È l’isola che fa rima con avventura, ed è il posto giusto per fuggire dalla quotidianità senza andare troppo lontano
L’arrivo del nuovo anno può significare solo una cosa: viaggi da progettare. Il piano ferie è già pronto da qualche settimana, e anche le prime idee di mete sono già nei pensieri. Forse anche troppe, visto che le destinazioni sono infinite ma il tempo a disposizione troppo poco. Era da agosto, quando ho visitato la Val d’Orcia, che non facevo un viaggio (e no, i giorni di fuga dalla quotidianità a Barcellona e Praga non valgono) e sentivo la necessità di staccare per una settimana intera. Avevamo pensato a una meta calda, possibilmente economica e la nostra scelta non poteva non ricadere sulle Canarie. Lo scorso anno Tenerife mi aveva rapita il cuore…tanto vale scoprire un’altra isola. Quindi, la meta scelta per questa nuova avventura è Fuerteventura (che fa anche rima!).
Indice dei contenuti
Diario di viaggio a Fuerteventura
Giorno 1 – Arrivo a Fuerteventura
Sono le 6:30 quando arriviamo davanti al nostro gate. Non facciamo neanche a tempo a goderci la colazione che il cartellone ci informa del ritardo del volo. Iniziamo molto male. Anche perchè la giornata si prospetta essere davvero lunga. Per motivi tempistici (dovuti al lavoro) decidiamo di fare scalo a Barcellona e arrivare a tutti i costi in questa isola. Ma anche qui troviamo il volo in ritardo.
Ringraziamo quindi l’esistenza del Wi-Fi libero, delle prese per il caricabatterie del cellulare e l’abbonamento a Disney+. Quando aprono finalmente l’imbarco ci mettiamo tutti in fila. Niente da fare, cambio di gate. Questo viaggio sta diventando quasi una comica. Sarò felice solo quando arrivata in hotel. Dopo un volo di circa 3 ore, siamo finalmente a destinazione e procediamo velocemente verso il banco del ritiro auto.
Per questo viaggio siamo ricaduti su Thrifty (che non vi consiglio: auto perfetta, ma prezzo davvero alto, oltre al fatto che ci hanno poi chiesto ulteriori 100€ per l’assicurazione aggiuntiva). Buttatevi invece su CI.CAR. con un ottimo rapporto qualità-prezzo.
Imbocchiamo la strada che è già sera e il cielo buio. Un cielo stellato ci dà il benvenuto.
Giorno 2 – Calderón Hondo, El Cotillo
Dopo una dormita rigenerante siamo pronti per dare il via alla nostra nuova avventura, a Fuerteventura. La bellezza di questa isola si manifesta nella sua maestosità soprattutto dall’alto (per chi è in possesso di un drone, e sa maneggiarlo bene, questo luogo è perfetto). Proprio per questo motivo decidiamo di darle una prima occhiata ad “alta” quota.
Ci addentriamo nella prima (di molte) strade sterrate, fino a raggiungere un piccolo spiazzo. Lasciamo la nostra auto e iniziamo un breve e facile trekking (circa 30 minuti) che ci conduce alla bocca del vulcano Calderón Hondo.
Piccola chicca: se non siete atletici, se il tempo a disposizione è poco o se non ve la sentite di camminare molto, inserite sul navigatore la destinazione “Parking” del Calderón Hondo che vi condurrà al breve sentiero che raggiunge la bocca del cratere. Se, al contrario, siete amanti del trekking, dovete proseguire lungo la strada asfaltata Calle Majanicho. Qui potrete lasciare a bordo strada la vostra autovettura e prendere il sentiero (circa un’ora) che raggiunge la parte alta del cratere.
Dopo essere rimasti affascinati dallo spettacolo, ci mettiamo di nuovo in auto alla volta della prima spiaggia dell’anno. Le migliori spiagge del nord si trovano nella zona di El Cotillo.
Da mettere sulla lista c’è sicuramente Playa La Concha: acqua cristallina da far invidia alle Maldive. Rimaniamo incantati da quei colori per ore. Decidiamo però di avventurarci in altre spiagge (Playa del Alijibe de la Cueva, Playa del Aguila, Playa de Esquinzo) che non sono da meno.
Proprio da quest’ultima decidiamo di ammirare il primo tramonto canariano. Se posso darvi un consiglio, inserite tutte queste spiagge nell’itinerario di un solo giorno in quanto le distanze tra di loro sono davvero minime. Una rapida doccia e siamo già nel piccolo centro di Corralejo per la nostra cena.
Giorno 3 – Pop corn beach, isola di Lobos
Lasciamo frettolosamente il nostro albergo (super consigliato) per andare ad ammirare una delle spiagge più famose e particolari al mondo: pop corn beach (anche se il vero nome è Playa Majanicho). La spiaggia deve il suo nome alla presenza di coralli (morti) dalla forma simile ai pop corn.
Ammetto di esserne rimasta un po’ delusa poichè me la aspettavo più grande, in realtà si tratta di una piccola striscia a riva. Ma in ogni caso vale la pena visitarla. Vedere tutti quei pop corn a terra e calpestarli, regala una sensazione davvero strana ma al contempo divertente. Rapiti dal suo fascino e dalla particolarità di questi buffi coralli, rimaniamo a contemplarli per ore.
Rientro a Corralejo giusto in tempo per un pranzo velocemente mentre, a passo svelto, raggiungiamo il molo.
Alle 13:00 inizia la nostra esclusione sull’isola di Lobos. Si tratta di una piccola isola, appunto, venutasi a creare a seguito dell’eruzione vulcanica e il cui nome significa leoni marini (Lobos) che anni fa popolavano la zona. Oggi è una riserva naturale e, al fine di preservarne l’ecosistema, è consentito l’accesso a solo 400 persone al giorno (200 al mattino e 200 al pomeriggio) in possesso di un’autorizzazione rilasciata dal Cabildo di Fuerteventura 5 giorni prima dell’ingresso.
Un breve viaggio di 10 minuti vi porterò al piccolo molo d’attracco. Tempo un paio di minuti e il ragazzo della compagnia ci accompagna lungo una passerella. Il panico inizia a impossessarsi di me: dovevamo navigare il fiume su un gommone. Io. Su un gommone. Io che per la paura non sono mai riuscita a salire neanche su un pedalò. Quindi, per chi come me fosse terrorizzato dall’acqua e dalla barche, eviti di recarsi presso gli stand dei taxi boat e scelga invece il traghetto.
L’isola è molto piccola, mezza giornata sarà più che sufficiente per visitarla. Approfittate però di tutto il tempo a disposizione (a noi erano stati proposti vari orari e abbiamo scelto la prima corsa per l’andata e l’ultima per il ritorno).
La prima tappa una volta sbarcati è stata la spiaggia di La Concha. Acqua cristallina e fredda, fondale basso, sabbia bianca. Decidiamo però di non trasformarci in lucertole al sole, ma di andare alla scoperta del parco coscienti del fatto che abbia molto da offrirci. Ci mettiamo in marcia pronti a “scalare” la Montaña de la Caldera: un cono vulcanico molto particolare in quanto, col passare degli anni, è sprofondato dando origine a una sorta di montagna (da qui il nome). 45 minuti di camminata, 270 metri di altezza, una vista mozzafiato (su Fuerteventura e Lanzarote) e tanto, tanto vento.
Lo spettacolo che si apre davanti ai nostri occhi è davvero ineguagliabile, ma il tempo incalza e il vento (davvero forte) ci porta a ripercorre a ritroso il percorso. È il momento di andare nel luogo, a parer mio, più bello dell’isola: il porticciolo. Le acqua in questo punto rapiscono completamente i nostri occhi, la pace che si sente è davvero intensa. Gironzoliamo qua e là attorno alle piccole casette bianche ormai abbandonate e ci concediamo le ultime ore in questa area protetta, nei pressi di una delle piscine naturali.
È tempo di risalire sul taxi boat. Qualche preghiera, qualche urlo e in men che non si dica siamo di nuovo sulla terra ferma.
È la nostra ultima sera a Corralejo e decidiamo di regalarci il tramonto poggiando i piedi sulla fresca sabbia delle Dune. Un parco naturale caratterizzato da un’immensa spiaggia in cui vi sono alti accumuli di sabbia del Sahara spinta dal vento.
Ceniamo velocemente e torniamo, per l’ultima volta, nel nostro hotel. Lo stesso che all’inizio ci aveva delusi (dall’esterno, con le luci spente, sembrava abbandonato) e che ora invece non vorremmo dover lasciare.
Giorno 4 – La Oliva, Tindaya, Betancuria
Quando chiudiamo la porta della camera da letto, sono appena le 8:00 di mattina. Il cielo è cupo, niente alba per oggi. Ci mettiamo subito in auto, abbiamo molte tappe intermedie prima di arrivare al nuovo albergo. Purtroppo il tempo non sembra essere dalla nostra parte, alcune gocce d’acqua colpiscono il parabrezza. Neanche il tempo di dirlo che uno fitta pioggia si abbatte su di noi.
Ci troviamo a La Oliva, apparentemente una carina località (consigliata la visita della Chiesa di Nostra Signora della Candelaria), ma la pioggia ci blocca in auto. Monitoriamo costantemente il meteo per capire dove non stia piovendo. È la volta di Puertito de Los Molinos. Non posso dare un parere a riguardo poichè una volta arrivati ha iniziato a piovere. E per quanto leggera fosse, il sentiero impalciato sotto i nostri piedi, il cielo grigio che le dava un’aria tetra e abbandonata ci ha impedito di visitarla. In realtà è praticamente consigliato da tutti i viaggiatori (soprattutto al tramonto). Quello che però vi sconsiglio, è di recarvi a tarda sera. Così come tutta Fuerteventura, anche questa strada non è illuminata, quindi in caso di guida notturna fate molta attenzione.
Attenti a schivare una papera che si è fermata proprio davanti la nostra auto, e di spostarsi proprio non se ne parla, ci rimettiamo in carreggiata cullati da distese desertiche. Eccolo spiccare nella sua modesta maestosità, circondato da un’aureola di nuvole : il Tindaya. Si tratta della montagna sacra di Fuerteventura (anche se in realtà è un vulcano), che è possibile scalare attraverso una camminata di medio difficoltà di un’ora circa. Data la giornata non proprio ottima, evitiamo di addentrarci e proseguiamo lungo il nostro tragitto fatto di curve, qualche mirador e molti paesaggi marziani.
Tiriamo diritto e arriviamo a Betancuria, la prima città coloniale dell’isola. Di piccole dimensione e totalmente isolata dal resto delle zone abitate, risulta molto affascinante. Quell’aria antica, come se la vita si fosse fermata anni fa senza che la modernità la sfiorasse. Un’oretta sarà più che sufficiente per visitarla.
Ora è la volta della prima spiaggia della giornata. Lungo la strada per raggiungere Ajuy, per i più atletici e abili camminatori/scalatori, è possibile fare un pit-stop per ammirare l’Arco de las Peñitas (sconsigliato per tutti gli altri poiché difficile da raggiungere e privo di sentieri ben segnalati). Ajuy è famosa per la sua spiaggia nera pece e, soprattutto, per le sue grotte. Il mare agitato, le onde imponenti che si infrangono contro gli scogli, il colore azzurro inteso del mare e le grotte che variano dal bianco candido al nero intenso. Lo scenario è davvero unico, tanto da rimanerne imbambolati a lungo. Solo la sensazione di pioggia imminente ci rimette in moto.
Costeggiando il mare, un sentiero ben segnalato e di facile percorrenza (meglio indossare le scarpe da ginnastica) ci conduce a delle scale, le quali a loro volta ci fanno arrivare all’interno della grotta. Per la prima volta nella mia vita mi sono sentita parte del gruppo dei Goonies (ed era una cosa che ho sempre sognato), questa volta non c’era nessun tesoro da cercare, ma “solo” ammirare e contemplare la bellezza che la natura ci offre. E di cui molto spesso ci dimentichiamo. Un pranzo in riva al mare (consiglio il ristorante “La Jaula de Oro”, economico e con del buon cibo) e torniamo in auto.
È giunta l’ora di raggiungere Costa Calma dove soggiorneremo per il resto del nostro viaggio, non prima di esserci concessi una piccola pausa a La Pared. Una vista mozzafiato! E, per quel che riguarda il nostro nuovo hotel, apro una piccola parentesi a riguardo: Costa Calma è un’ottima soluzione per chi vuole spendere poco in alloggio senza però trascurarne la qualità (vedisi il nostro), l’unica pecca risulta essere la scarsità di ristoranti e negozi (la sera ci risultava difficile persino trovare dove cenare). A differenza, invece, della zona di Morro Jable (leggermente più a sud) con un lungomare che trasborda di hotel, negozi e ristoranti. Se volete avere più scelte e concedervi anche una passeggiata serale, allora optate per questa soluzione, altrimenti Costa Calma sarà più che sufficiente.
L’unica cosa certa è che è importante dividere i pernottamenti tra nord e sud se volete fare un viaggio lungo l’intera isola, in quanto da un’estremità all’altra vi sono all’incirca 3 ore di guida. Arrivati a destinazione, ci piombiamo immediatamente il riva al mare, pronti ad ammirare un nuovo tramonto. Cena veloce e siamo già a letto. Stanchi per il viaggio, entusiasti per quello che accadrà l’indomani e felici che siano state ufficialmente tolte tutte le restrizioni per i viaggi.
Giorno 5 – Sotavento e le spiagge di Jandia
La prima della giornata è la spiaggia più bella e famosa della seconda isola più grande delle Canarie: Playa di Sotavento. Immensa distesa di sabbia e giochi di maree creano piccole isolette (facilmente raggiungibili a piedi) nel mare. Scattare una miriade di foto è d’obbligo. Andate di buon’ora quando la spiaggia non è ancora presa d’assalto, in questo modo potrete godervi il panorama e scattare foto migliori.
Ci stendiamo qualche ora al sole caldo, ma sopportabile grazie al vento. Le spiagge di Jandia sono davvero belle, tanto da meritare di esserne visitate il più possibile.
A pochi chilometri di distanza si trovano Playa Esquinzo (proseguite con cautela lungo la strada sterrata) e Playa Malnombre. Qui credo di averci lasciato il cuore. Il colore del mare è di un azzurro incredibile, così come incredibili sono le isolette create dalla marea. Ci rechiamo frettolosamente in spiaggia dove rimaniamo per alcune ore.
In questa spiaggia c’è un solo bar (davvero caro), vi consiglio quindi di portare con voi cibo e acqua fresca. Ci sono anche lettini e ombrelloni, ma noi ne abbiamo fatto a meno preferendo per ripararci solamente dal vento. Come abbiamo fatto? Facile. Lungo le varie spiagge delle Canarie si possono trovare dei piccoli semicerchi di pietra scura che attutiscono il vento.
Lasciamo, a malincuore, Playa Malnombre per recarci in un’altra spiaggia. Questa volta ci facciamo rapire più dalla curiosità che dalla bellezza in sé, e così raggiungiamo la Playa di Morro Jable.
Un’infinità di ristoranti e bar sembrano a far spintoni per guadagnarsi un posto in prima fila sul lungomare. A pochi passi, una lunga spiaggia colma di persone. Anche noi cediamo al fascino della sabbia…e dall’acqua, tentando di restare per qualche istanti in mare.
Quando però inizia a calare il sole, e il vento inizia a farsi sentire, decidiamo di ritornare in hotel. Non prima di esser tornati a Playa Sotavento per poterla ammirare dal mirador.
Doccia veloce, cena e siamo pronti per riposarci.
Giorno 6 – Cofete, Jandia
Ci svegliamo e, in totale calma, ci gustiamo la nostra colazione. Quando ci rechiamo al parcheggio (alle Canarie sono tanti e tutti gratuiti), sono le 9:00. Destinazione: Cofete, che è nella top 3 dei luoghi da visitare a Fuerteventura, ma ci sono anche vari pareri discordanti riguardo la fattibilità nel raggiungere la spiaggia.
Ammetto che anche io, dopo aver letto le varie recensioni, ero alquanto preoccupata. La verità? La strada è sterrata (ma questa non è una novità), con molte curve, senza parapetti e stretta (ma passano facilmente due auto in contemporanea, oltre ad esserci svariate rientranze per chi non si sentisse sicuro a proseguire nel momento in cui un’auto dal lato opposto giungesse – è sotto inteso che la precedenza ce l’hanno le auto che tornano dalla spiaggia, si tratta di buon senso).
Fa paura? No. È di facile percorrenza? Sì. Ovviamente con tutte dovute accortezze: velocità moderata (20/30 chilometri orari), occhi ben aperti, concentrazione, buona visibilità (evitate di andare con il buio) e bella giornata (evitate anche se dovesse piovere).
Tutte le auto riescono a percorrerla? Sì, anche le utilitarie. Fate comunque attenzione perchè le assicurazioni non coprono i danni causati dagli sterrati. Se poi durante il tragitto doveste spaventarvi, potete arrestare la vostra corsa e usufruire del servizio navetta con il piccolo bus 4×4.
Il tragitto è abbastanza lungo, dal nostro hotel (in Costa Calma) ci abbiamo impiegata un’oretta…per percorrere 40 chilometri! Durante il viaggio non mancano le sorprese. Vi capiterà spesso di vedere delle capre come simbolo di Fuerteventura. Eccone svelato il senso: Cofete pullula di questi animali.
Tutti, compresi noi, non possiamo far a meno di fotografarli. “Posso dargli un biscotto?”, mi chiede mio fratello. “Non mi sembrava una grande idea, non penso gli faccia bene il cioccolato”, controbatto. Ma lo conosco troppo bene e so che non mi ascolterà mai. Eccolo cercare di aprire il pacchetto di biscotti, quando un certo numero di capre e pecore lo raggiungono. Saliamo a bordo terrorizzati (e un po’ divertiti) e cerchiamo di metterci in movimento, schivando gli animali che nel frattempo si erano messi davanti a noi.
“Chiudi!” urlo ridendo, quando improvvisamente ci troviamo la testa di una capra nella macchina. “Te l’avevo detto, perchè hai sempre queste idee malsane?” gli rimprovero. Ci rimettiamo finalmente lungo la strada e continuiamo questo viaggio che par essere infinito. La fatica viene però totalmente ripagata non appena arriviamo al Mirador. Per poi confermare il suo fascino, una volta giunti in spiaggia.
Una lunga spiaggia, a tratti gialla e a tratti nera, baciata da alte onde e costeggiata da impotenti vette, riempie i nostri occhi. Calma, pace, spensieratezza e gioia. Il rumore del mare, il calore del sole. Questo posto così selvaggio e così puro ti ricorda quanto facile sia essere felice: essere nel luogo giusto, facendo ciò che si ama. Ci regaliamo qualche ora in totale relax ad assaporiamo la quiete, a respirare aria pura, a godere del suono delicato del mare.
Quando torniamo in auto non abbiamo una vera e propria idea di dover andare. E non perchè non ci siano più luoghi da visitare, anzi, ma perchè il breve tragitto ci ha comunque stancati mentalmente. L’unica cosa che vorremmo fare sarebbe sdraiarsi al sole, in una bella spiaggia (non lontana dall’hotel) e per una volta senza nudisti (anche se la cosa è risultata impossibile: alle Canarie è un must, preparatevi!).
Alla fine decidiamo di fermarci a Playa Jandia. Ampia, calma e attrezzata (13,50€ per due lettini e un ombrellone).
La nostra ultima cena a Fuerteventura la gustiamo a “El bar de Marko” (consigliatissimo) dove ci saziamo con ottime tapas (non perdetevi le crocchette di jamon serano e le polpette ripiene di mela in salsa di gorgonzola e cipolla caramellata).
Giorno 7 – Corralejo
È il nostro ultimo giorno di vacanza e forse anche il cielo se ne è reso conto tanto da esser cupo. Dopo un velocissimo check-out saliamo a bordo della nostra Hyundai bianca (ormai marrone a causa della polvere degli sterrati) e le prime gocce di pioggia si fanno notare.
Ma non ci perdiamo d’animo: mente a Corralejo e meteo alla mano (accuweather ha una sezione chiamata “radar” che permette di vedere in tempo reale gli spostamenti delle piogge). Siamo rimasti così affascianti da questo piccolo paese di pescatori che abbiamo deciso di passare le ultime ore proprio qui. Anche questa volta la fortuna, o il destino, è dalla nostra parte: a Corralejo è previsto bel tempo!
Passiamo la prima parte della giornata in quel che possiamo definire il viale principale (pieno di ristoranti e negozi), per poi spostarci in riva al mare. Ultimo pranzo a base di frittura di pesce e corriamo ad ammirare, nuovamente, le Dune.
Lo spettacolo che questo parco naturale regala, è davvero incredibile. Ovunque gli occhi si spostino, c’è sabbia, un deserto a pochi metri dal centro. Ecco il significato di “spettacolo della natura”.
Un ultimo sguardo verso il mare, questa volta da Playa Grande e purtroppo è arrivato il momento di andare in aeroporto.
A breve, quando salirò sull’aereo, (anche) questo viaggio sarà volto al termine. E tornerò nuovamente a casa con la consapevolezza che il viaggio aiuta a crescere. In questi anni ho imparato a rispettare i tempi degli altri, a fidarmi delle mie capacità, a cavarmela da sola nei momenti difficili e a organizzarmi. Ora, a questa lista, posso aggiungere: superare le mie paure. Finalmente ho capito perchè amo viaggiare: mi aiuta a imparare e a scoprire me stessa e il mondo che mi circonda.