Racalmuto
Racalmuto è la famosa Regalpetra di uno dei più importanti scrittori italiani del Novecento, Leonardo Sciascia, paese immaginario in cui si ambientano le vicende di mafia, povertà, speranze tradite durante il regime fascista di quella che potrebbe essere una qualunque località della Sicilia. Luogo letterario, dunque, eppure reale e vivo, seppur testimone delle innumerevoli contraddizioni che caratterizzano l’isola terra di miti, cultura, leggende ma anche drammi irrisolti. Desideravo andarci da tempo e, finalmente, in quest’anno così anomalo, sono riuscita a farlo. Giungere nei luoghi meno turistici della Sicilia per chi arriva da fuori non è sempre agevole, però dà modo di scoprire scorci poco battuti, dove si rivela la vera anima di un territorio.
Arrivo di prima mattina, il tempo mite di fine settembre e l’accoglienza calorosa di vecchi amici mi mettono immediatamente di buonumore. Consiglio a chi volesse visitare Racalmuto di fermarsi in un bar, fare due chiacchiere con la gente del luogo e assaggiare i taralli, biscotti tipici del posto, o ancora torrone, liquore al pistacchio e le diverse varietà di miele. È giornata istituzionale, il presidente della Camera accanto alla statua del celebre scrittore risponde alle domande dei giornalisti. Faccio la turista, impossibile perdersi, tutte le principali attrazioni gravitano attorno al piccolo centro storico.
M’immetto nella bellissima scalinata che conduce alla Chiesa della Madonna del Monte e scopro la statua portata in processione ogni cinquant’anni, così mi dicono. Io e la mia brigata salutiamo il prete e ci dirigiamo verso il Teatro Margherita. L’ultimo spettacolo, “Il giorno della civetta”, con Orso Maria Guerrini, risale al 2013. Qualcuno racconta di chiusure e commissariamenti, emigrazione e turismo, le solite storie. Faccio alcune foto ricordo, in posa prima di dirigermi alla volta dell’altra tappa obbligata, ovvero il Castello chiaramontano d’impianto medievale che ospita una mostra dello scultore Giuseppe Agnello.
Il panorama dall’ampia terrazza è mozzafiato: lascio vagare sguardo verso la campagna, la vallata digradante ricoperta di ulivi e mandorli, poi mi mimetizzo tra figure antropomorfe in poliuretano espanso, vegetali immaginari, gonfaloni e dipinti rinascimentali e faccio qualche scatto. “Siamo sempre uguali”, esulto ingenuamente rivolta a uno dei miei compagni di viaggio, amico d’infanzia. “Niente affatto”, mi risponde lui “siamo cambiati, si cambia sempre, in peggio.” Va bene, accetto l’affermazione come dura verità letteraria. Del resto, sono circondata da aforismi.
La presenza di Sciascia aleggia ovunque, c’è il circolo, la fondazione, chi ha conosciuto lo scrittore e i parenti, e poi c’è Pippo di Falco, racalmutese, amante del suo paese, mecenate e collezionista di libri che ha acquistato la casa dove Leonardo Sciascia visse con moglie, figlie e zie, la stessa casa che, dopo la morte della zia, sembrava destinata all’abbandono. Pippo è disponibilissimo, accoglie me e i miei amici nell’abitazione e ci mostra le sue ceramiche Florio, le acqueforti e i testi rari, i cataloghi d’arte, riviste e libri appartenuti a Sciascia e poi le prime edizioni delle opere di Sciascia. Bellissimo vedere l’Olivetti con la quale scriveva lo scrittore. È totale e commovente l’amore di Pippo per la sua terra, proprio come lo fu quello di Sciascia per la cultura e la bellezza. Andatelo a trovare, sarà lieto di condividere la sua passione con chiunque voglia scoprire la città che fu per Sciascia “il miglior osservatorio delle cose siciliane”.