E se l’egitto non fosse solo faraoni e mar rosso
E’ proprio al centro del Delta del Nilo che sorge El Mahalla el Kubra, la città natale di mio marito, dove c’è tutta la sua famiglia che ci accoglie a braccia aperte. Il nostro arrivo è una vera e propria festa e per tutta la durata del soggiorno c’era sempre qualcuno in casa a farci visita, per chiacchierare, mangiare qualcosa insieme o semplicemente per giocare con i bimbi. El Mahalla el Kubra è una tipica città di provincia egiziana, dove ciò che salta all’occhio e alle orecchie soprattutto è la folla chiassosa che anima le strade polverose, intasate da taxi, pulmini, motociclette e carretti trainati dagli asinelli. Le case, che siano nuove e colorate o più vecchie, con i mattoni rossi a vista, sono tutte addossate le une alle altre. Sotto si aprono numerosi negozi, botteghe e officine di vario genere che rimangono aperte fino a tarda notte. La città sembra, infatti, non dormire mai. Gran parte, poi, dell’economia di El Mahalla e gran parte della vita dei suoi cittadini ruota attorno all’enorme fabbrica di cotone, una sorta di città nella città, molto famosa in tutto l’Egitto. Una volta abituati ai suoi ritmi è piacevole uscire per una passeggiata in centro a fare shopping, tra i deliziosi profumi del kebab, dei tamaya (o falafel, come sono meglio conosciute queste polpettine di verdura in Italia) e del ful. Anche qui si può comperare un po’ di tutto, dall’abbigliamento all’oro; c’è un intero quartiere di botteghe orafe gestite dai cristiani copti, sempre molto frequentate da molta gente. Se si vuole mangiare qualcosa fuori casa, da qualche tempo sono di moda dei locali (a circa 10 minuti di taxi dal centro città), enormi ed eccessivamente “faraonici”, dove si può anche ascoltare musica e dove, soprattutto si può essere spettatori di fastose cerimonie di matrimonio. Giovani ragazze vestite e truccate come principesse al fianco del loro sposo, circondati da una fiumana di gente in festa che canta, balla e batte le mani a suon di musica delle orchestrine al seguito del corteo. I volti dei due sposi sono talmente raggianti di felicità che si intuisce che hanno finalmente coronato il sogno della loro vita.
Per goderci questa vacanza estiva in Egitto, decidiamo di trascorrere una settimana al mare. Abbandonata subito l’idea delle spiagge del Mar Rosso, pensiamo ad un soggiorno ad Alessandria. Ma alcuni amici ci dicono che Alessandria è letteralmente invasa da tantissimi Egiziani in vacanza, che fuggono così dalla calura delle città dell’entroterra. Optiamo comunque per le coste del Mediterraneo, ma decidiamo di raggiungere Marsa Matrouth, la più importante cittadina sulla costa nord-occidentale a 290 km da Alessandria, 7 ore di pullman da El Mahalla el Kubra in direzione del confine libico! Il lungo viaggio è una vera e propria finestra aperta sul variegato paesaggio e sulla popolazione egiziana che affolla le strade. Alla campagna verde del delta del Nilo, si sostituisce improvviso il deserto, che qui è una desolata distesa sassosa che si estende verso sud. A nord, invece, chilometri e chilometri di nuovi villaggi turistici, in attività e in costruzione, un mare di cemento che ha come sfondo il turchese del vero protagonista di questi luoghi: il Mediterraneo, il Mare Nostrum, con le sue infinite sfumature di blu, da quello più profondo al turchese e al celeste, che non ha nulla da invidiare alle più gettonate spiagge del Sinai.
Località balneare molto amata dagli Egiziani, Marsa Matrouth affonda la sua storia già in epoca classica. Oggigiorno, la città è un agglomerato di edifici moderni, caotica e piuttosto sporca, ma riesce a mantenere un suo fascino. Da visitare Via Alessandria e il suk libico, un po’ troppo affollati, sicuramente molto folkloristici. Ma senza dubbio la maggior attrazione di Marsa Matrouth è il mare. In città è possibile trovare spiagge libere e private, quest’ultime più pulite ed ordinate. Occorre, però, andare fuori città per trovare luoghi davvero incantevoli. Il modo più rapido è prendere un taxi che qui a Marsa Matrouth sfrecciano ancora più velocemente, se fosse mai possibile, che al Cairo. Abbandonata presto la città, si percorrono strade desolate, che corrono nel mezzo di questo arido deserto, che all’improvviso si affaccia sul mare. Sabbia bianchissima e acqua turchese sono la prerogativa di tutte le spiagge, tutte accomunate anche dalla marea umana che vi si riversa durante l’intera giornata. Ombrelloni e sdraio si accavallano uno sull’altro e non è raro trovarsi spalla a spalla con il proprio vicino, il che diviene subito occasione per scambiare qualche chiacchiera. Cosa fanno gli Egiziani al mare? Mangiano! Mangiano ad ogni ora, colazione, spuntino, pranzo, merenda, ogni occasione è buona. E’ come veder passare davanti ai propri occhi un intero menù di cucina tradizionale, sempre innaffiato da abbondante tè. E quando mangiano gli Egiziani si divertono! Da loro certo non esiste la nostra tanto temuta “prova costume”! Se decidete di andare al mare da queste parti è bene sapere che è consigliabile lasciare a casa il bikini e optare per un costume un po’ più coprente, almeno una canottiera e un paio di pantaloncini al ginocchio, un piccolo gesto di rispetto per le abitudini di un paese musulmano. E’ infatti estremamente raro vedere una donna egiziana in costume da bagno. Le più giovani indossano una sorta di tuta, a maniche lunghe con un gonnellino che nasconde le rotondità! Alcune portano addirittura la cuffia. Ma in generale in acqua si entra vestite. E questo vale anche per molti uomini, che si tuffano con camicia e calzoncini. Tra le spiagge più belle ci sono quella di Al Cobaied e, regina tra tutte, Agiba Beach (Agiba in arabo significa, non a caso, meravigliosa). I tassisti vi diranno che quest’ultima non è adatta per fare il bagno, si va giusto il tempo di scattare qualche foto; nel frattempo loro sono lì ad aspettarvi. Ma basta dare un’occhiata dal promontorio roccioso e scoprire la bellezza di questo piccolo gioiello incastonato tra le rocce dorate.
Delle centinaia e centinaia di Egiziani che passeggiano da queste parti pochi si fermano e pochi sembrano osservare e godere di questo luogo, ultima frontiera prima della lontana Libia. Una breve passeggiata permette di scoprire angoli di estrema bellezza, dove le rocce friabili scolpite dal vento e dal mare fanno da magica cornice ad un mare dai vari toni del blu. Lunga la strada che porta ad Agiba Beach scorgiamo da una parte l’indicazione per l’Oasi di Siwa e dall’altra l’indicazione per “I bagni di Cleopatra”. Dato che per l’Oasi di Siwa, vero gioiello incontaminato nel deserto occidentale, occorre percorrere altri 3-400 km, optiamo per la seconda attrazione e, incuriositi, chiediamo informazioni al tassista. La leggenda vuole che Cleopatra sia passata da queste parti. All’affascinante regina egizia è intitolata una spiaggia, di incontaminata bellezza, racchiusa da bianche dune e dominata da un grosso scoglio rettangolare a qualche metro dalla sabbia, in mare, dotato di quattro aperture ad ogni lato. Si dice che la bella Cleopatra si sedesse al centro di questa gigantesca vasca da bagno (da qui probabilmente il nome di “bagni”) e godesse dei benefici effetti del massaggio naturale del mare. Oggi si assiste ad un interrotto via vai di gente, che come tante formichine si approssimano, sfidando le onde, all’ingresso per scattare la foto di rito. Forse si è persa un po’ di magia, ma è comunque affascinante udire la voce del mare che rimbomba all’interno.
Se si è alla ricerca, invece, di un luogo meno affollato e con qualche comodità in più, si può sempre optare per una spiaggia privata. A noi è piaciuta il Riviera Beach; c’è forse poco spazio sulla sabbia, ma il mare è ugualmente bello e si possono utilizzare servizi igienici degni di questo nome. Dopo una settimana di vacanza si fa ritorno a casa, per rimettersi in viaggio già qualche giorno dopo, in direzione della capitale Il Cairo, “la vittoriosa”. Oggigiorno la città è soffocata dal traffico automobilistico, sempre caotico ad ogni ora del giorno. Nonostante ciò ha un fascino indimenticabile.
Nostra prima tappa: Giza! Sulle Piramidi di Giza si è scritto e parlato tanto, circa il modo con cui vennero costruite, la loro reale funzione, la loro geometria precisa, arrivando a formulare persino ipotesi extraterrestri. Comunque la pensiate, la visita a questi maestosi monumenti, una delle sette meraviglie del mondo antico, l’unica ad essere pervenuta fino ai giorni nostri, è doverosa se si transita da queste parti. La loro vista sbalordisce e incanta, in una suggestione romantica e allo stesso tempo misteriosa. Se non si soffre troppo di claustrofobia, poi, un’esperienza da vivere è la visita al loro interno. Il cammino negli stretti corridoi, bassi, angusti e soffocanti è una vera avventura, forse la parte più bella dato che le camere in cui si arriva sono alquanto disadorne. Confesso di essere rimasta un po’ delusa entrando nella camera funeraria della grande piramide di Cheope: pareti spoglie e un solo grande sarcofago di granito, occupato da un tizio biondo mezzo addormentato, forse in cerca di qualche “illuminazione” esoterica, che ha portato scompiglio tra la polizia. Assolutamente da non perdere il museo della barca solare, in prossimità della piramide di Cheope. Era il 1954 quando gli archeologi scoprirono proprio ai piedi della grande piramide, una camera ancora sigillata (tanto che qualcuno riferì di aver percepito “le esalazioni, i profumi del legno sacro…”, il legno di cedro del Libano), contenente 1224 pezzi di legno, perfettamente conservatosi per più di 4000 anni, che una volta riassemblati diedero origine all’imbarcazione regale, lunga 43 metri, oggi esposta al piano superiore del museo. Gli egittologi non sono certi di quale fosse la sua reale funzione, se conducesse solo il faraone verso la sua sepoltura o se dovesse anche restare a disposizione del defunto per la sua vita nell’aldilà. Ciò che più impressiona è non solo il suo perfetto stato di conservazione, ma anche le dimensioni e la sua eleganza, che la fanno un po’ assomigliare alle nostrane gondole veneziane. Il caldo inizia a farsi sentire, così decidiamo di raggiungere la Sfinge a cavallo. Dato che l’offerta per una passeggiata a cavallo o in cammello è molto ampia, conviene prima contrattare qualche prezzo, scegliendo se possibile un cavallo ben tenuto. L’accesso alla Sfinge avviene attraverso il Tempio a Valle, che permette di arrivare su una sorta di terrazza che si affaccia su uno degli enigmi irrisolti dell’Umanità. La Sfinge è davvero bella! Non si possono usare altre parole, si rimane come stregati dal suo viso e dal suo sguardo volto all’infinito o chissà a guardare cosa di un mondo oramai molto lontano.
Altra tappa d’obbligo quando si arriva al Cairo è il famoso Museo Egizio, ubicato nella centralissima Midan et-Tahrir e nel quale sono esposti 120000 reperti tra i più celebri al mondo. Attratti dai tesori che custodisce, i tanti turisti che vi entrano ogni giorno forse tralasciano di dare un’occhiata all’elegante edificio rosa, fatto costruire nella seconda metà del 1800. I giardini del Museo possono inaspettatamente trasformarsi in una piacevole area di sosta all’ombra, soprattutto nei mesi più caldi. Se si decide di entrare, l’ideale sarebbe avere già in mente ciò che si vuole vedere. La quantità di opere è tale da rischiare di perdersi. Ad ogni modo il costo del biglietto ripaga anche solo se si vuole ammirare il tesoro di Tutankhamon.
“All’inizio non vidi nulla, però a mano a mano che i miei occhi si abituavano all’oscurità, dalle ombre iniziarono a emergere bizzarri animali, statue, oro…Ovunque era il risplendere dell’oro” così scrisse Howard Carter, l’archeologo britannico che nel novembre del 1922, alla fioca luce di una candela, compì una scoperta che conquistò il mondo intero: la tomba intatta del faraone Tutankhamon. E la sala 3 al primo piano del Museo Egizio del Cairo, che ospita nella penombra il corredo funerario del giovane re, è veramente tutto un risplendere d’oro: l’oro dei tanti gioielli che adornavano la mummia (basti pensare che sono stati rinvenuti su di essa ben 15 anelli), dei monili e degli arredi funerari, l’oro dei due sarcofagi che contenevano il corpo, l’uno solo ricoperto, l’altro interamente d’oro massiccio. Ma il pezzo che cattura l’attenzione è ovviamente la celeberrima maschera d’oro che copriva il volto e le spalle del faraone, con quegli occhi di quarzo bianco e ossidiana nera, bordati di pasta vitrea somigliante a lapislazzuli e con gli angoli realisticamente arrossati, che sembrano osservarti e che esprimono regalità e serenità. Si rimane ammaliati da tanta bellezza e maestria. Tutankhamon regnò per 9 anni e morì giovanissimo, a soli 18 anni. Le cause della morte non sono state ancora accertate dagli scienziati, si parla di gravi malattie come anche di un possibile assassinio. Se non fosse stato per il ritrovamento della sua tomba inviolata forse non sarebbe divenuto così famoso. Ma il tesoro di Tutankhamon non si esaurisce certo qui; circa metà del piano superiore del museo è a lui dedicato, potendo così ammirare ancora i tantissimi oggetti di raffinata fattura e di materiali preziosi rinvenuti nella sua tomba: tra questi l’altrettanto famoso trono, sul quale è raffigurato il giovane re seduto con a fianco la sua sposa, che in piedi gli spalma sulla spalla un unguento contenuto in un’ampolla che tiene nell’altra mano. Il realismo è tale da potersi immaginare queste scene di quotidianità familiare. E se ciò che si ammira nella sala 3 e nelle altre adiacenti è il corredo funerario di un faraone, tutto sommato, minore, ci si chiede allora cosa dovessero contenere le tombe dei più grandi faraoni saccheggiate da tempo. E alcuni di questi grandi faraoni continuano il loro eterno riposo sotto le teche di vetro nella Sala delle Mummie Reali. Nella penombra della sala si possono così ammirare i corpi imbalsamati di 11 tra faraoni e regine, i più famosi dei quali sono il grande Sethi I e suo figlio Ramesse II. Le gesta di questi grandi re, che si è sempre studiato sui libri, d’improvviso si materializzano in quei corpi, nei loro volti, in alcuni loro gesti immortalati nel tempo. E il silenzio che pervade la sala esprime una sorta di rispetto dovuto solo ai grandi sovrani. Il Cairo offre, comunque, itinerari turistici molto più variegati di quanto si possa pensare e che permettono di conoscere meglio la lunga storia di questa grande capitale del mondo arabo. Iniziamo questo nuovo giro turistico a partire dal quartiere del Cairo Islamico. Dichiarato dall’Unesco Patrimonio Mondiale dell’Umanità, il quartiere del Cairo Islamico è l’area storica nella quale si sono meglio conservati i più bei monumenti medievali. Provenendo dal centro città e percorrendo Sharia El Azhar si incontra il complesso di El Gouriya, gioiello dell’architettura mamelucca, con il suo portale riccamente decorato. A destra è possibile visitare l’antica moschea, mentre a sinistra il bel palazzo, momentaneamente in fase di restauro.
Poco più avanti si raggiunge la moschea El Azhar, “la splendida” che rappresenta uno dei più importanti centri di teologia islamica. Fondata nel 970, El Azhar è il massimo esempio di architettura cairota medievale, assolutamente da visitare. Vi si accede dalla Porta dei Barbieri, a doppio arco, che conduce ad un ampio cortile cinto da portici, che rappresenta la parte più antica dell’edificio. E’ bello concedersi un minuto di riposo, sedersi a terra in un angolo ed ammirare l’eleganza e la raffinatezza delle cupole e dei minareti, che svettano nel cielo azzurro; ma soprattutto godersi la tranquillità e l’immenso senso di pace che qui si respirano. I rumori della città sembrano molto molto lontani. E questa sensazione l’ho provata in ogni moschea in cui sono entrata. Appena fuori si anima il famoso bazar del Khan el Khalili che ricorda le atmosfere da “Mille e una notte”; qui si può trovare di tutto, qualsiasi merce sfavillante ed è facile perdersi…Ma occhio ai prezzi, gli Egiziani sanno sempre fare buoni affari…Per loro! Ho visto un commerciante chiedere 5 euro ad un turista spagnolo che voleva acquistare una di quelle piramidi ferma-carta di pietra dura che in realtà costava 5 pound (lire egiziane), ossia l’equivalente di poco meno di un euro!!! Dopo questo intenso giro turistico e con il portafoglio alleggerito dagli acquisti, un buon posto dove andare a bere qualcosa, in un’atmosfera molto rilassata, è il Cafè El Fishawi, che si trova in uno stretto vicolo. Aperto 24 ore su 24 e frequentato in tarda serata dai Cairoti, il Cafè El Fishawi è la più antica sala da caffé della città, con le sue sedie di legno e gli enormi specchi appesi alle pareti, che allargano all’infinito il piccolo locale. Nagib Mahfuz, Premio Nobel per la letteratura, fu uno dei più famosi ed affezionati clienti del Fishawi. Forse meno antichi, ma altrettanto carini anche i tanti Café che si aprono in Midan El Hussein, proprio di fianco all’omonima moschea. E’ come essere affacciati ad una finestra spalancata sul mondo. Attorno a noi tante persone provenienti da ogni dove; ragazze tunisine con i piedi e le mani finemente decorati con l’hennè, mentre poco più in là due donne del Kuwait, due sorelle di una bellezza regale, nei loro lunghi abiti neri, intente a fumare il narghilé. Mi lascio decorare anche io la mano con l’hennè. La maestria e la velocità dei gesti di queste donne sono sbalorditive. Ci rimettiamo in viaggio. Con un taxi raggiungiamo, al margine della città, la Cittadella, poderosa fortezza fondata nel 1176 dal condottiero Saldino. In posizione dominante sul Cairo, dalle sue terrazze lo sguardo abbraccia un panorama davvero unico. Ci si può divertire nel riconoscere alcuni dei tanti luoghi già visitati. Nonostante la Cittadella sia ancora presidio militare, è visitata da numerosissimi turisti, attratti dalla bellezza di questo luogo. Su tutto domina la moschea di Mohammed Alì, mercenario albanese che regnò in Egitto per 43 anni. L’architettura si ispira alle linee turche della grande Moschea Blu di Istanbul. L’interno è ricco di lampadari che creano un’atmosfera di grande suggestione. Se si ha tempo e se si è interessati, all’interno della Cittadella sono ospitati anche il Museo Nazionale Militare, il Museo della Polizia e l’antica Prigione Militare.
Non molto lontano da qui si trova anche la moschea di Ibn Tulun, la moschea più antica d’Egitto, risalente all’879. Diversamente dalla moschea di Mohammed Alì, che si vede in lontananza sullo sfondo, qui le forme riflettono le origini irachene, legate alla sua storia, di Ahmed Ibn Tulun, figlio del califfo di Baghdad. All’ingresso siamo soli e il silenzio è totale. Rimaniamo rapiti dalla sua bellezza, dall’armonia delle forme e dalla delicatezza del suo colore ambrato, mentre ci aggiriamo nel suo cortile centrale, racchiuso da arcate riccamente decorate. Ciò che colpisce è comunque il minareto con scala esterna elicoidale, unico nel suo genere. L’altra faccia religiosa dell’Egitto è rappresentato dalla numerosa comunità cristiana copta. Nella zona del Cairo Vecchio, lungo Sharia Mari Girgis (vicinissimo all’omonima fermata della metropolitana) sorge il quartiere copto, blindato dai poliziotti. Si arriva in prossimità dei resti di due poderose torri circolari di origine romana, che costituiscono l’ingresso al quartiere. Visitiamo due chiese in particolare: la chiesa di ispirazione greco-ortodossa di San Giorgio e la più suggestiva chiesa della Vergine Maria. Chiamata comunemente “la Sospesa” perché poggiante su due antiche torri romane, la chiesa della Vergine Maria, racchiusa in un cortile dalle atmosfere andaluse, è una bella costruzione bianca a cui si accede tramite una ripida scalinata. L’interno è caratterizzato da numerose decorazioni in legno con intarsi. Ma la bellezza di questo quartiere è racchiusa soprattutto negli suoi vicoli stretti, dove le case sono le une addossate alle altre e tutte abbellite dalle musharabiya alle finestre, una sorta di grate lignee finemente scolpite che permettevano alle donne di osservare, senza essere viste, la vita svolgersi nelle strade! Camminando ci si imbatte anche nell’indicazione per la cripta (che non abbiamo trovato) dove la tradizione vuole che si sia rifugiata la Sacra Famiglia durante la sua fuga in Egitto e il luogo dove la figlia del faraone, sempre secondo la tradizione, avrebbe trovato Mosè. Qui sorge anche la Sinagoga di Ben Ezra, la più antica e credo unica sinagoga del Cairo. Appena fuori dalle mura che racchiudono il quartiere copto, si trovano numerose botteghe di souvenir; fate attenzione, i prezzi sono mediamente più alti rispetto a quelle del Khan el Khalili.
Con una breve passeggiata si può raggiungere Er-Rhoda, una verdeggiante isola che sorge in mezzo al Nilo. Qui è possibile visitare il Nilometro, ossia un grande pozzo in pietra, comunicante tramite tre gallerie, oggi sigillate, con il fiume, nel mezzo del quale si erge una colonna che funzionava da scala graduata. E’ ancora visibile la sedicesima tacca che corrispondeva all’annata propizia in quanto il fiume assicurava il giusto apporto di acqua per le colture; al di sotto, infatti, si aveva siccità, al di sopra, invece, si avevano inondazioni. Ed era anche la tacca che stabiliva il pagamento della tassa proprio sul buon raccolto ottenuto! Sulle pareti del Nilometro si possono ancora leggere versetti del Corano che invocano la benedizione di Allah. Una stretta e ripida scalinata (priva di corrimano) consente di raggiungere il fondo del Nilometro. Sebbene il luogo fosse stato, in epoca faraonica, sede di altri Nilometri, questo non è così antico, ma risale all’861. In prossimità del Nilometro si trova anche il museo dedicato ad Umm Kolthum, la più famosa e amata cantante del mondo arabo. Per lei si fermavano ad ascoltare le sue canzoni anche i grandi capi di Stato. Rimanendo nei paraggi si può raggiungere la vicina isola di Gezira, oasi verde ed elegante che ospita il ricco quartiere di Zamalek, nonché vari musei e la Torre del Cairo, altro simbolo della città e nostra ultima meta per questa giornata. Dall’alto dei suoi 185 metri, lo sguardo abbraccia un panorama davvero incantevole, dalle piramidi di Giza (se il cielo è sufficientemente limpido) ai minareti della moschea di Mohammed Alì. Sotto di noi scorre il Nilo, con il suo lento incedere, sul quale navigano alcune, poche, feluche. Il caos della metropoli da quassù si percepisce solo in parte. La visita nel tardo pomeriggio, verso il tramonto, quando la luce del sole dona a tutto delle sfumature più calde e delicate, rende questo luogo molto romantico.
La nostra ultima gita, prima del rientro in Italia, ci riporta sulle coste del Mediterraneo, a Ras-el- Bar, località balneare in prossimità di Damietta. A Ras-el-Bar si respira un’atmosfera totalmente nuova, non sembra neanche di essere in Egitto. L’architettura ha una forte impronta occidentale, dominata dallo stile coloniale delle belle case di vacanza bianche dai colori vivaci ed eleganti allo stesso tempo delle persiane e dei cornicioni. Altrettanta bellezza non la offre di certo il mare, soprattutto se paragonata ad altre località; la spiaggia di sabbia mista a terra è scura e appiccicosa e rende il mare meno affascinante. Ma a Ras-el Bar si viene per un altro motivo. Qui, infatti, il Nilo, dopo aver percorso 6671 chilometri attraverso metà del continente africano, abbraccia il mare mescolandovi le sue fertili acque. A segnare questa linea di confine sorge una stele di marmo nero e poco più in là un faro verde, affollato dai tanti Egiziani in vacanza. E’ possibile effettuare anche delle brevi escursioni in barca lungo l’ultimo tratto di fiume, che funziona un po’ da porto, ospitando numerosi e coloratissimi pescherecci.
Nonostante tutto ciò che ho appena raccontato, l’Egitto è ancora molto altro. Perché tradizione e modernità, ricchezza e povertà, sviluppo e corruzione della classe politica lottano ogni giorno in Egitto. Perché le differenze, anche quelle religiose, che possono apparire ad un osservatore poco attento insormontabili, sono nel cuore delle persone più sottili della tela di un ragno. Perché l’Islam, che permea ogni istante della vita di un musulmano, è religione di Pace. E’ così che l’Egitto ci ha regalato, ogni giorno, l’incontro con il sorriso, la cortesia, l’accoglienza della sua gente.
“Sì, viaggio per osservare costumi e maniere diverse, non per criticarli” (Montesquieu) Insha’allah