Provenza & Camargue

Provenza & Camargue [Pasqua 2003] - Barbara & Elena Perché in questa stagione? E' vero, la stagione migliore per visitare questa parte della Francia meridionale non è certo l'inizio della primavera, quando ancora tutto lo splendore della sua terra non è in grado di esprimersi. Il momento migliore sarebbe invece stato d'estate, quando i...
Scritto da: Barbara Bartoletti
provenza & camargue
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Provenza & Camargue [Pasqua 2003] – Barbara & Elena Perché in questa stagione? E’ vero, la stagione migliore per visitare questa parte della Francia meridionale non è certo l’inizio della primavera, quando ancora tutto lo splendore della sua terra non è in grado di esprimersi. Il momento migliore sarebbe invece stato d’estate, quando i paesaggi ci avrebbero sorriso con il giallo delle immense distese di girasole tanto care a Van Gogh o il lilla della lavanda in piena maturità, ed il canto delle cicale avrebbe accompagnato le nostre passeggiate. Già, peccato aver visto questi spettacoli solo in cartolina, ma… D’estate non c’è la Féria di Arles, e a noi interessava quella, per il momento. La Féria de Pâques Ogni anno, a Pasqua, ad Arles è la Féria che la fa da regina. Si tratta di una festa folkloristica dal sapore spiccatamente spagnoleggiante che ha come simbolo scatenante il toro e la taurimachia. La Féria di Pasqua apre la stagione di tauromachia francese e attira 60.000 spettatori nelle arene e 500.000 visitatori nelle strade in festa della città di Arles; per tre giorni e tre notti consecutive le strade del centro sono tutte in festa, turisti e aficionados (veri appassionati di tori) tirano fino all’alba davanti ad uno o più bicchieri di sangria, riversandosi, dopo la corrida, nelle bodegas di Arles, circa una trentina. Le penas, gruppi di musicisti locali, si incaricano di fare dell’animazione attorno all’anfiteatro e nel resto della città. Una bolgia totale, ma molto coinvolgente, soprattutto per il fatto che nonostante l’altissimo numero di persone che è costretta a cedere al volere dell’alco ingerito non abbiamo assistito a nessun episodio spiacevole e men che meno violento. Una festa genuina, insomma, nonché un’occasione imperdibile per condividere con gli abianti locali questa festa ancora non contaminata da eccessivo turismo e per vedere cuocere quintali di paella nelle caratteristiche padellone in piazza.

E per chi ci prendesse gusto le occasioni per ricordare la passione per la corrida non finiscono lì, infatti seguono nel corso dell’anno la Féria d’estate, in luglio, che vede principalmente protagonisti gli allevatori di Camargue, e la Féria del riso, in settembre. Il toro Animale caratteristico di queste zone il toro camargue è piuttosto piccolo, in media 1 metro e 35 cm al garrese, ed ha origini antichissime in quanto si crede discenda dal Bos taurus asiaticus importato dall’Asia Minore dalle Orde di Attila. Il toro viene marchiato a fuoco con il nome del proprietario ed è spesso protagonista di spettacoli molto particolari, che si svolgono all’ interno delle arene dette course à la cocarde: si tratta di spettacoli simili alle corride spagnole ma contrariamente ad esse il toro non viene ucciso perché l’obiettivo della gara consiste nel riuscire ad afferrare con un gancio a più denti una coccarda posta fra le corna dell’animale. Al contrario della corrida, nella corsa camarghese, il fulcro dello spettacolo è il toro e non l’uomo. Ogni anno, il primo lunedi di luglio, nell’arena di Arles, si svolge la Coccarda d’oro (la prima edizione fu nel 1928). Si tratta della corsa faro della stagione taurina, al contempo la più prestigiosa corsa camarghese e la più importante festa bovina. Il toro usato per i combattimenti nelle arene, le classiche corride insomma con tanto di uccisione finale, è invece il “toro brave” di razza spagnola. La tauromachia spagnola èapparsa in Francia nel 1701. Il restauro dello splendido anfiteatro di Arles, nel 1825, ha permesso l’organizzazione della corsa libera camarghese. La prima corrida nell’anfiteatro, invece, si è svolta nel 1830. Si calcola che i tori di razza brava spagnola tra i 2 e i 4 anni destinati ogni anno all’arena siano circa 300-400, provenienti da una trentina di allevamenti.

Nonostante la mia reticenza ad andare ad assistere al truculento spettacolo della corrida, alla fine, spinta anche dalle esortazioni della nostra amica Helen, di Arles, mi sono fatta convincere ed ho deciso di partecipare a quella che viene ritenuta una delle esperienze più affascinanti ed accomunanti per i provenzali. L’ho trovata indicibilmente violenta, una impari gara fra un toro spaventato e basito e degli uomini ben consapevoli di essere al centro dell’attenzione quanto dei punti deboli dell’animale. Il pubblico tifava festoso dagli spalti, bramoso di coreografie spettacolari e colpi mortali, mentre il toro si aggirava fra la polvere sollevata dai propri zoccoli con un gigantesco punto interrogativo sulla testa, incredulo nel dover affrontare una battaglia tanto innaturale. Va da sé che il mio giudizio sulla corrida è assolutamente negativo anche se consiglio a tutti di andarci, magari non assistendo a tutte le sei uccisioni previste da ciascuna sessione, perché solo partecipando, effettivamente, si può penetrare l’atmosfera dell’evento. Preparatevi a spendere molto, i nostri biglietti, i più economici, sono costati 14 euro.

Arles storica Arles è famosa per la ricchezza del suo patrimonio antico e romanico, i suoi monumenti iscritti dal 1981 al patrimonio mondiale dell’Unesco: l’Anfiteatro romano (le arene) del 90 d.C., il Teatro antico della fine del 1° secolo d.C., i Criptoportici del Foro (doppia galleria sotterranea a forma di ferro di cavallo) del 30 a.C, gli Alyscamps (necropoli romana e paleocristiana), le Terme di Costantino del 4° secolo d.C., il Chiostro e il Portale della Chiesa di Saint Trophime, del 12°-14° secolo. Abitato celtico colonizzato dai greci, Arles diventa romana con Giulio Cesare che nel 46 a.C. Vi installa i veterani della VI legione. Si tratta della prima epoca d’oro per la “piccola Roma dei galli”, che sarà anche grande centro religioso del primo cristianesimo.

Dolorosamente segnata durante le invasioni dell’alto Medioevo, la città rinasce nel XII secolo e lo splendore dei suoi monumenti medievali testimonia ancora della vitalità e della ricchezza di questo periodo. Nel XVII e XVIII secolo assistiamo alla costruzione dei numerosi e lussuosi palazzi che ancora oggi conferiscono al centro storico tutto il suo fascino. Arles e Van Gogh Fu la luce ad attirare Van Gogh nel Sud. Oggi il nome di Arles è indissociabile da quello del grande maestro e non si può parlare di Arles e della luminosità del suo cielo senza pensare ai suoi quadri. Quest’attrazione per la città è condiviso da artisti di ieri e di oggi che si succedono sulle tracce del celebre pittore.

Durante il suo soggiorno nel territorio di Arles, tra febbraio 1888 e maggio 1889, Van Gogh realizzò circa 300 tra disegni e dipinti. E’ d’obbligo il pellegrinaggio, in città, verso i luoghi in cui l’artista posò il suo cavalletto, tutti segnalati da appositi pannelli su ognuno dei quali si trova la riproduzione di un suo quadro. Sono circa una decina: la piazza del Forum per “Le café le soir”, il ponte di Trinquetaille per “L’escalier du pont de Trinquetaille”, il lungofiume per “à la nuit étoilée”, la piazza Lamartine per “La maison jaune”, la rue Mireille per “Le vieux moulin”, i giardini del Boulevard des Lices per “Le jardin public”, l’espace Van Gogh per “Le jardin de la maison de santé”, la strada lungo il canale di Arles a Bouc per “Le pont Langlois aux Lavandières”. Anche le Arene e Gli Alyscamps sono stati immortalati su numerosi dipinti. La giornata dedicata a Van Gogh è stata splendida, abbiamo scelto apposta la giornata più luminosa, la temperatura era mite e rilassante, ed in silenzio e malinconia abbiamo passeggiato davanti ai luoghi che avevano catturato la sua attenzione, con in mente le note di Vincent, la famosa canzone di Don MacLean meglio nota come Starry Night.

I dintorni di Arles Terra d’ospitalità, di sole e di piacere di vivere, questa regione ha sempre attirato gli artisti. La luminosità di questa regione è eccezionale, proprio come la varietà dei suoi paesaggi: dalle pianure vive di rara fauna della Camargue ai vigneti del Vaucluse, dagli altopiani dell’Alta Provenza, odoranti di timo e di lavanda, alle cime delle Alpi del Sud. Terra di storia, vero e proprio crocevia di civiltà, la regione è ricca di imperdibili siti per i quali varrebbe la pena fare un viaggio espressamente dedicato: Avignone con il suo Palazzo dei Papi, Arles e Orange dove si respira ancora lo spirito della Roma antica, Aix-en-Provence, puro gioiello del XVIII secolo, Saint-Rémy, Baux-de-Provence le cui montagne (di scura bauxite, nome chiaramente collegato al luogo) furono addirittura citate da Dante nel suo Inferno, Beaucaire e Tarascon con i loro castelli, Saintes-Marie de la Mer e la tradizione di centro gitano, Fontaine de Vaucluse e le sue “chiare fresche e dolci acque” che ispirarono Francesco Petrarca per l’inizio del suo Canzoniere, Nîmes, il romano Pont du Gard, Saint-Tropez, Marseille, per citarne solo alcuni. Il palazzo dei Papi di Avignone non è, a nostro modestissimo e anche un po’ ignorante parere, l’attrattiva principale della città, benché la sua imponenza, visibile dalla splendida piazza principale quanto dal lungorodano, incuta un certo timore reverenziale. Il fatto è che all’interno dell’enorme insieme di costruzioni gotiche, edificato a partire dal 1335 e residenza dei Papi per tutto il secolo, non c’è praticamente nulla. Le stanze si succedono in un percorso fatto di fredda pietra solo in rari casi riscaldata da qualche presenza lignea; ed in più le stanze private del Papa, che avrebbe dovuto lasciarci a bocca aperta, ci hanno invece impressionate per l’abbondanza di elementi alquanto kitsch. Mettiamoci pure che venendo da Roma la nostra idea di grandezza papale è dura da attaccare, sta di fatto che nemmeno il prezioso supporto delle audioguide ci ha convinti che quella di fatto, e in un tempo ormai lontano, è stata considerata “la casa più bella e più potente del mondo”, come declama il depliant informativo del palazzo. Molto più divertente è stata invece la visita al ponte di San Benezet, il famosissimo ponte di Avignone, sul quale abbiamo improvvisato un balletto stile can can sulle note della canzone “Sur Le pont d’Avignon”. Il ponte, costruito nel 12° secolo costituiva l’unico passaggio sul Rodano fra la Francia (torre di Filippo il Bello) e il Sacro Romano Impero (palazzo dei Papi) ed è intitolato al pastore Bénezet perché fu lui che convinse il Papa, superando una prova di forza che fece pensare ad un intervento divino, a sovvenzionargli la spesa per la costruzione. Dei 22 archi originali oggi, fra piene del fiume e battaglie varie, ne rimangono solo 4.

Orange ci ha veramente stupite. Cittadina un po’ confusionaria e anche un po’ sporca, conserva al suo interno uno splendido teatro romano risalente al primo secolo d.C. Magnificamente conservato con tanto di muro di scena intatto (uno dei tre attualmente esistenti al mondo); un Arco di Trionfo di tutto rispetto ed un emiciclo romano. Da sottolineare che in Provenza i monumenti romani ben conservati vengono utilizzati normalmente per occasioni quali messe in scene teatrali o concerti di musica classica od altro. Chissà perché in Italia, che di tali tesori disponiamo a bizzeffe, non si segua lo stesso esempio… Le Chateau des Baux domina, dal suo sperone roccioso di bauxite, la Provenza fino al mare ed era residenza dei Conti di Baux i quali, convinti che il loro casato derivasse addirittura dal re magio Baldassarre fecero inserire nel loro stemma araldico la stella cometa. Ma si può!!! Fontaine de Vaucluse è il paesino costruito intorno alla spettacolare foce della Sorgue. Lo scenario è davvero imperdibile: si cammina in una gola tra due montagne per circa un chilometro, fra negozietti di souvenir, inutile sottolinearlo, accompagnate dal suono scrosciante di acque impetuose, per arrivare ad un laghetto assolutamente immobile che è appunto la fonte del fiume. L’acqua sgorga invisibilmente dal fianco di una montagna e forma questo laghetto dalle acque cristalline per poi scatenarsi in una vertiginosa corsa verso il mare fra cambi di pendenze e rocce varie. Per questo spettacolo il periodo migliore di visita è proprio in marzo-aprile, perché la fuoriuscita d’acqua raggiunge la massima portata. Fu tale scenario ad ispirare a Petrarca, fra il 1337 ed il 1353, i suoi più bei sonetti d’amore platonico dedicato alla sua Laura, che compongono il Canzoniere. Nel 1827, sulla piazza principale del paese, fu eretta in onore del poeta un’orribile colonna di granito. La Camargue La Camargue, uno dei più bei siti naturali d’Europa, è un piccolo triangolo di terre e acque (circa 800 Km quadrati) a sud della Provenza, ricchissimo di flora e fauna (circa 400 specie di animali stanziali e migratori), che si estende fra i bracci del Rodano ed il mare. Ed e’ proprio il fiume che ha contribuito in maniera determinante a creare il paesaggio di questa terra. Il suo percorso ha subito nel corso dei secoli continue variazioni, modificando a sua volta la terra attraverso cui scorreva. Così mentre il Rodano porta con sé sabbia e detriti fino al litorale, che cresce dai 10 ai 50 metri l’anno, il mare si spinge all’interno e conquista nuovi spazi. Il risultato è un’ immensa pianura formata da stagni e da paludi, da lagune e da sabbia divenuta dal 1928 una riserva zoologica e botanica con divieto alla caccia, pesca ed alla raccolta di fiori e piante. Fra gli eventi più spettacolari della Camargue il passaggio dei fenicotteri rosa provenienti dalle regioni del nord Africa.

Il nostro contributo alla zona l’abbiamo portato il giorno di Pasqua, quando abbiamo dato il via ad una nuova attività poi denominata Birdshocking, che consiste nel percorrere il labirinto di stradine che si diramano fra le paludi facendo suonare o squillare qualunque oggetto a portata di mano in grado di emettere tali suoni, allo scopo di far girare, se non addirittura volare, qualche fenicottero rosa o almeno qualche altro esemplare di volatile. L’impresa si è rivelata del tutto inutile perché, forse aiutati dal sibilìo del vento, i pennuti si sono totalmente disinteressati alle nostre sollecitazioni e noi siamo tornati a casa senza nemmeno una foto da mostrare orgogliosamente agli amici al ritorno a casa. Ora ci vergognamo molto dei sistemi adottati, anche perché non hanno portato alcun risultato apprezzabile, e li sconsigliamo a quanti volessero emulare le nostre gesta.

Alla base del triangolo formato dalla Camargue, sul mare, ci sono due posti degni di nota: Saintes-Maries-de-la-Mer e, dall’altra parte, le saline di Giraud. Il primo è un paesino marino famoso per essere il centro di ritrovo dei gitani di tutto il mondo; da vedere la sua curiosa chiesa di Santa Sara, tutta scura e illuminata da sole candele, ed il graziono paesino. Poco più in là c’è la pittoresca città fortificata di Aigues Mortes. Le saline di Giraud ci hanno colpito per lo spettacolo visivo che offrono: vere e proprie montagne di sale candido. Ne avremo senz’altro anche noi in Italia di altrettanto stupefacenti ma per noi, non avendole mai viste prima, l’evento era da festeggiare con una bella mangiata: nel chiosco alla base delle montagnole. Più in là, un’immensa spiaggia per nudisti, ma in quella stagione e con quel vento freddo di bagnanti non c’era neanche l’ombra, per cui ci siamo potuti lanciare in una lunga passeggiata. A conti fatti… … È stata una gita davvero molto piacevole, in piacevole compagnia (Silvia e Massimo, Federica, i Ciabò ed Helen, nostra ospite), e da cui abbiamo imparato moltissimo. Sono luoghi facilmente accessibili anche da noi del centro Italia, tant’è che in poco più di dieci ore si è lì, anche se, all’andata, il traffico sul tratto Montecarlo-Nizza ci ha parecchio rallentato la marcia. C’è moltissimo da vedere e per tutti i gusti, ed ancora una volta i francesi ci hanno dimostrato di non rispondere affatto allo stereotipo di personaggi scontrosi, eccessivamente campanilisti e presuntuosi che spesso noi italiani abbiamo in mente. Per cui, grazie dell’ospitalità, cugini francesi, ed arrivederci alla prossima, sicuramente non troppo lontana.



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