Nozze in cina
11 giugno 2002 TEMPIO DEL CIELO: il tempio del cielo è stata la nostra prima visita a Pechino e forse le aspettative erano troppo alte…Non è affatto come credevamo. Pensavamo che i templi colpissero per la loro maestosità, ebbene non si tratta di questo, in realtà ciò che ti lascia senza fiato è prevalentemente il posto in cui si trovano. Questo è un tempio immerso in una natura meravigliosa, in una zona pianeggiante e vastissima della città. Il posto è bello ma tutto il contorno ci ha dato l’impressione di “falso”, costruito apposta per i turisti. Insomma questa prima visita non ci appaga completamente sarà anche per il tempo che non è un granchè.
Tira molto vento ma non fa freddo. Dicono che siamo fortunati e dal numero di condizionatori che vediamo in giro ci rendiamo conto che devono avere seri problemi con il caldo. Mi gira la testa per il fuso orario , Ale invece sta bene.
La guida che ci ha accompagnati da Roma fino a qui e che ci seguirà fino al ritorno in Italia è un ragazzo come noi, ha circa 35 anni e si chiama Gabriele. Lui ci spiega che per i cinesi questo tipo di luoghi non sono posti in cui andare a pregare. Loro ancora oggi considerano sacro il posto , la terra sulla quale sono stati costruiti templi di questo genere. Ed in effetti c’è un gran silenzio, sembra di stare soli anche se contornati da una marea di turisti; ci si sente in pace e ci sembra chiaro che delle strutture in se stesse non importi molto ai cinesi infatti sono state rifatte (non restaurate ma più spesso rase al suolo e ricostruite uguali).
Molto più emozionante è stato vedere PIAZZA TIEN AN MEN, 800 x 400 metri, la piazza più grande del mondo e forse anche una delle più conosciute storicamente (anche se la guida cinese che ci accompagna sostiene che lì non sia mai accaduto nulla!).
Arriviamo all’hotel Novotel: la hall è eccezionale e dicono che ci sono saune e campi da tennis disseminati al 7° piano. Peccato sia sporco in camera… 12 giugno 2002 Oggi siamo andati alle TOMBE DEI MING, fuori Pechino. Questo sì che è un luogo incantato! Completamente immersi nel verde: noi e le tombe. Le troviamo sbirciando da una zona collinare sparse in una valle stupenda. Sono state costruite lì rispettando le regole del Feng-Shui (=vento-fiume) quindi si trovano vicine al fiume ed in un posto dove il vento è libero di soffiare e portare via il suono. Isolarsi ed ascoltare la natura viene spontaneo. Che pace.
Pranzo cinese: era un attentato ma riusciamo a sopravvivere (e non siamo gente schizzinosa!).
Per arrivare alla GRANDE MURAGLIA passiamo per Pechino e notiamo che i vicoli del centro storico danno emozioni più forti dei monumenti.
I cinesi conducono una vita molto modesta, spesso subiscono espropri e devono lasciare le loro abitazioni per dare spazio a strade e centri commerciali e finire in grandi palazzoni nella periferia delle grandi città. In alcuni quartieri la povertà e la sporcizia ti prendono allo stomaco.
A parte questo, in città non esistono fabbriche ed è per questo che il lavoro di impiegato è il più diffuso. Le case vecchie, quelle rimaste, sono tutte basse, grigie (colore del popolo) e trasandate ma non manca mai il condizionatore. Per il resto della città si vedono solo palazzi i quali spesso sono identici perché copiati l’uno dall’altro o dal primo che li ha costruiti, di solito un occidentale.
Durante il viaggio abbiamo cercato di sfruttare qualunque minuto libero per girare e vedere il più possibile. La sera l’abbiamo dedicata alla visita di un centro commerciale. Come solitamente accade all’estero, la parte più interessante da visitare è il supermercato! Veramente un altro mondo.
In cerca di qualcosa di commestibile ci siamo seduti in un bar, della catena “jungle”, dove servivano “cappuccini” e svariate bibite che dall’aspetto sembravano detersivi liquidi. Ci ha colpito in particolar modo, e lo abbiamo preso, un cocktail verde fluorescente nel quale galleggiavano piccole palline gelatinose sempre di un bel verde acceso. Sapore? Dolce. Tutto sommato si mangia meglio per la strada che nei ristoranti. Gabriele che ha studiato in Cina quando ancora studiava lingue all’università, dice che nel 1993 Pechino era del tutto diversa, niente corrente elettrica nelle strade, acqua calda solo in alcune ore e solo il centro della città era illuminato. Oggi sembra di stare a Tokio, è tutto uno sfavillare di luci almeno fino alle 22.00 della sera, ora in cui le spengono e rimangono accesi solo pochi cartelloni delle pubblicità.
13 giugno 2002 Stamattina, dopo la benedetta colazione “italiana”, siamo andati a vedere il TEMPIO DEI LAMA.
Un posto veramente suggestivo dove i monaci praticano il buddismo lamaista tibetano e per questo non è consentito fare diverse riprese. Credono che fotografando o riprendendo un monaco questo perda la possibilità di reincarnarsi. Il tempio sorge nel verde e l’accesso (limitato ad alcune zone) è consentito sia ai fedeli che ai turisti.
Molte sono le persone che vengono a recitare mantra e a pregare Budda e lo fanno davanti a dei grandi bracieri dove offrono bruciandoli lunghi bastoncini di incenso. Si parte da 3 bastoncini … è il minimo che si possa offrire ad un Budda!! Si offenderanno per meno? Comunque nessun cinese ne aveva così pochi fra le mani, diciamo che nella maggior parte dei casi si trattava di “fasci” di incenso, infatti è vero che esiste un limite minimo ma non ci sono limiti se si tratta di abbondare.
Ci sono anche alcuni incensi che bruciando lasciano intravedere nella cenere la figura di qualche dio o gli ideogrammi che compongono una preghiera.
Comunque, non so quanto ci guadagnino a far entrare i turisti ma so che mi sentivo fuori luogo e sentivo di dare fastidio a chi era lì per motivi spirituali. I cinesi invece non sembravano per niente infastiditi da noi.
Il tempio era pieno di Budda nelle sue varie rappresentazioni ed ho visto i famosi cilindri delle preghiere fatti appunto con le pagine dei testi sacri ricoperti di bronzo o rame. I monaci sono simpatici e parlano inglese! Gabriele ci dice che parlare questa lingua è una forma di protesta contro il governo cinese il quale continua ad imporre l’esilio al Dalai Lama.
In Cina esiste da sempre una estrema libertà di culto e Gabriele sostiene che questo sia dovuto al fatto che probabilmente il popolo cinese non è affatto credente.
Non so se la penso esattamente così, da quello che vedo forse hanno un serio rispetto per la natura che venerano a livelli maniacali e che potrebbe essere interpretato anche come una sorta di religione.
Fatto sta che anche qui le cose stanno cambiando, la generazione dei vecchi è quella più attaccata al culto, quella che si vede la mattina alle 5,00 nei giardini praticare il tai chi. I giovani si americanizzano ed anche loro hanno cominciato a rincorrere il dio denaro. La prostituzione è praticamente legale ed insomma, le cose vanno un po’ diversamente da qualche anno fa.
Ore 14,00= volo per XI’AN. Questa città è rimasta un po’ la Cina che ci aspettavamo. Una città di agricoltori, la Cina di una volta forse. Tuttavia dicono che lo sviluppo sta arrivando anche qui e con la velocità che hanno nel costruire palazzi e strade forse tra due o tre anni questo posto sarà irriconoscibile.
La città è circondata da mura e al centro si trova la Torre della Campana. Da questa torre partono quattro vie distribuite a croce che si chiamano rispettivamente: via del Nord, del Sud, Est ed Ovest.
Una volta, al suono della campana, le porte della città venivano spalancate.
La differenza con Pechino salta agli occhi immediatamente quando andiamo a visitare la Piccola Pagoda dell’Oca Selvatica. Tutto sembra molto meno “fatto apposta per i turisti”.
La sera ceniamo al ristorante dell’hotel e anche qui sono costretta a seguire i mondiali di calcio… Pratico sport da quando ho cominciato a respirare ma odio questo gioco.
Vedere i mondiali e sentire i commenti degli spettatori di turno è una cosa che non sopporto proprio, ma me li devo cibare per forza altrimenti il gruppo mi sbrana.
Purtroppo l’Italia riesce anche a pareggiare con il Messico (1-1) e si qualifica (ciò significa che dovrò cibarmi altre partite…).
Euforici per il colpo di fortuna, si decide di andare in discoteca. Gabriele dice che è un’esperienza da fare…Con il senno di poi, io dico che è indispensabile farla!!! Abbandoniamo il gruppo e siamo noi due, un’altra coppia di neo-sposi e Gabriele. Si decide quindi di arrivare nel locale in questione con il taxi. Dio che esperienza! Ti chiedono circa 1 o 2 euro a corsa ma sono dei pazzi! Ci convinciamo che in Cina non esistono limiti di velocità! Vanno come dei razzi e sembra di essere finiti in un videogioco; suonano il clacson in continuazione per farsi strada e non hanno pietà per nessuno: pedoni, biciclette, auto… Le stradine che percorriamo non sembrano proprio raccomandabili e per qualche minuto la mia fantasia comincia a viaggiare… Arrivati alla meta, baciamo terra e diamo 20 yuen al tassista (circa 2 euro).
La discoteca dà l’idea di un garage neanche tanto ripulito.
Qui inizia lo spettacolo! Ci sediamo ed ordiniamo birra (unica cosa bevibile) e una ricca macedonia; la musica è vecchiotta, vanno alla grande gruppi tipo gli “Europe”, ma i cinesi presenti in sala sono eccitatissimi. Anche in Cina va alla grande la figura della cubista. La ragazza balla 5 minuti e poi si dà il cambio con un’altra compagna. Katia ed io ci buttiamo in pista e … sorpresa! Ci ritroviamo ad essere lo specchio di chi ci è accanto: COPIANO qualunque cosa facciamo! C’è da morire dal ridere ma Gabriele ci spiega che è la loro voglia di occidentalizzarsi a provocare tali reazioni. Visto il successo riscosso invadiamo la pista: Ale, Gabriele, Valerio e noi iniziamo a ballare e nel giro di pochi istanti la cubista comincia ad odiarci. La eclissiamo totalmente…E…Mi fa un po’ pena: gli occidentali si portano a casa una nuova vittoria… La discoteca è gremita di giovani, Gabriele ci spiega che naturalmente sono tutti figli di papà, le persone comuni non potrebbero mai permettersi uscite simili (sottolineo che l’unica cosa da pagare erano le birre).
La musica prosegue finchè ad una certo punto tutto si blocca, la musica rallenta ed in pista rimangono solo le coppie. Non capiamo.
Ci sediamo. Cosa sta succedendo? Dal palco in cui sono i DJ esce fuori una donna in abito tipico e comincia a cantare in cinese un pezzo molto romantico e tradizionale. Le coppie ballano e ciò che stupisce di più è che le ragazze single usano ballare tra loro toccandosi il sedere ed aspettando un bel ragazzo che le vada a dividere! Uao! Che disinibizione! Provo a convincere Ale che ne deve “salvare” una ma non ne vuole sapere. Finito il momento romantico “Tutti fuori dalla pista!” , è ora di far spazio al Gerry Scotti cinese per i giochini demenziali. Alcune coppie vengono invitate a giocare ed il gioco consiste nel trasportare con la bocca quanti più fazzoletti possibili in una cesta.
La sala è in visibilio, battono con i bicchieri sui tavoli, tifano e si esaltano. A proposito su ogni tavolo c’è un bicchiere con dentro dei dadi ed è con quello che i ragazzi fanno più chiasso.
Non so dove guardare, sembra di essere a “Mai dire Banzai”! Lo spettacolo sembra terminare quando tra i fumi compare un cinese vestito con una tunica nera da prete che ci propina un’ altra canzone tipica e strappalacrime steccando più di una volta.
Va avanti così finchè non si toglie la tunica rimanendo con un abito tipico più corto del precedente e cambia il repertorio mai rinunciando alle stecche.
Già a questo punto ci riteniamo soddisfatti dell’uscita e siamo con le lacrime agli occhi quando il ragazzo decide di disfarsi dell’abito e di rimanere in jeans neri e canotta stile Tony Manero mostrandoci il suo fisico possente (!) e cantando pezzi molto simili a “Disco, disco porta via tutta la malinconia…” di Heather Parisi!!! La sala è letteralmente in delirio e il massimo lo raggiunge quando decide di spalmarsi di pece i pantaloni e darsi fuoco. Ora, detta sinceramente, questa grande uscita di scena ci fa quasi sentire male, non riusciamo ormai a smettere di ridere, siamo in lacrime e, al contrario del pubblico che osanna le gesta del ragazzo, noi cinque speriamo che quella sia la sua fine, che bruci per sempre…Ma questo non accade.
Che dire? INDIMENTICABILE. Torniamo all’hotel in taxi e stavolta spendiamo 13 yuen, molto probabilmente all’andata ci hanno fregati.
14 giugno 2002 Fa un caldo bestiale. Siamo sempre a XI’AN e stamattina si va alla Grande Pagoda dell’Oca Selvatica e sulle mura della città. Le pagode erano edifici in cui originariamente si custodivano le ceneri dei sacerdoti. Si trovavano sempre davanti o dietro ai monasteri. Veniva seguita una precisa gerarchia, infatti i piani alti erano destinati ai sacerdoti più importanti e via via scendendo diminuiva la carica che questi avevano. Col tempo, le pagode variarono la loro funzione e vennero usate sempre dai sacerdoti per custodire testi sacri, documenti e scritti. Una sorta di grandi biblioteche. Questi posti sono molto belli e soprattutto il turismo locale ce li fa sentire più cinesi.
Sulle mura della città abbiamo preso in affitto un tandem per risparmiare qualche energia e riuscire a vederne un tratto più lungo. Le mura sono state erette sopra a mura già esistenti dalla dinastia Ming (1368-1398) . Sono state completamente restaurate e non hanno niente di particolare, la cosa interessante invece è guardare ogni tanto di sotto, tra le mura delle case e vedere come procede la vita cinese; affacciandoci ci siamo imbattuti in una festicciola familiare e in un fioraio che vendeva solo fiori finti (qui credo che li adorino, sono ovunque in composizioni con delle palle di Natale…Bah).
Scendendo dalle mura e camminando tra le bancarelle arriviamo alla Foresta di Stele. Ce ne sono centinaia, quelle lastre di alabastro diventate ormai nere per le stampe che ne sono state fatte nel tempo incuriosiscono molto. Yn (la guida cinese) ci insegna a leggere diversi ideogrammi: ? = uomo ? = acqua ?? = fiume ??? = mare Spesso ci capita di imbatterci nel segno della svastica al contrario che infatti è di origine indiana ed indica potere. E’ frequente vederlo sugli abiti dei Budda.
Mangiamo cinese (l’odore nei ristoranti è nauseabondo e che nessuno dica il contrario) e purtroppo perdiamo più di ½ ora negli odiosi negozietti dell’amicizia. Sono tutti carissimi ma le guide locali ci guadagnano una buona percentuale sugli acquisti dunque sono inevitabili.
Il ristorante in cui ci troviamo si trova proprio nel sito in cui c’è il famoso esercito di terracotta. Oggi il caldo è insopportabile ma l’esercito vale la sofferenza.
La storia di questi soldati di pietra si perde nel tempo, si tratta di un intero esercito schierato a proteggere la tomba dell’imperatore Qin Shihuang. La scoperta si deve ad un contadino che ripescò nel 1974 la testa di un soldato dell’esercito dal pozzo situato nel suo terreno.
E’ uno spettacolo impressionante, i soldati si trovano in tre fosse e sembrano vivi per la loro perfezione (non mancano carri, cavalli ed armi). Sono uno diverso dall’altro in tutto: vestiti, visi, posizioni, sembra non essere un’opera umana. C’è anche chi sostiene che siano dei calchi fatti sui corpi di un esercito vero.
L’area è vastissima e sicuramente piena di guerrieri sepolti.
Quello che ci fanno vedere è solo una parte piccolissima del ritrovamento, in realtà sono state scoperte a tuttoggi solo queste 3 fosse e i cinesi dicono che per arrivare alla tomba dell’imperatore (che sarà tra le ultime cose ad essere aperte) occorreranno ancora tre generazioni. Non saprò mai quanti guerrieri sono in tutto! Per accelerare i tempi e guadagnarci sopra, i giapponesi hanno anche offerto aiuto alla Cina per gli scavi ma il governo cinese vuole fare da solo. Pazienza.
Ceniamo con spaghetti e ravioli cinesi preparati davanti ai nostri occhi: buoni ma tutto è un po’ “viscidino e colloso” e la pasta sembra elastica.
Dopo usciamo per andare a passeggio nel quartiere mussulmano. E’ antico e molto caratteristico, pieno di bancarelle che vendono dolci e “uova dei 100 giorni” (cotte sotto terra in un impasto di argilla e calce fino a diventare nere e da voltastomaco).
15 giugno 2002 VOLO PER SHANGHAY. Ma siamo ancora in Cina? Qui il panorama cambia in modo radicale. Shanghay è come New York, piena di grattacieli e di uomini d’affari. Solo in alcune zone hanno lasciato le vecchie abitazioni ma sono destinate a scomparire al più presto per far spazio a strade, ponti e palazzoni. Qui veramente i soldi sono tutto.
Anche la guida ci sta molto antipatica. Si è presentato in valigetta … cos’ha là dentro? La prima cosa che ci ha portato a visitare è stata la pagoda Longhua.
Abbiamo fatto un giro per i negozietti del centro e siamo andati al Museo Archeologico. A Shanghay ne vanno fieri ed indubbiamente è bello ma ci vorrebbero 10 ore per visitarlo tutto. Tra l’altro girando all’interno becchiamo alcuni abitanti del luogo appisolati sulle panchine che si trovano tra una sala e l’altra…
Arriva presto la sera e facciamo un giro della città in pullman e a piedi. Vediamo Shanghay illuminata nella zona in cui ci sono i grattacieli. Il più alto è la Jin Mao Tower (420,5 m).
Decidiamo di salire su questo colosso ed il panorama, come ci aspettavamo è fatto di strade scintillanti, palazzoni e ponti ultramoderni.
Scesi dal grattacielo ci dirigiamo verso il Bund per passeggiare. Il Bund è la zona centrale della città che si estende lungo il fiume Huang Po. Questa passeggiata mi ha colpito in modo particolare perché quella sera mi sono resa conto di quanti sono i cinesi. Gli shanganesi sono veramente tanti e sembra che tutti passeggino da queste parti la sera! Dà l’idea di essere a Roma nel periodo di Natale in un centro commerciale. Non riusciamo a camminare né a parlarci! Usciti un po’ dalla mischia cerchiamo di goderci il quartiere vecchio ma anche qui salta agli occhi che è un luogo fatto apposta per i turisti. Tutte le case tipiche che vediamo sono vuote e ben ricostruite ma è come vedere una bella riproduzione, emozioni azzerate.
16 giugno 2002 Non si riesce proprio a dormire, la sveglia continua a suonare alle sette. Il gruppo con il quale viaggiamo è carino e stiamo legando molto con un’altra coppia di sposi di Pescara (Katia e Valerio, quelli della discoteca).
Oggi iniziamo la giornata visitando il Tempio del Budda di Giada. All’interno del tempio di Budda ce ne sono due e non si possono fotografare.
Anche qui i monaci sembrano infastiditi dalla nostra presenza ed hanno ragione. Troviamo poco rispettoso che dei luoghi sacri come questi siano invasi ogni giorno in modo così prepotente da turisti scocciatori ed armati di ogni tipo di telecamera.
Non riescono a rimanere in pace neanche quando mangiano, infatti puoi tranquillamente metterti lì a guardarli e parlare dei fatti tuoi. Sembra che il governo li obblighi a rimanere visibili ai visitatori e a noi la cosa dà molto fastidio. Sinceramente suscitano pena.
Usciti dal tempio rotta verso una delle tante fabbriche di seta disseminate per la città. E’ proprio qui che cediamo all’acquisto di un copriletto imbottito di seta! Beh, ci spiegano che ricavano l’imbottitura dai bozzoli che hanno due crisalidi all’interno e dai quali non sarebbe ricavabile il famoso filo di seta. Che roba!!! Oltre tutto ce lo portano in hotel già impacchettato e compresso. Siamo consapevoli del fatto che sicuramente i cinesi lo pagano la metà di quello che stanno chiedendo a noi ma…Come dire di no? Paghiamo una cifra che si aggira sulle 75,00 euro e usciamo soddisfatti.
Altro giretto per negozi e pranziamo.
Nel pomeriggio finalmente riusciamo a vedere un tipico giardino cinese : il Giardino del Mandarino Yu. E’ grandissimo e ci si perde tra il bambù ed i laghetti.
Stupendo e perfetto in ogni dettaglio. Ogni foglia, albero e filo d’erba cresce assecondando la fantasia del giardiniere che lo cura. Tutti i giardini chiudono verso le cinque per dar modo ai giardinieri di lavorare.
Ci separiamo dal gruppo ed insieme a Gabriele, Valerio e Katia andiamo a piedi al mercato del falso. Qui compreremmo veramente tutto. In realtà tutti gli articoli che si trovano in vendita spesso sono capi originali rubati alle fabbriche che li producono.
I cinesi adorano contrattare infatti partono sparando prezzi alti per arrivare a prezzi bassissimi. Il tutto con il sorriso sulle labbra. Guai a farlo seriamente! Se non stai al gioco e non ridi trattando, sicuramente si rifiuteranno di venderti quello che vuoi.
Ceniamo vicino alla Piazza del Popolo in un ristorante messicano…Che sollievo, la vera cucina cinese (non quella dei nostri ristoranti cinesi!) non ci stuzzica per niente, i sapori e gli odori sono veramente troppo distanti dai nostri.
17 giugno 2002 TRENO PER NANCHINO.
Nanchino era la vecchia capitale cinese ed è rimasta comunque all’avanguardia anche se oggi la capitale è Pechino.
Anche qui i cinesi sono orgogliosi delle nuove opere di ammodernamento: ponti sul fiume, strade, palazzi e grattacieli.
Spesso ci viene spontaneo dire che a noi piacerebbe di più vedere la “vecchia Cina” ma la risposta che riceviamo è sempre la stessa: “noi non possiamo permetterci di non crescere, siamo tanti!” ed effettivamente è così.
La Cina è molto popolosa, Mao incoraggiava la prolificazione ed oggi si ritrovano ad essere obbligati per legge a fare un solo figlio a coppia. Se ne vogliono altri devono pagare delle tasse molto alte ed è proprio per questo che l’attuale alta borghesia tende a farne molti per dimostrare il suo status.
Siamo andati a vedere la via sacra di Nanchino e poi al museo. Tutti i parchi in Cina sono stupendi, basta entrarci per sentirsi rinati, rilassati ed in pace con il mondo. Il museo secondo noi era una vera schifezza.
18 giugno 2002 Stamattina siamo andati al Mausoleo del primo Presidente cinese: Sun Yat Sen. Ci sono 394 scalini da salire per arrivare al mausoleo…Tutti sotto al sole. Sarà il tè , ma i cinesi vanno come treni. Usano portarsi delle boccette sul cui fondo si depositano le foglie di tè, crisantemo o gelsomino e ne bevono in continuazione. D’estate va soprattutto il tè verde e quello al gelsomino perché sono dissetanti e metterci dentro lo zucchero è follia per loro.
Durante il pomeriggio andiamo a vedere il mercato degli animali e rischiamo l’insolazione. E’ molto caratteristico. Vendono grilli, cavallette, serpenti, squali, cani ma non riesco neanche a finire il giro per il gran caldo e l’idea che quelle povere bestiole andranno a finire in padella.
Torniamo in albergo e proprio di lì di fianco è aperto il salone di un parrucchiere. Katia a Pechino ci è andata e dice che devo provare.
Non ho alcun bisogno di una messa in piega, ora vorrei solo stendermi un po’ e riposare ma lei insiste e cedo.
Entriamo, chiediamo che ci lavino la testa e ce la asciughino e ci fanno accomodare. Mi ritrovo nelle mani di una ragazza che mi offre un tè e mi fa sedere appoggiata con la testa china avanti. Ma che fa? UAU! Mi massaggia! Parte dalla testa poi in ordine:collo, schiena, braccia, mani, di nuovo testa con una schiuma (credo sia shampoo). Mi fa sdraiare supina e mi sciacqua i capelli. Mi ripropone il massaggio di prima e solo dopo 50 minuti di questa storia mi comincia ad asciugare con il phon i capelli ormai asciutti. Sono in paradiso.
Con Katia usciamo camminando quasi sollevate dal pavimento e guardate con invidia dai nostri maritini che pagano circa 4 euro a testa! Serata: Corea- Italia 2-1.
Vediamo la partita nel ristorante dell’hotel. Siamo fuori dai mondiali e rischiamo la lite con degli inglesi che ci siedono vicini.
Per consolare i miei compagni di viaggio, e un po’ anche me, andiamo in un pub vicino all’albergo e con stupore riceviamo i complimenti dei cinesi che avevano seguito la partita e che speravano in una nostra vittoria. 19 giugno 2002 TRENO PER SUZHOU.
Partiamo in treno sotto la pioggia. Esperienza traumatica. Le stazioni sono sporchissime e sovraffollate ed i treni vanno ancora a carbone. Cominciamo ad essere stanchi dei bagni cinesi; non ne ho ancora parlato ma spesso ci vuole un bel fegato. Sporcizia a parte, sono completamente aperti, spesso non esiste carta igienica e bisogna entrarci dotati di stivali…Sicuramente meglio farla per strada o per campi.
Anche nelle carrozze del treno troviamo “sorpresine”. Molti di noi cominciano a sedersi e sistemarsi e nel farlo appoggiano le loro cose su dei piccoli vassoi sistemati davanti ai sedili. Molti si sentono male: in ritardo ci spiegano che quei vassoi così carini sono delle “sputacchiere”! Mentre il treno si muove, l’acqua continua a venir giù ed entra prepotentemente dai finestrini scassati. Per evitare l’allagamento le ragazze che svolgono il servizio nel treno puliscono con una specie di Mocho Vileda (dovunque li usano al posto della normale scopa) che sono solite sciacquare nel water… Si diffonde ben presto il solito “odorino” al quale sto facendo l’abitudine…Siamo in prima classe… Quando arriviamo piove ancora ed Alessandro si sente male. Pranziamo ma lui deve correre in hotel: diarrea cinese! Eccomi qui, non mi vuole in albergo, sta malissimo e non vuole farsi vedere così: devo proseguire il viaggio da sola.
Sotto il diluvio andiamo a vedere il Giardino del Pescatore e la Pagoda del tempio del Nord ma la pioggia è molta e non riesco a godermi due visite che potevano essere tra le più belle. Ah! Qui a Suzhou ci sono usanze interessanti! Di solito in Cina la donna quando si sposa è costretta a lavorare e fare i lavori di casa ma qui no! E’ il marito che fa tutto! Ma…Il mio che fine ha fatto? Lo ritrovo in albergo ancora sotto shock e mi confessa di voler sterminare tutti i cuochi cinesi.
L’albergo è il “Jitic” e non è carino per niente.
Continua a diluviare così dopo cena ci facciamo una partita a ping-pong sui tavoli dell’hotel vergognandoci anche un po’ della nostra mediocrità di giocatori.
20 giugno 2002 Alessandro ancora non riesce a recuperare. A proposito di malattie, qui le farmacie somigliano molto alle nostre erboristerie e sono bellissime. Si decide per una cura-bomba di antibiotici, pane, riso e tè. Il pane siamo costretti a rubarlo la mattina a colazione perché i cinesi non ne usano.
Andiamo a vedere la Collina della Tigre ed il Giardino dell’Amministratore Umile dove rimango incantata. Tutti i giardini sono favolosi, l’avevo già detto, ma questo è pieno di bonsai cinesi o meglio “pun-cha” (= piccolo paesaggio naturale). Ce ne sono migliaia di ogni genere e dimensione e quelli tipici cinesi sono appunto dei veri e propri paesaggi naturali in miniatura mentre quelli giapponesi sono composti da un solo albero. Senza dubbio tutti magnifici.
La guida locale ci porta a fare un giro in barca sul fiume ed arriviamo in un villaggio dove non sembrano passarsela molto bene. Nel mercato alcuni di noi provano a regalare soldi a dei bambini ma loro li rifiutano, vogliono che compriamo qualcosa.
Il posto ci lascia l’amaro in bocca. C’è chi vive ancora in condizioni assurde.
Nel pomeriggio altre 3 ore di treno per arrivare ad HANGZHOU. La cura tarda a funzionare, Ale sta ancora male e rimaniamo in hotel dopo cena.
21 giugno 2002 Dice il detto cinese: “in alto c’è il cielo ed il paradiso, in terra ci sono hangzhou e suzhou”. Loro qui vengono a fare passeggiate romantiche lungo il lago e fino a qualche anno fa queste due città erano la meta di moltissimi viaggi di nozze. E’ vero, il posto è incantevole e nonostante la pioggia (stavolta abbondante) riusciamo a vedere tutto.
La guida locale è molto carina e disponibile, il suo nome si pronuncia Fan-fan. Visitiamo insieme la Pagoda delle 6 armonie (ovvero cielo, terra, nord, sud, est e ovest) ed il Tempio Ling Yin. Bellissimi.
Dopo il pranzo facciamo una gita in barca sul lago Xihu ed attraversiamo un’isoletta deliziosa dove riusciamo a vedere i pavoni.
Si riparte e ci dirigiamo in un villaggio nel quale si coltiva e lavora il tè. Ce n’è a valanghe! Intere colline di un verde acceso circondano il villaggio. Ci portano nello spaccio del luogo e ci offrono una tazza di tè spiegandoci tutto di questa fantastica erba. Ci invitano a comprarne ed alcuni del gruppo lo fanno ma… Di tè se ne trova ovunque ed in qualunque negozietto a prezzi molto più modici di questi! Come volevasi dimostrare: troviamo lo stesso tè ad un quarto del prezzo in giro per la città. Nuova separazione dal gruppo alla ricerca di una sorta di pizzeria nella quale mangiamo. Sembra che locali del genere siano l’ultima tendenza.
Ancora in fase digestiva, visitiamo un mercatino che si rivela essere una cloaca a cielo aperto e ne scappiamo perché Alessandro si risente male ma ormai è diventata una barzelletta! 22 giugno 2002 Che stress! Partiamo alle 7,00 con il pullman per arrivare a Shangay e da lì prendiamo il volo per Pechino.
Siamo al termine del nostro viaggio, stanchissimi ed entusiasti; abbiamo visto tanto di questa parte del mondo così lontana da noi eppure ce ne andiamo con il desiderio fortissimo di tornare.
Che dire? Il viaggio più bello che abbiamo fatto? Non ci sono dubbi.
Germana e Alessandro.