La Via della Seta ed altri percorsi

Ogni viaggio è una storia a sé, lo sappiamo tutti. Non è detto che la stessa destinazione rappresenti per tutti lo stesso arrivo, non tutti cerchiamo le stesse cose o facciamo le medesime riflessioni e non tutte le corde che vengono toccate sono le stesse.
Poi ci sono alcuni viaggi che inspiegabilmente, senza che tu lo cerchi o ne sia consapevole, diventano altro: si snodano, si biforcano, seguono un filo invisibile, rincorrono le coincidenze e fanno salti mortali per poi assumere la forma di un vero e proprio percorso. Questo è quello che ci è successo.
Nel Febbraio 2019 siamo andate al Carnevale di Venezia, per provare ad assaporare, anche idealmente, l’atmosfera che la Serenissima doveva avere al tempo del Doge, degli sfarzi e del Casanova. Anche noi volevamo passeggiare di notte tra calli illuminate da fiaccole, con la nebbiolina che alzandosi dai canali lascia intravedere i profili incerti e tremolanti di dame e cavalieri, saltimbanchi e giocolieri, nobili e mendicanti, che giocano a prendersi e lasciarsi tra i chiaroscuri della notte.
Un fine settimana al sapore di ciccetti gustati in qualche baccanale seminascosto; sì uno di quelli poco lucenti e per niente vistoso, uno di quelli non instagrammabili e non perché privo di un fascino proprio, ma perché se l’oste ti vede spippolare al cellulare rischi che ti butti fuori. E senza passare dal via.
Un fine settimana bellissimo, ma poi finito lì.
E invece no. Il diavolo ci ha messo lo zampino perché per noi aveva un’idea diversa: quella di farci arrivare fino alle porte della sua casa.E così senza essere nemmeno troppo consce del collegamento che stavamo facendo, nelle nostri menti cominciavano ad apparire cupole diverse rispetto a quelle di San Marco, campanili che in altre lingue si chiamano minareti, Chiese che in altre culture si chiamano Moschee.
Ed abbiamo iniziato a sognare sapori esotici e notti stellate; condottieri valorosi ed animali assopiti dentro ai caravanserragli; rumori di mercati ed urla di mercanti… l’Uzbekistan ci stava chiamando, la Via della Seta come le sirene di Ulisse aveva iniziato il suo canto.
E noi ci siamo lasciate sedurre.
Senza pensarci.
Senza di certo pentirci.
Uzbekistan dal pane buonissimo e l’aria che profuma di cumino misto al vento caldo del deserto, ci ha accolte spalancandoci la porta della sua storia. Allora è stato un attimo ritrovarci a chinare il capo al cospetto del minareto di Bukhara, seguendo l’esempio di Gengis Khan che mai in vista sua si era inginocchiato di fronte a nulla e nessuno; a perderci tra i vicoli di Khiva per finire a struggerci tra i merli delle sue mura, di fronte ad un tramonto che difficilmente scorderemo; passando per quel sogno chiamato Samarcanda, che solamente il nome fa provare un brivido di emozione in ogni centimetro del proprio corpo.
Posare i piedi nei luoghi che hanno contribuito a creare la storia è senza ombra di dubbio un privilegio raro. E credetemi, qui la storia si sente, si percepisce a pelle, l’aria stessa ha una vibrazione diversa.