Incantevole Lesbo di Lesvos

On the road, mare e sole in una splendida isola greca
Scritto da: gattovolante
incantevole lesbo di lesvos
Partenza il: 07/08/2015
Ritorno il: 14/08/2015
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
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Periodo: dal 7 al 14 agosto 2015

Persone: 2

Spesa complessiva: fino a 1000 euro a persona.

Come: in aereo da Lubiana.

Nonostante il martellamento televisivo che ci vorrebbe spaventare, abbiamo scelto la Grecia per le nostre vacanze. Viviamo a Udine e nella nostra regione è possibile acquistare in agenzia viaggi e soggiorni organizzati da tour operator sloveni, con voli charter dal vicino aeroporto di Lubiana. E’ opportuno conoscere l’inglese, perchè non sempre gli addetti sloveni con cui ci si rapporta comunicano bene in italiano, ma si tratta di organizzazioni serie e i prezzi sono competitivi. Anche sul posto poi non sempre le persone conoscono l’italiano, dipende dai luoghi e dai flussi turistici abituali.

Premesso questo, anche in base a esperienze positive precedenti, ci affidiamo a un’agenzia viaggi locale e scegliamo l’isola di Lesvos, cioè Lesbo, dopo aver consultato il catalogo. Il pacchetto comprende il trasferimento Udine-aeroporto e viceversa, il volo andata e ritorno per Mitilene, il trasferimento in hotel e ritorno, il soggiorno con prima colazione e un’auto a noleggio per 5 giorni.

Ovviamente è questione di gusti e situazioni personali, in ogni modo noi pur non disdegnando la spiaggia abbiamo intenzione di visitare l’isola in lungo e in largo.

Effettuata la prenotazione, compro la guida Lonely Planet “Isole della Grecia” e prodotti di protezione solare in quantità notevole, mi accerto che gli occhiali da sole siano in buono stato e mi dedico alla preparazione dei bagagli.

7 agosto

Non ne siamo entusiasti, ma l’aereo parte da Lubiana alle 6 del mattino. Così alle 2 ci troviamo alla stazione ferroviaria dove veniamo prelevati da un autista sloveno con pulmino. Siamo gli unici passeggeri e in meno di un’ora e mezza ci ritroviamo sbarcati in un aeroporto deserto. L’autista ci dice che aprono gli uffici e i servizi alle 4. Pian piano arrivano altre persone e poi finalmente allo sportello del tour operator ci consegnano i voucher, facciamo il check in, beviamo un costoso caffè aeroportuale e raggiungiamo il nostro gate. Il volo ha mezz’ora di ritardo e ci rimbalzano ad un altro gate al piano inferiore, alla fine partiamo. La compagnia è l’Adria Airwais, le hostess sono gentili e ci offrono anche un panino e una bibita. Il volo dura poco più di due ore effettive, poi arriviamo a Mitilene. La pista è praticamente sulla spiaggia, termina addirittura a pochi metri dal mare. Penso che se un pilota sbaglia qualcosa un aereo potrebbe facilmente finire in mare. Ma va tutto bene, fa molto caldo, splende il sole e abbiamo già visto il mare greco prima ancora di posare i piedi a terra. In aeroporto ci attende Petra, l’assistente turistica a cui faremo riferimento durante il soggiorno. Saliamo sull’autobus che ci condurrà all’albergo. Il viaggio dura un’ora e mezza, ed è il primo impatto con il paesaggio di Lesbo: un saliscendi tra colline coperte di ulivi e di conifere, curve e tornanti, colpi d’occhio sulle spiagge e sul mare, pecore, capre e altri animali, arnie di apicoltori. Alla fine raggiungiamo la parte settentrionale dell’isola e Petra smista i passeggeri e le rispettive valigie nei diversi alberghi prenotati.

Noi staremo a Molyvos e l’albergo è il Villa Iris. Decisamente economico, non troppo vicino alla spiaggia ma vicino alla parte storica della cittadina, con un godibilissimo giardino e terrazze affacciate sulle fronde. Arriviamo con le nostre valigie, il posto ci piace. Cerchiamo la reception ma non c’è nessuno. Siamo molto stanchi, abbiamo passato la notte in bianco e cominciamo a preoccuparci e a innervosirci. Per fortuna all’ombra della pergola sono sedute delle persone e un gentile signore greco si avventura alla ricerca della cameriera che sta rifacendo le camere. E’ un altro ospite dell’albergo, già pratico dell’ambiente. La cameriera ci ristora con un caffè in giardino, acqua fresca e una fetta di dolce, poi ci accompagna alla nostra camera, finalmente.

Dopo un breve riposo, usciamo a dare un’occhiata alla cittadina e a mangiare qualcosa che assomigli a un pranzo. E’ pomeriggio, il sole è ancora molto caldo e gli occhiali da sole sono indispensabili. Ci sediamo per un po’ vicini al mare, a farci spruzzare i piedi dalla risacca. Non siamo in vena di metterci in costume, ecc. ma è piacevole stare seduti e guardarsi intorno e intanto orizzontarsi.

Ci sono parecchi turisti del Nordeuropa, famiglie con bambini e anche coppie gay. Sembra che grazie a Saffo quest’isola rappresenti una destinazione molto amata per le coppie omosessuali. L’ambiente è tranquillo e informale: residenti e turisti conducono le proprie vite in maniera rilassata, senza chiasso inutile, senza esibizionismi e senza fretta. Ognuno si veste come vuole, o si sveste considerata la temperatura, ma sempre senza offendere il comune senso del pudore. Petra sull’autobus ci ha avvertito che i greci fanno tutto con calma e i turisti si devono adeguare.

Ciondoliamo per Molyvos, ancora frastornati per il viaggio. Beviamo qualcosa in un locale (Pergola, proprio in italiano) gestito da una sorridente signora, poi ci avviamo verso il nostro albergo arrampicandoci per le stradine ottomane della città vecchia. E’ stata la signora della reception ( ogni giorno compare per qualche ora) ad indicarci questo percorso alternativo alla strada, salendo da una scala nel giardino. Il percorso richiede fiato e scarpe comode, ma è davvero affascinante. Mi colpisce una vecchia fontana ottomana, che fotografo. Durante questo soggiorno ho poi fotografato tante fontane, in luoghi diversi: colpo di fulmine! L’unità architettonica di questa località è dovuta a un benemerito sindaco che nel 1965 impose che nella parte antica della città le case si potevano costruire o restaurare solo in pietra, secondo i vecchi canoni estetici. Nello stesso periodo in Italia si permettevano brutture di ogni genere.

Siamo così frastornati per il viaggio che non ci va di sederci in un ristorante per la cena. Compriamo qualcosa in un minimarket e mangiamo seduti sul nostro terrazzino, la temperatura adesso è gradevole e soffia un venticello marino. Si sta davvero bene.

8 agosto

Questo albergo è piacevolmente informale, gli ospiti vanno e vengono in ciabatte e abbigliamento comodo e senza fronzoli, le stanze sono dotate di frigorifero dove si possono tenere in fresco i propri acquisti alimentari (nel nostro caso acqua e bibite, questo clima richiede una grande quantità di acqua fresca), sul balcone ci sono anche i fili dove mettere ad asciugare i costumi da bagno o gli asciugamani. L’albergo è dotato di un cane randagio che ha deciso di stabilirsi qui., dorme nel giardino e accoglie gli ospiti, sia che arrivino per la prima volta o rientrino dalla spiaggia o dai giri per l’isola, scodinzolando e mettendosi a pancia all’aria per farsi accarezzare. Naturalmente conosce bene l’ora della prima colazione e individua subito le persone disposte ad allungargli bocconcini. E’ un bastardino sveglio e bello grassottello.

C’è un salottino d’ingresso alle camere con dei divani e un tavolino, su cui sono appoggiati dei grossi volumi in più lingue con informazioni da parte delle agenzie turistiche, olandesi o slovene. Quello sloveno per fortuna ha anche una parte scritta in un italiano molto zoppicante che fornisce informazioni preziose, molto più della guida Lonely Planet. Per esempio, vi si scrive chiaramente che in Grecia è preferibile non buttare nel water la carta igienica ma dopo averla usata bisogna depositarla negli appositi secchi. Non ho capito bene il motivo di questo, forse è una questione di tubature, ma effettivamente spesso nei bagni c’è un adesivo in inglese “do not throw any paper ecc.” con un disegnino illustrativo tanto per chi non avesse capito che il divieto riguarda proprio la carta igienica.

Ci alziamo presto, facciamo colazione (buffet self service) e siamo i primi. La colazione è a partire dalle 8, qui non si è molto mattinieri. Vediamo un anziano a dorso d’asino che passa a raccogliere le immondizie organiche, gli diamo una mano allungandogli il sacchetto appeso al cancello del nostro albergo senza che debba scendere dal somaro, poi a piedi ci arrampichiamo fino all’ingresso del castello bizantino. Un altro contadino a dorso d’asino vende splendidi pomodori agli abitanti delle case lungo le gradinate della città vecchia. Arriviamo fino all’ingresso del castello e ci godiamo il panorama mozzafiato, poi ridiscendiamo perchè la simpatica Petra viene a visitarci e a presentarci le escursioni possibili (noi però andremo in giro per nostro conto, ci siamo portati dall’Italia anche il navigatore) e ci devono consegnare l’auto che abbiamo noleggiato. Mentre camminiamo ci passa vicino e si ferma un’auto: è la signora della Pergola, ci offre un passaggio ma noi siamo a pochi passi dal nostro albergo e ricusiamo la gentile offerta.

Incontriamo Petra e il noleggiatore, che è il titolare della ditta Best e ci consegna anche una discreta cartina dell’isola; ora abbiamo un’ auto a disposizione e decidiamo di visitare il castello, questa volta salendo comodamente per la strada e il percorso più lungo. L’ingresso costa 2 euro a testa, la fortezza del Trecento è stata dei bizantini e dei genovesi, più precisamente di una famiglia Gattelusi che non avevamo mai sentito nominare, ma era così importante da queste parti da imparentarsi con la famiglia imperiale di Bisanzio. La visita vale senz’altro la pena e non solo per la vista panoramica. Su questa collina sorgeva l’acropoli al tempo degli antichi greci, quando questa città si chiamava Methymna. A dire il vero ufficialmente si chiama ancora così, anche sui segnali stradali, ma gli indigeni e anche i turisti la chiamano Molyvos . E’ un caso di doppia personalità urbana. Visitato il castello, decidiamo di arrivare al porticciolo della cittadina, che il giorno prima avevamo solo intravisto da lontano. Riusciamo a parcheggiare, poi ci avviamo per le stradine e i negozietti. Mi compro anche un cappello di paglia, obbligatorio con questo sole per chi non è già attrezzato con altri tipi di copricapo. Ci sono negozi carini e una darsena con le barche dei pescatori e anche dei diportisti, di varie dimensioni e nazionalità. C’è animazione e un’atmosfera piacevole. Intanto è arrivata l’ora del pranzo e ci fermiamo alla Pergola per un’insalata greca. Con queste temperature in effetti scopriamo essere la soluzione migliore per un pranzo leggero e vitaminico: pomodori, cetrioli, olive e formaggio feta, condito con olio ed erbe aromatiche. Accanto a noi è seduta una coppia di anziani: sono australiani, ma lui è originario di questi luoghi. Gli squilla il cellulare, lui richiama e conversa a lungo con qualcuno a Sidney, poi la moglie lo rimbrotta per la sua prodigalità telefonica. Noi mogli ci somigliamo a tutte le latitudini. Questo incontro ci mette a contatto per la prima volta con il passato di emigrazione dell’isola. Impigriamo un po’ nel piacevole esterno ombreggiato, anche qui c’è un cane ospite fisso. Non è un randagio, ci spiega la signora; dato che i suoi proprietari sono assenti per lavoro durante tutta la giornata, lui va in cerca di compagnia umana, e infatti dopo qualche giro a scodinzolare per i tavoli il cane si sdraia tranquillo a dormire in un angolino.

Abbiamo ancora un lungo pomeriggio davanti. Torniamo in albergo, indossiamo i costumi sotto gli abiti leggeri, prendiamo gli asciugamani e ci avviamo in direzione di Eftalou, dove secondo la guida ci sono delle terme. Per oggi vogliamo solo localizzarle. Non le troviamo, ma proseguiamo verso Skala Sykamias. L’asfalto cede presto allo sterrato, la strada è polverosa ma non ci sono buche. Procediamo lentamente costeggiando il mare e le scogliere per un lungo tratto deserto, il terreno qui è brullo e riarso, poi notiamo strane macchie arancioni e nere: sono i giubbetti di salvataggio e i pezzi di gommone e di salvagente abbandonati dai migranti che approdano qui dalla costa turca, vicinissima. Ce ne sono davvero tanti ed è il primo impatto concreto con quest’altro aspetto di Lesbo. Poi vedremo che la polizia concentra questi migranti in una specie di recinto a Molyvos e poi a gruppi li fa salire su autobus con la sigla dell’agenzia ONU per i rifugiati e li trasporta non so dove. Si tratta in gran parte di famiglie con nonni e bambini, anche molto piccoli. Al momento in cui scrivo queste note di viaggio, poco più di un mese più tardi, la tv italiana parla ampiamente di Lesbo e dei migranti e io mi astengo da commenti sull’argomento.

Raggiungiamo Skala Sykamias, piccolo paese di pescatori sul mare con ristoranti, negozietti e una piccola chiesa appollaiata su uno scoglio tra il mare e il sole. Alcune ragazze stanno sistemando festoni decorativi e si stanno formando capannelli di persone sorridenti e un po’ “in tiro”, evidentemente un matrimonio. Gatti di ogni colore dormono all’ombra sui gradini delle case. A poca distanza, lungo la strada che abbiamo percorso, sostiamo sulla spiaggia. E’ un’arenile di ciottoli, di libero accesso e un po’ trascurato, ma ci sono panchine ombreggiate e perfino una doccia. C’è una famiglia con due o tre bambine e un cane, che entrano ed escono tutti insieme dalle onde e alla fine tutti, bambine e cane, vanno sotto la doccia. Il cane si lascia manipolare e lavare con sorprendente pazienza., mentre le bambine ridono e scherzano. Dopo un po’ di mare e sole, accompagnati dal frinire delle cicale, decidiamo di rientrare a Molyvos attraverso un percorso differente. Stavolta la strada è asfaltata, curva dopo curva attraversiamo piccolissimi centri abitati in un paesaggio verdeggiante di boschi e colline, a tratti la vista si apre sul mare. Per la cena, ci fermiamo a caso in un ristorante a Vafios, scopriremo poi che è tra quelli consigliati dal librone turistico. In effetti la cucina è ottima, mangiamo su un terrazzo circondato dagli alberi e con vista sul mare e sul tramonto, mentre due o tre gatti passano da un tavolo all’altro chiedendo bocconcini. Una ragazza sta preparando la sua strumentazione per la musica dal vivo: per noi l’ora di cena è adesso, ma per i greci è ancora presto.

9 agosto

Torniamo a Eftalou, a circa 5 km da Molyvos: stavolta cercheremo le terme con più determinazione. Chiediamo indicazioni lungo la strada ed effettivamente le troviamo. C’è una piccola costruzione sulla spiaggia, in corrispondenza di una fonte di acqua termale calda che sgorga proprio qui a pochi passi dal mare. C’è una cupola con una vasca comune, da cui bisogna uscire e rientrare quattro volte restando nell’acqua calda ogni volta per non più di tre minuti, alternando con doccia fredda o bagno in mare. Ci sono anche vasche private per due persone, in cui si può regolare la temperatura dell’acqua se è troppo bollente e in cui si sta per 20 minuti. Preferiamo la seconda alternativa, perchè odiamo l’acqua fredda e siamo anche un po’ pigri. Le terme sono piccolissime e molto lontane dai nostri standard, ma la posizione è veramente unica, il personale addetto è gentile e dopo si può stare sulla spiaggia di ciottoli quanto si vuole. L’acqua del mare è fredda per i nostri gusti, ma cristallina. I ciottoli sono alquanto fastidiosi sotto i piedi nudi. Oltre l’edificio, oltrepassando gli scogli c’è un’altra spiaggia e perfino una semplice taverna. Decidiamo di tornare di nuovo e prenoto anche un massaggio per l’indomani.

Dopo il bagno termale e dopo una sosta sulla spiaggia, riprendiamo la macchina e andiamo a Petra. Qui beviamo qualcosa e intanto ci guardiamo intorno. Petra è più “turistica”, ha una lunga spiaggia attrezzata e affollata. Generalmente a Lesbo non si paga per l’uso dell’attrezzatura in spiaggia, è sufficiente consumare nei bar e ristoranti che gestiscono ognuno il proprio tratto. Ci compriamo calzature adatte a camminare sui ciottoli, in acqua e fuori. Poi, via ad esplorare l’isola.

Vedo dalla cartina che siamo vicini a un paese denominato Stipsi. Non resisto, lo attraversiamo e fotografo anche il cartello stradale che segnala il centro abitato. Non so se in greco il termine abbia lo stesso significato che ha in italiano, comunque le case sono allineate lungo una stretta strada tagliata a metà di una collina, al centro del paese hanno anche tirato un grande tendone da un lato all’altro della via per godere dell’ombra. Scopriremo che è una costante in questi territori assolati e ventilati trovare modi ingegnosi per godersi le giornate estive sostando nei caffè all’aperto anche nelle ore più torride.

Arriviamo a Mantamados. Poco fuori dell’abitato visitiamo un importante monastero, meta di pellegrinaggi e visite. Si paga un modico biglietto d’ingresso, c’è anche un chiosco di souvenir, con oggetti a tema religioso ortodosso a prezzi moderati. Non abbiamo nulla in contrario a finanziare la chiesa greco-ortodossa e acquistiamo qualche regalino. Le persone cui erano destinati li hanno poi molto graditi. All’entrata del complesso è installato un vero aereo militare: la Lonely Planet spiega che questo monastero è dedicato a san Michele arcangelo, patrono dell’aeronautica militare greca. Dopo la visita ci addentriamo nel paese, i negozi sono chiusi ( qui fanno la pausa pomeridiana nelle ore della calura) ma nei caffè sotto gli alberi qualcuno staziona ai tavolini, principalmente uomini. Evidentemente le donne stanno in casa o servono ai tavoli. Mangiamo un’insalata greca in un semplice locale a gestione familiare: padre madre e una ragazzina che parla l’inglese.

Da Mantamados raggiungiamo Agya Paraskevi, un paese abbastanza grande e decisamente agricolo. Beviamo un caffè alla turca, pardon alla greca, in un insolito locale molto balcanico, ricavato al piano terra di un palazzetto inizio novecento, con soffitto altissimo e grandi porte tutte aperte (non c’è l’aria condizionata). Il gestore è un giovane uomo con la barba, potrebbe essere un antico greco, di quelli raffigurati sui vasi. A lui chiediamo le indicazioni per raggiungere il museo dedicato all’industria dell’olio. E’ domenica e temiamo sia chiuso. Il cancello è solo accostato e si odono delle voci: sono un gruppetto di addetti nella guardiola che chiacchierano e scherzano tra loro. Vedendoci si danno subito da fare con i biglietti, i depliant e le spiegazioni. Sembrano contenti di averci lì, per tutta la durata della visita saremo i soli visitatori. Il museo è interessante, tanto più che noi nordici e cittadini l’olio lo consumiamo, ma non abbiamo le idee molto chiare circa la sua produzione. Questa struttura fino a pochi anni fa era un frantoio pubblico, con tutti i suoi macchinari. Nei magazzini annessi è stata ricavata un’esposizione di fotografie e oggetti, ad illustrare il ciclo della coltivazione dell’ulivo e della raccolta e lavorazione dei frutti, con rimandi anche alla vita e alla storia del paese di Agja Paraskevi e all’apporto economico degli emigrati nelle Americhe. Un responsabile di questo frantoio fu anche esautorato e arrestato all’epoca dei colonnelli. Con questa visita capiamo meglio l’isola e il significato delle ciminiere che qua e là si vedono svettare da costruzioni basse, spesso diroccate: sono piccoli frantoi tradizionali, superati dalle attuali modalità di produzione. A Molyvos nel vecchio frantoio restaurato hanno ricavato un hotel, tanto più che è posizionato a pochi metri dal mare. Rientriamo alla base. Per restare in tema con il museo dell’olivicoltura, il nome Molyvos sembra che derivi dalla contrazione di “Monte degli Olivi” in latino o in italiano (i genovesi Gattelusi forse c’entrano qualcosa, il latino non è di questi territori). L’informazione ci viene fornita da uno dei proprietari del ristorante Alania, dove ceniamo. Gatti, cucina tradizionale e buona musica greca di sottofondo. In questi luoghi il pop internazionale e anglosassone sarebbe davvero fuori luogo, la musica che ascoltiamo qui è la colonna sonora perfetta per questi paesaggi e queste atmosfere.

10 agosto

Dopo la colazione e le coccole mattutine al cane dell’albergo, che ormai sentiamo un poco anche nostro (probabilmente questo vale anche per altri ospiti e fa parte della tattica dell’intelligente bestiola) torniamo alle terme di Eftalou: una bella vasca termale, il mare e anche un massaggio. Riprendiamo la macchina per i nostri vagabondaggi. Scegliamo di mangiare qualcosa a Paleohori. Ci sediamo a un tavolino sotto il grande albero locale, in mezzo a tanti autoctoni che mangiano, chiacchierano e giocano a tric trac,. Questo è il nome con cui lo conosciamo noi, probabilmente questo antico gioco est europeo ha tanti nomi: c’è una scatola di legno che si apre in due metà accostate, una ripartizione dipinta e pedine piatte colorate. Il locale ne ha in dotazione diversi esemplari dall’aria vissuta, a disposizione dei clienti. Cucina semplice, insalata greca e polpettine, e gatti, dei quali uno aggredisce un micio a cui abbiamo dato qualche pezzetto di polpetta. Un altro avventore si alza e interviene scacciando l’aggressore e soccorrendo la vittima dolorante, e intanto ci spiega che quel gatto è davvero cattivo. Lo dice in greco,ma capiamo il senso. Tra persone che frequentano i gatti ci si capisce al volo.

Mentre siamo seduti al tavolino mi guardo intorno. Il paese è circondato da uliveti, le case sono ben tenute e molte sono di recente costruzione o comunque restaurate. I tetti di tegole hanno delle strane cuspidi e antefisse di terracotta sulle grondaie. Ne vedremo ancora girando per l’isola, il significato di questa usanza locale mi rimane una curiosità insoddisfatta. Le ceramiche dei tetti sono di serie, ma sull’isola ci sono diversi artigiani specializzati e abbiamo visto in vendita oggetti di ceramica spesso molto belli, di uso pratico o decorativo. Noi non possiamo appesantirci i bagagli più di tanto, comunque questo è un genere di acquisto che mi sento di consigliare. La Lonely planet parla di Antissa, ma non dice niente della vecchia Antissa che è invece è riportata sulla cartina. Così ci avviamo per vederla, per una strada secondaria, che ben presto evolve in una strada sterrata non asfaltata. Attraversiamo uliveti, incrociamo solo un paio di trattori, ma continuiamo testardamente e infine raggiungiamo una spiaggia deserta, chiusa a un lato dai resti imponenti di una grande fortezza costruita sul mare. Il cellulare ci dice “benvenuti in Turchia”, in effetti la costa turca è vicinissima. Secondo la cartina la strada dovrebbe proseguire, ci proviamo, invece finisce tra un pugno di case trasformandosi in un sentiero.

Torniamo alla spiaggia, qui c’è un’unica taverna (una specie di osteria-trattoria) e alcune persone che scherzano tra loro. Due uomini, una donna e un piccolo cane nero fanno capo a un camioncino, altri due giovanotti fanno capo a una jeep. Non c’è nessun altro. Chiediamo, molto a gesti, la strada per il paese di Antissa e loro sempre a gesti con qualche parola greca ci invitano a seguire quelli della jeep. Questi imboccano allegramente una stradina stretta e molto bucolica, si capisce che per loro è un’abitudine e si capisce anche come mai hanno scelto di acquistarsi una jeep. Noi li seguiamo su e giù in un paesaggio di piantagioni e di allevamenti, nessun essere umano in giro, per fortuna abbiamo benzina a sufficienza e per fortuna la nostra macchina personale è al sicuro in garage a Udine. Dopo 10 km circa di sobbalzi, quando ci cominciamo a preoccupare, la stradina campestre sbuca in una strada più larga e asfaltata e le nostre guide ci fanno segno di proseguire verso sinistra. Ci salutano con grandi sorrisi amichevoli e svoltano a destra per i fatti loro, probabilmente erano in pausa lavoro. Ci hanno portato per una scorciatoia e il paese di Antissa è vicino, inerpicato su una collina. Molte località di Lesvos, inizialmente costruite sul mare, in seguito sono state poi spostate verso l’interno, possibilmente in alto per difendersi meglio dalle incursioni dei Saraceni. Nella stessa epoca anche molti italiani avevano lo stesso problema.

Secondo la Lonely Planet ad Antissa c’è una piazza particolarmente bella, è anche pubblicizzata da un cartello stradale all’inizio del paese. In realtà è solo più grande del normale, gli alberi sono due o tre e i caffè sono più numerosi. Per me la piazza di Paleohori era più affascinante. Al centro i tavolini sono più fitti e affollati, ma al bordo estremo della piazza discosto dagli altri un caffè inalbera un grande cartello scritto a mano “qui si parla tedesco” e un uomo si sbraccia per invitarci. Un po’ perchè dopo tanto inglese il tedesco è riposante, un po’ per rispondere all’invito, ci sediamo lì. Non ci sono altri avventori e loro sono proprio contenti di averci. Non abbiamo fame, beviamo solo qualcosa e quasi ci dispiace non poter favorire di più gli affari di questa famiglia. La signora ci racconta di aver lavorato per 40 anni in un’industria tessile in Germania, parliamo amichevolmente del più e del meno e ogni tanto la suocera anziana e un po’ fuori di testa, che si è seduta lì vicino, interviene con considerazioni incomprensibili. Scegliamo di andare a visitare il monastero di Moni Ypsilou. Adesso il paesaggio è brullo è riarso, semideserto sotto il sole a picco. Il monastero è fortificato e sorge in cima a un monte. Nell’arrivarci costeggiamo un’installazione militare e un cartello che vieta di fotografare. Si sente la vicinanza della Turchia, per i greci sempre preoccupante. Il panorama dall’alto è ampio e bello, ma niente foto. Ci sono due monaci e dopo che abbiamo visitato la chiesa uno ci accompagna al museo, sempre senza parlare attende pazientemente che guardiamo le icone, le pergamene e gli altri oggetti esposti, poi gli lasciamo un’offerta, perchè non c’è un biglietto d’ingresso vero e proprio. Siamo gli unici visitatori in questo momento , solo nel ripartire vediamo arrivare nel parcheggio un’altra macchina. Questo monastero è stato un caposaldo della cultura greca durante il dominio ottomano, perciò la sua importanza va oltre il piano architettonico e artistico, che pure è rilevante.

Proseguiamo fino a Sigri, piccola località con un porticciolo, una spiaggia affollata di greci, di cui molti giovanissimi che giocano (sembra trattarsi di un centro estivo, ci sono accompagnatori adulti) e una fortezza bizantina che non si può visitare perchè pericolante. Così dice in greco e in inglese un cartello affisso all’ingresso, in cui qualcuno ha parcheggiato il motorino. Dimenticavo, qui la gente usa moltissimo gli scooter, anche perchè le stradine strette non sono molto adatte alle automobili. Questa cittadina negli anni 20 ha visto completamente sostituita la sua popolazione, perchè era abitata da turchi e in seguito ad un accordo tra i due governi i greci della prospiciente Asia minore furono trasferiti in Grecia e i turchi stabiliti in Grecia furono spostati in Turchia. Queste cose restano a lungo a segnare la memoria delle popolazioni interessate, nel resto del mondo magari se ne sa pochissimo, ma aiutano a capire l’oggi. Una grande costruzione adibita a uffici pubblici ha l’aria di essere stata una moschea, ma l’attrattiva principale di Sigri è il Museo della foresta pietrificata, molto moderno e bene allestito. Ci sono enormi tronchi fossili, portati dalla vicina area della “foresta”, cioè un terreno brullo e desertico da cui affiorano rari spuntoni di alberi fossili. Il nome è romantico, la visione reale no, anche se il luogo è estremamente importante dal punto di vista geologico.

Per una strada nuova, a tratti ancora in costruzione che disorienta il nostro navigatore, raggiungiamo Erissos. La cittadina sembra interessante, ma non riusciamo a trovare un parcheggio adeguato, evidentemente a quest’ora la popolazione si riversa in centro nei caffè e nei ristoranti. Allora ci dirigiamo a Skala Erisou, come dire Erissos Marina, a pochi chilometri di distanza in riva al mare. Il paesaggio è verdeggiante e molto piacevole. Questa era la Erissos originaria, prima che si spostassero tutti per ragioni di sicurezza, ed è qui che nacque e visse Saffo, ma anche Teofrasto era di qui, e gli hanno dedicato un piccolo monumento nella piazza che affaccia sulla spiaggia e adesso è piena di ristoranti e di turisti. Ci sono negozi e animazione, folla e brusio allegro di vacanzieri, numerosi alberghi e camere d’affitto. Secondo la Lonely Planet questa è la destinazione privilegiata per le coppie gay, specialmente femminili. Sarà anche vero, ma non mancano le famiglie etero con relativa figliolanza.

Lesvos, oltre a Saffo e Teofrasto qui a Erissos, ha dato i natali anche al musicista Arion, proprio nella nostra Molyvos/Methymna. E’ ormai sera ed è opportuno volgerci in direzione della nostra base. Scende il buio, siamo un po’ stanchi e affamati. Proprio lungo la strada ci fermiamo a caso in un ristorante, o meglio una taverna , che ha una terrazza coperta. Ci troviamo a Vatoussa, ceniamo in mezzo ai soliti immancabili gatti e a parecchi autoctoni che mangiano, bevono e guardano la tv. Alle immagini e ai discorsi dei loro politici reagiscono allo stesso modo dei nostri concittadini nella stessa situazione, vi lascio immaginare come. Il cibo è semplice ma gustoso, si sta bene e di fronte vediamo le case del paese arrampicato sul fianco di una collina nel verde. Sono esposti come decorazione diversi vecchi attrezzi agricoli, uno è il gemello di un esemplare che abbiamo visto oggi nel museo di Sigri. I contadini infilavano dei “denti” di legno fossile durissimo e resistente in una tavola di legno che poi trascinavano sul terreno per estirpare le erbacce, se ho ben capito la didascalia. Non avevo mai visto prima un oggetto del genere, né l’ho mai più visto in seguito. Coincidenze che sorprendono. Una lunga giornata, siamo stanchi ma non importa.

11 agosto

Per oggi niente terme, vogliamo andare a Mitilene, il capoluogo dell’isola di Lesbo. Attraversiamo il paesaggio che ormai ci è piacevolmente familiare. Mitilene è una città piena di vita, animata, addirittura caotica. Fa molto caldo, decidiamo di non visitare i musei ma di limitarci a percepire la città per quanto possibile. Percorriamo in macchina stradine strettissime, in cui bisogna progredire lentamente e con attenzione perché , per esempio, può succedere che davanti a noi un’altra vettura sia ferma per caricare un paio di sedie sul portabagagli e bisogna attendere che finiscano. I greci la prendono con filosofia, sembra che la loro frase preferita sia “pigà pigà” cioè “piano piano”. Alla fine riusciamo a parcheggiare e a guardarci un po’ intorno. Siamo vicini al mare, poco lontano da un grande castello/fortezza a cui vogliamo dare un’occhiata. E’ veramente molto grande, la parte meridionale è stata parzialmente distrutta per motivi di viabilità e soprattutto per ricavare uno spazio in cui far alloggiare i molti profughi greci fatti arrivare dalla Turchia nel 1923 al tempo di Ataturk. Ci sono dei cartelli illustrativi, con foto e immagini. Furono trasferiti 160.000 greci, non saprei dire quanti turchi perché i cartelli sono focalizzati sulla memoria greca, ma certo fu una tragedia per tante persone. C’è un hamam turco ben restaurato in tempi recenti, sembrerebbe con fondi europei. Non ci sono custodi e si entra liberamente, le cupole hanno inserti di vetro colorato che danno una luminosità particolare. Sarebbe bello se non fosse abitato da una numerosissima colonia di insetti, sembrano scarafaggi ma non me ne intendo abbastanza. Fortunatamente in quel momento erano inebetiti dal caldo e se ne stavano tranquilli ammassati lungo le pareti. Con l’aiuto della piantina fornitaci dal noleggiatore insieme all’auto ci orientiamo e ci dirigiamo verso il centro della città. Prima però beviamo qualcosa in un locale molto carino e moderno. A proposito, quasi dovunque i locali pubblici sono dotati di wi-fi. Verso il centro notiamo diversi negozi interessanti, in particolare uno che in realtà è un laboratorio dove si producono e vendono oggetti di ceramica che ci piacciono molto. Acquistiamo qualcosa da regalare, il nome è Ergani keramika, su facebook li trovate come Ergani ceramics, e consiglio caldamente di dare un’occhiata. C’è molta gente in giro a fare acquisti, le verdure son davvero belle e fresche e i fornai hanno vetrine piene di delizie. E’ ora di pranzo e stanno tutti chiudendo per la pausa, mettono i rifiuti sul bordo della strada e intanto passa il camion per la raccolta. Siamo a piedi, ma è uno slalom e a volte dobbiamo anche fermarci mentre due spazzine tolgono di mezzo cartoni e simili e li riversano nel cassone del camion. Il camion è come quelli in cui si svuotano i cassonetti, evidentemente non fanno la raccolta differenziata. Ci fermiamo un po’ a impigrire all’ombra, su una panchina vicino a una fontana ottomana. Questa non è tenuta molto bene, ma è funzionante e ne sgorga acqua fresca. Poi ancora in giro per la città, capitiamo vicino al porto e vediamo in giro molti migranti, alcuni chiedono l’elemosina ai passanti, Ci sono donne con bambini, ma anche molti giovani maschi che si muovono in gruppo. Da alcune conversazioni abbiamo l’impressione che i greci si sentano un po’ invasi da questi migranti che arrivano dalla costa turca e questo rinfocola i vecchi rancori mai del tutto sopiti nei confronti degli ottomani. Temiamo di esserci persi per le strade e i quartieri di Mitilene, alla fine riusciamo a orientarci e ad avvicinarci alla nostra macchina. Prima però pranziamo trasgressivamente con gli ottimi dolci di una pasticceria che sembra rinomata, a giudicare da quanti mitilenesi ne escono con vassoi ben incartati. Hanno anche un paio di tavolini all’esterno, di cui naturalmente approfittiamo.

Lasciamo Mitilene, sulla strada del ritorno facciamo una deviazione per vedere il ponte di Kremasti. La guida Lonely Planet non ne fa cenno, ma è indicato sulla nostra piantina e il librone dell’albergo ne parla. E’ un bel ponte medievale in mezzo al nulla, imprigionato in un’impalcatura perché è in fase di restauro. Pochi minuti dopo di noi compare un’altra auto, sono due giovani uomini probabilmente nordeuropei, scendono a fotografare e poi ripartono. Facciamo lo stesso e ci dirigiamo verso Molyvos. Quando arriviamo è ancora presto e vagabondiamo per il paese, esplorandone la parte centrale, con le stradine a mezza costa, i negozi e negozietti, i ristoranti affacciati sul mare. Arriviamo al porticciolo e qui ceniamo in un ristorante sulla banchina, a pochi passi dalle barche ormeggiate nel tramonto.

12 agosto

Torniamo alle terme di Eftalou, mi concedo un altro massaggio. Faccio vedere alla signora Elefteria che la guida Lonely Planet la cita in grassetto per i suoi massaggi professionali. E’ incuriosita, guarda di che pubblicazione si tratta e dice che forse hanno visto il suo biglietto da visita. Io invece credo che l’estensore della guida (una donna) abbia provato i suoi massaggi in incognito. Da parte mia posso assicurare che questo insieme di mare, sole, acqua termale e massaggi ha fatto bene alle mie articolazioni, mi sarebbe piaciuto poter prolungare i trattamenti. Dopo le terme vogliamo provare una spiaggia sabbiosa e ci dirigiamo verso Anaxos, a qualche chilometro di distanza. Nel tragitto incontriamo il nostro noleggiatore d’auto della Best Rent a car, a cavallo di una moto. Gli chiediamo come fare per la riconsegna: dovremo semplicemente lasciare la macchina sulla strada davanti al cancello dell’albergo con le chiavi sotto il tappetino. Qui è tutto semplice e informale, come ho già detto. Oltrepassiamo la località di Petra, raggiungiamo Anaxos e prima di inoltrarci alla spiaggia ci sediamo a bere qualcosa in un locale che affaccia sulla strada. Proprio di fronte c’è un’agenzia turistica e chi ti vediamo entrare? Il nostro noleggiatore, che ovviamente salutiamo e tutti ridiamo un po’ per la coincidenza. Poi, in spiaggia. C’è gente, ma non troppa e si può sostare all’ombra degli alberi, se non ci si è portati da casa l’ombrellone o non si vuole usufruire delle attrezzature fornite dai bar e ristoranti dirimpetto. Il sole come al solito picchia forte, ma si sta bene e l’acqua è cristallina. Le calzature anticiottoli vanno bene anche per la sabbia nera bollente. Quando ne abbiamo abbastanza mangiamo qualcosa in uno dei tanti ristoranti, poi ci avviamo verso Molyvos. Usciamo per un giro di Molyvos e per cenare. Stavolta scegliamo il ristorante della Cooperativa delle donne di Mitilene, in una terrazza panoramica. E’ relativamente presto, oltre a noi c’è un paio di famiglie tedesche con parecchi ragazzini e non mancano i gatti Uno di questi è poco più di un cucciolo e i ragazzini tedeschi se lo prendono sulle ginocchia e ci giocano, oltre a dargli qualche boccone. Le mamme lasciano fare, le nostre connazionali probabilmente sarebbero inorridite pensando alle pulci. I gatti da ristorante sono in genere socievoli, quelli delle stradine interne sono molto più selvatici. Forse dipende dall’alimentazione, abbiamo visto un gattino minuto che correva con una cicala in bocca. Qui mangiamo il miglior formaggio feta di tutto il soggiorno. Bel tramonto sul mare, poi cala il buio.

13 agosto

E’ l’ultimo giorno a Lesvos. Oggi vogliamo vedere i resti dell’acquedotto romano. Purtroppo la cartina non spiega molto bene come arrivarci e la Lonely Planet tace in proposito. Ma noi siamo testardi e in un paese delle vicinanze otteniamo qualche indicazione dalla proprietaria di una taverna. A un tavolo sono sedute a bere qualcosa due donne che parlano in inglese, capiamo che anche loro sono qui per l’acquedotto e questo significa che siamo sulla buona strada. Seguiamo le indicazioni ricevute e ci troviamo in una strada secondaria immersa nel verde, con una bella fontana da cui un paio di greci sta riempiendo taniche e taniche di acqua. Chiediamo in qualche modo indicazioni per l’acquedotto, e ci fanno segno di addentrarci nel bosco. Siamo perplessi, ma lo facciamo. E’ un bel sentiero nel bosco, adatto a escursionisti dotati di scarponcini, ma noi siamo in tenuta di tipo estivo-vacanziero e dopo un po’ decidiamo di desistere. In quel mentre sul sentiero compaiono due uomini dall’aspetto inequivocabilmente di turisti: sono di Torino, e sono i primi italiani che incontriamo durante questa vacanza. Anche loro sono in questo bosco alla ricerca dell’acquedotto romano e neanche loro l’hanno trovato Riprendiamo il viaggio, questa parte dell’isola è davvero bella, la strada si snoda nel verde.

Arriviamo ad Agassos e parcheggiamo la macchina all’inizio del paese. C’è un piccolo museo gratuito, o forse è solo una mostra temporanea, dedicata al carnevale locale, con figure in cartapesta e costumi e fotografie di carnevali trascorsi. Le didascalie sono tutte in greco e non si capisce granché. Ci sono anche insoliti oggetti di ceramica, in effetti qui c’è anche un laboratorio che ne produce. Scopriamo che il paese è in festa per una ricorrenza religiosa dedicata alla Madonna. Anche da noi a Ferragosto è il giorno dell’Assunta. Ci sono bancarelle con ogni tipo di merce, folla sorridente che va su e giù lungo la strada principale, una bella chiesa antica aperta ai fedeli e anche agli altri, evidentemente un santuario importante. E’ un vero piacere sedersi a un tavolino e osservare la sagra paesana, facendosi coinvolgere nell’atmosfera. Compro erbe aromatiche per la cucina, raccolte e confezionate in modo molto artigianale, da una simpatica bancarella decorata. Entriamo in un panificio per comprare dei panini, il laboratorio è adiacente al locale di vendita e c’è ogni ben di dio in termini di panetteria e pasticceria. Scendendo verso il parcheggio incrociamo i due amici torinesi e li salutiamo brevemente.

E’ ancora presto e ci dirigiamo verso Plomari. Il navigatore ci aiuta, ma ci troviamo su strade bianche e ci viene qualche dubbio. Alla fine però arriviamo davvero a Plomari. Qui producono un ouzo molto apprezzato e c’è anche un museo, ma non ci invoglia questo tipo di assaggio, tanto più che il caldo ci spinge a consumare invece molta acqua fresca. Gironzoliamo un po’ per la cittadina, c’è pochissima gente in giro, deve essere l’ora del riposo. Ci sediamo in un kafenion molto caratteristico e molto balcanico, che merita una foto. Siamo i soli avventori in questa ora pomeridiana. Sulla via del ritorno andiamo a zig zag per strade secondarie, cogliendo altre immagini di quest’isola in cui il paesaggio varia nel giro di pochi chilometri e le strade non sono fatte per correre, ad eccezione delle arterie più importanti, ma anche quelle non più di tanto. Rientriamo a Molyvos. Qui la ragazza Petra ci ha lasciato un foglio con le istruzioni per la partenza: l’indomani alle 6 di mattina dobbiamo essere pronti a farci prelevare. Levataccia, ma almeno potremo dormire, a differenza che all’andata. Usciamo per una passeggiata e per cenare, poi cominciamo a radunare i nostri bagagli.

14 agosto

Alle 6 la corriera ci preleva e man mano passa a prendere altre persone da altri alberghi della zona.

Così abbiamo una visione di queste località alle prime luci del giorno, prima che i turisti si sveglino e gli esercizi pubblici si affollino. E’ un aspetto di Lesbo che non avevamo conosciuto. Nel piccolo aeroporto c’è un po’ di confusione, sono in partenza un aereo per Amsterdam e uno per Praga oltre al nostro per Lubiana. La gestione dell’aeroporto fa capo a una società svizzera. Partiamo quasi in orario alle 10 e mezza e il resto è senza storia.

In conclusione, una settimana è troppo breve per quest’isola che meriterebbe più tempo. Ci è entrata nel cuore, con i suoi paesaggi, il suo clima e la sua gente.



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