La romantica Borgogna del Sud a pedali
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Come di consueto, pur non avendo velleità sportive, io e il mio legittimo abbiamo percorso le strade rese tranquille dal torpore estivo dei nostri cugini d’Oltrelpe a nostro ghiribizzo, cioè in bicicletta e con il casco calcato fin sopra alle orecchie, per conquistare un senso di appartenenza, per immergerci completamente in questo ambiente caratterizzato da dolci pendii, viottoli campestri con muretti in pietra, pascoli con vacche ruminanti, boschi, vigneti e cantine, svariati canali e un paio di fiumi, la Grosne e la Saône, lucenti nastri d’argento che ricamano vallate verdeggianti.
I castelli: custodi del passato
I castelli disseminati in questa fetta di Francia hanno un aspetto esterno meno lezioso e regale rispetto a quelli della Loira e forse per questa ragione non sono un affollatissimo parapiglia di gente scalpitante con la digitale in mano. Diversi di loro sono ancora abitati dai proprietari, ad esempio le fortezze in pietra di Rully e di Berzé-le Châtel, che si ergono solinghe e maestose sulla sommità di una collina ed evocano scenari di imprese eroiche o di esistenze oziose, al pari di quella di Charles de Saint Léger, che possedeva un bicchiere leggendario capace di contenere tre litri di “liquido infiammabile”, che lui si tracannava in un sol colpo.
In special modo il castello di Cormatin lascia molto impressionati. Una trentina d’anni fa, negli anni Ottanta, era impolverato, cadente e in rovina, mentre dopo i restauri è sbocciato un fiorente turismo culturale per cui questo luogo ameno attira oltre 60.000 visitatori all’anno e adesso lo si apprezza come capolavoro di architettura, di arte e botanica: si contemplano le eleganti facciate, si rimane basiti nelle sale ridondanti di oro e lazurite e ci si innamora del lussureggiante parco, che è una sintesi tra la geometricità e spettacolarità del giardino alla francese e il gusto romantico del parco ottocentesco. Il maniero è circondato da un fossato, alimentato dalla Grosne, frequentato dagli aironi cinerini che si levano in volo quando vengono infastiditi dai turisti. Fu costruito nel 1605 da Antoine du Blé, che capitanò la Lega Cattolica durante le guerre di religione, approfittò dei numerosi saccheggi per incrementare la sua fortuna e in seguito diventò governatore di Châlon. La residenza dei marchesi di Huxelles, simbolo sfolgorante del potere della dinastia dei du Blé, fu ricoperta di lastre d’ardesia -un rivestimento diffuso nel bacino parigino, ma insolito qui, perché costava un putiferio farlo arrivare da Angers-, per affermare il perentorio predominio della nobile casata e la sua appartenenza alla corte. La medesima funzione svolgeva lo scalone d’onore elicoidale, che sebbene privo di ornamenti esibiva una struttura architettonica d’avanguardia che doveva sottolineare il carattere aristocratico della dimora. Questa fu arredata non da Antoine, ma da Jacques, suo figlio e favorito di Maria de’ Medici, che a 35 anni impalmò Claude Philyppeaux, quattordicenne rampolla di un ministro e fornita di una dote principesca. Difatti gli interni trasudano un intenso aroma di quattrini e affari floridi: in particolare la camera della marchesa sfoggia una stupefacente profusione di blu, che era un colore carissimo, visto che era ricavato da una pietra preziosa, il lapislazzulo. A seconda del livello del loro lignaggio le persone che volevano conferire con la marchesa nella sua stanza avevano tempi d’attesa corti o lunghi; in definitiva: prima venivano ammessi in questo regno del lusso, meno sostavano nell’anticamera e più il loro rango era elevato.
Altro status symbol da esibire era il gabinetto delle curiosità, un assembramento di oggetti rari ed esotici. Le cose collezionate dal marchese di Huxelles, che le sorveglia dal suo ritratto sopra al camino, dovevano sbalordire e rappresentare una sorta di microcosmo meraviglioso: vi erano conchiglie dall’Oceano Indiano, porcellane dalla Cina, monete e statue antiche. Il commercio rivolto a soddisfare le esigenze del collezionismo spesso traeva la sua linfa vitale da frodi e falsificazioni (le imposture servivano a tirar fuori i soldi dalle tasche dei benestanti). Et voilà che il rostro di un pesce sega veniva spacciato per… una lingua di drago! E venduto a prezzi scandalosamente alti.
Altrettanto sfarzoso è il gabinetto di S. Cecilia, una camera da re. In effetti una stanza di questo genere era appannaggio solo dei sovrani o degli appartenenti all’alta nobiltà. Era uno studio per leggere, scrivere e meditare, ma al contempo era un cofanetto dorato accessibile solo agli ospiti di riguardo, che dovevano uscirne esterrefatti. Il programma iconografico è fortemente simbolico. Sopra al caminetto un medaglione raffigura Marco Curzio che si getta col suo destriero nel rogo degli inferi. Questa leggenda romana allude all’uomo accecato dai propri desideri, che si autodistrugge. Al di sopra si vede S. Cecilia, patrona dei musicisti. Il significato allegorico, per il padrone di casa, era piuttosto evidente: grazie alla musica lo spirito entra in comunione con l’universo, si svincola dalle passioni e si libra nel mondo delle idee. In passato quando calava la sera il cabinet de Sainte Cecile era debolmente rischiarato dal bagliore delle candele o dalle fiamme del focolare in inverno e il profluvio di ori –emblema dell’anima che riflette la luce di Dio- contribuiva a diffondere la luce, consentendo di compensare la scarsa illuminazione.
La guida da cui siamo scortati a questo punto ci annuncia che ora entreremo nell’anticamera del marchese eppure, quando la porta viene spalancata, anziché in un ambiente riccamente decorato ci ritroviamo a scoprire cosa bolle in pentola! Ossia nelle cucine. Ci si domanda perché siano state trasferite qui dall’ala sud dov’erano in precedenza e la conclusione è che alla fine del Settecento, con la Rivoluzione Francese, la cuccagna per i blasonati proprietari era definitivamente terminata. La baronessa temeva le rappresaglie dei rivoluzionari, poiché suo marito Pierre Dezoteux comandava la rivolta della Bretagna contro la Repubblica e dunque viveva il più modestamente possibile, con i suoi sei bambini e una coppia di domestici. Dal momento che la cucina delle cantine era troppo scomoda e sovradimensionata per essere utilizzata venne spostata nella zona attuale e continuò a essere usata fino al 1970. Si nota, però, che il caminetto è ancora quello originale: poco profondo. Nel focolare osserviamo la catena a cui è appeso un paiolo e il girarrosto per cuocere la carne, azionato da un contrappeso, portato al soffitto con una manovella, che scendeva lentamente per far ruotare lo spiedo in cui erano infilzati i cibi. Insomma, era un dispositivo automatico molto moderno. Pure il pannello dei campanelli attaccato alla parete era un congegno sofisticato (benché oggi ci sembri un arnese giurassico), che funzionava con l’elettricità prodotta dal mulino del castello, comunque questo aggeggio risale ormai al periodo della Belle Époque, quando il palazzo fu acquistato dal direttore dell’Opera di Montecarlo, Raoul Gunsbourg, che ospitò al castello personaggi del calibro di Sarah Bernhardt o Enrico Caruso.
Dedico un paio d’ore a Cormatin sia perché la visita, come ho detto, è guidata sia perché è gradevole godersi la pace del giardino, contemplare il castello dalla cupola della voliera, passeggiare accanto ad aiuole fiorite e attorno alla fontana, in cui galleggiano le ninfee e l’acqua sgorga da un albero della vita in ferro battuto: qui ci si sente come in una sorta di capsula che rende estranei al mondo.
Guerra e pace. L’Hôtel-Dieu di Beaune.
La guerra dei Cent’anni contro gli inglesi è finita, tuttavia a Beaune, come nel resto del Paese, la situazione è catastrofica. I raccolti insufficienti provocano gravi carestie e gli indigenti non sanno a che santo votarsi, gli si contorcono le budella per la fame e quando si ammalano non ci sono strutture per accoglierli. Nicolas Rolin, consigliere del duca di Borgogna Filippo il Buono supera già la sessantina e su suggerimento della giovane terza moglie, la pia Guigone de Salins, per assicurarsi il paradiso finanzia la costruzione di un ospedale a “cinque stelle”, l’Hôtel-Dieu, con un design dal forte impatto architettonico. È vero, l’esterno è disadorno, ma basta accedere al cortile porticato per avvertirne immediatamente il respiro monumentale, dove è il gotico a farla da padrone nella magnificenza delle sue guglie e torrette. Per non parlare poi dell’effetto che produce la vista dell’immenso tetto da parata realizzato con lucenti tegole policrome: roba da andare in fregola! A maggior ragione per i miserabili che vi penetravano per la prima volta passando dallo squallore a cui erano abituati alla bellezza e agli agi dell’ospedale. Soprattutto nella capiente Sala dei Poveri non era stato lesinato nessun comfort: 62 comodi letti a baldacchino provvisti di tende rosse alloggiavano i pazienti, vezzeggiati dalle suore che disponevano sulla grande tavolata comune le vivande, contenute in stoviglie di stagno e non di vile legno o terracotta come negli altri posti. Fra le opere di misericordia dell’ospedale c’era persino la distribuzione quotidiana del pane bianco ai derelitti! Ma come riuscì Nicolas Rolin a sovvenzionare il funzionamento questa istituzione? La dotò di una rendita annuale proveniente tanto dalla salina di Salins che dai proventi ricavati da un’enorme estensione di vigneti e poi il patrimonio andò aumentando grazie alle donazioni. L’atto di fondazione è del 1443, ma unicamente nel 1452 dalle Fiandre arrivarono le prime sei religiose per curare gratuitamente i bisognosi. Quindi ci vollero quasi nove anni per portare a termine i lavori, anche perché il cancelliere insistette affiché l’ospizio fosse edificato proprio sopra alla Bouzaise, il torrente che passa per Beaune, per usarlo sia come risorsa idrica sia per lo scarico dei reflui. L’ospedale divenne presto famoso per la competenza infermieristica e farmaceutica delle suore, testimoniata fra l’altro dalla presenza della stanza dello speziale, tappezzata di vasi in ceramica dal pavimento al soffitto. Ciò nonostante i recipienti racchiudevano talvolta strani composti, che suonano incredibili alle nostre orecchie: esisteva un olio ottenuto cucinando i lombrichi, che si credeva avessero proprietà terapeutiche e un farmaco chiamato teriaca la cui ricetta includeva polvere di vipere essiccata, erbe aromatiche e un po’ di oppio, ed era senza dubbio la droga a renderlo un toccasana.
Se, malgrado la somministrazione di questi medicinali portentosi, il degente passava a miglior vita la sorella di guardia accendeva un cero e, dopo essersi occupate del corpo, le suore si prodigavano per la salute della sua anima rivolgendo lo sguardo, per le preghiere, all’altare della cappella, dove si trovava il dipinto del Giudizio Universale del celebre maestro fiammingo Rogier van der Weyden. Attualmente il polittico, ancora intatto, si ammira suppergiù alla fine della visita, in una sala dedicata, avvolta nella penombra, in cui un raggio di luce fa risplendere l’Arcangelo San Michele che, come da tradizione, pesa le anime per deciderne la sorte. A destra i dannati nudi si avviano verso una grotta buia ed hanno da subito gesti di disperazione: il pittore si è sbizzarrito a rappresentarli angosciati, terrorizzati e atterriti.
Uno che non si spaventò di fronte a una possibile condanna al fuoco eterno, però magari fece quel gesto scaramantico non proprio raffinato che è la strizzata del pacco, fu l’ufficiale dell’esercito francese ricoverato qui che venne dichiarato deceduto, quando in realtà non lo era, per permettergli di sfuggire ai nazisti che avevano occupato l’Hôtel-Dieu nel corso della seconda guerra mondiale, dato che Beaune era stata invasa dai tedeschi. Fu simulato il suo funerale, ma il feretro, accompagnato al cimitero dal parroco seguito da un gruppetto sparuto di fedeli, conteneva solo un sacco pieno di sabbia. In virtù di questo stratagemma l’ufficiale scappò nella zona libera e si salvò. Ispirandosi forse a questo episodio il noto cineasta francese Gérard Oury girò nello storico ospedale di Beaune qualche scena del suo “Tre uomini in fuga”, una commedia del 1966 che racconta le avventure di tre inglesi paracadutatisi su Parigi a seguito dell’abbattimento del loro aereo, aiutati da alcuni francesi a svignarsela in zona libera.
Maior ecclesia: il più vasto edificio liturgico della cristianità
Oggi non daremmo due euro per ciò che resta di Cluny, ma nel 1798 il complesso monastico fu messo all’asta e comprato per più di due milioni di franchi: unicamente per devastarlo a colpi di mine e rivenderne i pezzi come materiale edile. Per questo motivo quella che era una basilica mirabile attualmente è sede di una scuola di arti e mestieri, nonché di un centro ippico nazionale, perciò la sola possibilità per realizzare una breve incursione tra le poche testimonianze rimaste dell’abbazia benedettina che nel Medioevo fu faro del cattolicesimo è aggirarsi sotto le arcate del chiostro, sostare nello spazio anticamente occupato dalla sala capitolare, oppure passeggiare nel cortile ai piedi del campanile ottagonale dell’Acqua Benedetta e da ultimo varcare la soglia del farinaio per contemplarne il soffitto a forma di carena di nave capovolta, meglio se affiancati da una guida che, nel nostro caso, ci ha fatto esplorare i ruderi imponenti di questo santuario smantellato con gli esplosivi, con lo zelo di un archeologo che scopre reperti di inestimabile valore. L’interno del braccio sud del grande transetto aiuta a rievocare i volumi della perduta Maior Ecclesia, le cui impressionanti navate culminavano a 30 metri d’altezza, qualcosa di assolutamente straordinario per l’architettura romanica. Fu Ugo di Semour a intraprenderne la costruzione nel 1088; tuttavia ci mise lo zampino nientemeno che il principe degli apostoli, S. Pietro, che apparendo in sogno all’anziano confratello Gunzo gli affidò l’incarico di persuadere l’abate a effettuare questo restyling, che implicava un esborso notevole. Per condurre in porto l’impresa ci vollero una quarantina d’anni, ma il risultato fu un tempio di dimensioni colossali, dove i sarcofagi dei martiri erano esaltati da marmi e argenti e le reliquie dei santi rivestite di panni d’oro e gemme. Questa cittadella della fede, che nel momento di maggior splendore rappresentava un impero religioso che comprendeva una rete estesissima di abbazie aggregate, esercitò un’influenza politica e spirituale di prim’ordine in tutta Europa. I monaci di Cluny erano esperti nell’intercessione per i defunti, di conseguenza riuscivano a sottrarre al demonio grosse quote di mercato e questo moltiplicava le elargizioni di beni destinate a cancellare i peccati dei benefattori. In sostanza affidarsi alle orazioni dei membri di questo cenobio significava garantirsi il riposo eterno: essi erano paladini della preghiera e del silenzio. Infatti qui era vietato parlare e si comunicava esclusivamente per mezzo di un linguaggio muto e ingegnoso, composto di ammiccamenti con gli occhi e gesti con le dita. Però, in un determinato momento, la congregazione salvifica per eccellenza attraversò una crisi di credibilità, in certa misura dovuta all’ascesa dei Cistercensi, che lottarono per imporre un differente modello di monachesimo e l’ebbero vinta. Poi, nel periodo della Rivoluzione Francese, Cluny fu saccheggiata, le sue tombe e i suoi mausolei andarono distrutti, i suoi mobili bruciati, le vetrate infrante. Adesso esiste una restutuzione di Cluny III grazie a immagini virtuali in 3D, ma la fedeltà dell’alta risoluzione non è in grado mostrarla com’era in realtà: per afferrarne il miraggio bisogna chiudere gli occhi, aguzzare la fantasia e cominciare a sognarla.
La bici per compagna di viaggio: ecco le tappe della nostra vacanza all’aria aperta in Borgogna
La prima tappa, BEAUNE-BUXY, approssimativamente di 50 km, comprende la visita di Beaune e del suo fantastico tesoro d’arte, l’Hôtel-Dieu. Per i primi 10 km sfruttiamo l’esistenza della “via delle vigne”, una ciclostrada di 22 km che collega Beaune a Santenay snodandosi lungo i vigneti, ricalcando i vellutati profili dei colli e attraversando paesini come Pommard, Volnay, Meursault e Puligny-Montrachet, dove noi lasciamo l’itinerario per dirigerci verso Chagny. Qui inizia la pista ciclabile del Canale del Centro, che lo costeggia e che seguiamo per circa 4 km fino alla Plaine de Rully. A Rully contempliamo dall’esterno il castello di S. Michele, location per matrimoni e feste, mentre un po’ oltre sulla strada per Mercurey io entro nel castello di Rully che esploro con una visita guidata in francese. Il castello è una notevolissima struttura medievale nata come roccaforte militare e di questa vocazione restano importanti tracce nelle caditoie (che servivano a rovesciare pietre o altri oggetti contundenti sul nemico) e nella presenza del mastio.
Più avanti, al km 35 della tappa odierna comincia la via verde attrezzata su quello che era il sedime della ferrovia che univa Givry a Mâcon, che raggiungeremo dopodomani. Buxy, capolinea dell’itinerario di oggi, è una stazione intermedia.
La seconda tappa BUXY-CLUNY di una quarantina di km è molto semplice, si fa da sé perché si sviluppa completamente sulla ciclabile. Insomma, dove adesso passa il percorso ciclopedonale il traffico un tempo si svolgeva su rotaia. Sull’asfalto della pista vi sono delle scritte tracciate con una bomboletta di color verde che accusano i contadini di inquinare tramite l’uso di pesticidi e invitano la gente a consumare prodotti biologici. Per non mancare uno dei luoghi che più vale la pena di imprimere nella memoria di questo viaggio è necessario far attenzione: quando si scorgono le indicazioni per la deviazione verso Cormatin bisogna svoltare a sinistra. A fine giornata si visita Cluny.
La terza tappa CLUNY-MACON di quaranta chilometri scarsi include un tratto abbastanza lungo in galleria (tunnel du bois clair). Qui un piccolo brivido ce lo dà il volo sfarfallante dei pipistrelli. I chirotteri, infatti, usano il tunnel come rifugio e per svernare, perciò non bisogna disturbarli né fare chiasso. Durante il riposo si avvolgono nella propria membrana alare e si “agganciano” al soffitto. L’attrazione principale di oggi è il Castello di Berzé-le-Châtel, la cui proprietaria è la contessa Anne de Milly. Al maniero si giunge percorrendo una strada contorta come un cavatappi e all’ingresso si viene accolti da una dama in costume. A Mâcon da non perdere è la passeggiata sul quai Lamartine, dove stanno l’uno accanto all’altro caffè, ristorantini e negozi allettanti che guardano il fiume Saône.
La quarta tappa MACON-LOUHANS è la più impegnativa del tour. Conta ben 62 km, è tempestata di antipatici saliscendi e inoltre è inevitabile andare a cacciarsi in un ginepraio di incroci con evidente possibilità di perdersi. Unica attrazione sul percorso è la Ferme de la Forêt a Saint Trivier de Courtes, un museo della civiltà contadina. Poco prima di Boissey c’è un tratto impervio e inerbito che va coperto con la bicicletta a mano. Quest’oggi vediamo anche gli allevamenti di polli della Bresse. Per far parte di questa brigata i volatili devono essere nati qui, essere allevati in completa libertà disponendo di almeno 10 metri quadrati di pascolo a testa e infine vanno alimentati solo a granturco e latte cagliato. Louhans, traguardo di stamane, vanta un centro storico classificato monumento nazionale per le sue 157 arcate di portici.
La quinta tappa LOUHANS-CHALON-SUR-SAONE ha una lunghezza di circa 50 km. Alla fine si bordeggia il fiume su una sterrata e si arriva alla città natale di Joseph Nicéphore Niepce (1765-1833) considerato l’inventore della fotografia. Nei pressi di Châlon, infatti, venne “premuto il pulsante” del primo clic della storia. Ciò che il ricercatore riprese, usando una una rudimentale camera oscura, è il panorama che poteva cogliere dalla finestra della sua stanza a Saint-Loup-de-Varennes.
La sesta TAPPA CHALON-SUR-SAONE-BEAUNE: rappresenta l’ultima tirata di pressappoco 50 km per torrnare al punto di partenza. All’inizio si pedala su una via verde che conduce a Crissey e Sassenay, facile e scorrevolissima. Poi comincia la via blu lungo la Saona, che consente un vis à vis col fiume e passa per Gergy, ma purtroppo la si lascia ad Allerey-sur-Saône. A Montagny-Les-Beaune c’è un laghetto con piscine naturali dove, temperatura permettendo, si può stare a crogiolarsi nell’acqua per un bel pezzo.
Come arrivare:
In auto, con alcune soste tecniche ci si impiegano circa 11 ore. Per i vari percorsi alternativi si può consultare: https://www.viamichelin.it. All’andata abbiamo scelto l’itinerario che passava per il traforo del Monte Bianco (a pagamento, attesa di mezz’ora), mentre al ritorno abbiamo optato per il tunnel del San Gottardo in Svizzera (gratuito, traffico scorrevole), ma nel senso di marcia opposto al nostro si era formata una coda mostruosa.
Dove pernottare
– a Beaune: Hotel Le Panorama, 74, route de Pommard FR-21200 Beaune tel. 0033(0)3/80262217 (parcheggio auto gratuito per una settimana).
– a Buxy: Hotel Relais du Montagny 12, route de Chalon FR-71390 Buxy tel. tel. 0033(0)385/949494
– a Cluny: Hostellerie d’Heloise Pont de l’Etang FR-71250 Cluny tel. 0033(0)3785590565
– a Mâcon: Hotel De Bourgogne 6, Victor Hugo FR-71000 Mâcon tel. 0033(0)385211023
– a Louhans: Hotel du Cheval Rouge 5, rue d’Alsace FR-71500 Louhans (l’albergo è a sinistra della pista ciclabile, la reception apre alle 16.30) tel. 0033(0)385752142
– a Chalôn-sur-Saône: Hotel Le Saint Georges 32, Av. Jean Jaures FR-71100 Chalôn-sur-Saône Tel. 0033(0)3/85908050 accanto alla stazione (Gare SNCF).
– a Beaune: ultimo pernottamento ancora all’Hotel Le Panorama 74, route de Pommard FR-21200 Beaune tel. 0033(0)3/80262217
Con chi
Con Funactive http://www.funactive.info/it/cicloturismo/borgogna/ che a sua volta si appoggia al tour operator Rückenwind http://www.rueckenwind.de/en/tour/bike-tour-south-burgundy_t_1721 e fornisce road-book, tracce GPS e in più ci sono anche le freccine (anche se non sempre correttamente posizionate agli incroci, a volte latitano).
Per saperne di più: la Borgogna del sud si presenta nel Web con numerosi siti
– Documentari in francese sull’Hôtel-Dieu di Beaune https://www.youtube.com/watch?v=SmLp0OJKFkQ https://www.youtube.com/watch?v=W4CPZAmrOb0; https://www.youtube.com/watch?v=O0hhoJVewMA https://www.youtube.com/watch?v=gvDkWF7TkIA; https://www.youtube.com/watch?v=q5MfBLItR-Q
– Castello di Rully: http://www.chateauderully.com
– Castello di Cormatin https://www.youtube.com/watch?v=0neQyHdFz1c; https://www.youtube.com/watch?v=QmLcKNPNgN8; http://www.persee.fr/doc/bulmo_0007-473x_1996_num_154_1_4512
– Cluny https://www.youtube.com/watch?v=Yw-Id_GX4io documentario in francese; https://www.youtube.com/watch?v=5aBbUe8KP0Q; https://www.cluny-abbaye.fr/content/…/12/…/docvisite_fichier_02E.abbaye.de.cluny.IT.pdf
– tunnel del bosco chiaro http://www.bourgogne-du-sud.com/index.php/actu-fermeture-du-tunnel-du-bois-clair-sur-la-voie-verte.html; https://www.youtube.com/watch?v=EqZxjvinhGU (video sul cicloturismo in olandese: passano per il tunnel e parlano dei pipistrelli).
– Castello di Berzé -le-Châtel: https://www.youtube.com/watch?v=tFlHBUCGZ10
– Mâcon: https://www.youtube.com/watch?v=ufH9qZyyDwo documentario in francese sulla città.
– Louhans https://www.youtube.com/watch?v=gU58c1PeZss
– Châlon-sur-Saône https://www.youtube.com/watch?v=FnPj1GGh-1g https://www.youtube.com/watch?v=y2nzCxcBbxM
– Montagny-Les-Beaune http://beaunecoteplage.com/fr/les-bassins/) https://www.youtube.com/watch?v=IORCu1xXipI (video)