Marocco fai da te: 2 settimane in viaggio nell’Occidente del Maghreb

Scritto da: cioppettone
marocco fai da te: 2 settimane in viaggio nell'occidente del maghreb

Due settimane tra oasi, deserto, montagna e città imperiali. Il Marocco fai da te è possibile, basta sapersi organizzare al meglio!

Diario di viaggio

Giorno 1 – Da Pisa ad Agadir

Atterriamo all’aeroporto di Agadir nel tardo pomeriggio di un sabato soleggiato di fine ottobre, dopo circa 3 ore e mezza dalla partenza dall’aeroporto di Pisa. Il volo purtroppo è partito con mezz’ora di ritardo a causa della congestione causata dai controlli a terra. Avendo riempito e stampato a casa il modulo “ONDA”, che è l’unico documento sanitario che dal primo di ottobre di quest’anno viene richiesto per chi entra in Marocco, siamo i primi che riescono a passare il controllo dei passaporti. Nella zona del nastro del recupero dei bagagli ci sono delle ragazze che vendono le SIM, da utilizzare per la connessione internet, di diverse compagnie telefoniche. Avevo letto sul forum del Marocco di Tripadvisor che tutte le compagnie telefoniche fanno lo stesso prezzo di vendita per le SIM-dati e la qualità del servizio è del tutto paragonabile, per cui decidiamo di prendere due schedine della Orange con 10 Gb di traffico incluso, al costo di 10 euro ciascuna. Poco dopo sul nastro trasportatore arrivano i bagagli. Usciamo nell’atrio dell’aeroporto e cerchiamo l’ufficio del noleggiatore di auto che abbiamo prenotato ma non troviamo quello della nostra agenzia, la Wanalou, scelta sul portale Carjet. Chiedendo informazioni in giro, ci dicono che dobbiamo andare al parcheggio e così facciamo. Attraversiamo la strada e troviamo un tale che ci stava aspettando con i documenti del veicolo noleggiato. Invece che la piccola Kia Picanto che avevo opzionato ci consegnano una Dacia Logan che risulterà per noi molto utile, soprattutto per la capacità del bagagliaio e per il fatto che le valigie sono invisibili dall’esterno del veicolo. Dopo le formalità col noleggiatore, che fotografa tutti i lati del veicolo e ce li trasmette tramite Whatsapp, partiamo e percorriamo i circa 25 km che ci separano dall’hotel che abbiamo prenotato ad Agadir.

La strada è piuttosto trafficata anche se a più corsie per ogni senso di marcia, forse perché è sabato pomeriggio. Avendo letto che i limiti di velocità in Marocco sono da rispettare in modo pedissequo, tengo un’andatura piuttosto bassa, adeguandomi al flusso delle altre vetture. Grazie al navigatore sul nostro smartphone raggiungiamo facilmente l’hotel Timoulay prenotato da casa al prezzo di 74 euro, colazione inclusa. Dopo aver fatto check-in prendiamo possesso della camera che è molto bella e molto spaziosa. L’hotel si trova in seconda linea rispetto al lungo-oceano e dopo esserci riposati un pochino andiamo verso la spiaggia. C’è tantissima gente che come noi si sta avvicinando a piedi verso il mare, anche se ormai il sole è tramontato. Camminiamo per circa un chilometro e mezzo prima di trovare il primo gruppo di ristoranti affacciati sul lungomare, tutti molto affollati, tra cui uno con cucina italiana. Consumiamo la nostra prima cena in Marocco senza assaggiare la cucina tipica visto che l’unico ristorante che ha posto disponibile è di stampo spagnolo. Purtroppo non abbiamo ancora contanti in dirham, non avendo cambiato gli euro in aeroporto, per cui paghiamo con la carta di credito non lasciando la mancia, cosa malvista in Marocco. Torniamo verso il nostro albergo non senza notare che l’ampia passeggiata fronte-mare assomiglia ad una delle tante presenti alle Canarie o in costa Brava, così piena di alberghi molto lussuosi e con tante camere.

Le onde dell’oceano arrivano sulla battigia con una frequenza tale che provocano un rumore di fondo intenso che non ha niente a che vedere con quello piacevole che abbiamo nel Mediterraneo. La sabbia è molto gradevole al tatto e di molto fine che tradisce la sua provenienza sahariana. A questo punto, pur essendo stanchi per il viaggio, decidiamo di andare in auto a vedere cosa può offrire Agadir il sabato sera. La risposta è un gran traffico di auto che viaggiano a passo d’uomo indirizzate dai numerosi poliziotti presenti agli incroci. Arriviamo fino al porto dove ci sono numerosissimi pescherecci ormeggiati. Agadir è il porto più attrezzato dell’Atlantico per la pesca della sardina e il complesso industriale lì vicino emana un “delizioso” odore che ricorda quello dei croccantini al pesce per gatti. Sulla strada del ritorno riusciamo a trovare un cambiavalute ancora aperto e finalmente abbiamo i nostri primi dirham nel portafoglio.

Giorno 2 – Da Agadir a Ouarzazate

La mattina seguente ci svegliamo molto presto e facciamo una ottima colazione al fornitissimo buffet dell’albergo. Essendo bassa stagione non c’è tanta gente in questo piacevole hotel, a parte dei surfisti che qui ad Agadir trovano delle belle onde su cui scivolare. Dopo aver fatto check-out, carichiamo i bagagli sulla Logan e partiamo verso Taroudant dove arriveremo intorno alle 09:30. Taroudant è una delle cittadine “tipiche” e allo stesso tempo “genuine” più vicine ad Agadir, che è del tutto moderna in quanto ricostruita a seguito della devastazione dovuta al terremoto del 1960, ma è piuttosto abituata ad accogliere turisti. Troviamo infatti vicino al parcheggio una di quelle cose che saranno una costante in tutto il nostro viaggio cioè uno di quei personaggi che apparentemente sono lì per caso ma in realtà stanno aspettando il turista per poterli fare da guida e guadagnarsi una mancia.

Questo anziano e simpatico berbero ci conduce verso il souk, che ancora non è molto frequentato essendo appena le 10 del mattino e quando lo raggiungiamo molti negozi non sono ancora aperti. Dopo avere fatto comunque alcuni acquisti, cercando di evitare quei posti proposti dalla nostra “guida”, ritorniamo indietro e percorriamo le mura esterne della città che sono integre ed estremamente lunghe. All’interno di esse c’è poco da vedere, a parte la bella porta di ingresso. Chi definisce Taroudant una piccola Marrakech ha forse troppa fantasia. Ripartiamo intorno alle 10:30 e seguendo le indicazioni di Google Maps prendiamo la strada più corta. Probabilmente era meglio prendere subito la statale N 10 visto che quando la imboccheremo ci accorgeremo che è decisamente migliore delle parti di strada che abbiamo fatto fin lì. Ambedue le strade che partono da Taroudant passano lungo la valle dell’Asif Tifnout, piena di coltivazioni all’aperto e nelle serre in tessuto che servono per riparare le piante dal vento e dalla sabbia. Lasciata questa valle e salendo un po’ di quota, il paesaggio cambia e diventa più arido. Dopo più di quattro ore di auto che non offrono molto da vedere, arriviamo finalmente ad Ait Ben Haddou. La cittadina è veramente molto bella, indubbiamente uno dei posti più iconici di tutto il Marocco. Lasciamo l’auto lungo la strada e grazie al ponte che attraversa il torrente saliamo verso l’apice della casbah insieme a tantissimi altri turisti, molti dei quali sono arrivati da Marrakech grazie alle gite organizzate che da lì in gran numero offrono questo servizio, percorrendo la N9. Il paese è costruito sul versante della collina con fango e paglia seccati al sole e viene costantemente restaurato per evitarne la disgregazione. Salendo verso la cima siamo circondati dai numerosi negozietti ricavati dalle abitazioni in fango che vendono esclusivamente souvenir per turisti. Arrivati in cima c’è una bellissima vista sul torrente e su tutta la vallata sottostante. Dopo circa un’oretta scendiamo a prendere la macchina e facciamo quella che sarà l’immancabile operazione in tale circostanza, cioè lasciare una mancia al posteggiatore di turno.

Torniamo verso sud per raggiungere Ouarzazate che dista poco più di 25 km. L’hotel che abbiamo scelto è l’Oscar che è all’interno dell’area degli studi cinematografici Atlas. L’albergo non è molto grande però è molto ben concepito, con camere a tema ovviamente cinematografico, che si affacciano verso l’interno dove c’è una bella piscina. Sono circa le 16:30 e finalmente ci riposiamo dopo il lunghissimo viaggio che abbiamo fatto oggi. In serata usciamo per la cena recandoci in centro città, che dista circa 6 km, al Jardin des aromes che abbiamo scelto tramite Tripadvisor. Il ristorante è molto carino, al primo piano, con patio affacciato sul giardino, dove mangeremo degli ottimi piatti marocchini. Sperimentiamo, durante la cena, che qui ad Ouarzazate la temperatura la sera scende molto repentinamente ed è bene portarsi dietro qualcosa per coprirsi. Prima di rientrare in albergo facciamo un giretto a piedi al mercato, dove c’è anche una bella piazza piena di gente che stanno concludendo il fine settimana all’aperto. Rientriamo in albergo e finalmente ci riposiamo.

Giorno 3 – Ouarzazate, Keelat Mgouna e Skoura 

Il mattino seguente partiamo verso Skoura e la sua oasi che è a circa 40 km da Ouarzazate. A pochi km dal paese ci fermiamo a visitare la casbah Amridil, segnalata da un cartello a lato della strada. Questa casbah è divisa in due distinte proprietà, entrambe visitabili pagando 40 dirham, è molto ben tenuta e ci dà un’ottima idea di come era la vita all’interno di queste costruzioni di fango e paglia. Chi lo desidera può avvalersi della guida che illustrerà ogni anfratto dell’edificio. Dopo essere ripartiti ci fermiamo al vicino mercato dove acquistiamo un kg di ottimi datteri di Erfoud per soli 30 dirham e dove prendiamo anche della frutta da mangiare durante la giornata.

Proseguiamo quindi verso Keelat Mgouna, la porta della valle delle rose. Anche se non è la miglior stagione per visitare la valle, visto che la fioritura delle rose avviene tra la primavera e l’estate, proviamo ad andarci. La strada non è molto comoda e l’asfalto è soltanto al centro e quindi dobbiamo spesso mettere le ruote di destra nello sterrato per poter evitare i veicoli che sopraggiungono. Dopo qualche chilometro però decidiamo di tornare indietro perché il paesaggio non offre molto da vedere. Prima di ritornare verso Ouarzazate ci fermiamo a Keelat Mgouna per fare degli acquisti in una delle tantissime profumerie che vendono tutto quello che è fatto con l’essenza di rose, come saponi, creme e così via. A questo punto torniamo verso Ouarzazate dove arriviamo intorno alle 15:30. Dato che è ancora presto per chiudere la giornata, decidiamo di visitare gli Atlas Studios, il cui ingresso è accanto al parcheggio del nostro albergo. Il biglietto non costa molto, circa 8 € e la visita guidata dura un’oretta. Gli studios non sono molto molto belli ma grazie alla guida ci viene piacevolmente spiegato il loro funzionamento rendendo bene l’idea di come vengano effettuate le riprese. Nei tanti anni di vita di questi studi cinematografici sono stati girati molti film tra cui il Gladiatore di Ridley Scott. Il set principale è quello rimasto a seguito del film Asterix e Cleopatra ma vedendone alcuni spezzoni su Youtube ci si accorge di quanto poi sia stato fatto al computer per arricchire le scene girate.

A cena questa sera andiamo a mangiare da Dimitri, uno dei locali più antichi di tutta la città. Il locale è veramente un pezzo di storia degli ultimi cento anni di Ouarzazate e alle pareti ci sono molte fotografie di coloro, soprattutto star del cinema, sono passati di lì. Il menù è molto semplice e sembra sia cambiato pochissimo dall’epoca del fondatore che proveniva dalla Grecia e che ha portato con sè i sapori della sua terra. I prezzi dei piatti sono molto contenuti.

Giorno 4 – Da Ouarzazate a Zagora e Tinghir

Il giorno seguente partiamo molto presto perchè l’idea è quella di raggiungere Zagora percorrendo la valle del Draa. Il fiume è quasi in secca e dopo pochi chilometri troviamo la città di Agdz dove ci fermiamo. Ancora è molto presto per cui il mercato, che è l’unica cosa attraente della cittadina, è praticamente chiuso. Ripartiamo lungo la valle del Draa dove sono disseminate molte casbah, alcune lasciate in malora mentre altre sono ancora in buono stato. Ci fermiamo in un’oasi per visitarne gli orti ed i palmeti. Da queste parti la vita scorre molto lentamente come il mezzo di locomozione più usato, il somaro (ce ne sono tantissimi, sempre con quell’aria triste di chi è costretto a sopportare pazientemente il pesante carico sulla schiena e anche qualche bastonata).

Pian piano, percorrendo la lunga strada ben tenuta, arriviamo alla fine a Zagora che subito ci appare piuttosto deludente. Zagora è la porta di uno dei luoghi desertici più visitati del Marocco anche se le dune di sabbia sono lontane alcune decine di km dal centro-città. Da qui si può raggiungere il deserto grazie alle escursioni che le molte agenzie presenti offrono oppure noleggiando un fuoristrada (oppure portandoselo da casa; abbiamo potuto vedere che molti, soprattutto francesi fanno delle spedizioni di molti giorni con dei mezzi 4×4 o moto tipo Parigi-Dakar). In genere i turisti che raggiungono Zagora prendono il fuoristrada con la guida e si fanno accompagnare per 30-50 km in una delle parti più desertiche del Marocco, dormendo nei campi tendati permanenti.

Alla fine Zagora non ci sembra un granché per cui proseguiamo verso Tazarin sulla N12. La strada è praticamente deserta, non incrociamo quasi nessuno durante il tragitto. La scelta di questa via alla fine risulterà sbagliata perché non era il caso di arrivare così a sud. Forse era meglio passare dalla valle del Draa dal lato nord da Agdz, non prendendo la N9. Ogni tanto troviamo dei paesini che però non ci sembrano interessanti. Passiamo da Alnif e prima di arrivare a Tinghir troviamo un posto di blocco della Gendarmeria Nazionale dove veniamo fermati e dove ci viene contestata un’infrazione: secondo loro non mi ero fermato completamente allo stop e questa cosa ci costerà 150 dirham. Queste multe sono spesso fatte ai turisti dalla gendarmeria e sono delle estorsioni pure e semplici.

Proseguiamo verso Tinghir e ci fermiamo al Kasbah Petite Nomade, un bel riad gestito da una famiglia molto ospitale posto vicino all’inizio della valle del Todra. Dopo aver preso un bel tè alla menta e qualche dattero che il nostro ospite ci ha offerto per rinfrancarci, andiamo a piedi verso il vicino palmeto e la casbah che la sovrasta. Nel palmeto incrociamo dei ragazzi francesi che erano stati fermati dai gendarmi poco prima di noi e scopriamo che non hanno pagato la pseudo-multa in seguito alle loro proteste. La casbah riuslta un po’ deludente in quanto la parte abitata non è così bella come quel che si vede da lontano. Torniamo indietro e lascio mia moglie, che non si sente molto bene, al riad e vado a cercare a Tinghir un bancomat. Lo sportello automatico è comodo per ritirare i contanti ma le commissioni applicate sono piuttosto alte. Ceniamo al riad, dove i nostri ospiti ci preparano delle pietanze in stile marocchino molto gustose.

Giorno 5 – Todra e le Gole del Dades

Anche stamani la sveglia ci vuole in piedi presto. Ci attendono il Todra e Dades. In poco tempo siamo all’ingresso della valle alla quale si accede tramite la strada che sale sul costone e da dove si gode di una suggestiva vista sul palmeto e su un’altra casbah posta sul fianco della collina. Questi villaggi di fango alla fine sono tutti uguali per cui decidiamo di non visitare quest’ultima, anche perché mia moglie non si sente ancora bene ed ha un po’ di febbre. Arriviamo all’ingresso della parte più suggestiva della gola, dove placido scorre il torrente che quasi lambisce l’asfalto, mentre ancora non c’è nessuno per cui possiamo permetterci di fermarci con la macchina nei punti dove in genere non è consentito quando c’è traffico. La gola è sì affascinante ma decisamente molto piccola. Proseguiamo per qualche centinaio di metri ma poi torniamo sui nostri passi verso Boumalne, la porta della valle di Dades, che dista circa 55 km. La strada che sale nella gola presenta molti punti dove effettuare delle belle fotografie sulle casbah e sulle formazioni rocciose. Proseguiamo evitando i paesini meno belli e troppo vocati all’accoglienza turistica e la vendita di souvenir e arriviamo dopo una trentina di chilometri alla più iconica delle zone di questa valle, cioè la strada con tutti i tornanti che sale repentinamente. Sulla sommità c’è un resort e a lato un bellissimo belvedere da dover fare delle belle foto. Il cielo che fino ad ora era grigiastro sta schiarendosi. Proseguiamo ancora per qualche chilometro per vedere cosa c’è oltre ma il paesaggio da lì in poi risulta poco interessante. Con i fuoristrada è possibile proseguire e ritrovare la gola del Todra ma con le normali autovetture questo non è consigliabile perché la strada è in gran parte sterrata.

Torniamo quindi sui nostri passi e visto che il tempo è molto migliorato ci fermiamo a fare le fotografie nei punti dove la luce è nettamente aumentata. Raggiunta ancora una volta Boumalne prendiamo ancora la N10 verso Tinghir per poi deviare a sud. La strada che ci attende da Tinghir è molto lunga, circa 200 km, verso la destinazione finale di Merzouga. Prima del paese di Rissani troviamo un altro posto di blocco; questa volta i gendarmi hanno l’autovelox laser. Io, che ero stato avvisato da altri automobilisti che sfareggiavano, andavo a velocità bassa, rallentando a seconda dei cartelli di limite di velocità che via via incontravo, ma mi viene comunque contestato un eccesso di velocità. Sentendomi preso in giro gli dico che non ho contanti e che se vogliono possono farmi il verbale che pagherò successivamente. Vedendomi così deciso mi rendono libretto di circolazione e patente e mi fanno proseguire. Passiamo da Rissani e dato che il paese non è niente di speciale facciamo un giro intorno alla piazza e proseguiamo velocemente verso Merzouga dove arriviamo intorno alle 16:30.

I gestori del riad Hassilabiad che abbiamo prenotato sono molto gentili, la camera è estremamente spaziosa e confortevole. Prendiamo un tè da loro offerto e chiediamo cosa c’è da fare nel deserto e ci viene proposto di prendere un quad o una Dune Buggy. Scegliamo la seconda soluzione perchè mia moglie, ancora malaticcia, non se la sente di venire sul quad. Il costo del noleggio è di 90 €. All’ora stabilita vengono a prenderci dei ragazzini col quad e ci consegnano la Dune Buggy che utilizzeremo. Il momento è propizio per vedere anche il tramonto e ci facciamo delle belle corse su e giù per le dune di sabbia, disturbando non poco tutti coloro che sono a piedi o col cammello. Arriviamo in cima a una delle dune più alte e ci fermiamo a fare fotografie col sole tramontante che vediamo in lontananza sparire all’orizzonte per poi continuare a fare i monelli col rumorosissimo mezzo a motore, con casco e cinture a quattro punti visto che non è remota la possibilità di cappottare, divertendoci come bambini. Rientriamo soddisfatti al Riad dopo più di un’ora di sabbia, curve e discese mozzafiato e anche con molta polvere nei capelli e negli occhi e ci prepariamo per la cena che lì consumeremo avendo concordato il tutto prima di partire per le dune.

Dopocena facciamo un giro in auto verso il centro di Merzouga, centro che altro non è che una piazza con alcuni negozi dove è possibile, volendo provare qualcosa di diverso, cenare acquistando alla macelleria e facendosi cuocere la carne sulla brace direttamente nel locale attiguo.

Giorno 6 – Merzouga e Ifrane

Al mattino seguente ci alziamo prima dell’alba per vedere il sorgere del sole sulle dune. Ci andiamo a piedi perché le dune di sabbia iniziano non molto lontano dal nostro riad. Ovviamente data l’ora fa freschino ma tutto sommato si sta bene. Insieme a noi ci sono altre persone che hanno avuto la stessa idea. In giro sono anche coloro che hanno pernottato nei campi tendati: questi vengono fatti salire sul dorso del dromedario facendogli fare poche centinaia di metri sulla sabbia e poi li fanno salire su una delle dune più alte, a piedi. Ci sembra po’ pochino per chi si aspetterebbe di “andare sulle dune in groppa al cammello” come recitano gli slogan delle agenzie turistiche.

Dopo il sorgere del sole attraversiamo il palmeto e rientriamo al riad per fare colazione. Successivamente paghiamo la camera e velocemente puntiamo la Logan verso nord, sulla N13, fermandoci dopo circa 55 km a Erfoud per acquistare qualche confezione di datteri da portare in Italia. A Erfoud, una cittadina moderna piuttosto popolata, c’è un fornito mercato dove si possono acquistare vari tipi di datteri più o meno maturi e più o meno costosi. Già che ci siamo ritiriamo anche dei dirham dal bancomat. Ripartiamo lambendo la città di Errachidia per poi cominciare a salire per oltrepassare la catena dell’Atlante, sempre sulla N13. I limiti di velocità come al solito non sono molto alti e la strada si arrampica tortuosamente sul versante della montagna. Per fortuna non c’è molto traffico. La destinazione finale per oggi è Ifrane che raggiungiamo intorno alle 15, dopo circa 5 ore e mezza dalla partenza da Erfoud. Ad Ifrane abbiamo prenotato online un appartamento gestito da una signora italiana. All’indirizzo indicato sulla mappa non c’è nessuno, però vediamo che in zona ci sono molti uomini che agitano mazzi di chiavi al passaggio delle auto. Chiediamo a uno di questi se conosce la nostra destinazione ma non sa darci una risposta. Dopo alcune telefonate tramite Whatsapp con la proprietaria, ci raggiunge colui che ci accompagnerà all’ appartamento. Questa casa nonostante sia molto spaziosa ha vari problemi di pulizia e una doccia che allaga la stanza da bagno, ma visto che ci staremo poco ci accontentiamo.

La città di Ifrane ed i suoi dintorni è considerata la Svizzera del Marocco, poiché in questa zona d’inverno è frequente la neve e ci sono degli impianti di risalita ed anche perchè tutto da queste parti è molto ordinato e preciso e non si vede l’ombra di una cartaccia per terra. Non per niente è frequentato dall’elite marocchina e nei pressi c’è anche un palazzo reale del quale abbiamo costeggiato il recinto, sorvegliatissimo da guardie ogni 50 metri. Nell’ultima parte della giornata facciamo un salto alla sorgente Vittel, che dista pochi km. Questo posto indicato come di grande interesse turistico risulta essere piuttosto deludente. Il parco non è niente di speciale e data la quota (circa 1600 m s.l.m.) fa anche freddino. Di sera a Ifrane non c’è molto da fare. Mangiamo in una pizzeria nelle vicinanze dell’appartamento dove spendiamo decisamente poco.

Giorno 7 – Azrou e Meknes

Il mattino seguente andiamo verso Azrou, che dista meno di 20 km. Ci rendiamo subito conto che era meglio fermarci qui per la notte anziché ad Ifrane in quanto questa cittadina è più grande e vivace. Andiamo a cercare il bosco di cedri che è nelle vicinanze e dove speriamo di trovare una colonia di macachi. La strada non è ben indicata ma alla fine grazie alle indicazioni del navigatore ed i pochi cartelli presenti riusciamo ad arrivarci. Dopo aver lasciato la macchina al parcheggio e comprato le noccioline per le scimmie ci facciamo una passeggiata per ammirare i grandissimi cedri del Libano presenti nel bosco. Le scimmie sono molto simpatiche ma ovviamente invadenti: ti saltano addosso per cercare nelle borse e negli zaini qualcosa da mangiare ed il guardiano delle macchine con una frusta improvvisata le scaccia, anche perché frequentemente si lanciano dagli alberi sopra il cofano o il tetto delle vetture col rischio che si ammacchino.

Ripartiamo quindi in direzione di Meknes, che dista circa 70 km, dove arriviamo intorno alle 13.00. Ci fermiamo al Les Jardin de Ryad Bahia, albergo un po’ fuori mano ma bellissimo, che abbiamo prenotato sempre online e che ha un bellissimo giardino con una piscina molto carina e camere estremamente grandi e confortevoli. Dopo aver lasciato i bagagli e bevuto il classico tè alla menta offerto dall’ospite ci dirigiamo verso il centro di Meknes. Sapevamo prima di partire per il nostro viaggio che Meknes era piena di cantieri di restauro ma avevamo scelto comunque di soggiornare due notti qui per la sua posizione strategica essendo vicina a Fez, a Volubilis e all’autostrada. Arriviamo davanti a Bab El Mansour dove scopriamo che la porta è completamente coperta da impalcature. Anche l’antistante piazza Ell Hedime è deserta e spogliata dei banchetti che di solito l’affollano.

Qui a Meknes è estremamente caldo ed essendo venerdì anche il souk è chiuso e il mercato lungo la strada ha pochissimi banchi aperti. I turisti in giro sono molto scarsi in quanto come ho detto i siti da visitare sono pochi essendo quasi tutto in restauro. Riprendiamo la macchina e facciamo un giro verso la zona delle scuderie con quello che dovrebbe essere uno stagno estremamente grande che però è completamente secco. Torniamo al Riad dove in serata mangeremo una completa cena in stile marocchino preparata dalla padrona di casa.

Giorno 8 – Fez

Questa mattina partiamo intorno alle 9:30 verso Fez che raggiungiamo dopo circa un’ora. Il pedaggio autostradale costa soltanto 13 dirham. Puntiamo il navigatore verso la porta Bab Boujlod, che raggiungiamo lottando contro i soprusi che gli autisti dei petite-taxi rossi che sbucano ovunque cercano di farci. Vicino la porta c’è un grandissimo parcheggio dove troviamo facilmente posto anche perché non sono tanti i turisti automuniti. Da questa bellissima porta si scende a piedi verso la città vecchia e comincia la confusione. Tutte le stradine, che alla fine si rivelano essere poche quelle importanti per i turisti, sono piene di negozietti che vendono più o meno le stesse cose. I venditori sono mediamente assillanti, abituati a vederne tanti di turisti. Tutto sommato la stradina da percorrere risulta essere estremamente interessante, suggestiva e inoltre comoda poiché è pressoché tutta in discesa.

L‘artigianato di Fez è famoso per la sua qualità ma i prodotti proposti sono gli stessi che abbiamo trovato anche in altre parti del paese: oggetti in pelletteria come i pouf, le babbucce, le borse e le cinture. Scendendo ancora entriamo nei souk veri e propri, che sono ovviamente molto più caotici e affollati. Qui ci fermiamo a visitare la madrasa di Tattarine, il cui ingresso costa soli 20 dirham. La madrasa dà un’idea di quello che era la vita degli studenti coranici all’interno di quello che possiamo definire un monastero islamico e merita la visita. Dopo questa, ci dirigiamo verso la moschea Karaouine, che è talmente grande da occupare un intero isolato ma che per noi non musulmani è consentito vederne solo le mura e gli ingressi. Arriviamo successivamente a Place Nejjarine, uno dei più bei posti della città. La piazza non è molto grande ma nonostante ci sia moltissima gente qui ci si sente meno oppressi dalla calca che troviamo nei souk e dove non si vede il cielo.

Entriamo nel Nejjarine Museum of Wooden Arts & Crafts situato in un bel “funduq”. Il museo non è molto interessante e anche il terrazzo sul tetto dell’edificio non offre una gran vista. In effetti la città vista dall’alto non è così suggestiva come invece si presenta all’interno. Usciamo e ci reimmergiamo nelle stradine che qui sono sempre più caotiche col passare della mattina, essendo la zona frequentata dai turisti stranieri, dai marocchini ma anche da uomini con i somari carichi di pelli che devono essere portate alle concerie situate nelle vicinanze e che non si preoccupano di spintonare i turisti più distratti. Grazie al puzzo penetrante che c’è in giro possiamo dirigersi “olfattivamente” verso le “tanneries”, le tre concerie tradizionali che ancora sono attive all’interno della città vecchia di Fez. Cerchiamo di entrare in una di queste senza però capire “a naso” dove sia l’ingresso. Grazie a una delle solite guide improvvisate, veniamo accompagnati all’interno di una di queste concerie dove, con una modica mancia al guardiano, possiamo entrare e salire sopra una specie di terrazzino senza balaustra da dove possiamo vedere perfettamente le fasi della lavorazione delle pelli, tutte eseguite a mano (o a piede, visto che questi si immergono fino alle cosce dentro le vasche circolari). Al termine della visita ci affidiamo a Google Maps per tornare indietro e raggiungere Bab Boujlod dove abbiamo lasciato l’auto. Ovviamente Maps ti fa passare anche in strade che non sono turistiche e dove è facile trovare sempre qualcuno che, notandoci che stiamo consultando l’itinerario sullo smartphone, vorrebbe farci da guida (e magari farci fare un giro ancora più tortuoso che casualmente passa davanti ad un negozio dove la roba “è bella e costa poco”).

Dribbliamo queste “guide” riuscendo pian piano a rientrare sulle strade principali, riconoscibili dai venditori di souvenir sempre più numerosi. Ripassiamo attraverso tutti i souk e i negozi che si trovano salendo verso la porta Bab Boujlod. Prendiamo l’auto e ci dirigiamo sulla collina dove si trova il cimitero dei Merinidi. Da qui è possibile vedere dall’alto tutta la città di Fez che anche da questa posizione non ci appare per niente bella. Visto che il caldo sta diventando piuttosto opprimente decidiamo di fare una una sosta in un supermercato Carrefour per comprare qualcosa da mangiare. I supermarket in Marocco non sono convenienti come in Europa, trattando prevalentemente prodotti importati. Ripartiamo verso Meknes per raggiungere il nostro riad dove approfittiamo del bellissimo giardino per rilassarci a bordo piscina e leggere un po’. La sera decidiamo di andare a cena in città che dal nostro riad dista circa 10 km. Andiamo a mangiare in una pizzeria gestita da dei ragazzi pugliesi. I loro genitori che sono qui in vacanza sono molto simpatici e passiamo un po’ di tempo con questi e altri connazionali tra cui una ragazza che scopriamo avere i nonni residenti nel nostro quartiere. Per la cena, a base di pizza e arancini, spendiamo soltanto 180 dirham.

Giorno 9 – Volubilis, Chefchaouen 

Oggi partiamo intorno alle 8:30 in direzione nord per circa 35 km, fino al sito archeologico di Volubilis che raggiungiamo intorno alle 10 e dove ancora non c’è tanta gente. Il sito archeologico, di epoca romana, è molto interessante. Come era in uso in quei tempi nelle abitazioni signorili di epoca imperiale, ci sono molti bei pavimenti fatti a mosaico, che ci sono arrivati ben conservati. Degni di nota sono anche il tempio capitolino e l’arco di trionfo eretto in onore di Caracalla che si presenta in ottime condizioni. Dopo la visita, durata circa un’ora, torniamo indietro di qualche chilometro per visitare Moullay Idris, la città-santuario dedicata a Idris I, il padre fondatore del Marocco. La piazza principale è molto bella e la moschea che ospita la tomba del moullay ovviamente non è visitabile dai non musulmani e da fuori è di scarso interesse. Volendo si può salire fino in cima al paese e vedere dall’alto i tetti della moschea coperti di maioliche verdi. La nostra guida improvvisata ci fa passare in strade senza senso per cui evitiamo di proseguire ulteriormente questo cammino che risulta piuttosto impegnativo e che ci sta facendo perdere fin troppo tempo.

Proseguiamo con l’auto verso nord perché la nostra destinazione finale è Chefchaouen che dista circa 170 km di strada poco agevole. Purtroppo riesco anche ad allungarne il percorso, forse non capendo una delle indicazioni di Maps, per cui perdiamo almeno 40 minuti di tempo passando per strade estremamente strette e in paesi dove non vedono mai alcun turista (all’interno di uno dei paesini i ragazzi hanno fatto delle porte improvvisate proprio nel mezzo della strada!). Quando ritroviamo la giusta direzione cerco di recuperare andando velocemente verso Chefchaouen, stando però attento a non superare mai i limiti di velocità, soprattutto all’inizio delle cittadine un po’ più grandi dove è quasi certo trovare i posti di blocco della gendarmeria nazionale. Arriviamo finalmente a Chefchaouen alle 16 ma perdiamo altro tempo per arrivare al Riad che abbiamo prenotato poichè Maps vuol farci passare da una via resa a senso unico, che, oggi, domenica e pure festa nazionale in ricordo della Marcia Verde, ospita tantissima gente che ci cammina. Grazie ad uno dei posteggiatori improvvisati a cui lascio la Logan, riusciamo a raggiungere e scaricare i bagagli al riad. Il Dar Echchaouen Maison d’Hôtes & Riad è veramente molto bello, posto sul fianco di una collina affacciata sulla città blu. Dopo le pratiche di check-in, usciamo in strada, andiamo a riprendere le chiavi dell’auto e lasciamo una mancia al ragazzo per poi incamminarci a visitare quella che noi decreteremo la più bella cittadina di tutto il Marocco.

La caratteristica principale di Chefchaouen sono gli edifici colorati di blu e bianco della parte vecchia che sale sul costone del monte, che formano una serie di stradine tortuose molte delle quali agghindate in maniera curiosa dagli abitanti, che ne fanno dei veri angoli pittoreschi difficili da non fotografare. Per le foto viene spesso suggerito/chiesto un contributo in denaro. Tra la collina dove è posto il nostro riad e la parte più alta della città scorre un torrente dove ci sono gli antichi lavatoi e dove sono presenti anche dei localini, tipo baretti con i tavolini in mezzo all’acqua che scende a valle. Qui in molti riempiono le bottiglie con l’acqua che sgorga dal muro, forse per berla; noi non abbiamo avuto il coraggio di provare. Proseguendo verso il basso, essendo noi partiti dall’alto, passiamo per strade molto molto belline, zeppe di souvenir e venditori di spremute di melagrana che anche i numerosi turisti locali sembrano gradire.

Dopo un po’ raggiungiamo la piazza principale, Outa El Hamam, che è costellata di ristorantini dove si può mangiare o semplicemente bere una bibita. Arrivati nella parte più bassa della città, usciamo attraverso Bab El Ain, una porta di accesso che se non fosse per il flusso di gente che la oltrepassa non avremmo notato. Dato che oggi abbiamo fatto tanti chilometri e siamo stati molto tempo seduti in macchina a questo punto ci meritiamo un po’ di riposo per cui invece che tornare sui nostri passi, usando Google Maps, prendiamo la scorciatoia che ci permette di raggiungere più velocemente il nostro riad passando vicino al torrente. Il riad che abbiamo scelto è veramente molto bello anche se la salita per arrivare alla nostra camera, che è quella più in alto di tutte, può togliere il fiato. Approfittiamo della bella atmosfera per cenare qui, stavolta alla carta.

Giorno 10 – Verso Rabat

Peccato che abbiamo già fissato di andare a Rabat perché sarebbe stato molto meglio passare una seconda notte a Chefchaouen e magari andare a visitare le vicine cascate Akchour che sono a soli 32 km di distanza. Magari ci torneremo in futuro se mai decideremo di visitare Tangeri, magari venendo dalla Spagna via mare come fanno prevalentemente gli iberici. Partiamo invece verso la capitale del Marocco intorno alle 8:30. Oggi non c’è quasi nessuno per strada. Ormai siamo abituati a vedere il Marocco che si sveglia dopo le dieci… Percorrendo una parte della strada fatta all’andata, ma stavolta senza sbagliare itinerario, arriviamo a Rabat intorno alle 11:30. Appena usciti dall’autostrada, che abbiamo percorso per solo 60 km, ci accorgiamo che qui c’è molta più pulizia che in qualsiasi altro posto abbiamo fin ora visitato, compreso Ifrane. Qui i limiti di velocità sono scandalosamente bassi. Ci sono molte strade a tre corsie per senso di marcia e difficilmente è consentito viaggiare sopra i 40 km all’ora. C’è molta gente in uniforme e si nota subito che i controlli sono frequenti per cui è bene stare attenti alla velocità di marcia.

Il riad che abbiamo scelto è vicino al perimetro della città di Chellah, che insieme a Salè forma Rabat. Troviamo con non poca difficoltà un buon parcheggio vicino alle mura e di fianco al cimitero Al Shouhada per cui decidiamo di non spostare la macchina fino al giorno successivo, quando ripartiremo. Lasciamo i bagagli al riad Al Mazhar, una piacevole struttura posta in una zona molto tranquilla e usciamo subito per visitare l’estuario del fiume Bou Regreg che divide Chellah da Salè. Da qui saliamo verso la casbah degli Udayas. Questa casbah è estremamente piccola e di recente costruzione ma da qui possiamo vedere il bellissimo panorama sull’oceano. C’è molto vento, ed il mare, che al largo risulta essere abbastanza calmo, picchia le sue onde fragorosamente sugli scogli. Sono pochi gli ardimentosi, protetti dalle dighe foranee, che provano a surfare davanti alla spiaggia di Rabat. Oltre il fiume si può vedere Salè. Questa è la zona abitata dalla popolazione meno abbiente e più tradizionalista della città mentre la parte di Chellah risulta molto più occidentalizzata. Andiamo verso la Medina di Chellah dove ci fermiamo a mangiare una frittura di paranza spendendo 120 dirham. Torniamo al riad dove facciamo check-in e prendiamo possesso della camera che scopriamo essere molto bella e spaziosa. Usciamo un’altra volta fuori e ci addentriamo tra le strade principali dove è presente un mercato dove, prima volta fino ad ora, è possibile guardare i prodotti senza essere subito approcciati dai venditori, Proseguiamo poi a piedi fino al museo archeologico che dista circa 2 km. Il prezzo del biglietto è piuttosto economico, 40 diram, ma le sale da visitare sono soltanto due e dopo pochi minuti siamo fuori. Delusi da quello che pensavamo fosse un sì piccolo ma interessante museo e che avevamo letto meritava la visita, torniamo indietro e ci riposiamo un po’. Si è fatto sera e l’unico ristorante nelle vicinanze che ci sembra decente, dalle recensioni su Tripadvisor, è tutto prenotato e finiamo per cenare in una sorta di fast-food di cucina marocchina dove spendiamo, mancia compresa, soltanto 100 dirham in due.

Rabat, o meglio la parte di Chellah, come città è piuttosto moderna, con mercati ordinati, strade larghe, tram, edifici istituzionali eleganti e per questo ha meno fascino delle altre città imperiali. Sarà così anche la parte oltre il fiume?

Giorno 11 – Verso Marrakech

Il mattino seguente prima di ripartire verso Marrakech, che sarà la nostra ultima meta, ci fermiamo nella parte musulmana. Questa è decisamente molto diversa rispetto a Chellah. Parcheggiamo fuori Bab Sebta e già l’odore penetrante è diverso. Ci addentriamo nella strada che scende verso il mare, molto vivace e piena di banchi che offrono prodotti locali come pesce e ortaggi molto ben presentati anche se tutto il contorno è piuttosto ridotto male, con i muri scortecciati e le strade fangose. Nonostante questo, facciamo degli acquisti spendendo decisamente poco. Lasciata Rabat, decidiamo di proseguire verso Temara, una località balneare che ci incuriosisce, a una ventina di chilometri a sud di Chellah.

Prendiamo la strada litoranea che percorriamo molto lentamente in quanto ancora una volta i limiti di velocità sono bassi e i controlli assidui. La spiaggia di Temara risulta essere poco interessante nonostante sia considerata una delle più belle della zona. A suo favore c’è il fatto che è ben protetta dalle onde che qui arrivano molto attenuate (riusciamo però a bagnarci le scarpe passeggiando sulla battigia…) Da Temara prendiamo l’autostrada A1 che scende verso Casablanca. Il limite di velocità in autostrada è di 120 km all’ora ma la nostra macchina raggiunge quella velocità con fatica. Purtroppo la nostra Logan è abbastanza vecchiotta e non vogliamo trattarla male proprio ora, dopo che ci ha accompagnato per quasi duemila km. Evitiamo di fermarci a Casablanca in quanto abbiamo letto che non è molto interessante. Purtroppo ci sono diversi cantieri intorno a Casablanca che ci fanno perdere del tempo. Nelle autostrade del Marocco i pedaggi si pagano via via per cui ogni tanto ci sono dei caselli a interrompere il flusso della circolazione.

Arriviamo a Marrakech intorno alle 15:40, spendendo complessivamente 113 dirham di pedaggio. Vicino alle mura di Marrakech il traffico diventa caotico come solo in alcuni punti di Fez avevo finora trovato. Mentre cerchiamo di raggiungere il parcheggio pubblico più vicino al riad che abbiamo prenotato, Google Maps ci butta fuori strada per cui siamo costretti a girare un paio di volte proprio intorno al parcheggio dei petit-taxi, che spuntano ovunque e si prendono con qualsiasi maniera il diritto di precedenza. Lasciamo finalmente l’auto in un parcheggio vicino ad una delle porte pedonali ed entriamo nelle mura della città. Al Riad Laila ci accoglie la proprietaria che ci illustra su una mappa cosa fare a Marrakech offrendoci anche un ottimo tè alla menta. Il riad è molto carino con una piccola piscina nel cortile centrale e delle bellissime piante di agrumi e qualche palma a fare ombra. La camera, senza pecche per la parte “notte” è decisamente meno comoda per la parte “bagno” con water senza porta e tutt’uno col resto della camera.

Usciamo per recarci a piedi fino a Jemaa El Fna che dista dal riad circa 2 km e mezzo. Grazie a Maps troviamo facilmente la strada ma appena entriamo all’interno del primo souk ci accorgiamo che le cose sono molto diverse rispetto alle altre città fino ad ora visitate. La circolazione all’interno delle strette strade piene di negozietti è consentita un po’ a tutti per cui ci troviamo continuamente gli scooter che bruciando benzina di pessima qualità ammorbano l’aria sfrecciando vicinissimo a noi pedoni. La piazza più famosa di Marrakech, che al pomeriggio è molto affollata di turisti, incantatori di cobra e vipere, venditori di tè, suonatori di tamburo e piffero è decisamente pittoresca ma dopo un po’ risulta stancante per cui torniamo indietro verso il Riad. Usciamo successivamente per andare a cena. Andiamo da Kui-zin, dove scopriamo che qui si cena a buffet, per cui possiamo assaggiare diversi tipi di piatti, non molto diversi a quelli che abbiamo mangiato fino ad ora, ben fatti, per una spesa di 340 dirham in due.

Giorno 12 – Marrakech

Facciamo colazione alle 8:30 e poi usciamo dal riad. Prendiamo l’auto per andare a vedere quello che c’è oltre la piazza di Jemaa El Fna. Ci fermiamo vicino alla porta Bab Agnaou. Nei pressi c’è un parcheggio dove per 20 dirham possiamo lasciare la macchina tutto il mattino. Mia moglie purtroppo è ancora una volta KO. Dopo l’influenza di qualche giorno fa ha avuto anche dei problemi intestinali, ma è tenace e ancora una volta non si arrende. Tutte le principali attrazioni turistiche da visitare a Marrakech hanno dei prezzi estremamente alti per gli standard marocchini. Vediamo i palazzi dall’esterno, che tutto sommato non ci sembrano un gran chè e alcuni dei quali non sono comunque visitabili. Passiamo dal mercato delle spezie e facciamo degli acquisti in una fornitissima erboristeria. Seguendo un gruppo di turisti raggiungiamo il quartiere ebraico e la sinagoga, ma proseguiamo oltre.

Passando da Jemaa El Fna, ci spostiamo verso la moschea Koutoubia col suo imponente minareto. C’è un sole che impietoso ti scioglie ed è meglio stare all’ombra. Attraversiamo i giardini Elkoutoubia e costeggiando le mura cittadine andiamo a riprendere l’auto per spostarci verso la zona del nostro riad, parcheggiando nello stesso posto della sera prima. Decidiamo quindi di andare a piedi verso i giardini Majorelle che da qui non sono molto lontani, circa 1 ½ km. L’ingresso ai giardini non è segnalato ma notiamo un gruppo di carrozzelle con i cavalli che ne rivelano la presenza. All’ingresso troviamo una coda abbastanza lunga per cui desistiamo e torniamo indietro. Questa sera non ceniamo non essendo entrambi molto in forma. A causa del nostro stato di salute decidiamo anche di non prenotare online l’ingresso ai giardini per il giorno che pare sia l’unico modo per poterli visitare senza fare la coda.

Giorno 13 – Marrakech e rientro in Italia

Il mattino seguente, essendoci un po’ ristabiliti decidiamo di andare a vedere se è possibile visitare i giardini Majorelle comprando direttamente il biglietto all’ingresso, ma scopriamo che la coda alla biglietteria è ancora più lunga rispetto a ieri, poiché sono molti i turisti arrivati con i pullman e che l’ingresso è calmierato per cui quando il giardino è saturo c’è da aspettare ulteriormente per poter entrare. Decidiamo definitivamente di non visitarli. Alla fine a Marrakech non siamo riusciti a vedere un granché di quello che in genere viene consigliato ai turisti. Marrakech sarà per noi il posto in fondo più deludente forse anche perché è l’ultimo che abbiamo visitato. Il nostro volo è previsto intorno alle 18:30 per cui abbiamo ancora diverse ore da spendere per visitare qualcosa. Decidiamo di fare un giro in auto e poi di fermarci al parco Menara. Il parco di per sé non è un granché, praticamente solo un grande oliveto. Per accedere al piccolo padiglione all’interno del parco ci vogliono 50 diram e non accettano le carte di credito. Non avendo più contanti sufficienti rimaniamo a rilassarci un po’ sul bordo dell’enorme pesciera a lato del padiglione. Per pranzo andiamo al mall Menara che è lì vicino e che è ancora talmente nuovo da avere pochi negozi aperti. Facciamo qui l’ora giusta per recarci all’aeroporto che dista pochi km. Contatto nel frattempo il noleggiatore dell’auto che mi scrive di riconsegnare la vettura ad una stazione di servizio vicino all’aeroporto. Qui arriva un suo incaricato che, dopo aver verificato lo stato del veicolo, ci accompagna al terminal da dove partiremo.

Nonostante siano le 16.30 fa ancora molto caldo e siamo costretti a rimanere una ventina di minuti al sole per effettuare il controllo bagagli prima di entrare all’interno della aerostazione. Successivamente ci mettiamo in coda per il check-in dove conosciamo un simpatico marocchino che è residente in Italia e che ci dà un sacco di informazioni (peccato che stiamo partendo…). Passiamo poi al controllo dei documenti dove troviamo una coda interminabile. Per fortuna hanno aperto tutti i box e nonostante la fila esagerata riusciamo a passare dalla parte opposta in un tempo ragionevole. Sono circa le 17.55 quando scopriamo che il nostro aereo è in ritardo di un’ora. Il volo Ryanair è gestito da Air Malta e l’aereo è quasi nuovo. Essendo questo pieno di passeggeri ci sono dei problemi per collocare il bagaglio a mano e dobbiamo discutere animatamente con le assistenti di volo. Le tre ore di viaggio passano velocemente ed atterriamo intorno alle 22.30 a Pisa. Con questo ritardo chi doveva prendere un treno per tornare a casa è inferocito e l’ulteriore coda per il controllo dei passaporti esaspera gli animi di molti viaggiatori.

Viaggio in Marocco. Informazioni pratiche

Internet e telefono

In ogni aeroporto di arrivo è consigliabile acquistare la scheda telefonica per il traffico Internet che per tutti gli operatori costa 1 €/GB. Per una settimana sono più che sufficienti 5 giga di traffico. Gli operatori ti sistemano il telefono in pochissimo tempo. Il traffico Internet è estremamente utile sia per la navigazione che per le chiamate tramite Whatsapp e per orientarsi con Google Maps. Abbiamo trovato il segnale in tutto il paese per cui, soprattutto con Maps, non ci sono mai stati problemi.

Mance

Avere a disposizione un po’ di dirham è essenziale per le mance. Le monete sono da 1, 5 e 10 dirham. Il tasso migliore è presso i cambiavaluta delle città più grandi.

Come guidare in Marocco

Consiglio di visitare il Marocco in libertà. Prendere un’auto a noleggio, tramite uno dei portali internazionali, è molto semplice. L’automobile da scegliere per il noleggio è senza dubbio la Dacia Logan, che in Marocco è tra le autovetture più utilizzate. Questa macchina è dotata di un ottimo bagagliaio dove è possibile lasciare valige e zaini senza che questi siano visti dall’esterno, anche se non ci è mai sembrato che ci fosse pericolo che la macchina venisse in qualche maniera aperta. Non serve la patente internazionale. Le strade sono ben segnalate e l’asfalto è migliore che in Italia. La benzina a novembre 2022 costava tra i 14,7 e i 15,10 dirham al litro. Ai distributori la carta di credito è accettata quasi sempre ma è bene chiedere prima di effettuare il rifornimento. Ad esempio a Merzouga non è possibile pagare con carta di credito all’unico distributore vicino al paese. Nei parcheggi c’è sempre qualcuno con gilet catarifrangente che funge da parcheggiatore (autorizzato?) e che chiederà alla partenza una mancia che in genere è tra i 5 e i 10 dirham per cui ci siamo sempre sentiti sicuri a lasciare i bagagli in automobile.

I limiti di velocità sono spesso di 40 km all’ora all’interno delle città più grandi. Quasi sempre per attraversare le cittadine i paesini il limite di 60 km all’ora ma si riduce la velocità quasi sempre a causa della gente per la strada oppure dei veicoli in doppia fila o dei somari che passeggiano tranquillamente. Per tali motivi, scegliendo Google Maps come indicazione delle distanze e dei tempi di percorrenza, bisogna tenere conto che a questi ultimi va aggiunto qualche decina di minuti. Nelle strade nazionali il limite può salire a 100km/h per poi oscillare di nuovo a 80 e 60 km/h. Le autostrade sono poche ma scorrevoli e poco utilizzate. In pratica l’autostrada è presente solo tra Fez e Marrakech via Meknes, Rabat e Casablanca oppure da Tangeri verso Rabat. All’ingresso di ogni città o cittadina c’è sempre un posto di blocco e spesso si inventano delle infrazioni per multare gli automobilisti. La procedura e semplice: ti prendono patente e libretto poi ti fanno scendere e ti fanno vedere un articolo che avresti violato al prezzo di 400 dirham che magnanimamente diventano 150 se li paghi direttamente a loro i contanti.

Per muoversi all’interno delle grandi città ci sono i Petit-Taxi di colore diverso a seconda del posto. Ad esempio a Rabat sono blu, giallini a Marrakech, rossi accesi a Fez, celestini a Chefchaouen, e azzurri a Meknes. Questi taxi sono quasi sempre Dacia Sandero. Per gli spostamenti tra città si devono utilizzare i Grand Taxis, ovviamente concordando il prezzo della corsa prima della partenza.

Clima, cosa mangiare e curiosità varie

Una delle specialità nel Marocco sono i datteri che sono acquistabili un po’ dappertutto. I migliori e più economici si trovano vicino alle oasi, in banchetti ai lati della strada, dove vengono raccolti. Il prezzo in questi posti è la metà rispetto a quanto si paga a Marrakech. Una esperienza che a noi è mancata ma credo che sia consigliabile è quella di provare ad acquistare per strada dal macellaio il pezzo di carne che ci interessa e farlo cucinare accanto sul barbecue. Questa cosa è comune in molte cittadine.

Il dirham marocchino vale circa 0,09 euro, quindi con 1 euro si cambiano 11 dirham. Tassi aggiornati qui.

Il clima a novembre è estremamente gradevole. Le temperature che abbiamo incontrato si aggiravano tra i 31 °C della massima all’ora di pranzo e i 13 °C della notte nella zona desertica. in generale la temperatura è sempre stata oscillante tra i 25 e i 27 °, ma il sole picchia molto forte anche se la temperatura non è elevata.

I lavori di restauro a Meknes finiranno nel 2023 (o se fanno come in Italia anche dopo). A Merzouga consiglio di non prendere i campi tendati in quanto un pò ridicoli essendo questi molto vicino alla strada e inutili rispetto agli alberghi. Anche le gite in cammello sono inutili poiché il tragitto che viene proposto è di poche centinaia di metri e il resto da fare come la salita sulle dune va effettuata a piedi. Alba e tramonto sulle dune però sono molto suggestivi.

I posti che ci sono piaciuti di più sono le case e i vicoli di Chefchaouen, i souk e le concerie di Fez, i mercati di Marrakech, le dune di Merzouga, le casba del Draa e quelle tra Ouarzazate e Skoura, le valli di Dades e del Todra. Queste due sono facilmente visitabili nella stessa giornata partendo da Ouarzazate e pernottando a Tinghir, o viceversa.

La valle del Draa, che in alcuni periodi dell’anno può essere anche bella, col senno di poi non la percorrerei fino a Zagora, tranne che per effettuare il tour nel deserto col fuoristrada. Meglio tagliare verso Alnif prendendo il ponte Nkob. Le agenzie di Marrakech non a caso offrono il tour con tappe a Ouarzazate, Tinghir e Merzouga e ritorno.

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