Non è un caso che lo scrittore francese Jules Verne, abbia scelto la calotta glaciale dello Snaefellsjökull in Islanda, come partenza per l’epico Viaggio al centro della terra dei protagonisti del suo romanzo. Lo Snaefellsjökull è un vulcano dalla vetta dilaniata dalle esplosioni sottostanti la calotta glaciale e ricoperta da ghiacciai perenni; è l’essenza dell’Islanda, una terra in cui convivono fuoco e ghiacci, una terra di cui è inevitabile innamorarsi anche se non si è amanti della natura, una terra che ti fa credere d’essere sulla luna ma in realtà ti pone a contatto con la vera natura della terra stessa. Una meta diversa dall’usuale, uno di quei viaggi che si fa una volta nella vita, un paese vicino ma non troppo, una destinazione romantica e nello stesso tempo avventurosa; queste condizioni mi hanno portato senza pensarci toppo a scegliere l’Islanda come meta del mio unico ed indimenticabile Viaggio di Nozze. Il budget era piuttosto alto, il viaggio è stato il regalo di matrimonio dei miei nonni, questo a permesso di viaggiare senza troppi sacrifici, soggiornando in hotel discreti, considerato il basso standard islandese e avendo a disposizione per tutta la vacanza un auto 4X4 di grossa cilindrata. Tutta la vacanza è stata prenotata tramite tour operator in agenzia. Esiste un volo diretto Milano-Reykjavik, ma non era risultato né conveniente né con orari comodi; quindi abbiamo optato per Roma-Amsterdam (KLM), Amsterdam-Reykjavik (ICELANDAIR). Non conoscendo Amsterdam né abbiamo approfittato per una tappa di tre giorni nella città. Il 31 luglio proseguiamo per Reykjavik. Nelle giornate di sole la temperatura arriva intorno ai 15°, ma non possono mancare in valigia maglioni e piumino, infatti nelle giornate piovose ed intorno ai ghiacciai si scende rapidamente a temperature di pochi gradi. Ci siamo fermati nella piccola capitale islandese sia prima di compiere il nostro giro in senso orario dell’isola, che dopo. È una città piccola, lontana dalla nostra idea di capitale, molto più carina vista dall’alto, in fotografie grazie alle quali si ha un immagine d’insieme, con il mare e le casette colorate tipiche dei paesi del Nord. DALLA CAPITALE ALLO SNEAFELLSJÖKULL È venerdì mattina quando lasciamo l’hotel Radisson Saga e i 117 mila abitanti di Reykjavik, dando inizio alla nostra avventura. La Numero 1 è la strada principale d’Islanda, una semplice strada a doppio senso che costeggia tutta l’isola, è l’unica strada interamente asfaltata. Allontanadoci dalla capitale verso Nord, il traffico si dirada, diventando pressoché nullo superata la città di Borgarnes. Il primo batticuore è stato percorrere la strada panoramica che corre attorno al fiordo Hval, lasciando la N1 per un breve tratto e seguendo la N47. Arrivati a Borgarnes facciamo provviste per il pranzo, come indicato dalla guida, prima di dirigerci verso la penisola Sneafellsnes, molto meno popolata. Per la prima volta facciamo ingresso in un supermercato Bonus, una delle tante eclatanti contraddizioni islandesi, un punto di riferimento non solo per i turisti affamati, ma per gli stessi autoctoni: una catena di supermercati enormi, provvisti di cibi di ogni nazionalità, all’interno dei quali ci si dimentica di trovarsi al confine con il Polo Nord, piuttosto sembra di essere volati negli Stati Uniti. Colpiscono soprattutto le dimensioni delle confezioni in vendita, enormi, dai pacchi di cereali, alle buste di carne nel reparto surgelati; ovviamente, sia a causa delle condizioni climatiche in inverno, che soprattutto a causa delle grandi distanze gli islandesi sono abituati a fare provviste in quantità. Tutti indicano l’Islanda come una nazione tanto cara per noi turisti, questo è vero se pensiamo al costo del volo e degli hotel, ma in realtà i prezzi dei beni comuni sono assolutamente allineati con quelli Italiani, lo stesso vale per la benzina, che all’epoca del viaggio era in Islanda addirittura più economica che da noi. Evitando i ristoranti e mangiando nei fast food, collocati generalmente ad ogni distributore di benzina, oppure acquistando pane, formaggi ed affettati ai supermercati, abbiamo pranzato e cenato sempre a prezzi molto economici; certo la dieta non sarà stata molto salutare ma gola e portafoglio ne sono usciti vincitori. Punto di arrivo della nostra prima tappa è la Guesthouse Langaholt, sulla costa Sud della penisola Sneafellsnes, ai piedi del ghiacciaio Snaefellsjökull. Una sistemazione spartana, direttamente sul mare, con annesso campo da golf. Non siamo dei grandi giocatori ma l’idea di una partita a golf dopo cena, con il sole ancora alto era troppo eccitante; noleggiate sacche e mazze, percorriamo le nove buche del campo che si tuffa sul mare, continuando a giocare fino alle 22. Mentre il sole inizia a tramontare nonostante la stanchezza, ci concediamo anche una passeggiata in spiaggia, impossibile descrivere a parole le emozioni di quei momenti; alle 24 scattiamo le ultime foto per dimostrare che ancora non è del tutto buio. Il fatto che il sole tramonti così tardi e sorga presto, non ci ha impedito di riposare, visto la stanchezza a cui si arrivava la sera, ma mi rendeva sempre un po’euforica trovarmi a girovagare ancora con la cartina sotto mano, anche dopo cena…non so se senza orologio sarei mai riuscita a dire a me stessa: “Basa è ora di dormire!”. PENISOLA SNEAFELLSNES Dopo un’abbondante colazione ripartiamo con l’intenzione di costeggiare l’intera penisola. L’estremità occidentale, che si protende nell’oceano atlantico, rivela degli scenari mozzafiato: scogliere a picco sul mare formano archi e grotte scavate dal frangersi costante delle onde, spettacolari faraglioni, rovine di un labirinto, spiagge nere dove, tra i reperti di metallo arrugginito di un motopeschereccio inglese naufragato nel 1948, si arenano trasparenti meduse. Raggiunta la costa Nord ci spingiamo fino alla graziosa cittadina di Stykkisholmur; la più grande della penisola è il luogo ideale per fare rifornimento di benzina e viveri. Lasciata la penisola Sneafellsnes, e con essa anche il sole che ci aveva accompagnato fino ad allora, invece di tornare sulla strada N 1, attraversiamo la base della penisola dei fiordi occidentali percorrendo la strada N 59. Per diversi chilometri la strada non è asfaltata ed a causa dell’improvviso cattivo tempo dobbiamo frenare l’andatura di marcia, ma con il nostro fuoristrada non abbiamo alcuna difficoltà e per ora di cena ci ritroviamo sul versante opposto del monte Geldingafell. Con una temperatura vicina ai 4° e soprattutto un vento gelido, ci rifugiamo nel nostro hotel a Staoarskali, un piccolo centro turistico sul fiordo Hruta. LUNGO I FIORDI FINO AD AKUREYRI Non sono un’amante della musica ed i miei gusti in tale campo sono senz’altro dubbi, ma Celine Dion e una compiletions di canzoni islandesi, acquistata al nostro arrivo, sono state una degna colonna sonora alla nostra vacanza. Come descrivere le emozioni che si provano quando, accompagnati da “The power of love”, con il volume decisamente alto, al crescendo di intensità della voce di Celin Dion, si aprono davanti ai nostri occhi scenari imponenti: verdi distese di brughiera che sconfina nel mare, niente alberi, rarissime abitazioni, solo la natura con una visuale ampissima che si perde all’orizzonte! Provate ad ascoltare la canzone ad occhi chiusi ed immaginatevi i paesaggi più magnifici, in Islanda quelle emozioni si possono trasformare in realtà. Lungo il cammino verso Akureyri, la seconda città di Islanda con i suoi 15 mila abitanti, deviamo per visitare la fattoria dal tetto d’erba di Glaumbaer e l’annesso museo del folclore. Una tipica fattoria islandese risalente al XVIII secolo, che rappresenta uno dei migliori esempi rimasti delle antiche tecniche di costruzione islandesi. Raggiungiamo la città di Akureyri in tempo per una passeggiata tra le sue vie. La città si trova adagiata alla testa di un lungo fiordo ed è dominata da vette perennemente innevate, l’edificio principale è l’imponente chiesa del 1940 che sovrasta il centro cittadino, percorriamo la via pedonale soffermandoci nei negozi di prodotti tipici, fino a raggiungere la piccola piazza cittadina. La sistemazione che ci attende per la sera è la più carina che abbiamo incontrato lungo il percorso: la fattoria Pétursborg è una casetta di legno celeste dal tetto bianco, con poche camere rifinite in legno, una cucina a disposizione degli ospiti, che ci ha permesso di condividere la cena con un gruppo di simpatiche ragazze australiane e soprattutto con una romantica vasca termale all’aperto. In seguito incontreremo altri hotel muniti di vasche termali o meglio hot pot, ma la prima corsa in costume dalla camera alla vasca, con una temperatura esterna di circa 6° ed una temperatura dell’acqua di almeno 45°, non si può dimenticare! Le hot pot sono piccole vasche, spesso rivestite di legno, che possono ospitare dalle quattro alle dieci persone, rifornite di acqua corrente proveniente delle sorgenti geotermiche presenti nel sottosuolo, la stessa acqua corrente che gli islandesi usano in casa, così come per il riscaldamento. Le hot pot sono l’ennesima romanticheria islandese. DALLA CASCATA DEGLI DEI ALLE BALENE DI HUSAVIK Lasciamo Akureyri, con i suoi semafori dalla luce rossa a forma di cuore, per proseguire lungo la N1. Dopo pochi chilometri scorgiamo in lontananza un pulviscolo d’acqua che preannuncia l’arrivo a Godafoss, la Cascata degli Dei. Proseguiamo per Husavik, dove raggiungiamo il pittoresco porto, per gettarci nella magica avventura dell’osservazione delle balene. Ci aspetta una gita di tre ore in mare aperto, al confine con il circolo polare, con una piccola imbarcazione, imbacuccati come pinguini per il freddo e le compresse per il mal di mare in tasca. Una bella esperienza soprattutto perché una balena piuttosto socievole si è fatta fotografare e riprendere con facilità, a pochi metri dalla nostra barca! Prima di scoprire il successivo hotel, come indicato nella nostra guida, attraverso un sentiero che scende verso le scogliere sulla costa, raggiungiamo la foce del fiume Hallbjarnarstaðaà, dove si possono raccogliere conchiglie fossili e lignite che costituiscono le pareti del fiume. ACQUA E FUOCO Myvatn e Krafla, acqua e fuoco si incontrano in questa parte d’Islanda, creando un paesaggio particolarmente seducente. Saliti sulla vetta del vulcano Hverfell alto 463 m, si apre ai nostri occhi tutta la spettacolarità di questa area, uno scenario mozzafiato che è rimasto impresso non solo sulla mia mente, ma soprattutto sul mio cuore. Dal lato ovest della vetta si può ammirare il lago Myvatn nella sua totalità: 37 kmq costellati da più di 50 verdi isolotti, originati da esplosioni di gas prodotti dal passaggio della lava fusa nell’acqua. Dal lato Nord si intravedono le fumarole di zolfo che sono sprigionate dal terreno; Reykjahlid il principale centro abitato dell’area, un paese di 452 abitanti; la sorgente termale di Grjotagia dove negli anni ’80 la temperatura dell’acqua ha raggiunto i 60°, rendendola non utilizzabile. Il lato Sud Est è ancora più affascinante, difficile descrivere il nulla: un mare di tutte le sfumature del marrone che si estende fino all’orizzonte. Solo con la fantasia mi avventuro verso quel entroterra così privo di vita, misterioso ed impervio. Un’ultima occhiata al cratere del vulcano di tefrite e dopo aver percorso tutto il suo perimetro discendiamo dallo stesso ripido sentiero da cui siamo saliti. Dopo una breve passeggiata lungo le rive del lago, che ci ha permesso di assaggiare nel vero senso della parola i fastidiosissimi moscerini che lo popolano, proseguiamo verso il campo ad attività geotermica di Hverarönd, costellato di pozze di fango, solfatare, soffioni e sorgenti di acqua bollente. Come indicato sulla guida i turisti sono invitati a rimanere lungo i sentieri segnalati, per evitare di finire abbrustoliti. Il terreno sotto i nostri piedi è ovunque tiepido, rosso arancio, fino al bianco giallastro in prossimità delle solfatare; alle nostre spalle la cresta color pastello del Nàmafjall. Proseguiamo ancora diretti verso il Krafla, un’intera regione vulcanica che ha dato origine al più grandioso campo lavico d’Islanda. A dimostrazione che ci stiamo muovendo appena sopra un grande serbatoio magmatico, lungo il percorso scorgiamo un grazioso ruscello fumante. La Lonely Planet avverte: “ Dal momento che si prevede che il Krafla torni ad eruttare nel giro di pochi anni, una visita implica ovviamente dei rischi.”; non poco emozionati facciamo ingresso proprio nella caldera del Krafla. Un lungo percorso ben segnalato ed in molti tratti costituito da ponti, per evitare il contatto con il terreno che potrebbe essere troppo caldo o nascondere crepacci e frammenti di lava appuntiti, ci conduce tra sorgenti fangose bollenti incrostate di zolfo, lava fumante e profonde fenditure. Non rimane che visitare il cratere Viti, che significa “Inferno”, anche l’arrampicata alla sua vetta ricompensa con un’affascinate vista dall’alto dell’area circostante; l’interno del cratere sorprende con il suo lago blu intenso, che ne rivela la profondità. Costeggiando nuovamente il lago Myvatn torniamo alla nostra guesthouse, dopo al giornata più interessante del nostro interessantissimo viaggio. GRAND CANYON D’ISLANDA Circa 300 chilometri ci separano dalla nostra prossima meta: Egilsstaðir, capoluogo dell’Islanda orientale. Ma come ogni tappa del nostro percorso, anche in questa ci attendono emozionanti scoperte, il parco nazionale dello Jökulsargljufur, che significa “canyon del fiume glaciale”. Una pista non asfaltata ma in buone condizioni corre lungo una stretta gola di 30 km lungo il fiume Jökulsa à Fjöllum. Nella zona meridionale del parco ammiriamo la cascata Dettifoss, la più grande cascata d’Europa per portata d’acqua. Molto diversa dalle altre cascate che abbiamo potuto incontrare lungo il percorso, è caratterizzata da un’acqua lattiginosa a causa dei sedimenti glaciali che con violenza sono trascinati per 44 metri di altezza. Lungo il nostro percorso troviamo rarissimi centri abitati e raggiunta la città di Egilsstaðir, con i suoi 1637 abitanti, ci sembra una metropoli. La nostra guesthouse affacciata sulle placide acque del lago Lögurinn è particolarmente romantica, arredata con mobili antichi e pavimenti in legno. Evitando il caro ristorante dell’hotel, con il sole ovviamente ancora alto, decidiamo di andare alla ricerca di un fast food per cenare, dirigendoci verso la minuscola cittadina di Seyðisfjörður. Tra imponenti montagne, dopo un breve tratto di strada assai tortuosa, come per incanto scopriamo il piccolo paese posto all’imboccatura di un profondo fiordo lungo 16 km. Un angolo di pace dove rilassarsi riscaldati dagli ultimi tiepidi raggi di sole della giornata, contemplando il panorama con un fumante hamburger tra le mani. LUNGO I FIORDI ORIENTALI Grazie al clima più mite di questa regione d’Islanda, il sole ci accompagna lungo il percorso che da Egilsstaðir, ci porta alle pendici del Vatnajökull, permettendoci di godere appieno il bellissimo paesaggio. Alte montagne degradano verso i fiordi, popolati da tantissimi uccelli marini, piccoli villaggi di pescatori adagiati lungo la costa. Dopo una sosta ad Höfn, città moderna cresciuta su una lingua di sabbia che le fornisce un sicuro porto naturale, arriviamo nel primo pomeriggio alla guesthouse Smyrlabjörg. Ormai è tardi per eventuali escursioni organizzate sul Vatnajökull, ma la pista F985, indicata dalla nostra guida come uno dei percorsi più agevoli per arrivare alla cima dell’imponente monte, parte proprio a pochi metri dal nostro hotel. Rassicurati dalla consapevolezza di guidare un fuoristrada ci avventuriamo lungo una tortuosa, sassosa e stretta strada in salita. Pochi chilometri separano il nostro hotel dal rifugio Jöklasel, che vogliamo raggiungere, ma ci appariranno interminabili; infatti dopo poco la strada inizia a farsi così stretta da impedirci qualsiasi manovra per fare dietrofront, ovviamente senza protezioni ai margini, in alcuni tratti con un bel crepaccio da un lato e una parete rocciosa dall’altro, per non bastare una leggera foschia fa spazio ad una nebbia sempre più fitta! Cosa fare? Non potendo tornare in dietro ci facciamo coraggio a vicenda e proseguiamo a passo d’uomo. Finalmente dopo tanta ansia la strada si allarga abbastanza da permetterci una manovra, decidiamo di tornare indietro. Scendo dalla macchina per controllare le manovre, quando una fuoristrada si avvicina a noi provenendo dalla vetta; curiosa lo fermo per chiedere al conducente quanto mancasse ancora per il rifugio: “ 200 metri”. Completata una manovra di 360°, con una risata raggiungiamo l’agognata meta. Visto la fittissima nebbia non vediamo nulla del ghiacciaio, il secondo al mondo dopo il Polo Nord, se non un po’ di neve al lati della strada. Il rifugio viste le condizioni meteo è deserto, solo un paio di ragazzi che ci chiedono se abbiamo bisogno di aiuto. Dopo qualche bel respiro, consapevoli del percorso che ci attende e molto più sereni torniamo ad incamminarci verso valle. GLI ICEBERG, IL SANDUR E LE SPIAGGE NERE DI VIK Pochi chilometri dopo aver lasciato l’hotel, dove una delle lingue di ghiaccio del Vatnajökull lambisce il mare scopriamo la laguna di Jökulsarlon. La “laguna glaciale”, profonda 200m, è tempestata di azzurri iceberg che attraverso un piccolo sbocco fluviale si gettano in mare. Scenario di alcuni film di James Bond, nonché di Lara Croft, ci ritroviamo in un paesaggio artico. Imbacuccati, sotto una leggera pioggerellina, con salvagente ed impermiabile, saliamo a bordo di un buffo mezzo anfibio, che dopo alcuni metri percorsi a terra, si tuffa in acqua. Una gita di 40 minuti ci accompagna tra gli iceberg, mentre una graziosa ragazza islandese ci fornisce alcune nozioni su come si formano e perché alcuni sono così azzurri. La strada N 1 scavalca la laguna con un ponte e prosegue verso il Sandur. Sandur è un termine islandese entrato nel linguaggio internazionale, che indica una vasta piana desertica. Si estende lungo la costa Sud orientale ed è costituito da depositi di limo, sabbia e ghiaia erosi dai ghiacciai e trasportati a valle dalle inondazioni dei corsi d’acqua intrecciati. Fortunatamente non troviamo il forte vento, dal quale ci aveva messo in guardia la guida, ma certamente lo scenario che ci accompagna per almeno 40 chilometri è estremamente desolato. Basti pensare che questo deserto prima ed il ghiacciaio poi, hanno impedito il completamento della Ring Road fino agli anni ’70, quindi il congiungimento della capitale, con la città di Höfn. Pochi chilometri dopo la cittadina di Vik, posate le valigie hotel Dyrholaey, dove pernotteremo, ci dirigiamo verso l’omonimo altopiano roccioso. La Torre Eiffel e la torre di Pisa, la Sagrada Familia e l’Emire State Building, nessuna salita mi aveva mai emozionato così tanto da farmi sentir male, ma una passeggiata sullo stretto altopiano, a picco sul mare mi causa un forte senso di vertigini, non solo l’altezza, così priva di barriere e protezioni, ma soprattutto l’ampiezza dell’orizzonte. Attraverso una strada sterrata tra un gruppo di colonne basaltiche che paiono sculture d’arte moderna, raggiungiamo un altro promontorio dal quale si può ammirare l’altopiano roccioso di Dyrholaey che forma un arco sul mare; la spiaggia nera di Reynisfjara, i faraoni di Reynisdrangur e soprattutto le scogliere circostanti dove nidificano le pulcinelle di mare. Le pulcinelle stanno all’Islanda come i koala all’Australia, sono un animaletto tipico, a mio parere una specie di piccolo pinguino volante, con il becco giallo. Con un po’ di fortuna e pazienza siamo riusciti a fare una balla ripresa in stile Quark, di una pulcinella con un pesciolino in bocca. IL CAVALLO ISLANDESE Di buon mattino ripartiamo diretti verso il vulcano Hekla; dopo pochi chilometri percorsi sulla N 1, deviamo brevemente per scoprire come indicato sulla cartina, la cascata Skògafoss: una spettacolare cascata che si getta da una rupe di 62m su un pendio roccioso, sollevando enormi spruzzi, che grazie al sole originano un tenue arcobaleno. Senza dubbio starete pensando… “l’ennesima cascata…” ebbene, in Islanda, ogni cascata è capace di stupirvi, ognuna ha un’qualcosa di magico che la contraddistingue: una visuale diversa, un’ ambientazione diversa, perfino i colori della natura cambiano ogni volta. Affrontiamo ancora alcuni chilometri prima di incontrare Hella, un piccolo centro agricolo di 630 abitanti, da cui iniziamo ad ammirare il vulcano Hekla nella sua maestosità. Decidiamo di lasciare la N1 per percorrere prima la N 26,poi la N 32, passando così ai piedi del vulcano. Hekla sta a significare “l’incappucciato” poiché la cima è quasi costantemente avvolta da nuvole, ma con gran fortuna fino alle prime ore del pomeriggio, un cielo particolarmente terso ci permette di ammirarlo nel suo insieme. Il vulcano è esploso ad intervalli di circa dieci anni e l’ultima eruzione risale al 2000. Il paesaggio circostante è particolarmente arido e brullo, per chilometri non si incontrano né abitazioni né alcuna forma di vita, come se fosse imminente l’esplodere di una nuova furia del vulcano. Raggiunto l’hotel Hekla ci facciamo consigliare un maneggio nelle vicinanze che organizza escursioni a cavallo. Accompagnati da una giovane ragazza tedesca passeggiamo per circa due ore al trotto di un cavallino islandese per la brughiera, attraverso una bella zona collinare con il vulcano sempre ben in vista in lontananza, una simpatica esperienza da non perdere, anche per dei principianti come noi. Non ancora stanchi dopo un bagno nella hot pot dell’hotel ci dirigiamo per la cena a Selfoss, con i suoi 6048 abitanti, ci sembra una vera metropoli: negozi, piccoli palazzi, illuminazioni, traffico, ristoranti…dopo tanti chilometri immersi nella natura, incontrando solo piccoli villaggi, rimaniamo colpiti da tanta civiltà! Con un po’ di malinconia ci rendiamo conto che ci stiamo avvicinando sempre più alla fine del nostro percorso. IL CIRCOLO D’ORO La regione ad Est di Reykjavik è la parte più visitata d’Islanda; probabilmente proprio per questo non ci ha colpito quanto avrebbe dovuto, visitando i suoi siti di maggiore interesse. Abituati a godere di grandi spettacoli della natura spesso da soli o accompagnati da pochi turisti ci ritroviamo circondati da pullman di giapponesi con le loro frenetiche macchine fotografiche, da truppe di tedeschi, francesi, turisti di ogni nazione decisi a scoprire l’Islanda attraverso gite organizzate con partenza dalla capitale. Con un velo di nostalgia scattiamo anche noi la nostra foto accanto al getto d’acqua bollente di Strokkur, il Geysir che emette zampilli di acqua alti fino a 35 metri ogni dieci minuti. Passeggiamo lungo il percorso che permette di ammirare da più visuali la cascata Gullfoss, che si getta in un canyon con un salto di 32 metri. Attraversiamo la vallata Pingvellir, il più importante sito storico della nazione: il luogo in cui si riunì per la prima volta nel 930 d. C. L’Alping, il parlamento islandese. Non vi sono conservati reperti storici, ma la vallata è attraversata da ruscelli che corrono tra campi di lava, colline di muschi e betulle nane, nonché spettacolari spaccature. Tali spaccature sono conseguenza del fatto che la piana si estende proprio in corrispondenza del rift tra la zolla nordamericana e quella europea, che si stanno allontanando l’una dall’altra al ritmo di un millimetro all’anno. Eccoci tornare al nostro punto di partenza: l’hotel Radisson Saga e i 117 mila abitanti di Reykjavik. LAGUNA BLU Prima di riconsegnare la nostra fedele auto, che senza alcun problema ci ha accompagnato lungo l’entusiasmante giro dell’isola, nonostante una leggera pioggerella andiamo alla scoperta della Laguna Blu. Non che mi abbia deluso, ma un po’ a causa del cattivo tempo, un po’ a causa dell’alta densità di turisti a cui mi ero disabituata, non posso considerarla così affascinante e romantica come mi era stata presentata leggendo riviste di viaggio o vedendo documentari in tv sull’Islanda. Probabilmente ci avrebbe colpito molto di più se l’avessimo scoperta all’inizio del nostro viaggio, ancora digiuni di paesaggi lavici, hot pot e natura incontaminata. Nel pomeriggio concludiamo la nostra luna di miele con una passeggiata per Laugavegur, la via dello shopping e con una romantica cena presso il ristorante del nostro hotel. Dopo tanti hamburger ci meritiamo qualcosa di più raffinato. Il 12 Agosto il volo delle 7.55, ora locale, parte dalla luna diretto verso la nostra terra. Un veloce scalo all’aeroporto di Amsterdam ci riporta alle nostre città popolose, caotiche e inquinate; dove l’orizzonte sembra essere tanto più vicino.
Il desiderio che tanti curiosi possano leggere le mie pagine è grande, nonché la remota speranza di finire nel giornale, che sarebbe motivo di grande orgoglio, ma se fossi un po’ più egoista dovrei tenere solo per me questa bella esperienza…il diffondersi del turismo in Islanda potrebbe contaminare drammaticamente la sua bellezza e la sua natura…ma anche con questo pensiero pecco di presunzione, non saranno poi così tanti coloro che leggendo i miei pensieri saranno invogliati a visitarla…per fortuna!!!