Il Cammino Portoghese verso Santiago de Compostela
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Il Cammino di Santiago…il Cammino di Santiago…per me è stato come una goccia che piano piano ha iniziato a insinuarsi dentro la mia mente; prima lentamente: era solo una goccia che ogni tanto cadeva, poi ha iniziato ad erodere, a farsi spazio e quella goccia è diventata un torrente piccolino, ma sempre meno evitabile, che si ingrossava di giorno in giorno fino allo scorso settembre quando mi ha travolto completamente imponendomi di partire.
Non c’erano più scuse, non c’erano più problemi di lavoro, di salute o di famiglia, o meglio c’erano, ma il Cammino chiamava, il Cammino veniva prima di tutto, bisognava partire e subito.
Un desiderio che da anni aspettava ora diventava realtà, si ritagliava un suo spazio, magari piccolo, perché di più non mi era possibile, però c’era.
Ed eccomi a partire da Bergamo per Porto, già perché il Cammino che mi chiamava non era il classico percorso francese (che forse mi aspetta e vorrà da me più tempo e più impegno), ma il portoghese: l’intero copre 650 km da Lisbona a Santiago de Compostela, una lunghezza di fronte la quale mi sento piccola piccola ad averne affrontato solo i 125 km circa che partono da Valenca do Minho al confine tra Portogallo e Spagna.
Di fronte a pellegrini che camminano per settimane e mesi, io ho fatto proprio una passeggiatina, ma credo che il Cammino non giudichi, egli ti accetta, accetta tutti, coi propri limiti fisici e mentali, indipendentemente dai giorni a disposizione, ti dà la possibilità di misurarti, con te stesso, con le tue motivazioni, con le tue forze, spesso sconosciute fino a quel momento, coi tuoi dolori e con la tua forza di volontà.
Ma non parto da sola, come avevo programmato, a pochi giorni dalla partenza mio padre, con la guida in mano, mi dice “trovami un biglietto aereo, vengo anch’io”.
E così inizia un’avventura nell’avventura, il cammino di un padre e una figlia, un cammino che coinvolge tutta la famiglia e assume senso solo attraverso di essa: noi camminiamo ma chi rimane a casa ci sostiene e ci segue come fosse lì con noi, e questo lo percepiremo in ogni singolo momento
21 SETTEMBRE Valenca do Minho- O Porrino
E così si parte, il 21 settembre un volo Ryanair ci porta da Bergamo a Porto, dove atterriamo alle 8.15 circa, ma essendo domenica, purtroppo, c’è un solo bus che porta al confine e passa dall’aeroporto alle 10.45, va beh, una seconda colazione e una lettura della guida Terre di Mezzo, aiutano ad ingannare il tempo.
In attesa del pullman ci sono tre ragazze, chiaramente pellegrine dall’enorme zaino che portano, ma non si dimostrano molto amichevoli quindi sto sulle mie.
Poco dopo mezzogiorno eccoci alla stazione degli autobus di Valenca do Minho, l’ultima cittadina prima della Spagna; la stazione di domenica è chiusa ma vedo arrivare un pellegrino (zaino e bastone non mentono) e chiedo dove sia il Cammino, con un sorriso mi dice ciò che per i giorni successivi sarà la mia quotidianità “cerca sempre le frecce gialle”. Ed in effetti, eccola la prima freccia gialla su un palo, e poi un’altra, su un marciapiede, ed eccone ancora una sul muro…beh perdersi sarà difficile.
La cittadina è carina, ci sono anche diverse persone in giro a passeggiare e tutte ci guardano con un sorriso.
Zaino in spalla e racchette la nostra prima destinazione è Tui, che raggiungiamo facilmente, attraversando un bellissimo ponte di ferro (costruito da Eiffel) sul fiume Minho, purtroppo la cattedrale è chiusa, c’è chi ci dice che è in restaurazione, e chi aprirà dopo le 17 (a proposito superato il confine spagnolo, l’orologio va spostato in avanti di un’ora), noi di certo non possiamo aspettare e proseguiamo immergendoci nel verde, tra boschi, fiumiciattoli e vigne arriviamo poco prima del piccolo abitato di A Madalena, dove è il caso di rifocillarci: l’acqua l’avevamo presa in aereoporto, i panini li avevamo fatti a casa: per fortuna perché dopo Tui non c’era più nulla a parte la natura e il silenzio. La guida dice che c’è un distributore dopo questo borgo, purtroppo è però rotto quindi niente bibite fresche e si continua. Iniziamo a notare molti cartelli che illustrano un percorso alternativo, anche la guida lo cita: serve per evitare gli ultimi 5 km prima dell’arrivo a Porrino che sono un rettilineo asfaltato, mentre l’alternativa è interamente nei boschi: il sole picchia forte a metà pomeriggio, non c’è proprio da scegliere, attenzione alla segnaletica e addentriamoci per la deviazione. Scelta davvero ottima, paesaggio incantevole, dove assaggiamo i primi di tanti acini d’uva matura pronta per la vendemmia, costeggiamo ruscelli di acqua fresca e trasparente, sembra di essere nel bosco incantato di una fiaba (di certo in caso di pioggia la cosa sarebbe meno poetica visto che già così ci ritroviamo a camminare in molto fango). Finalmente un distributore che funziona! Sotto una piccola capanna di legno, con tanto di cartine e libro per le firme, la prima kas limon del mio Cammino è ghiacciata al punto giusto. Poco più avanti ecco l’indicazione per l’Hostal Expo: un piccolo alberghetto che avevo già prenotato da casa per sicurezza, il proprietario, gentilissimo, ci viene a prendere sul Cammino, da lui si può cenare e fare colazione, e il giorno dopo essere riaccompagnati, il tutto con circa 20 euro a persona (ma meriterebbe molto di più).
I veri pellegrini dormono negli ostelli (albergue) ma io opto per queste piccole pensioncine, e questo principalmente per alcune mie difficoltà di salute. Noto che in molti fanno questa scelta, almeno qui sul portoghese, e questo un po’ mi consola.
Abbiamo fatto 19 km oggi, la giornata è stata molto lunga (in aeroporto siamo andati presto), quindi dopo doccia e bucato, la cena la consumiamo presto (alle 20.30 per loro è presto!) e poi a nanna.
Mancano più di cento km a Santiago, il pensiero prima di dormire è inevitabilmente volto a questo, le domande sono tante “ce la farò?”, “Avrò dolori?”, “Mi abituerò allo zaino?” ma, soprattutto, “Chi me lo ha fatto fare?”.
22 SETTEMBRE
Ma è la stanchezza che parla, e il mattino seguente, dopo l’abbondante colazione che l’hotel ci offre, tutto è alle spalle, zaino compreso, pronti per una nuova giornata, destinazione….vedremo. Già perché, in teoria, un programma di viaggio c’è e prevede l’arrivo a Santiago per venerdì, ma direi che è meglio testarle queste gambe e questa testa, capire come funzionano e come reggono la fatica quotidiana: ci si ferma quando lo decideranno loro.
Usciti da O Porrino il percorso incrocia più volte la Nazionale, che si deve attraversare senza strisce o semafori, ma gli autisti locali sono gentili, o forse sono solo abituati a questi strani tizi ingobbiti da zaini pesanti che goffamente tentano di correre da una parte all’altra della strada.
Questa mattina non siamo soli, altri pellegrini si sono svegliati con noi e solcano le nostre stesse strade, salendo leggermente, fra numerosi Cruceiros, verso Mos, dove ci si arena al bar di fronte all’albergue di Flora: si è tutti lì per il rito mattutino del sello e del caffè. Avendo già fatto colazione e rifornimento di acqua al nostro hotel, una rinfrescante Kas limon è sufficiente e poi via, mentre gli altri pellegrini si intrattengono più a lungo, siamo di nuovo soli, nel silenzio dei boschi e della prima salita un po’ impegnativa, ma non più di tanto, in cima alla quale c’è una bella area di sosta con monumenti dedicati al cammino e poco più avanti un miliario romano: stiamo percorrendo la strada XIX fatta dagli antichi romani: quanti piedi si sono posati qui prima di me! Oggi la strada nazionale è sempre lì pronta a sbarrarci la strada, ma non importa siamo a Redondela possiamo fermarci a mangiare un panino in un bar. Passando di fronte all’albergue notiamo già tanti pellegrini in fila, non è ancora mezzogiorno, per loro la tappa di oggi finisce qui. La città è carina, ma nulla di che, si gironzola un po’, le forze ci sono, quindi: proseguiamo!
Di nuovo boschi e borghi piccolissimi, pellegrini quasi nessuno, troviamo più volte un olandese di origine indonesiana che avevamo conosciuto a Tui, anche lui vuole proseguire. Un piccolo supermercato ci permette di rifornirci di acqua e frutta, ma nulla di più.
Ecco un’altra bella salita ripagata da una enorme cornice in cima in cui i pellegrini prima di noi hanno ordinatamente appeso la loro conchiglia. Ma in questa tappa a farla da padrone non sono le salite ma le discese, ripidissime e i tanti cani randagi, a dire il vero per nulla pericolosi.
Ed ecco che il bosco si apre alla vista del Rio Verdugo: Arcade è vicina, abbiamo fatto circa 25 km è il caso di trovare una sistemazione per la notte, chiamiamo l’Hotel Las Islas, ha disponibilità e ci viene a prendere al bellissimo ponte romano di Ponte Sampaio. L’hotel è molto spartano, sembra più carino il San Luis di fronte che però, leggeremo la sera, è pieno, ma è pulito e comodo, questo ci basta. Per cena e colazione ci affideremo al San Luis: buona scelta.
23 SETTEMBRE
Qui il sole sorge tardi, ma noi preferiamo non aspettarlo: si cammina meglio col fresco. E così prima delle otto siamo di nuovo al ponte di Ponte Sampaio, questa mattina ancora più suggestivo con la fioca luce dell’alba. Scorgiamo un’altra pellegrina, partita prima di noi, e ci illudiamo di trovare più persone oggi, beh, non sarà affatto così.
Iniziamo subito in salita, tra grossi sassi e fango, ma per il resto la mattina trascorre senza grosse difficoltà e finalmente riusciamo anche a visitare una delle tante chiesette che finora abbiamo sempre incontrato chiuse, questa è dedicata a Santa Marta e si trova prima di entrare a O Pobo, dove dovremo fare un lungo pezzo sulla strada asfaltata. Poco importa, c’è così tanta natura a attenderci e, soprattutto, la bellissima cittadina di Pontevedra, davvero un vero gioiello, in cui ci rilassiamo con un bel gelato passeggiando per le sue animate vie e viuzze, dispiace proprio ma decidiamo di proseguire, le forze ci sono e sono solo le undici. Facciamo la nostra solita spesa (acqua e frutta) a cui aggiungiamo pane formaggio, in previsione di un pic nic, e una stecca di cioccolato, e via di nuovo. Ci riimmergiamo nei boschi e solo di rado incrociamo qualche casa e, parlando con alcuni ragazzi, scopriamo che quelle strane costruzioni in pietra di fronte a molte case sono gli Horreos, tipici della Galizia, e servono per essiccare il grano, e noi che ci eravamo fatti tutte le nostre fantasie più assurde che comprendevano anche strani riti di sepoltura! Si ride, di noi, e di tutto ciò che non sappiamo, ma in fondo il Cammino è anche gioia e scoperta. Mangiamo a fianco dell’ennesima chiesina chiusa, mentre i boschi continuano a farci compagnia tra sali e scendi e ferrovie da costeggiare. Usciti dall’ennesimo bosco, dopo San Amaro, troviamo un piccolo gruppo di case e ci si siede a bere qualcosa al bar Don Pulpo, dove altri pellegrini stanno pranzando (ma dove erano finora????), parlando con il proprietario scopriamo che siamo a A Portela, qui ci sono alcune soluzioni per dormire altrimenti dovremo continuare per altri 13 km almeno; uhm, ci pensiamo, ne abbiamo già fatti 22, fa caldo, non siamo stanchi ma…titubando optiamo per starcene un po’ al bar e poi farci venire a prendere dall’hotel San Martin II. Nell’attesa arriva il nostro “amico” olandese che ci saluta come se ci conoscessimo da anni, lui non intende fermarsi qui e prosegue, non lo ritroveremo più. L’hotel è sulla strada, non c’è nulla intorno e dopo la doccia e il consueto bucato beh…è lungo il pomeriggio, riposiamo e ci rendiamo conto che avremmo potuto benissimo continuare, sarà per domani.
24 SETTEMBRE
Anticipiamo ulteriormente la partenza: sono le sette e mezzo, è buio pesto quando la macchina ci lascia fuori da Don Pulpo, appena aperto, dove ci riforniamo di acqua, le lucine frontali sono indispensabili. Dal nostro albergo, con noi, è arrivata sul cammino anche una signora spagnola che nella tappa precedente si è slogata una caviglia, ma non le importa, seppur dolorante lei intende arrivare, piano piano a Santiago. L’aria è frizzante, il percorso è semplice, e l’alba inizia a farci ammirare ciò che ci circonda: una infinità di vigne, uva bianca, rosata e nera, questa è ancora un po’ acerba ma le altre due sono buonissime. Non siamo i primi pellegrini che approfittano di questo dono della natura: i primi filari sono totalmente spogli. Le vigne sono ovunque, distese immense, e là dove finiscono, lasciano il posto a campi di granoturco. Questa mattinata è davvero rilassante e rinvigorente, in effetti avremmo potuto benissimo farla il giorno precedente, ma va bene così, oggi, oltre alla uva, ci gustiamo anche il bellissimo panorama. Incontriamo una signora, arriva dalle Hawaii! Mi metto a chiacchierare con lei, e le racconto del mio viaggio recente proprio sulle isole del Pacifico: qui in mezzo al nulla, trovo una persona che viene dalla parte opposta del mondo ma che ha la mia stessa meta, ecco un’altra meraviglia del Cammino.
La mattina prosegue tutta in pianura e circondati da bellissimi panorami verdeggianti, il sole sorge e inizia a scaldarci, speriamo asciughi anche le magliette che abbiamo steso sullo zaino: la notte umida non ci ha aiutato ed avendo pochissimi vestiti beh… si devono per forza asciugare.
Sono ormai le dieci ed un secondo caffè iniziamo a desiderarlo, e quando sul Cammino si vuole qualcosa, ecco che arriva la soluzione: un cartello ci segnala un albergue con possibilità di colazione, siamo a Tivo, l’albergue è nuovissimo, la ragazza che lo gestisce con sua madre, ci spiega che l’hanno aperto prima dell’estate. E’ molto bello, proprio vicino alla famosa Fontana Rossa che la guida dice non essere sempre attiva, beh noi la troviamo funzionante, ma abbiamo ancora scorta di acqua. In bagno vediamo un’asciugatrice e chiediamo di poterla usare: per mezz’ora ci chiedono 2 euro, perfetto per noi sarà sufficiente, per cui ci sediamo a riposare, gustarci la nostra seconda colazione e chiediamo anche di prepararci dei panini, in fondo ormai il pic nic a base di panini imbottiti sta diventando una tradizione.
Salutiamo e ripartiamo con i nostri vestiti asciutti; il panorama non cambia, le vigne diventano sempre numerosi ed eccoci ad assistere alla vendemmia: una signora anziana, con molta grinta, impartisce istruzioni ad una ventina di ragazzi tutti muniti di ceste per raccogliere l’uva, non so da quanto non assistevo alla vendemmia, quante cose la nostra vita frenetica ci fa scordare.
Il fiume Umia, con i suoi salti e il suo ampio letto, ci accoglie a Caldais de Reis, cittadina famosa per le acque termali, gironzoliamo per le viuzze e troviamo la fonte pubblica dove i pellegrini possono immergere i piedi per ristorarsi; passiamo poi per la chiesa di San Roque e la sua fonte e così siamo pronti a lasciare questa cittadina.
Ora sì che il paesaggio cambia, si inizia a salire, anche se non è certo impegnativo, e si è immersi nei boschi e questo ci va solo bene: il sole è molto caldo e l’ombra è sempre gradita, ma è gradito anche un gelato che prendiamo appena usciti dall’ennesimo bosco vicino a Santa Marina, la proprietaria del bar è carina e ci incoraggia: mancano solo un paio di ore a Padron! E quindi sì, decidiamo di potercela fare, in questo modo arriveremo a Santiago con un giorno di anticipo.
Quest’idea di rinfranca ancora di più del gelato e, quindi, via con passo più svelto, dopo circa quattro chilometri decidiamo di fermarci a bordo della strada e mangiare i nostri panini, ne abbiamo bisogno! Anche se ora la strada inizia a scendere è ormai diverse ora che stiamo camminando e ci vuole qualcosa di più di un gelato, il silenzio e la tranquillità ci fanno compagnia, i pellegrini sono sempre pochissimi, anzi oggi quasi nessuno.
Nella discesa, invece, ecco che incontriamo alcune signore, hanno solo la borsa ma, in effetti, esiste un servizio di trasporto degli zaini, il loro passo è comunque calmo e le superiamo, mentre a nostra volta siamo superati da un ragazzo velocissimo nonostante lui abbia sulle spalle uno zaino molto grosso. Non è una gara e noi teniamo il nostro passo e poco dopo incontriamo altri due pellegrini, questa volta italiani, loro sono partiti tre giorni prima di noi da Porto e hanno preso tantissima pioggia: invidiano il nostro cammino tutto asciutto, li salutiamo, li ritroveremo poi a Santiago in piazza.
Il caldo si fa sentire e, oggi, anche la stanchezza, per cui facciamo un’altra sosta all’unico super mercatino di San Miguel de la Valga, dove sono fermi altri pellegrini (ma possibile che i pellegrini li incontriamo solo nei bar?). Oggi ci vuole una dose doppia di Kas limon, e poi di nuovo in marcia.
Superato Pontecesures, ci illudiamo di ormai essere arrivati a Padron e qui proviamo su noi stessi che il Cammino lo si fa con la testa più che con le gambe: il lungo ingresso a Padron ci sfianca psicologicamente, ci sembra di non arrivare mai, eppure le gambe, nonostante abbiano fatto più di trenta chilometri, non sono stanche, ma quest’ultimo tratto ci sembra più lungo dell’intera mattinata: dove è questa benedetta cittadina? Dove è il centro? L’illusione di essere arrivati ci ha fatto perdere di vista il nostro Cammino, ma ecco il bellissimo viale alberato lungo il fiume Sar e le donne che vendono il pimiento di Padron sedute tutto intorno alla piazza.
Iniziamo a sentirci meglio, troviamo una camera all’hotel Chef Rivera, e dopo la doccia ci rendiamo conto che la stanchezza fisica è passata, sono solo le tre del pomeriggio, un po’ di riposo e poi la visita della cittadina è d’obbligo.
Prima, però, ci rendiamo conto che… domani saremo a Santiago, mancano solo 15 chilometri! L’adrenalina sale ma anche la consapevolezza che sarebbe meglio prenotare una camera, vado quindi in biblioteca per usare internet e scopro che gli hotel a Santiago sono carissimi! Beh qualcosa trovo, non certo a buon prezzo ma tant’è, finora abbiamo risparmiato.
Ed ora, si va alla scoperta della città! Padron è molto carina, il clima è rilassato con tante famiglie in giro a passeggiare e giocare, la prima tappa è d’obbligo: la Chiesa di Santiago dove, sotto l’altare c’è il “pedron”, cioè un pilastro di sasso al quale, secondo la leggenda, sarebbe stata legata la barca dell’apostolo. Poi passiamo al vicino convento della Madonna del Carmine (la scalinata non è proprio ciò che si desidera dopo più di trenta chilometri) ma la vista merita. E poi via a perderci tra le viuzze, incontrando il monumento ai pellegrini, botteghe di artigianato e il supermercato dove ci fermiamo a fare spesa.
Per cena ci rivolgiamo all’unico ristorante italiano che troviamo, eh sì ne avevamo nostalgia, ma non si rivela una grande idea.
A letto presto, domani vogliamo partire all’alba.
25 SETTEMBRE
La sveglia suona alle cinque e mezza, ci prepariamo e alle sei siamo fuori dall’hotel: le chiavi le lasciamo sul bancone, sapevamo sarebbe stato tutto chiuso, è buio pesto e per fortuna abbiamo le nostre fidate torce frontali, non c’è nessuno in giro. La colazione l’abbiamo fatta in camera con la spesa acquistata il giorno precedente: il succo e i wafer peggiori della mia vita!
Dobbiamo stare attenti, le frecce ci sono, sono tante, ma nel buio si vedono appena, vanno cercate attentamente, ma come sempre si fanno trovare.
Camminiamo con un freddo pungente, ma con il sorriso sulle labbra, le nostre gambe oggi sembrano volare, hanno fretta di arrivare a Santiago; il Cammino ci porta ancora vicino alle vigne, che intravediamo appena, e ci fa vagare tra stradine costeggiate da case in sasso: con la luce del giorno deve essere bello ma così è di sicuro più affascinante.
Superiamo Iria Flavia e arriviamo al Santuario di Escravitude, è chiuso, ovviamente, ma da fuori lo ammiriamo in tutta la sua maestosità.
Proseguiamo, finora abbiamo costeggiato la strada, più o meno, e sempre in pianura, ora invece entriamo nei boschi e la strada sale, ritroviamo anche la ferrovia, è un sali e scendi continuo, la luce, debole, inizia a rischiarare il panorama ed è tutto sempre molto bello, il freddo ci abbandona, e con la scusa di svestirci ci fermiamo a mangiare un po’ di cioccolato: questo sì che è buono! Ora si ragiona meglio, e ci ricordiamo che ancora non abbiamo fatto il sello! Entriamo in un bar per prendere un caffè ma non hanno il timbro, ci sembra strano: qui ce l’hanno tutti, va beh.
Arriviamo nel minuscolo paesino di Teo, sembra di essere tornati indietro nel tempo: poche case, il parco, la chiesina e nient’altro. E’ l’ora della scuola e incrociamo alcune mamme con i figli in macchina (chissà dove sarà la scuola?) i bambini, ci fanno ciao con la manina: un bel incoraggiamento, chissà quanti pellegrini vedranno, eppure riservano anche a noi un attimo della loro gioia.
Torniamo a scendere e qui incontriamo una signora che sta aprendo il proprio bar, all’esterno c’è un cartello che dice chiaramente che il sello viene fatto solo a chi consuma, ma lei ci chiede se ne abbiamo bisogno, noi insistiamo per avere comunque un caffè (siamo italiani, un caffè lo si prende volentieri) ma non è possibile la macchina è ancora spenta e ce lo darebbe troppo freddo, non vuole, e così ci prendiamo solo il sello.
Le prime pellegrine della giornata ci superano, sono quattro ragazze tedesche, ci giriamo a salutare ma ci fulminano con lo sguardo, ci rimaniamo un po’ male, finora abbiamo sempre trovato un clima molto fraterno tra pellegrini, chissà come mai.
Non abbiamo tempo di pensare a queste cose davanti a noi inizia la salita al Milladoiro, io sono una lumaca nelle salite e mi stupisco del passo che invece ho: da dove sto prendendo tutta questa energia?No non mi voglio fermare, anche perché dubito di riuscire a ripartire, devo arrivare in cima, testa bassa e passo spedito.
Risuperiamo le tedesche, alle quali riservo comunque un “buen camino” stretto tra i denti, ovviamente senza alcuna risposta.
Sono incredula di me, delle mie forze, delle mie gambe e…sono a Milladoiro!!!Uff, una bibita ci sta ora però!
Ci fermiamo in un baretto, ormai è automatico ordinare Kas Limon, ci sediamo al tavolino, la fronte gocciola di sudore, il caldo ora si fa sentire, ma è impossibile fermarsi: mancano poco più di cinque chilometri a Santiago, bisogna ripartire e subito.
Sulla porta incrociamo le tedesche, non ci salutano nemmeno questa volta, ma noi abbiamo la testa a Santiago.
Inizia la discesa, in lontananza ecco le torri della cattedrale!!!In realtà si vede pochissimo: una nebbiolina le avvolge e le rende quasi un sogno, sia noi che un altro pellegrino ci fermiamo a fare una foto che non ha alcun senso: le emozioni non rimangono sulla memoria di una macchia fotografica e noi ora stiamo vedendo col cuore non con gli occhi.
Si va sempre più in discesa e ci chiediamo perché questa tortura: sappiamo dovremo salire di nuovo!
Le case ora sono più numerose, siamo ancora nel verde ma si capisce che ci stiamo avvicinando ad una città; incrociamo altri pellegrini, in particolare ci colpisce un ragazzino, al massimo diciottenne, un passo velocissimo e nonostante questo parla al telefono con la stessa disinvoltura che se fosse sul divano. Più avanti ci supera una signora, ha solo un marsupio e supponiamo stia facendo una passeggiata, sono tanti quelli che stanno camminando in questo tratto come semplice passeggio mattutino, mentre invece la ritroveremo in fila all’Ufficio dei Pellegrini a ritirare la Compostela.
Non c’è nessun cartello che ci avvisa del nostro ingresso a Santiago, ma lo si capisce, siamo in città e le frecce scarseggiano, anche la gente è meno sorridente al nostro passaggio; l’ingresso è in salita e le torri non si vedono, chiediamo e la risposta è “sempre avanti”, sì avanti, ma quanto? Chiaramente siamo in centro, ci sono altri pellegrini con o senza zaino, l’abbigliamento non inganna, la cattedrale non si vede, il nostro passo è sempre più spedito, abbiamo fretta, desideriamo arrivare, c’è una marea di gente nelle vie di Santiago e ci dobbiamo fare largo, dai negozi ci offrono la torta di Santiago, ma non ci importa nulla, non abbiamo fame, né sete, né stanchezza, vogliamo solo arrivare…ed eccoci in piazza!
Le lacrime scendono, ci abbracciamo, ce l’abbiamo fatta! La gente ci guarda piangere e ci sorride, altri pellegrini lanciano lo zaino a terra e si sdraiano a contemplare la meta agognata.
Poi si entrerà in chiesa, si visiterà la tomba del Santo e si ritirerà la credenziale, ma per ora tutto è immobile qui davanti alla cattedrale, il tempo si ferma, i dolori scompaiono e la gioia esplode.
Arriva così il momento più importante: la messa del Pellegrino, la cerimonia è commovente, il saluto a tutti quelli che sono arrivati, e il rito del botafumeiro: incredibile da descrivere ciò che si prova in quel momento. Al mio fianco, in cattedrale, si siedono le ragazze tedesche: col sorriso ci scambiamo il segno della pace, tutto è alle spalle. Il Cammino è soprattutto questo.