Tra Italia, Slovenia e Croazia a caccia di primati

Dai Parchi a tema del lago di Garda alle grotte e ai castelli della Slovenia, fino ai Laghi di Plitvice nel cuore della Croazia. E poi un assaggio del mare di Caorle, delle Dolomiti del Brenta e della capitale slovena, Lubiana. A caccia dei primati di ogni luogo.
Scritto da: alvinktm
tra italia, slovenia e croazia a caccia di primati

Un viaggio on the road di nove giorni con mio marito e nostro figlio Leonardo di sei anni, partendo in auto dalla Valtellina dove viviamo, un’avventura perfetta nata dal desiderio insaziabile di esplorare le meraviglie della natura e ammirare le perle create dall’uomo, senza rinunciare al divertimento. Di certo un tour stravagante, solo nella prima parte programmato, perché crediamo che in certi casi il saper improvvisare aggiunga vivacità alla vacanza e più in generale alla vita.

Giorno 1: Movieland Park in Italia

Per noi amanti del divertimento in famiglia non esiste modo migliore di caricarci d’allegria trascorrendo una giornata all’insegna della spensieratezza nell’universo parallelo dei parchi divertimento. Per la prima volta oltrepassiamo i cancelli di Movieland a Lazise, ispirato ai mondi di cinema e televisione. Se si pretende di paragonarlo agli Universal Studios di Los Angeles si rimarrà delusi, bisogna invece vivere la versione italiana del celebre parco californiano come un’alternativa a Gardaland, di dimensioni più ridotte e rivolto ai bimbi un poco più grandicelli. Basti pensare che le principale attrazioni sono fruibili da un’altezza di 120 cm (senza contare quelle più estreme dove ne sono richiesti 140).

Conclusa la doverosa premessa posso affermare che ne siamo colpiti fin dai cancelli, aperti su una via che mi ricorda Rodeo Drive con la gigantografia della collina di Hollywood sullo sfondo. Continuiamo spediti fino al rimorchio di un tir, entrata di Kit SuperJet, e dopo aver indossato i giubbotti salvagente saliamo a bordo di uno dei motoscafi jet, con motori da 600 cavalli e 15 posti a sedere, per vivere in prima persona le emozionanti evoluzioni compiute dallo stuntman professionista alla guida. Un inizio giornata davvero col botto!

Scendiamo nell’angusto U-571 Submarine, un sommergibile riprodotto in scala 1:1 che simula un attacco esterno con conseguente inabissamento e soprattutto infiltrazioni d’acqua. Ambiente e dinamica sono studiate talmente bene da inquietare!

Poi ci affidiamo ancora agli stuntman prendendo posto sul camion Man Kat 1 di Magma 2.1 e lasciandoci trasportare attraverso un percorso pieno di ostacoli (cascate, terremoti e ponti pericolanti) fino all’azione finale nella centrale geotermica.

Un’attrazione unica al mondo è quella di Pangea, in cui su una strada impervia immersa nella foresta popolata da ricostruzioni animate di dinosauri si guidano in autonomia delle jeep. Questo è reso possibile da un apposito sistema di posizionamento radar, un’esperienza unica nel suo genere. Per bagnarci dalla testa ai piedi proviamo Trocosaurus, navigando su dei tronchi in un canale d’acqua, mentre per vivere delle esperienze immersive indossando occhiali 3d con l’aggiunta di movimenti e altri effetti speciali sperimentiamo Android, the final 3D battle, e Bandido, the magic ride, quest’ultimo proprio divertente e particolarmente adatto ai bambini. Tra le altre attrazioni stravaganti c’è poi Fantasmik, una horror house ideata per muovere i primi passi nel mondo dei brividi e molto amata da nostro figlio.

Movieland offre inoltre un’ampia varietà di spettacoli, primo fra tutti l’U.S. Army Stunt Show, ispirato alla famosissima saga cinematografica di John Rambo. Giunto alla ventesima edizione è di certo il più spettacolare e da quest’anno si rinnova con effetti speciali e a due mezzi inediti, l’aereo e il carro armato.

Merita di essere visto pure l’Overdrive life set, ambientato negli anni settanta di San Francisco e grazie al quale noi comuni mortali possiamo scoprire i trucchi per girare le scene d’azione. Fra gli altri ci sono poi il Medusa Epic show, il musical in cui cantanti, ballerini e acrobati si muovono in un sito archeologico greco, e il Save Movie show dove s’incontra la mascotte del parco, Movie, intento a combattere il cattivo Spot.

Concludiamo la frizzantissima giornata a Movieland con un picnic nel parco antistante le mure di Lazise. E mentre Leonardo si arrampica sullo scivolo noi ammiriamo la cinta muraria eretta nella seconda metà del 1300 dai Signori della Scala, e oggi abbraccia le viuzze e le piazzette del centro storico. La località è una delle perle del Garda, spalancatasi negli ultimi anni ai turisti, soprattutto stranieri, sfoggiando un lungolago elegante dai tramonti romantici e contraddistinto dalla pavimentazione bicolore.

Stacchiamo lo sguardo a fatica dalle increspature del lago che per la sua ampiezza in questo punto somiglia al mare. Dobbiamo percorrere quasi 180 chilometri di autostrada per avvicinarci al confine italo-sloveno e trascorrere la notte all’hotel Omnia, costruito proprio fuori l’uscita autostradale di Noventa di Piave. È un discreto hotel di passaggio, con camere insonorizzate, bagni essenziali e una buona colazione. Comodo per dormire una notte e proseguire il viaggio il mattino seguente.

Giorno 2: Parco delle Grotte di San Canziano e Castel Lueghi in Slovenia

Cominciamo la giornata guidando per altri 135 chilometri, un’ora e trenta senza rallentamenti o soste, fatta eccezione per la fermata in corrispondenza della dogana fra Italia e Slovenia per l’acquisto della vignetta autostradale con validità di una settimana, al costo di 15 euro.

Il parco delle Grotte di San Canziano (Skocjan in sloveno), nostra prima meta, è vicino al confine e occupa il canyon sopra cui si adagia il paesino omonimo. Il centro di accoglienza accanto al parcheggio comprende la biglietteria, un bar ristorante e un piccolo museo grazie al quale, osservando le fotografie d’epoca, si cominciano a capire l’importanza e la suggestione di un luogo che nel 1986 l’Unesco ha incluso nella lista del patrimonio mondiale. In aggiunta a tale riconoscimento detiene il primato di maggiore canyon sotterraneo finora conosciuto al mondo. Si compone di conche di sprofondamento carsiche identificate con il gergo tecnico di doline, qui troviamo infatti la Velika e la Mala dolina (grande e piccola valle) punteggiate di inghiottitoi, ponti naturali, abissi, sorgenti e molto altro. L’habitat al di sotto della superficie terrestre è attraversato dal fiume Reka che prima di scomparire nel terreno calcareo e permeabile del Carso scorre per 55 chilometri e infine riemerge in Italia in prossimità del mare. Ho utilizzato il termine habitat perché sebbene sembri impossibile il luogo profondo 223 metri accoglie la vita, rappresentando un rifugio sicuro per diversi organismi adattatisi a sopravvivere al buio e in un ambiente umido, come per esempio i pipistrelli, i coleotteri ipogei e il famoso proteo, l’anfibio cieco quasi privo di pigmentazione e la pelle sottile dal colore biancastro.

Raggiungendo il punto d’osservazione distante 500 metri, si ha la possibilità di ammirare la profonda vallata dai contorni circolari, ricoperta di vegetazione, in fondo e sui cui fianchi si snoda una parte del percorso facoltativo. La visita si costituisce infatti di un tratto guidato in grotta di 2,5 chilometri compiuto in un’ora e mezza, al quale seguono tre alternative a seconda che si decida di tornare subito al punto di partenza (tragitto verde) oppure si voglia proseguire per altri 600 metri in 30 minuti (tragitto giallo) o per 2,5 km percorribili in un’ora e trenta (tragitto rosso). Vi consiglio di seguire come noi la terza opzione in quanto sebbene più impegnativa conduce in ambienti stupefacenti.

L’esplorazione con guide parlanti in inglese o sloveno ha inizio dopo una breve passeggiata nel bosco dal punto informazioni. A seconda del numero di partecipanti si viene suddivisi in gruppi non troppo numerosi in modo da godere appieno della magia di San Canziano. Per ovviare al problema della lingua chiedete tra gli accompagnatori chi parla l’italiano così, sebbene la spiegazione generale sia tenuta in inglese, poi potrete chiedere facilmente chiarimenti. Perché il comprendere appieno è un valore aggiunto. All’interno la temperatura costante è di 12 °C, perciò portate una felpa ma non copritevi troppo in quanto bisogna camminare e i punti di stallo sono brevi e radi. Non è consentito scattare fotografie (con o senza flash) durante il tragitto guidato ma ci si può sbizzarrire nella parte di visita libera.

L’avventura vera e propria comincia in discesa superando un tunnel artificiale che conduce a un percorso in cui sono le meraviglie della natura forgiate in milioni di anni, goccia dopo goccia, a essere le uniche protagoniste. Così l’occhio si spalanca per lo stupore e il cuore batte forte dall’emozione ammirando colate di calcite bianchissime, formazioni calcaree a colonna pendenti dal soffitto (stalattite) e crescenti dal pavimento (stalagmiti) che a seconda dell’elemento chimico predominante assumono sfumature diverse, dal giallo al rosso e al grigio.

È impossibile non impressionarsi in cima alla caverna che si spalanca sotto di noi, segnata dalle lucine del percorso grazie alle quali è possibile rendersi conto della grandezza e della profondità. Si scende sino al ponte Cerkvenikov che supera uno strapiombo di 50 metri, notando sul fondo gli accumuli di tronchi trasportati dalle inondazioni, l’ultima nel 1965 con il livello dell’acqua che superava di 10 metri la passerella. Proviamo per qualche istante il terrore di rimanere al buio, sperimentando così la sensazione di totale smarrimento conosciuta dai protagonisti alle antiche esplorazioni. Poi vediamo in lontananza la luce naturale far capolino nella grotta, siamo prossimi all’uscita, più avanziamo e maggiore è il chiarore e quello che si prova una volta giunti alla grande apertura nella roccia è un senso di liberazione. La guida ha terminato il proprio compito, ora tocca a noi scegliere se continuare il viaggio in autonomia. Come accennato prima consiglio di compiere il tracciato rosso in modo da avere un prosieguo di emozioni in tratti suggestivi di grotte, visioni di cascate, attraversamenti di ponticelli e sentieri agganciati alle pareti verticali.

Così come all’interno del canyon principale è possibile individuare i resti delle primitive scalinate scavate nella roccia dall’uomo nei primi anni del 1800: tracciati stretti, impervi e pericolosi. Eppure la curiosità dell’essere umano lo ha sempre spinto a indagare l’ignoto. Eccone in breve la storia.

La prima documentazione che attesta la scoperta di questa meraviglia è del II secolo a.C., mentre indagini hanno riportato alla luce reperti archeologici e scheletri umani antecedenti di 3000 anni. Nel 1689 lo scienziato scrittore del luogo Valvasor ne descrive con attenzione l’inghiottitoio e risale al XIX secolo l’esplorazione più approfondita mossa dalla necessità di aumentare l’approvvigionamento idrico di Trieste, porto in grande espansione. La campagna sistematica di perlustrazione del sottosuolo viene intrapresa nel 1884 con la fondazione della Sezione speleologica, mentre l’inizio dell’attività turistica può coincidere con il 1819, anno in cui è inaugurato il libro delle firme dei visitatori.

L’attività di ricerca ed esplorazione continua ancora, con mezzi moderni e maggiore sicurezza, e procederà negli anni a venire perché la natura è una continua, interminabile, fantastica scoperta.

A trenta chilometri di distanza, nel borgo di Predjama, veniamo ammaliati da Castel Lueghi, iscritto nel Guinness dei primati per essere il più grande castello in grotta al mondo. Pare incastrato nella fenditura della roccia alla quale si aggrappa, su uno strapiombo di 127 metri.

La biglietteria è posta all’inizio del viale sulla destra ed essendo vicino alla cittadina di Postumia la fortezza è compresa nelle meraviglia visitabili di questa ritaglio di Slovenia. E’ possibile perciò acquistare ticket cumulativi convenienti con altre attrazioni, noi scegliamo quello con gli ingressi alla fortezza e alle grotte di Postumia che visiteremo l’indomani.

Ora ci lasciamo suggestionare dall’edificio medievale davanti a noi, costruito nel XII secolo anteponendo i fini di inespugnabilità e sicurezza e quelli di confort e agi, e questa prerogativa la si comprende da subito. Superando il ponte levatoio, accompagnati dalla voce dell’audioguida in lingua italiana, si sperimentano il freddo e umidità, le correnti d’aria e la poca luce. In compenso però oltre alla protezione, nella fortezza esisteva un passaggio segreto verso l’esterno, una via di fuga dagli eventuali invasori.

La forma attuale di Lueghi risale al 1583, nei secoli successivi a causa delle condizioni di vita rigide venne utilizzato dai vari proprietari solo nei mesi estivi e nell’ultimo periodo divenne una residenza di caccia.

Le stanze dislocate su diversi piani hanno denominativi comuni: la parete di sasso naturale che per colpa dell’umidità è in parte ricoperta da muschi e licheni, e l’intreccio con i muri artificiali spessi oltre 150 cm. Il modo di vivere semplice, anche dei signori, è testimoniato dagli arredi scarni nella sala da pranzo, in quella dei cavalieri e in cucina, mentre la crudeltà di quei tempi si paventa nella caverna delle torture.

Inerpicandosi lungo una scala scavata nella pietra si giunge nel locale più accogliente rivestito con panelli di legno, indicato non solo come camera da letto ma pure come ambiente di ricevimento e per assistere alle funzioni religiosi celebrate nella cappella adiacente. Salendo ancora, l’edificio è sempre più inglobato nella pietra, si scoprono le armi medievali, pesanti e non certo facili da maneggiare, quindi in un susseguirsi di gradinate e ponticelli si entra nel cuore della montagna, raggiungendo così il punto più alto della rocca completamente ricavato nella roccia.

Caratteristica costruttiva a parte, la magia di Lueghi è legata alla leggenda del Cavaliere Erasmo che per oltre un anno resistette all’assedio delle truppe dell’Imperatore austriaco Federico III al quale si era ribellato. Venne tradito da uno dei servi che accese una candela proprio mentre Erasmo era nel bagno, stanza esposta ai bombardamenti in quanto affacciata sull’esterno, e infatti una palla di cannone lo uccise. Questa fu la fine tragica, e assieme ridicola, di Erasmo.

La sera, stanchi per le centinaia di gradini superati eppure entusiasti dal carico di emozioni, ci spostiamo a Postumia (Postojna in sloveno) per cenare nel ristorante pizzeria Cuk, in zona centro sportivo, che offre una buona scelta di primi e secondi locali e internazionali, pizze cotte nel forno a legno, un ambiente sobrio con terrazza. La qualità dei piatti è ottima così come il rapporto con il prezzo se si considera la vicinanza all’attrazione più celebre della Slovenia.

Ci concediamo poi una stanza nell’elegante Hotel Jama (a volte bisogna lasciarsi viziare!), nel cuore del parco, prenotata per convenienza sul sito. Il costo è ragguardevole ma già dalla hall si viene trasportati nell’universo magico sotterraneo grazie ai video che scorrono ininterrottamente alle televisioni. E’ possibile accomodarsi su una delle poltroncine accanto al caminetto, ora spento eppure d’atmosfera, bevendo un drink e rilassandosi. Le camere e i bagni sono ampi e moderni, con balcone da cui ammirare la natura, la colazione è superlativa tanto da confondere per la varietà dei prodotti e, valore aggiunto, è possibile consumarla sulla grande terrazza.

Giorno 3: Grotte di Postumia e Castello di Sneznik in Slovenia

Più famose rispetto a quelle di San Canziano, le Grotte di Postumia hanno attratto milioni di visitatori a partire dal 1819, anno di apertura al pubblico, sebbene lo sviluppo turistico vero e proprio coincida con l’inaugurazione della prima ferrovia sotterraneo al mondo all’interno di una grotta calcarea avvenuta nel 1872. Nei decenni a venire le tratte subirono molte migliorie, vennero allungate e si acquistarono motrici e vagoni al passo con i tempi, mentre nel 1884 fu installato l’impianto elettrico. Quello che perdura da allora, forte e coinvolgente, è lo stupore di compiere un viaggio nei prodigi del mondo sotterraneo in cui l’acqua plasma le rocce di calcare da milioni di anni.

La scoperta inizia nel piazzale antistante l’ingresso con la suddivisione in gruppi a seconda della lingua e in tal caso è presente pure una guida parlante italiano. Quindi ci si avvia alla stazione sotterranea dove si sale a bordo del trenino, venendo subito travolti da una temperatura costante di 10°C e da un’umidità del 95%. Bisogna indossare capi di maggior spessore rispetto a quelli utilizzati nella gita a San Canziano perché le condizioni termiche sono più rigide e le velocità e lunghezza della camminata sono inferiori.

Con gli occhi ben spalancati e pronti a cogliere ogni angolo di quest’eden della regione del Carso, partiamo accoccolati nei vagoni per un totale di 3,7 chilometri fra andata e ritorno. Nel mezzo della visita della durata totale di circa un’ora e mezza è previsto un tratto da compiere a piedi di 1,5 chilometri, per una lunghezza complessiva del percorso che supera i cinque chilometri. Tali misure consentono a Postumia di conquistare un altro primato, quello delle grotte con il tratto visitabile più lungo del mondo.

La parte sul trenino è di certo suggestiva, unica, divertente per i bambini, attraversa caverne basse e strette trasportandoci in un set di stalattiti e stalagmiti. Tuttavia è quando si cammina che si coglie l’essenza magica e misteriosa del luogo, si individuano gli angoli nascosti e le stupefacenti formazioni, immortalandoli con lo smartphone o la macchina fotografica, qui consentiti escludendo il flash.

Una volta ‘sbarcati’ inizia la passeggiata su una striscia di materiale antisdrucciolo. Immersi nel candore dei carbonati di calcio e nelle sfumature di rosso, dovute alla presenza di ossido di ferro, e del grigio, causate del manganese, bisogna procedere sino al punto più alto, o di minore profondità a seconda dei punti di vista, posto a 70 metri sotto la superficie. Seguono poi la discesa e una successione di lievi saliscendi. Il tutto in un paradiso di colonne calcaree che sembrano ispirarsi allo stile barocco, di stalagmiti e stalattiti che ricordano le guglie gotiche delle cattedrali e di specchi d’acqua limpidissimi. Si ammirano la sala degli spaghetti dalle concrezioni finissime, i drappeggi (o fette di prosciutto per nostro figlio) per via dello spessore minimo e la forma ondulata, le formazioni calcaree dalle sagome disparate alle quali ciascuno di noi può attribuire una somiglianza, e la stalagmite simbolo di Postumia alta 5 metri di un bianco accecante e per questo denominata il brillante.

Al termine del tragitto a piedi con un po’ di fortuna è possibile individuare nella teca il proteo, l’anfibio cieco quasi privo di pigmentazione, dal corpo longilineo di 25-30 cm e la pelle sottile dal colore biancastro di cui già abbiamo sentito parlare senza tuttavia vedere, a San Canziano. Stavolta invece lo abbiamo intravisto avvinghiato alle pietre tra le grida trattenute (bisogna infatti osservare il silenzio) per l’eccitazione di Leonardo. Questi esserini sopravvivono senza cibo fino a 12 anni e possono raggiungere un secolo di vita: pazzesco! Davvero singolare è il libro sulla leggende della loro nascita dedicato ai bambini, il cui protagonista è il grande drago Jami trasformato appunto nel piccolo esemplare che popola le grotte del Carso dal malefico nano Guizzo. Il ricordo ideale di un’esperienza indimenticabile.

Prima di riprendere il viaggio portiamo nostro figlio nel parco giochi alle porte del grazioso centro storico di Postojna. Per suo disappunto non ci tratteniamo molto, perché l’obiettivo è raggiungere nel tardo pomeriggio la zona dei laghi di Plitvice in Croazia, distante oltre 200 chilometri, dove pernotteremo per due notti a Villa Stone. Trattasi di un bed & breakfast di recente costruzione con camere e spazi comuni ampi e arredati con gusto, parcheggio gratuito, piscina all’aperto e area dedicata ai bambini nel prato ben tenuto, colazione buona pagando un sovrapprezzo, un po’ cara a mio avviso. Per tale motivo ne usufruiremo solo per una mattina, preferendo poi il caffè americano e la brioche del bar nel vicino, ed easy, centro commerciale ‘Plitvice Mall’.

Spacchiamo il percorso inglobato nella campagna collinare, verdissima e scarsamente abitata, in cui compaiono di rado dei villaggi dalle case bianche e i tetti rossi, facendo una sosta a 40 km da Postumia, nei boschi attorno al Castello di Sneznik. La sua sagoma elegante e lineare compare tra gli alberi in una conca occupata in parte dal prato e in parte dal laghetto alimentato da una sorgente. Della presenza di un maniero si parla già nel XIII secolo, tuttavia l’attuale edificio romantico famoso per gli interni autentici, risale alla seconda metà del XIX secolo.  Sebbene meriti esplorarne le stanze in cui sono custoditi gli oggetti dell’epoca, preferiamo girovagare nella foresta in cui è immerso, catturando gli scorci più suggestivi. E sono davvero molti. E’ la location perfetta per un picnic frugale così come di un matrimonio da favola, ci sono piste ciclabili, sentieri e tanta, tantissima natura.

Il confine fra Slovenia e Croazia è vicino e una volta oltrepassata la dogana dove si viene ‘schedati’ prima di poter entrare, si continua a procedere su strade poco trafficate che seguono zigzagando i fianchi delle montagne ricoperte della stessa, lussureggiante, vegetazione slovena. L’unica eccezione è l’autostrada dove la circolazione è più intensa e a pagamento, con un sistema di caselli uguale a quello italiano e in cui vengono accettati le kune (moneta croata), le carte di credito e l’euro.

Croazia e Slovenia sono il paradiso delle due ruote a motore, tanto da suscitarci un po’ di nostalgia. Chissà, forse un giorno quando nostro figlio sarà grande e in vacanza ci andrà con gli amici, io e mio marito rimonteremo in sella a una moto.

La guida è impegnativa, solitaria, e attraversando i rarissimi villaggi percepiamo una trasandatezza maggiore rispetto alla nazione confinante, anche i campi sono meno curati, almeno fino a quando comincia ad avvicinarsi il Parco di Plitvice. Qui il turismo ha portato benessere, dando una spinta allo sviluppo economico della regione con la nascita di numerosi hotel, ristoranti, affittacamere, camping e supermercati.

Giunti a destinazione e sbrigato rapidamente il check-in, concludiamo la serata nel vicino e moderno ristorante pizzeria Degenija. La sala è molto curata, ampia e si affaccia in parte sul giardino con giochi per bambini, sdraio e tavolini ai quali è possibile accomodarsi a bere un aperitivo o un digestivo a fine pasto. Il menù offre piatti della tradizione e internazionali, il servizio è veloce, professionale e il personale mette a proprio agio il cliente. Il rapporto qualità-prezzo-location è buono, sebbene in Croazia si possano trovare locali meno turistici dove spendere meno. Noi ci siamo trovati bene, tanto da sceglierlo pure per la cena del giorno successivo. L’unica nota negativa è trovare posto se si arriva dopo le 19:30 – 20, con la formazione di code all’ingresso.

Giorno 4: Laghi di Plitvice in Croazia

È giunta la giornata che sognavamo da un paio d’anni, la visita a una delle meraviglie naturali del mondo, il parco nazionale più grande, antico e visitato della Croazia, e tra i più amati e belli d’Europa.

L’UNESCO lo ha incluso tra i siti Patrimonio dell’Umanità nel 1979, protegge una superficie di 330 chilometri quadrati compresa tra i 369 metri e i 1279 metri di altitudine, ma la sezione maggiormente conosciuta e presa d’assalto dai turisti è quella con i celebri laghi a una quota di 500-600 metri s.l.m. Ce ne sono sedici, 10 superiori con rive più ampie e irregolari e 4 inferiori che giacciono sul fondo di un canyon dalle pareti verticali. A seconda della luce del sole, della loro profondità e calma, della tipologia di sedimenti e dei riflessi creati dall’ambiente circostante, il colore dell’acqua varia notevolmente. Si passa dal verde scuro proiettato dai boschi al bianco tumultuoso delle cascate, dall’azzurro al blu intenso dove si specchia il cielo, alla trasparenza di certe rive con la sabbia color oro sul fondo.

Anche a Plitvice ritroviamo il territorio carsico appena lasciato alle grotte in Slovenia, modellato da un equilibrio perfetto di pietra dolomitica più e meno permeabile. E’ però il tufo, una tipologia di roccia porosa e permeabile, il responsabile della creazione di quella serie di barriere capaci di rallentare l’acqua dei fiumi Bianco e Nero, e delle sorgenti, fino a trasformarla in specchi lacustri, per poi lasciarsi penetrare da zampilli e cascate che ammaliano oltre un milione di persone all’anno. Il tufo si è formato grazie alla sedimentazione del carbonato di calcio in determinate condizioni atmosferiche e di ph, e con quantità specifiche di sostanze organiche disciolte di cui l’acqua è satura per via della dolomia in cui si raccoglie. La sua nascita è fissata tra i 6000 e i 7000 anni fa, in seguito alla fine dell’ultima glaciazione e all’inizio di un clima simile a quello attuale. Anche per questo motivo è ancora in costante trasformazione, aumenta e diminuisce di volume, e si ricopre di muschi acquatici responsabili in parte della sua forma mutevole.

L’ecosistema di Plitvice pullula di pesci, farfalle, insetti e uccelli, anfibi e rettili, tutti ben visibili e ormai abituati alla presenza dell’uomo, ma vi sono pure i grandi animali estremamente più schivi, amanti del silenzio e della solitudine come la lince comune, l’orso bruno, il lupo e la lontra. State tranquilli è quasi impossibile avvistarli!

Per visitare il parco è meglio, e fortemente raccomandato in alta stagione, prenotare l’ingresso sul sito ufficiale almeno uno/due giorni prima, considerate un lasso di tempo maggiore per luglio e agosto. In tal modo eviterete inutili attese alle biglietterie, o peggio la delusione di scoprire che non vi sono ticket disponibili. Se proprio volete sfidare la sorte esiste un link, sempre sulla pagina internet, in cui è possibile verificare il numero di accessi ancora disponibili da acquistare alle entrate ufficiali (Ingresso 1, Ingresso 2 e Ingresso secondario Flora). Il prezzo è ragguardevole, ma almeno i minori di sette anni non pagano, perciò consiglio di progettare un’intera giornata nella riserva, anche e soprattutto perché le meraviglie da vedere sono moltissime. Nel costo è compreso il trasporto con il battello elettrico e il trenino panoramico su ruote previsti in base al tragitto prescelto. Il parcheggio si paga a parte in loco al termine della permanenza e varia a seconda del mezzo e del periodo, così come cambiano gli orari di apertura del parco, verificabili sempre sul sito. Indossate scarpe da trekking in quanto si cammina molto su sentieri, e nello zaino infilate bottiglie d’acqua e impermeabile perché i punti di ristori sono distanti fra loro e il meteo muta velocemente. Come accennato prima esistono tre ingressi, i più comodi e meglio serviti sono l’1 e il 2, noi abbiamo optato per il secondo in quanto di solito è meno affollato e da lì comincia il percorso da noi prescelto.

A Plitvice ve ne sono otto, suddivisi in base all’estensione e perciò al tempo di percorrenza, quattro con inizio dal primo accesso e segnalati dal colore verde, e altrettanti con avvio dalla seconda entrata e identificati da frecce arancioni. Tutti sono ben segnalati e dettagli e mappe sono disponibili al link ufficiale. Noi ci siamo gettati nel tragitto H, a mio parere quello dal migliore compromesso tra lunghezza e visione dell’area. Una volta giunti a piedi dopo una passeggiata in discesa all’ingresso 2 si sale a bordo del trenino su ruote che conduce in cima al laghi superiori. Non preoccupatevi se dai finestrini intravedete poco o nulla, perché una volta sbarcati e iniziata la passeggiata sulle passerelle di legno, quasi a sfioro sulla superficie dell’acqua, rimarrete letteralmente a bocca aperta. Quell’emozione vi condurrà per tutto il tempo indicato, dalle 4 alle 6 ore per coprire 8900 metri a piedi, ma questi dati sono solo indicativi. Noi per esempio abbiamo impiegato l’intera giornata concedendoci diverse pause per rifocillarci, guardare le anatre, rinfrescare mani e piedi, scattare fotografie e soprattutto per aggiungere chilometri al giro iniziale: prolungandolo per ammirare la stessa cascata da un ulteriore punto di vista e guadagnando quota per regalarci una visione dall’alto. L’importante è non abbandonare mai i sentieri in quanto l’incidente o il disorientamento sono dietro l’angolo. Osservando queste semplici precauzione si trascorreranno delle ore indimenticabili. E quando penserete di aver catturato lo scorcio più entusiasmante, eccone subito un altro, e un altro ancora…

Così tra passerelle, viottoli sterrati e ponti, specchi lacustri dalle mille sfumature, cascate solitarie o salti spumeggianti su un’intera barriera di tufo, alti e unici, brevi e in successione, giungiamo all’imbarco sul traghetto elettrico col quale si attraversa il lungo lago Kozjak, paragonabile a un fiordo norvegese dalle sponde con pendenze dolci, selvagge e rivestite di boschi.

Al termine della traversata si è pronti per cominciare la discesa nel canyon profondo dalle pareti impervie dei laghi inferiori. L’acqua costretta in uno spazio ristretto scorre in maniera impetuosa e la vegetazione attraverso cui sgorga è molto rigogliosa: canne raggruppate in folti gruppi, muschi spessi, cespugli erbosi e di foglie larghe.

La visita è quasi giunta al termine e riserva la perla di Plitvice, ovvero la Veliki Slap, che con i suoi 62 metri di salto è la cascata più alta della Croazia. Lascia senza parole ma non è l’unica perché quella appena precedente regala un effetto magnifico, unico, precipitando verticale da una vegetazione talmente compatta e verdissima da ricordare la foresta amazzonica.

Al termine di queste ultime visioni di paradiso terrestre si torna pian piano al parcheggio risalendo la gola per poi compiere una passeggiata sul suo argine superiore, e un tratto con il trenino su ruote.

La giornata è conclusa eppure i nostri ricordi non finiranno mai di esistere.

Giorno 5: Lubiana in Slovenia

250 chilometri, è questa la distanza fra i laghi di Plitvice e l’hotel Urban Ring nella periferia di Lubiana, la capitale slovena, nominata Capitale verde europea per il 2016.

L’albero è un quattro stelle moderno gestito da personale giovane, cordiale e professionale, con camere e bagni ampi, spazi comuni lineari e ariosi, colazione abbondante e varia, parcheggio gratuito così come la bottiglia d’acqua e il succo nel minibar, e biciclette a disposizione per raggiungere il centro distante 4 km.

Sbrigato il rapido check-in ci avviciniamo al cuore cittadino con l’auto, non essendoci a disposizione una bike per bambini piccoli o in alternativa un carrellino. Non incontriamo comunque problemi: abituati al traffico lombardo, quello a Lubiana e in generale della Slovenia è una sciocchezza. Il parcheggio Tivoli I, vasto ed economico, è l’ideale per scoprire la capitale, iniziando dalla sua maggiore area verde, il Parco Tivoli per l’appunto, adagiato ai piedi del colle Roznik a cui si collega con numerosi sentieri. Concepito dall’ingegnere francese Blanchard nel 1813, comprende un grande centro sportivo e si compone di larghi camminamenti sterrati alternati a viuzze appartate, è ombreggiato da alberi imponenti di latifoglie e abbellito con statue, mostre temporanee, aiuole e fontane. Non mancano i bar e i parchi gioco (sebbene il principale sia in via di rinnovamento) e ci sono pure un roseto e il lago delle ninfee abitato da cigni e anatre. Attraversarlo è una camminata piacevole distante dai rumori della città.

Poi proseguiamo verso il centro fiancheggiando i musei di storia naturale e del patrimonio culturale, la Piazza della Repubblica dal design modernista e in cui è concentrato il potere politico della Slovenia, e capitando poco dopo in quella del Congresso. Questa è occupata per la  maggior parte da piante e zone prative, all’angolo meridionale spuntano i Palazzi dalle facciate raffinate dell’Università e della Filarmonica slovena, e offre una bella veduta sul castello eretto sopra un colle. Da piazza del Congresso si percepisce il richiamo del fiume Ljubljanica, cuore pulsante di Lubiana, le cui rive sono vivacizzate da una successione continua di bar e ristoranti, ed unite tra loro da ponti molto caratteristici. Si comincia dalla passerella pedonale del mercato del pesce per passare rapidamente allo storico Tromostovje, il triplice ponte affacciato su Piazza Preseren, intitolata al poeta a cui è dedicata una statua. Qui spicca il rosa della facciata della chiesa francescana dell’Annunciazione e l’edificio Hauptmann dalla sagoma trapezoidale.

Addentrandosi sulla riva opposta, ai piedi del colle con la fortezza, si incontrano la Fontana del Robba, o dei tre fiumi, con al centro l’obelisco, e il palazzo del Municipio sormontato dal bell’orologio.

Torniamo sulla sponda della Ljubljanica per seguirne i lunghi porticati con caffè e negozi fino al ponte dei macellai tempestato di lucchetti chiusi simboleggianti il legame di due innamorati. Poco oltre spicca il viadotto in cemento, il primo di questo tipo costruito in città, con le quattro statue di draghi dall’espressione spaventosa ai vertici. È il più famoso di Lubiana e prende il nome, com’è facile intuire, di ponte dei draghi. La creatura leggendaria è la protettrice della città, simboleggia il coraggio, la saggezza, il potere, e i souvenir a essa ispirati si trovano ovunque.

Dopo questa visione d’insieme della capitale siamo pronti a salire al castello in funicolare. La stazione a valle è in piazza Krekov e da lì supera un dislivello di 70 metri in un paio di minuti per catapultarci nella sezione alta della roccia su cui si adagia, e si fonde, la fortezza, per la quale è possibile acquistare un ticket cumulativo richiesto all’entrata delle varie mostre.

Le mura possenti erette a protezione del cortile ricordano l’epoca medievale, sebbene il complesso sia stato restaurato e ammodernato completamente in tempi recenti. Qui la protagonista non è soltanto la storia, anche i piaceri del palato vengono ampiamente soddisfatti grazie alla trattoria, l’enoteca, il ristorante gastronomico Strelec e al Caffé Grajska Kaverna in cui abbiamo sorseggiato un drink in un ambiente dall’eleganza sobria, dove il sasso e il legno creano un’atmosfera coinvolgente.

L’attrazione principale del castello è la torre panoramica dalla cui sommità la vista spazia sull’intera Lubiana, di dimensioni circoscritte e punteggiata di alberi, e raggiunge i rilievi verdissimi che la circondano. I due edifici adiacenti ospitano l’esposizione permanente sulla storia della Slovenia e le carceri, meritevoli di una visita. La chicca del luogo è, secondo la mio opinione, il museo delle marionette nel quale è proibito rimanere a guardare ma si deve toccare e sperimentare, fatta eccezione per alcuni pezzi autentici al sicuro nelle teche. Vi sono burattini dalle fattezze ironiche, tristi o stravaganti, rappresentano uomini e animali, e tutti testimoniano il legame alla tradizione storica della Slovenia. Del museo conservo in particolare la frase di Joze Pengov (burattinaio, scrittore e regista sloveno) ‘le marionette sono una fantasia, una visione da favola…un’esperienza interiore silenziosa, bellissima e profondamente onirica’. Tali parole aumentano l’aurea di romanticismo attorno a quest’arte.

Una volta ridiscesi dalla collina seguiamo la passeggiata sul lungo fiume opposto ai porticati e animato da un susseguirsi di locali per aperitivi, drink e cene. Quello però dove vogliamo mangiare non è tra questi, si trova al di là del ponte Tromostovje.

Il ristorante Gostilna Sokol è turistico sì, ma dall’interno davvero caratteristico, con tavoli e sedie in legno, decorazioni agresti e camerieri in abiti tipici, offre un’ampia varietà di primi, secondi, zuppe e diverse proposte di piatti locali. Il rapporto qualità-quantità-prezzo è molto buono. Noi abbiamo apprezzato il Gulasch di selvaggina nella scodella di pane, il cavolo con fagioli e olio di zucca, strucoli con ricotta su crema di porcini e i soliti spaghetti alla bolognese per Leonardo.

Poi, quando le luci del giorno cominciano a calare e si accendono quelle dei lampioni, è un piacere scoprire l’anima pulsante e giovane di Lubiana bighellonando senza meta, né fretta, fra la selva ordinata di tavolini all’aperto pieni di vita e allegria. Per un po’ ci scordiamo degli anni catastrofici che sta vivendo l’umanità e di quella sensazione soffocante e incontrastabile d’impotenza contro cui noi, persone comune, non possiamo nulla.

Giorno 6: Lago di Bled in Slovenia e Caorle in Italia

55 chilometri dividono Lubiana dal luogo di villeggiatura più amato dagli sloveni, l’incantevole lago di Bled, abbracciato dalle montagne senza esserne soffocato e alle porte del Parco Nazionale del Tricorno nelle Alpi Giulie.

Di origine glaciale, il suo bacino è stato plasmato dal ghiacciaio Bohinj, e l’attività tettonica ha regalato alla zona la presenza di sorgenti termali sfruttate dagli hotel della cittadina omonima adagiata sulla sponda orientale, aumentando il prestigio del luogo.

Esiste pure una versione romantica e leggendaria sulla formazione di Bled, secondo la quale un tempo era una conca prativa in cui pascolavano le greggi e con al centro una rupe dove danzavano le fate. Un giorno la regina chiese ai pastori di recintare quell’area ma questi non la ascoltarono, allora il regno fatato vi fece convergere i fiumi della zona che la sommersero, lasciando solo il colle al centro divenuto un isolotto. Ora su di esso sorge la chiesa della Madonna, il cui aspetto odierno risale al XVII secolo, sebbene dei ritrovamenti archeologici attestino la presenza di un edificio di culto già nell’epoca precristiana. Si può raggiungere a bordo delle pletne, le tipiche imbarcazioni in legno a remi sospinte dai barcaioli, e dopo aver superato una scalinata di 99 gradini. Affiancata dall’alto campanile, la chiesa custodisce la campana dei desideri, chiamata così per la credenza popolare legata alla vicenda di una ricca vedova del posto, affranta per la perdita del marito, la quale ne fece fondere i gioielli per creare la campana da donare alla comunità religiosa. Al santuario tuttavia non vi arrivò mai in quanto si inabissò durante il trasporto e da allora echeggia nelle notti stellate. Chi comunque riesce a suonare ‘la copia’ attuale può chiedere un desiderio che di certo la donna riuscirà a realizzare.

Altra attrazione di Bled è il castello, poggiato sopra uno sperone di roccia verticale a picco sul lago ed eretto dai vescovi di Bressanone all’inizio dell’anno 1000 per fini difensivi. La struttura possente non è particolarmente fascinosa e così gli interni, come letto su diversi blog, perciò decidiamo di non sprecare tempo e denaro a visitarlo, e nemmeno di solcare le onde su delle barchette, in quanto le vedute migliori sono altrove.

Evitiamo di entrare nella cittadina e proseguiamo sino al grande parcheggio nei pressi della stazione ferroviario, molto meno costoso (per quattro ore 6 euro, 10 per l’intera giornata) e non preso così di mira dai turisti in quanto più distante dalla riva, alla quale è comunque collegato con un breve tragitto pedonale in discesa sino al centro sportivo. Da qui passeggiamo in piano lungo la sponda, superando l’insenatura che ospita il camping con un area si sosta minuscola e dal prezzo esorbitante di 5 euro all’ora, e raggiungendo uno dei punti più suggestivi: la passerella in legno creata direttamente sull’acqua dalla quale si godono vedute suggestive verso l’isolotto e il castello. Poco oltre il suo termine, dall’altro lato della strada, comincia il percorso ad anello della Mala Osojnica. Un sentiero scosceso immerso nel bosco, con una gradinata ripidissima e un tratto con corrimani in acciaio fissati alla roccia al fine di agevolare la camminata e renderla sicura, conduce in circa quarantacinque minuti ai 685 metri della Mala Osojnica. È un balcone naturale con il panorama migliore sull’intero lago e le sue magnifiche sfumature che variano dal blu intenso delle zone profonde all’azzurro via via più tenue fino a divenire trasparente nei pressi di alcune spiaggette. Compare circoscritto dalle foreste, interrotte qua e là da prati e paesi, che si estendono in pianura, ricoprono colline e rivestono le montagne fin quasi alla cima.

E’ possibile arrivare anche al punto d’osservazione Veljca Osojnica a 756 metri di altitudine, noi però scegliamo il sali scendi tra querce e pini fino alla panchina a strapiombo sulla vallata del fiume Sava Bohinjka, e poi la discesa che conduce in venti minuti al belvedere Ojstrica, con piacevoli vedute d’insieme del lago da un angolazione più bassa rispetto alla Mala Osojnica.

In un altro quarto d’ora si è di nuovo sulla riva in prossimità dell’insenatura in parte ghiaiosa e in parte prativa vicino al campeggio, perfetta per fare il bagno o distendersi semplicemente al sole dopo una rinfrescata ai piedi, proprio come approfittato da noi.

Nel pomeriggio riprendiamo il viaggio in direzione dell’Italia, attraversando la frontiera a Gorizia e arrivando a respirare la brezza marina dopo quasi 250 chilometri e tre ore di guida, nella bella Caorle, dove vogliamo trascorrere la serata.

La città metropolitana di Venezia vanta il riconoscimento di Bandiera blu, Bandiera verde e Spighe verdi, queste ultime due legate allo sviluppo sostenibile di territorio, ambiente e agricoltura.

Per noi è una sorpresa incredibile l’esplorazione di una delle perle marittime del Veneto, dalle origini antichissime antecedenti alla nascita di Cristo, segnata da periodi di splendore e decadenza, guerra e rinascita, perciò ricca di storia. La spiaggia è ampia, attrezzata eppure non confusionaria, con parchi giochi antecedenti alle file degli ombrelloni. Hotel e appartamenti sono nuovi o ristrutturati, cancellando così l’impressione di trasandatezza di altre località costiere.

Lasciamo l’auto nella rimessa sotterranea nei pressi del porticciolo turistico, alimentato dal canale artificiale che racchiude il centro storico, per perderci volutamente tra i vicoli vivacizzati dai colori dei negozi e i tavoli esterni dei locali ci cui Caorle è piena, i suoni squillanti della grande sala giochi, le vetrine attraenti d’artigianato.

Dobbiamo attendere una manciata di minuti in fila prima di accomodarci nel ristorante pizzeria Al Postiglione, moderno e dal menù ampio, con servizio veloce e professionale, dal prezzo onesto, per divorare le pizze cotte nel forno a legno e preparate a un passo dal nostro tavolo.

Il mare è stupendo pure la sera, quando le sdraio si svuotano e si vaga soli sul bagnasciuga alla ricerca di conchiglie, cullati dalla melodia cadenzata e lenta delle onde. Non amando in modo particolare la vita da spiaggia per noi è il momento migliore.

Terminata la sabbia, il lungomare prosegue affiancando la bassa scogliera in fondo alla quale spicca l’edificio più antico di Caorle, il Santuario della Madonna dell’Angelo, avvolto da luci soffuse che ne aumentano la misticità. Prima di raggiungerlo svoltiamo in piazza Vescovado con il Duomo dedicato a Santo Stefano e il Campanile. Eretto nel XI secolo, nello stesso periodo di ricostruzione dell’adiacente Basilica, è un unione di stile romanico e bizantino dalla forma cilindrica chiusa all’apice da una cupside conica. La base è costruita con conci di pietra d’Istria sopra cui si erge il fusto in mattoni di cotto, formando un’altezza totale di 40,20 metri e un’inclinazione di 32,5 centimetri: pende come la torre di Pisa, sebbene non in modo così vistoso. Ci inerpichiamo sulle scalette all’interno fino all’ultimo piano al di sotto della cella campanaria per guardare dall’alto la città e il mare, ormai inghiottito dall’oscurità. Per via delle aperture piccole e delle grate la vista non è entusiasmante ma vale quel poco di fatica e il costo del biglietto.

Ridiscesi nella piazza deliziamo i palati alla Milkeria Biancolatte, una gelateria self service con prodotti di qualità dove si riempie il proprio cono, o coppetta, con i gusti a piacimento, si aggiungono topping, cereali, frutta o dolcetti e si paga alla fine in base al peso. Un ottimo modo per concludere la bella serata in dolcezza.

Non ci fermiamo a Caorle per la notte, preferendo il paese di Fossalta di Piave vicinissimo all’autostrada A4 Milano-Venezia che dobbiamo imboccare l’indomani.

Dormiamo all’Albergo Italia, una struttura semplice e pulita, con parcheggio gratuito, camere ampie e il prezzo davvero conveniente. Non offre il servizio colazione ma vi sono un panificio e alcuni bar nelle vicinanze. Il necessario per trascorrere una notte tranquilla di passaggio e un risveglio piacevole.

Giorno 7: Gardaland, Lazise e Arco di Trento in Italia

170 chilometri quasi tutti di autostrada ci separano da un mondo magico dove le ore e i minuti non contano più, ai problemi è vietato l’ingresso e i grandi sperimentano di nuovo quell’entusiasmo fanciullesco, difficile se non impossibile da ritrovare nella vita reale.

Sulla riva orientale del Garda, il maggiore lago italiano, immersi nella dolce scenografia collinare del veronese spuntano sopra le cime degli alberi i roller coaster e la flying island di Gardaland, probabilmente il parco più amato d’Italia. Varcati i cancelli se ne comprende il motivo. La statua sorridente di Prezzemolo, mascotte dal 1975 anno d’inaugurazione del parco, invita a entrare per provare vecchie e nuove attrazioni.

Così ci tuffiamo fra gli spruzzi d’acqua di Jungle Rapids, Fuga da Atlantide, Colorado Boat e i Corsari, apprezziamo la tranquillità dei giochi destinati ai bimbi e l’adrenalina dei più estremi come Raptor e le montagne russe, quindi proviamo incuriositi le due novità del 2022: Aquaman, il cinema 4D, e Jumanji. Quest’ultima è l’unica attrazione al mondo ispirata al famosissimi film del 1995 con protagonista l’attore Robin Williams, dal quale sono nati l’omonimo gioco da tavolo e gli innumerevoli merchandising. Se devo essere sincera me lo aspettavo più coinvolgente, comunque a Leonardo e ai bambini in generale piace molto ed è questo che soddisfa ogni genitore.

Le ore volano quando ci si diverte ed è difficile credere all’annuncio di chiusura di Gardaland: come vi dicevo all’inizio il tempo qui si percepisce in maniera diversa.

Una cena veloce al vicino McDonald’s di Peschiera del Garda e poi altri 75 chilometri per raggiungere un altro tipo di parco divertimenti, destinato agli appassionati dell’arrampicata. Sto parlando di Arco di Trento, patria della più importante, famosa e longeva competizione al mondo di arrampicata, il Rock Master Festival, giunto alla trentacinquesima edizione e quest’anno in programma dal 29 luglio.

La struttura scelta per trascorrere la notte è il Garni On The Rock, letteralmente incastonato nello sperone di roccia sopra il quale poggia il castello, principale attrattiva del luogo. Trattasi di un edificio moderno, dalla sagoma semplice e lineare, eppure integrato in maniera perfetta nel cuore storico della cittadina. Aree comuni, camere e bagni sono stati concepiti per mettere a proprio agio gli ospiti, creando un’atmosfera rilassata e famigliare, capace di aggiungere quell’elemento di pregio al soggiorno. Molto apprezzata è l’accoglienza, grazie a Eola alla reception con la sua allegria, unita a disponibilità e professionalità. La colazione è di alta qualità e molto varia, propone un’ampia scelta di dolce e salato, c’è pure uno spazio con i giochi per bambini e, ciliegina sulla torta, una palestra artificiale indoor di bouldering! Completano l’offerta una private spa (purtroppo non testata da noi), un parcheggio privato e la possibilità di posteggiare gratuitamente nella vicina e più ampia area di sosta Ex Carmellini.

Ci concediamo una fresca delizia nella gelateria ‘Gelato mio’ proprio all’ingresso del centro storico. La partenza perfetta per girovagare senza meta, e soprattutto scordandosi della fretta, lungo le vie lastricate che poi mutano in sentieri zigzaganti sui fianchi ripidi della rupe, occupata nella sezione alta dalla rocca. Di notte il suo fascino misterioso è aumentato dall’illuminazione e pare fluttuare nel buio. L’abbiamo visitata tempo fa e ne conservo un bellissimo ricordo. Per raggiungerla si attraversa un giardino pensile composto da ulivi e piante enormi di agave. Quindi si è accolti da una serie di torri medievali che disegnavano l’antica cittadella restaurata a partire dal 1982, anno in cui il comune la acquistò dall’ultimo proprietario dopo un periodo di degrado, abbandono e distruzione durato tre secoli. Torrioni a parte, il valore aggiunto del sito è il panorama, esteso verso sud fino alle rive settentrionali del Garda e in direzione nord sulla profonda valle del fiume Sarca. Una visione serena che va ad aggiungersi alle molte impresse durante questo viaggio, tutte ideali per addormentarsi felici.

Giorno 8: Pinzolo e Madonna di Campiglio in Italia

Dopo aver gustato la colazione seduti ai tavoli della terrazza coperta e aver lasciato sfruttare a Leonardo i servizi del Garni On the rock, camminiamo ancora tra le viuzze nel cuore di Arco per curiosare nei negozi aperti di giocattoli, souvenir e in particolare di articoli sportivi. La città infatti è la regina dello sport all’aperto: ciclismo e mountain bike, attività nel fiume e in lago, camminate e ovviamente arrampicata. La piazza della Cattedrale di Santa Maria Assunta offre uno scorcio particolare sul castello e nei giardini pubblici sul retro del chiesa si trova un parchetto per i bimbi.

Il viaggio continua in auto per 56 chilometri in vallate ricche di vegetazione e scorci sulla suggestiva Forra del Limarò sino alla località Pineta a Pinzolo. La meta è obbligatoria se viaggiate in alta Val Rendena con figli piccoli, grazie alla varietà delle attrezzature presenti, sparse in un bel parco ombreggiato da conifere e allungato sulle rive del fiume Sarca.

E’ lo stesso torrente che ritroviamo ad animare la lunghissima val Genova con inizio nel paese di Carisolo, il cui accesso d’estate è chiuso al traffico e fruibile solo con le navette, o in alternativa in bici e a pedi. Siamo nel Parco Naturale Adamello-Brenta, l’area protetta più vasta del Trentino,  e noi riusciamo a sfruttare l’ultima giornata di accesso libero sfruttando così la possibilità di godere della vallata senza essere vincolati ad attese, punti di fermata, costi per il parcheggio, e riuscendone ad ammirare in poco tempo i due simboli, le Cascate Nardis e di Laris. Le prime, a 920 metri di quota, compiono un unico salto di ben 130 metri addossato alla parete rocciosa scura, proprio accanto alla carrozzabile. Di certo sono degne di uno scatto, così come merita compiere un tratto di sentiero che costeggia il fiume Sarca, nelle loro vicinanze pressoché pianeggiante. In realtà l’intero tracciato ha una lunghezza importante dato che attraversa per intero la Val Genova si addentra per circa 20 chilometri. Le indicazioni per la seconda si incontrano poco dopo nel Pian di Genova al Ponte Rosso, a 1100 metri di altitudine. Qui bisogna abbandonare la macchina e seguire un percorso in salita immerso nella pineta per circa 20 minuti. Poi tra i pini irrompono il fragore e soprattutto gli spruzzi della cascata di Laris Alta (quella bassa è un semplice torrente), composta da diversi salti spumeggianti, banchi, impetuosi. Per noi è la preferita pure perché è inserita in un contesto selvaggio, senza ristori né strade nei dintorni.

La nostra esplorazione della valle si conclude con questa visione, ora ci attende la Vallesinella con inizio da Madonna di Campiglio, la patinata località turistica famosa in particolare per gli sport invernali. Data l’appartenenza al Parco Naturale Adamello-Brenta anche qui valgono le medesime condizioni d’accesso della val Genova, libero in bassa stagione, con bus navetta e parcheggi a pagamento da prenotare online dalla seconda metà di giugno. Noi arriviamo in auto alla struttura moderna in legno e vetro dell’hotel ristorante bar Vallesinella, distante 4 chilometri da Madonna di Campiglio e in corrispondenza dell’ultima area di posteggio. Da tale punto partono in salita le varie escursioni ai rifugi dolomitici, mentre comincia in discesa il percorso ad anello della Cascata di Mezzo, il prescelto da noi. In quindici minuti su strada sterrata si raggiunge il Rifugio omonimo dal quale si ammirano i balzi tumultuosi dell’acqua. Poi un sentiero ripido intervallato da ponticelli consente di avvicinarsi e attraversare ruscelli e zampilli, fino al punto di partenza/arrivo. La passeggiata è piacevole, breve e adatta ai bambini, la cascata possiede un certo appeal ma se devo essere sincera non impressiona come quelle della Val Genova. E’ ovviamente un’opinione personale.

Per via di un’offerta molto conveniente allo Sport Hotel Rosatti, scendiamo nella confinante Val di Sole al paese di Dimaro. Il tre stelle superiore è una struttura ricettiva meravigliosa in stile alpino e offre ai clienti molti servizi tra cui una spa, piscina coperta e sala fitness, idromassaggio in terrazza, trattamenti di bellezza e massaggi, area giochi al coperto. Usufruendo della mezza pensione gustiamo una cena squisita, dal buffet d’apertura impressionante per la varietà dei prodotti a quello conclusivo dei dolci, nel mezzo, primi e secondi a scelta fra tre proposte di ottima qualità. E dopo un sonno ristoratore la colazione non delude e fornisce le energie necessarie a un’escursione in montagna.

Giorno 9: Camminata sulle Dolomiti del Brenta

In questa vacanza non rinunciamo proprio a nulla, nemmeno a una scarpinata nello splendido anfiteatro delle Dolomiti del Brenta. Per compierla risaliamo i tornanti di passo Campo Carlo Magno, il valico che conduce a Madonna di Campiglio, e poco dopo lo scollinamento deviamo a sinistra nel piazzale, a pagamento, della Cabinovia Grostè. Ci eravamo già saliti diversi anni fa con la setterina Kira e oggi vi torniamo con nostro figlio, ma a differenza di allora scendiamo alla stazione intermedia a 2080 metri nei pressi del ristorante Boch.

Subito veniamo travolti dallo scenario montuoso impressionante formato dalla dolomia, la roccia dal caratteristico colore grigio tendente al bianco e al rosato conosciuta in tutto il mondo per gli scorci da cartolina. Allontanandoci dall’impianto di risalita si incontrano diversi cartelli segnaletici e fra questi seguiamo le indicazioni per il Rifugio Graffer a 2260 metri di altitudine, raggiungibile in una mezz’ora di comoda salita su strada sterrata o sul sentiero contiguo. Meglio la seconda opzione per immergersi completamente nei pascoli tempestati di fiori, rododendri rosa, ranuncoli gialli, genziane blu, non ti scordar di me azzurri. Senza nemmeno accorgerci siamo già nei pressi del ristoro, sul retro del quale si trovano scivolo, altalena e una piccola palestra d’arrampicata, tutti testati da Leonardo.

Questa non è la meta finale, i Rifugi Tuckett e Quintino Sella a 2270 metri di quota corrispondono al punto di arrivo dell’escursione. La cartellonistica li indica a un’ora e quaranta minuti di distanza, con camminata ad andatura costante e normale aggiungo io. Se siete accompagnati da figli piccoli o persone non abituate all’alta montagna considerate più tempo per non rischiare di perdere l’ultima discesa della cabinovia.

Dal Graffer si sale ancora, in un paesaggio aspro caratterizzato da sculture rocciose e sassi di un bianco reso accecante dai raggi del solo. I pini sono ormai lontani e pure il verde dei pascoli abdica alle pietre, solo qualche arbusto, muschio, lichene e fiorellino basso sopravvive in un ambiente così esposto agli agenti atmosferici. Dopo il primo tratto di salita il tracciato prosegue in un susseguirsi di sali scendi, privi di particolari difficoltà ma comunque impegnativi, tagliando i fianchi della montagna composta dai picchi dolomitici. Sulla destra e all’orizzonte invece i monti sono più dolci, verdeggianti e si scorge il ghiacciaio dell’Adamello. Poi si aggira un costolone sassoso e dal nulla compaiono le sagome vicine dei due rifugi, anticipate dalla piccola chiesetta e calati nell’anfiteatro del Castelletto Inferiore d’infinita bellezza. Gli occhi ne sono irresistibilmente catturati, bisogna sedersi ad ammirarlo per imprimersi per bene nella mente un panorama così spettacolare. Seguiamo con la vista l’ascesa di alcuni alpinisti impegnati da una parte nell’arrampicata e dall’altra a superare il canalone ancora invaso dalla neve della bocchetta. Forse un giorno, quando nostro figlio sarà cresciuto, affronteremo percorsi più selettivi. Per adesso ci accontentiamo ad assistere da lontano, seduti ai tavoli esterni del rifugio Tuckett davanti a un buon bis di primi e a un piatto di penne al ragù.

Per il ritorno percorriamo il medesimo sentiero dell’andata. Esistono tuttavia altre alternative fra cui scendere in Vallesinella e quindi usufruire della navetta fino a Madonna di Campiglio, o raggiungere la località a piedi passando per la Cascata di Mezzo, e del bus per il piazzale della cabinovia Grostè. Certo è un po’ strutturato ma comunque fattibile.

Il lungo viaggio tra alcune delle bellezze d’Italia, Slovenia e Croazia è giunto al termine. Prima però di rientrare in Valtellina attraverso i passi del Tonale e dell’Aprica ceniamo sulle rive del torrente Noce in val di Sole, al ristorante pizzeria Bucaneve in località Commezzadura. Possiamo respirare ancora un poco l’aria salubre del Trentino, gustarne alcune specialità e lasciar scatenare Leonardo nel parco giochi e nel grande prato accanto al locale, con accesso diretto alle acque fresche del fiume. Ricordiamo i luoghi scoperti durante questi nove giorni, diversi tra loro eppure dotati in egual modo di peculiarità incredibili, che forse un domani visiteremo di nuovo.

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