Se state cercando la meta giusta per sfuggire ai primi freddi dell’inverno, ecco l’arcipelago “estivo” a due passi dall’Europa
Com’è noto, andare in vacanza durante il periodo di alta stagione è un po’ costosetto, ma è pure bello indossare il costume davanti a un albero di Natale addobbato. Per non spendere tantissimo, far svagare i bimbi e non stressarsi con troppe ore di volo, la giusta meta potrebbero essere le Canarie. Manca meno di una settimana alla partenza e concentro la mia ricerca valutando offerte a Fuerteventura su vari siti di settore. Alla fine, prenoto tra il 27 e il 28 dicembre, una delle ultime proposte interessanti per trascorrere la prima settimana di gennaio al caldo. La meta è gettonatissima e i posti disponibili – soprattutto perché ci muoviamo in 8 (5 adulti e 3 bimbi) – sono contati. Pago con carta di credito il contratto on-line, assicurandomi i voli, i trasferimenti e tre stanze in formula All inclusive: una singola (€ 880), una tripla con bimbo di 2 anni (€ 1.880) e una quadrupla con due bimbe di 6 e 8 anni (€ 2.562) presso il SBH Fuerteventura Playa.
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Diario di viaggio a Fuerteventura
Giorno 1 – Fuerteventura, Costa Calma
Alzataccia all’alba perché la partenza da Fiumicino è alle ore 6,50. Lasciamo le macchine al Kingparking e con un pulmino veniamo accompagnati al Termina 3 dove ci imbarchiamo sul nostro volo.
Dopo un’oretta di volo (posti 23E) vengono serviti un drink e un paio di merendine (una alla vaniglia e una al cioccolato) e dopo altre 3 ore e mezza circa e senza alcun ritardo atterriamo nella capitale Puerto del Rosario dove sono le 10,10, il fuso è di un’ora avanti rispetto all’Italia. Ritiriamo i bagagli e passiamo dal Lost and found per denunciare che tre valigie su 7 hanno subito danni, una è irrimediabilmente spaccata, squarciata, senza una ruota e varie ammaccature. L’addetta prende atto, ci consegna un elenco di cose da fare per la denuncia una volta rientrati in Italia e, inutile a dirsi, non otterremo alcun risarcimento. Il benvenuto ci viene dato da un addetto InViaggi e con un pulmino in un’oretta e mezza scarsa raggiungiamo l’Hotel della catena Sunrise Beach (SBH) sulla Costa Calma, a circa 70 km. Il paesaggio è desertico, ogni tanto un’oasi con tante palme prevalentemente da dattero e mini cactus (in realtà si tratta di aloe vera). Il lungomare ha delle sfumature turchesi spettacolari, ma il vento tira forte e si vedono le lunghe e alte onde che s’infrangono sugli scogli.
A mezzogiorno siamo in hotel, ma le stanze non sono pronte. L’accoglienza non è delle migliori. Una tedesca in inglese ci dice di lasciare i bagagli nella hall, fare un giretto, andare a pranzo e tornare per le 14, quando potremo effettuare il check-in. Siamo un po’ provati, per fortuna i miei nipoti di 2, 6 e 8 anni accusano meno di noi la stanchezza e il fastidio di indossare vestiti invernali con 24 °C. L’impatto è buono, l’hotel ha una grande piscina presso la quale lettini e ombrelloni gratuiti, un giardino molto curato con palme, piante tropicali, fiori, attraversando il quale si arriva direttamente al mare cristallino con spiaggia di arena dorata. Il vento soffia forte, l’acqua è fredda e solo qualche nordico ha il coraggio di farsi una nuotata. E per fortuna questa è la località a sud dell’isola tra le più tranquille! Alle 13 il buffet si presenta ricco di verdure, carne e pesce alla piastra, frutta e dolci. Le bibite sono alla spina, un po’ diluite e fresche. Alle 14 ci ripresentiamo alla reception, ma le nostre stanze non sono ancora pronte. Nessuno dello staff sa quando lo saranno, ci dicono di aspettare, la tedesca è sempre più scortese, una spagnola è al suo primo giorno di lavoro e solo dopo esserci fatti un po’ sentire, alle 14,45 acconsentono a che ne prendiamo possesso (in una mancavano gli asciugamani, ma la gentile cameriera era nelle vicinanze e li stava portando). Siamo al primo piano – che poi coincide con il piano terra -, altezza giardino e piscina, di fronte al bar, tutto sommato una buona posizione, anche se poco panoramica. Sui corridoi moquette, ma fortunatamente non nelle nostre camere (158, 174 e 178), tutte molto ampie, luminose, connessione wi-fi gratuita (basta registrarne il codice all’inizio vacanza), telefono (anche se due su tre non funzionanti), mini frigo, tv, radio, aria condizionata e lettini, sedie con tavolo sul terrazzino. Quella Family ha due divani letto che non sono comodissimi, praticamente materasso singolo su base di cemento. La pulizia non sarà fatta tutti i giorni, ma cinque volte in una settimana (salteranno il mercoledì e la domenica) e il cambio degli asciugamani verrà effettuato solo tre volte. In bagno l’asciugacapelli, un paio di saponette, campioncini di shampoo e doccia schiuma.
C’è anche una cassetta di sicurezza, ma si paga € 2,20 al giorno con un deposito di € 15, così come per richiedere i teli da mare (cauzione € 15), ogni pulizia dei quali costa € 1. Per avere le chiavi della palestra, invece, la cauzione è di € 10. Per accedere alla sauna (dove si trovano anche delle grandi lavatrici a gettoni), si richiede la chiave alla reception. In un’area del bel giardino c’è una veranda a vetri climatizzata, dentro la quale una piscina e una vasca idromassaggio, le cui acque, però, un po’ freddine. Oltre al ristorante principale, il martedì, il giovedì e il sabato si può pranzare nella taverna Tapas con vista mare specializzata in cibo spagnolo, mentre tutte le sere, su prenotazione, potremo cenare al ristorante italiano. Proveremo entrambi e non, invece, quello asiatico. Ci sono diversi dispenser di acqua, bevande, succhi di frutta, birra, vino locale e macchinette per il caffè, cappuccino, acqua calda alle quali aggiungere bustine di tea, camomilla, infusi… Di certo non moriremo di sete o di fame! L’animazione è composta di tre giovanissimi ragazzi (un’italiana, una spagnola e un bulgaro), discreti e sempre molto impegnati; gli ospiti sono tanti e di nazionalità differenti, loro fanno quel che possono, ma certo non si può dire che la location spicchi per la vivacità. A noi, più che i tornei sportivi e i giochi, viaggiando con tre bimbi, interessa il mini club, ma la delusione è tanta quando realizziamo che si tratta di una stanzina con giochi prevalentemente in lingua tedesca, aperta solo due ore la mattina e due il pomeriggio. L’abbiamo “sfruttata” un paio di volte per farli lavorare col pongo e disegnare con qualche matita colorata, veramente nulla di che! Sparsi qua e là un biliardino (a pagamento), tavoli da ping-pong e due campi da tennis (€ 2 a persona). La giornata è di perlustrazione e diamo l’ok alla prima gustosissima cena presso il ristorante principale, con più salette, dove la cucina è sia locale sia internazionale, la preparazione di due primi è espressa e due secondi alla piastra. Agli uomini è richiesto di indossare pantaloni lunghi, ma nessunissima eleganza. L’animazione questa sera prevede uno spettacolo di artisti giocolieri; si tratta di due ragazze e un ragazzo bravissimi, snodati e preparatissimi che si esibiscono sui pattini, in prove di equilibrio, con il fuoco, con le spade… siamo stanchi ma riusciamo ad apprezzarli fino all’ultima dimostrazione!
Giorno 2 – Fuerteventura, Costa Calma, Playa Jandia
Ottima la colazione: tanta frutta fresca e secca, yogurt, cereali, dolcetti caldi, pane, marmellate, crepe salate o con nutella, uova sode o fritte, bacon, salsicce, formaggi, salumi, insalate…
Facciamo una passeggiata sul lungomare. Andando a destra della spiaggia dell’hotel e, superata una prima parte più rocciosa, composta di grossi sassi piatti vulcanici, giungiamo in un’ampia e lunga battigia color oro (una delle 152 della costa) sulla quale si affacciano altri alberghi e qualche stabilimento attrezzato. L’acqua è piuttosto fredda, ma dopo un momento di brivido, sarà piacevole bagnarsi i piedi. Siamo a Playa Jandia, si dice che anticamente fosse un isolotto separato e in seguito unito all’isola dai depositi di sabbia. Rientriamo per l’ora di pranzo che consumiamo sempre nel ristorante principale. Le pietanze non ci deludono neppure oggi e i bimbi gustano filanti tranci di pizza margherita.
Chiediamo informazioni sul noleggio auto all’ufficio Auto-Orlando. Lì presso la reception, ma ci sparano cifre piuttosto alte, così come non è economica la limitrofa boutique che vende souvenir, giornali e prodotti vari.
Alle 14,30 abbiamo una riunione informativa con l’addetto InViaggi, un ragazzo italiano di nome Diego che ci illustra le escursioni organizzate dal tour operator e che si possono prenotare a lui sia oggi sia nei prossimi tre giorni (risiede in un altro hotel ma un’oretta al giorno – dalle 13 alle 14 – torna nel nostro).
Sono diverse, non hanno un costo proibitivo, ma neppure così basso, almeno per noi che ci muoviamo in otto!
Tra le non plausibili escursioni – per il troppo vento o perché siamo con bimbi al seguito –: Catamarano Magic (€ 59 pp) per navigare nella parte sud dell’isola con bagni nel gelido Oceano; Quad e Buggy (€ 65 conducente e € 30 passeggero) in zone panoramiche e su strade sterrate; Isola di Lobos (€ 55 pp) con trekking sul vulcano, spiaggia e snorkeling; Isola di Lanzarote (87 pp) che ci impegnerebbe dalle 6 alle 20 e VIP tour solo per gruppi di 8 persone (€ 59 pp). Le escursioni fattibili, invece, sono Jeep Cofete (€ 59 pp) per tutta la zona sud e Gran Tour (€ 46 pp) nella parte centro nord, ma le faremo per conto nostro noleggiando un pulmino e risparmiando parecchio.
Gli chiediamo informazioni riguardo un’auto in affitto e ci prenota, dopo aver contattato due uffici nei pressi dell’hotel, un mezzo. Il prezzo sembra buono rispetto al preventivo del tizio alla reception, ma, una volta entrati nell’agenzia indicata, ci rendiamo conto che non è poi così conveniente, diamo disdetta e prenotiamo in quella accanto: Fiat Scudo a 9 posti con Autos Victoria (a posteriori spenderemo totali 200€ per due giorni compresa la benzina).
Tramite Diego compriamo i biglietti per la gita all’Oasis Park dal momento in cui ci dice che il costo non è maggiorato e, nel caso di file alle casse, avremmo la precedenza. Una volta fuori l’hotel, però, troviamo gli stessi biglietti in offerta a 2 € l’uno in meno! Pazienza!
Soddisfatti anche stasera per la cena, ma non l’animazione, organizzata dai tre giovani ragazzi, che con tanta buona volontà mimeranno barzellette, si trasformeranno in clown e divertiranno solo bimbi piccini.
Giorno 3 – La Lajita all’Oasis Park
Intera giornata all’Oasis Park nella vicina località de La Lajita che raggiungiamo prendendo uno dei bus gratuiti proprio di fronte l’hotel. Prima di entrare, acquistiamo del cibo ad hoc per alcune bestiole e noleggiamo una sorta di passeggino di legno (€ 20) per il nipotino di due anni. Dalle 10 alle 16 ci divertiremo ad andare da una parte all’altra dei “continenti”, incontrando alcune delle 230 specie di animali (complessivamente dovrebbero essere più di 3000) presenti: giraffe, cammelli, fenicotteri rosa, suricata, manguste, scimmie di differenti tipi, ippopotami, zebre, un ghepardo, coccodrilli, stambecchi, struzzi, imponenti e variopinti volatili… quasi tutti in aree molto simili ai loro habitat naturali. Riusciamo a vedere anche un paio di spettacoli Live, purtroppo alcuni orari d’inizio coincidono e spostarsi con tre bambini negli 800.000 m2 del parco non sempre è così veloce.
Entrambi gli show, in tutta sicurezza, prevedono mostre ed esibizioni prevalentemente di rettili, di aquile e di grandi rapaci che volano liberamente entro un raggio di 4 km. Volendo e pagando una quota extra, si poteva fare un’Experience: una cammellata in una zona semidesertica, il bagno con i leoni marini e avere un contatto diretto con lemuri e macachi. Suggestivo il giardino botanico di cactus, si dice ce ne siano 2.300 specie e che sia il più grande d’Europa con collezioni di piante provenienti da tutte le parti del mondo. Per pranzo mangiamo dei panini preparati durante la colazione e compriamo solo qualche bibita e dei gelati, ma volendo vi erano tre ristoranti in cui poter banchettare, uno dei quali nei pressi di un piccolo parco per bimbi e di un’area recintata per animali “domestici”.
Una bellissima giornata all’aria aperta sotto un cielo limpido che terminiamo con pochissimo shopping presso il caro negozietto di souvenir. Rientriamo con uno dei tanti pullman gratuiti ai quali consiglio vivamente di recarsi prima dell’orario indicato. Una rigenerante doccia, ricca cena presso il ristorante principale e deludente spettacolino: i tre ragazzi si cimentano a cantare e a ballare musiche che hanno fatto la storia… apprezziamo giusto la buona volontà.
Giorno 4 – Costa Calma, Playa de Sotavento de Jandia
Colazione e relax a bordo piscina. Oggi il cielo è nuvoloso, la classica giornata uggiosa. Che sfiga! Qui non piove quasi mai, giusto due-tre giorni nei mesi invernali e la temperatura oscilla tutto l’anno tra i 18 e i 24 °C. Come anime in pena gironzoliamo per il villaggio, rimanendo delusi dal fatto che non organizzano niente di divertente per i piccoli. Lottiamo contro il vento e ci rifugiamo un’oretta e mezza nel triste mini club mentre uno di noi fa una sauna. Pranziamo al Bar Tapas, sempre all’interno del villaggio, in un’area fronte mare riparata da alti pannelli di vetro. C’è meno scelta di cibo ma più spagnolo e di qualità. Gustiamo paella, tapas, pollo arrosto e tanto jamón (prosciutto crudo). Satolli facciamo un giro per il limitrofo paesino, a circa 300 metri. I negozi non sono moltissimi, qualche ristorantino, bar e supermercato.
Ci inerpichiamo su per una collinetta dalla quale si domina il paesaggio semidesertico, tante palme fino alle scogliere a picco sull’Oceano impetuoso. Il vento incessante a volte ci fa sbarellare, soffia costantemente (in estate gli alisei), in questo periodo altre “venture”, buono per surfisti e velisti, ma noi non rientriamo in questa categoria né in quella di pescatori d’altura e subacquei che pare abbiano la possibilità di imbattersi in balene, delfini, pesci spada e tartarughe. La zona è piena di villaggi, hotel, ma rimane pur sempre molto tranquilla, sia come traffico, sia come quantità di gente in giro. Il turismo comunque è piuttosto recente, pare che il primo hotel sia stato costruito solo cinquant’anni fa. Siamo alla ricerca di qualche frutto tropicale come papaya, avocado, mango, platano o prodotto tradizionale come miele di palma, marmellata di cactus, crema di banane, papas arrugadas, cioè dolci, ma i posti in cui entriamo sono solo di souvenir-cineserie anche piuttosto bruttine. Ci propongono mille prodotti con Aloe Vera, il must dell’isola, ma diffidiamo per i bassi costi e perché l’ingrediente è menzionato sulle confezioni solo dopo diversi altri! Su tanti spartitraffico mini isolette sulle quali sono piantati cactus che rallegrano il centro di larghe carreggiate o rotatorie; una specie in particolare, il cardón de Jandía, pare sia il simbolo naturale dell’isola. Ci ritiriamo infreddoliti in stanza, doccia e cena sempre molto abbondante, con ampia scelta di cibi. Oggi proviamo la paella e ci lasciamo tentare, oltre dal solito tripudio di dolci, dalla fontana di cioccolato dove i bimbi immergono marshmallow e noi pezzetti di frutta.
Giorno 5 – Puerto del Rosario, Dunas de Corralejo, El Cotillo, Tindaya, La Oliva, Morro Velosa, Betancuria, Pajara
Colazione e via! Ritiriamo l’auto prenotata due giorni fa e ci mettiamo in moto per esplorare il nord. Ripercorriamo la strada di quando siamo giunti dall’aeroporto e arriviamo a Puerto del Rosario, nulla di che e sede del Governo. Costruzioni in pietra si alternano a panorami selvaggi, alture, dove ogni tanto sbuca un piccolo villaggio di pastori e greggi che pascolano su una crosta “extraterrestre”. I colori variano dal nero della lava, al beige del calcare, dal rosso dell’argilla, al verde degli immensi campi di aloe vera (detta il giglio del deserto). Facciamo una lunga sosta presso le dune di Corralejo, un piccolo deserto, dove ci divertiamo a insabbiarci, a raggiungere le cime per rotolarci a valle, di fronte a noi un mare azzurro intenso, ma tira un vento così forte che neanche le caratteristiche costruzioni in pietra nera a forma di nido, che dovrebbero ripararci, riescono a fermare le raffiche di sabbia che s’infiltra ovunque.
La posizione geografica di questa parte dell’isola (distiamo dall’Africa un centinaio di km) ha permesso alle sabbie del Sahara, portate dal vento marocchino, di depositarsi prevalentemente nel posto in cui siamo creando scorci inaspettati che nello spazio di pochi chilometri cambiano frequentemente e repentinamente.
Insieme a Lanzarote è l’isola più arida delle Canarie, qui vive una popolazione di quasi 110 mila abitanti e nonostante tra le principali attività praticate (oltre la pesca e il turismo) ci sia l’agricoltura (frutta e ortaggi), non vediamo zone granché verdeggianti.
Ci troviamo di fronte (a soli 6 km di distanza) la piccola (5 km² circa) isola di Lobos dove molti pullman turistici si fermano per far sì che le persone prendano il traghetto. Noi non ci pensiamo neppure!
Lasciamo il Parc Natural di Corralejo, passiamo vicino la montagna Tindaya – uno dei rilievi più alti – e proseguiamo per El Cotillo, un’arena lunghissima, ma anche qui l’acqua è ghiacciata ed è impossibile bagnarsi. In alcune piccole lagune ci bagniamo solo un po’ fino alle ginocchia e poi ci rimettiamo in viaggio.
Passiamo per centri quali La Oliva, nulla di che, e percorrendo un sentiero tortuoso, arriviamo al Mirador de Morro Velosa. Ci affacciamo, sopportando il vento incessante, su un panorama assolutamente da immortalare. All’interno del belvedere visitiamo il piccolo museo e leggiamo le varie ipotesi che hanno dato origine alle Canarias.
Raggiungiamo il poco distante Mirador de Betancuria con le imponenti statue di bronzo di Ayos e Guize, i due mitologici sovrani che nel 1400 strinsero tra loro un’alleanza per spartirsi pacificamente il territorio e scacciare i conquistadores spagnoli. Giusto il tempo di uno scatto ai guardiani e ci ripariamo in auto proseguendo verso Betancuria, l’antica capitale di Fuerteventura (Puerto Rosario lo è diventata nel 1835), un gioiellino incastonato tra le montagne. Piacevoli stradine conducono alla piazza principale con la bianca Chiesa (e la casa-museo) di Santa Maria che troviamo chiusa e ci accontentiamo di fotografarne la singolare facciata.
Un po’ di storia. Nel 1405, il conquistatore francese Jean de Béthencourt – dopo aver occupato la vicina Lanzarote – conquistò questa dando il suo nome all’ex capoluogo. Il nome attuale di Fuerteventura, invece, si ritiene derivi da una sua esclamazione: “quelle forte aventure!” (“Che grande avventura”), ma c’è chi dice significhi semplicemente “vento forte”.
Ancora un po’ di strada, ben asfaltata, attraversando Pajàra – dove non ci fermeremo a vedere la chiesa Nuestra Senora de la Regla – e torniamo in hotel.
A cena note di merito, oltre alla coreografica presentazione del tagliere di formaggi, vanno al cosciotto di maiale, alle coscette di pollo al forno e al sauté di cozze! L’infinito buffet di dolci fa prendere chili solo a guardarlo!
Giorno 6 – Sud: Cofete, Punta de Jandia, El Puertito de la Cruz, Morro Jable, Faro del Matorral
Dopo la ricca colazione ci mettiamo in moto per esplorare l’estremo sud. La carretera attraversa un terreno brullo, ci inoltriamo nella terra più aspra, tra rilievi vulcanici, è tutto surreale e raramente incontriamo centri abitati. I colori sono nostalgici, lo scenario che ci circonda a volte incute timore, altre, quando sembra si vada incontro al nulla, dà un senso di libertà.
Nonostante il consiglio sia quello di noleggiare jeep, quad, buggy, moto da cross e non un pulmino, siamo contenti di averlo affittato perché alla fine il percorso non è così impercorribile, anche se sicuramente i tragitti sterrati creano più di qualche balzo.
Dopo una decina di chilometri di “avventura”, ci fermiamo nell’area protetta di Playa de Cofete, una spiaggia di ghiaia scura e incontaminata, dove con difficoltà rimaniamo in piedi strattonati dal vento. Una piccola deviazione per Cueva la Negra, una baia dal mare smeraldo che contrasta col nero delle rocce al posto della battigia, e in moto in quello che sembra l’interno di un grande cratere spento.
Un bel po’ sballottati – viaggio molto itinerante –, arriviamo nell’estremo sud a Punta de Jandìa nell’omonimo Parco Naturale e facciamo un giro intorno all’alto Faro.
Un pit stop al borgo di pescatori Puerto de la Cruz e con lo spirito di curiosi esploratori raggiungiamo l’isolata e misteriosa Casa de Winter dal nome del generale tedesco Gustav (o don Gustavo) che pare vi trascorresse momenti di relax ma che in realtà la utilizzava, durante la guerra, come base segreta per rifornire, attraverso tunnel sotterranei, caverne – che dovrebbero stare tra noi e l’Oceano – dei sottomarini. Visitiamo i due piani, il patio, ci stupiamo del vagone ossidato all’ingresso e di come possano essere arrivati a pochi chilometri da qui dei binari. Ci affacciamo dalla terrazza, godiamo della pace, del deserto vulcanico, schiaffeggiati dalle raffiche di vento e immaginiamo la fatica e i costi per portare fin qui materiali e arredamento.
Lasciamo questo posto poco accogliente e a volte inquietante per dirigerci nella vivace Morro Jable, dove ci fermiamo tutto il pomeriggio consumando gelati e caffè in due dei tanti bar sul lungomare tra un susseguirsi di negozi (commerciali e lussuosi), alberghi, bancarelle, locali. Camminiamo sulla passerella di legno, sotto di noi, a una decina di centimetri, un’area protetta con una particolare vegetazione resistente alle maree. Davanti a noi il faro del Matorral e alla fine l’ampia insenatura, l’acqua cristallina, gelida, nella quale più di qualcuno ha il coraggio di bagnarsi.
Prima di rientrare ci fermiamo in una delle tante aziende che tratta l’aloe vera, la pianta grassa tropicale originaria delle Canarie, considerata, già all’epoca dai Guanci, indigeni aborigeni del 200 a.C., sacra e oggi ritenuta miracolosa. Ci viene spiegato che il succo è energetico, ricostituente, utile contro il mal di stomaco o a digerire meglio, rinforza il sistema immunitario e stimola le funzioni intestinali; il gel è usato in pomate per guarire le scottature, le ustioni, le ferite, le irritazioni in genere e per curare dolori muscolari (pare ne facessero uso “interno ed esterno” anche Cristoforo Colombo e Alessandro Magno!). È utilizzata anche come ingrediente per creme di bellezza per viso e corpo (testimonial dell’epoca Cleopatra e Nefertiti) grazie alla proprietà di penetrare in profondità nell’epidermide idratandola e il suo profumo si dice abbia effetti positivi sullo stato d’animo!
Ci propongono dei massaggi rivitalizzanti, rilassanti, anti-stress (giusto per turisti perché gli abitanti di quest’isola il termine stress mi sa che non sanno neppure cosa significhi!), ai soli arti, alla testa o total body e a costi quasi equiparati a quelli italiani (55 minuti € 50). Nonostante ne avessimo voglia, non abbiamo né tempo né siamo così lindi!
Giorno 7: Costa Calma, Bahia Calma, Bahia Esmeralda
Colazione in quest’ultima giornata dedicata il più possibile al relax e al tiepido sole pensando che in Italia fa freddissimo e il giorno dopo il nostro arrivo ricomincia la routine. Qui la percentuale di umidità è molto bassa anche d’estate e il clima – durante il periodo di maggior calura come ferragosto – non è afoso.
Peccato per il forte vento… quante bandiere (composte da due quadrati: verde a sinistra e bianco a destra) abbiamo visto sbatacchiare!
Cominciamo a salutare quest’isola, che dal punto di vista geologico è ritenuta la più vecchia delle Canarie e la seconda per dimensioni dopo Tenerife (le altre sono La Palma, La Gomera, El Hierro, Gran Canaria e Lanzarote), la cui strana forma venne creata da una serie di eruzioni vulcaniche.
Abbiamo pure appreso che nell’antichità era nota come Planaria, con riferimento alla piattezza di gran parte del suo territorio o Herbaria probabilmente dal termine berbero bani che significa muro.
Presso la reception controlliamo se gli orari dei nostri voli di rientro sono confermati, per fortuna sì.
Il resto della giornata scorre lento, tra lunghe passeggiate sulla spiaggia la mattina, sempre su questo tratto della Bahia Calma, arrivando fino a Bahia Esmeralda, e nel lungo viale della piccola cittadina il pomeriggio…
Nonostante non rientri tra le nostre abitudini, anzi: l’ultima cena decidiamo, su prenotazione, di consumarla nel ristorante italiano… così, tanto per assaggiare la pizza, la caprese e ricominciare a tornare a casa con i sensi. Scelta più che sbagliata! La pizza sarà stata di quelle surgelate, condite in maniera inverosimile e, sebbene nella location principale sia tutto all you eat, qui le portate a buffet sono contate, il servizio è al tavolo e ridotto ad una sola portata. Inutile dire che, dopo esserci alzati, molto delusi, abbiamo ripreso la strada vecchia lasciando la nuova… ritrovando ciò che avevamo erroneamente lasciato! Ma l’esperienza, almeno per una volta, andava fatta!
Lunedì 9 gennaio: Fuerteventura – Roma
Alzataccia, alle 6,30 colazione e alle 7,30 trasferimento con pulmino al piccolino aeroporto dell’isola presso il cui duty free acquistiamo gli unici prodotti convenienti: sigarette e profumi. Partiamo alle 10,50 e atterriamo puntualmente a Fiumicino alle ore 15,55.
Spesa totale a persona € 900 così suddivise:
- € 600 a persona per 7 notti presso l’Hotel SBH Fuerteventura Playa in formula All inclusive + volo + trasferimento con bus A/R aeroporto prenotato on-line dall’Italia
- € 200 totali per noleggio pulmino a 9 posti per due giorni compresa benzina
- € 33 a persona per escursione all’Oasis Park (www.fuerteventuraoasispark.com)