Scandinavia e Berna 2010
copenaghen dopo 30 anni
Vacanzona quest’anno nelle capitali scandinave in aereo, nave e pullman: per finire improvviseremo, un bel po’ più a sud, altri 3 giorni nella capitale elvetica. Comune denominatore una certa austerità ordinata e tetti alti e spioventi. In volo da Linate, tra Germania e Danimarca ci vengono incontro nuvole bianche come ghiaccio, marmoree. In tutta la Scandinavia troveremo tetti quasi sempre neri o antracite, tempo bello ma molto più caldo delle loro medie stagionali, e piste ciclabili a perdita d’occhio, con diritto assoluto di precedenza.
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Il gruppo, guidato da un giovanotto molto divertente, si rivela composto da un bel quarto di elementi sociopatici. A Copenaghen un’atmosfera tra Venezia e Parigi, che trent’anni fa non m’era rimasta in presso: tanti locali lungo il canale di Nyhavn dove gustare pane, burro e pesce, chiamato smoerrebroed, ormai aggiornato da un contorno ottimo e ruffiano di insalatine mediterranee. A 2 passi abbiamo avuto lungo il porto una sorpresa: 4 “obelischi” di Arnaldo Pomodoro e una sua fontana “Tramonto sul Mar del Nord” impreziosiscono un recente parchetto intitolato alla regina Sophie Amalie, che completa l’asse urbanistico di Frederiksgade che parte dalla Marmorkirk e fa centro sulla piazza di Amalienborg, la reggia invernale. Da questi giardinetti “made in Italy”, costeggiando ancora il porto, si arriva a una banchina di legno con il modernissimo Teatro Skuespilhus, che ha quasi di fronte sull’altra sponda l’Opera, complesso avveniristico su palafitta. Sempre in città il Kastellet, molto bello, mentre appena fuori c’è da vedere la Fortezza e, tornando lungo la costa, ci sfilano accanto le deliziose casette antiche coi tetti di muschio e paglia, oggi carissime, tra cui spicca la villa di Karen Blixen. Da Copenaghen la nostra nave per Oslo s’inoltra in quel mare lacustre e torboso.
Il patrimonio di Oslo
Partenza per la Norvegia fuori dal porto di Copenaghen in una gincana lenta e incantatrice tra banchine, isolotti e secche: in lontananza appaiono i filari di mulini a vento “sorgenti dall’acque” così poetici ed ecologici da svergognare quei contapalle “petroliferi” che in Italia remano contro le pale eoliche perché antiestetiche. Un po’ parigina pure Oslo, che nel 1906 per la propria emancipazione come capitale della nuova Norvegia, commissionò allo scultore Gustav Vigeland una fontana per la cui collocazione definitiva fu poi creato addirittura un parco monumentale. Cancelli ornati racchiudono la grandiosità di questo percorso umano e ideale in marmo e bronzo. Riassumendo, da uno spiazzo dominato da un busto dell’autore si accede a un ponte con statue a dimensione naturale sui 2 spalti, fino alla grandiosa fontana quadrata con motivi di alberi e figure tutt’intorno, per poi salire una scala verso un intreccio monolitico di figure umane alto 17 metri al centro di una terrazza, e si finisce alla “ruota della vita” fatta di figure umane, che sintetizza il tema di fondo di quest’opera ciclopica. Ma l’artista di Oslo più famoso al mondo è Edvard Munch e vedere dal vivo un suo “Urlo” (Skrik) alla Nasjonalgalleri, dove è esposto pure il famoso autoritratto di VanGogh, è stato davvero emozionante: praticamente tutta la sua opera è ora di proprietà pubblica in quanto non fu mai apprezzata dai suoi contemporanei.
In pullman verso la Svezia, attraverso interminabili foreste con laghi, torrenti e villaggi di pescatori.
stoccolma, bionda e muscolare
Dalla Norvegia prima sosta svedese a Oerebro, con un bellissimo e austero castello da fiaba. A Uppsala poi la sorpresa di ritrovarmi come a Lubecca tanti anni fa, anche se cosmopolita e piena di universitari. E alla fine eccoci a Stoccolma: dà sul Baltico e sul lago Maelaren, e per me è l’atmosfera un po’ berlinese e un po’ genovese il suo punto di forza. Il nostro albergo ha l’andirivieni e la struttura di un airterminal, attraversato da una galleria a traffico veloce. Nell’isola storica di Gamlastan il Palazzo Reale con le piazzette, i cortili e i vari cambi della Guardia. La Residenza estiva coi 2 distinti appartamenti regali, è una villa in stile quasi italiano, con scalinate e volumi di ampio respiro, e una strana stanzetta soppalcata, alta la metà delle altre, stile nordico, antifreddo! Sull’isola di Djurgaard il Museo Vasa, dal nome dell’allora dinastia reale e del bellissimo galeone svedese ospitato , unico vascello giunto a noi intatto dal XVII secolo, ornato in modo elaborato che affondò durante il viaggio inaugurale nel 1628: 64 cannoni, da usare contro la Polonia, 3 alberi e 10 vele. Il suo legno antico, conservato per secoli dal fondo torboso del Baltico, affascina non poco i visitatori che lo ammirano dalle balconate tutte intorno, in una mezza luce che ne preserva l’integrità. All’esterno il museo si segnala in lontananza, marcato dal tetto sormontato da copie dei 3 alberi del galeone. Per nave, un altro viaggio incantato alla volta di Helsinki!
L’aria di Helsinki
Altra meraviglia: navigare in mezzo ad altre isolette baltiche che costellano anche la rotta lungo il golfo di Finlandia. A Helsinki, nonostante il bilinguismo, l’idioma è diversissimo e le fisionomie sono un pochino più “russe”, con capelli più spesso castani e rossi. Subito mi ha divertito il bell’italiano della nostra nuova guida-interprete: l’accento è sardo. Breve giro in pullman e si scende in un posto per me mozzafiato: la piazza d’accesso alla Cattedrale Luterana, con una scalinata amplissima e altissima, che da lontano pare un bastione. In cima, lo spiazzo neoclassico con chiesa a cupola bislunga, e 2 cappelle a sè stanti. Da un’altura non lontana “bamboleggia” la Cattedrale Ortodossa con qualche cupola dorata, ma discreta. In centro davanti al mare, il municipio, un po’ sovietico ma brillante, e all’imbarcadero il Mercato di ambulanti: frutta locale, pesce e fastfood, qualche pelliccia e qualche golfone. Qui uno scalcagnato trio di travestiti scatena la mia ilarità suonando con gli ottoni, tra le altre cose, Mamamìa e Oops. Proseguendo per mezzo chilometro si sfila lungo il fronte del porto, bellissimo coi suoi vecchi magazzini trasformati in sedi societarie, locali e alberghi molto sobri e affascinanti. Invece con 15 minuti di traghetto si arriva a Sveaborg-Suomenlinna fortezza marina edificata su sei isolette a metà del ‘700, voluta contro l’espansionismo zarista e dal 1991 patrimonio dell’umanità: vi si respira un senso di pace, come in gran parte di questa città dall’aria russo-triestina, dove spesso la gente fa footing con l’ausilio di racchette da sci di fondo, d’inverno praticato per strada. La giornata caldissima e assolata si conclude con una tempesta paurosa di acqua e vento. La mattinata dopo è libera per una lunga passeggiata e un’altra occhiata al mercato. Quest’anno doveva essere la nostra tappa finale in Europa, e invece…
Finalmente a berna
Riecco il modello aeroportuale moderno! Appena visto negli scali navali e aerei in Scandinavia e ultimamente nella rispettosa ristrutturazione della Stazione Centrale di Milano: la stazione ferroviaria di Berna, intricata meraviglia di efficienza. A poca distanza un’altra struttura avveniristica, a forma di lingua sospesa, fa da tettoia in cristallo al multicapolinea dei trasporti pubblici. A pochi minuti a piedi il cuore amministrativo della capitale svizzera: nella piazza dove l’acqua schizza da terra da diversi zampilli, 26 come i loro cantoni svizzeri, c’è lo stesso colore austero per tutto il complesso del Palazzo Federale con portici e scalinate digradanti verso le terrazze panoramiche sospese al di sopra del borgo in riva al fiume Aare. Anche qui i tetti sono spesso alti e spioventi, ma a “scaglie” di terracotta. Tra panchine e alberi non è raro trovare piccole lastricature a scacchi dove si gioca con pezzi alti come ombrelli. Un po’ più in là, attraversato un bel ponte, la sorpresa un po’ angosciante di un argine che fa da zoo a una famiglia di orsi bruni, simbolo della città. Dall’altra parte della stazione c’è subito il centro storico pedonale tutto lastricato: la Zytglogge, torrione con orologio e carillon animato, e varie vie dall’aspetto medievale con portici leggermente sopraelevati: alla base i caratteristici scantinati con accessi esterni, come nei fumetti Disney, nati come depositi di legna, ora esercizi commerciali d’ogni tipo. Le facciate sono colorate, affrescate o graffitate, e alcune con travi a vista. Qualche piazza lunga e rettangolare ospita mercati e sagre, e i tavolini per l’estate di tanti locali, per lo più con cucina italiana: in quelli svizzeri d.o.c. si gustano spaetzli, roesti, raclette e riso casimiro. Nei fine-settimana feste e fiere notturne! E a noi è capitata quella degli artisti di strada, con tutta l’allegria data da birra, folla e musica: ottoni e violini balcanici alla Bregovic con pop, metal, valzer e ciarde a ufo. Al “pellegrinaggio” alle tante fontane monumentali bernesi, abbiamo preferito un percorso movimentato di ponti e parchi intorno al fiume. Fortunatamente non abbiamo saltato l’imperdibile ma decentrato Zentrum Paul Klee: tre onde di cristallo e acciaio di Renzo Piano accovacciate tra dune d’erba. Oltre alle tante opere e documenti di Klee, tante “antologie”, e a noi è capitata la mostra Paul & Pablo con “Autoritratto-1907” e “Pasto Frugale” di Picasso!
L’ultimo giorno una capatina al supermercato che, soprattutto all’estero, mi mostra sempre quanto l’esotismo ci possa essere vicino: e la vacanza è finita.
(Il patrimonio di Oslo – Stoccolma, bionda e muscolare – Finalmente a Berna)