Le meraviglie nascoste del Regno d’Occidente

Un viaggio lungo ed intenso svolto in completa autonomia
Scritto da: fedina
le meraviglie nascoste del regno d'occidente
Partenza il: 15/09/2010
Ritorno il: 02/10/2010
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Al-Mamlaka al-Maghribiyya letteralmente significa Regno dell’occidente ed è il nome arabo attribuito all’attuale Marocco. Il Paese rappresenta geograficamente la porta occidentale dell’Africa, in aereo si compie un viaggio relativamente breve per raggiungerlo, eppure all’arrivo ci si sente catapultati in un altro mondo.Il Marocco rappresentava un luogo speciale nel mio immaginario, affamato di miti, esotismo e di nuove personali scoperte.Così, dopo un fallito tentativo risalente a qualche anno addietro, nel 2010 riusciamo finalmente a visitarlo, compiendo uno dei viaggi più brevi e più intensi che si possano realizzare. I biglietti aerei mi vengono donati per il compleanno, pertanto la partenza avviene il 15 Settembre, giorno del mio genetliaco, con in mano solo un paio di prenotazioni. Tutto il resto sarà definito sul posto, la componente di imprevisto è molto spesso il sale del viaggio. I diciotto giorni a disposizione, ci consentono di ipotizzare un itinerario abbastanza completo che tocca le città imperiali, Casablanca, il Sud con le sue mille Kasbah, i monti dell’Atlante, il deserto ed infine la costa atlantica di Essaouira. Non amiamo particolarmente guidare, meno ancora in un Paese dove gli incidenti sulla strada rappresentano la prima causa di morte. Tutti i trasferimenti sono avvenuti principalmente utilizzando i treni, ove non possibile i pullman o il minivan collettivi. Nonostante le nostre perplessità iniziali, possiamo ora affermare che i trasporti pubblici che collegano i centri urbani più importanti sono ben organizzati, funzionali ed economici.

Ecco nel dettaglio il nostro itinerario:

15/09/10 Bologna-Casablanca 16/09/10 Casablanca-Rabat 17/09/10 Rabat-Meknes 18/09/10 Meknes 19/09/10 Meknes-Fes 20/09/10 Fes 21/09/10 Fes-Marrakech 22/09/10 Marrakech 23/09/10 Marrakech 24/09/10 Marrakech-Aït Bennhadou-Ourzazate-Gorge du Dadès 25/09/10 Valle du Dadès-Gorge du Todra-Tinehir-Merzouga 26/09/10 Merzouga-Valle du Drâa-Marrakech 27/09/10 Marrakech-Esaouira 28/09/10 Essaouira 29/09/10 Essaouira 30/09/10 Essaouira 01/10/10 Essaouira-Casablanca 02/10/10 Casablanca-Bologna

Ho scritto moltissimo, pertanto per facilitare la lettura o la ricerca di informazioni specifiche ho creato tre sezioni. Inizialmente troverete alcune informazioni pratiche di ordine più generale, successivamente ho descritto i luoghi da noi visitati segnalando per ogni città gli alberghi ed i ristoranti in cui siamo stati. Per finire, ho lasciato alcune considerazioni e riflessioni personalissime, dettate dalla nostra intensa e faticosa esperienza.

Informazioni pratiche:

Volo Bologna–Casablanca A/R, con Royal Air Maroc, al costo di 130€. I 40 kg di franchigia galvanizzeranno, così come è stato per me, alcune Signore e Signorine, che non dovranno farsi troppi scrupoli nell’acquisto di porcellane, vettovaglie e souvenir di ogni genere e peso. Peccato che la disponibilità concessa dal vettore aereo nel caricare pesanti bagagli non trovi corrispondenza alcuna nella cura degli stessi bagagli e nel rimborso dei danni eventuali, anche quando ingenti.

  • Moneta Dirham (Dhm). Il cambio al momento del viaggio si aggirava attorno ai 10,9 Dhm per un Euro. Si trovano numerosi uffici di cambio in tutte le città ed in aeroporto così come numerosi sono gli sportelli bancomat da cui prelevare direttamente moneta locale. Evitate se possibile di prelevare durante gli orari di chiusura delle banche poiché può capitare che la tessera magnetica sia trattenuta dall’apparecchio e poi per riaverla occorre attendere la riapertura.
  • Assicurazione sanitaria: stipulata con Viaggi Sicuri. L’assicurazione bagaglio aggiuntiva costava veramente poco e così abbiamo deciso di includerla, mentre scrivo sono nell’attesa di risarcimento per il danno al bagaglio.
  • Clima: Nel mese di Settembre abbiamo trovato una temperatura eccezionalmente gradevole nelle città del nord, caldo secco con temperature massime nelle ore centrali della giornata attorno a 30°. Frequenti pioggerelline nel tardo pomeriggio. Caldissima Marrakech, con temperature diurne che hanno toccato i 42°. Piacevolmente calda la notte nel deserto dell’Erg Chebbi. Freddo invece ad Essaouira, da metà Settmbre, a meno che non siate appassionati di Kite-surf, non consideratala più come una destinazione balneare ma soltanto come una splendida città da visitare.
  • Sicurezza: durante il nostro viaggio non siamo fortunatamente incappati in situazioni particolarmente rischiose per noi. Ci è capitato di imbatterci in una lite corpo a corpo tra due uomini a Marrakech, mentre ad Essaouira, ritornando in albergo dopo cena abbiamo notato una piccola folla che attorniava un giovane uomo riverso a terra in una pozza di sangue, probabilmente accoltellato. A Fès, in prossimità delle tombe Merinidi, la rabbia dei ragazzini che si vedono rifiutare i loro servigi, si trasforma sempre più spesso in aggressività e tale aggressività si è concretizzata nel lancio di pietre verso la mia persona. Le aggressioni fisiche si verificano anche in Marocco ma difficilmente coinvolgono gli stranieri che devono invece rassegnarsi a subire piccole seccature, limitate all’insistenza di chi cerca di trarre un qualche profitto dai turisti. In questo caso, rifiutate gentilmente e soprattutto cercate di dare l’impressione di sapere sempre esattamente dove andare, strada, luogo o albergo che sia, anche quando non è realmente così.
  • Petit Taxi; sono solitamente Fiat uno o Peugeot, onnipresenti e monocolori, i taxi urbani sono stati per me fonte di discreto nervosismo. Fatte salve le rare occasioni in cui il conducente deciderà di attivare spontaneamente il tassametro, il prezzo della corsa andrà fermamente contrattato, ma non sempre c’è il tempo e la voglia di mercanteggiare e allora bisognerà piegarsi alla legge del più forte. Ecco alcune regole per non subire oltre all’imbroglio, l’intima derisione del taxista mentre brinda, rigorosamente analcolico, alla salute del turista gabbato: una corsa in centro città non deve costare mai più di 20 Dhm, evitate di salire su un taxi già occupato da un passeggero autoctono perché volenti o nolenti pagherete anche la sua corsa, se potete evitate di chiamare il taxi davanti a grandi alberghi o a luoghi particolarmente turistici perchè il prezzo della corsa inspiegabilmente lieviterà. Qualora poi, sia stato faticosamente attivato il tassametro, cercate di farvi un’idea del tratto da percorrere evitando al conducente di allungare inutilmente il tragitto a vostro discapito. La tariffa minima anche per corse molto brevi è di 7 Dhm. Alcuni taxisti vi chiederanno un sovrapprezzo per i bagagli; non esiste, la tariffa è la stessa con o senza bagagli!
  • Treni: Tutte le città imperiali sono ben collegate fra loro ed anche a Casablanca. Esiste anche un comodo collegamento ferroviario tra l’aeroporto di Casablanca ed il centro città, 40 Dhm per 30 minuti di percorrenza. Noi abbiamo utilizzato i treni per tutti gli spostamenti possibili su binario, trovandoli economici, puntuali e confortevoli anche in seconda classe, certamente non peggio dei treni italiani. Le stazioni ferroviarie sono generalmente nuove, quella di Marrakech in particolare è molto bella, ben organizzata, il personale gentile e disponibile. Per informazioni su orari e costi: www.oncf.ma
  • Autobus: Esistono due grandi compagnie Supratours e CTM ed una infinità di piccole compagnie economiche, più o meno affidabili, poiché utilizzano i pulman dimessi dalle prime due e che raggiungono anche le località più remote del Paese. In alta stagione e per le tratte più turistiche (coma da Marrakech ed Essaouira) è consigliabile acquistare il biglietto uno o due giorni prima. In base alla nostra esperienza noi abbiamo preferito Supratours, filiale delle Ferrovie marocchine che copre le principali tratte non servite dal treno. Il costo del biglietto è più caro ma i mezzi sono nuovi e ben tenuti ed il servizio eccellente, le soste avvengono solitamente in locali pensati per i turisti, con bagni decenti e caffe risoranti discreti. Con CTM abbiamo compiuto un viaggio di 7 ore da Essaouira a Casablanca, abbiamo effettuato un’unica sosta in un improbabile autogrill dai servizi igienici inaffrontabili, per cui siamo stati costretti a preferire i campi retrostanti. Evitate la Gare routière principal di Marrakech per acquistare i biglietti, è una bolgia infernale dove si viene assaliti dai procacciatori di clienti delle compagnie minori. All’interno esiste uno sportello CTM dove gli impiegati hanno interesse a dirottarvi su altre compagnie e forniscono quindi informazioni false riguardo la non disponibilità di posti. Supratour e CTM hanno proprie esclusive stazioni vicine a quella dei treni che sono da preferire per l’organizzazione e la qualità del servizio offerto.
  • Cibo e bevande: potete cominciare a gustare una tipica colazione a base di crêpes e Amlou, uno sciroppo composto da Olio di Argan, miele e pasta di mandorle. Per tutti i pasti principali non mancheranno mai le tradizionali Tajine e cous-cous nelle molteplici varianti, I più curiosi potranno provare la Pastilla, una pastasfoglia con ripieno di carne di pollo e piccione, uovo, limone e mandorle, il tutto ricoperto da cannella e zucchero. Nelle serate più fresche abbiamo apprezzato la Harira, la zuppa di verdure che solitamente apre i pasti abbondanti. Notevole la scelta di dolci da accompagnare ad un buon thè alla menta.
  • Acquisti: l’offerta è abbastanza varia anche se occorre saper scegliere tra prodotti di qualità e paccottiglia. Le medine di tutte le città sono alveari di operosità, molto spesso abbiamo avuto l’impressione che la merce esposta fosse troppa e sempre uguale. Ovunque si trovano tappeti, babbucce, borse o puff in pelle, spezie e frutta secca. Esistono poi alcuni articoli più tipici di ciascuna città. Essaouira è famosa per i sandali e le calzature in rafia, Rabat per i tappeti, Fes per le maioliche dai colori delicati e Safi per le ceramiche dai colori più sgargianti, le zone costiere da Essaouira fino ad Agadir sono rinomate per la produzione di olio di Argan. Col senno di poi i luoghi migliori in cui fare acquisti sono stati: la medina di Rabat, meno folkloristica ma anche meno impegnativa ed i souq delle Mellah, i quartieri ebraici delle varie città, generalmente più poveri e molto meno turistci.
  • Henné: in tutti i luoghi turistici è frequente venire avvicinati da donne munite di album dimostrativo e siringa carica della scura sostanza che insistentemente si offriranno per decorarvi mani o altre parti del corpo. Molto spesso l’henné utilizzato dalle hennayas di strada viene mischiato a colla o diluito con altre sostanze che rendono più veloce l’applicazione, ma che possono creare fenomeni allergici, tale pratica sembra essere diffusa soprattutto sulla piazza Jamaa el Fna.
  • Cosa non dimenticare in valigia: tappi per le orecchie perchè le stanze d’albergo in centro città possono essere assai rumorose oppure, se non siete di fede mussulmana, per risparmiarvi l’invito alla preghiera del Muezzin alle quattro del mattino. Un sacco-lenzuolo se intendete alloggiare in alberghi di categoria economica o nelle tende berbere del deserto potrà essere molto utile. Farmaci contro i comuni disturbi del viaggiatore. Torcia e carta igienica se intendete trascorrere almeno una notte nel deserto.
  • Costi: abbiamo speso complessivamente 866 € a testa, comprensivi di tutto ( regali, mance, souvenir, assicurazione sanitaria, hammam, treni e navette da/per gli aeroporti in Italia, ecc.).

Il nostro viaggio in dettaglio

Casablanca

Il primo contatto con il mondo marocchino avviene a Casablanca. La città, grigia ad una prima distratta occhiata, viene spesso snobbata perché considerata priva di valide attrattive turistiche. Per noi è stata una tappa quasi obbligata in quanto i nostri voli arrivavano e partivano proprio da qui. Per fortuna, perché ci ha riservato piacevoli sorprese. La capitale economica ed industriale del Paese, nonché seconda città d’Africa più grande dopo Il Cairo, merita a nostro avviso una conoscenza più approfondita.

I suoi abitanti aperti e cordiali,l’atmosfera cosmopolita, il lungo mare della Corniche, le zone pedonali per lo shopping, danno maggior respiro rispetto alle affascinanti quanto claustrofobiche e oppressive antiche capitali del Marocco.

La nostra conoscenza della città ha inizio dal suo monumento simbolo, la Moschea Hassan II. Ingresso 120 Dhm, possibile solo con visita guidata, durata un’ora circa. Contrariamente a quanto scrivono alcune guide, l’entrata ai non mussulmani è possibile anche di Venerdì, giorno di preghiera, ma unicamente alle ore 9.00.

La moschea imponente, maestosa e ricca, ha tre lati sull’Oceano Atlantico, perché costruita su fondo marino, grazie a donazioni private e sovvenzioni pubbliche che hanno coperto una spesa che si stima superiore a 750 milioni di dollari. Se l’esterno della moschea con il suo altissimo minareto, fontane e porte decorate, è impressionante, l’interno non è da meno: il tetto apribile, gli stucchi, i soffitti intagliati in legno di cedro, i pavimenti e le colonne in marmo di Agadir, Tafrounte e Carrara, lampadari di Murano e inoltre biblioteca, museo, sala per le abluzioni con vasche a forma di fiore e hammam. Insomma una tappa imperdibile, soprattutto se si considera che l’edificio, ultimanto nel 1993, nonostante la giovane età, comincia a dare segni di debolezza proprio a seguito della sua ubicazione direttamente sul mare. (Venezia docet).

Una zona piacevole da visitare è quella proposta dall’itinerario a piedi di Lonely Planet (LP). Si passeggia tra edifici in stile moresco, ispirato all’art déco, attraversando il Parc de la Ligue Arabe, ben tenuto e stranamente aperto al pubblico (successivamente avremo modo di constatare che molti giardini sono chiusi al pubblico), la maestosa Cattedrale del Sacro Cuore, oggi sconsacrata e destinata ad ospitare esposizioni. Si arriva poi all’antica prefettura ed al palazzo di giustizia fino raggiungere le rovine dell’hotel Lincoln. Qui è molto forte l’impronta data dalla colonizzazione francese, ma, ad onor del vero, gli spazi verdi e le belle facciate dei palazzi arricchiscono la città e le conferiscono un aspetto vivibile ed accogliente.

In taxi abbiamo raggiunto il quartiere di ‘Ain Diab. Non cercate come inizialmente abbiamo fatto noi di arrivarci a piedi direttamente dalla moschea Hassan II, il tragitto sul lungomare percorre una zona fatiscente e sporca e le distanze sono notevoli. All’inizio di ‘Ain Diab, in prossimità del boulevard de la Corniche è sorto un enorme cantiere esteso per oltre un km, all’interno del quale si sta realizzando una mastodontica e lussuosa area residenziale con annessi locali pubblici, proprio a ridosso del mare, che stravolgerà completamente questa zona della città.

Da lì abbiamo passeggiato sulla lunga spiaggia da noi generosamente rinominata la Ipanema marocchina, affollatissima di ragazzi impegnati in attività sportive.

Alloggi a Casablanca:

Ibis Moussafir di Casa Voyageurs, Dhm 466 la stanza doppia. Stanze grandi, pulite, ben attrezzate per i neonati. Ricca la colazione non compresa nel prezzo (e vorrei vedere costa più di 50 Dhm! )

E’ una soluzione molto comoda per chi intende spostarsi in treno, o arriva la sera tardi direttamente dall’aeroporto, trovandosi proprio di fronte alla stazione Casa Voyageurs. La catena degli hotel Ibis garantisce sempre un discreto livello nel servizio. Per il resto, la zona in cui l’hotel è collocato è totalmente priva di interesse.

Hotel Maanar, Dhm 450 la stanza doppia, colazione esclusa. Ottima posizione per questo grande Hotel: vicinissimo alla stazione dei pulman CTM, posto di fronte ai mercati centrali e poco lontano dalla stazione ferroviaria di Casa Port. Nelle vicinanze si trovano moltissimi locali in cui poter mangiare. Le stanze sono molto ampie, luminose e pulite. I bagni, dotati di bidet, hanno sanitari un po’ datati ma assolutamente lindi. Wi-fi gratuito nella hall. Buon rapporto qualità/prezzo.

Cibo a Casablanca:

Boulangerie-Pâtisserie de l’Opéra, (50 rue du 11 Janvier): per una ricca colazione o per mangiare qualcosa di veloce, economico e con una vastissima scelta di dolci.

Ristorante La Sqala: un elegante locale per cenare o bere qualcosa in un’antica fortezza splendidamente ristrutturata. Gradevole la vista dall’alto.

Rabat

L’odierna capitale del Marocco nonchè ultima delle città imperiali in ordine cronologico, offre un mix di modernità e tradizione in un’atmosfera relativamente rilassata, soprattutto se paragonata a Meknes o Fes. Inoltre l’essere affacciata sul mare le conferisce un carattere piacevolmente vacanziero e consente alla vista di spaziare oltre le mura del souq.

Tra le mura della città ed il mare, in quella che sarebbe un’ottima posizione per edificare ville da sogno, si estende invece a vista d’occhio il cimitero di Rabat. La moltitudine di tombe bianche digradanti verso l’Oceano, crea un effetto impressionante. Le stradine del cimitero vengono abitualmente percorse dai ragazzi del luogo i quali, con la tavola da surf sotto braccio raggiungono il mare indossando la muta. Per noi è strano a vedersi ma qui sembra molto naturale.

Il nostro giro della città è iniziato andando un po’ a caso nelle vicinanze dell’hotel. Siamo così arrivati alla St. Pierre Cathedral, una chiesa cattolica, la cui architettura presenta inevitabilmente caratteristiche mussulmane e non ci siamo fatti mancare nemmeno un giro per i giardini Triangle de Vue, una gradevole oasi verde con moltissime piante e fiori.

La medina di Rabat è forse meno pittoresca che altrove, ma sicuramente più tranquilla e rilassante, le sue vie sono più larghe e ariose ed è meno frequente l’incontro con altri turisti. I venditori non sono particolarmente insistenti e quindi potrete osservare tranquillamente le merci esposte senza subire continue esortazioni all’acquisto. I prezzi sono generalmente più bassi rispetto alle altre città imperiali, il che può sollevarvi dalle lungaggini di una accanita contrattazione. In sostanza: è un buon posto per fare acquisti.

La Kasbah des Oudaias è un luogo davvero bello; per la sua posizione in quanto la Kasbah sorge su un promontorio che si affaccia contemporaneamente sull’Oceano Atlantico e sul fiume Bou Regreg. Inoltre il quartiere, anticamente abitato da pirati, è tutto un saliscendi di stradine strette e le case sono imbiancate a calce con porte e finestre decorate nei toni del blu. Un po’ ricordano Santorini e forse per questo il quartiere ci piace tanto. Non mancano splendidi scorci per gli amanti della fotografia. Nella Kasbah si può visitare il giardino Andaluso, un luogo tranquillo, profumato e fresco dove riposare un po’. Immancabile la sosta al Cafè Maure, dove sorseggiare un the alla menta accompagnato da dolcetti, godendo di una splendida vista sulla città di Salè.

La Kasbah è il solo luogo di Rabat dove è possibile incontrare false guide, vi avvicineranno con le solite domande: Italiano? Di dove? Tutti avranno un parente che vive nella vostra città, qualsiasi essa sia e poi aggiungeranno che la Kasbah non è sicura e che bisogna obbligatoriamente essere accompagnati da un’abitante del luogo. Sentitevi liberi di rifiutare gentilmente perché la zona è tranquilla soprattutto se andate con la luce del giorno ed è anche abbastanza semplice riuscire ad orientarsi.

Con una lunga camminata raggiungiamo la Torre Hassan, il basamento di quello che sarebbe dovuto divenire il minareto più alto del mondo, l’ambizioso progetto però non è mai stato portato a compimento. Tutto attorno invece si trovano i resti delle colonne dell’antica moschea. Il sito, per la sua particolare collocazione e per l’armonia dell’insieme è divenuto il simbolo della città di Rabat. Accanto alla torre Hassan sorge il Mausoleo Mohammed V, un tripudio di lusso per il maestoso edificio di marmo bianco, protetto dalle guardie a cavallo. L’ingresso è gratuito.

Sempre a piedi, sotto un sole cocente, abbiamo raggiunto la necropoli merinida di Chellah (ingresso 10 Dhm). La necropoli è sorta sui resti dell’antica città romana di Sala Colonia. La visita affascinerà soprattutto gli appassionati di storia, i più bucolici apprezzeranno invece la passeggiata nel verde fino ai rilievi che sovrastano le rovine, da cui poter beneficiare della vista sui campi circostanti e sui minareti popolati da cicogne che qui vengono a nidificare. I molti gatti residenti, ingordi e sornioni, vi terranno compagnia.

Alloggio a Rabat:

Hotel Capitol (34 Allal ben Abdellah): costo 400 Dhm la stanza doppia, colazione esclusa. Considerando la polvere ed i capelli presenti dappertutto, la stanza sembrava non essere stata pulita da un po’. L’acqua calda (tiepida per la verità) viene erogata solo dalle 19.15 al mattino. La posizione è buona, l’hotel si trova infatti a metà strada tra la stazione di Rabat Ville e l’ingresso della medina.

Il personale della Reception è stato gentile perché lasciando noi la stanza il mattino, ci ha custodito gratuitamente i bagagli fino alle 17.00.

Cibo a Rabat:

Mix Grill (285, avenue Mohammed V): è un posto valido per mangiare qualcosa in fretta. Molto frequentato per la pausa pranzo dagli impiegati che lavorano in zona.

Ristorante El-Bahia (boulevard Hassan II, l’ingresso è nelle mura della medina). Si tratta di un locale di cui quasi tutte le guide scrivono bene, pertanto la percentuale d’avventori turisti è notevole. Le buone recensioni sono meritate, l’ambiente è caratteristico, la cucina propone piatti classici e ben preparati a prezzi onesti. Non andate troppo tardi se desiderate mangiare pesce, perché si rischia di non trovarlo più.

Patisserie Majestic (av.Allal Ben Abdallah): si tratta di una storica pasticceria che propone una vasta scelta di dolci per la prima colazione.

Caffetteria della 7ème Art (av.Allal Ben Abdellah): è il bar-ristorante dell’omonimo cinema.

Si tratta di un locale con ampio spazio e tavoli all’aperto, l’ambiente piacevole, il servizio solerte e cortese, buona scelta di piatti veloci e abbondanti.

Meknes

Meknes è definita la città verde per il colore dei mosaici dei suoi tetti. In realtà il colore dominante è in assoluto il giallo; infatti, le sue spesse mura lunghe ben 25 km e tutti i palazzi della città sono colorati di un bel giallo senape.

Arriviamo a Meknes a bordo di un affollato treno nel tardo pomeriggio, anche a questa latitudine è l’ora di punta per i pendolari. Riuscire a prendere uno dei taxi celesti dalla stazione per raggiungere la città vecchia, si rivela un’ardua impresa in quanto nessuno rispetta la fila e tutti corrono all’assalto dei pochi mezzi, numericamente insufficienti per le persone in attesa.

Il Riad in cui alloggiamo è all’interno dell’intricata medina: dopo colazione usciamo in strada e con difficoltà cerchiamo dei punti di riferimento per orientarci. Dopo qualche tentativo fallito, raggiungiamo la grande Place El Hedim, la cui traduzione poco rassicurante significa Piazza della Distruzione. Le sue dimensioni sono tali da farla sembrare, nonostante i locali ed i negozi disposti sui lati, poco animata e forse un po’ desolante. Priva di magnificenza ma non di fascino, ricordando nell’insieme un antico caravanserraglio alle porte del deserto.

L’estremità della piazza è dominata dall’imponente Bab Mansour, la grande porta riccamente decorata con mattonelle verdi e bianche si apre, attraverso “il corridoio della morte”, sulla città imperiale lasciandosi alle spalle la medina operosa e brulicante.

Meknes era la capitale del Moulay Ismail, il terribile e sanguinario sultano che governò il Marocco, unificandolo, nel periodo a cavallo tra il 1600 ed il 1700. Uno dei luoghi principali da visitare è proprio il Mausoleo che ospita le sue spoglie, uno dei pochi mausolei del Paese, insieme a quello di Mohammed V a Rabbat, aperti anche ai visitatori non mussulmani, peraltro gratuitamente. La tomba, nonostante la crudeltà del sovrano è particolarmente venerata dalla popolazione locale, anche perché si narra che emani poteri magici che si trasmettono ai credenti. Manteniamo i nostri dubbi sulla trasmissione dei poteri, riconoscendo che il palazzo merita una visita per le sue ricche decorazioni e gli stucchi di notevole fattura.

Dal mausoleo di Moulay Ismail, parte una lunga strada, cinta da alte mura che conduce ai vecchi granai della città imperiale Heri el Souani (ingresso 10 Dhm) e al vicino Bacino di Agdal. Il tratto di strada si può percorrere in taxi o più romanticamente in calesse. Noi ovviamente lo abbiamo fatto tutto a piedi. I granai, per la loro architettura ci riportano indietro di qualche secolo, proprio per questa caratteristica sono stati il set cinematografico per molti film. Il bacino artificiale di Agdal forniva invece l’acqua ai canali che scorrendo sotto i granai stessi servivano a mantenere la temperatura del grano costante. E’ una zona dove verso sera si ritrovano molte coppie o gruppi di giovani per passeggiare lungo le rive del lago artificiale anche se nel complesso l’atmosfera denota un certo degrado ed è piuttosto cupa.

Noi abbiamo apprezzato particolarmente la zona di Dar Kbira, la parte più sconosciuta della città imperiale, generalmente trascurata dalle guide. Era il luogo in cui viveva Ismail, quando non era impegnato in qualche atroce azione. I palazzi non sono visitabili, tranne quelli trasformati in Riad o ristoranti, ma la camminata tra le mura strette e chiuse di questa tranquilla medina priva di negozi, vi permetterà di fare un tuffo nel passato più realisticamente che altrove.

La Medina di Meknes è un dedalo intricato di vie, viuzze, vecchi mercati coperti, laboratori dei più antichi mestieri che profumano a volte di legno e a volte di caffè. Tra questi sempre più spesso spuntano venditori di merci di provenienza cinese, a riprova che la globalizzazione avanza ovunque inesorabile. Al suo interno, di fronte alla grande Moschea, si trova la Madrasa Bou Inania (ingresso Dhm 10), con la sua architettura tradizionale, ricami di stucco, legni intagliati e fontana centrale per le abluzioni merita certamente una visita. Per chi non lo sapesse, le mederse sono scuole coraniche di livello elevato, dove venivano impartiti gli insegnamenti di diritto, teologia e retorica.

Alloggio a Meknes:

Riad Zahara, situato nella medina, vicinissimo alla Grande Moschea, € 50 per la camera doppia, colazione inclusa. Prenotato tramite Booking. L’accoglienza è cortese, ma la stanza che avevamo prenotato (la più economica), rispetto alle altre sembra quella destinata al personale di servizio: buia, angusta, la finestra del bagno è priva di vetri e si affaccia sul cortile interno dove vengono servite la prima colazione e la cena. Dimenticate quindi la privacy anche perché qualsiasi rumore prodotto viene amplificato dalla tromba dell’edificio. L’acqua calda in bagno non sempre è erogata perché ci informano che l’impianto funziona ad energia solare. La colazione è discreta ma, anche chiedendo non c’è modo d’averla servita prima delle 8.30.

Pasti a Meknes:

Ristorante Oumnia (8, rue Aïn el-Fouki): noi abbiamo faticato non poco per trovare questo locale che è una tipica abitazione marocchina, con tante piccole sale zeppe di suppellettili e ninnoli. Tutti i membri della famiglia che gestisce l’attività si sono mostrati molto gentili. Qui ho assaggiato la Pastilla, un piatto della festa che ricorda molto la nostra Gubana (il dolce friulano) con aggiunta al ripieno di pollo e piccione!

Fès

Anche a Fès così come a Meknes, il colore dominante è il giallo; gialle sono le sue lunghissime mura e le quattordici porte d’accesso. Fès si definisce la capitale del sapere, della tradizione e dell’ortodossia religiosa. Le tre cittadelle che la compongono, Fès nuova, Fès el Jèdid (seminuova) e Fès el Bali (la parte antica rappresentata dalla medina), meriterebbero una visita approfondita con una guida esperta. Orientarsi a Fès non è semplice, mancano i nomi di strade e piazze e nelle rare occasioni in cui sono riportate, le scritte sono in caratteri arabi. Le persone ci sono parse schive e a tratti ostili. Le richieste di informazioni vengono soddisfatte dai Fassi, principalmente dietro ricompensa in denaro. Una certa mal tolleranza verso i turisti l’abbiamo percepita anche dalle battute sarcastiche in lingua francese indirizzateci in maniera abbastanza esplicita lungo la strada. Precisiamo che abbiamo sempre cercato di mantenere un comportamento rispettoso ed un abbigliamento decoroso. Nonostante questo, fermi nella nostra autarchia del viaggiatore abbiamo fatto in modo di cavarcela da soli, perdendo moltissimo tempo e mancando purtroppo alcuni luoghi interessanti.

L’impatto con Fès può risultare forte, a tratti stordente e disturbante, certamente non è una città facile per il turista autogestito.

La sua medina, pur essendo organizzata con percorsi a tema segnalati da simboli di differenti colori è un dedalo pazzesco di stradine brulicanti di gente che speditamente si muove in tutte le direzioni, accalappia-turisti che non ci danno pace, asini caricati delle più strane mercanzie, polvere e cattivi odori.

Una volta dentro la medina non ci sono punti panoramici e non è semplice individuare un monumento dal minareto o dal tetto. Ciononostante, riusciamo a vedere l’orologio idraulico ormai non più funzionante, le Madrasse Bou Inania (ingresso 10 Dhm) e Attarine (ingresso 10 Dhm), riusciamo anche a compiere per intero (ma solo dopo alcuni tentativi falliti) l’itinerario a piedi suggerito da LP.

Ad un certo punto camminando nella medina, un odore nauseabondo preannuncia la vicinanza delle concerie, immediatamente confermato da una lunga serie di ragazzini che si offrono di accompagnare i turisti in cerca di forti emozioni e di scatti memorabili. Noi abbiamo sempre declinato l’invito decidendo di non visitare le concerie. Troviamo poco rispettoso andare ad osservare, sventolando mollemente un rametto di menta sotto il naso per illudere un olfatto raffinato, uomini costretti a lavorare in condizioni disumane, spesso immersi in sostanze chimiche nocive per la loro salute. Alcune vasche, quelle bianche, contengono ammoniaca, le altre sostanze naturali (ma non per questo più salubri) quali guano di piccione e urina di mucca. Negli ultimi anni per accelerare il procedimento di fissazione del colore vengono utilizzate anche sostanze quali: acido solforico, acido formico e calce viva! Per spostarsi gli operai sono costretti a camminare a piedi nudi su avanzi di pelo e di carni di animale. Restare immersi fini alla cinta in liquidi altamente tossici e cancerogeni lascia a questi lavoranti prospettive di vita assai poco rosee. Con rammarico abbiamo visto gruppi di turisti recarsi allo spettacolo, il cui biglietto costa una manciata di monetine intascati da questi giovani ragazzi che svendono scene di antica tradizione, speculando sul destino lavorativo crudele e incivile di loro concittadini, talvolta addirittura coetanei. Noi crediamo semplicemente che, in barba alle tradizioni, le concerie andrebbero chiuse perchè se il lavoro è un diritto, quello alla salute è un diritto più importante!

Fuori le mura sono visitabili il Museo delle armi e le tombe dei Merinidi. Delle tombe non rimane molto ma il panorama sull’intera città è superbo. E’ consigliabile recarsi a visitarli durante la mattinata in quanto già dal pomeriggio la stradina in salita che porta ai resti delle tombe non è sicura. Io stessa sono stata presa a sassate da un ragazzino semplicemente per aver rifiutato la sua offerta di farci da guida.

Le colline sottostanti che scendono verso la città, sono disseminate di tombe bianche, inframmezzate da stradine trafficate di uomini, cani, asini e greggi di pecore che vanno ad abbeverarsi alla fontana del cimitero. Considerando il traffico, anche noi abbiamo deciso di prendere la scorciatoia, improvvisando un trekking più difficoltoso del previsto, proprio nel cimitero.

Fès el Jdid, la città seminuova, occupata in gran parte dal Palazzo Reale (ingresso vietato al pubblico) che con i suoi oltre quaranta ettari d’estensione rappresenta una cittadella a se stante.

Nella parte sud orientale di Fès el Jdid sorge la Mellah, il quartiere ebraico che faticosamente raggiungiamo a piedi. Verso le 17.00 percorriamo Rue des Mérinides, a quest’ora la strada si anima per le bancarelle ed il passeggio. Facciamo acquisti di articoli già visti in precedenza che qui però hanno prezzi sei volte inferiori alle medina di Fès el Bali. Meno folklore ma più autenticità, turisti… nessuno a parte noi.

Manchiamo la piccola sinagoga Habarim, innervositi cerchiamo di ignorare le indicazioni non richieste che ci sono insistentemente offerte da un giovane il quale ci suggerisce di passare per una viuzza stretta e nascosta, ammiccando ad un suo compare poco distante. Purtroppo gli abitanti di Fès ci hanno indotti ad essere più diffidenti, col senno di poi vogliamo credere che questi ragazzi cercassero semplicemente di farci entrare in qualche negozietto ma comunque, abbiamo preferito non rischiare.

Fès c’è parsa particolarmente trascurata, sporca e sofferente. E’ stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, ma l’impressione è che negli ultimi decenni gli investimenti per restaurare e rendere più vivibile la città siano stati assai scarsi. Fanno eccezione le ristrutturazioni degli ormai numerosi Riad che rimangono però appannaggio esclusivo dei loro ospiti ed i giardini Tzmil, bellissimi da fuori ma che sono tuttora chiusi al pubblico! Numerose le discariche a cielo aperto, rifiuti un po’ dovunque (ma è difficile per noi Italiani dare il buon esempio…) ed un provvidenziale proliferare di gatti, in assenza dei quali, miliardi di topi scorazzerebbero tranquillamente per la città. Detesto le generalizzazioni quando ci si riferisce a persone ma, per la nostra personalissima esperienza possiamo affermare che, escludendo gli albergatori (almeno i nostri) che sanno ovviamente il fatto loro quanto ad ospitalità, la popolazione locale sembra qui particolarmente chiusa ed ostile verso i turisti. Ci è capitato di essere beffeggiati e derisi, pur vestendo in modo decoroso, per il solo fatto di essere identificati come stranieri, ma chissà ..forse abbiamo solo cominciato a scontare un ritorno di karma nazionale.

Alloggio a Fès:

Riad Layahlina, 50 € la stanza doppia, colazione inclusa, prenotato con Booking.

Il Riad è semplicemente splendido, probabilmente la nostra migliore sistemazione in Marocco. Una grande dimora recentemente ristrutturata con gusto lussuosamente raffinato. La biancheria è nuovissima e gli arredi tradizionali sono molto ricercati. I proprietari, due simpatici giovani fratelli, ci hanno riservato un’ottima accoglienza all’arrivo con il classico thè alla menta, pasticcini, frutta e bibite (per noi praticamente un pranzo). Avevano poche prenotazioni e quindi ci hanno sistemato in una stanza di categoria superiore a quella da noi prenotata senza alcun sovrapprezzo. Superlativa la colazione con uova alla berbera, pane appena cotto e frullato di yogurt e mela.

Una sera abbiamo deciso di cenare in Riad, c’è stato preparato il menù concordato, composto di portate curate e gustose al costo di 20 € a testa. Costoso rispetto ha quanto abbiamo sempre speso mangiando fuori, ma il servizio è stato certamente di livello superiore.

I gestori sono da poco in attività, stanno cercando di farsi un buon nome e si prodigano nel cercare di accontentare in ogni necessità i loro ospiti, sono persino riusciti a procurarmi un asciugacapelli andandolo a prendere a casa di loro amici. Ottimo rapporto qualità-prezzo; approfittatene!

Cibo a Fès:

Médina Café (subito prima di entrare nella medina da Bab Boujloud). E’ possibile mangiare buoni piatti marocchini e anche alcune portate vegetariane su una bella terrazza. Molto gentile il servizio Ristorante La Kasbah (all’interno di Bab Bou Jeloud): è un posto molto turistico, ha una bella terrazza ma per noi è stata forte l’impressione di sudiciume generale che abbiamo ricevuto.

Marrakech

Il colore di Marrakech è il rosso. Rosse sono le sue mura cotte dal sole, rossi i terreni, la Moschea Koutoubia e molti palazzi.

La parola Marrakech significa “passa in fretta”, a testimonianza del passato turbolento della città che a lungo è stata crocevia di guerrieri, mercanti e nomadi.

Il suo passato e la sua posizione geografica ne fanno la città più esotica del Paese ed inevitabilmente la più turistica, soprattutto dopo l’avvento delle compagnie aeree low-cost, che qui scaricano ogni giorno centinaia di persone provenienti da tutta Europa. Già dal mattino presto, la medina è tutto un rollare di trolley.

La pianta urbana di Marrakech mostra subito una prima divisione territoriale: la medina circondata dalle mura e Gueliz, la parte nuova.

Il nostro primo approccio alla città è proprio con Gueliz, dove giungiamo con un treno in perfetto orario dopo un viaggio di otto ore. Ci accoglie una stazione moderna e funzionale, l’esterno sembra un palazzo d’epoca, di fronte invece il principale teatro della città.

Una volta sistemati al Riad, usciamo e prendiamo contatto con Piazza Djemaa el Fna, per assistere alla cerimonia del tramonto. Attorno alla grande piazza irregolare, un tempo stazione degli autobus, tutto sembra girare. Siamo spettatori ed allo stesso tempo attori di uno spettacolo che si ripete come ogni sera simile ma mai identico.

Venditori di frutta secca e di thè alla menta, chiromanti, tatuatrici di hennè, guaritori, incantatori di serpenti e cantastorie conferiscono un’aria esotica alla piazza. I banconi- ristorante numerati ricordano invece più gli stand della festa dell’unità. E’ noto che la piazza sopravviva ormai esclusivamente grazie agli introiti del turismo che difficilmente snobba un po’ di sano folklore a pagamento. Migliaia di persone animano la piazza, frequentatissima dai turisti che qui si trovano a passare più volte durante il loro soggiorno, ma è vero che sembra essere un punto di ritrovo serale anche per gli abitanti di Marrakech. Cose e persone si fondono in un’amalgama sensoriale di fumi, odori, musiche, flash delle fotocamere e luci colorate che non può lasciare indifferente nemmeno il più distaccato dei viaggiatori.

Nel 2001 la piazza è stata insignita dall’UNESCO di un nuovo titolo appositamente creato per lei, quello di patrimonio orale e immateriale dell’umanità. Un’organizzazione internazionale le ha quindi riconosciuto il ruolo di crocevia culturale, viene, però da chiedersi quale sia la percezione degli abitanti del luogo rispetto alla piazza? L’impressione è che il suo mito sia appannaggio dei turisti e dei commercianti a loro collegati. Molto probabilmente per i residenti locali la piazza ha una connotazione più negativa, basti pensare che la frase ”figlio di Djemaa el Fna “ viene considerata un’offesa rivolta a ladri e delinquenti in genere.

A sud ovest della piazza si erge il minareto della moschea Koutoubia, che facilmente individuabile per la sua altezza funge da punto d’orientamento per tutta la città. Ovviamente non è visitabile, ma è circondato da un bel giardino dove può risultare piacevole passeggiare. La sera, il minareto per effetto dell’illuminazione diviene ancora più spettacolare, la scenografia è apprezzata anche dai marrakchi che dopo il tramonto numerosi rimangono seduti ai piedi del minareto chiacchierando e mangiando qualcosa.

Di buon mattino raggiungiamo in taxi i giardini Majorelle (ingresso 30 Dhm), anche se l’usanza vuole che li si raggiunga in calesse. I giardini devono il loro nome al loro creatore, il pittore Jacques Majorelle, che nei primi anni del ‘900, acquistò il terreno per costruirvi una sontuosa dimora. Alla morte di Majorelle il luogo cadde in abbandono per qulache anno per venire successivamente riacquistato e riportato alla gloria dallo stilista Yves Saint Laurent. Qui è tutto un tripudio di cactus giganti, banani, bambù, papiri, bouganville e palme che fanno da cornice al palazzo blu malva (ora ridefinito blu majorelle) dove visse Yves-Saint-Laurent. Lo stilista, in memoria del quale è stata costruita una stele all’interno del parco, era così legato a questo luogo che ha voluto che le sue ceneri venissero sparse proprio sui giardini. Il negozio all’interno offre souvenir originali e di classe ma costosissimi, dei quali una volta individuati potrete cercare le imitazioni più a buon mercato nei negozietti del souq.

Il parco, assieme al Museo di arte islamica presente al suo interno, rappresentano una fresca e profumata alternativa all’aria irrespirabile del centro città, peraltro io ho avuto l’impressione che venissero diffuse essenze di un noto profumo di Yves Saint Laurent.

Succesivamente, a piedi, attraversando un’improbabile zona industriale e con il sole allo zenith raggiungiamo i giardini Menara. L’ingresso è gratuito per fortuna, perché sarà per la stanchezza oppure per il caldo ma l’impressione è abbastanza deludente. I giardini ci ricordano una pista d’atterraggio tra piante di ulivi che sopravvivono sommerse dai rifiuti. Alla fine della pista si apre un laghetto artificiale che ha alle spalle un padiglione e delle tribune per l’installazione delle quali sono stati abbattuti ulivi centenari!

Decidiamo di vedere il Palazzo della Bahia ma riusciamo a visitarlo solo al secondo tentativo, in quanto gli orari di apertura riportati sulle nostre guide non erano aggiornati, difficile esserlo del resto, l’impressione è che cambino quotidianamente in relazione all’umore del custode.

Possiamo solo affermare che a settembre si chiudeva alle 16.30!

Ritorniamo quindi il mattino successivo e attendiamo l’apertura delle ore 8.30, che sarà invece alle 9.00. Ingresso 20 Dhm. Siamo nella zona della Mellah, il quartiere ebraico è nell’attesa subiamo divertiti l’assalto di piccoli spacciatori di sinagoghe false che ci annunciano la non apertura del palazzo, invitandoci a visitare in alternativa, la Sinagoga che inevitabilmente si rivelerà un negozio di qualcosa.

La nostra tenacia è premiata perché il palazzo apre e vale veramente una visita. L’insieme è stato creato unendo diverse abitazioni, il che spiega la commistione di stili. L’estensione è notevole, ogni appartamento sontuosamente arredato è riccamente decorato da zellij (mosaici che utilizzano tessere di terracotta smaltata), marmo, cornici e intelaiature delle porte in legno di cedro. Inoltre ogni appartamento dispone di un proprio patio fiorito. Oggi è ufficialmente parte del Palazzo Reale e alcune delle stanze (non visitabili) ospitano gli invitati del Re.

Il mattino di buon’ora, quando ancora i grossi gruppi di turisti non sono arrivati è il momento migliore per visitarlo.

Fiaccati dal caldo, raduniamo tutte le ultime energie per affrontare il souq di Marrakech. Il dedalo di stradine brulicanti di energia vitale si estende da Piazza Djamaa el Fna fino alla Moschea di Ali Ben Youssef. Dall’arco bianco situato dietro il Ristorante Argana si accede a Rue Souq Smarrine, l’asse principale del mercato, rigurgitante di oggetti più o meno autentici e caratteristici. Il “made in china” è sbarcato da un pezzo anche a Marakech, per non parlare dei gioielli in Argento per gran parte prodotti in India. Qui non esistono problemi di copyright, lo dimostra l’ingente quantitativo di scarpe sportive di vario marchio, ottimamente imitate e vendute in vari negozietti. Conservano maggiormente la loro antica tradizione i Souq dei fabbri e dei falegnami, che sono al contempo più tranquilli da visitare. Qui il tempo è scandito da ritmi antichi. Altrove tanta gente ma soprattutto montagne di mercanzie presidiate dai negozianti che restano seduti immobili in attesa dell’affare del giorno.

Una volta individuata l’arteria principale non è difficile orientarsi nel souq, io stessa, priva dalla nascita del ben che minimo senso dell’orientamento, sono riuscita dopo un primo approccio in compagnia del mio amorevole “navigatore umano”, a girarmelo da sola ritagliandomi mezzo pomeriggio di shopping rovente, mentre il mio compagno giaceva in stanza accusando i 42° di temperatura esterna.

La più grande Moschea all’interno del Souq è quella di Ali ben Youssef, ovviamente non visitabile dai non mussulmani. Accanto si trova la Medersa omonima (ingresso 20 Dhm), dal mio punto di vista la più bella tra quelle visitate oltre che la più grande di tutto il Maghreb, un trionfo di zellij, merletti di gesso, decorazioni in legno di cedro scolpito, giochi di luce nelle stanzette e nei corridoi, il tutto in un ambiente tranquillo e fresco.

Di fronte alla medersa è visitabile la Koubba Almoravide, un’archittettura antica che si dice contenesse le vasche per le abluzioni della Moschea.

Nelle vicinanze si trova il Museo di Marrakech, situato in un Riad splendidamente restaurato, impressionante il lampadario del salone principale. L’impianto elettrico avrebbe bisogno di un controllo, infatti mentre mi aggiravo in solitaria tra esposizioni di tessuti antichi ho sentito un forte odore di bruciato. Guardandomi un po’ in giro ho compreso che un cavo elettrico emanava scintille che avevano già intaccato un drappo. Personale avvisato e incendio scampato…per il momento.

Se avete tempo, è possibile acquistare un biglietto d’ingresso cumulativo che include la Medersa Ben Youssef, la koubba Almoravide ed il Museo di Marrakech al costo di 60 Dhm

Alloggio a Marrakech

Riad Sahad: 300 Dhm la stanza doppia con A/C, colazione esclusa. Non si tratta di un vero Riad poiché per definizione il proprietario dovrebbe vivere nella struttura ma è invece un piccolo Hotel di media categoria, pulito e con un tocco di atmosfera e soprattutto vicinissimo alla Piazza Jemaa el Fna. Il mattino viene servita una discreta colazione al costo di 25 Dhm sulla terrazza che per la verità non offre una vista memorabile. I ragazzi della recption sono molto carini. Siamo rimasti tre notti per poi partire alla volta del deserto, abbiamo quindi fermato la stanza per la notte in cui saremmo rientrati. Ci hanno custodito i bagagli ingombranti che non abbiamo portato con noi e molto gentilmente al nostro ritorno ci hanno offerto la suite per lo stesso prezzo.

Il proprietario gestisce anche il Riad Hamza ed il famosissimo Hotel Central Palace.

Cibo a Marrkech:

Chez Chegruni, direttamente sulla piazza, ma andateci presto se volete trovare posto in posizione strategica sulla terrazza perché sono i più ambiti e quindi quasi sempre occupati. Ottimi prezzi, accoglienza simpatica, peccato solo per il capello trovato nel cous-cous.

Ristorante du Progrés, posto sull’omonima via proprio dietro la piazza, raccomandatissimo dalle guide: veloce, buon cibo ma soprattutto molto economico (cena per due 96 Dhm) anche se le tovaglie di plastica e gli arredi ricordano le mense aziendali. Frequentato da turisti ma anche da gente del posto.

Earth Cafè: 2, derb Zouak, Riad Zitoun El-Kedim (non distante da Piazza Djamaa el Fna). E’ un ristorante vegetariano-vegano che offre otto menù molto abbondanti, diversi dai soliti tajine e cous cous.

I prezzi sono nella media, l’ambiente particolare ed il servizio ottimo.

Esiste un affiliato dell’Earth cafè anche ad Essaouira.

Cafè Restautant Chez de la Bahia: ci siamo fermati in questo locale per consumare la colazione di ritorno proprio dal palazzo della Bahia diretti verso la Piazza Djamaa el Fna.

Siamo stati attratti dalla visione della giovane donna che preparava a mano e coceva sul momento le classiche crêpes fritte da abbinare allo sciroppo con olio di Argan. Colazione buona ma per quanto riguarda l’ambiente ed il servizio questo ristorante è consigliato solo ai più temerari. Sono state utilissime le salviette disinfettanti che avevamo con noi, per ripassare le posate.

Cafè Toukbal: si affaccia direttamente su un angolo della piazza Djamaa el Fna. Lo abbiamo provato per la colazione, ottime brioche e crêpes con Amlou. Anche il caffè non è male.

Caffe della Stazione Supratur: offre uno standard europeo ma è al contempo molto veloce ed economico. E’ la soluzione ideale se dovete partire da Marrakech con il pulman il mattino presto.

In viaggio verso il deserto: valli, castelli di sabbia e oasi del sud

Dopo vari ripensamenti abbiamo deciso di raggiungere Merzouga ed il deserto dell’Erg Chebbi, acquistando da un agenzia locale un’escursione di due notti/tre giorni con partenza da Marrakech. Abbiamo accarezzato più volte l’idea di raggiungere Merzouga direttamente da Fès e successivamente arrivare Marrakech. Abbiamo contattato diverse agenzie tramite internet ed anche direttamente in loco a Fès ma anche dopo contrattazione il costo per due persone per la tratta Fès- Merzouga- Marrakech non scendeva mai sotto i 400 €, concretamente troppi per noi. Raggiungere Merzouga e poi Marrakech con i mezzi pubblici (pulman e gran taxi), rischiava di portarci via molto tempo e molte energie.

Così abbiamo optato per un piccolo pacchetto acquistato da un mediatore, tale Redone che rivendeva escursioni nel nostro Riad Sahad di Marrakech. Il prezzo pagato è stato di 950 Dhm a persona, comprendente viaggio, sistemazione per due notti, colazioni e cene. Successivamente abbiamo scoperto che alcuni nostri compagni di avventura avevano spuntato un prezzo di 800 Dhm.

Siamo stati ingenui e sprovveduti ma poi per fortuna quasi tutto è andato come previsto. Sappiate in ogni caso che una volta pagata l’escursione si viene ceduti al guidatore del minivan che deciderà i tempi, le soste e le sistemazioni ovviamente a suo vantaggio. Sarete obbligati a lunghe pause nei negozi di souvenir e di tappeti e fugaci toccate ai luoghi di reale interesse. Vi imporrà le guide non richieste che dovrete poi pagare e come nel nostro caso sarete costretti viaggiare senza aria condizionata e con una temperatura superiore ai 40° per risparmiare sul carburante. Ma se questo può essere di giovamento all’ambiente, ci passiamo sopra. All’atto del pagamento (anticipato) mentre stavamo accomiatandoci, un provvidenziale barlume di lucidità mi ha portato a chiedere una ricevuta al Sig. Redone, il quale mettendosi una mano sul cuore ha sentenziato in non so quale lingua: la ricevuta è la mia parola d’onore. Mi sono anche sentita un po’ in colpa per aver dubitato, ma non fatelo perché al momento della partenza la ricevuta servirà eccome! Dietro insistenza ci ha scritto su un post-it il suo nome e la cifra pagata.

Partenza prevista alle ore 7.00 del mattino davanti alle Poste, così ci era stato detto. Abbiamo atteso oltre mezz’ora, qualche minivan arrivava, il conducente ci chiedeva da quale agenzia avevamo acquistato l’escursione, particolare che ignoravamo totalmente e così se n’andavano guardando stralunati il nostro post-it giallo. Passa ancora tempo, meditiamo di tornare al Riad a chiedere conto, giacché in reception sembravano conoscere questo Redone, ma poi ci si palesa davanti un ragazzino che pur non capendo a che agenzia dobbiamo appoggiarci ci dice che il ritrovo è stato spostato nella piazza. Li, un tipo travestito da Berbero dopo aver faticosamente decifrato il bigliettino ormai logoro ci carica su un minivan assieme ad altri.

A questo punto, dopo un’inutile levataccia per un’ora e trenta d’attesa, si parte. La prima tappa è dopo qualche centinaio di metri per fare rifornimento di benzina! Ma pensarci prima??

Dopo un paio d’ore, lasciato alle spalle il caotico macrocosmo di Marrakech raggiungiamo il Tizi n’Tichka (2260 mt), il più alto passo carrozzabile del Marocco. Qui sostiamo brevemente apprezzando l’aria tersa e fresca. Superato il passo comincia il paesaggio lunare dell’Antiatlante, dove i villaggi abbarbicati sulle montagne ai lati della strada quasi si mimetizzano con lo sfondo.

Arriviamo verso mezzogiorno ad Aït Benhaddou. Il colpo d’occhio che si ha all’arrivo è forse uno dei migliori del Paese. Lo splendido sito, ormai disabitato è più volte ristrutturato si raggiunge attraversando un fiume-rigagnolo argilloso. Farlo a piedi nudi, considerando il caldo è quasi piacevole. I più schizzinosi potranno salire sul dorso del mulo per pochi Dhm.

All’interno si accede poi da una porta sorvegliata da possenti torri, che dovevano proteggere un granaio fortificato e sei Kasbah. Meritevole la vista dall’alto sulla piantagione di palme e sul deserto di roccia.

Cibo ad Aït Benhaddou

Ristorante La rose du sable: un bel locale, di standard più elevato rispetto a quelli cui ci siamo ormai abituati, molto pulito e con portate ben preparati. Ovviamente i prezzi sono abbastanza più elevati.

Viaggiamo quindi verso Ourzazate, ci fanno scendere dal minivan esclusivamente per scattare le foto agli studios cinematografici! Non c’è tempo per visitare la Kasbah di Taurirt, situata proprio nel cuore della città, pensiamo con rammarico che se fossimo partiti in orario il tempo ci sarebbe stato, peccato.

Il gruppo riparte imboccando la Valle du Dadés, denominata anche, non a caso la Valle delle mille kasbah. Le kasbah merlettate assumono i colori delle rocce circostanti che si alternano a campi coltivati e frutteti, qui il paesaggio diviene il soggetto di moltissime cartoline. Arriviamo ormai a sera alle famose Gole del Dadés, veri canyon scavati nelle pendici dell’Altoatlante. Siamo a 1600 mt d’altitudine e le temperature il mattino e la sera sono abbastanza basse.

Pernottamento alle Gole du Dadès

Hotel le Vieux Chateaux du Dadès. La sistemazione riservataci dall’agenzia è veramente da viaggiatori duri e puri. Ha una gradevole terrazza che sovrasta il fiume. Per il resto se potete… Evitatelo! Le stanze avevano biancheria talmente logora che un lenzuolo si aperto in due semplicemente sollevandolo. I bagni fortunatamente avevano la doccia calda, ma lo scarico non funzionava e quindi il bagno si allagava completamente. La cena e la colazione servite sono state senza lode e senza infamia. E’ stato fondamentale avere il sacco lenzuolo portato da casa!

Il mattino ripartiamo in direzione del villaggio di Tinerhir da cui poi raggiungeremo le Gole di Todra. Il paesaggio lungo la strada è uno spettacolo per gli occhi: altissime montagne rosse e vallate verdi di palme, percorse da ruscelli azzurri. Ogni tanto compaiono macchie colorate di donne provenienti dai villaggi berberi che portano grossi fasci sulle spalle. I rilievi presentano originali formazioni, sembrano, infatti, enormi salsicciotti poggiati verticalmente uno sull’altro.

La Gola di Todra è in poche parole, magnifica, una profonda fenditura nell’Altoatlante che raggiunge i 300 mt di altezza. Particolare lo scorrere della vita lungo il fiume della gola, con asinelli e cani che si abbeverano, donne che fanno il bucato e autolavaggi improvvisati proprio nel letto del fiume.

Ripartiamo e ci apprestiamo a subire la temuta visita al villaggio Berbero. Premessa doverosa: non abbiamo nulla contro i berberi, il popolo del sud del Marocco che non deve essere assolutamente confuso con i Tuareg, provenienti dal Sahara algerino. Sappiamo che i Berberi adoravano il sole, che parlavano una propria lingua, avevano la pelle chiara con qualche tratto asiatico e vivevano nella zona a sud dell’atlante. Questo potrebbe suscitare un certo interesse, ciò che temiamo è invece la classica recita costruita per il turista. Il Signore in abito tipico color azzurro ma con calzino bianco finto Nike, sedicente berbero ed effettivo venditore di tappeti, dopo una breve camminata ci mostra i campi di mais e si dilunga in spiegazioni sulle coltivazioni. Scusate la nota sarcastica, ma sono cresciuta in piena Pianura Padana e non riesco a sorprendermi dinnanzi a campi di granturco, seppur marocchini. Passiamo vicino ad un gruppo di donne affaccendato nel bucato che sbotta violentemente (e giustamente) verso il nostro gruppo, probabilmente stanche di essere fotografate come fenomeni da baraccone. Chiudiamo in bellezza con una pausa di oltre un’ora presso il negozio di tappeti, noi abbiamo atteso fuori sperando vanamente di velocizzare l’operazione di compravendita.

Ripartiamo alla volta del deserto fermandoci per il pranzo in un luogo indefinito, ragionando sulle distanze ed i tempi necessari per coprirle e comprendiamo che non arriveremo mai in tempo per assistere al tramonto nel deserto. Probabilmente era già previsto dai nostri organizzatori, semplicemente c’era stata fornita un’informazione sbagliata.

Nei pressi di Erfoud il Sahara comincia a mostrare il suo volto più autentico, con la sabbia che spostata dal vento invade l’asfalto.

Omar, il nostro autista c’impone una pausa nei pressi di un grande negozio di fossili che nel sud del Paese vengono proposti in ogni angolo. Attenzione perché se siete intenzionati all’acquisto è raro trovare un pezzo originale. Quando va bene i minerali sono di provenienza brasiliana, altrimenti si tratta di frutti immersi nel gesso e poi lavorati.

Arriviamo alle 17.30 al punto di partenza dei cammelli, ma partiremo solo dopo un’ora assistendo al tramonto, mentre ancora aspettiamo.

Finalmente partiamo, il trasferimento dura un’ora e trenta in sella al dromedario nel più assoluto silenzio mentre la luce del sole scompare. Durante il cammino, il mio animale si gira velocemente, io sono distratta nel sistemare la fotocamera e come nella più fantozziana delle scene cado dal cammello (che, credetemi, è un discreto volo), per fortuna la sabbia attutisce il colpo.

E’ buio pesto, quando arriviamo al campo tendato, già affollato di giovani di tutte le nazionalità.

Alle 21.00 quando ormai si sono completati anche gli ultimi arrivi, ci viene servita la cena. Il menù prevede un unico vassoio comune, di carne, riso e verdure per tavolo, da cui tutti attingono con la propria forchetta e per finire un ottimo melone. Il nostro Redone avrebbe dovuto garantirci una cena vegetariana di cui ovviamente nessuno sa nulla.

Iniziano poi le musiche e i canti, in diversi hanno portato bonghi, chitarre ed altri strumenti, la temperatura è eccezionale: in maniche corte si sta benissimo. Peccato solo per le nuvole che non ci permettono di vedere il cielo stellato come avremmo voluto.

Riusciamo per un po’ a rimanere coricati sui materassi fuori della tenda, poi si alza un vento fastidioso che muove moltissima sabbia e siamo quindi costretti a riparare all’interno, dove dentro i nostri sacchi lenzuolo riusciamo anche a dormire.

Ci sveglia l’alba alle 5.30, scattiamo in piedi per cercare di immortalare qualche bell’immagine. Alle 6,00 viene servita la colazione ed alle 6.30 si riparte in sella ai dromedari. Anche al mattino il cielo presenta un po’di foschia e quindi i colori che passano dal giallo senape, all’oro, al rosa e al rosso rendono molto meno.

Alle 9.00 dopo una toilette di emergenza al punto di arrivo dei dromedari siamo gia a bordo del minivan diretti a Marrakech.

Purtroppo è stato tutto molto veloce e concitato, ciononostante siamo in ogni caso riusciti ad apprezzare questa parte di Erg sahariano, con le sue dune altissime, i suoi colori ed il suo silenzio, solo in parte disturbati dagli odiosi qua che scorrazzando a tutta velocità distruggevano la magia di questo luogo.

Considerate anche che attraversare il deserto in fuoristrada può avere effetti ambientali negativi. Sotto il peso del mezzo a motore che generalmente non segue le piste battute dai cammelli, il manto superficiale delle dune si disgrega, le sabbie vengono più facilmente sparse dai venti, arrivando a determinare vere e proprie tempeste di sabbia.

Nel viaggio di ritorno attraversiamo la Valle du Drâa, il paesaggio è ancora desertico, ma si apre in piccoli scorci straordinariamente pittoreschi con oasi, palmeti e villaggi tradizionali. Qui si trovano alcuni delle più straordinaria Kasbah di sabbia del Marocco che noi per ragioni di tempo, siamo costretti ad ammirare solo dal finestrino.

Essaouira

Essaouira, la città bianca e azzurra. Subito all’arrivo si percepisce un’aria diversa: spazi più ampi, un’abbagliante luminosità, ritmi tranquilli e traffico regolamentato. Il suo nome letteralmente significa “città ben disegnata” e si pronuncia “suirà” non “essauirà” come noi italiani siamo invece abituati a chiamarla. In effetti, le sue larghe vie hanno una disposizione abbastanza regolare e le sue mura racchiudono angoli veramente deliziosi.

Essaouira è battuta da fragorose onde atlantiche e spazzata da freddi venti oceanici, non a caso si autodefinisce the “wind city of afrika”. Al tempo stesso mostra, però un carattere più mediterrano rispetto alle città sino ad ora visitate, rimembranza degli assidui rapporti con i mercanti europei e soprattutto con i marinai portoghesi e spagnoli.

Essaouira è un centro culturalmente molto attivo, la collaborazione con numerosi artisti ha ormai una lunga tradizione, lo testimoniano i numerosi festival musicali e le gallerie d’arte che sorgono un po’ dovunque.

L’armosfera è particolarmente freak, tradizione che si tramanda ormai dagli anni ’60, quando Essaouira divenne punto d’incontro dei giovani idealisti che la trasformò in una sorta di Goa marocchina. Tra gli altri Jimmi Hendrix e Cat Steven. Francamente il paragone ci pare esagerato, il clima non fosse altro che per i freddi venti pungenti non è purtroppo altrettanto rilassante.

I bastioni che la proteggono dall’Oceano Atlantico sono chiamati la Sqala è rappresentano con la loro teoria di cannoni provenienti dall’Europa una delle principali attrazioni turistiche. Sotto i bastioni si trovano molti laboratori di falegnameria che utilizzando fra gli altri il legno di cedro, profumano l’aria circostante.

Nel nostro girovagare siamo finiti più volte al porto tuttora attivissimo con la sua moltitudine di barche azzurre, mentre il fitto traffico di gabbiani gracchianti sopra la banchina annuncia l’arrivo dei pescherecci.

La spiaggia della città è molto lunga e notevolmente bella, noi l’abbiamo percorsa tutta a piedi dal porto sino al Beach Restaurant Lounge, luogo di ritrovo per i tanti appassionati di kite-surf. Purtroppo i venti e le temperature di fine Settembre non rendono particolarmente gradevole la vita di spiaggia soprattutto se si sosta senza ripari dal vento, sono, infatti, pochissime le persone che resistono distese sulla sabbia nel tentativo di catturare i raggi di sole.

La sera poi è decisamente molto freddo, per intenderci noi uscivamo con pile pesante, giubbino antivento e sciarpina. La notte si dormiva con il piumone.

Qui abbiamo deciso di concederci una seduta in un Hammam. Tra l’altro considerando la fredda temperatura esterna riteniamo si tragga maggior benefico e piacere dall’ambiente caldo umido dell’hammam ad Essaouira, rispetto ad esempio a quanto avverrebbe in una città come Marrakech, al momento della nostra permanenza afflitta da un caldo opprimente. Come prima esperienza ci siamo rivolti ad una struttura pensata soprattutto per i turisti, l’Hammam Mounia in rue Oum Rabii. Abbiamo scelto un trattamento classico con gommage e massaggio, pagandolo rispetto ai bagni pubblici tradizionali una piccola follia, 210 Dhm. Il Mounia, gestito da una coppia franco-marocchina, offre nel tardo pomeriggio la possibilità d’accesso contemporaneo di uomini e donne, ovviamente in ambienti separati. Questo risulta essere penalizzante per gli uomini che sono fatti accomodare in un ambiente secondario concretamente meno accogliente e soprattutto senza l’effetto sauna. Personalmente, superato l’imbarazzo iniziale, ho apprezzato l’esperienza; la pelle dopo il trattamento esfoliante con il guanto (‘Ikiss) ed il sapone nero, diviene morbidissima. Tra le operazioni di peeling e di lavaggio si viene letteralmente prese a secchiate di acqua a volte calda e a volte fredda, per cui l’impressione è un po’ quella di trovarsi in lavatrice. L’operazione di lavaggio dei miei cisposi capelli con un misterioso prodotto me li ha resi pettinabili e lucenti come mai, tanto che al ritorno anche il mio parrucchiere se ne è accorto.

Alloggio a Essaouira:

Hotel Emeraude, 228 rue Chbanat, 430 Dhm la stanza doppia, colazione inclusa. E’ una graziosa dimora gestita da una giovane donna francese, nel cuore della medina e allo stesso tempo non distante dalla spiaggia. Le stanze sono piccole ma molto accoglienti e arredate con un certo stile, anche i bagni sono piccoli ma nuovi e funzionali. Contrariamente a quanto riportato dalla nostra guida non è disponibile la connessione internet wi-fi. La colazione è servita sulla terrazza, il personale è molto gentile. Durante il soggiorno sono stata male per la classica intossicazione alimentare, mi hanno offerto il the caldo e le signore delle pulizie si affacciavano sulla porta per vedere come stavo e mi mandavano i baci!

Cibo a Essaouira:

Beach Restaurant Lounge, il bar sulla spiaggia dell’Ocean Vagabond, un noto hotel di charme della città. Il locale si trova all’estremità nord della spiaggia e offre ottimi panini, succhi di frutta freschi e insalate in un’atmosfera forse più californiana che marocchina, se non fosse per i dromedari sullo sfondo. L’ambiente molto giovane, direttamente sulla spiaggia ma in parte riparato dal vento è l’atmosfera veramente molto gradevole e distesa. Proprio per questo ci siamo tornati.

Restaurant la Petite Perle, 2 rue El-Hajalli. Bell’ambiente anche se frequentato quasi esclusivamente da turisti, tavolini bassi e drappi colorati alle pareti. I piatti sono discreti ed economici, il servizio è un po’ lento.

Restaurant Essalam, piazza Moulay el-Hassan. E’un ambiente molto particolare che trasuda storia dagli arredi. Offre menu completi abbondanti ed a prezzi irrisori. Cena completa per due 90 Dhm. Il servizio è velocissimo e sarete in compagnia di numerosi gatti che si aggirano per il locale, piantandovi gli artigli sulle cosce per richiedervi un po’ di cibo. Noi ci siamo anche tornati.

Restaurant Number 20, Place Cherb Atay, Derb l aloj,che come gran parte dei locali vicini propone piatti vegetariani. Qui sono ottimi e abbondanti.

Barbecue di pesce vicino al porto: è sicuramente un luogo pittoresco dove spendendo poco e con qualche precauzione è possibile gustare ottime grigliate di pesce. Evitate di andare quando il mare è stato mosso perché il pesce non può essere fresco in quanto i pescherecci non escono. Pattuite fin da subito il prezzo da pagare. Evitate di commettere il mio stesso errore e cioè di mangiare l’insalata marocchina cruda con cui vengono accompagnate le pietanze, mi è costata un giorno e mezzo di malessere oltre al timore di finire come il protagonista del film “Into the wild”. Lo so, esagero, ma la malattia m’impressiona sempre molto.

Considerazioni generali

Il Marocco è un Paese contraddittorio, di non facile interpretazione. Sembra voler mantenere i propri segreti protetti da spesse mura di argilla. Le ricche dimore nascondono al loro interno giardini fioriti, fontane e opulenza. Le case più umili, molto più essenziali, non fanno differenza nella loro chiusura; hanno le finestre soltanto sul cortile interno oppure protette da coprenti inferriate e la vita domestica rimane dominio privato, che non deve rivelare nulla all’esterno. Il rifugio della famiglia non deve essere esposto alle offese che può portare il mondo esterno e l’abitazione si tramanda immutata di generazione in generazione, così come la sua organizzazione funzionale.

In Marocco sembra mancare il gusto di condividere pubblicamente la bellezza e tutto viene gelosamente nascosto: le donne dal velo, la vita domestica da pesanti porte, i giardini cittadini spesso chiusi al pubblico, persino le moschee e le mederse hanno un’architettura esterna generalmente modesta, mentre gli interni quando visitabili offrono allo spettatore decorazioni ricchissime.

Ci siamo chiesti da dove derivi tanta ritrosia ad esternare il bello in un luogo che non sembra totalmente privo di senso estetico. Esasperata umiltà? Precetti religiosi? Superstizione? Una possibile spiegazione ci viene fornita dall’hijab coranico, il termine deriva dal verbo hajaba che significa nascondersi, L’hijab è quindi una protezione posta di fronte ad un essere o un oggetto per proteggerlo dagli sguardi altrui. L’esempio più immediato è rappresentato dal velo, ma lo sono anche le mura delle città e le pareti dei palazzi prive di finestre esterne.

Anche la magia ed il timore di subire il malocchio da parte di un conoscente invidioso, possono avere la loro importanza nell’organizzazione sociale ed urbanistica del Marocco. L’eccessiva bellezza o l’eccessiva fortuna che si esprime possedendo una bella dimora, possono suscitare invidia e quindi dare adito a pratiche di malocchio, per questo la bellezza non viene mai esibita o mostrata in maniera sfacciata.

La spinta al progresso per quanto difficoltosa, ci è sembrata forte: nuove strade asfaltate, trasporto su rotaia funzionante, molte cliniche mediche specialistiche ma il cammino è ancora molto lungo. Lo sviluppo procede di pari passo con l’inquinamento e in Marocco gli aspetti legati alla tutela dell’ambiente sono secondari a tutto il resto.

Alcuni paesaggi marocchini rimangono spettacolari, altri troppo spesso vengono devastati per mano dell’uomo. Bisogna allontanarsi parecchio dalle città claustrofobiche e maleodoranti per respirare liberamente a pieni polmoni, lontani dallo smog e dai sacchetti di plastica multicolori che come un insalubre abito di carnevale, creano un manto variopinto che ricopre senza soluzione di continuo parecchi km di tutte le periferie marocchine. La coscienza ambientalista tarda a farsi strada, ostacolata come è da molti altri problemi con i quali i marocchini devono combattere. Molte donne marocchine hanno un lavoro, contemporaneamente mandano avanti la casa e crescono un numero variabile di figli difficilmente inferiore a quattro. Nei campi le donne lavorano duramente, gli uomini governano carretti trinati dai muli ed i bambini nell’ora della scuola badano le pecore o scorazzano nei campi. Il tasso di analfabetismo anche tra i minori rimane elevato, soprattutto nelle zone rurali le strutture scolastiche pubbliche sono insufficienti e quindi un po’ ovunque abbiamo visto numerose scuole private, ovviamente appannaggio solo dei più benestanti. Anche questo è il Marocco: opulenza accanto alla dilagante miseria, il progresso delle grandi città e l’arretratezza dei paesini di campagna, una sempre più capillare diffusione di moschee ed un crescente consumo di alcolici. Partite senza pregiudizi, con una buona dose di pazienza e spirito di adattamento. Prendetevi il lusso di perdervi e lasciatevi sorprendere, nel bene e nel male il Marocco saprà stupirvi. F. & M.



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