Memorie da Barcellona

Barcellona. Non è servito fare alcun cambio di moneta, non è stato necessario il passaporto, poco più di un’ora di viaggio e questo è il privilegio che ha la mia generazione: grandi spazi percorribili in tempi ridotti, “nessun luogo è lontano” diceva Richard Bach anche se un tempo di attesa così breve per la realizzazione di...
Scritto da: FrancescaCastro
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Barcellona. Non è servito fare alcun cambio di moneta, non è stato necessario il passaporto, poco più di un’ora di viaggio e questo è il privilegio che ha la mia generazione: grandi spazi percorribili in tempi ridotti, “nessun luogo è lontano” diceva Richard Bach anche se un tempo di attesa così breve per la realizzazione di un’aspettativa lascia un senso di irrealtà quando, dopo appena 90 minuti di volo, allo stesso costo di un pieno di benzina per la mia auto, metto piede nella tangibilità patinata dell’aereoporto di Girona.

L’impressione è nettamente “Europea”, sentirsi a casa senza esserlo, per le strade gli stessi negozi dei nostri alienati centri commerciali, sulla Rambla tutta la multi etnicità a cui questo momento storico di migrazioni di massa ci ha abituato.

Tuttavia, la linearità delle percezioni pseudo familiari si rompe davanti alla sorpresa di edifici mai visti prima, l’impronta inconfondibile, irripetibile, della mano di Gaudì. Se la modernità ci abitua a forme regolari (omologate?) di strutture e di pensiero, se le nostre categorie di percezione sono avvezze e confortate dalla ripetizione di domìni conosciuti, la sorprendente originalità e classicità insieme degli edifici catalani lascia meravigliati come quando da bambini si sfogliava un libro di fiabe e si immaginava di cascare nello specchio insieme all’Alice di Lewis Carroll. Nella Casa Batlló, naturalismo magico e primitivismo alla Mirò rendono unici i segni elementari dell’arte di Gaudì, a volte gioiosi a volte inquietanti ma sempre di immediata fruizione: come dire che arrivano diretti nell’animo, senza bisogno di mediazioni, di parole che spieghino l’intenzionalità dell’artista, svelata a chi guarda già per l’emozione che provoca al primo impatto. Sarà perché si riferisce a temi e forme mutuate da madre Natura, di cui ognuno di noi porta il ricordo ancestrale? Come una categoria innata, un patrimonio condiviso da tutti e dimenticato con la rivoluzione industriale, che sorprende l’osservatore con un sapore di già sperimentato e poi scordato, una sapienza che non si sapeva di sapere…Qualcosa di molto vicino al linguaggio dell’inconscio.

Non esiste critico d’arte che possa istruire il visitatore, più di quanto egli già non sappia, sul fatto che l’intenzione della Sagrada Famiglia sia quella di dare l’impressione di entrare in una selva: sotto le colonne le luci e le ombre del sole trasmettono sulla pelle del viaggiatore la stessa sensazione della penombra in un bosco, la stessa quiete silenziosa, trasportata in una sorta di “wonderland” surreale perché non si è circondati da legno o fronde, ma dal marmo, perpetuo simulacro di ciò che nel mondo sensibile è effimero.

E’ stato particolare scoprire, sull’onda di questi pensieri, che l’arcidiocesi barcellonese aveva avviato il processo di beatificazione di Gaudì: un uomo ateo e rivoluzionario divenuto ideatore di un’opera somma (in costante costruzione!) come la Sagrada Famiglia. Che il vero segreto racchiuso nella sua arte fosse proprio la capacità di conciliazione tra gli opposti? Ciò che impressiona lo spettatore è la rappresentazione delle contraddizioni dell’animo umano, accessibile a chi si interroga e non si incatena nei propri pregiudizi forzando il suo spirito in un letto di Procuste, pur di non incontrare l’angoscia della libertà e della solitudine che l’esercizio del pensiero critico impone. L’Artista muore solo, investito da un tram, non riconosciuto nella persona e scambiato per un barbone dal quel popolo che pure ben conosceva le sue opere.

Il segno che lascia Gaudí è un atto d’amore verso il cosmo attraverso la Vita e l’Arte, tese a emularne l’ineffabile slancio nell’immenso, la comunione dell’uno nel molteplice, la perenne tensione tra Eros e Thanatos sottesa ai moti dell’Umano.

“Esistono due rivelazioni: una di dottrina, propria della morale e della religione, e l’altra, che rivela tramite fatti concreti; quest’ultima è il grande libro della Natura.

Un uomo privo di spiritualità è un essere mutilato” Antoni Gaudì i Cornet cfr www.Francescacastro.It/index.Php?option=com_content&task=view&id=20&Itemid=1



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