Tanzania: avventura pura tra natura incontaminata e popoli ancestrali

La mia avventura nel nord della Tanzania inizia ad Arusha, una città africana ma dai tratti occidentali, disordinata, verdissima, e sotto lo sguardo attento del Monte Meru, gironzolo tra le vie caotiche e coloratissime, e grazie a Rocco Lastella, un italiano studioso di antropologia e dal cuore africano che mi dà il benvenuto in terra d’Africa con un frullato di mango e storie di Masai, visito prima il Faraja Center, un istituto che aiuta giovani ragazze madri, vittime di traffico umano e violenze domestiche, e poi, tra cantieri appaltati a ditte cinesi e venditori di prodotti locali, perdo qualche ora a fare shopping a Shanga, un delizioso negozio di artigianato locale dove collanine di perline, animali di stoffa, bicchieri ed oggetti di vetro vengono inventati e creati da disabili utilizzando materiale riciclato. Mi accompagna, in questo viaggio-spedizione nel nord della Tanzania, Naftal Zakayo (www.safaricrewtanzania.com), una giovane guida di Arusha, dagli occhi fintamente timidi e dai racconti infiniti e pronti a soddisfare ogni mia curiosità. Da Arusha parto alla volta di Longido, per il mio primo incontro con il popolo Masai. Mi accoglie Sam, un vecchio Masai dal sorriso saggio e dalle storie affascinanti, e con lui, avvolto nel suo manto rosso, mi inerpico nella sua montagna alla volta della Grotta della Circoncisione. Attraverso il ‘boma’ di Sam, dove mi salutano le sue mogli, e lui mi racconta che i Masai sono come i leoni: ogni capo tribù stabilisce le regole del suo villaggio; le donne costruiscono le case, allevano i figli, vanno al mercato e coltivano la terra, i ragazzini fanno pascolare le caprette e a fine giornata, seduti sulla roccia della Grotta della Circoncisione, seguono le lezioni, solo orali, che lo stregone impartisce per imparare le tre cose più importanti per il popolo Masai: curare le mogli, saper gestire la casa ed allevare le mucche. Un uomo Masai è ricco se ha tante mogli, tanti figli e tante mucche; più mucche possiede e più mogli può desiderare. Tra bambini saltellanti e caprette che seguono i ragazzini, giungo alla Grotta della Circoncisione, luogo sacro ed intimo: qui i ragazzini, intorno a 15 anni, vengono circoncisi con un rito ancestrale e magico, senza poter versare neppure una lacrima, pena l’allontanamento dal villaggio, ed alla fine, hanno in dono il permesso di indossare, dopo un periodo vestiti di solo manto nero e con il volto truccato di bianco, il manto rosso e di poter prendere moglie.
E dopo i racconti dei Masai, mi perdo nel parco del Lake Manyara, un piccolo parco verdissimo, il cui nome ricorda la pianta selvatica che i Masai utilizzano a protezione delle loro case, con il suo lago sempre più secco ed in attesa della stagione delle piogge, con i suoi fenicotteri rosa pronti a volare verso il Lake Natron, con i suoi leoni arboricoli che si rilassano, pigri, tra le fronde degli alberi, con le sue mandrie di elefanti e di scimmiette che seguono, incuriosite, la jeep, e con gli enormi baobab che tmarii dominano dall’alto.
E dopo un verdissimo safari, di nuovo storie di vita e di tradizioni ancestrali; la mia jeep abbandona le strade principali e continua la sua avventura verso il Lake Eyasi: qui, da centinaia di anni, convivono, su in montagna, gli Hadzabe e, più in valle, i Datoga, due popoli strettamente legati tra loro ma con tradizioni e linguaggi diversi.