Itinerario in Puglia tra le cattedrali romaniche
Cattedrali romaniche di Puglia, sconfinando poi in Basilicata. Il filo conduttore di un itinerario così, nato quasi per caso, mettendo insieme cultura, natura, media distanza da casa, clima mite anche in inverno e, last but not least, ottima cucina. Di fatto l’Italia è piena di mete di questo genere.
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Complice in questo caso è stato il sito Before Chartres di Giulio Giuliani, pieno di informazioni basilari (e di emozioni) per ritrovare le cattedrali più significative nel panorama del romanico pugliese e costruire il nostro itinerario.
Come sempre, cammin facendo, questo breve viaggio si arricchirà di altri contenuti, pur mantenendo fermo lo schema iniziale. Man mano che proseguiamo nel nostro itinerario, infatti, acquisiamo consapevolezza dell’unitarietà di fondo del territorio che stiamo esplorando. In molte delle città toccate troviamo massicce fortezze, i castelli federiciani, dotate di torrioni possenti, spesso prospicienti il mare, a protezione dalle incursioni provenienti da oriente. Bei centri storici, alcuni con un’impronta prettamente medievale, case e strade in pietra chiara locale. E poi qualcosa di molto più immateriale che si ritrova nella luce del sud, nei cieli azzurri, nei colori caldi del tramonto che illuminano i borghi bianchi e nei paesaggi della campagna, muretti a secco che delimitano uliveti e campi.
L’itinerario tra Puglia e Basilicata
Prima tappa Troia in provincia di Foggia. Il paese alto si snoda lungo il crinale di un colle che domina la piana sottostante, esposto ai venti. Aria pulita, temperatura frizzante. Il centro storico ha una chiara impronta ottocentesca in cui si inseriscono palazzi nobiliari risalenti a un periodo tra il ‘500 e l’800. Alcuni sono ben conservati, altri necessiterebbero di importanti lavori di restauro e ristrutturazione. Alcuni in vendita. Andando indietro nel tempo incontriamo i resti del Castello e le due chiese, quella di San Basilio Magno, già cattedrale di Troia, oggi un po’ defilata e messa in secondo piano dalla Cattedrale romanica, la prima che incontriamo sul nostro percorso, con la sua bellissima facciata, armonia di parti architettoniche e scultoree.
Arriviamo a Manfredonia, tipica cittadina di mare, con il porto, il faro, i pescherecci e il Castello svevo-angioino che ospita il museo delle Steli daunie.
A Siponto: l’Abbazia di San Leonardo
Fuori Manfredonia, nel mezzo della campagna coltivata a olivi, c’è l’Abbazia di San Leonardo a Siponto, costruita tra l’XI e il XII secolo, sulla strada verso la Terrasanta, nel momento cruciale in cui la cristianità era impegnata nella riconquista del Santo Sepolcro e dei luoghi sacri. Bellissimi gli altorilievi e le decorazioni del portale e il protiro che si aprono sulla parete laterale nord. Spoglio e buio l’interno. Leggiamo che la sua principale attrattiva sembra verificarsi nel giorno del solstizio d’estate quando il sole entra con un suo raggio attraverso un foro ricavato sulla volta a forma di piccolo rosone e si proietta in un punto del pavimento della chiesa segnato da una placca in metallo. Noi arriviamo all’ora del tramonto, quando il sole basso colora di un caldo colore aranciato le pietre bianche dell’Abbazia.
Ancora a Siponto: chiesa di Santa Maria Maggiore
Ugualmente affascinante è la chiesa di Santa Maria Maggiore a Siponto e tutta l’area archeologica intorno. Andando per ordine cronologico si incontrano resti d’epoca romana, su cui era stata edificata una basilica paleocristiana secondo la tipica struttura con impianto a tre navate e un’abside semicircolare. Sui cartelli esposti nel sito leggiamo l‘evoluzione degli edifici nel tempo. Pur con diversi interventi architettonici la basilica rimase in funzione fino alla costruzione della nuova chiesa di Santa Maria Maggiore. Oggi ne rimangono scarsi resti delle mura perimetrali. Su queste, con una sorta di rendering materializzato in rete metallica, in scala 1:1, è stata di recente ricostruita la basilica, nelle forme che verosimilmente aveva nell’alto medioevo. “Dove l’arte ricostruisce il tempo” il titolo che identifica l’opera dello scultore Edoardo Tresoldi. La sua presentazione riportata su un cartello esplicativo ci è sembrata interessante, perché dà voce alle sensazioni che si provano incontrandola:
“L’opera di Siponto, oltre al dialogo con lo spazio, innesca una relazione con il tempo e con la storia. Ricostruendo gli ingombri della Chiesa originaria secondo il linguaggio della trasparenza, lo spettatore entra in rapporto diretto e fisico con un’architettura che ha caratterizzato questo luogo in un tempo remoto. La sua assenza testimonia lo scorrere del tempo scandito dai fatti storici; l’opera riporta la Basilica ai giorni nostri fondendo archeologia e arte contemporanea, proiettandola in una dimensione metafisica come fosse un ponte nella memoria del luogo.”
La chiesa di Santa Maria Maggiore, un cubo di pietra immerso nella campagna, luminosissima all’interno per la luce che arriva dalle finestre della lanterna, aggiunta nel restauro di fine ‘500. Accoglie un sarcofago altomedievale in marmo bigio antico, utilizzato come altare, risalente al VI secolo e proveniente da Costantinopoli e la copia di un’icona raffigurante la Madonna e databile all’XI secolo (l’originale è custodito nella Cattedrale di Manfredonia).
Le saline di Margherita di Savoia
Scendendo verso sud, arriviamo a Margherita di Savoia per visitare le sue saline, le più grandi in Europa. Già la strada che vi arriva, costeggiando la zona di coltivazione, dà un primo assaggio dell’ambiente. La visita va prenotata in anticipo, ma le persone che gestiscono il centro visite sono molto disponibili e cercano di soddisfare le richieste di tutti. Le saline sono luoghi di produzione del sale pienamente funzionanti e quindi il percorso proposto tiene necessariamente conto dei vincoli legati alla sicurezza di un luogo di lavoro, che si avvale di grossi macchinari per raccogliere e lavorare ingenti quantità di materiale. Ma per quanto il lavoro sia stato meccanizzato, il contributo dell’uomo nelle saline resta fondamentale e insostituibile. La spiegazione della nostra guida ci permette di sbirciare, seppur da lontano, il mondo dei “salinari” e delle attività che caratterizzano le diverse fasi della coltivazione del sale. Percorriamo i terrapieni che dividono i vasconi, fino ad arrivare alla montagna di sale, un cumulo di enormi dimensioni che costituisce la raccolta della materia grezza da sottoporre ancora alla pulitura e al lavaggio, prima di destinarla alla vendita. Negli specchi d’acqua più lontani, controluce, intravvediamo i fenicotteri.
Continuiamo verso sud per Barletta, ancora una bella cattedrale romanica, un castello svevo e un bel centro storico per arrivare infine a Trani.
La poesia di Trani
E Trani ci entra nel cuore. La troviamo bellissima, elegante, curata. Una parte ottocentesca, ben mantenuta, palazzetti signorili e negozi stilosi. Aldilà di questa zona, verso il mare, si estende il centro storico più antico, con le sue strade lastricate in pietra antica locale, le “chianche”, ormai lucide per l’uso. Un dedalo di strade strette che si aprono improvvisamente su ampie piazze, luminose. Ognuna ospita una chiesa. La maggior parte sono chiuse, ma troviamo sempre un cartello con alcune informazioni sulle loro origini che ci permettono di contestualizzarle rispetto all’ambiente circostante. Ne incontriamo una aperta con il custode che ci invita a entrare. È la chiesa di San Giacomo, prima cattedrale di Trani risalente all’inizio del XII secolo che necessiterebbe di importanti lavori di restauro. Quel poco che è stato fatto ha permesso di scoprire sulla parete accanto all’altare un affresco bizantino raffigurante l’imperatrice Teodora. Restiamo colpiti e lasciamo un’offerta per i lavori. Alcuni toponimi che incontriamo nel nostro vagare senza meta apparente (via Scolanova, via Giudea, via Sinagoga) ci indicano che siamo nell’antico ghetto ebraico, la cui comunità, scopriamo, ha avuto un importante ruolo nella vita economica della città già dal XII secolo.
Il porto di Trani è un porto turistico, ma anche un porto di pescherecci. Nel tardo pomeriggio, è ormai buio, arrivano le barche dei pescatori con il pescato del giorno. Lo scaricano e lo mettono immediatamente in vendita sul molo dove i tranesi in attesa si accalcano intorno ai banchi, per acquistare o anche solo per dare un’occhiata. Ovviamente noi ci accodiamo agli abitanti con curiosità e interesse, pregustando l’ottimo pesce che ci attenderà la sera a cena.
Perla della città è la sua cattedrale, che emoziona per la sua posizione, bianca contro l’azzurro del cielo e del mare e per sottofondo lo sciabordio delle onde che si infrangono lì accanto. Rinviamo al sito Before Chartres ogni descrizione, certamente migliore di quella che potremmo dare noi (Trani: volto antico, absidi d’astronave – Before Chartres).
Lasciamo Trani a malincuore. Avremmo continuato volentieri a passeggiare senza meta, perdendoci nei suoi vicoletti.
Molfetta
Tappa successiva: Molfetta. Anche qui la cittadina si sviluppa intorno al porto. Sul mare, ormai arretrato di qualche decina di metri, il Duomo di San Corrado, altro esempio di romanico. All’esterno è una costruzione in pietra che ha visto sommarsi interventi diversi. Aggiunte successive, addossate alla chiesa originaria, che risale alla seconda metà del XII secolo. Nei secoli che seguirono furono aperte cappelle gentilizie che oggi circondano disordinatamente l’edificio. All’interno ci ha colpiti la tripartizione longitudinale dello spazio della navata centrale, coperta con tre cupole in pietra che si susseguono in asse una dopo l’altra e poi la decorazione di capitelli, mensole, archetti pensili e il moro che sorregge l’acquasantiera. Mentre ci aggiriamo tra le navate, nella chiesa si svolge il rito del battesimo di una bimbetta che strilla e urla, sotto lo sguardo tra il comprensivo e il divertito del sacerdote officiante. La situazione mette buonumore! È il giorno dell’Epifania, una bella giornata, l’atmosfera è gradevole. Molte persone sono in giro, si godono il sole sul lungomare o un aperitivo nei locali che si aprono sulle piazze del centro storico. Noi per un prezzo irrisorio ci concediamo un bel pezzo di morbida focaccia con pomodorini e origano. Che bontà!
Bari vecchia
Ci rimettiamo in cammino per arrivare a Bari, poco distante. È una città grande e si nota subito la differenza con quelle più piccole cui ci siamo dedicati nei giorni precedenti. Ci concentriamo soprattutto su Bari vecchia, dove abbiamo trovato un ottimo b&b, che ci permetterà di lasciare l’auto nel posteggio e di girare solo a piedi. È ormai pomeriggio e approfittiamo degli ultimi sprazzi di luce per una passeggiata sulle mura della città da piazza Ferrarese al museo archeologico di Santa Scolastica. Il tragitto non è lungo, ma consente di ammirare da una posizione sopraelevata l’intrico di stradine della Città vecchia da un lato e il lungomare dall’altro. Ancora due grandi chiese romaniche, la basilica di San Nicola e la cattedrale di San Sabino, interessanti da visitare. Alcuni reperti sono pregevoli: il ciborio e la cattedra vescovile a San Nicola, oltre i bellissimi capitelli della cripta, istoriati con elementi vegetali e con animali più o meno fantastici. E anche gli scavi archeologici condotti sotto la cattedrale che hanno fatto emergere resti di origine romana, compreso il tipico basolato di una strada e alcuni mosaici ben conservati sia romani che paleocristiani. Ma noi abbiamo ancora negli occhi e nel cuore la cattedrale di Trani e facciamo fatica a non fare confronti!
Bitonto
Il nostro itinerario alla scoperta delle cattedrali romaniche ci porta a Bitonto. Il tempo è cambiato e piove fitto. Arriviamo alla piazza su cui si affaccia la cattedrale e rimaniamo colpiti dall’architettura e dalla decorazione della facciata e delle fiancate laterali. All’interno abbiamo appena il tempo per una veloce occhiata: sta per iniziare un funerale. Usciamo mentre la chiesa si riempie di partecipanti alle esequie. Fuori la banda cittadina accompagna l’entrata del feretro in chiesa: sembra di essere in un film ambientato nella New York degli anni ’30. Purtroppo la concomitanza con la cerimonia funebre non ci consente la visita dell’area archeologica recentemente venuta alla luce nella cripta che, abbiamo letto, contiene testimonianze di epoca romana e altomedievale, compresi i resti di una basilica paleocristiana preesistente. Nonostante la pioggia e il senso di solitudine che emana dalle strade vuote, facciamo un giro nella città: ancora un bel centro storico e palazzi nobiliari eleganti. Rimpiangiamo di non avere una bella giornata di sole.
A Bitonto una digressione mangereccia. Andiamo alla ricerca dell’Antica Forneria di Anna Antonino, laboratorio dove si producono i taralli, famosi nella zona. Non senza qualche difficoltà riusciamo a trovare il posto che è un piccolo laboratorio in una stretta strada semiperiferica, senza neanche un’insegna che ne annunci la presenza. Non sembra quasi si tratti di una rivendita. Una volta entrati siamo accolti dal profumo fragrante di taralli appena sfornati. Lo spazio del locale è ingombro di scatole piene di confezioni pronte per la consegna. Al bancone tre donne al lavoro preparano artigianalmente, cioè a mano, i taralli, con velocità e precisione che abbiamo ammirato impressionati. Va da sé che poi abbiamo cercato in rete informazioni sull’azienda. La storia è interessante, andate a leggerla. E i taralli sono veramente molto buoni!
Ruvo
Arriviamo a Ruvo all’ora di pranzo. Nessuno in giro. Eppure sparse per il centro ci sono belle installazioni artistiche che denotano una certa vivacità culturale! Ne approfittiamo per ammirare un’altra bellissima cattedrale, con una facciata essenziale, pulita, che mette in evidenza gli elementi architettonici di rilievo: il portale centrale riccamente decorato, il rosone, una bifora.
Venosa
E da Ruvo ci avviamo verso Venosa, in Basilicata. La strada è antica, attraversa oliveti delimitati da muretti a secco. Piccole costruzioni in pietra – richiamano nelle forme i trulli, comuni più a sud – sono disseminate nei campi e sui bordi della strada. Proseguendo sotto un’acquerugiola continua e un cielo plumbeo attraversiamo l’altopiano del Parco delle Murge: bellissimi paesaggi che una foschia leggera rende indefiniti, sognanti.
Arrivati a Venosa è quasi buio e la pioggia continua imperterrita. Ci concediamo comunque una passeggiata nella cittadina (annoverata a ragione nel gruppo dei Borghi più belli d’Italia) e ne ammiriamo l’eleganza, la cura, la solitudine…. Troviamo anche qui un Castello, fondato nel tardo ‘400 e sede del Museo archeologico.
All’altro capo della città il Parco archeologico che ospita interessanti resti di epoca romana e paleocristiana, cui si aggiunge nella stessa area la cosiddetta Incompiuta, una vasta basilica di cui restano le mura esterne, le absidi, le colonne della navata destra. Incompiuta perché la sua edificazione, iniziata nell’XI secolo, non fu mai conclusa e oggi i resti ben conservati si innalzano su un prato verde che gli conferisce grande fascino. Il gioco? Andare alla ricerca delle pietre antiche provenienti dall’area archeologica e riutilizzate nella costruzione della chiesa. Passeggiando tra in resti con occhio attento si trovano pietre incise, bassorilievi, lapidi con epigrafi in latino. Ed è un gioco alla ricerca della meraviglia, senza fine… Accanto al parco archeologico si trova l’Abbazia della Trinità, romanica, con all’interno interessanti affreschi..
Il palazzo del Balì di Venosa merita una menzione a parte. Ha un’origine rinascimentale quando era dimora del Balì, dignitario locale dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, e faceva parte del ricco patrimonio dell’Ordine. Dopo alterne vicende, a fine Ottocento l’intero edificio e la sua facciata furono interamente rifatti e ristrutturati. In tempi più recenti, come ci è stato raccontato, dopo un necessario restauro, è ritornato all’antico splendore e adibito a residenza alberghiera. La parte storica del Palazzo è costituita dalla hall e dalle sale dove viene servita la prima colazione. Il restauro ha recuperato le forme e i colori ottocenteschi, che sono quelli di una dimora signorile ed elegante. Viverla ci è sembrato un privilegio e ci siamo sentiti trasportati indietro nel tempo, in un mondo preso in prestito dai romanzi dell’Ottocento. E in effetti non è raro che nelle sale storiche del Palazzo vengano ambientate riprese cinematografiche. Il soggiorno nel palazzo del Balì è stato veramente una sorpresa!
Melfi
Melfi è la nostra ultima meta. Cercando notizie in rete siamo riusciti a prenotare una visita alla Cripta dedicata a Santa Margherita. È una piccola cappella rupestre, scavata nel tufo, con una struttura architettonica di matrice gotica. Risale al XIII secolo e le pareti sono quasi interamente coperte da affreschi: alcuni con una chiara influenza bizantina, altri che denotano influssi di epoca successiva, a volte con un chiaro intento didattico. Tra tutti spicca L’incontro dei tre vivi e dei tre morti, questi ultimi (solo due rimasti oggi) rappresentati da scheletri che ammoniscono i cavalieri di ritorno da una battuta di caccia con la frase “noi eravamo quel che voi siete, voi sarete quel che noi siamo”. La Cripta è un magnifico gioiello, poco conosciuto, almeno dai non addetti ai lavori.
Prima di metterci sulla via del ritorno, ancora a Melfi saliamo fino al Castello, cosa che ci fa fare un bel giro per il centro storico, dove visitiamo il locale Museo archeologico. E anche questo è una bella scoperta. Il Museo è stato riorganizzato in anni recenti. Conserva il famoso Sarcofago di Rapolla, del II secolo d.C., proveniente dall’Asia minore. Sul coperchio del sarcofago è scolpita una delicata figura femminile distesa su un fianco, con il viso rivolto verso chi osserva. Bellissima. In generale abbiamo trovato interessante la presentazione museale che espone, ad esempio, corredi funebri ritrovati nelle tombe della zona. Le vetrine sono organizzate mettendo in mostra il corredo funerario nel suo complesso e quindi oggetti diversi (ceramiche, gioielli, armi, oggetti di uso quotidiano) che vengono contestualizzati, fornendo le ipotesi degli archeologi sulla identità di chi occupava la tomba.
Da ultimo incontriamo nelle vie cittadine due murales di Krayon che, scopriamo, è originario proprio di Melfi.
Informazioni pratiche
Tutti i monumenti (musei, chiese, saline) che abbiamo visitato hanno orari e giorni di apertura che è bene conoscere in anticipo prima di organizzare l’itinerario, tenendo presente che spesso sono chiusi tra l’ora di pranzo e le prime ore del pomeriggio. In generale in rete si trovano le informazioni necessarie, ma qualche volta non sono aggiornate. Può essere utile consultare anche le notizie che vengono postate sui social (facebook, in generale). Per alcune visite (saline di Margherita di Savoia e cripta di Santa Margherita) è stato necessario prenotare in anticipo.