Tunisia – Tra storia, natura e costume
A Douz, alle porte del Sahara immancabile giro in cammello, anzi in dromedario. Ero su un esemplare particolarmente alto e bavoso (ne scoprirò la causa: la stagione degli amori) che con la sua andatura ondeggiante mi ha portato a vedere il tramonto tra le dune. Da fare almeno una volta nella vita.
L’Hotel è un complesso molto bello esternamente ma con le camere che cadono a pezzi. Non va nemmeno il riscaldamento e sono costretto a dotarmi di doppie coperte. L’indomani attraversiamo il lago salato (in generale secco) di Chott El-Jerid, molto bello con la strada che lo attraversa costruito su un terrapieno. Qua l’acqua che scorre nei canali assume i più svariati colori ed evaporando provoca la formazione delle rose del deserto che troviamo infatti anche in tonalità strane come il blu e il verde. Arriviamo a Tozeur, dove giriamo tutta la mattina per il mercato cominciando la consueta trafila di contrattazioni. Si parte da un prezzo altissimo, in media 4 o 5 volte il valore reale e si comincia a scendere. Spesso riesce a spuntarla il venditore che riesce a essere abbastanza convincente da fregare la maggior parte dei turisti. Io acquisto solo mezzo chilo di datteri freschi (è il periodo della raccolta) e qualche rosa del deserto. Ci trasferiamo all’hotel dove ci aspetta il solito cibo internazionale e nel pomeriggio partiamo per quella che sarà la parte più bella del tour. Cominciamo con la gita alle oasi di montagna di Chebika e Tamerza. Attraverso una bella camminata su questi monti possiamo ammirare panorami incantevoli con le palme che svettano tra le rocce. Il confine con l’Algeria è vicino e il deserto occupa tutto l’orizzonte. Tra le varie curiosità da segnalare la visita a un canyon che confrontato con quelli americani risulta veramente mini. L’escursione tra le dune con il 4×4 è emozionante. Saliamo e scendiamo a tutta velocità, è come essere su una giostra. Rischio più volte di sbattere la testa contro il tettuccio tanto i sobbalzi sono forti. Veramente bello muoversi in questi panorami in questo modo. Dopo un’ora di strada tra le dune arriviamo sul set di Guerre Stellari che è ancora integro dopo 25 anni. Si fa buio e sulla via del ritorno incontriamo uno strano tipo in braghette corte che sta correndo nella notte con la pila in mano. Un iron man? A cena assaggio l’unica versione originale della Chorba, una tipica zuppa speziata tunisina che successivamente ho trovato cucinata in modi decisamente più edulcorati per riuscire ad affrontare le delicate bocche dei turisti. Fino a diventare una passata di pomodoro.
Ultimo giorno in tour con sveglia traumatica alle 5. Nel freddo mattutino ammiriamo le rovine dell’antica città romana di Sufetula, nei pressi di Sbeitla con un bel tempio praticamente intatto. Andiamo poi in una delle quattro città sante dell’Islam, Kairouam (le altre: Gerusalemme, Medina, Mecca). Una visita alle gigantesche vasche dell’antico acquedotto introduce la Grande Moschea. Una specie di fortino, su cui spicca il minareto da cui vengono effettuate le 5 chiamate alla preghiera quotidiane (ora l’altoparlante visto che il muezzin si è stancato di fare le scale 5 volte al giorno). Bellissimo il locale dove si svolgono e le preghiere e la scuola di corano: una bellissima porta intarsiata, 400 colonne rubate ai vari monumenti romani. Sono divise le zone di preghiera maschili e femminili perché ci dicono che queste ultime nei vari piegamenti potrebbero distrarre gli uomini. J Quella di depredare le altre costruzioni è proprio una regola. Oltre alla pavimentazione in marmo certamente non importato direttamente da Carrara, nella moschea si può notare addirittura un’iscrizione latina con i nomi dei figli dell’imperatore romano presa di sana pianta dal tempio di Sufetula. Una specie di Lego. Finiamo il giro con il mausoleo del barbiere (che sarebbe un compagno di Maometto che si teneva dei peli della barba del profeta legati al braccio) in cui le mattonelle di ceramica decorativa e i bellissimi intarsi arabescati la fanno da padrone. Dopo il solito pranzo stile mandria con menu tunisino turistico (ma questa volta un po’ meglio del solito) andiamo alla mostra di tappeti. O meglio alla vendita di tappeti. Con la scusa di farci vedere la fabbricazione dei tappeti (2 minuti di artigiano al lavoro) ci dobbiamo sorbire quasi un’ora di passaggi di tappeti di ogni foggia e misura. Bellissimi, per carità, ma non abbiamo nessuna intenzione di comprarli! Ma questo fa parte dei vari accordi commerciali che la guida tunisina aveva nel suo personale programma.
Andiamo quindi ad Hammamet dove trascorreremo gli ultimi tre giorni. La guida ci dice che nel cimitero cristiano potremo trovare la tomba di Craxi. Qua infatti è visto ancora come un benefattore. Ha lanciato turisticamente una zona in cui non c’è nulla tranne il mare e nemmeno particolarmente bello. A sud di Hammamet hanno costruito e stanno costruendo chilometri di hotel, tanto che il nostro si trova a oltre 10 km dalla vera città. Qua oltre agli alberghi non c’è veramente nulla, nemmeno i negozi. Stanno provvedendo costruendo una medina nuova di zecca (la medina è il centro storico – una contraddizione in termini) veramente gigantesca. E antica a dovere con le solite finte rovine. E’ una sorta di non luogo che potrebbe essere ovunque. Città (o dirmazioni delle stesse) nate solo per il flusso turistico come Sharm El Sheik, Cancun. La cosa sorprendente è che molte persone hanno passato una settimana (o più) in questo posto senza muoversi di un centimetro.
Naturalmente io avevo già in mente i miei spostamenti. Ho dedicato una mattinata al riposo e alla lettura di Ebano, una serie di reportage dall’Africa del giornalista polacco Ryszard Kapuscinski, e poi nel pomeriggio sono andato in bus al mercato del venerdì di Nabeul, uno dei più famosi della zona. In realtà nulla di eccezionale, i soliti negozietti con ceramiche e oggettistica varia. Almeno si è provato il bus, che passa a un orario non ben definito in posti non segnalati da nessuna segnaletica. Si chiede ai residenti in che posto mettersi e si aspetta fino quando passa. Oltretutto mai fidarsi delle informazioni dei passanti, c’è sempre dietro qualcosa per vendere. Tipo che il bus non passa perché è Ramadan. O che i treni smettono a una certa ora. O che sono i tuoi camerieri dell’hotel in borghese nel loro giorno libero e tu non li hai riconosciuti e si offrono per farti da guida con inevitabile visita a un negozio di un amico/parente. Alla sera a letto presto perché la mattina dopo si parte per Tunisi, ma il canto sguaiato dei vacanzieri in un karaoke disgraziatamente organizzato nella hall non mi fa prendere sonno per più di tre ore. Inutile protestare, tanto lo rifaranno lo stesso due sere dopo anche sapendo che la sveglia era puntata alle 3. Pazientiamo. Per arrivare a Tunisi utilizziamo un taxi (dopo breve contrattazione) e il treno, lento ma comodo. Per cominciare andiamo al souk, il mercato che si snoda tra strette vie in gran parte coperte. Venditori di ogni cosa, si accalcano al fianco di queste vie senza però essere particolarmente insistente, un “no merci” solitamente basta.
Tra moschee, palazzi governativi, mausolei e una bella vista sulla sterminata città (1.500.000 di abitanti) è giunta l’ora di pranzo. Ma gira e rigira di ristoranti aperti non se ne trovano. E’ ramadan e dall’alba al tramonto non si beve, non si mangia e non si fuma. Tra l’altro in questi anni il ramadan (che è un mese dell’anno islamico, più corto di 10 giorni rispetto a quello occidentale) cade in inverno e il tramonto è verso le 5, ma d’estate, peraltro con un caldo decisamente maggiore arrivare digiuno fino alle 9 deve essere proprio dura! Rimedio alla chiusura di tutti i ristoranti con una pasticceria dove mi gusto dei dolcetti alle mandorle davvero buoni. Nel pomeriggio andiamo a Sidi Bou Said con un trenino che passa anche per Cartagine dove però non ci fermiamo per mancanza di tempo. E’ un paesino arroccato su un promontorio che ricorda molto i villaggi delle isole greche. Case bianche e infissi blu. Molto caratteristico e con vedute sulla baia incantevoli. Nel ritorno il tramonto fa assumere al cielo limpido un colore arancio intenso che non avevo mai visto. Per ritonare ad Hammamet prendiamo un louage, un taxi collettivo a 8 posti molto economico che però parte solo quando è tutto pieno. Paghiamo la differenza anche per i passeggeri che non ci sono e in circa un’ora siamo all’albergo.
L’ultimo giorno, dopo una mattinata tra letture e passeggiate in riva al mare, in un clima che cerco di memorizzare per esorcizzare quello che mi aspetta a casa, prevede un giro ad Hammamet centro. Da vedere c’è solo la medina proprio sul mare, che però mi schifa ben presto per l’insistenza dei venditori. Ti bloccano continuamente nonostante la tua chiara intenzione a non comprare nulla, fino a sbarrarti la strada o a prenderti per un braccio. Un’insistenza che mi dà sui nervi, facendomi decidere a spacciarmi per polacco o sloveno, per tutte le altre lingue sanno dire tutto quello che serve per provare a vendere qualcosa. Alla sera finalmente una cena etnica con cibi esclusivamente tunisini. Questo oltre a provocarmi una notevole soddisfazione e una pancia decisamente piena, crea un notevole disturbo tra molti altri ospiti che girano invano in cerca della pasta. Vicino al buffet raccolgo commenti tra il buffo e il vergognoso facendomi vergognare dei miei connazionali. Al ritorno a casa i primi commenti in ufficio riguardavano ovviamente la mia abbronzatura e vanamente mi affannavo a spiegare che io vado in vacanza per altri motivi. In ogni caso una vacanza con un buon rapporto qualità/prezzo e pieno di luoghi interessanti. Un assaggio di Africa che non sconvolge per la relativa vicinanza al mondo occidentale ma introduce un continente così lontano dalla nostra cultura e che merita una conoscenza più approfondita.