Primavera nel Peloponneso

viaggio on the road nelle più belle località del Peloponneso
Scritto da: giubren
primavera nel peloponneso

Il Peloponneso è ricchissimo di testimonianze storico-archeologiche/naturalistiche e gli stessi greci sostengono che il mese di maggio sia il migliore per visitarlo, grazie alle gradevoli temperature primaverili e l’assenza di affollamento turistico.

Nafplio

Il nome deriva da Pelope, il figlio del re di Lidia Tantalo, che conquistò quei territori abitati sin dai tempi del neolitico. Atterrati ad Atene, ci trasferiamo direttamente a Nafplio in Argolide, la città che per breve tempo fu proclamata prima capitale dello stato ellenico dopo l’indipendenza dai turchi.

Nafplio, nel suo centro storico, risente dell’originale pianificazione urbanistica della Serenissima che dominò il Peloponneso fino al 1715. I veneziani battezzarono la regione con il nome di Morea (per via della forma della penisola che ricordava la foglia del gelso) e la città come “Napoli di Romània” per distinguerla da quella in Italia (all’epoca per Romània s’intendevano i territori controllati dall’Impero Bizantino, erede di Roma).

Il cuore della città è piazza Sintagma. A testimonianza delle passate dominazioni restano un’epigrafe con il leone di San Marco e la caserma, oggi sede del locale museo archeologico, oltre a due moschee ottomane dalle cupole in tegole e prive di minareto. Caratterizzano Nafplio soprattutto le fortificazioni militari della Serenissima, tra cui il Castel da Mar (noto come Bourtzi) a guardia del porto. Normalmente questo edificio suggestivo circondato dalle acque è raggiungibile con piccole barche a remi ma è attualmente chiuso per restauri. I lavori in corso valorizzeranno un monumento troppo a lungo lasciato in stato d’abbandono e che ospiterà un elegante caffè per i visitatori.

La rocca di Acronanapflio (cioè della parte alta della città) è piuttosto trascurata. Troneggia la torre dell’orologio, ancora perfettamente funzionante con i suoi rintocchi.

Il Castello di Palamidi è raggiungibile in macchina o attraverso una scalinata di circa mille gradini che parte dalla parte bassa della città. Ad oltre 600 metri d’altezza spaziano dai contrafforti vertiginosi panorami su Napflio ed il golfo argolico, in una cornice suggestiva di mura diroccate a strapiombo sull’azzurro del mare.

Cosa vedere nei dintorni di Nafplio

Nafplio, oltre ad essere di per sé un luogo interessante e un vivace centro per la vita serale tra locali e ristoranti, è anche una comoda base per visitare i dintorni. L’acropoli di Tirinto, a pochi chilometri di distanza, è tra le principali testimonianze di epoca micenea. Il sito è patrimonio UNESCO (come la vicina Micene), ma molto meno frequentato. I massi che compongono le mura sono dimensioni ciclopiche e l’antico viaggiatore Pausania sosteneva che due asini assieme non sarebbero riusciti a spostare nemmeno quelli di dimensioni inferiori. Si accede tramite un varco che conduce ad un portale d’ingresso (ormai privo di architrave) ed alla parte superiore dell’acropoli dove si trovava il Megaron, cioè il palazzo reale con colonne di legno. Particolarmente impressionante la rampa ricurva delle mura ed il portale a sesto acuto, che sembra seguire uno stile costruttivo comune nel Mediterraneo e che si ritrova – pressoché identico – nelle città saturnie del Lazio pure caratterizzate da mura megalitiche.

Epidauro

Epidauro è nota per l’eccezionale stato di conservazione del suo teatro classico, costruito lungo le pendici di una collina ed in grado di ospitare 14.000 spettatori. Ancora oggi sono rappresentate le tragedie degli autori classici durante il Festival dell’estate, grazie all’eccellente acustica che garantisce l’ascolto anche sugli spalti più alti. Il sito era dedicato al culto di Asklepio, il dio della salute e della medicina ed il santuario fu meta incessante di pellegrinaggi anche in epoca romana. Il Tholos (tempio circolare con duplice colonnato dorico esterno e corinzio interno) rappresentava il fulcro delle pratiche cultuali; è in corso una parziale ricostruzione per renderlo meglio fruibile ai visitatori. Si sono conservati parzialmente i resti dell’ospedale, dello stadio e le fondamenta del Katagogéion, un edificio gigantesco, dove pazienti e pellegrini venivano ospitati quando si trovavano in loco. Pochi sanno come nell’antichità si credesse all’effetto terapeutico delle arti, per cui proprio le rappresentazioni nel grande teatro si ritenevano funzionali per la guarigione dalle malattie.

Hydra

Raggiunto in macchina il porto di Metochi, in mezz’ora sbarchiamo ad Hydra, la più esclusiva tra le isole del Golfo di Saronico. Hydra, benché non formalmente parte del Peloponneso, è visitabile con una gita in giornata da Nafplio ed è considerata una sorta di “Capri” della Grecia, essendo spesso meta di clienti VIP ed attori fin dagli anni ’60. È una vera e propria oasi di tranquillità grazie alla completa assenza di veicoli a motore, perciò ci si sposta a piedi oppure con gli asini. La cittadina si affaccia su una pittoresca baia a ferro di cavallo dove ormeggiano barche dei pescatori e yachts privati; dalle terrazze dei palazzi in pietra locale e sulle banchine del porto numerosi cannoni arrugginiti puntano verso il largo.

L’area più frequentata è il lungomare, dove eleganti ristoranti di pesce si alternano con boutiques alla moda e semplici negozietti ortofrutticoli; dalla torre dell’orologio si accede al cortile della cattedrale con un’originale iconostasi di marmo bianco. Il resto del paese è un insieme di vicoli tra case imbiancate a calce e buganvillee in fiore che s’inerpicano verso il pendio della montagna che circonda l’abitato.
Per la sua aria chic ed intellettuale, Hydra è stata spesso scelta come set cinematografico per diversi film, tra cui “Il ragazzo del delfino” con la nostra Sophia Loren.

Laconia, la terra di Sparta

Lasciamo Nafplio e ci inoltriamo nella Laconia, la regione dominata nell’antichità dalla città di Sparta. Quella che fu una delle più potenti polis greche è oggi una cittadina piuttosto anonima. Il re Ottone nella seconda metà dell’800 spinse per una sua ricostruzione ma i progetti che dovevano riportarla almeno in parte alla dignità del passato non si realizzarono. Gli abitanti vi si sono trasferiti dalla vicina Mistras che durante il tardo impero bizantino rappresentò un vivace ed importante centro politico culturale.

Oggi Mistras, sito medioevale tutelato dall’UNESCO, è un importante monumento nazionale. Dall’ingresso superiore si accede al castello diroccato fatto costruire da Guglielmo II di Villehardouin, da cui si ammira una splendida vista su Sparta ed il monte Taigeto. Da qui è possibile scendere un sentiero oppure entrare dall’ingresso inferiore per visitare le numerose chiese bizantine che punteggiano l’antico abitato abbandonato.

Il palazzo del Despota è ancora ai restauri: qui esercitò le funzioni amministrative anche Cristiano XI Paleologo prima di essere incoronato quale ultimo imperatore bizantino. Nel mezzo di una natura rigogliosa ed in fiore, si esplorano le rovine di antiche abitazioni, monasteri e edifici religiosi che spesso hanno conservato al loro interno preziosi affreschi. Significativa la Mitropolis con un piccolo museo ed il Convento di Pantanassa, l’unico ancora attivo con le monache che sono ormai le uniche abitanti rimaste a Mistras.

Monemvasia

Nel pomeriggio raggiungiamo Monemvasia, centro medioevale costruito su un imponente sperone di roccia a forma di nave e completamente invisibile dalla terraferma. Il suo nome significa “unico ingresso”: nel paese si accede esclusivamente a piedi ed occorre parcheggiare le auto private al di fuori dell’abitato. Gran parte delle case sono state trasformate in alloggi per turisti. Molto bella la nostra stanza per l’arredamento di gusto antico e la terrazza affacciata sulla torre campanaria. Racchiusa nelle sue mura, la parte bassa del paese è un suggestivo insieme di vicoli, piazze e chiesette dalle caratteristiche cupole orientaleggianti. Dal costone di roccia alle spalle degli edifici si sale sulla parte alta, del tutto abbandonata ed in rovina. Anche questa zona è circondata da solide fortificazioni, per questo Monemvasia era nota per essere una sorta di Gibilterra dell’est per la sua relativa imprendibilità. Dall’accesso del Kastro (castello) seguono le prigioni e le caserme con terrazze affacciate sulla parte bassa di Monemvasia ed il mare. La chiesa di Agia Sophia regala altri meravigliosi panorami immersi in un silenzio che invita alla contemplazione.

I veneziani, con alterne vicende, ne mantennero il controllo fino al 1715 e la chiamarono Malvasia: da qui il nome dato anche al vitigno locale esportato con successo in altre zone del Mediterraneo per la produzione del noto vino da dessert.

Areopoli

Lasciamo a malincuore Monemvasia e raggiungiamo Areopoli, capoluogo della penisola del Mani. Questo centro, dalle tipiche via lastricate e dagli edifici in pietra, ha preso il nome dal dio della guerra Ares. Il carattere pugnace dei manioti spiega il motivo per il quale la scintilla della rivoluzione greca per l’indipendenza dai turchi deflagrò proprio in questi luoghi. Anche la tecnica costruttiva delle case-torri riflette l’attitudine comportamentale degli abitanti, abituati per secoli a difendere la propria terra da frequenti invasioni oltre che dediti alla pirateria. Il villaggio abbandonato di Vatheia è senz’altro l’esempio più caratteristico di architettura locale. La giornata volge al termine a Limani, il porto di Areopoli, con un indimenticabile aperitivo al tramonto.

Messene

Le rovine dell’antica Messene sono probabilmente quelle più emozionanti dell’intero Peloponneso. Il sito non è molto conosciuto e per questo rimane spesso fuori dalle rotte maggiormente battute. Il pezzo forte è lo stadio molto ben conservato circondato da lunghi colonnati laterali delle palestre. Fa da sfondo il mausoleo romano della famiglia dei Saithidae che assomiglia ad un piccolo tempio dorico.
L’area archeologica è piuttosto estesa e si potrebbe stare per ore a girovagare tra i resti dell’agorà, del santuario dell’Asklepeion e l’antico teatro. Giova ricordare che da questa città partirono numerosi coloni per ripopolare la città greca di Zancla in Sicilia e che da allora venne ribattezzata Messina.

Methoni, l’occhio della Serenissima

Nel tardo pomeriggio eccoci a Methoni, nota per essere stata un’importante base navale veneziana. In riva al mare sorge un’imponente fortezza del XV secolo che, assieme a quella della vicina località di Koroni, erano note come “gli occhi della Serenissima”. Methoni in particolare era l’approdo di tutte le galee facenti rotta verso Levante nonché dei pellegrini in viaggio per la Terrasanta. La popolazione un tempo risiedeva all’interno dei contrafforti ma fu poi invitata ad uscirne per insediarsi nell’attuale abitato. La parte più caratteristica è la torre a pianta ottagonale (detta Bourtzi) all’estremità meridionale della fortezza, che aveva molteplici funzioni (posto di vedetta per le guardie, faro ed anche prigione).

Pylos

Pylos, sulla baia di Navarino, è una piacevole località balneare. Qui si svolse la battaglia navale contro la flotta turco egiziana che decise l’esito della guerra d’indipendenza greca. Il monumento storico di maggior rilievo è il Neokastro, una grande fortezza costruita dagli ottomani poi riconvertita in prigione. Oggi ospita un museo archeologico e due esposizioni sui ritrovamenti subacquei. Molto interessante la moschea ottomana riconvertita nella chiesa di Agia Sophia all’interno dei bastioni.

Olympia

L’antica Olympia è la mitica città dove furono inaugurati i famosi giochi dedicati al culto di Zeus e la cui origine è fatta risalire all’eroe Pelapo. I giochi si tenevano ogni quattro anni ed in loro occasione eventuali guerre in corso tra le antiche polis venivano sospese per permettere ai migliori atleti greci di partecipare. L’editto di Teodosio alla fine del IV secolo proibì i giochi, essendo questi ultimi legati agli antichi culti pagani che ormai venivano messi al bando in tutto l’impero. Agli antichi giochi olimpici si ispirarono quelli dell’era moderna che furono organizzati ad Atene nel 1896 permettendo l’accesso agli sportivi di tutto il mondo.

Originariamente solo gli atleti di sesso maschile potevano partecipare, le donne erano anche escluse dalla possibilità di assistere alle gare nello stadio, con la sola eccezione delle sacerdotesse del Tempio di Demetra per le quali erano previsti appositi spazi.

Il sito archeologico, tra i più visitati della Grecia, è estremamente curato. La città decadde rapidamente dopo l’abolizione dei giochi; successivamente incendi e terremoti determinarono il suo completo spopolamento. Solo nella seconda metà dell’800 le rovine furono riportate alla luce da archeologi francesi ed ancora oggi si presentano in ordine sparso nei pressi dei monumenti principali. Alcuni edifici sono stati recentemente restaurati e parzialmente ricostruiti dai tedeschi, come il piccolo tempio circolare del Philippeion (realizzato dal re macedone Filippo II, padre di Alessandro Magno) ed il tempio arcaico di Hera.

Il santuario principale era il grande tempio di Zeus Olimpio, in stile dorico. Gran parte dei rocchi delle colonne restano ai piedi del massiccio basamento; solo una è stata rimessa in piedi per dare l’idea dell’imponenza che l’edificio doveva avere nel passato. Sarebbe bello pensare ad un’opera di restauro, in modo da restituire le forme a questo edificio che attualmente appare come una sorta di puzzle smontato.

Nel naos era conservata la famosa statua crisoelefantina del dio, capolavoro di Fidia e annoverata tra le sette meraviglie del mondo antico. Dopo l’editto teodosiano la statua venne trasferita a Costantinopoli e poi distrutta da un incendio. Del Tempio di Zeus Olimpio sono però pervenuti i resti della ricca decorazione scultorea dei frontoni oggi custoditi nella spettacolare sala del nuovo Museo archeologico assieme alle metope decorate con bassorilievi. Da menzionare anche la presenza della statua dell’Hermes di Prassitele, vero e proprio capolavoro di epoca classica.

Nel vecchio Museo archeologico oggi sono esposti i reperti sulla storia degli antichi giochi olimpici, tra cui giavellotti, dischi e attrezzature utilizzate dagli atleti nei loro allenamenti.

Arcadia, il cuore del Peloponneso

La mattina successiva raggiungiamo la nostra ultima tappa in Arcadia, la mitica regione del dio Pan e cuore del Peloponneso. La strada si inerpica tra verdi pendii boscosi e prati in fiore, in uno scenario idilliaco aderente alle descrizioni che la indicavano come una terra idealizzata dove uomini e natura vivevano in perfetta simbiosi.

Dimitsana

Dimitsana è un piacevole villaggio montano dagli edifici in pietra e numerosi campanili nei pressi delle gole del fiume Loussios dove si possono visitare dei monasteri percorrendo sentieri di trekking.

Il Monastero del Filosofo (Monì Philosophou) risale al XVII secolo e fu costruito per volere di Johannes Lambardopoulos, segretario dell’imperatore bizantino Niceforo Fokas. Per le sue alte doti intellettuali, il segretario veniva soprannominato il “filosofo della luce”, da cui il nome della struttura. La chiesa ha al suo interno pregevoli agiografie (cicli di affreschi sulla vita dei santi) che vennero però danneggiati dagli occupanti turchi. Con un sentiero di circa 800 metri è possibile raggiungere il monastero antico, meglio noto come scuola clandestina. Durante il dominio ottomano i monaci continuarono ad insegnare di nascosto la lingua e la cultura greca, dando un notevole contributo alla causa indipendentista e nascondendo in questi luoghi impervi numerosi capi militari degli insorti. Il monastero antico è mimetizzato sul costone di roccia. È quasi incredibile pensare a tutte le attività che si svolsero all’interno di ambienti angusti e di forma allungata dove si trovavano le aule, le celle dei monaci e relative dipendenze. La piccola chiesa con cupola ottagonale conserva resti di agiografie di impeccabile fattura.

Il Monastero di San Giovanni il Battista (o Monì Prodromou) è raggiungibile con un’altra ora di sentiero nelle gole o in macchina. L’edificio è letteralmente aggrappato sulla roccia a 650 metri d’altezza sulla gola del Loussios e, quanto a spettacolarità, non ha nulla da invidiare ad altri monasteri che mi è capitato di visitare in Cina (ad esempio, il Monastero Sospeso nei pressi di Datong). Sottili pali di legno sostengono parte degli edifici, facendoli quasi assomigliare a dei nidi di rondine. All’interno si può visitare una piccola chiesa rupestre affrescata dove però è vietato scattare fotografie.

Nei pressi di Dimitsana c’è anche il piccolo ma interessante Museo all’aperto dell’energia idroelettrica che offre uno spaccato sul passato preindustriale della regione. Antiche canalizzazioni sfruttano la forza dell’acqua per l’attivazione di ingegnosi macchinari e mulini allineati lungo il pendio della collina.

L’intenso viaggio è ormai terminato ed in tre ore siamo di ritorno all’aeroporto. La Grecia si conferma nelle sue molteplici sfaccettature di cultura, storia e di simbolo dell’antichità per cui nel Peloponneso il connubio con il mare non è strettamente indispensabile (almeno fuori stagione!).

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