Sicilia dell’Est tra pioggia, sole e polvere nera.

Visita di Noto, Modica, Ragusa, Scicli, Taormina, Catania, Etna, Riserva di Vendicari, Siracusa Ortigia e Palermo , Orvieto ,Cilento, con particolare attenzione a b&b nel verde
Scritto da: mariaedino
sicilia dell'est tra pioggia, sole e polvere nera.
Partenza il: 01/09/2021
Ritorno il: 12/09/2021
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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MERCOLEDI’ 1 SETTEMBRE

Avevamo sempre affermato che, appena mi sarebbe stato permesso di andare in vacanza a settembre (leggi pensionamento), saremmo andati in Sicilia, e così, nonostante una scossa di terremoto ad agosto, i parossismi nuovi ma piccoli dell’Etna e, soprattutto, la zona gialla della regione, il primo settembre partiamo, in auto: ci imponiamo di fare due pause, tra Torino e Villa S. Giovanni. La prima è Orvieto. Scegliamo il parcheggio di fronte alla funivia, che però non accetta card: è un euro l’ora, solo con monete. Lunga passeggiata fino al duomo, un saluto a Signorelli, con primo controllo Green Pass e prima considerazione sulla moltitudine di turisti presenti. Poi camminata per San Giovenale e il suo punto panoramico e pranzo alla fiaschetteria Spuntino Orvietano, : cacio e pepe, e porchetta in due, buon vino . Poi si parte, alla ricerca di via Cassia 110, Lago di Bolsena. La via è semplice da trovare, ma non la deviazione per Meridiano 12, il b&b prescelto. Occorre controllare gli indicatori e girare per una strada impervia, che diventa a tratti sterrata. La sistemazione è decisamente isolata, in compagnia di altri affittuari in case diverse, con vista lago, bbq, e giardino/piazzale in cui leggere o fumare con calma, in mezzo al verde. Tutti i b&b da noi scelti sono stati cercati in zone campestri e isolate, quindi questo rispondeva in pieno alle nostre aspettative. Non incontriamo alcun gestore, al cellulare ci viene detto come entrare (codice e chiave nascosta nella pulsantiera). Alla sera visitiamo Pitigliano, che risulta più lontano di quello che si pensava. Scegliamo in piazza “I Gazzillori”, una gestione giovane, un pochino lenta ma buona. Fa decisamente freddo, camminiamo per il paese, fino al fondo, con ottimi scorci illuminati, torniamo dopo aver scattato foto notturne ai viottoli ripidi.

Giovedì 2 settembre – Partiamo al buio, alle 6. Tanto tanto traffico sempre, tir, auto e passaggi da una galleria all’altra, arriviamo alle 12 nel Cilento, ad Acciaioli, descritto come tipico paesino di pescatori: il “tipico” lo sostituirei con carino, non trovando i pescatori citati. Parcheggio: 3 euro e Lido La Perla 15, entrambi tutto il giorno: valida sistemazione. Ci buttiamo in acqua con piacere, poi pranzo sul mare. Bello, fresco, ma aumenta deciso il vento, che ci spinge al nuovo b&b . Seguendo la litoranea, ci fermiamo ancora al porto di Palinuro, ma saliamo al faro, per impossibilità di parcheggio: qualche foto allo strapiombo sul mare e via. La ricerca del più bel b&B del viaggio, la masseria Cata Catascia di Tortorella, ha inizio: scegliamo la strada che parte da Centole, che ci permette di vedere panorami notevoli, nel parco del Cilento, ma prolunga il tragitto, molto più corto se iniziato da Sapri. Non trovando fine al percorso, telefoniamo e ci indicano come arrivare alla meta. La costruzione è molto bella, davvero nel verde, con bella vista e bella gente. Con relax davanti al tramonto e delizioso aperitivo offerto dalla casa-vino bianco e olive di produzione propria- osservo l’estrema attenzione dedicata al look, con particolari importanti ma non invadenti; intanto, due bimbe corrono con Colla, il cane, che fiuta sospettoso. Il fuoco per una brace acceso accanto ci fa rimpiangere il fatto di non aver prenotato una cena da loro, che ci consigliano quindi di recarci a Torraca, dal “sergente”, per la poca distanza: ci aspetta un antipasto gigantesco, il primo della serie; per fortuna, su consiglio del gestore, ne abbiamo preso uno in due con: peperoni all’olio, carote alla menta, zucchine speziate, cipolle in agro, formaggi di due tipi, salumi di tre, caponata e melanzane ripiene e due tipi di fritture. Segue primo e secondo, in dimensioni per noi esagerate, vino con percocca, caffè e amaro: 50 euro in due. Non sempre, per nostra fortuna, le porzioni saranno così gigantesche: qui conviene fare attenzione e buttare un occhio alla comanda, che a volte denota confusione. La gentilezza, però, è assoluta.

Venerdì 3 – Colazione non compresa, ma gradita, al fresco , con due parole e scambio di vedute. In ogni nostro viaggio, scegliamo la sistemazione b&b anche per la possibilità di conoscere persone diverse, sentire le loro testimonianze e le loro scelte. Con amara sorpresa, valutiamo che la strada del ritorno in discesa per Sapri è in effetti la metà di quella fatta nel parco, troviamo l’autostrada e arriviamo a Villa S. Giovanni. Per la traversata, viaggiamo con Caronte, 39 euro, dopo esser anche noi cascati nel labirinto della biglietteria, che sembra essere una costante per chi parte.

Da Messina a Zafferana Etnea, l’autostrada ci fa giungere alle 15.30. Il terzo b&b, Villa Vulcano, tra l’Etna e il mare, è totalmente diverso dal precedente: codice per entrare inviato tramite whatsapp, poi, su richiesta, appare un ragazzo che ci spiega il da farsi. L’interno è notevolmente lussuoso e decisamente valido per il servizio: pavimenti in marmo, ampia cucina a disposizione degli affittuari, con qualsiasi dispositivo, lavatrice, pulizia estrema, sala relax, camera ottima. L’esterno e il panorama, invece, lasciano molto a desiderare, non solo per la polvere etnea caduta da poco, che, anzi, è per noi una novità del luogo. La nostra prima meta è la costa dei Ciclopi: parcheggiamo ad Aci Reale in un parking a pagamento, ma anche no (ci dicono due signori di un chiosco). Ci troviamo in una confusione generica, causata forse da due matrimoni in contemporanea, in due chiese diverse: la bellezza del Barocco continuamente presente ci permette di non considerare alcune brutture adiacenti: due contrari costanti in tutto il viaggio. Visto il centro, ci spostiamo velocemente ad Aci Trezza, bel paesino marino, posteggiamo al porticciolo, guardiamo i Ciclopi al tramonto inoltrato e scegliamo “Il pellegrino”, per la nostra cena, indicato sulla Lonely: pesce eccellente e bella vista sul mare.

Sabato 4 settembre – Come previsto, risveglio con pioggia a catinelle, insieme ad una serie di spari, abbastanza vicini alla casa. Senza farci domande, partiamo comunque per Catania. Parcheggiamo all’inizio del mercato, comodamente dietro la Cattedrale, per 3 euro fino alle 12 e, sotto un ombrello, vaghiamo tra i banchetti. La pioggia ormai leggera non rovina la convinta euforia dei venditori, pesce splendido ovunque, frutta e verdura di qualità. Raggiungiamo la via Etnea, e entriamo in un provvidenziale bar per un’ottima colazione. Quindi ci rechiamo ai Giardini Bellini, al fondo della via, e risaliamo fino alla cattedrale: non piove più, un’occhiata al famoso elefante, ancora un attimo alla Pescheria, e via, buttando continuamente sguardi ai vari intarsi e ricami barocchi che ci fanno l’occhiolino da qualsiasi finestra o angolo dei palazzi. Ripeto, una ricchezza infinita, e forse trascurata. Pranzo sul terrazzino del b&b, notando che l’Etna fumacchia. Poi a Taormina, con comoda autostrada: parcheggiamo al Lumbi, 3 ore per 5 euro, più uno per il comune. Raggiunto il centro tramite una ripida scala, ci rechiamo al Teatro Greco: coda alla biglietteria e ingresso, per poi scoprire che ci sono lavori in corso per un concerto serale, quindi è impossibile fotografare il Teatro nella sua totalità, con urla degli addetti al lavoro e richieste di spostarsi o andarsene, “per favore”. Poi Villa Comunale e via Umberto con chiese, troppa gente, rare mascherine, un vero assembramento. Ci allontaniamo e, a sottolineare il pomeriggio non proprio ok, fatichiamo a trovare una trattoria consigliata a Zafferana, l’Ardichetto, che risulta poi chiusa, e dobbiamo ahimè optare per una megapizzeria con kararoke e invito a cantare, di certo non nelle nostre corde.

Domenica 5 – E’ il momento dell’Etna, che è un po’ il fulcro del nostro viaggio. Arriviamo al rifugio Sapienza seguendo le indicazioni Etna sud, il parcheggio del vulcano è 3.50 e. fino alle 12. Paghiamo la sola funivia per 30 euro ciascuno. Alla biglietteria, con sincerità, confessano che il tempo non è certo e tende al brutto. All’arrivo ci incamminiamo, seguendo altri gruppi solitari: non è chiaro se si possa camminare o no. Non voglio annoiare descrivendo il panorama, ma devo depositare qui la sensazione di deserto, di paesaggio lunare, di Bellezza assoluta, con il cielo azzurro, sebbene per poco, in contrasto con il nero del terreno, una visione a 360 gradi, terra friabile rotta solo da tenaci ciuffi di fiori gialli, silenzio. Alcune nuvole che avanzano ci spingono rapidamente a scendere . Sulla strada del ritorno, raccogliamo pietre laviche da una colata recente che sfiora la strada: una segnalazione, indicata anche da cartelli a lato, è importante: il manto stradale è molto scivoloso, a causa della polvere lavica, sempre presente.

Andiamo a S. Alfio, parco dell’Etna, per vedere il castagno dei Cento Cavalli: è circondato da una staccionata, ma la sua grandezza è immediatamente percepibile. Mangiamo ad un chiosco sul posto e partiamo. E’ impossibile non accorgersi dei mucchi di sacchi pieni di polvere lavica accanto alla porte delle case, nei paesi colpiti, quali Milo e Giarre, e comprendere il disagio dei siciliani a riguardo. Per non perdere l’abitudine, prendiamo di nuovo pioggia decisa nei pressi di Siracusa, e arriviamo al b&b Vinciucci, più vicino a Modica che a Ispica. Il cartello è marrone scuro, difficile a vedersi. La struttura si presenta bene e l’accoglienza e la sistemazione è tale da farci prolungare la sosta di un giorno. Sia chiaro, deve piacere la campagna e odori e rumori relativi: ma raccogliere fichi d’India con attrezzo apposito, vivere con maioliche e mobili tradizionali siciliani, fiori e verde ovunque, e terrazzino tranquillo su cui leggere o parlare, non è da molti. Andrea, il gestore, ci consiglia di recarci a Modica antica, per mangiare alla “Putia ro vino”, bottega del vino. La consigliamo vivamente, se si cerca una cucina semplice, leggera, ma locale, e un prezzo rispettoso.

Lunedì 6 settembre – La pasticceria siciliana è indubbiamente ottima. Per un pieno di benzina, ci fermiamo ad un distributore Blue Oil lungo la strada, ad Ispica,e rimaniamo stupiti per la buona qualità del caffè e della colazione proposta. Oggi si va a Siracusa, Ortigia, ovviamente sotto la pioggia. Parcheggio: porto della Marina, praticamente in città vecchia. 2 E.l’ora. Ci arrampichiamo fino a piazza Duomo, splendida anche con il cielo scuro. Visitiamo la chiesa e poi passeggiamo per l’isola, arrivando al mare. Costeggiamo le mura e torniamo in piazza. Alle 12, con il sole, partiamo, cercando la punta del molo, cioè le spiagge di Siracusa, come consigliato in un diario TPC letto precedentemente. In coda, nel traffico, arriviamo allo scalo 35, nascosto tra ville decisamente di lusso. Bella caletta, attrezzata in parte, il clima non ci spinge in acqua, c’è addirittura ombra: godiamo quindi del panorama. Alla sera, visitiamo Scicli, un reale gioiello, pulito e valorizzato, con i siti di Montalbano, e poi ci rechiamo alla trattoria “Beatrice”, Marina di Modica, per mangiare pesce, sempre su consiglio di Andrea. Molto buono, anche qui un prezzo rispettoso per la quantità e la qualità del pesce mangiato.

Martedì 7 settembre – Considerata la presenza del sole, e la previsione discreta nella giornata, decidiamo di vivere un giorno al mare. La signora, ottimista, ci fornisce di ombrellone. Questa volta la colazione, deliziosa, è nella piazza di Ispica, davanti a una fila di uomini seduti lungo il muro della casa adiacente, che, seduti, osservano ciò che accade: come spesso succede, nessuna donna tra di loro. Partiamo per l’isola delle Correnti, seguendo una strada stretta a fianco di mille serre. Parcheggio 4 euro per tutto il giorno, ombrellone e due sdraio per 30 euro in prima fila, cabina etc. Il tempo varia da sole a cielo scuro a pioggia a vento, bellissimo, acqua trasparente con isola di sfondo. Io mi butto subito, non resisto. Nel primo pomeriggio cerchiamo di raggiungere l’isola a piedi, ma c’è troppa corrente, non si riesce, quindi ultimo tuffo e via, alle 16. Pausa sul terrazzino e visita serale a Modica, con scalinata del Duomo S. Giorgio: mentre scendiamo, si accendono improvvisamente tutte le luci del paese di fronte, come in un presepe. Facciamo il bis alla “Putia ro vino”, questa volta affollata di turisti.

Mercoledi’ 8 settembre E’ la volta di Noto: riusciamo a parcheggiare prima della zona blu. Il centro storico è decisamente bello, pulito, ricco, molto turistico. Andiamo sul terrazzo del monastero S. Chiara, interessante la visita per particolari del convento e per il panorama. Vaghiamo per le belle vie, visitando diverse chiese e poi decidiamo di andare alla riserva di Vendicari, consigliata da tutti. All’uscita della Tonnara, pargheggiamo per 3.50 euro, ingresso 3 ciascuno. Ci posizioniamo all’inizio di una strada sterrata che porta a Calamosche, a sinistra della tonnara. L’entrata in acqua è difficile per mare mosso e per rocce affioranti. Notiamo nuvole nere avvicinarsi, ma non vogliamo crederci, davvero. Invece, inizia un temporale infinito, che ci costringe ad incamminarci all’auto, sotto l’ombrellone, in una strada allagata. Fradici e neri, in auto, andiamo a Marzameni, ma appena scendiamo, arriva anche qui uno scroscio e questo paesino, tanto decantato, ci sembra una piccola Rimini. Dove sono le case dei pescatori? Allora andiamo a Portopalo e c’è il sole. La ricerca mancata del porto ci mette di fronte a uno spettacolo davvero poco edificante, composto di costruzioni a metà, erba alta, nessun abbellimento: le parti nuove sul litorale non hanno niente a che fare con i borghi barocchi. Neanche il faro bianco che sovrasta il paese riesce a far passare la tristezza, nel pensare a come si potrebbe valorizzare la punta estrema della Sicila. Ci consoliamo con un ristorante serale di nuovo consigliato: “La lampara”, su strada S.Maria del Pozzallo, anche se è a Pozzallo. Buonissimo pesce e dolce, solamente un po’ di attenzione al costo del vino e alla tentazione di offrire pesce fresco a peso (tonno, aspice) che fa alzare di molto il costo. Comunque, decisamente valido.

Giovedì 9 – E’ ora di salutare Vinciucci, e non è facile. Mi accorgo di essere stata colpita dalla natura siciliana di questo posto. Andiamo a Ragusa Ibla, posteggiando sotto il paese, vicino alla scala che porta in centro. Raggiungiamo via XXV aprile, dove facciamo colazione al bar dal nome attraente, “Donnafugata” : il cielo è terso, azzurro, non c’è ancora nessuno e il duomo si mostra e si fa assaporare in tutta la sua bellezza. Poi scendiamo fino a via Orfanatrofio, a cercare i creatori di carretti, ma è il centro è ancora chiuso. Quindi partiamo per Caltagirone, passando per Vizzini e disubbidendo al navigatore. L’interno ci offre un panorama notevole. Arrivati, parcheggiamo sotto i giardini pubblici, in un ex parking a pagamento. Percorriamo la famosa scalinata, non così facile perchè gli scalini sono doppi, molto alti, la chiesa è chiusa, riscendiamo e andiamo ai giardini, per uno spuntino al fresco, poi un caffè e partiamo per Palermo. Il traffico è presente e usciamo a Bagheria per cercare il nostro ultimo agriturismo, Rajata. L’indirizzo dato ci porta su una strada vicina, un’autentica discarica, ai lati e sotto l’auto, in più stretta, è impossibile passare in due vetture. Finalmente, vediamo il numero 88 e scendiamo fino a questa struttura che albergo non è, e agriturismo neanche. Siamo davvero di nuovo in mezzo alla natura, per scelta, e alla sera andiamo a Bagheria a mangiare all’”Antica focacceria”, intanto naturalmente pioviggina. La quantità di cibo offerta in questa trattoria è ampiamente abbondante e buona.

Venerdì 10 – Colazione normale in loco, la torta al cioccolato è molto soffice, . Partiamo per Palermo, la tonnellata di immondizia lasciata e lanciata tra i guard rail della tangenziale ci stupisce ancora, usciamo per viale delle Scienze e posteggiamo in via Basile, circa al numero 80. Poi iniziamo a camminare, passando accanto al Palazzo normanno e andando al mercato di Ballarò, è davvero caldo umido, prendiamo una macedonia ad un banchetto e poi succo di arancia. Visitiamo S.Cataldo in piazza Belliini, molto molto bella, tralasciamo la Martorana per coda e S.Caterina. Ci dirigiamo verso il porto, attraverso Vucciria: è lontano, sotto il sole delle 12, ora forte; dobbiamo controllare la validità dei biglietti del ritorno: tutto ok. Proseguiamo verso il teatro Politeama , che vediamo da fuori, poi percorriamo via Makeda, e raggiungiamo il teatro Massimo, alle 13. Con Green Pass, prenotiamo per 8 euro una visita alle 14.30: la visita del teatro è bella, soddisfacente, con una durata di trenta minuti. Cerchiamo ora la Cattedrale, passando per Capo . E’ imponente, la osserviamo solamente dall’esterno, il caldo umido entra nella pelle. Attraversando il giardino che costeggia il Palazzo Normanno, arriviamo in via Basile, dove ci attira la Pasticceria Massaro, prendiamo un caffè e un gelo all’anguria e zagara, ottimo. La strada del ritorno è ovviamente supertrafficata, ma la statale 127 si fa trovare facilmente. Meritato relax e cena prenotata presso l’agriturismo stesso, leggera e buona per 30 euro in due.

Sabato 11 – Piove, niente di nuovo, prepariamo i bagagli per il ritorno e torniamo a Palermo, posteggiando al solito posto. Subito ci rechiamo alla Cappella Palatina: il prezzo è 19 euro a persona, ma varia a seconda dei giorni della settimana. Attenzione a ciò che avete nella borse: all’ingresso c’è un detector come se foste all’aeroporto, poichè il palazzo è sede di governo siciliano. Peccato che le precauzioni necessarie non siano per niente pubblicizzate e che quindi qualcuno si trovi a depositare/abbandonare oggetti ritenuti pericolosi. Attenzione anche alle toilets a pagamento, alle audioguide non comprese nel prezzo e agli assembramenti per niente controllati all’interno della Cappella e nei corridoi.. La bellezza della Cappella, comunque, è tanta, il Parlamento Siciliano consta solo in porte aperte sul corridoio di percorrenza, da cui si vedono sedie vellutate e persone che aggiustano i microfoni. All’uscita piove, non riusciamo a visitare i giardini. Con solo più poche gocce, andiamo in un bar in via dei Pellegrini, davvero carino, con musica swing, a prendere due caffè e due cornetti all’arancia. Passiamo di nuovo per Ballarò e compriamo, in corso Vittorio Emanuele, ceramiche provenienti da laboratori locali, marmellate, dolci e vasetti di pesto particolare del luogo. Poi cerchiamo “Al ferro di cavallo”, ottima osteria e per questo dalla lunga coda di attesa. In mezz’ora però ci sediamo e ordiniamo, ottimo rapporto qualità/prezzo. Visitiamo Piazza Pretoria e i 4 canti e ci concediamo un sano passeggio per le vie, sempre con gli occhi alzati a godere del Barocco decadente che Palermo offre in continuazione. Ritorniamo alla Pasticceria Massaro, dove compriamo cibo per la traversata notturna. Alle 17.15 siamo al porto, e ci imbarchiamo. Dormiamo il giusto, sveglia con colazione e prime luci sulla Costa Amalfitana. Buongiorno, continente. Dopo un viaggio estenuante, fatto di code agli Autogrill di qualità discutibile, e code in autostrada per incidenti e ritorni a scuola, arriviamo a Torino verso le 20.

Cosa mi lascia dentro, quest’isola che davvero “isola” è? Sicuramente la Bellezza, con l’iniziale maiuscola, di palazzi, fregi, angoli nascosti. Bellezza di panorami fatti di luci accese su paesi presepe, di natura esplosiva, di verde ovunque, l’interno selvaggio, quadri naturali, la bontà del cibo, tutto, sempre. Bellezza dell’Etna, unico, la “montagna” che sembra non finire mai e che tutto comanda, se decide di esprimersi, dalla polvere, perennemente presente, al fumo, alla precarietà delle visite e delle strade.

Cosa mi lascia perplessa? Sicuramente la non-Bellezza, la trascuratezza di innumerevoli angoli altrimenti bellissimi, il riconoscere che Palermo sarebbe al pari di Venezia e Firenze e altre città, se non di più: la sua decadenza la rende terribilmente vera e attraente, ma allo stesso modo arrendevole, rassegnata nella trasandatezza che spesso fa male al cuore notare, e nella non innovazione, stradale e organizzativa. Perchè, ad esempio, non proporre una tessera musei -come a Napoli- cumulativa, evitando di far pagare ogni singola chiesa? Non ho potuto parlare con nessun cittadino, quindi penso che una ragione sicuramente ci sarà. E poi, per noi, nonostante il respiro di sollievo di non aver provato alte temperature di calore, rimane il grande rimpianto di non aver vissuto pienamente il mare, che è la perla della Sicilia.



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