Asante sana, Tanzania

Classico ed emozionantissimo safari tra i parchi nazionali del Nord
Scritto da: benny1979
asante sana, tanzania
Partenza il: 16/06/2017
Ritorno il: 27/06/2017
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Africa: si sente spesso parlare del “mal d’Africa”, ma solo chi è stato in questo meraviglioso e, per certi versi, difficile continente sa quello di cui sto parlando… E’ una “malattia” strana, che ti prende all’improvviso, guardando alcune fotografie su internet di altri viaggiatori, oppure un documentario della National Geographic o, peggio ancora, leggendo o ascoltando le avventure di altri viaggiatori; può manifestarsi anche ad anni di distanza dall’ultimo viaggio, come è successo a me, che ero stato in Sudafrica e in Kenya anni fa (nonchè in Marocco ed Egitto, ma quello è un altro mondo)…

Ed è a causa di ciò che decido, con un paio di mesi in anticipo, di acquistare, col mio fido travelbuddy, un biglietto per il Kilimanjaro International Airport, porta di accesso ai grandi parchi nazionali del nord della Tanzania, l’eldorado per chi ama la natura incontaminata e gli animali. E’ stata una decisione abbastanza improvvisa, in realtà le mie vacanze per il 2017 avrebbero dovuto svolgersi in Costarica a gennaio, poi purtroppo sono saltate, ma quella è un’altra storia … abbiamo un paio di settimane libere a giugno, dove si va? per la Tanzania sarebbe un buon periodo, è l’inizio della stagione secca, piove pochissimo, non fa eccessivamente caldo e ci sono dei buoni voli… perfetto, andiamo!

Capitolo successivo, la ricerca di un buon tour operator locale: sul web ve ne sono un’infinità, tutti con sede ad Arusha, prezzi e offerte tra le più disparate, che comprendono non solo i classici safari, in tenda o lodge a seconda del budget, ma anche le scalate al Kilimanjaro o al Meru oppure le estensioni mare a Zanzibar. Mi imbatto in Mojhi.com, un portale (proprietà di indiani) che gestisce varie attività in Tanzania, ha ottime recensioni e prezzi abbastanza competitivi (tenete presente che i safari sono notoriamente piuttosto cari). Invio una mail, vengo contattato immediatamente, sembrano parecchio affidabili, ci scambiamo i numeri di whatsapp e parte la trattativa; ci offrono diversi pacchetti, il loro partner in loco è la Oltumure Track and Safaris, anch’essa con ottime recensioni, e optiamo per 6 giorni, quattro parchi, e due notti in albergo, una prima e una dopo, per 1060USD. Speriamo bene…

Non starò a descrivere la mia avventura come un classico “diario di viaggio” ma mi limiterò ad alcuni consigli e sensazioni, che si devono vivere personalmente e a cui le parole non rendono giustizia.

Capitolo vaccini: non sono obbligatori (tranne quello contro a febbre gialla solamente se si proviene da paesi endemici) e in effetti io non ne ho fatti, nemmeno la profilassi antimalarica, considerando il periodo secco, l’assenza di piogge e le temperature non certo “africane” (ma io non sono un buon esempio da seguire, se non vi sentite sicuri, fateli!).

VOLO

Abbiamo viaggiato con Ethiopian Airlines da Milano al Kilimanjaro Int. Airport, via Addis Abeba; la compagnia è più che buona, non certo a livello di quelle mediorientali ma migliore di molte europee. Purtroppo hanno cancellato il volo di andata circa un mesetto prima, spostandolo il giorno precedente, per cui abbiamo dovuto aggiungere una notte in Hotel, poco male. Per quanto riguarda il visto potete farlo tranquillamente in loco al costo di 50USD, anche se le procedure di immigrazione sono piuttosto laboriose nel piccolo e decadente aeroporto e considerando la proverbiale lentezza dei tanzaniani (pole-pole vale ovunque …).

HOTEL

L’unico piccolo intoppo avviene appena ritirati i bagagli, non c’è nessuno ad aspettarci (airport pick-up compreso dicevano …). Ci affidiamo ad un taxi (che poi l’agenzia provvederà a pagare completamente dopo essersi scusati dicendoci di aver avuto un problema con l’auto lungo la strada) e ci dirigiamo verso l’Hotel assegnatoci, il piccolo ma confortevole Kamao Hotel, con un bellissimo e fresco giardino, personale accogliente e gentile, WiFi, dove passeremo due notti prima del safari vero e proprio.

Arusha

Non vi è molto da fare, la cittadina, in pieno sviluppo edilizio, offre poco a parte qualche mercato locale (fra cui il turisticissimo Masai Market, utile per l’aquisto di souvenir), ma vi si trovano alcuni ottimi locali, abbastanza economici (siamo sui 10-12USD a pasto), per mangiare o bere qualcosa, fra i quali segnalo il Fifi’s, il ViaVia, immerso nel verde, cosi come il Woodlands Cafe, dove consiglio la ottima pizza, dove ci facciamo sempre portare in taxi, sia per la distanza dall’hotel (unica pecca) sia perchè sconsigliano di girare a piedi di notte, anche se Arusha mi è sembrata tutto sommato tranquilla, non c’è nessun mendicante, flycatcher o ubriaco (come invece avevo trovato a Malindi dove la gente rovistava nelle discariche a cielo aperto). Scambiamo inoltre qualche dollaro in scellino tanzaniano, sarà utile per le piccole spese.

Appuntamento in albergo con Robert, il boss della Oltumure, saldiamo il conto (avevamo pagato il 15% al momento della prenotazione con carta di credito) e provvediamo agli ultimi preparativi: “sono dispiaciuto, ma il vostro tour, che doveva comprendere sei persone, sarà solamente per voi due più un’altra, perchè hanno avuto problemi con il volo, vi crea problemi?” “Assolutamente no! Anzi, meno siamo meglio staremo!”. OK, tutto sistemato, saremo noi due, Michelle, una simpatica ragazza sudafricana che giunge dalla terribile scalata di sette giorni al Kili, Chiba, l’autista e guida per tutto il viaggio e Isaiah, il cuoco, persone splendide che si daranno da fare come matti per rendere l’avventura più confortevole possibile (guidare per ore sulle piste sterrate, montare e smontare tende, cucinare ottimi pasti, spiegare usi e costumi delle popolazioni locali, avvistamento e descrizione degli animali… le mance finali, un obbligo, saranno meritatissime).

Ore 8,30, si parte. Il primo tratto è il più faticoso, dobbiamo raggiungere il Serengeti e il nostro campsite a Seronera. Fino alle pendici del Ngorongoro tutto bene, ci fermiamo per espletare le pratiche di ingresso al parco (che visiteremo però nei giorni successivi), e per alcune foto dall’alto del cratere in compagnia di un gruppo di babbuini. Ma da qui al Serengeti bisogna percorrere un lunghissimo tratto di pista sterrata, in un paesaggio polveroso e semidesertico, prima di giungere al campeggio nel tardo pomeriggio stremati, non prima di aver assistito ad una delle scene più emozionanti dell’intero viaggio: una “litigata” a bordo strada fra un branco di iene, coadiuvate da un coraggiosissimo sciacallo, ed una leonessa per una preda, sotto un tramonto di fuoco, da lacrime agli occhi per l’emozione … Indovinate chi ha vinto?

Serengeti National Park

Enorme, immaginate un mare sconfinato di erba ingiallita, interrotta a tratti da piccole montagne di granito, i kopjes, alcuni boschetti di acace spinose e qualche rada pozza d’acqua circondata da vegetazione più verde e rigogliosa. Ci fermiamo due giorni, percorrendo sulla camionetta Toyota le piste in lungo e in largo e, nonostante le grandi migrazioni non siano ancora cominciate, vediamo e fotografiamo una quantità impressionante di animali, dai leoni a mandrie enormi di zebre, passando per bufali, onnipresenti gazzelle, antilopi varie, elefanti, giraffe, leopardi, ghepardi, ippopotami, uccelli di svariate specie, scimmie e chi più ne ha più ne metta: si, sembra proprio di stare in mezzo ad un documentario. Il campeggio è a dir poco spartano, ma questo già lo sapevamo, ma l’emozione di stare in mezzo alla natura più incontaminata, lontano da ogni comfort moderno, senza tv, cellulari e il frastuono delle metropoli, la frenesia della vita occidentale, è incomparabile. Non nego di aver dormito con un po’ di fatica nella tenda, seppur abbastanza comoda, soprattutto per i rumori che si sentono di notte, dal ghigno inquietante delle iene, al ragliare delle zebre al ruggito dei leoni, più o meno in lontananza, meglio non saperlo… salvo poi scoprire che di una di queste povere zebre al mattino non ne rimaneva altro che la testa, le zampe e alcune interiora…

Ngorongoro Crater Conservation Area

Semplicemente incredibile. Patrimonio mondiale dell’UNESCO, non è parco nazionale, i masai possono entrarvi a pascolare il bestiame. Il panorama dalla parte superiore è mozzafiato, ma quando si scende verso la base è semplicemente indescrivibile. Il paesaggio è decisamente più verdeggiante, il clima frizzante (si è a 2000m dopo tutto, di notte fa freddo e al mattino c’è la nebbia tipo pianura Padana a Novembre), e si è circondati da una concentrazione di animali senza uguali. Gli gnu la fanno da padrone, i leoni sono facilmente avvistabili cosi come decine e decine di altre specie, se avete foruna (noi no) anche i rarissimi rinoceronti sono presenti, il lago Magadi è rosa in lontananza per i fenicotteri. La macchina fotografica ha lavorato come mai prima d’ora.

Lake Manyara National Park

Piccolo parco sottovalutato dai più, è invece decisamente interessante, soprattutto per la varietà degli ecosistemi, dalle foreste intricate a tratti di savana aperta, dalle zone paludose sino a giungere al lago alcalino, alimentato da sorgenti termali e luogo di residenza di migliaia di fenicotteri, pellicani e altri uccelli acquatici. Vi sono molti grandi animali, seppur meno dei parchi precedenti, ma è soprattutto nelle aree acquitrinose che la vita si concentra maggiormente. Filmiamo una famiglia di elefanti intenta a mangiare l’erba verdissima a pochi centimetri dalla nostra auto.

Tarangire National Park

Ultimo parco da noi visitato, nonchè il più vicino ad Arusha, è molto grande e spicca soprattutto per i numerosi e immensi baobab che ne caratterizzano il paesaggio collinoso. Anche in questo caso la concentrazione di animali ci è sembrata inferiore al Serengeti, anche perchè il Tarangire River era pressochè in secca, ma non mancano elefanti, giraffe, zebre, antilopi, ghepardi e, soprattutto, è un paradiso per i birdwatcher, ospitando centinaia di specie di uccelli coloratissimi tra i quali menzionerei il serpentario, gli struzzi, la ghiandaia marina pettolilla, il coloratissimo storno splendido, i cuculi, i tessitori, le cicogne e i marabù.

Lungo la strada che, nel tardo pomeriggio ci riporta ad Arusha, siamo stanchi morti, ma non smetto di ammirare i gruppi di masai che dai loro villaggi, nei loro abiti coloratissimi, conducono le loro greggi al pascolo, mentre a Mto wa Mbu donne vendono ogni genere di frutta (che buone le banane rosse!) e oggetti di artigianato. L’ultima immagine è quella dell’imponente Meru che sovrasta la cittadina che è stata la nostra base…

Foto di rito tutti insieme, saluti e ringraziamenti vari, domani si torna a casa, ma già sappiamo che in Africa, prima o poi, ci ritorneremo. Ma questa è un’altra storia…



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