Profumo di lavanda e profondità di canyon, la ricetta segreta della provincia del Sud

Scritto da: Redazione TPC
profumo di lavanda e profondità di canyon, la ricetta segreta della provincia del sud
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Il desiderio di visitare la Provenza durante il periodo della fioritura della lavanda è venuto fuori lo scorso anno dopo aver ammirato quella delle lenticchie nella piana di Castelluccio a Norcia. Da lì, ha preso corpo un viaggio piuttosto articolato attraverso varie zone della Provenza che ci ha portato in ambienti di grande interesse paesaggistico ed in altri di una bellezza struggente. Da fare in qualsiasi periodo dell’anno, ma il viola delle distese di lavanda a perdita d’occhio è sicuramente un valore aggiunto.

Lunedì 20 giugno – Aigues Mortes e le saline della Provenza

aigues mortes

Ci svegliamo all’alba e intorno alle 05:30 Dario ci accompagna alla Stazione Termini da dove prenderemo il Leonardo Express alla volta dell’aeroporto di Fiumicino. Il check-in è rapido ma presto viene segnalato che il volo Ryanair per Marsiglia FR9805 delle 08:25 partirà in ritardo. Sono già le 10:15 quando decolliamo ma gli intoppi non saranno finiti: sul cielo di Marsiglia, dopo aver dato l’illusione di prepararsi all’atterraggio, l’aereo riprende quota e il comandante avverte che non è stata ancora concessa l’autorizzazione. Insomma, tra una cosa e l’altra sono quasi le 13:00 quando ritiriamo i bagagli. Ci comincia a prendere un certo nervosismo, perché verrà compromesso il programma della giornata. Dobbiamo ritirare l’auto presso l’AVIS e scopriamo che l’agenzia si trova in corrispondenza del Terminal 1, molto distante da dove siamo noi: per fortuna, tutto fila liscio e, finalmente sistemati sulla nostra Dacia Sandero, imbocchiamo l’autostrada (momento di panico per capirne il funzionamento) e arriviamo alla nostra prima destinazione, Aigues Mortes, alle 15:00, accaldati e già stanchi. Poiché alle 16:30 dobbiamo effettuare un’escursione già prenotata, ci rimane il tempo solo di un giro esplorativo della cittadina fortificata, interamente racchiusa all’interno delle sue mura medievali: un vero gioiello, tanto che ci ritorneremo volentieri. Dobbiamo raggiungere le famose saline, ma troviamo un altro intoppo. Aigues Mortes ha parecchi parcheggi fuori delle mura, dal P1 al P8: solo il P8 è gratuito ma piuttosto distante dalla città (circa 20 minuti), quindi conviene usufruire di uno di quelli a pagamento. Noi avevamo trovato posto al P1, proprio accanto alla porta cittadina, ma solo al momento di pagare il parcheggio, scopriamo che, per farlo, si rimane impelagati in un sistema di codici e bancomat contactless che viene rifiutato. Ci aiuta un signore francese gentilissimo e scopriamo che solo quel parcheggio funziona così, gli altri hanno una colonnina molto simile a quelle italiane. Siete avvertiti! Meglio due passi in più e essere sicuri di farcela! 

Proprio sul filo, arriviamo al parcheggio della Salina di Aigues Mortes che si visita anche con un trenino, già prenotato on line al costo di € 11,20 a persona in funzione dalle 14:30 alle 17:00 con partenze ogni mezz’ora. Il percorso si snoda lungo le grandi vasche di colore rosaceo che, in alcuni punti, hanno come sfondo le alte montagne di sale. Uno spettacolo che da solo vale il viaggio!! E’ prevista anche una sosta per “scalare” una di queste montagne, chiamate “camelle”. Il sole del pomeriggio che avanza rende tutto brillante e surreale: la salina di Aigues Mortes è la più vasta, per dimensioni, del Mediterraneo. Diciamo che questa escursione ci riconcilia con la giornata che era cominciata così così. Riprendiamo l’auto e, imboccata la D979, in un quarto d’ora, arriviamo a Saint Laurent d’Aigouze, un borgo minuscolo già in odore di Occitania dove ci aspettano Sidonie ed Henri nella loro magnifica casa: Le Mas des Brune (www.lemasdesbrune.com) in Rue Florentin 94. Una vera oasi dietro un cancello, una masseria ristrutturata con tocchi di design, docce e bagni fantastici, giardino molto curato e piccola piscina. Siamo stanchi e cogliamo volentieri l’occasione che ci fornisce Sidonie di cenare in maniera informale a bordo piscina  con tagliere di salumi e formaggi, considerato anche che il ristorante consigliatoci è oggi chiuso, essendo lunedì. Ci sembra di essere fuori dal mondo, che bella serata!

Martedì 21 giugno – Arles

arles

Dopo una ottima colazione in una bella sala affacciata sulla piscina, siamo pronti al nostro primo vero giorno di Provenza. Iniziamo alla grande perché la nostra prima tappa sarà Arles, distante da Saint Laurent cinquanta chilometri. Parcheggiamo facilmente fuori della porta cittadina, in Place Lamartine, già inserita nel nostro itinerario della città per non perdere tempo a cercare a vuoto un posto dove lasciare l’auto. Anche qui ci scontriamo all’inizio con la colonnina del parcometro, poi ce la facciamo e d’ora in poi non succederà più di dover chiedere aiuto. Appena varcata la Porte de la Cavalerie, piccolo residuo dell’antica fortificazione, e percorsi quattrocento metri di stradine già deliziose, ci troviamo di fronte alla mole dell’Arena, costruita alla fine del I secolo come uno spettacolare anfiteatro e che aveva la caratteristica di essere l’edificio romano più imponente di tutta la Gallia. Per noi che veniamo da Roma non è certamente una novità, sembra di essere davanti al Colosseo o al Teatro di Marcello: la piazza su cui si affaccia è molto suggestiva forse dovuta proprio all’accostamento di questa grande mole alle tipiche case basse colorate delle città provenzali.  E bisogna dire che Arles è squisitamente provenzale! E camminando tra i suoi vicoli e le sue piazzette, la riconoscerete perché l’avrete già vista nei quadri di Van Gogh che la ritrasse più di duecento volte. Tornando all’arena, non ne visitiamo l’interno  proprio perché ne conosciamo la struttura e proseguiamo la nostra esplorazione passando davanti ai resti del Teatro Antico con la sua Tour Roland, che vediamo da fuori anche perché all’interno, comunque piuttosto spoglio, stanno lavorando all’allestimento di qualche evento. Così, tra negozi che espongono sacchetti di lavanda e tessuti provenzali, ci troviamo nella bella Place de la Republique, fulcro della vita cittadina, su cui si affacciano i principali monumenti della sua vita religiosa e civile: la Cattedrale di Saint-Trophine, l’Hotel de Ville e la Chiesa di Sant’Anna.

La Cattedrale di Saint-Trophine, dedicata al primo vescovo di Arles e realizzata sopra una basilica del V secolo,  si presenta con un imponente ed elaborato portale costruito in pietra e intagliato con scene del Giudizio Universale, del XII secolo.  Gli interni, comunque imponenti, sono piuttosto spogli. Il pezzo forte del complesso è però il Chiostro, a cui si accede attraverso un’entrata secondaria, sempre sulla piazza: il biglietto di ingresso è di € 6,50 a persona, assolutamente da non perdere. Lungo il suo perimetro ammirerete diverse sculture romaniche e gotiche ricavate praticamente dalla pietra, tra cui la più famosa è quella di Santa Marta che porta con sé la Tarasque dopo averla domata. Si visitano diversi ambienti del chiostro e si può salire al piano superiore dove si  accede ad una terrazza. Torniamo nella piazza, al centro della quale si trova un obelisco egizio in granito, ed ammiriamo il bel palazzo del XVII secolo che ospita l’Hotel de Ville, ossia il Municipio, ispirato alla Reggia di Versailles. Si può sbirciare solo il piano terra in quanto i piani superiori ospitano gli uffici comunali. Di fronte alla Cattedrale, si trova invece la semplice facciata della Chiesa di Sant’Anna, attualmente sconsacrata e adibita a mostre temporanee ma che è stata la prima chiesa cattolica della città.   

Continuiamo la nostra passeggiata, incantanti dalla città, dall’eleganza e la sobrietà delle sue strade e dei suoi edifici, passiamo di fronte alle Terme di Costantino che erano le terme romane più grandi di tutta la Provenza e ci fermiamo a contemplare il grande fiume Rodano. Poi, a poca distanza, ci troviamo in Place du Forum, una deliziosa piazzetta considerata uno dei simboli di Arles, ombreggiata dai platani presenti in tutte le piazze francesi, piccole o grandi che siano ed occupata dai tantissimi tavolini dei locali pieni di gente: qui si affaccia anche il Cafè La Nuit, frequentato a suo tempo da Van Gogh e Gaugain. La piazza era nota come Place des Hommes perché qui erano soliti riunirsi i braccianti agricoli la mattina presto. È ora di pranzo e ci fermiamo in un localino su 8 Rue Reattu, Dune, dove gustiamo delle ottime insalate al prezzo di € 25,00 in due comprensivi di bevande e caffè. Ripassando poi di fronte all’Arena, scopriamo angoli non ancora esplorati, un monastero immenso ora abbandonato e la Chiesa di Notre Dame de la Major, una delle chiese più antiche di Arles ma che troviamo chiusa.

Riprendiamo l’auto al parcheggio e passiamo di fronte alla Necropoli di Arles, Les Alyscamps, che avremmo voluto visitare per vedere la grande chiesa di Saint Honorat: purtroppo non è stato possibile parcheggiare e quindi proseguiamo per circa quattro chilometri fino al Ponte di Langlois, ritratto da Van Gogh in una serie di dipinti del 1888 e per questo ormai conosciuto come Pont Van Gogh. Si parcheggia facilmente l’auto ed attraversata la strada, si può vedere e fotografare liberamente, girando intorno alla struttura. Il ponte fa parte di una serie di undici ponti identici che si trovano lungo il canale inaugurato nel 1837, progettati da un ingegnere olandese che ricordò al pittore la propria patria. La nostra giornata non è però finita qui perché, a soli dieci chilometri dal ponte, si arriva davanti alla stupenda Abbazia di Montmajor: si visita dalle 10:00 alle 18:30, con ultimo ingresso alle 17:00 e un biglietto di € 6,00 a persona. Un sito fantastico, da non perdere assolutamente, composto da più edifici di stile romanico, gotico e classico che raccontano otto secoli di storia e architettura monastica dal 949 al 1791: si visitano una necropoli, un eremo, la abbazia vera e propria, il chiostro e tanto altro oltretutto godendo di una vista stupenda sulla campagna circostante.

Soddisfatti e già con un buon numero di cose da ricordare, riprendiamo la strada di casa e in una oretta circa siamo a Saint Laurent. Stasera, nel minuscolo paese c’è una specie di festival, un vero e proprio evento e tutta la popolazione, compresi i gestori del nostro alloggio ci sono andati, lasciandoci senza cena. Niente paura: troviamo posto nell’unico vero ristorante affacciato su Place de la Republique, Le Griffou, dove mangiamo benissimo assistiti da una cameriera italiana al prezzo di € 60,00. Poi, ci ritiriamo nella nostra camera per un meritato sonno ristoratore.    

Mercoledì 22 giugno – Saint Marie de la Mer

fenicotteri pont de gau

Il nostro programma di oggi prevedeva di arrivare, come prima tappa, alle Saline De Giraud ma Sidonie ci dice che, avendo noi già visitato quelle di Aigues Mortes, possiamo evitare di farci circa 80 chilometri per uno spettacolo, sì bellissimo, ma già visto da poco. Così, ci dirigiamo direttamente al Parc Ornithologique de Pont de Gau, distante una mezz’ora, passando davanti alla bella Torre Carbonniere e ammirando il fantastico paesaggio della Camargue: apparentemente vedrete campi coltivati a riso, zone umide e acquitrinose, allevamenti di cavalli e  tori, tutto senza un rilievo, quasi all’infinito. Eppure la Camargue esercita un fascino incredibile con il suo aspetto selvaggio e unico. Parcheggiamo a poca distanza dall’ingresso del parco che è aperto dalle 09:00 alle 18:00 e a cui si accede con un biglietto di € 7,00 a persona. All’interno, i sentieri ben segnalati permettono di visitare tre diverse lagune piene di fenicotteri e altri uccelli. Come ben dettagliato sulla cartina che viene fornita alla biglietteria, si può scegliere di percorrere un itinerario più breve, di circa due chilometri e mezzo che si snoda lungo i principali punti di osservazione dei fenicotteri e uno più lungo, di ulteriori quattro chilometri che, quando si diparte dal primo, allunga fino alla grande distesa dell’Etang de Ginés (una laguna così vasta che sembra di essere in riva al mare).

Ovviamente, noi ci facciamo prendere dall’euforia e facciamo il percorso intero, cosa che, con il senno di poi, non rifarei: è vero che è molto piacevole comunque camminare in mezzo a questa straordinaria natura, ma è vero anche che del percorso più lungo possono goderne al massimo gli addetti ai lavori, appassionati e conoscitori degli uccelli (ci sono anche parecchie casette per il birdwatching). Un gran bel posto, da vedere in ogni stagione anche se i fenicotteri sono presenti in questo periodo in maniera più consistente. Riprendiamo l’auto e dopo soli cinque chilometri parcheggiamo nuovamente sul lungomare di Saint Marie de la Mer, un borgo al confini della Camargue: classico borgo marinaro composto da casette basse e bianche che si sviluppano intorno alla  chiesa che prende anch’essa il nome dalla leggenda delle tre Sante, Maria Jacobè, Maria Salomè e la loro ancella, poi Santa Sara, approdate alla foce del Rodano e le cui reliquie furono rinvenute nella chiesa stessa nel 1448. Oggi la chiesa è in realtà un santuario in cui, nella cripta, si venera Santa Sara, la Vergine Nera, patrona dei gitani che qui si riuniscono il 24 maggio di ogni anno per una grande festa. All’esterno, la chiesa ha in realtà l’aspetto di una fortezza in quanto aveva il compito di proteggere la città dalle incursioni dei pirati saraceni ed arabi che tentavano di saccheggiarla. Si può accedere al tetto della chiesa, da cui si ammira un bel panorama a 360° sulla Camargue. 

Avevo letto recensioni entusiastiche su questo borgo, ma sinceramente ci è apparso sopravvalutato e pieno zeppo di negozietti e bancarelle tutti con gli stessi articoli che si vendono in qualsiasi cittadina di mare e pochi buoni locali per una pausa pranzo. Ci rechiamo anche all’Ufficio del Turismo perché  Sidonie ci ha consigliato di prendere il battello Tiki III che fa il giro delle lagune: ci riflettiamo un po’, poi decidiamo di soprassedere perché in realtà, di laguna e fenicotteri ne abbiamo visti abbastanza a piedi nel nostro giro lungo all’interno del parco. Così, dopo una pausa con un panino neanche tanto appetitoso, decidiamo di voler tornare a Aigues Mortes e approfondire la visita di questa meravigliosa cittadina. Vogliamo percorrere, per prima cosa, l’anello della sua cinta muraria, ancora perfettamente conservata e che racchiude il suo centro storico: acquistiamo perciò il biglietto di ingresso di € 8,00 che consente di accedere  anche alla Constance Tower, la costruzione più imponente della città, visibile anche in lontananza al di sopra delle mura a cui è collegata attraverso un ponte in pietra gettato su un piccolo fossato. Il mastio ha un diametro di circa ventidue metri e le sue mura, destinate alla difesa, sono spesse sei metri e all’interno, ormai spoglio, si trovano delle scale che permettono di muoversi su due piani. Bellissimi i soffitti ad ogiva e un grande camino nel piano più basso.

Usciti dalla Torre di Costanza, si comincia a percorrere il camminamento delle mura, lungo un chilometro e seicento metri, incontrando, con cadenza regolare, le altre torri facenti parte della fortificazione, Porta della Gardette, Porta della Marina, Porta dei Galeoni e Porta dei Mulini. Lungo il lato sud ammiriamo ancora una volta lo spettacolo delle saline rosa e siamo felicissimi di essere tornati qui per la seconda volta. Prima di riprendere l’auto, ci concediamo ancora un giro per le belle strade della cittadina visitando la Cappella dei Penitenti Bianchi e la Cappella dei Penitenti Grigi, attualmente di proprietà privata ma aperte al pubblico. Infine, ritorniamo in Piazza Saint-Luis dove si affaccia la Chiesa di Notre Dame Des Sablon che prende il nome dalle origini della città, edificata su acquitrini e sabbie e che ha subito, nei secoli, numerosi restauri, tenendo anche conto che durante la rivoluzione francese ospitò al suo interno una caserma e un deposito di sale. Inoltre, a causa di un crollo avvenuto nel 1634, la chiesa non ha più il campanile che non è mai stato ricostruito.

Rientriamo nel nostro B&B molto soddisfatti: inoltre, stasera, ceneremo di nuovo a bordo piscina gustando le ottime pietanze preparate da Sidonie per i suoi ospiti.

Giovedì 23 giugno – Saint-Remy e la ‘camera di Van Gogh’

saint paul provenza

Oggi sarà giornata di trasferimento: lasciamo questo angolo di paradiso con un po’ di tristezza ma altre meraviglie ci attendono. La prima tappa di oggi prevede la visita di Pont du Gard, sito Patrimonio Unesco dal 1985, a circa quarantadue chilometri a nord di Saint Laurent. L’acquedotto del Pont du Gard è un vero capolavoro dell’architettura antica ed è considerato una delle più belle costruzioni romane al mondo, unico esempio di ponte antico a tre piani ancora esistente. Costruito dal 19 a.C. da Agrippa al fine di alimentare di acqua la città di Nimes, ha dimensioni considerevoli  con i suoi quarantanove metri di altezza, composto da tre file di archi sovrapposti, realizzato in soli cinque anni durante i quali vi lavorarono più di un migliaio di uomini.   L’accesso al ponte può avvenire sia dalla Riva Destra, chiamata Rive Droite che dalla Riva Sinistra, la Rive Gauche. Si lascia l’auto in ampi parcheggi e si raggiunge dapprima una costruzione moderna simile ad un terminal dove si trovano, oltre ai servizi di biglietteria e di informazione, anche una sala cinematografica dove assistere ad un documentario sulla storia della costruzione,  un Museo con un percorso multimediale, ristoranti, negozi e librerie. Se si vuole visitare solo il ponte, si paga solo il biglietto relativo al parcheggio, pari a € 9,00. Noi scegliamo di non visitare museo e quant’altro, viste anche le difficoltà con la lingua e, dopo un piccolo percorso lungo le rive del fiume Gardon, il ponte ci appare in tutta la sua possanza ed è veramente uno spettacolo impressionante. Lo attraversiamo, sentendoci piccoli piccoli e raggiungiamo la Riva Destra che permette di scendere sull’argine del fiume da dove il ponte appare ancora più maestoso. Tutto il contesto paesaggistico è di grande suggestione.

Ripresa l’auto, ci dirigiamo ora a Saint-Remy de Provence, distante quarantacinque chilometri. A proposito di chilometri, bisogna dire che alla fine di ogni giornata se ne fanno parecchi, ma la situazione non sembra pesare a Fabio visto l’ottimo stato delle strade francesi e l’altrettanto ottima segnaletica. Dico subito che Saint Remy è delizioso: tipico borgo provenzale, piccolo ma estremamente piacevole da visitare, tutto raccolto tra Boulevard Gambetta e Boulevard Victor Hugo, mentre la Rue Carnot, la strada principale, lo taglia in due. Parcheggiamo nella parte occidentale del centro storico, in Place de la Republique su cui prospetta la Collegiata di San Martino (Collégiale Saint-Martin), la chiesa più grande della città, caratterizzata da monumentali colonne neoclassiche che sorreggono il portale: inconfondibile. La struttura originaria risale al XIV secolo, ma a seguito di un crollo parecchie parti furono ricostruite nel XIX secolo in stile neoclassico: fortunatamente si salvarono il campanile gotico, il fonte battesimale e l’altare maggiore.  Ma il bello di Saint Remy è girovagare per le sue strade strette con le case pastello dalle imposte colorate: è così che ci troviamo in Rue Hoche, dove una targa indica la casa in cui nacque Michel de Nostradamus il 14 dicembre 1503. La casa non è aperta al pubblico. A lui è dedicata anche una fontana, all’angolo tra due vie caratteristiche, con un busto che ne ritrae le sembianze.

Di piazzetta in piazzetta, ci troviamo a passare davanti all’Hotel de Ville ovvero il Municipio, ospitato in un grande edificio storico con una facciata in stile neoclassico che dà sulla Place Jules Pellissiers, antico convento delle monache orsoline di Sant’Agostino (convento degli Augustiniani). Ci concediamo una pausa pranzo da Paul Boulangerie. Dopo soli due chilometri dal centro storico, ci fermiamo davanti al complesso di Saint Paul de Mausole, l’antico manicomio famoso per aver ospitato Van Gogh. Si parcheggia lungo il muro di cinta, si imbocca il viale di ingresso, dove si trova il chiosco della biglietteria (biglietto € 7,00 a persona) e subito si scorge, a chiudere il viale, la piccola chiesa della struttura, ora piuttosto spoglia, ma suggestiva nel contesto, preceduta da una statua in bronzo di Van Gogh che tiene in mano i suoi famosi girasoli. Guardando a sinistra del viale, possiamo vedere un complesso di edifici che oggi ancora ospitano pazienti psichiatrici. Regna una grande pace e silenzio. Dalla chiesetta, si possono raggiungere alcune stanze della parte antica del manicomio dove oggi è stata riallestita la camera di Van Gogh, al piano superiore di uno splendido chiostro che racchiude un giardino curatissimo con un perfetto cromatismo nella disposizione dei fiori. Vincent Van Gogh, su sua richiesta, era stato ospite in una stanza del padiglione dedicato agli uomini per poco più di un anno. Di forte impatto è la piccola camera ricostruita con oggetti ed effetti personali del pittore: il letto in ferro, lo scrittoio e un piccolo baule. In realtà la sua vera stanza è situata in quella parte di ospedale non visitabile. Inoltre, il pittore aveva un trattamento preferenziale rispetto agli altri ospiti: oltre alla camera da letto, ebbe a disposizione una stanza per dipingere e una terza dove conservare le sue opere. Opere che realizzava guardando dalla finestra i girasoli e i campi di lavanda su cui le finestre si affacciano. Devo dire che tutto genera una grande emozione.

Scendiamo anche noi a livello di quel campo da cui si ha una visione della chiesa e del suo basso campanile. Van Gogh è del resto storia recente e la suggestione delle vicende della sua vita travagliata, l’ossessione della perfezione nella ricerca della giusta luce, i colori vividi della Provenza che lo avevano stregato, regalano un momento di commozione in questo angolo di pace fuori del mondo. Procedendo diritti, uscendo da Saint Paul de Mausole, prendiamo una strada che termina davanti ad una area chiamata  Les Anquiques, uno spiazzo libero alberato su cui sorgono due antichi monumenti romani, entrambi in ottime condizioni di conservazione: un arco di trionfo che celebrava la conquista romana della città di Marsiglia e  un mausoleo commemorativo intitolato a due nipoti di Augusto. Furono posizionati in questo posto per segnalare l’ingresso al sito delle rovine di Glanum, una importantissima città romana, dichiarata patrimonio Unesco. Così come è successo per l’Arena di Arles, decidiamo di non visitare il sito che ci ricorda cose già viste varie volte.

Proseguiamo quindi alla volta di un altro borgo caratteristico, Baux de Provence, percorrendo una decina di chilometri attraverso una strada fantastica che attraversa Les Alpilles. Cosa sono Les Alpilles? Una piccola catena montuosa che si estende con picchi acuminati dalla piana del Rodano a quella del fiume Durance. Una strada di notevole rilievo paesaggistico, tutta curve e tornanti che rasentano le rocce sporgenti. Personalmente,  uno dei posti più belli visti in questo viaggio in Provenza. Arriviamo a Baux de Provence sotto un cielo cupo che minaccia pioggia e troviamo difficoltà nel parcheggiare per il grande affollamento: non oso immaginare il delirio di luglio ed agosto. Ogni modo, riusciamo a scendere dall’auto ed  inoltrarci negli stretti vicoli di questo paese tutto di pietra, di una bellezza disarmante e da cui si gode di una vista straordinaria della catena montuosa e delle sue valli. Il paese è dominato dalla mole di un castello, o meglio delle sue rovine. Saliamo fino alla Chiesa di Saint Vincent, nell’omonima piazza, di dimensioni piuttosto ridotte, ma un piccolo gioiello. La struttura  pare sia stata parzialmente scavata nella roccia  e l’interno, piuttosto raccolto e suggestivo, custodisce più fonti battesimali. Una curiosità, invece, all’esterno: a sinistra dell’ingresso si erge una piccola torre circolare, conosciuta come Lanterna dei Morti, in quanto al suo interno viene accesa una fiammella ogni volta che muore un abitante del paese.

Su un lato della stessa piazza, visitiamo anche qui l’ennesima Cappella dei Penitenti Bianchi o Chapelle Saint Blaise, risalente al XII secolo, costruita dalla corporazione dei tessitori e cardatori di lana, ma ora completamente spogliata e sconsacrata. Nel frattempo, è uscito un bel sole che esalta e rende ancora più particolare il colore della pietra. Anche nel caso di Baux de Provence, che mi è piaciuto in maniera particolare, la suggestione viene non dai suoi monumenti, ma dal passeggiare tra i vicoli del centro storico, fino ad arrivare, dopo una bella scarpinata, ai piedi del castello che risale all’XI secolo e ha la caratteristica di fondersi perfettamente con le rocce che ne costituiscono le fondamenta. È visitabile dalle 09:00 alle 19:00 con un biglietto di ingresso di € 7,00 a persona. Si tratta di una vera e propria cittadella, ricca di resti pregevoli di cappelle e torri. Noi decidiamo di non visitarlo, ci accontentiamo di ammirarlo da lontano anche perché si sta facendo tardi per raggiungere il nostro nuovo alloggio a Plan d’Orgon, Le Mas d’Hermes (www.masdhermes.fr).

Devo dire che oggi le sorprese non finiscono mai: dopo tante belle cose visitate, l’ultima chicca di questa giornata è proprio arrivare nel B&B, conoscere la disponibilissima Emmanuelle, sistemarsi nella grande camera Olympia al primo piano e, dulcis in fundo, accogliendo il consiglio dei gestori, andare a cena nel vicino, minuscolo, delizioso borgo di Eygaliers, distante circa otto chilometri dove ci accomodiamo da Paulette in Rue de la Republique 130. Sembra tutto un sogno, non mi svegliate per favore!    

Venerdì 24 giugno – Avignone, la città dei papi

avignone

Stamattina, per prima cosa, esploriamo per bene il parco che circonda il B&B: bellissimo l’angolo con la piscina e la zona relax, e poi alberi da frutto, fiori, sedie e tavolinetti sparsi qua e là nel verde. Infine… una chicca: un grande tavolo rettangolare per la colazione con gli altri ospiti sotto un gazebo, tovaglia a fiori provenzale e sopra ogni ben di Dio, marmellate di gusti mai assaggiati (melone, ananas, kiwi) preparate da Emanuelle, così come le torte , i pancake, yogurt artigianali con polpa fresca di albicocca, succhi di frutta alla mela cotogna e tanta frutta fresca del suo podere. Come inizio di giornata non c’è male.

Oggi visiteremo Avignone distante circa ventisei chilometri. Parcheggiamo facilmente nel parking sotterraneo Palais des Papes, già individuato durante la formulazione dell’itinerario, in Rue Ferruce, che ha l’uscita praticamente nella piazza del Palazzo dei Papi. Avignone è la città principale della Provenza e pur essendo discretamente ampia, presenta un centro storico compatto, circondato dalle basse mura medievali, e visitarla risulta estremamente agevole. Sbucati, quindi, sulla vasta Place du Palais, si rimane subito impressionati dalla mole del Palazzo dei Papi, una enorme ed articolata costruzione la cui parte più antica risale al 1335. Sorge sul vecchio palazzo vescovile e fu il papa Benedetto XII a dare l’avvio ai lavori. Oggi gli interni sono piuttosto spogli ma le sale da visitare sono numerose, ognuna adibita a scopi differenti. Il palazzo si visita dalle 10:00 alle 18:00 e conviene acquistare il biglietto combinato palazzo + ponte + giardini al prezzo di € 13,00 per gli over 60. All’accoglienza viene fornito un tablet con cuffie che permette di seguire l’itinerario di visita nella propria lingua e che, oltre alle informazioni storiche, puntando l’apparecchio verso dei punti prestabiliti, fornisce una ricostruzione di come fossero gli ambienti al momento del loro massimo splendore: arredi, suppellettili e momenti di vita quotidiana degli inquilini di questa meraviglia di palazzo. La visita inizia dall’originario Vieux Palais, il primo ad essere edificato nel 1335 e che raggiungiamo attraverso un cortile interno: ha iniziato a piovere appena entrati e pioverà fortunatamente per tutto il tempo della visita, gratificandoci poi con una splendida giornata di sole che, dopo la pioggia, accentuerà la brillantezza dell’acqua del Rodano e del verde circostante.   

Ammiriamo quindi la ricostruzione della Tesoreria, la stanza dove venivano amministrati i beni della chiesa, si facevano affari delicati e si conservavano i beni preziosi. Passiamo all’interno della Torre del Papa, detta anche Torre degli Angeli, poi la Chambre du Camérier, ovvero la stanza del camerlengo, accanto alla quale si trovava il guardaroba papale, ossia il luogo privato dove il papa si vestiva per accogliere i visitatori. Al piano superiore troviamo il Grand Tinel, ovvero una grandissima sala da pranzo che fu utilizzata anche come sala per il conclave: poiché nel 1413 in questa sala  si sviluppò un incendio, è nota anche come Stanza Bruciata. Si passa poi alla visita del Palais Neuf che, a dispetto del nome, fu fatto costruire dal papa Clemente V quasi contemporaneamente a quello vecchio. Qui troviamo la camera da letto e lo studio del papa (Chambre du Cerf): bellissimo il decoro ancora presente, a foglie di quercia e di vite, mentre nello studio le pareti sono affrescate con scene di caccia e pesca. Attraverso una breve scalinata, si accede all’enorme Grande Chapelle, o Chapelle Clementine, lunga cinquantadue metri e che, tramite il tablet, possiamo vedere come fosse ricoperta di arazzi e tappeti.

Un po’ deludenti i giardini sia per la loro composizione (è pur vero che sono in corso dei lavori) sia per le loro dimensioni ridotte. Una visita tutta da godere proprio grazie alle ricostruzioni che ci hanno catapultato in un’altra epoca: unica considerazione è quella relativa all’ammissione nelle sale di grandi gruppi organizzati  che, nei periodi di luglio ed agosto, penso rendano quasi impossibile muoversi e il cui accesso  dovrebbe essere regolamentato meglio. Usciamo dal Palazzo e ci rechiamo subito al Ponte di Saint-Bénezet o Ponte di Avignone, a pochi metri di distanza, visitabile con il biglietto combinato già in nostro possesso. Godendo del bellissimo colpo d’occhio sul fiume Rodano, percorriamo ciò che rimane di questo ponte che si protende verso la dirimpettaia cittadina di Villenueve. Il ponte venne costruito nel XII secolo con ventidue arcate per una lunghezza di novecento metri: oggi, in seguito ad una rovinosa alluvione del 1668, rimangono solo quattro arcate, comunque di grande impatto scenografico.

A questo punto iniziamo l’esplorazione vera e propria della città attraverso le sue piazze e le sue eleganti vie, ammirando l’architettura prevalentemente sei-settecentesca dei suoi palazzi.

Dal ponte, attraverso Rue de la Balance, siamo subito a Place de l’Horloge, la piazza principale di Avignone dove sorgono l’Hotel de Ville e il Teatro dell’Opera, in stile greco-romano. Altra tappa la Basilica di San Pietro d’Avignone, costruita nel XIV secolo sui resti di una chiesa risalente al VII secolo che era stata distrutta dai Saraceni. Purtroppo la troviamo chiusa e, prima di proseguire il nostro tour,  ci fermiamo a pranzo da Chez Lisette, in Cloitre Saint Pierre, cioè nella piazzetta alle spalle della basilica (siamo nell’area dove un tempo sorgeva il suo chiostro): mangiare sotto i platani di queste piazzette è una caratteristica delle cittadine francesi.

Così ristorati, proseguiamo senza una meta precisa, capitando in Place Pie dove si erge la Torre di Saint Jean e si affaccia il curioso edificio di Les Halles, cioè il mercato coperto dove si trovano le specialità gastronomiche provenzali, un po’ come la Bouqueria di Barcellona. La facciata è ricoperta interamente di vegetazione, tanto che è conosciuto anche con il nome di Mur Végétal. Nei pressi si trova anche la Chapelle Sainte-Claire, dove pare che il Petrarca abbia incontrato per la prima volta Laura.  Passeggiare per Avignone è molto piacevole e così raggiungiamo la Chiesa di Saint Didier, nell’omonima piazza e la Chiesa dei Celestini, nella Place des Corps Saints. La mole  della chiesa è enorme ma purtroppo il complesso versa in stato di abbandono, tanto che all’interno, se fosse visitabile, non troveremmo neanche la pavimentazione.

Ritorniamo verso la Place du Palais perché dobbiamo ancora visitare il Duomo di Avignone, intitolato a Notre Dame come la cattedrale di Parigi, praticamente adiacente al Palazzo che ancora una volta ci stupisce per la sua grandiosità. Già il colpo d’occhio dalla piazza è notevole con la doppia scalinata per accedere alla chiesa e il campanile che ha sulla guglia una Madonnina dorata: durante la rivoluzione francese fu utilizzata come prigione e dal 1995 è stata inserita nel Patrimonio Unesco. Uscendo dalla chiesa, a destra, imbocchiamo ora l’ingresso del Parco Rocher des Doms, arroccato su una collina. Dalle sue terrazze è magnifico il panorama sul Rodano con i suoi ponti e la vista spazia fino alla cittadina di Villenueve e al ramo secondario del Rodano. E proprio a Villenueve ci dirigiamo una volta ripresa l’auto al comodo parcheggio, mentre commentiamo che  Avignone è veramente una gran bella città da non perdere assolutamente durante un viaggio in Provenza.  

Pochi chilometri e parcheggiamo facilmente alla periferia di Villenueve che offre tanto da vedere, dal Forte Saint Andres, visibile già da Avignone, alla Abbazia di Saint Andres  e alla Certosa di Notre Dame du Val de Bénédiction: dobbiamo fare una scelta per questioni di orario e optiamo per quest’ultima. Altra meraviglia! Ex monastero, voluto da papa Innocenzo VI che fece dono di un suo terreno all’ordine dei Certosini dopo la sua elezione nel 1352, tanto da voler poi essere sepolto all’interno della chiesa. È un complesso enorme che ha subito nei secoli varie peripezie, di grande valore artistico ed architettonico, oggi completamente visitabile in tutte le sue parti, compresi i chiostri magnifici su cui incombe la mole del forte di Saint Andres. Anche questa si rivela una visita straordinaria. La Certosa è visitabile dalle 10:00 alle 12:30 e dalle 14:00 alle 18:00 con un biglietto di ingresso di € 8,00 a persona.

Giornata intensa anche oggi: rientriamo al B&B, ci riposiamo un po’ e poi di nuovo a cena da Paulette a Eygaliers.  

Sabato 25 giugno – Senanque e Gordes

senanque

Solita eccellente colazione e poi, velocemente verso l’Abbazia di Senanque, distante circa trenta chilometri, perché abbiamo già acquistato on line i biglietti per la visita delle 10:30 e ai ritardatari non viene più concesso l’ingresso.  Si può accedere solo con visite guidate prenotate, unicamente in francese però, e ai non francofoni viene fornito anche qui un tablet che, puntato su determinate postazioni, ricostruisce gli ambienti originali. Ma l’organizzazione presenta delle pecche, a mio avviso: la guida parla in francese esponendo le spiegazioni per un tempo maggiore rispetto alle informazioni piuttosto scarne fornite dal tablet, per cui il visitatore non francofono si trova con dei lunghi buchi in cui non sa più cosa fare oltre che guardarsi intorno. Visto che però è l’unico modo di poter entrare nelle sale dell’abbazia, buon viso a cattivo gioco.

Detto questo, passiamo all’abbazia che appare bellissima già in lontananza mentre ci si avvicina, di pietra bianca che risalta sul viola della lavanda che la circonda. Ha avuto una vita travagliata fin dalla sua fondazione: addirittura nel 1792, l’abbazia venne venduta come bene nazionale tornando ai monaci solo nel 1857 per essere  nuovamente abbandonata  e venduta con continui cambi di proprietà  finché nel 1988 ne hanno ripreso possesso i monaci cistercensi che osservano la regola benedettina Ora et labora: oggi essi producono miele e olio, si occupano della raccolta della lavanda, della manutenzione degli edifici e dell’ospitalità per chi chiede di poter soggiornare.

Visitiamo così il Dormitorio, una sala enorme, l’unica a non essere più utilizzata oggi dai monaci. Da qui si accede, tramite una scala, alla chiesa abbaziale, spoglia ed essenziale secondo i dettami della regola benedettina per la quale il fedele in preghiera non deve essere distratto da alcunché. È la volta della Sala Capitolare, uno degli ambienti fondamentali per la vita di un monastero, dove i monaci si riuniscono per le letture della regola e dove si prendono le decisioni importanti per la comunità. Infine, la Sala dello Scriptorium, dove un tempo i monaci lavoravano alla trascrizione dei libri sacri: questa era l’unica sala del monastero ad essere riscaldata, oltre alla cucina. Bellissimo il chiostro, costituito da un cortile definito da quattro gallerie che racchiudono il giardino ornamentale. Due piccole curiosità: la prima, su una delle colonne del chiostro si trova scolpita l’effigie del Diavolo che guarda dritto dentro la sala capitolare, a monito perpetuo; la seconda, sulle pietre delle pareti,  si possono vedere i contrassegni lasciati dai lavoratori a cottimo che aiutavano i monaci nella costruzione delle abbazie. Servivano a riconoscere e quantificare il lavoro di ciascuno ai fini della paga.

Ci intratteniamo ancora un po’ a fotografare il complesso da tutte le angolazioni proprio per la suggestione che emana in questo periodo di fioritura. Credo che senza lavanda, per quanto bella sia la struttura, non produca lo stesso effetto.

Riprendiamo l’auto al comodo parcheggio gratuito e, dopo soli quattro chilometri, siamo già a Gordes, uno dei “villaggi perché”, cioè “arroccati” in quanto costruiti su speroni di roccia in posizioni spettacolari. Gordes, in particolare, viene considerato uno dei borghi più belli della Provenza: devo dire che noi non ne siamo rimasti particolarmente colpiti. Forse, alla sua fama, ha contribuito in maniera notevole il fatto che la piazzetta principale, abbellita da una fontana,  abbia ospitato il set cinematografico del film “Un’ottima annata” con Russel Crowe.  Il borgo, al cui ingresso si trova l’imponente castello-fortezza risalente al X secolo, è veramente piccolo, formato di case in pietra e vicoli strettissimi in forte pendenza, le calades, fatti di pietre e ciottoli, tipici dei paesi arroccati. Molto simili ai nostri meravigliosi borghi dell’Umbria e della Toscana.  Il meglio di sé, Gordes lo dà in lontananza, una vista da cartolina, abbarbicato sulla collina, allora sì da fotografare.

Mangiamo una buona focaccia seduti sugli scalini del castello e poi ci dirigiamo verso il villaggio di Les Bories a cinque minuti di auto. La visita al villaggio di Les Bories è assolutamente da non perdere per la sua particolarità: si tratta di una trentina di capanne, risalenti all’Età del Bronzo, realizzate in pietra a secco e di cui ancora non si sa molto perché non si riescono a datare le pietre. Il villaggio fu abitato da uomini dediti alla pastorizia e all’apicoltura fino al XIX secolo ed oggi viene proposto come testimonianza dello stile di vita provenzale dei secoli passati. Vi si trovano ovili, case, forni per il pane ma anche strumenti e oggetti del passato. Il popolo che lo ha abitato era comunque stanziale, come testimonia il muro di cinta di protezione formato da pietre infisse in una posizione verticale, come a voler essere degli spunzoni, sia per proteggere il bestiame ma anche per fare da scudo alle arnie contro l’irruenza del mistral. Probabilmente servì come rifugio anche per le popolazioni valdesi, perseguitate per motivi religiosi.

Il villaggio è aperto dalle 10:00 alle 18:00 (biglietto € 6,00 a persona) ed è dotato di un parcheggio gratuito a poca distanza dall’ingresso. La prossima tappa di oggi è il bellissimo borgo di Bonnieux a circa dodici chilometri da Les Bories. Bonnieux ci è piaciuto sicuramente  più di Gordes, angoli pittoreschi, case colorate, facciate coperte di rampicanti e fiori, la “Eglise Haute” nel suo punto più alto: veramente gradevole. Nei pressi di Bonnieux, un cartello ci indica la deviazione per il Pont Julien e ovviamente noi la imbocchiamo: ci troviamo così di fronte a questo ponte romano costruito sulla Via Domitia e che rimase in uso fino al 2008. Da vedere.

Ritornando verso il B&B, decidiamo di fermarci a Cavaillon, che dista solo cinque chilometri dall’alloggio, parcheggiamo in una piazzetta facilmente  e ci inoltriamo tra le strette vie.  Cavaillon è una cittadina più grande rispetto ai borghi visitati finora, famosa per la coltivazione dei meloni importati dall’India ed esportati in tutto il mondo. All’apparenza non entusiasma, solo il suo piccolo centro storico dominato dalla cattedrale di San Veran, che si affaccia su una piazzetta, suscita qualche interesse: non ne approfondiamo la visita, un po’ perché siamo stanchi dopo la lunga giornata e un po’ perché reputiamo che la bellezza di Cavaillon risieda maggiormente nel  contesto naturalistico del parco naturale del Luberon che la circonda.

Ci concediamo un po’ di riposo nel B&B prima di ritornare a Eygaliers e cenare questa sera da “Luigi”, sempre su Rue della Republique, un locale gestito da un ragazzo, Luigi appunto, di madre piemontese ma che non sa una parola di italiano. Tra gli altri piatti, propone delle pizze veramente ottime e soprattutto digeribili. Rimaniamo molto soddisfatti e prenotiamo direttamente per domani sera, considerato che il borgo è sempre affollatissimo e i locali si riempiono rapidamente.    

Domenica 26 giugno

Oggi ci dirigiamo all’interno del Luberon e intorno alle 10:00 siamo già al parcheggio del borgo di Roussillion, un vero gioiello che ci è rimasto veramente nel cuore. Lo scopo di chi arriva fin qui è quello di visitare il Sentiero delle Ocre, aperto dalle 09:00 alle 18:30 con un biglietto di ingresso di € 3,00 a persona. Il fatto di aver lasciato l’auto all’imbocco del paese (€ 3,00 per l’intera giornata), ci consente di attraversarlo interamente godendo di scorci entusiasmanti. Le case sono tutte colorate nelle diciotto tonalità  di quell’ocra che stiamo per andare a vedere: giallo intenso, rosso in tutte le sue sfumature con le imposte di colori contrastanti. Una vera meraviglia. In breve siamo già alla biglietteria (consiglio di arrivare all’apertura o giù di lì, perché il sito è molto gettonato). Si può scegliere di percorrere il sentiero segnalato in rosso, denominato Sentier du Sahara,  della lunghezza di un chilometro e mezzo percorribile in circa quarantacinque minuti con un dislivello di dieci metri oppure il sentiero blu, denominato Sentier des Cheminées de Fées, il Sentiero del cammino delle Fate, della lunghezza di un chilometro percorribile in trenta minuti con un dislivello di quaranta metri. Sicuramente, così come abbiamo fatto noi, li percorrerete entrambi, troppo ammaliati dalla particolarità del posto: in Europa è l’unico sito presente, e vi sembrerà di essere piombati in un canyon americano. Non finirete più di fotografare perché ogni angolo è diverso da quello precedente e il contrasto tra i colori dell’ocra con quello del verde degli alberi e il blu elettrico del cielo, rimarranno indimenticabili. Molto suggestivo è anche il panorama del piccolo borgo visto dalla strada che porta ai sentieri: il villaggio nacque nel X secolo e il campanile noto oggi con il nome di Beffroi, era l’antica porta di accesso cittadina.  Particolarmente attraente risulta la piazzetta su cui sorge l’edificio rosso del Municipio.

A una ventina di chilometri  da Roussillion si raggiunge Rustrel, conosciuto per sue cave d’ocra ribattezzate Colorado Provenzal che si trovano a circa due chilometri dal minuscolo villaggio. L’ingresso al sito è libero, si paga solo una quota di € 6,00 che permette il parcheggio per l’intera giornata. Anche in questo caso si può scegliere tra diversi percorsi che vanno dai trenta minuti alle quattro ore. Noi scegliamo il sentiero blu, Sentier du Sahara, di circa due chilometri con un facile dislivello, anche perché oggi fa parecchio caldo e non è il caso di esagerare. Anche qui sembra di essere effettivamente in un deserto americano, le formazioni rocciose, generatesi un po’ per l’erosione degli agenti atmosferici e un po’ per lo sfruttamento da parte dell’uomo, hanno forme  e colori incredibili, piramidi, colonne di tutte le tonalità del giallo e dell’arancione fino al rosso acceso. Incredibile il contrasto con il verde della vegetazione.

È ora di pranzo ma i punti di ristoro presenti nell’area del parcheggio non ci ispirano proprio: decidiamo di ritornare a Roussillion dove avevamo notato una buona offerta, ma arriviamo oltre le quattordici e i locali non accettano più clienti. Ci accontentiamo di gustare un ottimo gelato e, dopo una ulteriore passeggiata nelle vie del borgo, riprendiamo l’auto per raggiungere la prossima tappa: Lourmarin.

Lourmarin non è un borgo arroccato, ma piacevolmente in piano e lo abbiamo trovato delizioso. All’ingresso del paese, già dal parcheggio, l’attenzione è catturata dalla mole del Castello, di origine medievale, dove visse anche il Marchese De Sade. Noi non lo visitiamo, privilegiando passeggiare per il borgo che ha proprio tutto il fascino della Provenza con l’ampio viale sul quale si affacciano le case variopinte, le botteghe artigiane e si diramano stradine e piazzette ornate da fontane settecentesche con i mascheroni coperti di muschio. Caratteristico il suo campanile con un grande orologio del Seicento.

Sulla strada di ritorno verso Plan d’Orgon, decidiamo di fermarci alla Foresta dei Cedri (Foret des Cedres), considerata una delle  più belle foreste di tutta l’Europa.  La pianta del cedro, originaria delle montagne del Nord Africa, è stata introdotta sul territorio francese alla fine del XIX secolo trovando il suo habitat perfetto per crescere. E’ effettivamente un bel polmone verde, ma la sua importanza, a mio avviso, sta nel fatto che è attraversata per tutta la sua lunghezza da una strada sterrata  ma percorribile agevolmente, affinché possa essere fruita anche da disabili in carrozzina o mamme con il passeggino. Camminiamo per un po’ rilassandoci e rinfrescandoci dalla calura odierna, poi riprendiamo definitivamente la via di casa: ceneremo nuovamente da “Luigi”.

Lunedì 27 giugno – Aix-en-Provence

aix-en-provence

Oggi saremo a Aix en Provence a circa sessanta chilometri di distanza. Prima di tutto, dobbiamo raggiungere l’Atelier di Cezanne, per la cui visita alle ore 10:30, siamo già in possesso dei biglietti acquistati on line.

Parcheggiamo l’auto nel Parking Pasteur in Rue de Chapitre, già individuato in fase di preparazione dell’itinerario: da qui, l’Atelier di Cezanne dista circa settecento metri (si trova alle porte della città sulla collina di Lauves). E’ un villino circondato da un giardino, acquistato dal pittore quando, dopo anni di lavoro a Parigi, decise di ritirarsi nella sua città natale, attrezzando questo posto pieno di spazio e di luce come atelier, in quanto non abitò mai qui, ma in centro città. Entrando nel laboratorio, che si visita con una audio guida con auricolari nella propria lingua, si rimane stupefatti da come tutto sia rimasto esattamente com’era al momento della sua morte. Il tempo sembra essersi fermato: cavalletti, bottiglie e caraffe, cesti di vimini dove riporre le mele da dipingere, teschi e caffettiere, nonché gli abiti da lavoro del pittore appesi all’attaccapanni e il manichino in legno usato per le tele di figure femminili. Per non parlare delle tavolozze, dei pennelli e dei colori ancora al loro posto. Una grande vetrata occupa una intera parete per catturare tutta la luce necessaria ed avere la vista sulla famosa montagna di Saint Victoire, uno dei soggetti preferiti di Cezanne, ritratta un’infinità di volte, a mo’ di  ossessione, per coglierne tutte le sfumature di colore nei differenti periodi dell’anno e in condizioni atmosferiche diverse.

Una visita da fare sicuramente, io ne sono rimasta affascinata.

Dirigendoci poi verso il centro della città, troviamo presto la Cattedrale di Saint Sauveur (aperta dalle 08:00 alle 19:00), fusione di più stili architettonici, dal magnifico portale gotico del XIV secolo al chiostro romanico risalente al XI secolo, purtroppo un po’ sacrificata nella piazza che la ospita. La facciata è veramente bella ma ancora più suggestivi gli interni, dove, in una cappella ribassata rispetto al piano di calpestio della chiesa, si può ammirare il battistero costruito tra il V e il VI secolo e sormontato da una cupola sostenuta da colonne di epoca romana. Troviamo invece chiuso il chiostro. Attraverso Rue Gaston de Saporta  e superata la Torre dell’Orologio, ci troviamo in  Place de l’Hotel de Ville, su cui si trovano l’Hotel de Ville, affiancato alla torre, e una bella fontana.

Girovagando attraverso vicoli e stradine, sbuchiamo a metà di Cours Mirabeau, il grande ed elegante viale che, partendo da Piazza Charles De Gaulle, meglio conosciuta come La Rotonde, divide la città nuova dalla vecchia  e ammiriamo le tre fontane che si incontrano lungo il percorso: la Fontana dei Nove Cannoni, realizzata nel 1691 per portare l’acqua al convento di Sant’Orsola; la Fontana dell’Acqua Calda, detta anche “la muschiosa” edificata in un punto dove sgorga acqua termale a trentaquattro gradi; la Fontana del Re, raffigurante Renato d’Angiò con un grappolo di uva in mano a intendere che fu questo sovrano a introdurre la vite in Provenza. In fondo al corso, deviando sulla sinistra in Rue de l’Opéra, facilmente si raggiunge una bella palazzina gialla che fu la casa natale di Paul Cezanne, non visitabile.

Ci portiamo verso la cosiddetta “parte nuova” della città e visitiamo la Chiesa di San Giovanni di Malta, la più antica chiesa gotica, eretta sul punto più alto, dove sorgeva una cappella fondata dall’Ordine dei Cavalieri Ospitalieri quando si installarono ad Aix nel XII secolo. Oggi  ha la funzione di chiesa parrocchiale, molto gradevole nelle sue linee semplici e pulite. Ci troviamo già nel Quartiere Mazzarin, progettato da Michel Mazarin, arcivescovo di Aix e fratello del più famoso cardinale: questa è veramente una zona molto attraente della città, completamente diversa dal reticolo di vie della città vecchia, caratterizzata da una geometria precisa e razionale delle sue strade ariose su cui prospettano splendidi palazzi del XVII e XVIII secolo, come l’Hotel Forbin e l’Hotel de Marignane. Molto piacevole la piazza che ospita la Fontana dei Quattro Delfini, sicuramente l’angolo più famoso del quartiere. Più avanti, su Rue Cardinale, troviamo il Lycée Mignet, dove studiarono Cezanne e Zola. Torniamo su Cours Mirabeu e ci fermiamo per una pausa da “Trattoria Italiana” dove, sistemati all’interno del locale, più fresco rispetto ai dehors, gustiamo delle ottime insalate.

Ancora un giro per le piazze della città vecchia e poi, ripreso l’itinerario, visitiamo a seguire Salon de Provence. Troviamo un parcheggio sotterraneo, il  Parking Indigo in Cours Gimon, praticamente in centro e questo ci permette di  salire subito al Castello, lo Chateau de l’Emperì, dai bei cortili interni e che ospita una notevole collezione di armi. Noi non lo visitiamo, un po’ per mancanza di tempo e un po’ perché vi stanno allestendo un concerto. Ci limitiamo a percorrere il bel Cours Victor Hugo e poi il Cours Gimon che attraversa la cittadina, deviando ora a destra ora a sinistra, dove c’è qualcosa da vedere. Visitiamo la Collegiale di Saint Laurent, imponente, dove all’interno si trova la tomba di Nostradamus e la Chiesa di San Michele, eretta nel XIII secolo che si raggiunge attraverso la bella Torre dell’Orologio. Anche Salon de Provence è una bella cittadina, anche se un po’ più caotica essendo comunque di dimensioni ampie.

Compriamo alcuni saponi in un negozio specializzato in sapone di Marsiglia (Salon ne è la patria) e poi torniamo nel nostro fantastico B&B. Torniamo ad Egayliers per cena e troviamo un po’ di difficoltà a sederci ad un tavolo: essendo lunedì, Luigi è chiuso per riposo settimanale e Paulette non ha posto. Ceniamo da “ Le Progres”, sempre in Rue de la Republique, dove gusto, tra l’altro, una ottima anatra che non ci fa rimpiangere nulla. 

Martedì 28 giugno – Orange

orange vaucluse

Oggi ci spostiamo più a nord, nella zona del Vaucluse, per visitare Orange, distante circa quarantacinque chilometri. In realtà chi viene fin qui, lo fa per visitare due importanti testimonianze dell’insediamento romano in Gallia: l’Arco di Trionfo ed il Teatro Antico. L’Arco di Trionfo si trova all’entrata nord della città, sulla antica Via Agrippa che collegava Lione ad Arles. Fu costruito intorno al 20 a.C. per celebrare la vittoria dei Romani sui Greci a Marsiglia, solo successivamente dedicato a Tiberio ed ha la peculiarità di essere uno degli archi di  trionfo più grandi al mondo, nonché arrivato a noi in ottime condizioni di conservazione. Ce lo troviamo davanti in tutta la sua magnificenza e poi andiamo oltre per visitare il Teatro Antico che invece si trova al centro della città.

Si parcheggia facilmente in Cours Pourtoules nel Parking Théatre Antique, dove proprio la direzione del monumento offre due ore di sosta gratuite e subito dopo ci si trova di fronte all’esterno del teatro, proprio sotto la collina di Saint Eutrope: il biglietto di ingresso di € 10,00 a persona è comprensivo di una ottima audio guida che fornisce una esauriente spiegazione sia storica che artistica del sito, dettagliandone i particolari e tutte le vicende subite durante il corso dei secoli. Ma la bellezza e l’importanza sta nel fatto che è l’unico teatro romano ad avere mantenuto intatto il muro di scena,  lungo centotre metri e alto trentasei e che svolge anche la funzione di facciata esterna. Il re Luigi XIV lo definì “il muro più bello di tutto il regno di Francia”: e pensare che è stato costruito durante il regno di Augusto!  Il muro presenta una ricca decorazione con rivestimenti marmorei, stucchi e nicchie con statue, tra cui quella di Augusto al centro. Poteva ospitare fino a settemila spettatori, suddivisi in ragione del ceto sociale, come in uso nella società romana. La scena, composta da un palco in legno, misura ben sessantuno metri: oggi vi si tengono spettacoli  e un importante festival musicale a luglio.

Ci sistemiamo sulle gradinate per ascoltare attentamente la spiegazione dell’audio guida, mentre ci gustiamo gli artisti che sul palco stanno allestendo una bellissima scena  di argomento rurale, con gigantesche spighe di grano, papaveri e mezzi agricoli.  Il Teatro è stato inserito nel Patrimonio Unesco. Terminiamo la visita e ci inoltriamo nelle stradine della città vecchia che però non ci entusiasma: del resto, le attrazioni  di Orange le abbiamo già visitate!

Il nostro itinerario di oggi ci porta ora a Isle sur la Sorgue: è considerata una delle cittadine provenzali più affascinanti e non possiamo che confermarlo anche noi. Il nome di questa particolare città deriva dal fiume Sorgue che nasce alcuni chilometri più a nord, a Fontaine-de-Vaucluse. Una volta raggiunto il paese, il fiume si divide in numerosi canali che la fanno sembrare  formata da tante piccole isole. Lungo i suoi canali si trovano ancora diverse ruote ad acqua, ricoperte di muschio (un tempo se ne contavano almeno sessanta) e oggi non più utilizzate se non come attrazione turistica. Deliziosi sono i vari ponti che attraversano i canali con i vasi di fiori colorati appesi alle ringhiere. 

Lasciamo l’auto appena fuori del centro in una immensa area parcheggio, che dà l’idea della quantità di visitatori  nei periodi di maggiore affluenza turistica: in breve ci troviamo a percorrere il lungofiume e ad ammirare uno scorcio veramente da cartolina: il delizioso palazzetto d’epoca  della Caisse d’Epargne  Sì,  proprio una banca: pensate un po’ poter lavorare in un contesto simile! Poi ci inoltriamo nei vicoli della cittadina e presto ci fermiamo a pranzo in Rue de la Republique 34, da “La Praline”, dove assaggio per la prima volta un gelato alla lavanda. Girovaghiamo senza meta trovandoci così davanti alla mole della Chiesa di Notre-Dame-des-Anges, in barocco provenzale al cui interno sono scolpite le teste di duecentoventidue angeli e si trova un imponente organo del 1648. La troviamo chiusa e dopo aver attraversato varie volte i ponticelli su cui si affacciano le basse case dalle persiane colorate e le terrazze sull’acqua ed aver osservato i germani reali nei canali, ci spostiamo di pochi chilometri per visitare Fontaine de Vaucluse, ultima tappa della giornata.

Fontaine de Vaucluse è un borgo antico di settecento anime, costruito sulle sponde del fiume Sorgue.

All’ingresso del paese, dove si trova anche un primo parcheggio (un altro, molto grande si raggiunge dopo aver attraversato il ponte sul fiume), ci si imbatte nella Chiesa di Notre Dame, risalente all’XI secolo, costruita sui resti di un santuario dedicato al dio pagano dell’acqua, di cui rimangono alcuni resti all’interno della chiesa. Fatti pochi passi siamo già in Place de la Colonne, fulcro della vita sociale, su cui si affacciano il Municipio e le abitazioni più antiche, e si innalza, dal 20 luglio 1804, una colonna intitolata a Francesco Petrarca: al poeta è dedicato anche un piccolo museo in quanto pare che proprio questo luogo abbia ispirato il celebre sonetto “Chiare, fresche e dolci acque”.  Suggestivo il ponte che attraversa il fiume Sorgue e la grande ruota idraulica ormai interamente ricoperta di muschio. 

Dalla piazza si diparte un sentiero di circa cinquecento metri che sale sulla riva destra del fiume, conosciuto come “Chemin de la Fontaine”, molto gettonato dai turisti per il paesaggio naturale tutto intorno e perché conduce ad una grotta  nella cui profondità dovrebbe nascere il fiume che per il primo tratto del suo percorso non è visibile finché non sbuca improvviso. Della grotta, gli speleologi  non sono ancora riusciti a determinare la profondità: una telecamera a controllo remoto è arrivata fino a 300 metri ma senza toccare il fondo.

Lungo la passeggiata, incontriamo il “Moulin à Papier”, cioè una cartiera azionata da un mulino. È possibile entrare liberamente ed osservare la grande ruota e alcuni vecchi strumenti per la produzione della carta, come i martelletti ancora in funzione per battere e macerare gli stracci allo scopo di ottenere una pasta di cellulosa. Lo shop adiacente vende carte particolari prodotte in loco. Merita di sostare un momento.

Torniamo a Plan d’Orgon con un po’ di tristezza: stasera dobbiamo preparare le valigie per l’ultimo spostamento prima di rientrare a Roma. Ceniamo ancora una volta da “Luigi” e poi, visto che fa notte molto tardi, passeggiamo tranquillamente per il piacevole borgo di Eygaliers a cui siamo ormai affezionati: pur essendo veramente piccolo, ha qualcosa di affascinante e stasera saliamo nella parte antica dove una volta sorgeva il nucleo originario, composto da una chiesa, da una torre  con l’orologio che batte ancora le ore e l’ennesima Cappella dei Penitenti, oltre ai ruderi di vecchie costruzioni e  da dove si gode di un paesaggio struggente a 360° su tutta la zona delle Alpilles.  

Mercoledì 29 giugno – Valensole

valensole

Salutiamo Emanuelle con un po’ di magone: ci mancheranno le sue superbe colazioni, la sua gentilezza e il comfort della nostra camera perché per sei giorni ci siamo sentiti veramente a casa. Ci spostiamo verso est e, subito dopo il bivio per Manosque, cominciamo a vedere le enormi distese di lavanda che caratterizzano il dipartimento dell’Alta Provenza. Di campi di lavanda finora  ne avevamo visti di contenuti o a mo’ di giardini davanti alle abbazie oppure macchie sporadiche nella campagna. Da qui in poi è tutto viola, a perdita d’occhio e a ogni curva bisogna scendere nuovamente dall’auto per fotografare. Da Manosque al Plateau du Valensole si incontrano una infinità di punti panoramici  dove sostare e inoltrarsi tra i filari profumati in cui sentirete forte il ronzio delle api che però non pungono, intente  nel loro lavoro. Che bellezza, valeva la pena di venire fin qui: perfino Fabio ferma spesso l’auto e fotografa lui stesso. I contadini permettono che passeggiate all’interno dei campi purché ovviamente non cogliate i fiori o calpestiate i filari.

Tra un campo e un altro, tra una sosta e un’altra, arriviamo nel piccolo borgo di Valensole, strapieno di gente tanto che ci colpiscono le file lunghissime fuori dai ristoranti e ovviamente si parcheggia con difficoltà. E non siamo ancora in piena estate!! Il borgo è grazioso e lo visitiamo velocemente, fino al suo punto più alto dove si trova la chiesa. Sono passate le quattordici quando riusciamo anche noi a sederci a tavola alla Brasserie du Plateau, in Place Frederic Mistral. Poi, imboccando una strada a sinistra della minuscola Place Thiers dove si trova una fontana e il vecchio lavatoio, facciamo una breve escursione di cinque minuti a piedi a Villedieu, il piccolo quartiere di Valensole in cui vedere la Cappella di Sainte-Madeleine, una piccolissima chiesa a navata unica risalente all’XI secolo e il Castello con il suo parco, conosciuto come Chateau du Gran Jarden, del XVII secolo ma ultimato nel XIX: famoso per il suo giardino, ma oggi lo possiamo vedere solo dal cancello in quanto nel 2011 è stato riconvertito in hotel di lusso. 

Lasciamo Valensole continuando a godere della visione della lavanda a destra e a sinistra della strada e ci dirigiamo al Lago di Saint Croix: il lago ci appare all’improvviso con un colore turchese da incanto, incastonato nel verde come propaggine finale delle Gole del Verdon. Il lago è artificiale, costituito nel 1973 a seguito della costruzione dello sbarramento del fiume Verdon: è molto gettonato, con il paesino di Saint Croix du Verdon che vi si affaccia e belle spiagge anche attrezzate.

Ci fermiamo un po’ sulla riva (si parcheggia liberamente) e poi raggiungiamo la destinazione dove passeremo l’ultima notte in terra francese: Ferme en Rose, in Chemins de Peyrengue, nella campagna a poca distanza da Moustiers Santie Marie, una bella costruzione considerata hotel di charme, ma piuttosto kitsch all’interno in quanto ospita, in quelle che avrebbero potuto essere belle sale comuni, una quantità impressionante di oggetti di modernariato, alcuni di dubbio gusto che sono in esposizione ma anche in vendita, volendo. Noi abbiamo una minuscola stanza, purtroppo quando abbiamo prenotato non c’era più disponibilità e intorno non abbiamo trovato altro. Poco male, dobbiamo solo dormirci stanotte e non disfare le valigie, anche perché non avremmo proprio saputo dove sistemare la roba.

Ci rinfreschiamo un po’ e poi subito a Moustiers Sainte Marie, dove troviamo molta difficoltà a parcheggiare pur disponendo di parecchie aree dedicate. La posizione del paese è spettacolare, nel mezzo di due maestose rupi rocciose attraversate da un  ruscello di montagna che crea anche delle piccole cascate. Guardando in alto, tra le due rupi, si vede la famosa stella che, secondo la leggenda, il cavaliere di Blacas, per ringraziare la Vergine di essere tornato sano e salvo dalle crociate, fece issare appesa fra le due pareti di roccia con una catena. La stella, a causa del suo peso e del forte vento che la scuote, è caduta più volte e altrettante è stata sostituita perché ormai è diventata l’emblema del paese e attrazione turistica. Ma stella a parte, Moustiers è molto particolare, il suo centro storico delizioso, anche qui caratterizzato dalle case  dalle facciate chiare e dalle persiane di tutti i colori. I vicoli e le stradine sono stretti e tortuosi e persino la facciata della Chiesa di Notre Dame de l’Assomption è costretta tra altri edifici e presenta all’interno una struttura irregolare. Deliziose piazzette si aprono all’improvviso, da vedere l’antico lavatoio. La parte più spettacolare del paese è però la Chapelle di Notre Dame de Beauvoir, risalente al XII secolo, costruita addossata ad una parete rocciosa e che si raggiunge attraverso duecento scalini: una volta in cima, il colpo d’occhio sul Verdon e sul lago deve essere veramente notevole: dico deve  perché noi non l’abbiamo potuta raggiungere a causa di lavori per la messa in sicurezza.

Scegliamo per cena il ristorante dell’Hotel Le Relais, in Place du Couvert, attirati dalla bella terrazza coperta affacciata sulla forra del torrente: un buon posto anche per la gentilezza con cui siamo stati accolti. Facciamo ancora una passeggiata per le vie del borgo, ora silenziose e più vivibili senza la folla dei turisti e ci godiamo la serata piuttosto calda pur essendo a oltre seicento metri di altezza con i colori del tramonto e la sera che oscura il Verdon. 

Giovedì 30 giugno – Gole del Verdon

verdon

Facciamo una buona colazione accomodati nel giardino dell’hotel in maniera decisamente chic (mi è sembrato di vivere in un dipinto impressionista o durante la belle epoque e, chiuse definitivamente le valigie, affrontiamo l’ultimo giorno di vacanza che sarà lungo, avendo il volo di ritorno in serata. Per prima cosa, raggiungiamo La Palud sur Verdon, percorrendo una delle strade più belle mai fatte: diciotto chilometri di strettissimi tornanti in mezzo alle montagne e ogni tanto una visione sul lago di Saint Croix da togliere il fiato, un vero spettacolo! La Palud sur Verdon, a ottocento metri di altezza, è un villaggio di appena trecentoventi abitanti, poche case sparse, un paio di panetterie ed è la porta di accesso non solo alle famose Gole del Verdon (Gorges du Verdon), ma anche base per tanti escursionisti (nelle gole ci sono novecento vie di scalata, oltre a percorsi trekking più abbordabili).

Da qui inizia e finisce il famoso percorso ad anello di ventitre chilometri che permette di affacciarsi sul più grande canyon d’Europa, formato dallo scorrere del Verdon che poi sfocerà nel fiume  Durance (lo abbiamo incrociato più volte nei nostri itinerari, un nastro di colore celeste). Noi abbiamo scaricato una piantina del percorso e ci siamo fermati più volte dove erano segnalati i balconi sullo strapiombo per ammirare questo spettacolo della natura. Ritorniamo a La Palud e percorriamo un lungo tratto immersi nel Parco Naturale Regionale del Verdon, poi il paesaggio cambia, ritroviamo i campi di lavanda e i piccoli villaggi finché, all’ora di pranzo, ci fermiamo a Venelles, al Café Cavailles in Avenue Maurice Plantier. Abbiamo ancora del tempo a disposizione e, arrivati a Marignane, passiamo oltre per visitare Martigues, considerata da molti una delle tante “Venezie” per la sua caratteristica di esser costruita in parte sull’acqua. Ovviamente di Venezia non ha proprio niente, è semplicemente una gradevole cittadina, una volta piccolo villaggio di pescatori, oggi città industriale ed espansa.

Parcheggiamo facilmente proprio lungo il Canale di Caronte, il canale che collega Martigues al mare, pieno di barche dei marsigliesi che le ancorano qui in attesa dell’estate. Il luogo più caratteristico è proprio a sinistra del Canale; l’isola Brescon, antico porticciolo di pesca con le case colorate affacciate sul bacino interno, il Canale di Saint Sebastien, chimato anche “Miroir aux oiseaux”, ovvero lo “Specchio degli uccelli”. Lungo il canale si trova la Chiesa di Sainte Marie Madeleine con un interno affrescato in maniera curiosa, più simile ad un teatro. Si è fatta l’ora di raggiungere l’aeroporto di Marignane che dista una trentina di chilometri, riconsegniamo l’auto presso l’Agenzia Avis e ci predisponiamo a una lunga attesa, poiché  impattiamo nelle prime avvisaglie di scioperi del comparto aereo che provocheranno molti disagi. Ci riteniamo fortunati perché il nostro volo, FR9796 delle 19:50 non viene annullato e seppure con oltre un’ora e mezza di ritardo, decolla felicemente: atterriamo a Fiumicino alle 22:15 circa e riusciamo a prende il Leonardo Express delle 23:08. Dario ci recupera a Termini intorno a mezzanotte.

Un’altra avventura è finita e ovviamente non vediamo già l’ora di ricominciare. Che dire? Una bella vacanza veramente che ci ha permesso di visitare un sacco di posti, alcuni molto particolari  e di conoscere belle persone, tra cui chi ci ha aiutato con cordialità e spontaneamente se eravamo in difficoltà per via della lingua. Tanto abbiamo visto e tanto ci sarebbe stato da vedere, ma si sa, tutto insieme non si può fare e siamo soddisfatti così.

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gole del verdon, provenza

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