Retrospettiva di un viaggio a Santiago del Compostela

"A Santiago voy, come un peregrino por el camino de la ilusìon..."
Scritto da: SilviaMan
retrospettiva di un viaggio a santiago del compostela
Partenza il: 01/11/2019
Ritorno il: 04/11/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Ho sempre avuto delle idee ben precise rispetto ai libri; ho sempre pensato che non siamo veramente noi a scegliere un libro ma è il libro che compie un percorso, una sorta di viaggio, fino ad arrivare a noi: in realtà è il libro a sceglierci. Penso che per i viaggi sia esattamente lo stesso: non siamo noi a scegliere davvero i luoghi, le mete: sono loro che compiono giri strani, viaggi emozionali, e attraverso strane concatenazioni di eventi e presunte coincidenze, arrivano a noi. Di sicuro questo è quello che è successo con Santiago de Compostela. Una mattina di aprile ero nel letto senza riuscire più a prendere sonno. Vito accanto a me dormiva placido e io continuavo a girarmi e rigirarmi senza trovare pace. E alla fine ho fatto quello che tutti gli esperti del sonno sconsigliano vivamente: ho preso il cellulare e ho iniziato a navigare random; così sono giunta sulla pagina del mio sito di viaggi preferita, ho selezionato data di partenza e data di arrivo, aeroporto di partenza, destinazione: ‘Anywhere’, Ovunque. La prima offerta che mi è apparsa è stata proprio Santiago de Compostela. E allora l’ho sentito: la meta mi aveva trovato. Dovevo assolutamente prenotare e l’ho fatto: dal primo al quattro novembre(di solito i miei amici mi prendono in giro perché con l’inizio di un nuovo anno vado sempre a guardarmi tutti i possibili ponti per programmare i miei viaggi; così capita di prenotare ad aprile per novembre; ma, ahimè, per chi non ha grande possibilità di svincoli lavorativi, questa strategia diventa indispensabile).

Vibrazioni, sensazioni, un fluido, un richiamo: tutto questo è stato Santiago. Tutti quelli a cui dicevo che saremmo partiti per Santiago de Compostela mi hanno fatto sempre la stessa domanda: ‘ Allora farete il cammino?’ e la mia risposta è stata sempre la stessa: ‘No, andiamo a Santiago’; come se nell’immaginario collettivo questa città non possa esistere al di fuori del Cammino. Il Cammino di Santiago è sicuramente parte integrante di questa città, e Santiago è sicuramente parte integrante del Cammino. Anche i siti internet, le guide turistiche on line e quelle cartacee,che ho cercato in libreria,non erano mai dedicate a Santiago bensì al cammino dei pellegrini. Ma Santiago è una città con una sua identità, con una sua energia molto forte e singolare, e merita di essere vista e vissuta a 360 gradi. Pochi luoghi al mondo sono come Santiago, così particolare e suggestiva, e nei giorni che abbiamo trascorso in città, mi sono accorta di come in effetti non servano guide turistiche per scoprire Santiago: la città è un flusso, è respiro,è palpito, è qualcosa che non ha a che fare con luoghi fisici, chiese e monumenti ma è anima e spirito.

Santiago de Composteila si trova nella regione autonoma della Galizia, nella parte nord-occidentale della Spagna. Si dice sia la regione più verde della penisola iberica, una regione divisa tra pascoli rigogliosi e l’impervia costa atlantica. Di Spagna sembra esserci ben poco, almeno della Spagna che i turisti sono soliti pensare e immaginare: nulla a che vedere con l’anima arabeggiante dell’Andalusia; ben lontana dalla movida madrilena e barcellonese. Un mondo a se stante, ricco di tradizioni antichissime. La Galizia ha una forte anima celtica e un forte spirito indipendentista che si esprime anche attraverso la propria lingua, il gallego, che è lingua ufficiale.

Santiago esprime in pieno l’anima celtica galiziana. Ogni angolo, ogni strada, ogni scorcio racchiude una storia, una leggenda, a cominciare già dal nome stesso della città,legato alla storia dell’apostolo Giacomo. Giacomo era uno dei 12 apostoli. Si narra che dopo la resurrezione di Cristo per molti anni girò la penisola iberica per compiere l’opera di evangelizzazione. Tornato in Palestina fu fatto decapitare dal re Erode Agrippa, che temeva che l’apostolo acquisisse un eccessivo potere; i suoi discepoli ne raccolsero il corpo e lo trasportarono segretamente con una nave nei luoghi della predicazione. Sbarcati nei pressi di Finisterre si addentrarono in Galizia e gli diedero sepoltura. Nei secoli successivi si perse traccia del sepolcro, fino a quando, nell’anno 813, l’eremita Pelayo vide, per molti giorni successivi, una pioggia di stelle cadere sopra un colle. Una notte gli apparve in sogno San Giacomo che gli svelò che il luogo delle luci indicava la sua tomba. L’abate rimosse la terra che nei secoli si era depositata e scoprì il sepolcro. Ne diede notizia al Vescovo locale che confermò la veridicità dell’accaduto. La notizia giunse presto al papa ed ai principali sovrani cattolici dell’epoca. Di qui iniziò il culto di Santiago: il nome è la contrazione di San Giacomo. Fu costruita una piccola chiesa sul luogo del sepolcro; ben presto sorse intorno una città che fu denominata Santiago de Compostela,da campus stellae. Quella di Santiago de Compostela divenne la terza rotta, il terzo commino sacro del mondo cristiano. Ai viandanti che iniziarono a percorrere il cammino, fu dato il nome di pellegrini. Nel suo periodo aureo, durante il XIV secolo, la ‘Via Lattea’, come veniva chiamato il cammino perché di notte i pellegrini si orientavano seguendo le stelle della galassia, arrivò ad essere percorsa ogni anno da più di un migliaio di persone, proveniente dai più remoti angoli d’Europa. E ancora oggi il cammino richiama pellegrini da ogni parte del mondo, cristiani e non.

Anche l’architettura della città rimanda ad atmosfere celtiche. Più che in Spagna sembra di trovarsi in un paesino dell’Irlanda o del nord del Portogallo. L’atmosfera è rarefatta, complice anche la pioggia,che a Santiago è considerata monumento nazionale; a metà tra l’austero e il fiabesco, il leggendario. Le stradine sono strette e acciottolate, dal forte carattere medievale; gli edifici tutti in pietra, dai colori dorati, con grandi vetrate bianche;e le piazze dagli spazi molto estesi: su tutte Praza de Obradoiro, Piazza dell’Obradoiro, la piazza più importante del centro storico della città, situata di fronte all’entrata principale della cattedrale. Il nome Obradoiro deriva dal fatto che in questa piazza erano situati i laboratori artigianali ,chiamati obradoiros, degli operai che lavoravano alla costruzione della stupenda cattedrale. Si affacciano su piazza dell’Obradoiro il Pazo de Raxoi, antica sede municipale dal 1787 e sede della presidenza della giunta della regione galiziana; e il Parador Hostal de los Reyes Catolicos costruito nel 1499. Oggi il Parador è utilizzato come albergo di lusso, ma è stato un antico Hospital per accogliere i pellegrini che si recavano in visita alla tomba dell’apostolo San Giacomo.

Piazza dell’Obradoiro è il punto di arrivo del cammino a Santiago; a qualsiasi ora arrivano pellegrini da ogni angolo, uomini e donne, giovani e anziani, a piedi o in bici, tutti con i loro zaini, la loro conchiglia,simbolo del pellegrino, il peso dei chilometri percorsi sulle spalle e nei piedi martoriati. Qui, in Praza de Obradoiro, di fronte alla cattedrale, stremati ma felici, i pellegrini si lasciano cadere a terra, e se ne stanno lì, per un tempo infinito a contemplare la meravigliosa cattedrale e a godere di quel senso di soddisfazione, di felicità che è difficile da esprimere a parole, una sensazione di pienezza dell’anima che solo chi ha percorso il cammino può capire e sentire.

La prima volta che siamo arrivati in Praza de Obradoiro io ho pianto. Pioveva a dirotto; ci siamo fermati di fronte alla cattedrale,in lontananza arrivava un antico suono celtico di cornamuse che riempiva l’aria; c’erano dei pellegrini che,nonostante la pioggia battente, se ne stavano sdraiati a terra; altri li ho visti arrivare, con le braccia alzate, agitando nell’aria i loro bastoni: ed io ho pianto, presa da un’emozione così forte, così piena, così restia ad essere tradotta in parole. Ho pianto di gioia pura e di commozione. Ed ho pianto quando poco dopo ho visto due ragazze abbracciarsi forte: avevano percorso un tratto di cammino insieme, poi ognuna aveva seguito la sua strada, e proprio lì, in quel momento, sotto i miei occhi, si sono ritrovate e si sono abbracciate fortissimo. Ho pianto vendendole, ho pianto per loro e con loro; ho pianto per tutti i giorni successivi,ogni qual volta ci siamo fermati in piazza, davanti alla cattedrale. E per tutti i giorni successivi Santiago è stata sempre questo: emozione, gioia, commozione. Mi sono commossa quando siamo entrati nella cattedrale(che è completamente impalcata per i lavori di ristrutturazione) e abbiamo fatto la fila per vedere il sepolcro dell’apostolo Giacomo e per salutare la sua statua. Secondo la tradizione, quando i pellegrini giungono alla cattedrale devono salutare la statua dell’apostolo,che li accoglie, e devono toccarla con la fronte: si dice che in questo modo l’apostolo doni loro saggezza. Anche noi ci siamo “sottoposti” al rito. Davanti a me c’era un padre con una bambina piccolissima: l’ha presa in braccio e ha appoggiato delicatamente la sua fronte alla statua di San Giacomo: è stata una scena bellissima. È stata un’esperienza spirituale molto intensa, che nulla ha a che vedere con l’essere credente o meno. Anche per chi come me non lo sa bene davvero se crede oppure no, e in cosa crede, è stata un’esperienza di impatto emotivo fortissimo.

Particolarmente suggestiva è anche Praza de Quintana, sul lato orientale della Cattedrale, che vi si affaccia con la Porta Reale e la Porta Santa. Questo speciale passaggio viene aperto solo in occasione degli Anni Santi Giacobei, che ricorrono quando il 25 luglio, giorno di San Giacomo, cade di domenica. La piazza, disposta su due livelli, è chiamata anche Quintana de los Muertos, o piazza dei morti, perché copre in parte un antico cimitero. È particolarmente affascinante vedere la piazza di sera, rischiarata da morbide luci che creano ,tra l’altro, un’illusione ottica molto particolare. Sotto il campanile barocco, le ombre fanno apparire la figura di un pellegrino. Ci sono varie leggende legate all’ombra del pellegrino. Secondo quella più accreditata e più tragicamente romantica, questa misteriosa ombra apparterrebbe ad un prete che si camuffò da pellegrino per incontrare la sua amante, una suora che si trovava in un vicino convento, e poter fuggire insieme. Ma la suora fu scoperta e costretta alla clausura. Così non si presentò mai all’appuntamento e da allora si dice che lui vada lì tutte le sere nella speranza di incontrarla e poter finalmente coronare il loro amore. C’è un’altra leggenda dai tratti più macabri, che è piaciuta a Vito molto di più, secondo la quale un nobile francese dopo aver ucciso il padre per ereditarne gli onori, scoperto dalla giustizia fu inviato in pellegrinaggio a Santiago come punizione. Tuttavia durante il suo percorso l’uomo commise ben altri due omicidi. Giunto a Santiago, non trovò un posto dove dormire e si preparò a passare la notte appoggiato al muro della Cattedrale. Nel bel mezzo della notte, gli apparve l’anima del padre defunto che pur concedendogli il perdono per il suo assassinio, lo condannò ad aspettare eternamente nello stesso luogo fino a quando le anime delle altre due vittime non fossero giunte a Santiago per offrirgli misericordia.

Di notevole interesse sono due parchi che abbiamo avuto modo di visitare, entrambi con una propria storia a seguito.

Il Parco dell’Alameda, si trova nel cuore di Santiago, simile, nel progetto, ad una grande tenuta di campagna, con oltre 90 tipi di piante diverse; è una vera e propria oasi di pace e di benessere. Nel corso del tempo, il parco è stato ampliato fino ad includere tre giardini: il Parco de l’Alameda, il Paseo della Ferradura e il Bosco di Querce di Santa Susanna. I tre percorsi principali furono studiati per le tre classi sociali esistenti al tempo della sua creazione: il sentiero di destra per il popolo, quello centrale per la nobiltà e quello a sinistra per religiosi ed intellettuali. L’inizio del cammino di Ferradura è caratterizzato dalla presenza di due colonne decorate da leoni, il cosiddetta Paseo de los Leònes, che accolgono e vigilano sul visitatore. Verso est si trova un incantevole belvedere che offre una meravigliosa vista sulla città vecchia e sulla Cattedrale. Nel parco, sparse un po’ ovunque, si possono trovare statue a grandezza naturale di personaggi della storia galiziana, tra cui quella di Valle Inclán ,famoso poeta e drammaturgo; della poetessa galiziana Rosalia de Castro e ovviamente le due coloratissime statue delle “due Marie”, due sorelle perseguitate per le loro idee politiche durante la Guerra Civile Spagnola, che usavano vestirsi in modo vistoso, con abiti spesso fatti proprio da loro, e uscire ogni giorno per una passeggiata nel parco, sempre alla stessa ora, in segno di protesta per l’opprimente regime conservatore al potere. Alcuni negozi di fotografia della città conservano ancora immagini originali di questa strana coppia. Le due sorelle smisero di uscire ogni giorno solo quando una di loro morì all’inizio degli anni ’80: la sorella rimasta in vita si chiuse in casa e morì pochi mesi dopo.

Ugualmente suggestivo e decisamente anche meno turistico, è il Parco Bonaval . Il parco si trova su una collina a nord-est della città storica, nel quartiere di San Pedro, vicino al tradizionale accesso alla città dalla strada francese. Nella sua parte meridionale si trovano il Convento di Santo Domingo, che ospita il Museo del Popolo della Galizia e il Cimitero dei Gallegos, gli uomini illustri galiziani; e il Centro Galiziano per l’Arte Contemporanea. Nel parco ci sono tre aree chiaramente definite, poste su tre diversi livelli di altezza. La prima è quella inferiore, che apparteneva al Convento di Bonaval, e che i monaci usavano come frutteto. La seconda parte è quella del vecchio cimitero, da cui si ha una panoramica e suggestiva vista della città vecchia. Questa è stata forse per me la parte davvero interessante:l’antico cimitero infatti, ormai riconvertito in giardini, conserva ancora tutti i loculi con lapidi di marmo bianco. L’atmosfera è suggestiva e a tratti anche un po’ macabra e straniante. La terza parte, separata dalla precedente da un muro di pietra, è quella della vecchia quercia. Qui è possibile vedere una targa commemorativa nel luogo in cui è stata collocata la prima antenna di Radio Galizia.

In ogni città che visitiamo mi piace sempre molto andare alla ricerca degli spazi verdi urbani, oasi di pace e di ossigeno in cui respirare a pieni polmoni, camminare lentamente, lasciarsi avvolgere dalla natura e da un senso di ‘panica’ armonia.

Sicuramente a Santiago de Compostela non si può non lasciarsi sedurre dalle prelibatezze culinarie: in particolare dai Pimientos do Padròn, che rappresentano anche una delle tapas spagnole più conosciute ed apprezzate. Sono dei peperoncini selezionati in Galizia diversi anni fa, nel territorio parrocchiale di Herbón, appartenente al Comune di Padrón, da cui il nome. Leggevo che una delle caratteristiche principali di questi peperoncini è che la maggior parte di essi hanno un sapore ‘dolce’, ma a volte ne capitano alcuni talmente piccanti da lasciare letteralmente a bocca aperta. Proprio tale peculiarità rende la loro degustazione abbastanza divertente, perché mangiarli significa sottoporsi ad una sorta di roulette russa, dato che non sai mai quale ti capiterà. In Galizia esiste un detto popolare: “Os pementos de Padrón, unos pican e outros non”, i Peperoni del Padrón, alcuni pizzicano e altri no(quelli che abbiamo mangiato noi a dire il vero erano tutti ‘dolci’). Ed è tale la bontà dei Peperoni del Padrón che gli abitanti dell’omonimo comune tutti gli anni organizzano una festa in onore a questo ortaggio, la “Fiesta del Pimiento del Herbón”, durante la quale vengono spadellate quantità di peperoncini e offerti gratuitamente a tutti i partecipanti, locali e forestieri. I pimientos, conditi con sale grosso, vanno mangiati rigorosamente con le mani: e davvero uno tira l’altro; non riesci più a fermarti e non puoi non leccarti le dita dopo averli mangiati.

Dall’aspetto non proprio invitante ma molto gustosi e anche pregiati sono i Percebes, crostacei simili a polpastrelli neri unghiati, molto simili a dita di drago, e di fatti è uno dei modi in cui vengono chiamati qui in Italia. Nei mari italiani sono introvabili. I percebes sono diffusi nelle coste orientali dell’Oceano Atlantico, in particolar modo in Galizia, in Portogallo e in Marocco. Quelli più rinomati però sono considerati, comunque, quelli galiziani. Tra l’altro i percebs non possono essere assolutamente allevati e si trovano solamente inerpicati sulle ripide scogliere galiziane, battute dalle forti onde oceaniche; ed è proprio lì che i percebeiros ogni giorni rischiano la vita, calandosi con una fune sulla scogliera e strappandoli dalla roccia con l’ausilio di un coltello, per portare questi brutti ma buoni crostacei sulle nostre tavole( questo ne spiega anche il prezzo elevato soprattutto nei paesi di esportazione). Sembrava un po’ di mangiare le dita del Demogorgone ma il sapore è davvero gustoso e prelibato.

E ovviamente non si può non ordinare il famoso Pulpo a la Gallega, o polbo á feira, come lo chiamano in Galizia. Ed effettivamente come lo si mangia in Galizia non lo si mangia da nessun’alta parte.

Se ci ritornerei a Santiago? Assolutamente! Anche in questo preciso istante;e in realtà una parte di me non è mai salita sull’aereo del ritorno, ma continua a vagare per quelle stradini acciottolate, sotto la pioggia, guidata dal suono delle cornamuse, e continua a piangere ed emozionarsi. Santiago de Compostela è una vocazione, un’attitudine, una predisposizione interiore. Santiago è il richiamo della tradizione, dei pellegrini, di san Giacomo, del camminare; è l’aspetto più autentico e profondo della vita, il senso più vero. Santiago è nelle parole della sua poetessa Rosalia de Castro: “Tu sei in tutto e sei tutto per me. In me dimori. Non lasciarmi mai, ombra che sempre mi sorprendi.”

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Cattedrale di Santiago de Compostela

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Parco de l'Alameda

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Santiago de Compostela

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Pimientos do Padròn

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Percebes

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Praza de Quintana

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Parco di Bonaval

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