da tornelli, che non consentono di salire sul convoglio se non camminando in mezzo alla strada rischiando di farsi investire da qualche tram. Una volta a bordo oltrepassiamo il ponte di Galata e raggiungiamo la fermata di Kabataş, da cui scendiamo e acquistiamo altri gettoni per la funicolare che in quasi dieci minuti ci porta in centro a Piazza Taksim, nel quartiere più moderno di Beyoglu. A bordo facciamo conoscenza con un gentile signore italiano che, trasferitosi qui momentaneamente per lavoro, ci fornisce qualche dritta relativamente alla strada da percorrere e alla sicurezza personale. Usciamo dalla stazione sotterranea e scattiamo subito qualche foto al monumento alla Repubblica (opera di alcuni italiani), prima di imboccare il lungo – e colmo di negozi alla moda – viale pedonale di Istiklal Caddesi (è attraversato solo da uno storico tram e da alcune auto di servizio) che conduce al quartiere di Galata, situato più a sud. Camminiamo con tutta calma facendo dentro e fuori tra i negozi di abbigliamento e sostando successivamente in una libreria in cui acquistiamo il frasario Inglese – Turco edito dalla Lonely Planet.
Interrompiamo la mattinata con un pausa da Starbucks, ai cui tavolini all’aperto degustiamo del Caffè Turco e una crema al caffè, necessari per riprendere il nostro cammino fin davanti la Torre di Galata, non senza però aver visitato la Chiesa Cattolica di Sant’Antonio, a cui si accede tramite una cancellata, dietro la quale si trova un cortile interno dove si erge una statua in bronzo di Papa Roncalli. Giunti alla torre, facciamo qualche minuto di coda sugli scalini che delimitano l’ingresso quindi, dopo aver acquistato i biglietti (TL 20,00 p.p.), saliamo sul moderno ascensore situato all’interno e che in un battibaleno ci porta fino in cima, dal cui percorso circolare si gode un’eccezionale vista a 360°, a tratti vertiginosa, su Istanbul e il Bosforo. Per chiunque desideri mangiare qualcosa, c’è anche un ristorante panoramico, i cui prezzi però sono decisamente alti. Dopo aver scattato decine di foto, scendiamo e pranziamo con un succulento Kebap preparato al momento in un carino chiosco situato a due passi. Girovaghiamo tra i caratteristici stretti budelli a forte pendenza che costituiscono il quartiere e che successivamente si congiungono in Yüksek Kaldirim Caddesi (colma di negozi che commerciano quasi solo impianti stereo per auto), fino a raggiungere il lungo mare di Beyoglu, attraversando un sottopasso che assomiglia più a una sorta di piccolo centro commerciale in cui vengono venduti esclusivamente accessori per la casa o di uso quotidiano. Percorriamo quindi il Ponte di Galata e ci portiamo ancora una volta sul lungo mare di Sultanahmet per acquistare due biglietti per la Crociera sul Bosforo (TL 15,00 a testa – durata due ore, anche se sui depliant viene riportata un’ora mezza al pomeriggio e due al mattino). Più o meno dal punto sul lungo mare in cui si trova il nostro marinaio sostano alcuni minibus da nove posti appartenenti alla compagnia di navigazione, su cui saliamo dopo aver consegnato i soldi al personale. Dopo cinque minuti partiamo oltrepassando la Yeni Camii, fino a raggiungere il vicino porticciolo e punto di attracco delle barche che effettuano la crociera sul Bosforo. Alle ore 15:30 salpiamo con il vento tra i capelli, subendo però le influenze delle forti correnti che attraversano il primo tratto di stretto e che costringono la nostra imbarcazione a inclinazioni laterali non indifferenti. Iniziamo a costeggiare la sponda europea oltrepassando prima il palazzo Dolmabahçe, la Moschea di Mecidiye, fino a giungere nei pressi delle vecchie mura, oltre le quali si scorge il ponte Fatih Sultan Mehmet in tutta la sua maestosità. Da qui invertiamo la rotta di 180° e torniamo indietro costeggiando, questa volta, la sponda asiatica. Prima di rientrare oltrepassiamo l’isolotto su cui si erge l’antica Torre di Leandro, giusto in tempo per goderci dal mare lo skyline di Istanbul avvolto dal coinvolgente canto proveniente dai Muezzin delle varie moschee della città, il cui eco dovuto al non perfetto sincronismo tra una e l’altra rende l’atmosfera di un misticismo indescrivibile.
Ora voglio raccontare ciò che ci è successo una volta a bordo:
Durante la prima parte della crociera, a seguito di una semplice richiesta di scattare una fotografia, facciamo conoscenza con due persone molto gradevoli, padre di circa sessant’anni e figlia con meno di trenta, provenienti dall’Arabia Saudita. Iniziamo a chiacchierare piacevolmente del più e del meno finché non ci offrono prima un çay a testa, seguito da un altro a distanza di un’ora nonostante volessimo noi contraccambiare il favore, e infine, sulla vita del ritorno, da un invito a cena per la sera stessa. Tribolati tra curiosità, imbarazzo e timore, acconsentiamo con l’unica eccezione di scegliere un locale vicino al nostro albergo, dato che il giorno seguente dovremo alzarci presto per prendere il volo diretto ad Ankara. Ovviamente non si discute su chi dovrà effettuare il pagamento dato che siamo loro ospiti e, in quanto tali, “dovremo” godere del privilegio di non sborsare un euro. A nulla però valgono le nostre ripetute richieste di voler ricambiare, tanto che ci viene offerto anche il passaggio in taxi dal porticciolo al ristorante. Giungiamo quindi allo splendido ristorantino con tavoli e divanetti all’aperto completamente in stile ottomano e a pochi passi dalla Moschea Blu. Mangiamo a volontà, seppur poco rispetto alla mole di cibo che ci viene offerto, instaurando tra un boccone e l’altro conversazioni relativamente alle loro tradizioni, spaziando da argomenti di cultura generale a quelli di aspetto religioso. Prima di salutarci ci scambiamo alcune dediche in inglese, italiano e arabo e ci facciamo scattare dal cameriere qualche foto insieme, con la promessa di scambiarcele via mail una volta rientrati a casa. Inutile dire che prima di lasciarci abbiamo compiuto un estremo disperato tentativo, non andato a buon fine, di offrire la cena. Prima di rientrare in albergo facciamo un’ultima sosta presso la Moschea Blu, dove, seduti sugli scalini del cortile interno assistiamo, con la fortuna dalla nostra parte, all’ultimo canto giornaliero del Muezzin, reso ancor più magico dall’accensione delle luci che, disposte ad anelli distanziati a distanza regolare, avvolgono i minareti al calar del crepuscolo. Insomma, non potevamo ricevere dalla città saluto migliore se non questo. Siamo perciò pronti a preparare i nostri zaini e lasciare Istanbul, per andare alla scoperta degli angoli più remoti e affascinanti dell’Anatolia Centrale. Il viaggio continua..
MARTEDì 14/08/12
Tramite il confortevole transfer prenotato prima di partire con l’agenzia Efendi Travel (www.efenditravel.com – Euro 20,00 in due), in circa mezzora raggiungiamo il terminal dei voli nazionali dell’Aeroporto Istanbul Ataturk, dalla cui pista decolliamo alla volta di Ankara alle 10:00 a bordo di un altro Boeing 737-800 della Turkish Airlines (Euro 45,00 p.p. tutto compreso) sul quale ci viene anche offerto un cestino da merenda tipo pic nic. Sorvoliamo il Bosforo all’altezza dell’imbocco del Mar Nero e in un attimo siamo già in Asia. Il colore delle montagne cambia e i verdi boschi lasciano spazio a terre aride, color ocra, che sono la nostra porta d’ingresso verso il Medio Oriente. Dopo tre quarti d’ora di volo atterriamo all’aeroporto Esenboga della capitale turca, non senza un po’ di oscillazioni nelle ultime fasi di discesa. In questo aeroporto c’è una lunga vasca artificiale, che sfocia in una cascata verticale, proprio a fianco dei nastri per il ritiro bagagli.
Ritiriamo gli zaini e saliamo sul bus della linea Havas che in mezzora ci lascia al piccolo terminal cittadino nei pressi della stazione ferroviaria (per chi volesse prendere un successivo bus per altre destinazioni, ad esempio la Cappadocia, deve proseguire con lo stesso mezzo della linea Havaş fino all’otogar principale della città, situato qualche kilometro più avanti), dove, con non poche difficoltà linguistiche, prendiamo un taxi che in modo spericolato ci porta al nostro hotel, l’Angora House (Euro 60,00 la camera, una notte con colazione), situato proprio in cima alla vecchia cittadella. Lasciamo i bagagli e come prima tappa andiamo al vicino Museo delle Civiltà Anatoliche dove usufruiamo del biglietto elettronico acquistato e stampato da casa al costo di TL 5,00 a testa. Pranziamo prima nel chiosco all’aperto situato all’interno del complesso museale, per poi perderci tra i fantastici reperti archeologici Ittiti, alcuni provenienti direttamente dall’antica città di Hattusa, i cui resti distano circa 150 km da qui. Il piano sottostante è chiuso per restauri, ma sembra che vi siano contenuti solo reperti del secolo scorso. Usciamo e prendiamo un taxi diretto verso l’affollato terminal degli autobus di cui ho accennato prima, dove acquistiamo già i biglietti del giorno successivo per Göreme, al costo di Euro 17,00 p.p.(Suha Turizm – www.suhaturizm.com – i biglietti non si possono acquistare online, a meno che non possediate una carta d’identità turca). Felici per aver trovato i nostri posti a sedere nell’orario prescelto, ci dirigiamo verso la sottostante stazione della metropolitana, dove saliamo sul primo convoglio diretto alla fermata Beşevler, da cui scendiamo per proseguire un kilometro a piedi verso l’Anitkabir, ovvero l’enorme Mausoleo fatto erigere a seguito della morte del primo premier turco, Kemal Ataturk. L’ingresso è gratuito ma gli zaini devono essere consegnati alla polizia, la quale rilascia una targhetta di riconoscimento indispensabile per il successivo ritiro. Si passa sotto un metal detector, dopodiché si attende la navetta sul marciapiede antistante la strada che sale la verde collina su cui si trova il monumento (il complesso è tutta zona militare). Il tragitto con la navetta dura un paio di minuti e, a saperlo, ci saremmo andati a piedi. Visitiamo le varie sale con alcuni reperti storici riguardanti il primo presidente turco, la sua tomba e l’enorme sala con la ricostruzione di alcune scene della guerra d’indipendenza turca. A prescindere da ciò che si pensa in merito all’operato di Ataturk, una visita qui è d’obbligo, dal punto di vista culturale ma anche per ciò che lo stesso tuttora rappresenta per il popolo e la storia turchi. Prima di scendere, ammiriamo dall’alto della collina il panorama della città. Questa volta raggiungiamo l’ingresso a piedi e dopo aver ritirato gli zaini, saliamo su un taxi che ci riporta alla stupenda cittadella in stile ottomano e che visitiamo piacevolmente percorrendone ogni via e visitandone gli innumerevoli negozi di artigianato e d’antiquariato. Visitiamo anche un mercato ortofrutticolo locale, dove alcune donne ci guardano insospettite, in quanto siamo gli unici turisti presenti. Acquistiamo per circa Euro 2,00 un enorme sacchetto di anacardi e, fattasi quasi sera, torniamo in hotel per una bella doccia, prima di cenare all’Angora Restaurant, situato proprio a fianco dell’hotel e consigliato, ovviamente, dal nostro albergatore. Atmosfera, cibo e cordialità davvero eccellenti.
MERCOLEDì 15/08/12
Facciamo una fugace colazione e alle 08:45 saliamo sul taxi che ci aspetta già fuori dall’hotel e che il nostro albergatore ci ha gentilmente chiamato prima di mettersi ai fornelli. Raggiungiamo così l’Otogar principale, da cui partiamo alle 09:30 in direzione Göreme. Trascorriamo le prime tre ore di viaggio ad ammirare paesaggi incantati, prima di effettuare una sosta in un ampio parcheggio con tanto di Autogrill locale, proprio di fronte al Tuz Gölu, ovvero l’enorme e bianco lago salato dai riflessi accecanti. Abbagliati da questa meraviglia e dopo aver deciso che la toilette può aspettare, tutti in gruppo attraversiamo a piedi l’autostrada quasi per nulla trafficata e andiamo a toccare con mano la sua superficie (in questa zona non esistono guardrail che separano una carreggiata dall’altra, perciò bus e camion effettuano tranquillamente inversioni a U).
Sul bus, dotato anche di cuffie e schermi con i quali si può ascoltare musica, giocare o guardare un film, ci vengono offerti anche un piccolo snack e due portate di tè caldo o bevande e bibite a scelta. Dopo quasi due ore arriviamo a Göreme, percorrendo gli ultimi kilometri su una strada che si snoda tra i famosi camini delle fate. Giunti alla piccola autostazione acquistiamo subito i biglietti del bus diretti a Konya, sempre con la Suha Turizm (Euro 13,00 p.p.) ed entriamo successivamente all’ufficio del turismo situato di fronte alle biglietterie per ottenere le indicazioni stradali verso il nostro hotel. Il personale è talmente cortese da interfacciarsi telefonicamente con il personale alberghiero, tanto che viene inviata una persona a prenderci in auto, così da varcare la porta d’ingresso della reception dopo cinque minuti. Eccoci quindi al Nostalji Cave Suite Hotel (Euro 270,00 la camera, tre notti con colazione), le cui camere sono state interamente ricavate dal tufo dei camini delle fate in cui si trovano. In merito al tipo di struttura e location, riteniamo che si sia guadagnato il titolo di miglior albergo in cui siamo mai entrati in vita mia, senza dimenticare poi la magnifica vista che da qui si può godere verso la valle di Göreme. Lasciamo quindi i bagagli e usciamo immediatamente percorrendo a piedi i due kilometri di strada asfaltata (con marciapiede) che ci separano dal Göreme Open Air Museum, godendo di paesaggi a dir poco mozzafiato. Presentiamo il nostro biglietto elettronico acquistato da casa (TL 15,00 – http://www.muze.gov.tr/goreme-en) e iniziamo la visita con la nostra audio guida. Ci perdiamo per due ore tra gli innumerevoli camini delle fate e i resti di antiche chiese risalenti tra il X e il XIII secolo che sono state ricavate al loro interno, senza tralasciare gli splendidi affreschi che ne adornano le pareti. Dopo un tè fresco sorseggiato nel chiosco/souvenir shop, oltrepassiamo i tornelli di uscita e, usufruendo dello stesso biglietto, visitiamo la vicina chiesa di Tokali, anch’essa ricavata dal tufo e i cui lavori di restauro sono sovraintesi dall’Università Italiana della Tuscia di Viterbo. Torniamo quindi verso Göreme, percorrendo prima un tratto della Valle di Zelve dove visitiamo la chiesa di El Nazar e ammiriamo il sole in fase calante stando “comodamente” seduti in cima ad una collina rocciosa, prima di fare un’ultima sosta in un piccolo minimarket all’ingresso del paese, dove acquistiamo del cibo che consumiamo successivamente in hotel.
Ormai a stomaco pieno ci rivestiamo e alle 20:30 ci appostiamo all’ingresso dell’hotel dove è pronto ad attenderci il nostro pullmino privato che ci porta al Caravanserraglio di Sarihan per assistere alla cerimonia Sufi dei Dervishi Rotanti (agenzia Heritage Travel – http://www.goreme.com/turkish-heritage-travel.php – Euro 25,00 che pagheremo l’indomani seguente al termine del secondo tour organizzato). Inutile dire che abbiamo trascorso un’ora emozionante assistendo ad una cerimonia ricca di fascino a cui si è aggiunta al termine della stessa una degustazione di tè nero turco alla cannella, che a sorpresa ci è stato offerto in bicchieri di vetro disposti lungo il bordo della rotonda fontana situata in centro al cortile del caravanserraglio.
GIOVEDì 16/08/12
Ci portiamo sulla strada antistante l’ingresso del nostro hotel dove, alle 09:00, ci passa a prendere sempre il pullmino della Heritage Travel con il quale iniziamo il nostro primo tour guidato. La prima tappa è il vicino Göreme Vista Point, un’altura da cui si gode una vista spettacolare verso la serie di valli sormontate da migliaia di camini delle fate, la cui formazione, risalente a milioni di anni fa, è dovuta al deposito di strati di polveri, tufo prima e basalto poi, accumulati a seguito delle eruzioni causate dai numerosi vulcani presenti qui anticamente (oggi ne rimane qualcuno ormai spento) e che, a seguito dell’acqua piovana infiltratasi tra gli strati solidificati, ha creato delle spaccature divenute lentamente più ampie da creare questi coni di tufo (materiale di colore chiaro e dalla più facile erosione) sulla cui sommità è presente una sorta di protuberanza di basalto (strato di colore grigio e più resistente), anch’essa di forma conica o sferica. Dato che l’erosione è in continuo avanzamento a causa dei naturali fenomeni atmosferici, alcuni camini delle fate sono sprovvisti dello strato di basalto all’estremità superiore in quanto, quest’ultimo, si è staccato a seguito dell’eccessivo assottigliamento della parte sommitale del cono di tufo su cui è appoggiato. La medesima sorte, purtroppo, toccherà tra migliaia di anni anche a quelli fin’ora meglio conservati. Riprendiamo quindi il tragitto in direzione Ilhara Valley, dove ci addentriamo in questo magnifico canyon che percorriamo a piedi per sette kilometri tra rocce sospese, piccionaie e antiche chiese scavate nella roccia, affrescate con dipinti risalenti al periodo iconoclasta (figure umane il cui volto non veniva rappresentato). Dopo circa quattro kilometri ci fermiamo a sorseggiare un po’ di tè turco in un chiosco immerso nel verde, le cui poltrone e tavolini si trovano su palafitte in legno costruite sul torrente che divide in due la valle e i cui pavimenti sono interamente ricoperti di tappeti persiani. Riprendiamo poi la nostra escursione fino ad arrivare, intorno alle 14:00, all’ingresso del villaggio di Belişirma, dove sostiamo per il pranzo in un tipico ristorantino al lato del medesimo torrente (il pranzo, bevande escluse, è compreso nel costo del tour). Ripartiamo ora verso nord alla volta del Monastero di Selime, che è un complesso di abitazioni e chiese scavate nella roccia e disposte su più livelli, circondati da coni e archi spettacolari. Bisogna però prestare attenzione a dove si mettono i piedi, in quanto si possono trovare alcune buche non coperte sul fondo di alcune stanze disposte ai piani superiori, separate da quelle inferiori da circa tre metri di vuoto. Alle 17:00 arriviamo a Göreme, sostando prima all’ufficio dell’agenzia per effettuare il pagamento relativo allo spettacolo dei Dervishi Rotanti, insieme alle quote di entrambi i tour (compreso quello del giorno seguente). Prenotando da casa e pagando in loco con Euro in contanti, avremmo dovuto spendere Euro 230,00 in due anziché 250,00, ma, senza conoscerne la motivazione, all’atto del pagamento abbiamo usufruito di un ulteriore sconto di Euro 30,00, andando così alla fine a saldare un importo di Euro 200,00 in due. Proseguiamo a piedi verso il centro per fare un po’ di acquisti nei meravigliosi negozi di artigianato, prima di tornare in hotel per una doccia e per prepararci alla cena sulla relativa terrazza. Ormai è buio ma da quest’ultima, illuminata, si respira davvero un’atmosfera surreale. L’unica pecca, se proprio la vogliamo trovare, è l’escursione termica tra il giorno e la notte e che provoca, considerando anche un’altitudine di oltre mille metri sul livello del mare, un notevole calo termico che può non rendere sufficiente indossare solo un maglioncino. In tal caso non preoccupatevi, i camerieri vi verranno incontro con delle calde coperte in cui potrete avvolgervi. La cena è stata ottima e abbiamo avuto l’opportunità di provare il Guveç, ovvero kebab di pollo o agnello cotto in due involucri di terracotta aperti su un lato e verso quest’ultimo fusi insieme uno sopra l’altro a formarne uno chiuso, che successivamente deve essere rotto in centro dall’ospite con un martelletto. Pratica un po’ turistica ma piacevole (costo della cena: Euro 25,00 a testa; non poco in Turchia, ma per una sera si può fare).
VENERDì 17/08/12
Ci alziamo alle 06:00 spaccate per ammirare il magnifico spettacolo offerto dalle decine di mongolfiere colorate che, librandosi in volo quasi tutte contemporaneamente, creano una splendida coreografica nel cielo sopra le nostre teste, accompagnate dall’orchestrale sibilo dei bruciatori azionati ad intervalli regolari. Abbiamo evitato il tour a bordo di queste ultime perché con la nostra agenzia sarebbe costato Euro 150,00 p.p. (con altre agenzie poco più o poco meno), decisamente troppi se pensiamo che, con Euro 50,00 in più, abbiamo assistito allo spettacolo dei Dervishi Rotanti e partecipato a due meravigliosi tour giornalieri di cui non ci siamo minimamente pentiti. Garantiamo inoltre che vedere tutte queste mongolfiere con il naso all’insù è stato decisamente emozionante, per non contare il fatto che il giorno seguente, dal Göreme Sunset Point, abbiamo potuto godere di un tramonto mozzafiato su una vista “aerea” altrettanto emozionante che spazia a kilometri di distanza.
Come il giorno precedente, alle 09:00 arriva il nostro pullmino che ci porta all’imbocco della Rose Valley, che percorriamo con un trekking di sette kilometri attraverso spettacolari canyon erosi dall’acqua, piccionaie scolpite nelle pallide rocce e aguzzi camini delle fate. Dopo il primo kilometro acquistiamo della buonissima frutta secca chiusa in contenitori di plastica in una piccola bancarella gestita da due anziani coniugi. Proseguiamo ancora fino ad effettuare la prima pausa çai in un caratteristico chiosco immerso nel canyon, per poi riprendere e percorrere gli altri cinque kilometri su una sorta di altopiano, fino ai ruderi alternati ad edifici abitati dell’antico paesino greco di Çavusin. Da qui, dopo una rinfrescante spremuta di melograno, ripartiamo con il pullmino alla volta di Paşabag, dove i Camini delle Fate conservano ancora sulla cima lo strato sferico più scuro di basalto, distino nettamente dal restante cono di tufo color caffèlatte. Torniamo a Göreme per il pranzo, consumato in una tipica trattoria dove, ancora una volta, mangiamo dell’ottimo cibo turco, prima di metterci in viaggio nuovamente alla volta della antica città sotterranea di Kaymakli, scolpita nel tufo dai Cristiani allo scopo di nascondersi dalle persecuzioni bizantine durante la dominazione di questi ultimi. Qui, grazie alla nostra guida che conosce alla perfezione ogni angolo, visitiamo le labirintiche stanze scendendo i primi quattro piani, gli unici visitabili su otto. Ovviamente questo sito è fortemente sconsigliato a chiunque soffra di claustrofobia o presenti patologie cardiache.
Una volta all’aria aperta, torniamo verso Göreme compiendo una piccola sosta ai piedi del castello roccioso di Uchisar (è sconsigliato salire perché è pieno di precipizi e un fotografo qualche anno fa è morto sporgendosi troppo), prima di tornare in albergo per una doccia fresca e uscire nuovamente verso il vicino Göreme Sunset Point, dalla cui piatta e vasta cima rocciosa alternata a tratti di sporadica vegetazione, aspettiamo il tramonto godendo di un panorama incantevole, dove le rocce che avvolgono i rilievi circostanti si tingono di arancione e le case accendono le prime luci. Davvero emozionante, considerato che a far parte della coreografica si è aggiunto anche l’eco prodotto dal canto del Muezzin proveniente dalle diverse moschee situate a valle.
Ci concediamo nuovamente la nostra magnifica cena sulla terrazza dell’albergo, ordinando questa volta del cibo meno elaborato e più economico, ma ugualmente gustoso.
Un altro surplus dell’aver usufruito di questi tour organizzati, sono state le innumerevoli occasioni che abbiamo avuto di conoscere persone di nazionalità e continenti differenti, e con le quali tutt’ora ci teniamo in contatto.
SABATO 18/08/12
Ultimo giorno di Ramazan. Dopo colazione raggiungiamo zaino in spalla l’otogar del paese (nonostante il personale dell’hotel avesse voluto accompagnarci in auto) e alle 09:30 saliamo nostalgici sul bus che dopo circa tre ore di viaggio ci lascia nell’ampio piazzale dell’otogar di Konya, la città più islamica della Turchia. A parte qualche occhio indiscreto, non abbiamo avuto alcun problema, anzi, contrariamente alle nostre aspettative, abbiamo notato anche qui i contrasti inerenti all’abbigliamento femminile già notati a Istanbul. Prima di lasciare l’autostazione acquistiamo i biglietti del bus per Antalya con la compagnia Metro Turizm, al costo di Euro 20,00 a testa, per poi salire sull’unico tram che dalla fermata situata ad un centinaio di metri sulla sinistra dell’uscita, porta direttamente in piazza Alaaddin Tepesi. Dopo mezzora scendiamo poco prima del capolinea, alla fermata di Beyhekim, dove conosciamo un ragazzo gentilissimo (appena arrivato da Istanbul per celebrare con la famiglia i tre giorni di festa seguenti la fine del Ramazan) che ci mostra la strada per arrivare al nostro hotel, raggiunto a piedi dopo una ventina di minuti percorrendo i marciapiedi pieni di bancarelle e di persone di Mevlana Caddesi (Dervish Hotel – Euro 70,00 la camera, una notte con colazione a buffet). Espletate le formalità di check-in, dopo aver rigorosamente tolto le scarpe e indossato un paio di pantofole offerte in dotazione, infiliamo nuovamente le nostre calzature e procediamo alla volta del Mausoleo di Mevlana, meta di pellegrinaggio per tutti i Musulmani, e che custodisce, tra le altre cose, le spoglie di colui che ha fondato l’ordine dei Mevlevi o Dervishi Rotanti, ovvero Mevlana Celaddiin-I Rumi, e uno scrigno al cui interno sono custoditi alcuni peli della barba del Profeta Maometto. Visitiamo anche il chiostro che su tre lati ospita diverse stanze contenenti antichi manufatti e le ricostruzioni a grandezza naturale di alcune scene della vita del mistico Mevlana. Ci rinfreschiamo poi con un bel gelato e varchiamo l’ingresso dell’antistante antica Moschea di Selimyie, per poi procedere, dopo aver attraversato un affollato mercato all’aperto, il nostro cammino alla volta della Moschea di Alaeddin Keykubad, situata su una collinetta che si affaccia su Alaaddin Tepesi. E’ tardo pomeriggio e ripercorriamo nuovamente Mevlana Caddesi sostando in un supermercato per un pochino di spesa. Torniamo in hotel e dopo una doccia usciamo insieme ad una coppia di viaggiatori italiani incontrati alla reception, per recarci in un ristorante tipico prenotato dal nostro albergatore situato vicino al Mausoleo di Mevlana, il Konak Konya Muftagi (E uro 12,00 p.p.), in cui assaggiamo diverse specialità di Konya. Concludiamo la serata presso l’imponente e recente Mevlana Centre, dove assistiamo gratuitamente a circa un’ora e mezza di cerimonia Sufi, in cui si esibiscono una ventina di Dervishi Rotanti, tra cui qualche bambino. Quest’ultima cerimonia, più autentica e meno turistica della precedente a cui abbiamo assistito in Cappadocia, ci ha dato la possibilità di scorgere il reale stato di estasi mistica che queste persone raggiungono ruotando ininterrottamente su se stessi.
DOMENICA 19/08/12
Salutiamo i nostri nuovi amici e lasciamo l’albergo salendo a bordo del taxi che, dopo essere stato chiamato dal nostro albergatore, ci porta direttamente all’otogar, da cui saliamo sul bus che alle 09:00 lascia la città in direzione Antalya. La comodità del pullman è eccezionale, anche se le sei ore di viaggio, spezzate solo da una sosta di circa quaranta minuti in un’area di servizio circondata da un paesaggio alpino nei pressi del monte Davraz Tepe, sono state davvero pesanti e interminabili.
Giunti così all’otogar principale, prendiamo una taxi che ci porta al nostro hotel (Bilem Hotel – Euro 120,00 la camera, due notti con colazione a buffet), sito sulla costa, a quattro kilometri ad est rispetto al centro città. Ingannati dalle foto presenti sul web, questo hotel si è rivelato troppo pacchiano per i nostri gusti, sia in merito all’arredamento degli interni che al tipo di clientela, che sembrava rispecchiare la nuova classe turca benestante. Come se non bastasse, avvolti dall’incessante caldo decidiamo di usufruire dell’adiacente spiaggia sottostante gestita dalla struttura stessa, nascosta dalla roccia, il cui aspetto però non fa altro che peggiorare il nostro giudizio a cominciare dall’ascensore esterno che scende per una ventina di metri, fino a toccare la piattaforma in legno e metallo che ricopre l’intera caletta, dalle cui scale metalliche si entra direttamente in acqua, già profonda circa tre metri. La piattaforma è interamente coperta da lettini e ombrelloni, circondati da una marea di gente e in cui fatichiamo a trovare un posto per accomodarci. Complici il caldo e la stanchezza dovuta al lungo viaggio, dopo un’ora torniamo in albergo per una pennichella sotto gli influssi dell’aria condizionata. Insomma, anche se questa volta non cercavamo un tipico alloggio turco ma bensì qualcosa di più “marittimo”, tirando le somme siamo rimasti molto delusi, al contrario invece di pulizia, colazione a buffet e cortesia del personale che si sono rivelati all’altezza. Alla sera ceniamo in un moderno ma carino locale situato sulla via principale su cui si affaccia l’hotel, mangiando dell’ottimo ma troppo piccante cibo turco, a circa Euro 15,00 in due.
LUNEDì 20/08/12
Alle 09:00 saliamo a bordo del nostro pullmino per iniziare il tour guidato dei più famosi siti archeologici della zona (prenotato da casa – agenzia Backpackers Travel Agency – – Euro 150,00 per due persone, inclusa la Crociera delle 12 Isole che faremo a Fethiye). Prima tappa è l’antica città greco romana di Perge, situata circa trenta kilometri ad est di Antalya, della quale ammiriamo le antiche terme, qualche mosaico nascosto sotto i nostri piedi e le splendide colonne in pietra che ancora delimitano le antiche strade lastricate. Proseguiamo ancora verso est per altri cinquanta kilometri alla volta della città-museo a cielo aperto di Side, dove, scesi di fronte all’antico teatro, raggiungiamo a piedi le bianche colonne affacciate sul mare dell’Antico Tempio di Apollo. L’unica strada asfaltata che attraversa il paese è circondata su entrambi i lati da rovine, muri, colonne, portati alla luce dai continui lavori di scavo. Partiamo nuovamente dirigendoci verso ovest diretti all’antico teatro greco-romano di Aspendos, prima di raggiungere il quale sostiamo per il pranzo in un ristorantino sito sulle rive del fiume Kopru, dove ci viene offerto un buon pranzo a buffet incluso nel prezzo del tour, bevande escluse.
Da qui raggiungiamo quindi la vicina Aspendos, il cui maestoso teatro è quello romano meglio conservato al mondo, non solo dal punto di vista architettonico, ma anche e soprattutto da quello acustico; a dimostrazione di ciò infatti, ancora oggi si svolgono molti spettacoli lirici e teatrali. Dedichiamo così alla visita circa tre quarti d’ora, di cui i primi quindici minuti trascorsi ad ascoltare la nostra simpatica e bravissima guida, mentre il restante tempo a girare liberamente su e giù per gli spalti.
Ultima tappa del nostro tour in direzione Antalya è il sito naturale delle cascate di Kurşunlu, dove godiamo della frescura offerta dai getti d’acqua e dell’ombra garantita dal fitto bosco. Qui sono presenti anche alcuni chioschi immersi nel verde dove è possibile rinfrescarsi con qualche bevanda fresca. In queste escursioni organizzate facciamo amicizia con una coppia di Roma che risiede in un albergo di Kaleiçi, ovvero la parte storica di Antalya. Al termine del tour decidiamo quindi di farci lasciare davanti all’ingresso di Kaleici insieme a loro, che ci fanno conoscere le meraviglie di questo angolo incantato della città, dall’inconfondibile stile ottomano riscontrabile in monumenti e abitazioni, accompagnato dalle gustose prelibatezze gastronomiche. Prima di andare tutti insieme a cena, consumata in uno dei tanti attraenti ristorantini, decidiamo di recarci presso la vicina agenzia con cui abbiamo effettuato il tour odierno, per prenotarne un altro per il giorno successivo. Optiamo quindi per visitare le rovine di Myra e l’Isola di Kekova, già peraltro comprese nel nostro programma autonomo, così da sfruttare il bus privato per accorciare i tempi di viaggio ed essere inoltre facilitati nell’arrivare alla nostra successiva tappa, Kalkan, che altrimenti avremmo dovuto raggiungere interamente con l’ausilio di mezzi pubblici, comportando una notevole perdita di tempo che ci avrebbe impedito di sfruttare al meglio la giornata (costo escursione Euro 50,00 p.p. compresi pranzo e ingressi). Sazi e contenti della serata, ci salutiamo con un “Arrivederci a Roma” e saliamo sul bus gratuito che ci porta nei pressi del nostro hotel.
MARTEDì 21/08/12
Dopo una colazione frugale consumata in camera per il poco tempo a disposizione, alle 08:00 siamo già sul pullmino dell’agenzia il cui autista è puntualmente venuto a prenderci direttamente in hotel. Da qui veniamo trasbordati su un bus parcheggiato al vicino The Marmara Hotel, dove veniamo uniti ad una comitiva di famiglie italiane in vacanza qui e che partecipano al nostro stesso tour. Partiamo e facciamo un’altra piccola sosta nella periferia della città per far salire a bordo la nostra guida e altre due persone, prima di dirigerci verso il paesino di Kaleuçagiz, che raggiungiamo dopo circa due ore e mezza di viaggio. Qui ci imbarchiamo per l’Isola di Kekova, dove ammiriamo prima i numerosi sarcofagi Lici disposti sulla terraferma lungo la costa, per poi affiancarci all’isola stessa e scorgere sotto la superficie marina le rovine di un’antica città sommersa, le cui abitazioni poste ai livelli superiori sono state in parte risparmiate dal mare. In quest’area è severamente vietato fare immersioni. Prima di attraccare nuovamente a Kaleuçagiz, sostiamo con la nostra barca in un’incantevole insenatura ad una trentina di metri dalla costa, per un bagno rilassante circondati da acque calde e cristalline. Riprendiamo così il nostro viaggio alla volta di Demre, che raggiungiamo dopo circa un’ora di strada. Una volta arrivati, andiamo subito a pranzare in un ristorante self service nei pressi dell’antica Chiesa bizantina di San Nicola (anche questo compreso nel prezzo, ad esclusione delle bevande). Sotto un caldo opprimente, fortunatamente troviamo subito un po’ di refrigerio all’interno di essa, tutt’ora in fase di restauro e coperta da una sorta di tetto che ne tiene al riparo la struttura da condizioni meteorologhe avverse. L’interno è abbastanza spoglio, dato che la stessa è risultata attiva tra il V e il XII secolo d.C.. Qui fu sepolto San Nicola di Myra, l’attuale patrono della Chiesa Ortodossa Russa e conosciuto anche con lo pseudonimo di Santa Claus (fuori dalla chiesa è presente una statua in bronzo di Babbo Natale), le cui spoglie furono traslate nell’XI secolo nell’odierna chiesa di San Nicola di Bari. Al suo interno colpiscono alcuni affreschi e l’altare delimitato da sei colonne laterali, dietro al quale è presente un synthronon attraversato da una galleria semicircolare tranquillamente percorribile e aperta su entrambe le estremità. La navata sud invece ospita il sarcofago nel quale, si crede, erano custodite le spoglie del Santo. Qui ovviamente, è pieno di turisti russi e di negozi che non vendono altro se non articoli religiosi di tutti i generi e per tutti i gusti. Raggiungiamo quindi le vicine rovine dell’antica città di Myra, costituita da una serie di tombe Licie scolpite nelle pareti rocciose della retrostante montagna e affiancate dallo splendido anfiteatro circondato da antiche lastre di pietra su cui sono scolpite le maschere teatrali che riprendono quelle usate dagli attori allo scopo di far vedere agli spettatori più lontani le espressioni del loro volto.
Terminata la visita, in accordo con la nostra guida ci facciamo accompagnare con il bus all’otogar di Demre, dove, messi in spalla i nostri zaini, salutiamo il gruppo che si appresta a tornare ad Antalya e saliamo sul dolmuş per Kaş, dal cui otogar prendiamo successivamente un altro dolmuş diretto alla piccola autostazione di Kalkan. Una volta arrivati, data l’ora decidiamo di raggiungere il nostro hotel con una piccola, purtroppo però salatissima, corsa in taxi (Hekin Han Hotel – Euro 70,00 la camera, una notte con colazione). Questo hotel, al contrario di quello di Antalya, corrisponde esattamente al prototipo da noi desiderato; è stupendo, tranquillo e dai balconi delle relative camere si ha una vista magnifica verso la baia sottostante che al tramonto diventa davvero incantevole. Dopo una doccia rinfrescante, decidiamo di cenare sulla romantica terrazza all’aperto dell’albergo (cena eccellente anche se decisamente cara – Euro 20,00 a testa, limitandoci un po’).
MERCOLEDì 22/08/12
Dopo la colazione consumata sulla medesima terrazza della cena precedente, lasciamo l’hotel e ci dirigiamo, questa volta rigorosamente a piedi, verso l’otogar, patendo caldo e fatica dato il peso dei nostri zaini sempre più pieni di souvenir. Da qui prendiamo un dolmuş in direzione Kaş che dopo quindici minuti ci lascia presso la splendida spiaggia di Kaputaş, per intenderci quella sulla copertina della Lonely Planet. Scendiamo i numerosi scalini di cemento eretti sulla roccia e che portano al mare, quindi per TL 5,00 noleggiamo un ombrellone per ripararci dal tremendo caldo che sopportiamo solo grazie ai numerosi bagni. Pranziamo con i panini acquistati nel tragitto dall’hotel all’otogar e verso le 14:00 lasciamo questo meraviglioso paradiso per tornare nuovamente all’otogar di Kalkan, raggiunto usufruendo di un passaggio in auto gentilmente offertoci da una famiglia turca. Qui, dopo quasi un’ora di attesa, saliamo sul dolmuş che, dopo un’ora abbondante di tragitto, intorno alle 16:30 ci lascia all’otogar di Fethiye. Intanto che siamo qui acquistiamo i biglietti dell’autobus per Denizli, nostra prossima meta tra due giorni. Cambiamo ancora alcuni Euro in lire turche e saliamo su un mini dolmuş che, viaggiando con le porte costantemente aperte, ci porta davanti al’ingresso del nostro hotel, lo Yacht Boutique, situato a sud, nei pressi del porticciolo. (Hotel molto bello, a parte il personale un po’ freddo – Euro 140,00 la camera, due notti con colazione a buffet). Prima di uscire per una passeggiata sul lungomare, rimaniamo piacevolmente sorpresi nel vedere dalla finestra della nostra stanza una tortora con i suoi due piccoli appena nati, il cui nido è stato ricavato all’interno di un vaso appoggiato sul davanzale esterno. Prima di cenare in uno dei tanti economici e ottimi ristoranti affacciati sul lungomare, ci godiamo una leggera brezza marina mentre il sole calante sembra dirci che un’altra meravigliosa giornata sta terminando.
GIOVEDì 23/08/12
Premettiamo che questa non è stata una giornata proprio splendida. Oggi abbiamo il Tour delle 12 Isole, prenotato da casa con la stessa agenzia tramite la quale abbiamo effettuato il tour organizzato ad Antalya (precisiamo che tale agenzia, con sede ad Istanbul, si affida ad agenzie e tour-operator locali, disseminati per tutto il paese). Come da prassi, in un orario compreso tra le 09:30 e le 10:00 sarebbe dovuto venire a prenderci qualcuno davanti al nostro hotel ma, con nostra sorpresa, alle 10:00 non si presenta ancora nessuno. Telefoniamo così alla nostra agenzia, in cui risponde una signora che, a metà tra lo scocciato e la sorpresa, dapprima sembra non capire cosa sia successo ciò e poi ci liquida dicendo di attendere il transfer ancora qualche minuto. Fatto sta che alle 10:30 riusciamo finalmente a salire in macchina e raggiungere così l’imbarcadero nonostante una corsa da cardiopalmo di un’autista alquanto scocciato e silenzioso. Arriviamo ma la nostra barca sembra sia appena salpata, così una ragazza ci fa salire su un’altra, strapiena, nella quale troviamo solo due stretti posti in poppa. Dato che i nostri posti sono gli unici non muniti di tavolo, per il pranzo, compreso nel prezzo del tour, ci trasferiscono su uno occupato da una famiglia turca composta da due genitori e una figlia, il cui padre si dimostra aperto e curioso nei nostri confronti, cercando di farsi capire nonostante parli solo turco; la madre invece, vestita all’occidentale, ci guarda sempre con occhio sospetto, faticando a strapparci un sorriso. In questo tour attracchiamo in tutto solo su quattro isole (tra cui la famosa Isola Piatta che, vista ad altezza d’uomo, non ha nulla a che vedere con quella tanto pubblicizzata dalle classiche foto aeree, che nascondono sia la spiaggia sassosa che un po’ di sporcizia sparsa qua e là. Quanto a noi, non facciamo neanche un bagno in quanto la barca è pienissima di persone che si accalcano sul ponte di poppa per buttarsi in acqua, ma riusciamo ugualmente a goderci la fresca brezza marina che lambisce i nostri volti quando l’imbarcazione prende velocità. Scendiamo solo sull’Isola Piatta per fare due passi e ammiriamo con stupore i conigli presenti sull’Isola, appunto, dei Conigli, situata a qualche miglio di distanza, stando però sulla barca ormeggiata ad una decina di metri dalla spiaggia. Verso le 17:30 attracchiamo e decidiamo di acquistare del cibo in un minimarket, che poi consumiamo in stanza prima di andare a dormire.
VENERDì 24/08/12
Usciamo di buon ora per salire un primo dolmuş che ci porta nei pressi dell’otogar, da dove saliamo su un altro diretto alla spiaggia di Oludeniz, che raggiungiamo dopo circa mezzora. Ci fermiamo all’inizio di questa splendida lingua di terra denominata Laguna Blu, la cui punta raggiungiamo dopo aver oltrepassato dei tornelli che ne delimitano l’accesso, a pagamento (TL 5,00 p.p.), e aver percorso il successivo sentiero pedonale asfaltato lungo circa un kilometro. Qui il mare è stupendo ed è tutto perfettamente organizzato con qualsiasi sorta di servizio, dai bagni pubblici, ai chioschi, ai ristorantini tipici. Per TL 10,00 giornaliere affittiamo due lettini e un ombrellone situati a due metri dalla riva del mare e, appena l’acqua inizia a scaldarsi, ci godiamo due abbondanti ore di bagni ininterrotti, prima di vestirci nuovamente e ripercorrere il tragitto inverso che ci riporta alla fermata dei dolmuş, di cui prendiamo il primo disponibile che ci riporta all’otogar di Fethiye. Sono le 14:30 e saliamo a bordo di un vecchio bus che, tra aria condizionata non funzionante e soste impreviste fuori dal percorso più breve per caricare e scaricare persone, ci porta a Denizli dopo cinque estenuanti ore, decisamente esagerate per percorrere 190 kilometri, la maggior parte dei quali sarebbe dovuta essere in autostrada. Giunti all’otogar, alquanto enorme e circondato da edifici differenti rispetto a ciò che avevamo visto in foto, veniamo a sapere da un tassista che il vecchio otogar, dietro il quale si trova il nostro hotel, è chiuso perché in fase di ampliamento. Tramite lo stesso tassista giungiamo finalmente al nostro hotel (Laodikia Hotel – Euro 110,00 la camera, due notti con colazione a buffet), che esternamente si presenta come un enorme palazzo di cinque piani un po’ vecchio stile ma che presenta camere davvero confortevoli, pulite e ben arredate, gestito da personale molto cortese, soprattutto quello del reparto ristorante. Dal personale della reception veniamo a sapere che il vecchio otogar, al termine dei lavori sarà convertito nella nuova autostazione per destinazioni a corto raggio, al contrario di quello in periferia, adibito invece alle lunghe distanze. Ceniamo in albergo, con menù fisso molto buono e abbondante, per sole TL 15,00.
SABATO 25/08/12
Per nostra fortuna, dall’albergo ci comunicano che i dolmuş in partenza per Pamukkale dal nuovo otogar effettuano una sosta sulla strada principale nei pressi del nostro hotel. Così, dopo un’abbondante colazione ci dirigiamo subito verso l’ipotetico punto in cui dovrebbero fermarsi, anche se scopriamo che in realtà ogni autista di dolmuş, ovunque si trovi, se nota un potenziale cliente, suona il clacson per avvisare della sua presenza e offrire quindi un passaggio. Prima di prenderne uno entriamo nel vicino ufficio della compagnia di bus Pamukkale Tourizm per acquistare il biglietto del giorno successivo diretto a Selçuk. Sfortunatamente però, non c’è più alcun posto disponibile, così attraversiamo la trafficata e pericolosa arteria principale della città per dirigerci verso la vicina stazione ferroviaria della linea Denizli – Imir, dove riusciamo ad acquistare i biglietti per Selçuk (TL 14,50 p.p.).
Attraversiamo nuovamente la strada e saliamo a bordo del dolmuş che dopo venti minuti ci lascia a qualche centinaio di metri dall’ingresso di Pamukkale, dove già intravediamo il versante di colore bianco dell’altura che sovrasta il piccolo paese. Percorriamo una strada sterrata in leggera salita che porta alle biglietterie (U$D 13,00 o Euro 10,00 p.p. che comprendono anche la visita delle rovine dell’antica città di Hierapolis – si accettano bancomat e carte di credito) e che dopo queste ultime si trasforma in pavimento di travertino bianco intagliato da venature rosa coperte da un sottile velo d’acqua. E’ vietato camminare con le scarpe, per cui le togliamo e rimaniamo a piedi nudi (è consentito indossare calze leggere per evitare possibili lesioni alle piante dei piedi per via di alcuni piccoli sassi appuntiti sul fondo di alcune vasche, nonostante lo stesso sia quasi completamente melmoso). Il percorso si inerpica fino a raggiungere i primi terrazzamenti le cui vasche naturali sono stracolme di acqua quasi tiepida, ma che inviata comunque ad immergersi interamente o in parte. La temperatura esterna aumenta, così da rendere ancora più gradevoli i bagni nelle successive vasche, disposte una dopo l’altra a distanze quasi calibrate, fino all’altro ingresso sull’apice della collina sul cui altopiano si erge l’antica città greco romana di Hierapolis. Sotto un sole cocente, iniziamo la visita di queste rovine portandoci esternamente verso la porta sud, costeggiando dall’alto le decine di vasche, alcune delle quali vuote, in quanto il sistema di riempimento delle stesse è differenziato per riempirne a cicli alcune piuttosto che altre, allo scopo di preservarne la robustezza. Da qui iniziamo la visita del sito percorrendone a ritroso il lato opposto. Oltrepassiamo i ruderi di colonne e capitelli che ci guidano fino alla Basilica Bizantina, da dove iniziamo una ripida salita (ce n’è un’altra più lunga ma meno ripida) che ci porta in cima alla collina su cui è costruito l’anfiteatro, che andiamo a visitare standone comodamente seduti sugli spalti. Da qui scendiamo nuovamente per ammirare dapprima il Nynpheum, poi il Tempio di Apollo, il Plutonium e l’Agorà, oltre il quale ci concediamo una sosta pranzo con Pida e Kebap nel retrostante edificio all’aperto pieno di chioschi e che ospita la piscina dalle rovine sommerse. Riprendiamo così il nostro itinerario per un altro paio d’ore, oltrepassando la Porta Bizantina, l’Arco di Domiziano e i Bagni Settentrionali, arrivando poi fino alla Necropoli disseminata di tombe in pietra. Stremati e assetati a causa dell’eccessivo caldo, decidiamo di concederci un bagno nella piscina dalle rovine sommerse, la cui acqua dal PH neutro e dai 36° C di temperatura, è circondata da una serie di alberi che ne garantiscono il riparo dal sole. Il costo è un po’ elevato (TL 30,00 p.p., ovvero circa Euro 13,00) ma vale veramente la pena farci un bagno rilassante. Lasciamo portafogli, macchina fotografica e documenti in una cassetta custodita (costo TL 10,00) e i vestiti in armadi a chiave non custoditi, dopodiché ci rilassiamo per un’ora in questa immensa vasca, nuotando tra i resti di colonne rovesciate e utilizzando queste ultime come trono su cui sedersi e rimanere così sommersi solo dalla vita in giù. Ci rivestiamo e ci dirigiamo verso l’uscita camminando ancora una volta sul pavimento di travertino a fianco delle vasche, in cui il velo d’acqua che lo ricopriva stamattina ha aumentato sensibilmente temperatura e portata, creando qua e là altre piccole e tiepide pozze. Ormai attorno alle 17:00, riprendiamo il dolmuş e torniamo in hotel dove ci condiamo una buonissima cena in compagnia del nostro simpatico cameriere che parla un perfetto inglese.
DOMENICA 26/08/12
Alle 08:30 siamo già sul treno in partenza per Selçuk. Qui, l’intera linea che non è elettrificata (la trazione viene fornita da potenti motori diesel), è composta da un solo binario che ci costringe ad una serie di manovre in retromarcia nelle stazioni più grandi, in coincidenza di un altro treno in arrivo dalla direzione opposta. Infatti, per permettere ad entrambi i treni di passare, il binario raddoppia all’ingresso di queste ultime e termina un centinaio di metri più avanti senza ricongiungersi con quello principale. I treni sono nuovi e puliti e ogni tanto passa un tizio che vende delle enormi ciambelle da mangiare. Alle 11:30 arriviamo puntuali alla stazione di Selçuk dove acquistiamo subito per TL 4,50 p.p. i biglietti ferroviari del giorno successivo per l’aeroporto di Izmir. Passiamo sotto i resti dell’antico acquedotto e a piedi percorriamo il kilometro scarso di distanza dal nostro hotel, che al nostro arrivo si presenta esternamente ricoperto di edera e interamente in stile ottomano (Bella Hotel Euro 50,00 la camera, una notte con colazione), e dal quale, svolte le formalità di check-in e consegnati i bagagli alla reception, ci dirigiamo a piedi verso il vicino otogar, dove saliamo sul primo dolmuş per Efeso (TL 5,00 a/r p.p. – partenze ogni venti minuti), nonostante sulla guida Lonely Planet venga riportato che non sono presenti mezzi pubblici che offrano questo tipo di servizio. Neanche dieci minuti di strada ci separano da questo splendido sito archeologico, che iniziamo a visitare subito dopo aver pranzato con Pida e Kebap in uno dei tanti ristorantini intervallati da una moltitudine di negozi di souvenir sul viale che porta alle biglietterie dell’ingresso Ovest. L’entrata costa TL 20,00 p.p. ma abbiamo sempre con noi il nostro biglietto elettronico acquistato e stampato da casa alla medesima cifra. Teniamo come orientamento il Grande Teatro e visitiamo prima le rovine della chiesa della Vergine, successivamente l’antica via del Porto (c’è una catena che ne delimita il passaggio) in fondo alla quale un tempo arrivava il mare, ora ritirato di qualche kilometro e visibile dalla Basilica di San Giovanni. Attraversiamo poi lo spiazzo ricco di capitelli ordinatamente disposti gli uni sopra gli altri che ci si affaccia quasi sul Grande Teatro, che raggiungiamo e dalla cui cima si gode di una splendida visita dell’intero sito archeologico, i cui scavi hanno finora riportato alla luce solo il 30% della vecchia città. Camminiamo poi lungo la Via di Marmo fiancheggiata da colonne unite da archi che formano parte dell’Agorà Inferiore, fino a raggiungere sulla nostra destra una delle sette meraviglie del mondo antico, ovvero la famosa Biblioteca di Celsio, di cui oggi non rimane altro che la stupenda facciata anteriore (l’interno non è altro che un’immensa sala vuota e senza tetto che all’epoca custodiva circa 200.000 manoscritti) ricomposta a seguito dei lavori di restauro sovraintesi dal personale dell’Università di Vienna durante i primi anni del XX secolo e nelle cui nicchie anteriori sono ospitate le copie delle statue (gli originali sono a Vienna) che rappresentavano le quattro virtù di Celsio, ovvero la saggezza, la conoscenza, l’intelligenza e il coraggio. Il retro della stessa è costituito solamente da uno strato di cemento su cui è riportata una scritta che attesta che i lavori di restauro sono stati sovraintesi dall’Università di Vienna (piccola ricompensa per gli austriaci, oltre ad aver portato in patria le quattro statue).
Il caldo si fa insopportabile, per cui ci portiamo verso le adiacenti case a terrazza, disposte su più livelli e al riparo dal sole da un enorme tendone. L’ingresso a pagamento costa TL 15,00 p.p. (acquistato da casa), ma permette di ammirare, lungo un percorso disposto su passerelle metalliche, gli scavi tuttora in corso e che stanno portando alla luce antichi appartamenti caratterizzati da affreschi e mosaici splendidamente conservati. Percorriamo quindi Via dei Cureti fiancheggiando le antiche latrine prima, la Fontana di Traiano e il Tempio di Domiziano poi, fino ad arrivare all’Agorà Superiore e al complesso che costituisce il Gymnasium, tutti situati nei pressi dell’altro ingresso del sito archeologico, proprio all’estremo opposto rispetto alla nostra entrata. Acquistiamo bevande e souvenir nel piccolo negozio che si trova qui, per poi attraversare il Tempio di Iside e tornare verso la nostra entrata, che funge anche da uscita (l’intera visita richiede circa tre, quattro ore).
Torniamo in hotel e, per TL 10,00 a testa, decidiamo di effettuare un’escursione presso la Casa di Maria, precedentemente proposta al nostro arrivo dal personale dell’hotel. Il sito dista nove kilometri da Efeso e non ci sono mezzi per raggiungerlo se non in taxi o tramite tour guidati (ci è sembrato alquanto strano che sulla guida Lonely Planet venga riportato che sia espressamente vietato da una legge comunale usufruire di un passaggio offerto a pagamento da parte del proprio albergo per raggiungere Efeso e la Casa di Maria). Sulla strada incontriamo una grossa statua della Madonna che preannuncia l’interesse religioso di questo luogo, visitato ogni anno da migliaia di pellegrini cristiani. Una volta arrivati, l’autista ci aspetta al parcheggio lasciandoci quaranta minuti di autonomia. Oltrepassato l’ingresso, fiancheggiato da bancarelle che vendono ogni sorta di articolo religioso, si segue il viale in leggera salita che porta alla minuscola casetta quadrata, alla cui sinistra alcuni Frati Francescani stanno celebrando la Messa. All’interno della piccola abitazione è presente un piccolo altare davanti al quale la gente si riunisce per pregare, fiancheggiato da ricordi lasciati dai Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, mentre all’esterno c’è un lungo tavolo sui cui è possibile accendere delle candele. Da qui la strada prosegue in discesa compiendo una curva a destra di 180° che, prima di ricongiungersi con il viale principale, ospita alla propria destra una parete interamente ricoperta di fazzoletti di carta annodati e sui quali sono scritte delle preghiere lasciate dai pellegrini.
Rientrati in hotel intorno alle 18:30, facciamo subito una doccia rinfrescante e notiamo il cartello che esorta gli ospiti a gettare ogni sorta di rifiuto, carta igienica compresa, nell’apposito cestino in dotazione, anziché usare il WC. Siamo infatti nella parte vecchia di Selçuk e qui il sistema fognario è ridotto al minimo, cosa che costringe il turista ad abbandonare i propri schemi occidentali di comodità, per armarsi invece di coraggio, rinunciando anche a un po’ di pudore. Visti i prezzi relativamente ridotti, decidiamo di cenare sulla splendida terrazza dell’hotel ricca di immancabili accortezze ottomane e da cui si gode uno splendido panorama verso la città e la vicina basilica di San Giovanni, entrambi avvolti da un cielo dalle sfumature arancioni del tramonto. Qui ci gustiamo l’ultima ottima cena turca in compagna di una simpatica coppia di ragazzi italiani conosciuti alla reception e che facciamo accomodare al nostro tavolo. Concludiamo quindi la serata con quattro çai prima di sdraiarci sul letto, esausti.
LUNEDì 27/08/12
Consumiamo la colazione (non a buffet) insieme alla coppia italiana della sera precedente e, dopo esserci salutati con la promessa di rivederci in Italia, lasciamo gli zaini in reception ed usciamo per una breve visita della parte storica della cittadina. Iniziamo con la storica Moschea di Isa Bey, i cui minareti giacciono incompleti a causa di vecchi terremoti che ne hanno distrutto le sommità, per poi proseguire, alternando l’acquisto di qualche souvenir, verso la via Antonb Kallinger, fiancheggiata da resti di antiche statue e da cui si intravede in mezzo al verde l’unica colonna rimasta dell’antico Tempio di Artemide. Visitiamo poi i resti dell’estesa Basilica di San Giovanni risalente al VI secolo d.C. e ritenuta la più grande chiesa Cristiana dell’epoca. Disposta su una lieve collina, dalla basilica è possibile godere di un bel panorama da cui si riescono ad intravedere Efeso e il mare nei pressi di Kuşadasi. Ritiriamo quindi gli zaini in hotel e raggiungiamo nuovamente la stazione ferroviaria dove, in attesa dell’arrivo del treno, ci sediamo ad un tavolo all’aperto dell’adiacente bar per gustarci due çai in compagnia di molti signori anziani intenti a giocare a carte e sorseggiare, ovviamente, un bicchiere di té. Saliamo quindi sul treno proveniente da Denizli, in cui però l’alto numero di passeggeri già presenti ci costringe a trascorrere l’intera ora di tragitto in piedi. Scesi dal treno alla fermata “Izmir Havalimani” (Havalimani in turco significa aeroporto), camminiamo lungo un percorso pedonale coperto che dalla banchina porta direttamente al terminal.
Giunti al banco del check-in, riusciamo ad imbarcare gli zaini direttamente per Milano, nonostante abbiamo due prenotazioni differenti per la tratta Izmir – Istanbul e Istanbul – Milano. Giunti ad Istanbul dopo un’ora di volo, senza bagagli al seguito ci trasferiamo nel terminal delle partenze internazionali, affollatissimo di persone, per effettuare l’ennesimo check-in. Durante l’attesa facciamo amicizia con un ragazzo tedesco che effettua scavi nei pressi di Izmir in qualità di archeologo e che ci dice di essere innamorato dell’Italia. Effettuiamo poi la lunga fila per il controllo passaporti e oltrepassiamo i successivi metal detector, al di là dei quali spendiamo le ultime lire turche rimaste facendo qualche acquisto nei carissimi Duty Free. Causa improvviso maltempo, il nostro volo subisce un’ora di ritardo, disagio però compensato da un’accoglienza e un servizio oltre le aspettative da parte del personale della Turkish Airlines, non a caso votata come migliore compagnia d’Europa.
Arrivederci Turchia e grazie per le emozioni che hai saputo regalarci.