In viaggio nella “cara” Svizzera

Attraverso tutto il paese per ardite vette, laghi, cascate, castelli e storiche città
Scritto da: LucaGiramondo
in viaggio nella cara svizzera
Viaggiatori: 1
Spesa: Fino a €250 €

In viaggio nella “cara” Svizzera, by Luca, Sabrina e Leonardo

Venerdì 13 Agosto

Ancora una vacanza in maledetta epoca Covid, limitati dall’inevitabile incertezza … così decidiamo di tornare all’estero, ma non lontani dall’Italia. Andremo infatti in Svizzera, paese alpino per eccellenza, con una superficie di poco oltre i quarantamila chilometri quadrati ed una popolazione di 8,4 milioni di abitanti, nel quale prediligere la vita all’aria aperta ed evitare quanto più possibile gli assembramenti, anche se portiamo già in dote il vaccino, ad esclusione di Leonardo, ancora troppo in giovane età. Una vacanza più volte pensata ma mai intrapresa, un po’ per la vicinanza e un po’ per i costi eccessivi di uno degli stati più ricchi al mondo, ma saremo solo in tre e cercheremo di sopportarne l’esosità.

Prendiamo il via in una torrida giornata di metà agosto, subito dopo pranzo, alle 14:20 e un quarto d’ora più tardi entriamo in autostrada A14 a Faenza, spediti verso nord.

Alle 15:10, a Bologna, imbocchiamo la A1 verso il medesimo punto cardinale e, senza incontrare intoppi, alle 16:50 siamo a Milano, che aggiriamo erroneamente da est anziché da ovest. Nulla di grave, perché poco più tardi cominciamo a seguire l’autostrada A4 in direzione di Torino. Non raggiungiamo però il capoluogo piemontese perché dopo Santhià deviamo verso Ivrea e la Valle d’Aosta.

Dopo tutto questo, dieci minuti prima delle 19:00, arriviamo nella località di Gignod, poco sopra Aosta e lungo la strada del Passo del Gran San Bernardo, dove prendiamo alloggio per la notte alla Chez Magan, una piccola struttura ben curata.

Da lì usciamo poi a cena nella vicina Maison de Pierre. Una buona cena, prima di tornare a coricarci in vista della prima vera e propria giornata di visite.

Sabato 14 Agosto

Poco prima delle 8:00 siamo già in partenza da Gignod per affrontare le prime rampe del Passo del Gran San Bernardo, che ci porterà in Svizzera. Giunti in questo modo ad un bivio non seguiamo però la via del moderno traforo, bensì la strada che passa dallo storico valico.

È piuttosto presto e ci siamo praticamente solo noi lungo il percorso. Un tornante dopo l’altro saliamo così fra stupendi panorami, impreziositi da una giornata senza nuvole, e raggiungiamo i 2.473 metri del passo, dove si trovano un laghetto e un vecchio ospizio.

Scattiamo qualche foto e vediamo pure uno dei simpatici cagnoni che hanno reso famoso il luogo. Ci sarebbero da visitare anche il museo e l’allevamento, ma apriranno solo alle 10:00 e non possiamo aspettare.

Dopo essere entrati in Svizzera senza problemi (la dogana era chiusa, ma il confine aperto) cominciamo a scendere sul versante opposto del passo. Rientriamo sulla strada proveniente dal traforo e continuiamo nella discesa per fermarci alla prima area di servizio ed acquistare la vignette, che ci consentirà di sfruttare tutte le autostrade elvetiche.

Giunti nella cittadina di Martigny possiamo così entrare proprio in autostrada e percorrere velocemente l’ampia Valle del Rodano verso est, quindi uscire, dopo un discreto tratto, seguendo le indicazioni per la famosa località turistica di Zermatt, situata proprio ai piedi della piramidale sagoma del Monte Cervino, o Matterhorn, in lingua tedesca.

In auto però non si può arrivare a Zermatt, ma solo fino all’abitato di Tasch, da dove poi si prosegue in treno fino alla meta.

Sono passate da poco le 11:00 quando arriviamo al termine della strada, dove troviamo l’area di sosta presso la stazione di Tasch già al completo, dobbiamo così tornare al parcheggio 2, distante un chilometro, ma servito da una navetta gratuita.

Giunti alla fine in biglietteria, per non perdere ulteriore tempo, acquistiamo anche i tagliandi per la Gornergrat Bahn, la ferrovia a cremagliera che sale fino all’omonimo ghiacciaio.

In soli dodici minuti di treno approdiamo nel centro di Zermatt. Usciamo dalla stazione ordinaria ed entriamo in quella attigua di Gornergrat, così alle 11:40 siamo già in partenza per il ghiacciaio, con ben visibile, sulla nostra destra, l’inconfondibile sagoma del Monte Cervino, che con i suoi 4.478 metri, trovandosi sul confine, è anche la terza vetta italiana, oltre che una delle regine dell’arco alpino in virtù della sua particolare forma piramidale.

Il tragitto su rotaia, a tratti spettacolare, ha una durata di trenta minuti, al termine dei quali sbarchiamo ai 3.089 metri del capolinea, dove oggi splende un magnifico sole e si sta tranquillamente in maglietta e da dove si gode un eccezionale panorama, sul ghiacciaio del Gorner, ai nostri piedi, e più in alto sull’incredibile quinta di vette over quattromila, dal Monte Rosa (4.634 metri) al Liskamm (4.527 metri), il Castor (4.228 metri), il Pollux (4.092 metri), il Breithorn (4.164 metri), e per ultimo il formidabile Monte Cervino, vera e propria icona dell’alpinismo mondiale.

Addentiamo i nostri panini con davanti agli occhi l’impareggiabile panorama e poi ci avviamo a piedi lungo il sentiero che, in discesa e fra splendidi scorci, porta in circa un’ora al laghetto di Riffelsee, nel quale dovrebbe specchiarsi il Cervino, ma l’acqua è increspata dal vento, così dobbiamo rinunciare ad una delle più classiche foto del luogo.

Vista forse la grande quantità di turisti presenti non possiamo neanche godere della presenza delle note pecore dal muso nero, ma comunque la prima esperienza di alta quota del viaggio è da annoverare fra le nostre hits, nel suo genere … Soddisfatti guadagniamo in questo modo la stazione di Rotenboden e da lì, saliti sul primo treno disponibile, facciamo ritorno a Zermatt.

Nel centro di questa importante località passeggiamo, prima lungo l’elegante Bahnhofstrasse e poi in Interdorfstrasse, la via considerata più caratteristica, sulla quale prospettano granai e porcili del XVI secolo, appoggiati su dischi di pietra per tener lontani i topi. Qui si trova anche la fontana dedicata a Ulrich Inderbiden, alpinista di Zermatt che scalò il Cervino ben 370 volte, l’ultima a novant’anni di età!

Giunti sulle rive del fiume Gorner, che attraversa impetuoso la cittadina, ne seguiamo il corso verso ovest arrivando, in periferia, alle Gornerschlucht, spettacolari gole scavate dalla forza delle acque nel corso dei millenni. Qui possiamo vivere una bella esperienza camminando lungo le vertiginose passerelle in legno, che fin dalla fine dell’Ottocento, permettono di esplorare la suggestiva forra rocciosa.

Dedicato il necessario tempo al canyon facciamo poi ritorno, ormai stanchissimi, alla stazione di Zermatt, passando ancora una volta per il ricco e caratteristico centro, e da lì infine guadagniamo il terminal di Tasch.

Recuperata l’auto ci spostiamo quindi più a valle, con le ombre lunghe della sera, alla località di Stalden, dove prendiamo alloggio per la notte al B & B Postman 8, gestito da uno strano ma gentilissimo personaggio.

In conclusione di un prima bella giornata usciamo poi a cena nel vicino Ristorante Ackersand, gestito da una famiglia italiana. Lì consumiamo una semplice pizza, ma ci scontriamo con gli assurdi prezzi svizzeri … Ne eravamo a conoscenza, ma affrontarli nella realtà non è stato affatto piacevole!

Domenica 15 Agosto

Piuttosto irreale la sveglia, il giorno di Ferragosto, nel silenzioso paese di Stalden, dove l’unico rumore è il rintocco delle campane, quando tutto è ancora nell’ombra, nonostante il cielo azzurro sulla testa.

Facciamo colazione e poi lasciamo l’enigmatico B&B Postman 8 per riconquistare, poco dopo, la Valle del Rodano. Seguiamo così quest’ultima ancora verso est e, superata la cittadina di Briga, arriviamo nella località di Fiesch, dove ci fermiamo per intraprendere l’escursione che ci porterà a vedere, dall’alto, il Ghiacciaio dell’Aletsch, il più esteso di tutte le Alpi, con una lunghezza di ben 23 chilometri.

A Fiesch utilizziamo gli impianti di risalita: prima una cabinovia e poi una funivia, che portano al punto panoramico di Eiggshorn.

Giunti in questo modo a destinazione e usciti all’aria aperta si para subito davanti ai nostri occhi lo spettacolo del grande ghiacciaio, che sembra scorrere sotto di noi, occupando un’intera vallata!

Complice la splendida giornata estiva, anche fin troppo calda e caratterizzata da un magnifico cielo terso, con qualche batuffolo di nuvole qua e là, possiamo letteralmente goderci la scena e per completare la visita saliamo e scendiamo in circa un’ora sul vicino picco di Eiggshorn, a quota 2.926 metri. La scarpinata è costata un po’ di fatica, ma ne è valsa sicuramente la pena!

Dalla croce di ferro di Eiggshorn la vista spazia oltre che sul Ghiacciaio dell’Aletsch anche su quello attiguo di Fiescher, mentre tutto intorno si dipana una splendida quinta di vette, che superano spesso i quattromila metri, e alle nostre spalle, in lontananza, s’intravvede pure l’inconfondibile sagoma del Monte Cervino.

Ci attardiamo sul posto anche più del previsto quindi, pienamente soddisfatti, scendiamo da Eiggshorn fino a Fiesch che è quasi mezzogiorno e subito dopo riprendiamo il nostro itinerario lungo la Valle del Rodano.

Percorsi così circa venti chilometri, fra verdissimi prati e caratteristici abitati, nella località di Ulrichen deviamo sulla destra per seguire la strada che porta al Passo della Novena. Il tracciato sale a tornanti fra deliziosi paesaggi alpini e gradualmente raggiunge i 2.478 metri del valico, dove ci fermiamo a fare picnic sull’erba, favoriti dalla giornata tipicamente estiva, con la vista che spazia sulle vette circostanti, caratterizzate qua e là da qualche residua chiazza di neve.

Superato il Passo della Novena entriamo nel Canton Ticino, l’unico cantone di lingua italiana della Confederazione Elvetica, che però toccheremo solo marginalmente nel nostro itinerario. Scendiamo nella località di Airolo e da lì prendiamo subito a salire le rampe del Passo San Gottardo, imboccando più avanti la vecchia e suggestiva Strada della Tremola, considerata il più lungo monumento viario di Svizzera, realizzato nell’Ottocento, che nel suo tratto più importante (quattro chilometri, tutti in pavé) affronta un dislivello di 300 metri in 24 tornanti.

Giunti in cima, a quota 2.106 metri, lasciamo il Canton Ticino per entrare in quello di Uri e poi scendiamo sull’altro versante, ma non completamente perché ad un certo punto deviamo sulla sinistra e riprendiamo a salire, questa volta lungo la stretta strada del Furkapass, l’ardito passo reso famoso dall’inseguimento automobilistico nel film “007 Missione Goldfinger”, qui girato nel 1964. L’evento è ricordato in una tavola commemorativa in onore di James Bond, presso uno dei tanti tornanti che si dipanano in direzione del valico.

Tre chilometri dopo lo scollinamento a quota 2.429 metri ci fermiamo poi nei pressi del suggestivo Hotel Gletscher, eretto nel 1882 sulla parte interna di un tornante, che divenne il preferito dall’attore Sean Connery nell’epoca in cui questi interpretava James Bond, e che oggi purtroppo risulta chiuso.

Il suo declino si deve al vicino Ghiacciaio del Rodano, da cui nasce l’omonimo fiume, notevolmente ridimensionato negli ultimi decenni dal surriscaldamento globale. Il fronte glaciale si ritira infatti ad un ritmo di circa cinquanta metri all’anno e mentre un tempo sfiorava la struttura turistica oggi si trova oltre un chilometro più a monte, destinato prima o poi a sparire completamente (si dice nel 2090) … ed è un vero peccato, perché il luogo è tuttora altamente spettacolare. Generano poi enorme tristezza le grotte, scavate nel ghiaccio fin dal 1870, che risultano in rapido scioglimento, nonostante i goffi tentativi di evitarlo con antiestetici teloni bianchi … e il tutto ci ha fatto davvero riflettere circa l’impellente necessità di cambiare rotta sulle politiche energetiche, al fine di evitare i profondi cambiamenti climatici in atto sul pianeta.

Riemersi solo parzialmente soddisfatti dalle ceneri del Ghiacciaio del Rodano riprendiamo strada e, una volta scesi dal Furka, risaliamo subito verso l’ultimo dei passi di giornata, il Grimsel, che, oltre i suoi 2.164 metri di quota, ci fa planare verso il termine della tappa, nella località di Innertkirken, dove prendiamo alloggio per le prossime due notti all’Hotel Hof und Post.

Più tardi ceniamo poi nel ristorante della struttura turistica, mettendo la parola fine ad un’altra bella giornata, peccato solo che da domani, secondo previsioni, peggiorino un po’ le condizioni meteorologiche.

Lunedì 16 Agosto

Durante la notte è piovuto un po’, ma quando ci svegliamo non lo fa più e in cielo c’è qualche sprazzo di sereno, anche se sulle vette si addensano banchi di nuvole basse.

Con grande fiducia diamo comunque il via a questa nuova giornata e prima di tutto torniamo di circa 15 chilometri in direzione del Grimsel Pass, fino alla partenza della Gelmerbhan, una funicolare utilizzata negli anni Venti del secolo scorso per la costruzione di una diga e successivamente trasformata in attrazione turistica, la cui particolarità è sicuramente la pendenza che, raggiungendo il 106%, la rende la funicolare più ripida d’Europa.

Purtroppo la salita fra le nubi non ci emoziona più di tanto, perché intorno a noi è tutto bianco ed ovattato, ma giunti in cima si diradano un po’, lasciando intravvedere le azzurre acque del Gelmersee, il lago formato, appunto, dalla diga. Ci avviamo così a percorrere in parte le sponde le bacino lacustre, camminando anche alla sommità dello sbarramento artificiale, mentre la coltre di vapore acqueo si apre ulteriormente offrendoci, su di un piatto d’argento, una spettacolare veduta del lago, impreziosita dalle alte vette circostanti.

Dopo circa 45 minuti ed una bella esperienza, consumata grazie ad un pizzico di fortuna, riprendiamo la funicolare che, bucando nuovamente le nuvole (seppur meno fitte), ci riporta al punto di partenza.

Nei pressi del capolinea si trova anche un vertiginoso ponte, sospeso su di una gola ed una fragorosa cascata, che non perdiamo occasione di attraversare, prima di riprendere il programma di visite odierno.

È quasi mezzogiorno quando torniamo verso Innertkirken e più ci avviciniamo a quest’ultima più il cielo si incupisce, poi comincia a piovere mentre raggiungiamo il vicino paese di Meiringen, dove nel Seicento il pasticciere Casparini (di origini italiane o ticinesi) inventò le famose meringhe.

Andiamo a fare un po’ di spesa e poi ci rechiamo al parcheggio dell’Aareschlucht, la gola formata dal fiume Aare, che è una delle principali attrazioni della zona. Giunti in brevissimo tempo a destinazione prendiamo però atto dell’ulteriore peggioramento delle condizioni meteo, così rimaniamo in auto a pranzare in attesa di un miglioramento … Attesa che però si prolunga per quasi due ore, fin dopo le 14:00, quando finalmente la pioggia rallenta e noi proviamo ad intraprendere la visita.

Le gole, scavate nella roccia calcarea dall’impeto delle acque durante il corso dei millenni, sono lunghe 1,4 chilometri, profonde fino a duecento metri e larghe, nel loro punto più stretto, poco più di uno. Sono davvero suggestive e accessibili tramite comode passerelle, che consentono di superare le forre più insidiose e passare accanto ad una originale cascata, che si getta proprio al centro della gola … Peccato solo che lungo il tragitto abbia ripreso a piovere copiosamente, costringendoci ad abbreviare drasticamente i tempi di esplorazione per non infradiciarci. Alla fine però ne usciamo un po’ umidi ma tutto sommato soddisfatti.

Dall’Aareschlucht ci spostiamo di appena un chilometro, fino al parcheggio nei pressi della Reichenbachbahn e lì attendiamo ancora circa un’ora prima che smetta nuovamente di piovere … Quando sono ormai le 16:00 saliamo così sulla funicolare, costruita nel 1899, che porta a vedere le Reichenbachfalle, eccezionali cascate alte ben 120 metri!

In breve raggiungiamo la prima terrazza panoramica, ma oggi, vista la giornata piovosa, che aumenta considerevolmente la portata della cascata, da lì non è possibile godersi lo spettacolo in tutta serenità, perché gli schizzi sono impressionanti e pare di essere sotto la doccia. Saliamo così alle altre due terrazze per osservare la potenza di queste acque, note anche agli appassionati di Sherlock Holmes. Fu proprio qui, infatti, che si concluse idealmente l’epopea del famoso detective, quando nell’ultimo episodio della serie precipita, al termine di una colluttazione, con il suo acerrimo nemico, professor Moriarty, proprio dentro alle cascate.

Con la funicolare scendiamo quindi a prendere l’auto, mentre in lontananza fanno capolino, finalmente, i raggi del sole … e per fortuna, perché la giornata non è ancora finita.

Ci spostiamo così di circa 15 chilometri verso ovest, fin sulle sponde del Lago di Brienz, per vedere delle altre cascate, le Giessbachfalle, che scendono, in 14 salti, per ben cinquecento metri, fin dentro lo specchio d’acqua.

I salti, che si susseguono sotto una fitta vegetazione, non sono particolarmente spettacolari, ma dietro uno di questi si può camminare e da lì si riescono ad immortalare gli schizzi dell’acqua, con sullo sfondo il lago e lo storico Grand-Hotel Giessbach, costruito nel 1873 e raggiungibile anche dalle rive del Brienzersee, per mezzo della funicolare più vecchia di Svizzera, risalente al 1879.

Affrontiamo una breve e piacevole passeggiata fra le cascate ed il Grand-Hotel, prima di concludere una interessante, seppur troppo umida giornata. In questo modo facciamo poi ritorno per la seconda ed ultima notte all’Hotel Hof und Post e più tardi consumiamo una cena senza infamia e senza lode al Ristorante Bel Paese di Meiringen, con la speranza che domani il meteo sia un po’ più clemente.

Martedì 17 Agosto

È piovuto ancora durante la notte e quando ci svegliamo non lo fa più, ma l’ambiente intorno a noi è tutto grigio, con le nubi che avvolgono completamente le vette … però dovrebbe migliorare.

Cambiamo così un po’ i piani di giornata, che inizialmente prevedevano la salita con la ferrovia a cremagliera Rothorn Bahn, fino a quota 2.350 metri, spostando il tutto al pomeriggio … e a giusta ragione, perché quando passiamo nei pressi di Brienz, da dove parte il treno, notiamo il Monte Rothorn sotto ad una impenetrabile cappa.

Fiancheggiamo così il Lago di Brienz verso ovest, mentre in lontananza si intravvedono già alcuni squarci di cielo sereno, poi, giunti in prossimità della cittadina di Interlaken, dove a fine giornata ripareremo per la notte, deviamo in direzione delle montagne poste poco più a sud e più precisamente per la località di Lauterbrunnen.

Chilometro dopo chilometro il paesaggio si fa più aspro ed il cielo più libero dalle nubi, che però restano incollate alle vette più importanti. In questo modo conquistiamo Lauterbrunnen e appena entrati in paese non possiamo fare a meno di notare, in alto sulla destra e sopra le case, la Staubbachfalle, la più nota cascata di tutta la Svizzera, che si getta da un imponente costone roccioso, ma non ci fermiamo, perché torneremo più tardi.

Proseguiamo allora lungo questa spettacolare vallata, racchiusa fra enormi dirupi e costellata da innumerevoli rivoli d’acqua, che scendono da ogni dove, fino al parcheggio presso le Trummelbachfalle, altre famosissime cascate.

Lasciata l’auto intraprendiamo la visita del sito naturale (patrimonio dell’Unesco) e subito saliamo, grazie ad un ascensore inclinato, dentro la montagna per oltre cento metri, questo perché il torrente Trummelbach, che raccoglie le acque di fusione glaciale dello Jungfrau, si insinuano nelle viscere delle Alpi svizzere formando le maggiori cascate sotterranee d’Europa, con una portata massima di oltre ventimila litri al secondo.

Appena usciti dall’ascensore andiamo ad esplorare la parte superiore dell’ipogeo per mezzo di passerelle e tunnel, che portano in sequenza a cinque terrazze panoramiche. Da ognuna di queste possiamo così vedere l’impeto delle acque, che scendono in un sinuoso solco di rocce nere e lucide, levigate nel corso dei millenni, da una caverna all’altra, con un rumore assordante e mai domo. È uno spettacolo che incute quasi timore e genera un primordiale stupore. Un’esperienza unica ed entusiasmante, anche lungo le cinque terrazze della parte inferiore, non meno accattivanti, che portano però le acque ad acquietarsi lungo il corso di un tranquillo torrente di montagna.

Nel frattempo il sole ha completamente conquistato la valle, così torniamo a Lauterbrunnen per vedere più da vicino le Staubbachfalle, delle cascate (pure queste) molto particolari, perché scendendo dal sovrastante plateau con un salto di ben 297 metri ed una portata, soprattutto in estate, non eccezionale, praticamente si polverizzano prima di arrivare a terra.

Parcheggiamo l’auto nei pressi e a piedi saliamo, non senza fatica, al punto panoramico scavato nella roccia che porta quasi dietro alle cascate, ma è una piccola delusione perché oggi il vento non soffia nella giusta direzione e il getto d’acqua (neanche visibile) cade a parecchi metri di distanza.

Reso comunque omaggio ad una delle bellezze naturali più famose di Svizzera riprendiamo strada, carichi di speranza, con l’intento di tornare a Brienz, vedere il Monte Rothorn libero da nubi e salirvi in cima con l’omonima cremagliera … Vana speranza, perché la vetta risulta ancora abbondantemente incappucciata e dobbiamo rinunciarvi.

Ora si tratta di trovare valide alternative per arrivare piacevolmente a sera, così passiamo prima di tutto a fotografare il caratteristico Brunngasse, un vicolo fiancheggiato da tipici chalet in legno, situato nel centro di Brienz, poi ci fermiamo a fare picnic sulle rive del Lago di Brienz, oziando anche un po’, baciati dal sole.

Nel primo pomeriggio arriviamo poi nella cittadina di Interlaken e da lì saliamo, con una funicolare, al punto panoramico del Monte Harder Kulm, a 1.322 metri di altezza e quindi libero da nubi. Non crediamo sia questo il degno sostituto del Monte Rothorn, ma così facendo abbiamo occasione di trascorrere gradevolmente parte del pomeriggio, osservando dalla speciale piattaforma sospesa nel vuoto i laghi di Brienz e di Thun dall’alto, con di fronte a noi la sagoma innevata dello Jungfrau, sul quale contiamo di salire domani.

Scesi ad Interlaken ci rechiamo anche, a breve distanza, appena sopra le rive del Lago di Thun, alla St. Beatus Holen, una grotta con stalattiti ed un laghetto che, vista la situazione, avremmo voluto vedere, ma chiude alle 17:00 e giunti appena dieci minuti prima non c’era il tempo materiale per effettuare la visita. Ci accontentiamo allora di immortalare le cascatelle formate dal torrente che scaturisce proprio dalle grotte e poi andiamo pacatamente verso il termine di una tappa un po’ monca, ma piena anche di aspetti positivi.

Torniamo ad Interlaken e prendiamo alloggio in un vicino sobborgo al Gasthof Schoenegg B & B, una struttura carina, tutta in legno e ben ristrutturata, quindi più tardi usciamo a cena nel Ristorante Zum Becher: un locale molto semplice, ubicato sulla riva settentrionale del Lago di Brienz. Lì mangiamo alcuni piatti tipici del luogo, a base di formaggio fuso, poi ci ritiriamo nei nostri appartamenti, mentre il piccolo Leo accusa un po’ la stanchezza: ha qualche linea di febbre, ma non crediamo proprio sia covid, avrà certamente preso freddo. Siamo fiduciosi e non affatto preoccupati per il proseguo della vacanza.

Mercoledì 18 Agosto

Un po’ dubbiosi, ma allo stesso tempo positivi sull’evolversi delle condizioni meteo, partiamo da Interlaken per raggiungere il tetto del nostro viaggio.

Seguiamo così il nastro d’asfalto che corre verso la famosa località turistica di Grindelwald, mentre in cielo ci sono sì ampi spazi di sereno, ma le nubi continuano purtroppo ad addensarsi sulle vette.

Giunti intorno alle 9:00 al parcheggio della cabinovia Eiger Express alziamo lo sguardo e scorgiamo le cime coperte dalle nevi perenni baciate dal sole, così acquistiamo il salatissimo biglietto per la Jungfraujoch e diamo il via all’avventura … Il nuovissimo impianto di risalita, inaugurato a dicembre 2020, porta in circa quindici minuti alla stazione di Eigergletscher (a quota 2.328 metri) della Jungfraubhan, la ferrovia che sale fin qui addirittura da Interlaken, ma occorrerebbe molto più tempo.

Qui attendiamo il treno a cremagliera che percorre l’ultimo tratto di 7,3 chilometri: un vero prodigio della tecnica, perché sale tutto in galleria fino ai 3.454 metri della Jungfraujoch, la stazione ferroviaria più elevata d’Europa, tanto da meritarsi l’appellativo di “Top of Europe”.

Appena scesi notiamo attraverso le vetrate lo spettacolo del Ghiacciaio dell’Aletsch, che però si perde in lontananza fra le nubi ed è un vero peccato, perché da qui, forse, si riusciva a distinguere anche il picco di Eiggshorn, da dove osservavamo la distesa di ghiaccio qualche giorno fa.

Intraprendiamo quindi un percorso di visite che passa prima dalla proiezione di un filmato a 360 gradi del luogo e poi ci fa salire, con un ascensore, ai 3.571 metri della terrazza panoramica dello Sphinx, l’osservatorio astronomico più elevato del continente, dalla quale il colpo d’occhio è grandioso, nonostante tante nuvole a quote più basse, e la temperatura davvero bassa, testimoniata dai candelotti di ghiaccio appesi un po’ ovunque.

Scesi dallo Sphinx si fa anche ora di mettere piede sul ghiacciaio, così facciamo una originale passeggiata estiva sulla distesa di neve, con il cielo blu sulla testa ed una luce accecante che pervade le vette più alte, ma non la vallata sottostante, invasa dalle nubi.

Rientrati nel complesso della Jungfraujoch percorriamo a piedi un tunnel museo e poi andiamo a vedere il palazzo di ghiaccio, con gallerie e sculture molto ben fatte, infine usciamo all’aria aperta, di nuovo sulla neve, per immortalare il ghiacciaio dal cosiddetto plateau.

Soddisfatti dell’esperienza vissuta ci avviamo, ben oltre mezzogiorno, sulla via del ritorno, prima col treno e poi con la cabinovia fino a Grindelwald.

Giunti in paese, quasi alle 14:00, ci spostiamo in un parcheggio nei pressi del centro, dove finalmente possiamo addentare i nostri panini, ma anche meditare sul proseguo della giornata … Sarebbe infatti nostra intenzione salire sull’altro lato della valle, in cima al monte First, dove si trova un importante punto panoramico, ma abbiamo il forte dubbio che si trovi fra le nuvole. Mi reco allora all’impianto di risalita e chiedo al primo turista che vedo scendere (un giapponese), il quale mi rassicura sulla presenza del sole … molto bene!

Corro a chiamare il resto della squadra e subito ci precipitiamo a fare i biglietti, così in circa 25 minuti saliamo i tre tronconi di cabinovia che ci portano sul First, contornati da splendide viste sulle severe montagne che sovrastano Grindelwald.

Giunti in vetta ci godiamo il panorama sulle cime innevate del Mittelhorn e dello Schreckhorn, entrambe abbondantemente oltre i 3.500 metri di altezza, e poi affrontiamo il vertiginoso First Cliff Walk by Tissot, un percorso fatto di passerelle e ponti sospesi fra le rocce a strapiombo, che culmina con una piattaforma protesa sul baratro … un duro esame per Sabrina, che teme il vuoto, ma un divertimento per noi “uomini impavidi”.

Completata anche quest’avventura facciamo il percorso inverso, in discesa, fino a Grindelwald e da lì ci spostiamo di un paio di chilometri a sud dell’abitato, fino all’ingresso delle Gletscherschlucht, spettacolari gole scavate dalle acque di fusione del sovrastante ghiacciaio.

Un sentiero si snoda attraverso tunnel e passerelle a picco sul torrente Lütschine offrendo vedute incredibili su strapiombanti pareti verticali. In più si può fare un’adrenalinica esperienza camminando sulla Spiderweb, una rete di corda tesa fra le pendici del canyon, ad una decina di metri sull’alveo del fiume, fra luci multicolore.

Quando sono quasi le 18:00 usciamo dalle gole completando le visite di giornata … una giornata davvero positiva, considerate le incerte premesse. Dopodiché facciamo ritorno ad Interlaken e al Gasthof Schonegg B & B per la notte, non prima però di aver consumato una discreta cena, nel centro della cittadina “fra i laghi”, al Pasta Store, un ristorante italiano che ci ha offerto tre buoni piatti di pasta … ma ad un prezzo assurdo!

Giovedì 19 Agosto

Nell’ultima giornata di alta montagna di questa prima parte del viaggio ci alziamo con il cielo tutto grigio sopra Interlaken. Per fortuna però dobbiamo spostarci di qualche decina di chilometri, percorsi i quali confidiamo in un meteo più clemente.

Seguiamo buona parte della sponda meridionale del Lago di Thun e poco prima dell’omonima città svoltiamo verso le grandi montagne poste più a sud. In questo modo raggiungiamo il paese di Kandersteg, mentre, come sperato, le nuvole si diradano lasciando filtrare di tanto in tanto il sole, con ampi spazi di sereno … allora non abbiamo dubbi e intraprendiamo la prevista escursione.

In cabinovia saliamo su di un altopiano, a circa 1.600 metri di altezza, dove si trova l’Oeschinensee, uno dei più scenografici laghi della Svizzera e di tutte le Alpi, incastonato fra le alte vette del Blümlisalp, l’Oeschinenhorn, il Fründenhor e il Doldenhorn, tutte oltre i tremila metri, e alimentato dai ruscelli glaciali.

Alla fine dell’impianto di risalita il lago però ancora non si vede. Lo dovremo raggiungere camminando, ma noi vorremmo fare qualcosa di più di una tranquilla passeggiata. È nostra intenzione, infatti, affrontare il ripido sentiero che in 1,3 chilometri porta al punto panoramico di Heuberg.

La salita si rivela subito insidiosa e a tratti impegnativa, soprattutto per chi, come noi, non ha molto allenamento … alla fine però veniamo premiati da una strepitosa vista del lago dall’alto, con ben visibile di fronte a noi un impervio ghiacciaio e più in basso una scenografica cascata, oltre all’impressionante parete verticale di roccia a picco sullo specchio d’acqua … Peccato solo per qualche nuvola di troppo e la luce non proprio favorevole (sarebbe stata migliore nel pomeriggio).

Dopo affrontiamo la lunga discesa, non meno impegnativa, che passando anche attraverso verdissimi prati con mucche al pascolo, ci porta fin sulle rive del lago e quindi al Berghotel Oeschinensee, di fianco al quale parte la navetta elettrica che riporta all’impianto di risalita, un servizio che ci risparmia l’ultimo scomodo declivio.

Completiamo l’avventura con Sabrina spettatrice di un paio di nostre divertenti discese in toboga, lungo un impianto attiguo alla cabinovia, quindi scendiamo definitivamente a Kandersteg … Il tutto però ci ha richiesto più tempo del previsto e sono quasi le 14:00 quando andiamo a consumare il pranzo in riva al Blausee, un minuscolo specchio d’acqua dalle acque azzurre e cristalline, abitato da enormi trote.

Poco prima delle 15:00 lasciamo anche il Blausee e puntiamo la prua sulla città di Thun, principale e storico agglomerato urbano della regione, che siamo intenzionati ad esplorare nel pomeriggio, così mezzora più tardi siamo già in un parcheggio del centro, pronti di tutto punto per dare inizio alla visita, la prima non a carattere naturalistico del viaggio.

Andiamo subito a vedere la bella Rathausplatz, piazza contornata da interessanti palazzi, fra i quali quello istituzionale del comune, e sovrastata dalla sagoma dello Schloss Thun, imponente maniero caratterizzato dalla bianca torre medioevale risalente al XII secolo.

Percorriamo quindi la Obere Hauptgasse, la principale arteria dell’abitato, e giungiamo al cospetto dell’Huntere Schleusenbrücke, un caratteristico ponte coperto in legno vecchio di oltre trecento anni, e poi, nelle vicinanze, allo Scherzligsleuse, un altro ponte in legno costruito nel Settecento presso alcune rapide.

Saliamo infine allo Schloss Thun per vedere più da vicino il castello, che vanta una storia lunga novecento anni e che, con il suo tripudio di torrette, caratterizza lo skyline della città.

Recuperata l’auto ci muoviamo quindi fin sulle rive del lago, dove si trova il rigoglioso Schandau Park, con l’omonimo castello rosa, risalente al XIX secolo, che attualmente è adibito a lussuoso hotel e ristorante.

Proseguendo poi verso la periferia della città e lungo la costa settentrionale del Lago di Thun ci fermiamo a vedere altri due castelli (solo esternamente perché, ormai nel tardo pomeriggio, hanno già chiuso i battenti): prima lo Schloss Hünegg, costruito nel 1861 e ispirato ai castelli rinascimentali della Loira, e poi lo Schloss Oberhofen, maniero che affonda le sue origini nel 1200, ubicato in scenografica posizione sulle rive del lago e caratterizzato da numerose torri, fra le quali una particolarmente pittoresca, che pare sorga, magicamente, dalle acque lacustri.

Da quest’ultimo castello mancano solo due chilometri per giungere al B & B Schonortli, struttura ubicata sulle prime alture, che ci ospiterà per la notte. Un po’ datata, ma che offre una splendida vista sul Lago di Thun.

Più tardi andiamo a cena, sulle rive del bacino lacustre, alla Pizzeria Zur Mühle e poi torniamo al nostro B & B dalle cui finestre ci godiamo lo spettacolo della luna piena, che riflette la sua luce sullo specchio d’acqua incastonato fra le montagne, degna ciliegina sulla torta di una bella giornata di vacanza.

Venerdì 20 Agosto

È una piacevole esperienza aprire la finestra al mattino con la vista sul lago ed essere inebriati dall’odore del fieno appena tagliato … Tutto questo al B & B Schonortli.

Partiamo da lì intorno alle 9:00. Torniamo verso Thun e poi andiamo a sud, fra le montagne. Superiamo un passo (lo Jaunpass) per entrare nel cantone di Friburgo e più precisamente nella regione di Gruyeres, di lingua francese.

Scesi sull’altro versante arriviamo nel paese di Broc, dove si trova la Maison Cailler, una delle più rinomate aziende svizzere produttrici di cioccolato e la più antica ancora in attività. Fondata nel 1819 da François-Louis Cailler, dal 1898 ha sede a Broc e dal 1929 fa parte del Gruppo Nestlé.

Giunti davanti alla bianca e monumentale facciata della storica fabbrica ne varchiamo l’ingresso così da prendere parte ad una interessante visita interattiva (in lingua italiana) della durata di circa un’ora, al termine della quale deliziamo anche il palato con gli assaggi di alcune specialità della casa.

Quasi a mezzogiorno ci spostiamo da Broc, ma solo di una manciata di chilometri, fino alla località di Gruyeres e alla Maison du Gruyeres, il caseificio-museo dedicato al noto formaggio che porta il nome stesso del luogo: il groviera.

Qui facciamo un’altra piacevole esperienza alla scoperta dei segreti e dei metodi di preparazione del formaggio: occorrono ben quattrocento litri di latte per ottenere una forma da 35 chili, che poi verrà stagionata per un periodo compreso fra cinque e dodici mesi. Alla fine si ottiene questo famoso latticino … senza buchi, al contrario di quanto si crede, buchi che invece sono tipici dell’emmental, originario di un’altra regione svizzera.

Pranziamo in un’area per picnic nelle vicinanze e subito dopo saliamo in auto al villaggio di Gruyeres per effettuarne la visita. A piedi superiamo il varco nell’antica cinta muraria ed entriamo in una piccola borgata, sviluppatasi soprattutto a partire dal XIII secolo, che ha conservato il suo originario aspetto feudale. Procediamo così attraverso una piazza molto allungata, contornati da tipici edifici, fino all’incantevole castello turrito, che fu residenza di ben 19 conti di Gruyeres.

Ci dedichiamo poi anche agli interessanti interni del maniero, dove si segnalano alcuni ambienti riccamente arredati, infine usciamo sui bastioni orientali, sovrastati da curatissimi giardini, che sono un trionfo di fioriture multicolore.

Poco dopo le 15:00 recuperiamo l’auto e subito partiamo con destinazione Lago di Ginevra.

Meno di un’ora più tardi siamo così sulle sponde nord-orientali del più grande bacino lacustre di Svizzera e dell’Europa occidentale, di fronte allo Château de Chillon, uno dei più famosi e belli fra tutti i castelli elvetici. Fu edificato a partire dal XII secolo in eccezionale posizione, su di un isolotto roccioso, a pochi metri dalle rive del lago, e a lungo fu residenza dei duchi di Savoia.

Impieghiamo quasi due ore per visitare minuziosamente il fortilizio, seguendo un percorso autogestito che porta ad attraversare tutti gli ambienti, dalle tetre segrete gotiche alle ricche sale di rappresentanza, passando attraverso bui cortili e camminamenti di ronda, che offrono anche pregevoli scorci panoramici sul grande lago … un lasso di tempo corposo, ma sicuramente ben speso.

Intorno alle 18:00 andiamo verso il centro della vicina città di Montreux, dove vorremmo vedere, presso il locale casinò, “The studio experience”, lo studio di registrazione nel quale la celeberrima band dei Queen incise, negli anni Settanta del secolo scorso, la gran parte dei loro album di maggior successo, ma, causa covid, ha cambiato gli orari di apertura e adesso non è più accessibile dopo le 17:30 … peccato!

Ci rechiamo allora, a poche centinaia di metri di distanza, al B & B Guest House du Lac, che ci darà alloggio per questa sera e lì incontriamo il simpatico gestore, Thomas, che parla anche italiano e, con grande stupore ci vediamo assegnare un garage come posto auto.

Più tardi usciamo a cena nel centro dell’elegante cittadina, dove c’è pure un po’ di vita sulla passeggiata lungolago nota anche come Promenade e ornata, fra l’altro, da una statua di Freddy Mercury. Lì, al Ristorante Pizzeria Molino, consumiamo un buon pasto, ma battendo ogni record di spesa.

Sabato 21 Agosto

Ci svegliamo a Montreux, consapevoli del fatto che una settimana di vacanza è già passata, e andiamo a fare una buona colazione al B & B Guest House du Lac, ma non ci dilunghiamo troppo, perché c’è un treno in partenza alle 9:17 dalla stazione centrale della città che ci aspetta.

Poco dopo le 8:30 ci muoviamo così in auto e, a meno di un chilometro di distanza, raggiungiamo il Parking de la Gare, ubicato proprio di fianco alla stazione. Facciamo i biglietti e alle 9:00 siamo già al binario otto, pronti a salire sul treno a cremagliera che, vincendo un dislivello di circa 1.600 metri, conduce alla Rochers-de-Naye, un picco roccioso che domina, dall’alto dei suoi 2.042 metri, il Lago di Ginevra.

Il convoglio impiega cinquanta minuti per scalare la montagna, con intriganti panorami, soprattutto nella parte finale del tragitto, e in questo modo, un dente di cremagliera dopo l’altro, intorno alle 10:00 raggiungiamo la vetta.

Oggi è una splendida e calda giornata d’estate, con parecchio sole, ma, purtroppo, anche con moltissima foschia, tanto che il lago sembra dissolversi e quasi fondersi con il cielo all’orizzonte, ma il verde intorno a noi e gli aspri picchi rendono il paesaggio comunque gradevole.

Per prima cosa ci rechiamo a visitare, a poche centinaia di metri sulla sinistra della stazione di arrivo, il giardino alpino La Rambertia, che fin dal 1896 protegge e coltiva quasi mille specie vegetali autoctone, oltretutto in una bella location, incastonato com’è fra due scoscesi pendii.

Dopo facciamo ritorno al punto di partenza, dove si trova anche un recinto con alcune tristi marmotte, e da lì saliamo al picco di Rochers-de-Naye, posto qualche decina di metri più in alto e tempestato di antenne. Da lassù il panorama è vastissimo e nonostante la foschia si scorgono all’orizzonte tante cime alpine, anche innevate, fra le quali riconosciamo chiaramente anche lo Jungfrau.

Scendiamo quindi lungo gli scenografici costoni rocciosi che si sviluppano ad est del picco e che offrono stupefacenti scenari verticali sul brumoso sfondo del Lago di Ginevra in lontananza, poi quasi a mezzogiorno rientriamo definitivamente al capolinea del treno, in attesa di quello delle 12:11, che, puntuale come un orologio svizzero, alle 13:00 in punto ci recapita alla stazione di Montreux.

Facciamo spesa nei pressi del terminal e recuperata l’auto partiamo subito verso ovest, lungo la costa settentrionale del lago per fermarci poi a pranzare in un’area attrezzata lungo l’autostrada, nei pressi di Losanna.

Da questa città (nota come sede del Comitato Olimpico Internazionale) lasciamo più tardi il Lago di Ginevra verso nord e poco prima delle 15:00 giungiamo nella località di Romainmotier, a breve distanza dal confine con la Francia, tanto che sul telefonino arriva anche un messaggio che ci dà il benvenuto nel paese transalpino.

Il borgo di Romainmotier, oltre ad essere incluso nell’elenco dei più belli di Svizzera, conserva una splendida abbazia cluniacense, fra le più antiche chiese romaniche del paese, costruita fra il 990 ed il 1030 sulle rovine di un preesistente monastero. L’edificio è davvero suggestivo, con le sue pietre rossastre che spiccano sul verde circostante e anche gli interni sono interessanti, con alcuni affreschi del XIV secolo, ma dobbiamo pazientare un po’ per vederli, causa una cerimonia matrimoniale in corso.

Comunque soddisfatti dell’intermezzo a carattere culturale poco prima delle 16:00 riprendiamo nuovamente strada, con la barra dritta sul Lago di Neuchâtel, il più grande fra gli specchi d’acqua interamente svizzeri, e giunti a metà della sua costa settentrionale deviamo in direzione delle alture che lo sovrastano. Così, dopo circa venti chilometri, guadagniamo il parcheggio presso il sito naturale di Creux du Van.

Il Creux du Van (buco nella roccia) è un grandioso anfiteatro di pietra calcarea, lungo più di un chilometro e profondo circa duecento metri, scavato dall’erosione glaciale nel corso di milioni di anni.

Una breve passeggiata fra il verde e numerose mucche al pascolo porta sul bordo del grande abisso, che all’improvviso sembra apparire dal nulla mettendo in scena uno spettacolo mozzafiato, anche se la luce del tardo pomeriggio fa sì che gran parte delle rocce siano già nell’ombra.

Percorriamo un buon tratto dell’impressionante dirupo arcuato e poi torniamo sui nostri passi perché la giornata sta volgendo rapidamente al termine. Scendiamo allora al Lago di Neuchâtel e andiamo a prendere alloggio, nella località di Chez-le-Bart, alla Chambre d’hôtes Littoral 65, una semplice struttura a B&B gestita da una simpatica vecchietta, che parla anche un discreto italiano.

In serata ceniamo poi con l’ennesima pizza al ristorante Auberge de Commune, nel paese di Bevaix, e poi torniamo in camera … ad attendere, con i dovuti scongiuri, il peggioramento del meteo previsto per domani.

Domenica 22 Agosto

Durante la notte è piovuto e quando ci alziamo non lo fa più, ma il cielo è grigio e pieno di nuvole minacciose.

Con calma e comunque fiduciosi prendiamo il via da Chez-le-Bart con l’obiettivo, prima di tutto, di salire sulle montagne alle spalle di Neuchâtel, al passo di Vue-des-Alpes. Da lassù, come si può intendere anche dal nome del luogo, il panorama sulle Alpi dovrebbe essere eccelso, ma oggi impossibile da assaporare. Ci dovrebbe però essere anche una grande pista di toboga, che Leonardo non vede l’ora di percorrere e noi vorremmo accontentarlo.

Giunti sul posto ci rechiamo subito presso la pista, ma la troviamo chiusa perché aprirà alle 10:00. Mancano solo 15 minuti e aspettiamo, ma poi dobbiamo pazientare ulteriormente in quanto il percorso è bagnato e per motivi di sicurezza necessita di un po’ di manutenzione … Alla fine però il piccolo (ma anche il sottoscritto) si gode quattro divertenti giri.

Intorno alle 11:00 riprendiamo il viaggio. Scendiamo a Neuchâtel (il cui stemma sulle targhe automobilistiche ha i colori della bandiera italiana) e dal lì proseguiamo seguendo le indicazioni per Avenches, che fu, nel I e II secolo d.C., la principale città dell’Elvezia romana.

Di quell’epoca rimangono, in periferia, gli scarni resti del Santuario di Cicogner: una sola grande colonna ed una più piccola, così chiamato perché fino a un po’ di anni fa su quella grande usava fare il nido una cicogna. Nel centro abitato andiamo invece a vedere l’anfiteatro, il meglio conservato di Svizzera, che, simile ad un Colosseo in miniatura, si erge ancora fiero a distanza di quasi due millenni e tuttora ospita spettacoli che attirano migliaia di persone.

Visitiamo il tutto accompagnati da un timido sole e qualche squarcio d’azzurro sulla testa poi a piedi ci trasferiamo nella campagna limitrofa dove, fra il verde, si trovano le modeste rovine del teatro romano e lì consumiamo il nostro pranzo. Giusto il tempo di farlo e scattare una foto che comincia a piovere, allora andiamo di fretta verso l’auto e partiamo, sotto ad un acquazzone, per la vicina Friburgo, la “città libera” e poliglotta per eccellenza perché, divisa da sempre dalla gola del fiume Sarine, sulla sponda occidentale si parla francese e su quella orientale il tedesco.

Lasciamo l’auto in un parcheggio sotterraneo vicino al centro e sotto ad un cielo plumbeo intraprendiamo la visita, subito condizionata dalla pioggia, tanto che ci rifugiamo dentro all’Espace Jean Tinguely, un piccolo museo dedicato all’omonimo artista friburghese e a Niki de Saint Phalle, sua collaboratrice. Le opere neorealiste esposte sono esteticamente molto discutibili, composte da oggetti riciclati, ma sono anche estremamente originali e meritano un po’ di attenzione, fra l’altro sono dotate tutte di un grosso bottone che, pigiandolo, le mette in moto!

Quando usciamo dal museo piove ancora, allora ci fermiamo sotto ad un porticato ad aspettare che almeno rallenti, prima di spostarci alla vicina Cattedrale di Saint-Nicolas, il più importante monumento di Friburgo, eretto in stile gotico nel XII secolo.

Ripariamo all’interno dell’edificio religioso un po’ per vederlo, un po’ per temporeggiare ulteriormente e questa volta veniamo premiati perché all’uscita non piove più, così ci avviamo verso la parte bassa della città, ma è solo un breve break e quando riprende a gocciolare ci rifugiamo nel Pont de Berne, un bel ponte coperto in legno risalente al 1250.

Rimaniamo lì una buona mezzora, fin quando smette di scendere acqua dal cielo e questa volta definitivamente, perché esce fuori anche un bel sole e le nubi si dissolvono rapidamente, così possiamo completare il nostro giro turistico.

Passiamo sull’ameno ponte in pietra chiamato Pont du Milieu, dalla cui arcata sottostante si può cogliere una pregevole veduta della città. Arriviamo alla Planche Superieure, una piazza triangolare circondata da interessanti edifici. Scavalchiamo di nuovo il fiume Sarine, questa volta sul Pont de Saint-Jean, coadiuvati da belle viste sul centro storico, e, infine, risaliamo alla città alta con la storica funicolare, risalente al 1899 e unica nel suo genere perché funziona sfruttando la forza dell’acqua.

Ormai giunti al termine della giornata recuperiamo l’auto e poi ci spostiamo di qualche decina di chilometri alla città di Berna, la capitale della Federazione Elvetica.

Prendiamo alloggio all’Hotel Ibis Budget Bern Expo e più tardi, dopo una breve passeggiata, andiamo a cena al Restaurant Rosengarten, ubicato nell’omonimo parco, che vedremo anche domani mattina e che offre il miglior panorama sulla città … Questa sera però ci sono grossi nuvoloni all’orizzonte, ma confidiamo che alla prossima occasione le condizioni siano migliori.

Lunedì 23 Agosto

Splende il sole su Berna quando, poco dopo le 9:00, partiamo a piedi dall’Hotel Ibis per effettuarne la visita.

Prima di tutto andiamo al Rosengarten, dove eravamo stati a cena ieri sera, e da lì possiamo constatare che in effetti si ha uno splendido colpo d’occhio sulla capitale, una veduta che si può osservare anche sullo sfondo di una originale statua di un giovane Albert Einstein (che abitò a Berna), collocata su di una delle panchine del parco.

Dopo scendiamo fin sulle sponde del fiume Aare (lo stesso delle gole nei pressi di Meiringen) e lì vediamo il Bärenpark, ampio spazio verde nel quale scorrazzano tre orsi (Finn, Björk e Ursina), che riusciamo anche a scorgere. Questo genere di plantigradi è il simbolo della città fin da quando, secondo tradizione, Berna prese il nome dell’orso (bär in tedesco) che il suo fondatore, Bertoldo V duca di Zähringen, catturò qui durante una battuta di caccia. Per questo motivo e come portafortuna, a partire dal XVI secolo, in città si cominciarono ad allevare orsi dentro ad una enorme buca (la fossa), sostituita solo nel 2009 dal Bärenpark.

Osservati gli orsi attraversiamo poi il ponte sul fiume Aare per fare il nostro ingresso nel vero e proprio centro cittadino. In questo modo ci dedichiamo subito alla ricerca delle storiche fontane di Berna, sopra alle quali campeggiano, in colori a volte sgargianti, svariati personaggi legati alla tradizione popolare.

Per prima, quasi in riva al fiume, vediamo la Lauferbrunnen, fontana sovrastata dal fiero Messaggero, vestito coi colori di Berna e lo stemma della città sul petto, affiancato da un giovane orso, che indossa lo stesso tipo di abiti, quindi, nella centrale Gerechtigkeitsgasse, la Gerechtigkeitsbrunnen, sulla quale svetta, con gli occhi bendati e una bilancia a stadera in mano, la statua di Justitia.

Passeggiando lungo la parallela Postgasse arriviamo, poco dopo, davanti all’interessante palazzo tardogotico del Rathaus (il municipio), fiancheggiato dalla Vernerbrunnen, che presenta, nella sua scintillante armatura, Verner, il portabandiera di Berna.

A breve distanza raggiungiamo anche il Bern Munster, la bella cattedrale gotica della capitale, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1421 e si protrassero per oltre quattro secoli. Osserviamo la sua grande torre, alta cento metri, anche dall’attiguo terrazzo chiamato Munster Plattform, ma non riusciamo a fotografare l’imponente facciata, ricoperta di impalcature, così come gli interni, e ci accontentiamo di ammirare solo il pregevole gruppo scultoreo del Giudizio Universale collocato nella lunetta sopra il portale principale.

Nella piazza antistante la più grande costruzione sacra di Svizzera si trova invece la Mosesbrunnen, che raffigura Mosè avvolto in una lunga veste blu-oro, mentre nella centrale Kramgasse alloggia la Simsonbrunnen, che raffigura il potere, rappresentato dall’eroe biblico Sansone, quando afferra la bocca di un leone a mani nude.

Proseguendo nel nostro itinerario bernese passiamo davanti alla casa dove visse Albert Einstein nei primi anni del Novecento e arriviamo al cospetto della Zähringerbrunnen, sulla quale si erge l’animale araldico di Berna (un orso con un elmo d’oro), che ricorda gli Zähringer, i fondatori della città.

Da qui pochi metri ci conducono alla Zytglogge, la monumentale torre dell’orologio, del XIII secolo … giusto in tempo per la suonata delle 11:00, accompagnata dalle folcloristiche figure rotanti. Si narra addirittura che questo storico monumento abbia aiutato (chissà come) Albert Einstein a mettere a punto la teoria della relatività.

Superata anche la torre giungiamo in Kornhausplatz, dove di trova la settima e più famosa delle fontane: Kindlifresserbrunnen, che rappresenta uno spaventoso orco mangiatore di bambini, seduto su di una colonna nell’intento di farne una scorpacciata. Esistono varie teorie sul significato di questa fontana. La più plausibile è che si tratti di una sorta di insegnamento per i più piccoli.

Al di là della piazza, verso ovest, la via centrale di Berna prende il nome di Marktgasse e lì vediamo la Schutzenbrunnen, sulla quale si erge lo Schutzenverner, il portabandiera dei tiratori e più avanti la Anna-Seiler Brunnen, sormontata da una figura femminile con una brocca in mano, forse la dea della giovinezza Ebe, ma che rappresenta, appunto, Anna-Seiler, benefattrice che nel 1354 donò un ospedale alla città.

Poco oltre, poi, girando a sinistra in Bärenplatz ci troviamo dinanzi alla Bundeshaus, grande palazzo in stile fiorentino che è sede dell’Assemblea Federale Svizzera e passando sotto al suo porticato approdiamo nella Bundeshausterrasse, da dove si gode un bel panorama sul sottostante corso del fiume Aare.

Il tratto conclusivo dell’itinerario nel centro storico di Berna ci porta a vedere le ultime due fontane: la Ryfflibrunnen, in omaggio al tiratore Ryffli che, secondo tradizione, sconfisse con un solo colpo il cavaliere Jordan III di Burgistein, e la Pfeiferbrunnen, che ritrae un allegorico suonatore di cornamusa.

Dopo ci mettiamo alla ricerca dell’autobus che deve riportarci all’hotel per il check-out delle 12:00 e secondo nostre indicazioni sarebbe il numero 9 il deputato ad assolvere il compito, ma dei lavori pare ne deviino il percorso, così ripieghiamo sul numero 10, che ci riporta al Rosengarten e da lì, a piedi, riguadagniamo l’Ibis Hotel, giusto in tempo per ritirare i bagagli e ripartire.

Ci spostiamo in auto poco più a nord della capitale, nella regione dell’Emmental, presso il paese di Burgdorf. Lì facciamo picnic, con calma, sotto al sole in un verdissimo prato, e poi andiamo a dare un’occhiata alla Schloss Burgdorf, uno scenografico maniero costruito dagli Zähringen nel XII secolo che, ubicato in cima ad una rupe, sembra appena uscito dalle pagine di un libro di fiabe … Non ci avventuriamo però al suo interno e ci accontentiamo di arrivare presso i suoi bastioni.

Da Burgdorf ci rechiamo poi, fra bucolici paesaggi, nella località di Affoltern, all’Emmentaler Schaukäserei, un importante caseificio nel quale si produce uno dei formaggi più famosi al mondo: l’emmental, appunto. Ci dilunghiamo così fin quasi alle 17:00 ad osservare le varie fasi di lavorazione del prezioso prodotto, quindi ci avviamo verso il termine della tappa.

Attraversiamo una regione di verdissimi pascoli per giungere all’Hotel Ibis Luzern Kriens, quasi alle porte della città di Lucerna, dove ci fermeremo per le prossime due notti e nelle immediate vicinanze più tardi ceniamo, ad un prezzo incredibilmente onesto, nel Fontana Restaurant, mettendo la parola fine ad una intensa giornata di visite a carattere più che altro culturale.

Martedì 24 Agosto

Non piove, ma il cielo è completamente coperto, e pensare che questa mattina avremmo dovuto prendere il treno a cremagliera che porta fin sulla cima del Monte Pilatus, da dove si domina la vista che spazia su Lucerna ed il Lago dei Quattro Cantoni.

Nonostante tutto, seppur non troppo convinti, dopo colazione saliamo in auto e andiamo nella località di Alpnachstad, da dove parte il treno. Ci rechiamo alla biglietteria e chiediamo quali siano le condizioni meteo in vetta, così ci mostrano la webcam, dalla quale si capisce che ci sono sì tante nuvole, ma anche un po’ di sole … quanto basta per convincerci a tentar la sorte.

Questa storica ferrovia, commissionata nel 1889, impegna le motrici per circa trenta minuti lungo rampe che raggiungono il 48% di pendenza, rendendola la più ripida al mondo, e più saliamo la cremagliera più le nubi si diradano, tanto che, quando arriviamo ai 2.132 metri di altezza di Pilatus Kulm, il cielo sopra di noi è completamente azzurro, mentre sotto si estende un bianchissimo mare di vapore acqueo. Non si vede il lago, ma il paesaggio è indiscutibilmente affascinante!

Prima di tutto scaliamo il picco di Esel, posto poco sopra la stazione di arrivo, e da lassù ammiriamo, in lontananza verso sud, le cime innevate delle Alpi, che svettano sopra le nuvole, identificando anche lo Jungfrau. Tornati a Pilatus Kulm osserviamo incuriositi alcuni suonatori del tipico corno alpino (o corno svizzero), un antico strumento a fiato dalla forma incredibilmente allungata, che può superare anche i quattro metri, e che, risalente al XVI secolo, un tempo veniva usato prevalentemente come mezzo di segnalazione e comunicazione.

Saliamo quindi alla vicina terrazza panoramica di Hoberhaupt, prima di affrontare anche il suggestivo percorso in galleria del Drachenweg, che conta alcuni vertiginosi passaggi con vista sul mare di nuvole. C’incamminiamo infine lungo la via che porta all’overlook di Tomlishorn. Un sentiero che si dipana attraverso lo scosceso pendio della montagna, con stupende viste su Pilatus Kulm.

Torniamo sui nostri passi giusto in tempo per salire sul treno delle 12:15, che poi ci riporta mestamente nel grigiore delle quote più basse. Possiamo però dire di essere soddisfatti e di aver vissuto una bella esperienza, frutto della testardaggine e del coraggio di averci provato. È proprio vero: la fortuna aiuta gli audaci!

Pranziamo in un parchetto nel paese di Alpnachstad e poi torniamo verso Lucerna, anzi, andiamo a parcheggiare proprio nel suo centro, presso la stazione ferroviaria.

Per effettuare la visita di una delle più interessanti città della Svizzera dovremo però accontentarci, purtroppo, dell’uggioso contesto odierno ed è un peccato perché il Kapellbrücke, edificato nel 1332 sul fiume Reuss e considerato il più antico ponte coperto d’Europa, è stupendo. Lo percorriamo un passo dopo l’altro, ammirando le tavole pittoriche posizionate nel sottotetto e realizzate nel XVII secolo da Heinrich Wägmann, che raffigurano episodi salienti della storia e della mitologia elvetica, danneggiate in parte dal devastante incendio del 1993. Il ponte, che un tempo era parte integrante delle fortificazioni della città, compresa l’ottagonale Torre Idrica, è, a giusta ragione, l’emblema di Lucerna.

Attraversato il Kapellebrüke proseguiamo a piedi verso est sulle rive del Lago dei Quattro Cantoni, quindi andiamo in direzione del centro storico di Lucerna. Passiamo nei pressi della considerevole Hofkirche, fiancheggiata da alcune belle case a graticcio, e arriviamo di fronte al palazzo che ospita il Bourbaki Panorama.

In una grande sala circolare si trova un enorme dipinto panoramico (delle dimensioni di 112×10 metri), realizzato nel 1881 da Edouard Castres, che aveva vissuto in prima persona, dieci anni prima, l’evento rappresentato, ovvero l’internamento di 87.000 soldati francesi della divisione Bourbaki in Svizzera, durante la guerra franco-prussiana.

La colossale opera, raffigurata con dovizia di particolari, ci impegna a giusta ragione per un po’ di tempo, prima di far ritorno all’aria aperta per spostarci, nelle vicinanze, al minuscolo parco che comprende il famoso Monumento del Leone.

Uno dei simboli di Lucerna è questa scultura, lunga dieci metri, intagliata nella roccia da Lucas Ahorn nel 1820 in memoria della Guardie Svizzere che perirono per difendere re Luigi XVI durante la rivoluzione francese. Mark Twain descrisse il leone morente come “il pezzo di roccia più triste e commovente al mondo”.

Proprio di fianco si trova anche il Gletscher-Garten, un parco che visitiamo velocemente, nel quale si trovano alcune marmitte glaciali e diverse attrazioni, compreso un simpatico labirinto di specchi, che diverte soprattutto Leonardo.

Da lì conquistiamo poi le Museggmauer, le antiche mura della città, la cui attuale conformazione, con nove torri, tutte diverse una dall’altra, risale al 1400. Sono fra le meglio conservate e più estese di Svizzera, così ne percorriamo un bel tratto sui camminamenti di ronda e poi le fiancheggiamo dal basso fino a riconquistare le sponde del fiume Reuss.

Attraversiamo l’emissario del Lago dei Quattro Cantoni su di un altro avvenente ponte in legno, il quattrocentesco Spreuerbrücke, e percorrendo la sua riva meridionale, nella quale si affaccia anche l’interessante Jesuitenkirche, ripassiamo accanto al Kapellebrücke chiudendo il cerchio della nostra visita.

Recuperata l’auto, intorno alle 18:00, facciamo poi ritorno all’Ibis Hotel Lucern Kriens per trascorrervi la seconda ed ultima notte, infine, visti i prezzi convenienti e la buona qualità, ceniamo ancora al Ristorante Fontana.

Mercoledì 25 Agosto

Un’altra giornata grigia pare proprio ci aspetti: non piove, ma ci troviamo sotto ad un immenso tappeto di nuvole, completamente privo di smagliature. Dalla nostra c’è solo che il programma odierno non prevede visite particolarmente importanti, solo un’abbazia e quattro castelli di media rilevanza lungo la strada che porta a Sciaffusa, nell’estremo nord della Svizzera.

Prima di tutto aggiriamo verso oriente il Lago dei Quattro Cantoni per giungere, poco più a nord di quest’ultimo, nella località di Einsiedeln, dove si trova l’imponente Klosterkirche, complesso barocco risalente al XVIII secolo, che è il luogo di pellegrinaggio più importante del paese. Il convento benedettino ha infatti una storia che risale a più di mille anni fa, perché fin dal medioevo vi si venera la statua della Vergine Nera, oggi conservata all’interno di una chiesetta inglobata nella grande struttura religiosa, a sua volta decorata con un tripudio di stucchi, affreschi e volte dorate.

Esplorato a dovere il monumentale edificio riprendiamo il nostro viaggio e, passando anche nei pressi di Zurigo, capitale economica elvetica, ci spostiamo di una cinquantina di chilometri a nord-est, nella periferia del paese di Seengen, per vedere il Wasserschoss Hallwyl.

Questo “castello acquatico”, risalente all’XI secolo, che fu residenza dell’omonima famiglia, ha la particolarità di essere inserito in uno stupendo contesto ambientale, completamente circondato dalle acque del fiume Aabach, e vale la pena di essere visitato soprattutto lungo il perimetro esterno, caratterizzato da eccellenti scorci. Di fronte all’ingresso del castello pranziamo con i nostri soliti panini e poi riprendiamo strada.

Ci muoviamo ancora più a nord, ma di soli undici chilometri, fino all’abitato di Lenzburg, per visitare l’omonimo maniero, situato in cima ad uno sperone di roccia e ritenuto uno dei più belli fra tutti i castelli d’altura della Svizzera. Lo Schloss Lenzburg fonda le sue radici nell’XI secolo e la leggenda sulle sue origini narra anche di un drago, eroicamente ucciso per fargli posto … In effetti la posizione della fortezza è strategica e allo stesso tempo scenografica, peccato solo che la si debba esplorare nel già citato grigiore.

Ci dedichiamo anche alla visita degli interni, dilungandoci un po’ e pazientando, vista la situazione meteo. In questo modo veniamo premiati perché poco più tardi, saliti sulla collina adiacente al castello per fotografarlo nella sua complessità, il cielo finalmente si apre ed esce fuori prepotentemente il sole.

In tali nuove ed inaspettate condizioni corriamo verso la successiva meta, che è lo Schloss Wildegg, eretto nella prima metà del XIII secolo, dai conti di Asburgo, sulle colline sovrastanti l’omonimo villaggio. Il castello è davvero intrigante, così lo esploriamo minuziosamente, sia all’esterno, con il vasto parco terrazzato, che all’interno, caratterizzato dalle stufe e i raffinati arredi lasciati dalla famiglia Effinger, proprietaria del maniero dal 1483 al 1912.

Ora resta un ultimo castello da vedere, distante un’altra manciata di chilometri: lo Schloss Hasburg. Di questo però non rimane molto ed è importante più che altro perché, eretto per la prima volta nel 1010, fu il primo castello della celebre casata degli Asburgo.

Dopo rimangono da percorrere circa ottanta chilometri per giungere al termine della tappa … un’oretta di strada, non di più, ma passando nei pressi di Zurigo dobbiamo affrontare un traffico infernale e arriviamo a destinazione ben oltre le 19:00.

Prendiamo alloggio al B & B Paradiso, gestito da una famiglia italiana, nel paese di Busingen a pochi chilometri da Sciaffusa, che visiteremo domani … sì, a pochi chilometri, ma in un altro stato. Busingen infatti è una enclave tedesca in terra elvetica. Della dogana però neanche l’ombra.

Più tardi ceniamo al ristorante italiano La Gondola e facciamo anche quattro chiacchiere con l’anziana titolare del locale, convinta no vax … cerchiamo però di evitare uno scontro ideologico e, rimanendo nella cordialità, la salutiamo, tornando definitivamente verso la nostra camera per riposare.

Giovedì 26 Agosto

Quando ci svegliamo a Busingen siamo tristemente avvolti nella nebbia. Per fortuna poi, mentre facciamo colazione, esce fuori il sole, come previsto d’altronde. Lasciamo il B&B Paradiso e andiamo a parcheggiare in una struttura multipiano nel centro di Sciaffusa, così da effettuarne la visita.

Ci avviamo così alla scoperta di questa storica cittadina medioevale, dall’aspetto già teutonico e considerata fra le più pittoresche della Confederazione Elvetica, della quale fa parte fin dal 1501.

Prima di tutto saliamo al Munot, la fortezza del XVI secolo, caratterizzata da un’insolita architettura a pianta circolare, che, visibile da lontano, è il vero e proprio simbolo della città. Inerpicandoci poi lungo una splendida scala a chiocciola giungiamo sui bastioni e sul tetto dell’edificio, da dove si gode un eccellente panorama sui tetti e sulle guglie dell’abitato, mentre nel fossato, più in basso, scorrazzano alcuni cervi, fra i quali quello che, secondo tradizione, porta il nome del sindaco in carica.

Quando scendiamo ci avventuriamo nei vicoli dell’Altstadt, la città vecchia, caratterizzata da finestre a bovindo su pareti dai colori pastello, ma anche da palazzi magistralmente dipinti, come la Haus Zum Ritter, del 1492, decorata con un grande affresco in stile rinascimentale, la Zum Grossen Kafig, in cui è rappresentata la parata trionfale di Tamerlano, capo dei guerrieri mongoli, e la Zum Goldenen Ochsen, del XVII secolo, che si distingue per un bue d’oro riprodotto sulla facciata.

Molto belle sono anche le piazze, in particolare la centrale Fronwagplatz, impreziosita da due interessanti fontane: a nord la Mohrenbrunnen (la fontana dei mori) e a sud la Metzgerbrunnen (la fontana del macellaio). Infine esploriamo l’Allerheiligen Munster, la cattedrale di Sciaffusa, nonché uno dei pochi complessi monastici romanici ben conservati di tutta la Svizzera.

Passate da poco le 11:00 torniamo soddisfatti a recuperare l’auto e, dopo aver fatto spesa, ci spostiamo alcuni chilometri più a sud, presso le famose Cascate del Reno, principale attrazione della regione.

Dall’apposito parcheggio scendiamo fin sulle rive del grande fiume, uno dei più lunghi d’Europa, che termina la sua corsa nel Mare del Nord, e già da lontano possiamo ammirare la potenza del salto d’acqua, di soli 23 metri ma con un’enorme portata: circa 750 metri cubi al secondo, che rende le cascate le più opulenti dell’Europa continentale.

Allo sportello della compagnia Rhyfall Mandli acquistiamo i biglietti delle imbarcazioni per la visita e per prima cosa attraversiamo il Reno a valle delle cascate per approdare sull’altra sponda, dove si trova lo Schloss Laufen, fortezza di origini medioevali in stupenda posizione sulle Rheinfall, infatti non è tanto il castello ad essere interessante, quanto gli strepitosi punti panoramici intorno ad esso, che si protendono fino a pochi metri dalle spumeggianti acque.

Esplorati tutti gli overlooks riguadagniamo poi il lato di partenza … per salpare con un’altra imbarcazione, quella che porta sotto al grande salto d’acqua e da lì salire gli oltre cento scalini che conducono in cima ad una suggestiva roccia, che emerge dalle rapide impetuose … Davvero belle le Cascate del Reno, certo non paragonabili ad altre, ancora più famose, ma comunque belle, peccato solo che, come da previsioni, il sole se ne sia andato progressivamente dietro alle nuvole.

Pranziamo al sacco sulle rive del fiume, nella periferia di Sciaffusa, quindi, nel primo pomeriggio, riprendiamo strada per spostarci solo di una ventina di chilometri verso est, fino al borgo di Stein am Rhein.

Come descritto sulla nostra guida il piccolo centro di questo paesino, di origine duecentesca, sembra uscito da un libro di fiabe, soprattutto la Understadt, la via principale, e la Rathausplatz, considerata spesso, non a caso, la più bella piazza di Svizzera. Acciottolata e interamente circondata da splendide case di ogni forma e dimensione, alcune a graticcio, altre ricoperte di affreschi, è un vero spettacolo architettonico che ci incantiamo a guardare, nel quale stonano solo gli invadenti ombrelloni delle attività commerciali e, oggi, la mancanza del cielo azzurro.

Da Stein am Rhein ci muoviamo poi ancora verso est, passiamo nei pressi della città di Costanza e proseguiamo, a debita distanza, sulle rive dell’omonimo lago (grande bacino lacustre condiviso fra Svizzera, Germania e Austria).

In questo modo, per non finire troppo in anticipo la tappa, ci allunghiamo di qualche chilometro fino alla località di Rorschach per vedere la stravagante Markthalle Altenrhein, costruzione in stile moderno dell’eclettico artista austriaco Friedensreich Hundertwasser, che era solito definire le linee rette “senza dio” … Infatti l’edificio in questione è un tripudio di muri sbilenchi, colori vivaci e cupole a cipolla.

Lasciandoci alle spalle anche il Lago di Costanza ci spostiamo infine nella cittadina di San Gallo, dove prendiamo alloggio per la notte al Flat Speicher St. Gallen, un appartamento dotato di cucina, che ci permette di prepararci in autonomia la cena e, almeno per una volta, risparmiare sui costi di sostentamento.

Venerdì 27 Agosto

Doveva piovere e invece, quando ci alziamo, fuori splende un bel sole … tanto meglio!

Facciamo colazione e poi usciamo, lasciando i bagagli in camera, per andare a visitare San Gallo, una delle più importanti e storiche città elvetiche, fondata, secondo la leggenda, nel 612 dal monaco irlandese San Gallo.

A piedi, in dieci minuti, raggiungiamo il centro e prima di tutto andiamo a vedere l’originale Stadtlouge, il “salotto cittadino”: un intero isolato pavimentato con uno strato di gomma rossa, la stessa che riveste anche tavoli, panchine, una fontana e … una finta Porsche! … È un’opera risalente al 2005 dell’architetto Carlos Martinez e dell’artista Pipilotti Rist davvero particolare e seducente.

Dopo il moderno ci rivolgiamo però alla parte storica della città, caratterizzata da alcuni tradizionali edifici a graticcio, ma soprattutto dal Complesso Abbaziale di San Gallo, iscritto dal 1983 nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

L’imponente Dom, fondato in epoca medioevale, ma ricostruito a fine Settecento in stile tardo barocco, troneggia con la sua monumentale facciata fronteggiata da verdissime aiuole, mentre gli interni sono un tripudio di affreschi e stucchi rococò.

La parte più nota del centro religioso è però la Stiftsbibliothek, massima espressione di architettura rococò svizzera e una delle più ricche collezioni di libri in lingua tedesca del primo medioevo. Contiene, infatti, più di 160.000 libri, di cui 2.200 manoscritti e 500 risalenti a prima dell’anno mille. Davvero bella la biblioteca, peccato che non si possa proprio fotografare … chissà perché?

A breve distanza dal Dom vediamo un’altra interessante chiesa, la protestante St. Laurenzen Kirche, in stile neogotico, con pavimenti a mosaico, delicati affreschi floreali e un grandioso organo, ultima piacevole nota di questa affascinante cittadina.

Riconquistata auto e bagagli ci lasciamo alle spalle San Gallo salendo sulle montagne poco più sud, dove si trova anche la località di Appenzel, quindi planiamo dall’alto di nuovo sulla vallata del Reno, mentre il cielo si copre ancora di nuvole. Così facendo, poco prima di mezzogiorno, arriviamo nel paese di Werdenberg.

Fondato nel 1289 questo villaggio si dice comprenda il più antico insediamento di case a graticcio della Svizzera. Si tratta di un gruppo di una quarantina di edifici che sorge fra un laghetto ed una collina sovrastata dall’immancabile castello.

Ci dedichiamo subito all’esplorazione del luogo, con la speranza che il cielo si apra … vana speranza. Le case però sono davvero tipiche e offrono caratteristici scorci, che ci godiamo con calma, prima di pranzare in riva al piccolo specchio d’acqua.

Subito dopo ci spostiamo di una manciata di chilometri per attraversare il Reno e anche un confine, quello che divide la Svizzera dallo staterello del Liechtenstein. Così facendo prima di tutto ci fermiamo ad ammirare l’Alte Rheinbrücke, l’ultimo superstite fra i ponti in legno sul corso del Reno Alpino, costruito nel 1900 e lungo 135 metri, poi entriamo nella cittadina di Vaduz, capitale di questo minuscolo regno. Il Liechtenstein, infatti, è una monarchia costituzionale ereditaria, attualmente guidata dal principe Giovanni Adamo II.

A Vaduz vediamo il moderno Landtag, il Parlamento, fiancheggiato dal Municipio e dalla neogotica St. Florin Cathedral, che andiamo a visitare e una volta entrati notiamo una bara, avvolta in una bandiera e adagiata ai piedi dell’altare, con due guardie a sorvegliarla. Ogni tanto entrano alcune persone e in religioso silenzio vanno a rendergli omaggio … Indaghiamo un po’ sul web e veniamo a sapere che quello davanti a noi è il feretro della regina madre Marie Kinsky, deceduta alcuni giorni fa.

Archiviata anche questa fortuita esperienza saliamo infine alle Schloss Vaduz, maniero risalente al XII secolo e più volte ampliato, che è la residenza ufficiale del principe e quindi non visitabile.

Riattraversato il Reno torniamo poco dopo in terra elvetica e procediamo spediti verso la città di Coira, dove albergheremo, ma non subito, perché la superiamo per andare ad esplorare Ruinaulta, la gola formata dal Reno Anteriore, conosciuta anche come Canyon del Reno, oppure Grand Canyon svizzero … Nulla a che vedere, naturalmente, con il Grand Canyon americano.

Osserviamo però le gole dai vari punti panoramici e poi arriviamo anche alla loro base, presso la stazione della Ferrovia Retica, che le percorre interamente, e grazie anche al sole, che nel frattempo è tornato a splendere alto in cielo, abbiamo potuto godere, spesso, di belle viste.

Alla fine facciamo ritorno a Coira, dove prendiamo alloggio in pieno centro, all’Ambiente Hotel Freiech AG per le prossime due ma anche ultime notti del viaggio, poi concludiamo la serata nel vicino Ristorante Pizzeria La Vita, che, per la cronaca, ci stacca la bolletta più salata dell’intera vacanza.

Sabato 28 Agosto

Mentre la villeggiatura volge ormai inesorabilmente al termine ci svegliamo a Coira sotto ad un cielo non certo limpido, ma almeno senza pioggia.

In programma c’è un’intera giornata da trascorrere in treno, da qui fin oltre il Passo del Bernina e quasi al confine con l’Italia, lungo la Ferrovia Retica dell’Albula e del Bernina, dal 2008 facente parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco.

Poco dopo le 8:00 usciamo a piedi dall’hotel per recarci alla stazione di Coira, che dista poche centinaia di metri. Così facendo, in ragionevole anticipo, giungiamo al binario nove per metterci in attesa del treno delle 8:58 per St. Moritz … anzi, non dobbiamo affatto attendere perché è già in banchina, così saliamo a bordo e in perfetto orario (svizzero) partiamo.

Dopo trenta minuti di viaggio giungiamo nella stazione di Thusis e da lì, in pratica, comincia l’avventura.

Il treno inizia a seguire una stretta gola, poi tunnel e ponti, fino a quello di Solis, che scavalca il torrente Albula ad 89 metri di altezza, quindi, più avanti, percorriamo il viadotto Landwasser, il più suggestivo perché si sviluppa tutto in curva, a 65 metri da terra, prima di immettersi in una buia galleria, il tutto però nel poco entusiasmante grigiore odierno.

Un po’ più tardi oltrepassiamo il tunnel dell’Albula, a quota 1.823 metri, e da lì planiamo sulla famosa località turistica di St. Moritz, dove arriviamo intorno alle 11:00.

Nella regina delle Alpi svizzere, frequentata fin dall’Ottocento da teste coronate e celebrità di livello mondiale, ma anche sede di ben due olimpiadi invernali, ci fermeremo per circa 45 minuti, così ne approfittiamo per scendere a piedi sulle rive dell’omonimo lago, situato proprio sotto alla stazione. Da lì il panorama sulle montagne circostanti sarebbe eccelso … se ci fosse il sole, ma dobbiamo accontentarci di un solo sprazzo di cielo sereno in direzione di Lugano e dell’Italia, troppo poco per essere soddisfatti.

Alle 11:46 ripartiamo in treno per affrontare la tratta del Bernina, quella con maggiori aspettative, e lasciata St. Moritz cominciamo subito a salire di quota e continuiamo a farlo progressivamente, fino a raggiungere i 2.353 metri del Passo del Bernina, fiancheggiati da ghiacciai e da picchi di oltre tremila metri, che però sono avvolti nelle nubi … Peccato, perché il colpo d’occhio sarebbe magnifico dalla stazione di Ospizio Bernina, con le acque lattiginose del Lago Bianco a bagnare i piedi delle grandi vette.

Da lì il rosso trenino comincia poi a scendere verso la Val Poschiavo, una discesa vertiginosa, fatta di contorte rotaie che si dipanano in lunghissimi tornanti. Passiamo per la scenografica stazione di Alp Grum, con la vista che spazia sul ghiacciaio del Piz Palù, e alla successiva, quella di Cavaglia, scendiamo dal treno che sono le 13:10.

Da questa fermata, a piedi e in pochi minuti, raggiungiamo l’ingresso del cosiddetto Giardino dei Ghiacciai, dove un sentiero porta alla scoperta delle impressionanti Marmitte dei Giganti, ovvero antichissime buche nel terreno, profonde anche 14 metri, generate oltre undicimila anni fa dalle acque di fusione dei ghiacciai.

Il percorso di visita termina con un suggestivo orrido formato dal vicino torrente, il tutto in tempo per permetterci si salire sul successivo treno, quello delle 13:58, che poi ci consente di completare la discesa verso la località di Poschiavo, che è anche il nostro capolinea, mentre le nuvole finalmente si diradano lasciando filtrare i raggi del sole, che, come per incanto, accendono tutti i colori della natura.

Venti minuti dopo le 14:00 siamo a Poschiavo, dove abbiamo un’ora e un quarto di tempo a disposizione prima di salire sul treno del ritorno.

Prima di tutto pranziamo e poi andiamo a fare una passeggiata nel piccolo centro di questo villaggio alpino, a cominciare dal cosiddetto Quartiere Spagnolo, con alcune interessanti case in stile liberty, e finire con la piazza principale, sulla quale prospetta la bella Collegiata di San Vittore Mauro, affiancata dal macabro ossario della Chiesa di S. Anna.

Il ridente borgo ha un’aria famigliare, infatti l’Italia, da qui, dista meno di trenta chilometri, anzi, sembra già di essere nel Bel Paese, perché tutte le insegne e i cartelli sono nella nostra lingua.

Alle 15:36 risaliamo sul treno, che parte subito in direzione di St. Moritz. Facciamo tutta la salita sotto al sole ma poi, strada facendo, torniamo pian piano sotto alle nuvole, un po’ meno che in mattinata, ma comunque le vette più alte rimangono nascoste.

Arriviamo a S. Moritz alle 17:00, con il lago sempre nell’ombra, come cinque ore prima. Allora facciamo quattro passi in centro, contornati dal lusso sfrenato di super-car e vetrine di marchi alla moda, ma a parte questo la città non è nulla di eccezionale.

Alle 18:02 prendiamo il via sull’ultimo treno di giornata, quello che ci riporterà a Coira. Così facendo, scollinata la galleria dell’Albula, comincia a piovere e lo farà, a tratti, fino alla stazione di arrivo, poco dopo le 20:00.

Prima di rientrare in hotel ci fermiamo poi a mangiare pizza e kebab in un posto molto alla mano, consumando, dopo la cena più costosa, quella più economica del viaggio, poi ci ritiriamo in camera a riposare e a sistemare i bagagli in vista della partenza verso casa di domani.

Domenica 29 Agosto

Quando ci svegliamo, in questo ultimo giorno di vacanza, oltre il vetro della nostra stanza sembra già di essere a novembre. Poco male però, perché ci restano da fare solo un paio di veloci visite, prima di puntare e poi mantenere la barra dritta sulla via di casa.

Partiamo da Coira un quarto d’ora dopo le 8:00 e andiamo a nord, ma solo per qualche chilometro, perché poi usciamo sulla destra seguendo le indicazioni per la località di Davos, da dove imboccheremo le rampe del Fluelapass.

Poco più tardi cominciamo così a salire, un tornante dopo l’altro in direzione delle nuvole ed un paesaggio sempre più opalescente, fin quando, in cima al passo, a 2.383 metri di altezza, nevica forte e ci sono solo due gradi. Intorno a noi è tutto bianco e mai ci saremmo aspettati una cosa simile a fine agosto.

Scendendo dal passo torna poi tutto più normale e smette anche di piovere quando arriviamo nel paese di Guarda, un tipico villaggio interamente formato da coloratissime case engadinesi del XVII secolo, che merita ampiamente il tempo che abbiamo voluto dedicargli.

Da Guarda puntiamo quindi decisamente a sud e, superato l’Ofenpass, scendiamo al borgo di Mustair, ultimo centro abitato prima di arrivare in Italia. Qui ci fermiamo per vedere il Monastero di San Giovanni, considerato uno delle più antiche testimonianze paleocristiane d’Europa, fondato, secondo la leggenda, nell’VIII secolo nientemeno che da Carlo Magno e dichiarato nel 1983 Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Una volta dentro la chiesa possiamo così ammirare i preziosissimi affreschi di epoca carolingia che ricoprono parte delle pareti e raffigurano storie dell’Antico e del Nuovo Testamento. Completata così anche l’ultima visita pranziamo nel parcheggio antistante il monastero e poi diamo il via al vero e proprio viaggio di ritorno.

Alle 13:15 rientriamo in Italia, scendendo poi in picchiata sulla Val Venosta, oggi particolarmente trafficata. In questo modo superiamo Merano e arriviamo a Bolzano quasi due ore più tardi. Nel capoluogo altoatesino imbocchiamo finalmente l’autostrada A22 verso sud, ma oggi è un giorno decisamente da bollino rosso e spesso ci ritroviamo fermi in coda, così a Mezzocorona decidiamo di uscire, per passare dentro a Trento e rientrare parecchi chilometri dopo, ad Ala Avio. Il calvario finisce a Verona, intorno alle 17:20, poi, viaggiando più spediti e senza intoppi, concludiamo felicemente il viaggio, alle 19:22, davanti al cancello di casa.

La Svizzera ha tanto da offrire, dalle straordinarie bellezze naturali a quelle architettoniche di storiche cittadine mitteleuropee. Vi si possono trovare grandi opere prodigio della tecnica, ma anche speciali prelibatezze culinarie. Non c’è dubbio, siamo pienamente soddisfatti dell’esperienza appena vissuta anche se, “cara” Svizzera, siamo costretti a chiudere gli occhi sulla folle spesa necessaria ad aver reso possibile il viaggio.

□ Dal 13 al 29 Agosto 2021

□ Da Forlì a Forlì km. 2971

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