Santiago di Compostela

IN BICI VERSO IL PELLEGRINAGGIO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA Sin dal IX secolo, un solo valoroso fra tanti, veniva eletto dal popolo e aveva l’onore di recarsi a Santiago per ricevere la grazia del villaggio “caduto” in una grave pestilenza. Questo coraggioso superava tutte le intemperie, i banditi, e migliaia di chilometri per giungere a...
Scritto da: Cristiano Matiz
santiago di compostela
Partenza il: 11/09/2001
Ritorno il: 20/09/2001
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 500 €
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IN BICI VERSO IL PELLEGRINAGGIO DI SANTIAGO DE COMPOSTELA Sin dal IX secolo, un solo valoroso fra tanti, veniva eletto dal popolo e aveva l’onore di recarsi a Santiago per ricevere la grazia del villaggio “caduto” in una grave pestilenza. Questo coraggioso superava tutte le intemperie, i banditi, e migliaia di chilometri per giungere a Santiago e chiedere la grazia. Quando dopo mesi dalla partenza giungeva in patria veniva accolto come un eroe, nei giorni a venire avrebbe intrattenuto l’intera popolazione del villaggio con i racconti, le avventure e le imprese di ciò che aveva vissuto per portare a termine la richiesta a Dio. Così noi riportiamo oggi come allora la nostra storia. Il pellegrinaggio verso Santiago de Compostela non è per supereroi, ma per gente normale come noi tre studenti, più di ottocento chilometri in un paesaggio che va dai Pirenei alle zone molto aride della Meseta, a quelle verdi della Galizia che non vanno sottovalutate. Sicuramente una buona preparazione fisica ci vuole, soprattutto se sei in bici, ma alla fine in questo pellegrinaggio ciò che conta sono il cuore e i desideri. Nove giorni partendo dalla Francia (San Jean Pied de Port) per arrivare alla ambita Santiago, alla conclusione di ogni tappa ci aspettava un rifugio dove era necessario adattarsi (a volte moderni e ben gestiti, altre spartane e affollate), di certo non era questo che ci preoccupava, bensì l’incertezza di ciò che il cammino ci avrebbe offerto ad ogni tappa. Il percorso tutto su sentieri sterrati, è stato sicuramente lungo e tortuoso poiché abbiamo seguito le tracce dei pellegrini, l’importante era non strafare per mantenere la lucidità mentale e muscolare giorno dopo giorno. Non é solo questione di fisico, i momenti duri capitano, e come succede nella vita, magari il sostegno di un amico e compagno di viaggio può aiutare per continuare e superare un momento di sconforto o dolore fisico che anche a noi non è mancato. Proprio così il cammino rappresenta in se una esatta metafora della vita, che come tale si basa su incertezze quotidiane, gioie e dolori, ma nella quale sia per il credente che per lo sportivo presenta sempre una meta certa finale: il Bene. Il pellegrinaggio di Santiago insegna, basta percorrere due tappe per saperne di più della nostra testimonianza e imparerete dalla vostra capacità di vedere e di osservare, del silenzio grato di chi ascolta, dell’umanità di chi chiede quello di cui ha bisogno e della pazienza.

Tutto inizia a Timau, partiamo in auto dopo una solita squisita cena al ristorante “Matiz” ben preparata da Antonietta e gentilmente servita da Diego, viaggiamo tutta la notte per arrivare il pomeriggio successivo a Lourdes (Francia). Lì ci aspetta la benedizione che ci accompagnerà per tutto il viaggio. Era un lunedì di metà settembre e il Santuario non si presentava molto affollato, tanto da permettere addirittura di immergerci nelle vasche di acqua benedetta. Tanto fu lo stupore quando uscendo non ci fu bisogno di asciugamani, eravamo asciutti. Passiamo la notte a San Jean Pied de Port (Francia), dove lasciamo l’auto. Il mattino seguente carichiamo i nostri bagagli sulle mountain bike, partiamo con una nebbia fittissima che solo con l’ingresso in Spagna ci abbandonerà. La via da noi seguita è quella del pellegrinaggio francese, chiamato così perché ha inizio dal versante dei Pirenei con l’ingresso in Spagna da Roncisvalle. Esso si articola attraverso la Spagna settentrionale passando per le seguenti regioni: Navarra, la Rioja, la Castiglia (Bierzo) e Galizia. Lungo il cammino si incontrano città storiche Pamplona, Logrono, Burgos e Leon. Una cosa simpatica è che per nove giorni abbiamo seguito delle frecce gialle che segnalavano la rotta Jacopea, le quali da una parte ci rassicuravano, dall’altra ci nauseavano perché anche durante la notte segnavano il verso dei nostri sogni. Per rendere il tutto meglio evidente vi descriveremo la nostra giornata tipo: Il mattino iniziava alle sette dopo una notte ardua a causa della stretta convivenza con individui alquanto rumorosi che interpretavano, a loro dire, qualche nuova sperimentazione musicale (il russare). Tutto inizia con estrema frenesia, vestirci, controllare l’equipaggiamento, mettere il naso fuori per assaggiare l’aria fresca del mattino (più che fresca era gelida) e far la fila per i pochi servizi igienici disponibili ed infine una sostanziosa colazione fai da te o presso qualche bar quando era presente nel paese. La fase più importante comincia con il check dei bagagli sulla bici per verificare che il tutto sia perfettamente bilanciato, poiché tutti e tre utilizzavamo dei supporti per borse fai da te assolutamente discutibili e contro ogni legge fisica conosciuta. Ora cominciava il momento più critico della giornata, il primo quarto d’ora di pedalata in cui era necessario trovare un compromesso tra il freddo e qualche necessità fisiologica che cominciava a farsi sentire, fortunatamente contenuta dalla presenza del sellino della mountain bike. Non appena la temperatura migliorava era d’obbligo la sosta per ottemperare all’esigenza di cui sopra e naturalmente per pranzare, in quanto di norma incontravamo percorsi in salita nelle prime ore del mattino. La sosta si effettuava dopo aver percorso metà dei chilometri previsti per la tappa (circa cinquanta dei cento chilometri totali giornalieri circa). La caratteristica peculiare del pomeriggio riguardava l’elevata temperatura alle volte sopra i 30° C (Meseta), che suscitava in noi l’immaginazione di un clima desertico. Dopo aver percorso i restanti chilometri ed esserci fermati per un veloce spuntino pomeridiano, di norma si arrivava nei rifugi verso le 17 con la speranza di trovare posto per la notte. Un altro giorno era compiuto, Santiago si avvicinava. Dopo una doccia non sempre calda, si lavava la biancheria seguita dal momento della conta degli eventuali “danni” alla bici, chi la ripuliva, chi riparava le camere d’aria, chi ingrassava i movimenti vari e chi si chiedeva, con una certa apprensione e timore, cosa avremmo trovato per cena; dopo quest’ultima, sicuramente guadagnata, ci si accingeva a visitare la città o paese e poi tutti a nanna con la speranza di dormire tranquilli; infatti, il rituale prima di addormentarsi era quello di osservare da quale letto sarebbe giunta la minaccia per la notte. Il nono giorno, grande fu la gioia quando dal monte De Gozo (della gioia) ci apparve in lontananza Santiago la quale sembrava ancor più bella soprattutto dopo aver percorso gli ultimi venti chilometri su un terreno semisabbioso che avrebbe fermato anche le ruote di un treno. Giunti nella piazza ai piedi del Duomo, l’emozione era incontenibile. Dopo nove giorni in cui immaginavamo questo momento, niente lo avrebbe potuto sostituire. La piazza era gremita di pellegrini che come noi portavano sui loro volti e sul corpo i segni della fatica, ma anche la commozione e la gioia di essere giunti davanti a quella cattedrale. Merita di essere menzionato l’episodio del ritiro della certificazione dell’avvenuto pellegrinaggio (la Credencial). Era necessario presentare la carta del pellegrinaggio con i timbri delle tappe effettuate e per ottenere il certificato bisognava compilare un modulo in cui veniva richiesto il motivo del pellegrinaggio, mentre Cristiano e Guido scrissero “fede”, Sergio affermò ”sport” e non volevano rilasciargli l’attestato. Dopo una lunga mediazione con l’incaricata, gli hanno concesso la possibilità di scrivere ”fede e sport”. Un episodio fondamentale alla conclusione del pellegrinaggio è stata la messa del pellegrino in lingua latina con la traduzione in più lingue dove il culmine si ebbe con l’entrata in chiesa dei pellegrini e con la lettura dell’elenco della provenienza, seguita dalla benedizione e dallo “spettacolo” dell’incensiere gigante che ha inondato di incenso tutta la cattedrale, il quale veniva manovrato da ben otto persone. Esperienza veramente unica da vedere coi propri occhi.

La conclusione della nostra storia è riportata fedelmente dalla prima pagina del diario di viaggio gelosamente custodito da Sergio, in cui si comprende lo spirito, le aspettative che sono state ovviamente soddisfatte e il senso dell’amicizia che ci ha accompagnato e ci accompagna tuttora e ci legherà per sempre. A voi: io Sergio mi chiedo “saranno degli amici a fare mille chilometri o saranno mille chilometri, con tutto quello che ci porteranno, a fare degli amici!?”. Guido:”se l’esperire la vita fa l’uomo…Allora sia questo “cammino” una metafora di essa. Qualcosa troveremo, qualcosa lasceremo in dietro, ma qualcosa di immensurabile troverà noi e ci unirà in questa esperienza, in questo incontro. A voi fratelli miei il mio rispetto, la mia stima, il mio onore”.

LE NOSTRE TAPPE: • S.Jean Pied de Port-Cizur Menor, settantanove chilometri attraverso i Pirenei e la regione Navarra.

• Cizur Menor-Logrono, con centotre chilometri passiamo nella regione La Rioja.

• Logrono-Villafranca Monte de Oca, con ottantanove chilometri entriamo nella Castiglia.

• Villafranca-Hontanas, con ottantatré chilometri attraversiamo la Castiglia.

• Hontanas-El Burgo Ranero, centoventi chilometri che ci fanno arrivare nella provincia di Leon.

• El Burgo Ranero-Astorga, novantuno chilometri.

• Astorga-Villafranca dal Bierzo, ottantanove chilometri (siamo sempre nella grande provincia di Leon).

• Villafranca dal Bierzo-Portomarin, cento chilometri attraversando il durissimo passo di El Cebreiro 1293 s.L.M. Uno dei luoghi più ricchi di suggestione del Cammino.

• Portomarin-Santiago de Compostela, centocinque chilometri per raggiungere la meta.

Un pò di storia: LE ORIGINI DEL PELLEGRINAGGIO DI SANTIAGO Da quando, all’inizio del IX secolo, si è diffusa la notizia della scoperta della tomba di Giacomo il Maggiore in Galizia, non si è mai interrotta la peregrinazione ad essa. Ricostruiamo un attimo la storia, la tradizione e la leggenda di Santiago de Compostela. Si narra che l’apostolo Giacomo, compiuta la vita terrena di Gesù, si dedicasse all’evangelizzazione della penisola Iberica, arrivando dall’Andalusia fino alla remota, celtica Galizia. Ritornando in Palestina muore martire. I suoi discepoli, Teodoro e Anastasio, ne rubano il corpo, lo trasportano su una barca nuovamente in Galizia per poi seppellirlo nel bosco ”Liberum Donum” presso il quale erigono un altare. Passano i secoli, durante i quali, la tomba viene dimenticata e se ne perdono le tracce. Intorno all’anno 813, nella remota Galizia l’eremita e pastore Pelayo comincia a vedere ogni notte, sul monte Libradon, delle misteriose luci sul tumulo di un campo (da questo deriva il nome Compostela, Campus Stellae).Gli appare quindi in sogno l’apostolo Giacomo che lo invita a scavare lì per riportare alla luce il suo sepolcro. Si grida al miracolo e si annuncia la scoperta della tomba di san Giacomo. Il re della Galizia Alfonso III El Castro, informa della scoperta il papa Leone III, Carlo Magno e i personaggi famosi dell’epoca, e fa erigere una prima chiesa sopra il sepolcro, intorno alla quale si sviluppa un piccolo borgo. Sono gli albori di Santiago de Compostela, la terza città santa della cristianità dopo Gerusalemme e Roma. Inizia così il pellegrinaggio da tutte le città cristiane d’Europa che porta numerose folle alla tomba dell’apostolo.

Cristiano Matiz Polvere, fango, sole e pioggia È il cammino di Santiago Migliaia di pellegrini E più di mille anni Pellegrino, chi ti chiama? Che forza misteriosa ti attrae? Né il campo delle stelle Né le grandi cattedrali Non è la bravura navarra Né il vino della Rioja, né i frutti di mare galiziani né i campi casigliani Pellegrino, chi ti chiama? Che forza misteriosa ti attrae? Né le genti del Cammino, né le usanze rurali Non sono la storia e la cultura, né il gallo della Calzada, né il palazzo di Gaudì, né il castello di Posferrada Tutto ciò vedo passando, ed è una gioia vedere tutto, ma la voce che mi chiama la sento molto più nel profondo La forza che mi spinge, la forza che mi attrae non so spiegarla neanch’io Solo lui lassù la sa Enrique Garibay



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