Natale in Austria e Baviera
Inseguendo i Mercatini a Salisburgo e Monaco
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MERCATINI DI NATALE – Monaco di Baviera e Salisburgo (4/8 dic 2010) Amanti dei viaggi, della birra doppio malto e della Germania, il mio ragazzo ed io riusciamo finalmente ad organizzare una visita ai famosi mercatini di Natale, da tempo deisderata e mai concretizzata. Vogliamo andare in macchina, da Milano: si evitano le cifre astronomiche degli aerei per il weekend dell’Immacolata, ci si gode il paesaggio e ci si muove in libertà. Trasciniamo con noi i nostri due compagni di sventura, prenotiamo l’albergo a Monaco di Baviera perché a Salisburgo non c’è un buco libero neanche a cercarlo col lanternino: così programmiamo di restare di stanza a Monaco e di muoverci da lì con l’auto, viste le distanze ridotte dai luoghi che ci interessavano. Sabato 4 dicembre, di buon’ora, partiamo: auto d’altri tempi, con la radio a mangiacassette, borse da viaggio ridotte all’osso, una busta di arance prudentemente e gentilmente offerta dai nostri compagni di viaggio, siciliani irriducibili. Evitiamo il Brennero e saliamo dalla Svizzera. Il paesaggio intorno a noi è imbiancato da una nevicata recente e noi, inebetiti dal profumo d’arancia e dal sottofondo di Bob Marley sparato in loop, non riusciamo a staccare il naso dai finestrini. Cinque ore di case e chiese e vallate piene di neve dopo (con un’infausta sosta all’autogrill in Svizzera, costata 13 euro per quattro caffé e due brioches, e lo sottolineo per diffidare chi legge dalla tentazione degli autogrill elvetici), arriviamo a Monaco. Anzi, al nostro albergo, che si trova in zona Messe, un po’ fuori città, praticamente all’uscita dell’autostrada. Sono quasi le tre, lasciamo le cose in camera e ci facciamo indicare il modo più veloce per raggiungere il centro città coi mezzi pubblici. La paura di una nevicata è forte e non vogliamo rischiare di restare bloccati con l’auto, che lasciamo quindi al parcheggio dell’hotel. Monaco dispone di una rete urbana efficentissima, i pullman e la metropolitana spaccano il secondo, anche se il costo dei biglietti è piuttosto altino. Noi, giovani cafoni e un po’ tirchi, il biglietto non lo facciamo. Arriviamo indisturbati a Karlsplatz, dalla cui Stachus partono i mercatini. Anche a Monaco ha nevicato di recente, il freddo è bestiale ma l’atmosfera vale ogni singolo brivido. Parchi e palazzi sono coperti di bianco, il sole è già tramontato ed il centro è un’esplosione di luci, musica, gente e bancarelle. L’odore di cannella, di dolci e di bratwurst invade l’aria. Da Karlsplatz seguiamo i mercatini verso la piazza centrale, Marienplatz. E’ sabato sera, le gente è davvero tanta e ci si muove a fatica: ci scaldiamo con un primo giro di Glühwein, il vin brulé da sorseggiare in giro, profumatissimo, perfetto per affrontare il gelo della serata. Marienplatz, con la torre del nuovo municipio tutta illuminata, è uno spettacolo davvero suggestivo: i mercatini si snodano tutti nelle vie intorno, e noi ci perdiamo nel loro vortice di profumi e colori camminando senza sosta. Quando la fame inizia a farsi sentire, consultiamo la guida e ci infiliamo nella Augustiner Bräu, in pieno centro. Il locale è enorme e a buon mercato, un posto tipicamente bavarese che i bavaresi non sembrano disdegnare per una birra serale. Mangiamo tanto e bene, ci rintaniamo lì per ripararci dal freddo e verso le dieci, dopo un paio di giri di birra, torniamo alla base con la metro, stremati ma felici. Domenica 5. Decidiamo di dedicare la domenica a Monaco. Ci alziamo con calma e facciamo un’abbondante colazione in albergo. Sul pullman sale un tizio che ha tutta l’aria di essere un controllore: scendiamo di corsa. Cogliamo lo spunto per fare una camminata: la neve ricopre tutto, è uno spettacolo. Ci infiliamo nei vicoli, ammiriamo le piazze ed i parchetti imbiancati, visitiamo chiese. Siamo nei pressi di Max Weber Platz, subito fuori dal centro. A metà mattina ci imbattiamo in una grande birreria, la Hofbräu Keller, e decidiamo che ci meritiamo una Franziskaner. Il locale è pieno di addobbi natalizi, i camerieri in abiti tradizionali servono birra e brezel. E’ mezzo vuoto, ci siamo solo noi e due vecchietti tedeschi, col paesaggio innevato fuori dalla finestra. Rifocillati, torniamo a vagabondare lungo l’Isar, il fiume che attraversa la città: ci ritroviamo al Maximilianeum, col parco annesso pieno di neve e di bambini che si lanciano con lo slittino di legno. Sull’altra riva, al di là del Maximilianbrücke, si trova la splendida chiesa di St. Lukas, dalle grandi cupole verderame e, proseguendo, la Annakirche, di fronte all’omonima abbazia. Ci dirigiamo verso il centro ed entriamo nell’Hofgarten, il giardino della Residenz: il parco è una meraviglia architettonica e porta dritti nel cortile interno della Residenz, anch’esso straripante di bancarelle, musica e profumi speziati. Proprio di fronte alla Residenz c’è la Theatinerkirche, barocca, raffinatissima. Il nostro giro non può che terminare, passando per la Max-Joseph Platz, in Marienplatz, bella di giorno quanto lo è di sera. Immancabile la salita sulla torre del Rathaus: il panorama toglie il fiato; Monaco è una distesa di tetti innevati e campanili appuntiti, le due cupole della Frauenkirche spiccano in tutto il loro splendore, lo sguardo si allunga fino alla torre della televisione, appena uno spillo in corrispondenza del quartiere olimpico. Una volta scesi, ci infiliamo ancora nella bolgia dei mercatini e ci prendiamo un’altra birra, stavolta nella famosissima Hofbräuhaus, la bierhalle più rinomata di Monaco. Anche qui atmosfera accogliente, tavoli e gente a perdita d’occhio, Franziskaner come se piovesse: il paradiso. Nel pomeriggio andiamo a visitare l’Olympiazentrum con la metro. La scelta si rivela poco felice: il sole tramonta presto, è già tutto buio. Fa un freddo maledetto e la bellezza dello stadio si riesce solo a indovinare con la (scarsa) illuminazione dei lampioni. Nelle vicinanze, in compenso, si trova il BMW Museum: l’ingresso è gratuito e la sede è davvero imponente, con le sue enormi vetrate e le splendide auto in esposizione. Personalmente delle auto non me ne può fregar di meno, ma i ragazzi hanno apprezzato e noi ragazze ci siamo godute il calduccio dei divani ed i giochini interattivi del museo. Al ritorno in centro cerchiamo un posto per cenare. Sulla Im Tal, proprio dietro l’Alte Rathaus, troviamo un posticino che ci piace. Si chiama Weisses Bräuhaus, stesso stile bavarese degli altri ma con birra di produzione propria, una scura dal sapore dolce e intenso. Ci rimpinziamo di stinco di maiale, salsicce, crauti e patate: è tutto delizioso ed economico. Dopo cena ci ritiriamo: le bancarelle chiudono già alle otto, il centro inizia a svuotarsi. Serbiamo le energie per le gite dei giorni successivi. Lunedì 6 è tutto un imprevisto. Dopo la solita colazione pantagruelica, ci infiliamo in macchina relativamente presto. L’intenzione è quella di percorrere le tappe della Romantische Strasse fino a Rothenburg, seguendo la scia luminosa dei mercatini di Natale: la prima fermata è Augusta. Il tempo non è dei migliori, c’è un freddo umido e pioviggina: non so se sia colpa del clima, fatto sta che la città non ci colpisce. Il centro è carino, molto elegante, ma è piuttosto piccolo ed i mercatini sono deludenti. A parte il municipio, niente che valga la pena vedere. Ci rimettiamo in macchina riponendo tutte le nostre speranze nella tappa successiva, Nördlingen. Appena usciti da Augusta, però, inizia a nevicare. Prima piano, una lenta e piacevole pioggia di fiocchi. Poi più forte, sempre più forte: all’altezza del castello di Harburg, circa 18 km da Nördlingen, siamo nel mezzo di una bufera. Certo, il castello arroccato, immerso in quel vortice di neve e nebbia, è molto affascinante, sublime nel senso letterario del termine. Ma la strizza di rimanere impantanati per strada è troppa, così diciamo ciao a Rothenburg ed ai nostri romantici propositi e facciamo dietrofront in direzione Füssen. Suggestiva cittadina della Baviera meridionale, famosa per il lago vicino e per il castello di Neuschwanstein (che pare abbia ispirato la Disney nella creazione del suo logo e di buona parte dei suoi manieri fatati), Füssen era stata originariamente depennata dal nostro programma; ci sembrava troppo turistica, troppo piccola, insomma troppo poco per giustificare due ore di macchina solo all’andata. Ma tant’è. Il destino e la neve hanno scelto per noi, portandoci a rotta di collo verso sud, in fuga dalla bufera. E così eccoci, a bocca aperta, ai piedi dei due castelli, Neuschwanstein e Hohenschwangau, in alto sui monti tra casette illuminate ed un nebbiolina leggera, avvolgente. Ovviamente vogliamo visitare il primo, il più bello: ci si può arrivare a piedi (circa un quarto d’ora di cammino) o in carrozza (6 euro a persona). La carrozza ci sembra un po’ kitsch, preferiamo affrontare coraggiosamente il freddo e saliamo lungo la montagna. La gente è poca, la vista superba. Guardando il alto, sempre più vicino, il castello si svela in tutta la sua bellezza fiabesca; guardando in basso, verso la vallata, la nebbia serpeggia tra i vapori del lago, gli abeti e le case, tingendo tutto di una strana tonalità di blu, come in una porcellana di Delft. A quell’ora (cinque del pomeriggio circa) il castello è chiuso al pubblico, ma si può ugualmente visitarne il cortile interno. Una volta scesi, è calata la sera ed i due castelli illuminati sono meravigliosi. Ci dirigiamo a Füssen per fare un giro e cenare. La cittadina è racchiusa da una cinta muraria medioevale, è minuscola e piena di lucine. Si tratta chiaramente di un posto molto turistico, ma in questo periodo dell’anno sembra un presepe semideserto ed è adorabile. Dopo una breve perlustrazione (non è che ci sia molto da visitare a Füssen) troviamo un locale targato Franziskaner che ci ispira. E che non ci delude: troviamo anche un po’ di spazio per ingurgitare una fetta di Apfelstrudel col gelato, e torniamo a casa decisamente soddisfatti. Martedì 7 è il giorno di Salisburgo. Ci alziamo in ritardo per la colazione, ci mettiamo in macchina verso le 11. La neve si sta sciogliendo, la temperatura è di circa 10 gradi e la giornata è magnifica. In un’ora e mezza siamo nella città di Mozart. Il primo problema è quello del parcheggio: Salisburgo in periodo di mercatini è un delirio, i garage coperti sono pochi e l’unico posto che troviamo è sul lungofiume (e costa un po’ tanto, ma ormai ci siamo). Il cielo è di un bel blu pervinca: ponti, campanili e montagne sembrano usciti da una cartolina. Seguiamo il fiume verso il centro città: qui i mercatini sono ovunque, invadono stradine e cortili con bacche rosse e campanelle, renne di legno e, naturalmente, palle di Mozart in ogni dove. La città è una bomboniera che risuona di canti natalizi e profuma di vin brulé. Ci perdiamo nel fiume del centro, infilandoci in tutti i cortiletti (forse i mercatini allestiti nei cortili sono ancora più belli di quelli per strada) per riempirci gli occhi di altri rami d’agrifoglio, luminarie e dolciumi. Abbiamo fame, i nostri amici vogliono assaggiare la famosa Schnitzel, scegliamo un ristorantino che sembra promettente: voi non fatelo! Il centro di Salisburgo è pieno di locali esclusivamente turistici, offrono Mittagsmenu a prezzi stracciati ma il servizio è assolutamente scadente. Piuttosto che mangiare una cotoletta mediocre, consiglio di comprare un bel Bosna (hot dog lunghissimo) alle bancarelle e gustarselo in giro. O, in alternativa, di essere sufficientemente sicuri della reputazione del posto in cui scegliete di fermarvi.Dopo pranzo visitiamo il centro città: il meraviglioso Duomo, la piazza centrale e la St. Peterskirche. Ci fermiamo alla vista di un mulino ad acqua: fatelo anche voi. Proprio accanto alla ruota, scendendo in un seminterrato, troverete un panificio artigianale, in cui il pane viene realizzato come una volta, grazie all’energia del mulino. Compriamo una treccia di delizioso pan brioche con le uvette, poi saliamo verso il castello di Mirabell. Per salire con la funivia e visitare la fortezza ci vogliono 10 euro a persona. Noi lo evitiamo, ci sembra un furto ed il tempo stringe. Ancora una volta, decidiamo di salire a piedi per goderci il panorama. La vista è incredibile, Salisburgo si mostra in tutta la sua eleganza, maestosa e raffinata. Se vi piace fare foto (a noi sì) non vorrete più andarvene e continuerete a girare in cerca di nuove inquadrature per un bel po’. Noi scendiamo solo al tramonto, e solo perché dobbiamo tornare a Monaco. Un ultimo giro per Salisburgo (di sera è, se possibile, ancora più magica) e poi ancora in auto verso la base. E’ l’ultima sera, vogliamo tornare in città a farci una passeggiata di commiato. Girovaghiamo a lungo per il centro, il desiderio sarebbe di prendersi un bratwurst per strada e godersi i mercatini fino in fondo. Sono le otto, però, e le bancarelle sono tutte in chiusura, puntuali come orologi. Non resta che sedersi da qualche parte e, nell’indecisione, scegliamo di tornare alla mitica Hofbräuhaus. A cena il locale è strapieno, c’è un casino infernale. Scoraggiati, saliamo al piano superiore sperando ci sia un’altra sala: non solo c’è, ma è anche meglio del pianterreno! Ci sono tantissimi turisti, è vero, ma l’atmosfera creata dai lunghi tavoli, i lampadari enormi ed i gonfaloni appesi alle pareti è qualcosa a metà tra la vecchia Baviera ed Hogwarts. I prezzi sono gli stessi ma, in più, durante la cena si suona dal vivo e si ballano danze popolari tirolesi, e lo spettacolo è davvero carino. Quando torniamo in albergo siamo troppo pieni di birra per farci prendere dallo sconforto, ma il pensiero di doversene andare, si sa, è sempre duro da digerire. Mercoledì 8 avevamo, in origine, programmato di visitare Dachau. Il campo di concentramento è a mezz’ora di macchina da Monaco, ci sembrava una cosa interessante. Un brutto imprevisto ci ha però costretti a cancellare tutto e tornare direttamente a casa. Prima di partire carichiamo la macchina con due casse di birra comrpate in un discount (i prezzi della classica weiss sono decisamente convenienti rispetto all’Italia) e qualche brezel per il viaggio. Bob Marley a palla, e via verso il San Bernardino. Per arrivare in Svizzera attraversiamo un brevissimo tratto di autostrada austriaca: passiamo una ridicola dogana senza controlli e, un kilometro dopo, ci fermano perché non abbiamo il bollino. Penserete “ben vi sta, siete gentaglia che non paga i biglietti del pullman”. E’ vero. Però in questo caso eravamo assolutamente in buona fede (oltre che sprovveduti): eravamo passati dall’Austria all’andata, eravamo stati a Salisburgo. Nessuno ci aveva parlato del bollino autostradale, nessuno ce l’aveva chiesto, non avevamo mai visto controlli né posti di blocco. Sembrava tutto regolare. E invece no, quindi sappiatelo: se andate in Austria, o se anche solo intendete passarci per un nanosecondo, comprate il dannato bollino. O circumnavigatela. Altrimenti sono multe, e salate (oltre che inutili, visto che nella multa non è neanche incluso l’acquisto del bollino). Noi abbiamo imparato la lezione, siamo tornati a casa con le tasche alleggerite e vi auguriamo, con questo diario di viaggio, di avervi informati un po’ di più di quanto non lo fossimo noi.