E Confucio disse… “in qualsiasi direzione vai, vacci con il cuore”
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Arianna ha vinto una borsa di studio e da settembre risiede a Shanghai, quindi abbiamo unito l’utile al dilettevole: visitare un paese nuovo trascorrendo, dopo 6 mesi dalla sua partenza, un po’ di tempo con lei.
La cosa più difficile da fare è stata la scelta dei luoghi da visitare in 3 settimane, evitando un programma troppo pressato che, per la prima volta, abbiamo organizzato da soli, coadiuvati dall’esperienza e dalla conoscenza del paese della nostra bambina.
Tanti sarebbero stati i posti interessanti da visitare ma la Cina è talmente grande e gli spostamenti talmente lunghi che ci siamo limitati alle zone più turistiche e meglio servite dai mezzi pubblici.
La prima incognita è stata il Capodanno, avremmo dovuto essere lì per metà febbraio o sarebbe stato meglio arrivare dopo le festività?
Se fossimo arrivati per il Capodanno le ragazze sarebbero state in vacanza, ma i mezzi sarebbero stati affollatissimi, sarebbe stato veramente difficoltoso reperire i biglietti, le grandi città sarebbero state estremamente affollate, mentre rischiavamo di non trovare strutture recettive aperte nei centri minori.
Un’altra nota negativa il clima: metà febbraio è ancora pieno inverno, e specialmente al nord le temperature sono molto rigide, quindi partendo a marzo avremmo trovato temperature un po’ più clementi.
Alla fine abbiamo deciso di partire dopo il Capodanno e le nostre ragazze hanno acconsentito di saltare una settimana di lezione per accompagnarci.
Abbiamo trovato il volo con Swiss Air che partiva da Nizza in mattinata e arrivava la mattina seguente a Shanghai ad un costo di 500 € ed abbiamo suddiviso così il tempo a nostra disposizione:
3 giorni a Shanghai, il quarto, nel pomeriggio, avremmo preso un treno veloce che in 5 ore ci avrebbe portato a Pechino; 6 giorni a Pechino, quindi un treno notturno con cuccette morbide ci avrebbe portato a Xian, dove ci saremmo fermati 2 giorni.
A questo punto le ragazze sarebbero rientrate a Shanghai mentre noi avremmo proseguito per il Guangxi con un volo interno e là ci saremmo fatti accompagnare da una guida locale per 8 giorni; poi ancora un volo interno e un ultimo giorno a Shanghai prima del rientro in Italia.
Ci siamo occupati quindi per la prima volta di prenotare on line i voli e i pernottamenti e di trovare la guida del Guangxi, cosa non semplice perché appena trovata una con buone referenze, dopo un paio di corrispondenze, spariva nel nulla.
Con noi verranno anche Enzo e Giovanna, anche loro alla prima esperienza di viaggio in autonomia e, una volta pianificata ogni cosa, si è aggiunta a noi Clementina, madre di Sabrina l’amica di Arianna, che non riuscendo a coinvolgere il marito si è aggregata al nostro gruppo.
Il volo lo abbiamo acquistato a fine dicembre, abbiamo dovuto rifare il passaporto perché quasi scaduto e a metà gennaio abbiamo richiesto il visto che ha impiegato circa 20 giorni ad arrivare. La preparazione del bagaglio è stata un’ardua impresa perché sappiamo che farà comunque freddo e maglioni e giacconi tengono tanto posto in valigia, bisogna cercare di non dimenticare nulla di pesante ed essenziale e in più si aggiungono le continue richieste di Arianna di oggetti o indumenti che le servono.
A febbraio è cominciato l’inverno, è nevicato e sembra che il maltempo italiano sia proiettato anche al di là del continente… i giorni passano e finalmente arriva il giorno della tanto agognata partenza!
LUNEDì 2 /3/2015
Partenza alle 6 da casa sotto un’impalpabile pioggerellina, Tonino, investito del ruolo di autista, puntualissimo, è venuto a prenderci e ha caricato tutti i nostri bagagli nel possente cofano della sua auto.
Il viaggio verso Nizza è stato veloce, senza eccessivo traffico e in poco più che un’ ora e mezza eravamo in aeroporto, dove abbiamo atteso Tina agitatissima perché è il suo primo volo.
L’aeroporto di Nizza è poco affollato rispetto a quello di Milano, quindi abbiamo impiegato pochi minuti ad effettuare il check-in; giro di rito tra le boutique e quindi ci siamo imbarcati sul piccolo aereo che ci porterà a Zurigo, che ha però accumulato più di un’ ora di ritardo mettendoci in ansia perché abbiamo poco meno di 2 ore per prendere la coincidenza per Shanghai.
A Nizza sembra esplosa la primavera, appena alzati in volo si è aperto a noi un panorama da mozzare il fiato: si poteva ammirare tutta la Costa Azzurra lambita da un mare turchese increspato dal vento e, in breve tempo le città rivierasche hanno lasciato il posto alle cime innevate delle Alpi che brillano sotto il sole e, che ben presto, è scomparso tutto sotto un manto di soffici nubi bianche.
In fase di atterraggio ci siamo imbattuti in una fitta nevicata.
Essendo più di un’ora in ritardo siamo corsi verso la nostra uscita, fortunatamente la metro di collegamento tra i terminal è arrivata quasi subito, non abbiamo fatto coda al controllo passaporti né all’imbarco ed abbiamo preso posto sull’aereo quasi per ultimi, tanto che un ragazzo speranzoso si era già accomodato sui nostri sedili.
Anche da qui siamo partiti con quasi un’ora di ritardo, il viaggio è durato 12 ore e mezza, confortevole, cibo buono ,anche se, contrariamente ai voli precedenti, non sono quasi riuscita a chiudere gli occhi.
MARTEDì 3/3/2015
Siamo atterrati alle 8.15 in un aeroporto super moderno, pulitissimo, dove tutto funziona alla perfezione per cui abbiamo sbrigato le procedure di sbarco in un battibaleno e i nostri bagagli erano
Già sul nastro trasportatore che aspettavano di essere ritirati.
Per raggiungere il centro, e di conseguenza il nostro hotel, abbiamo usato il “Maglev”, il treno monorotaia più veloce al mondo che raggiunge la velocità di 430 km/ h.
In 8 minuti abbiamo percorso 35 km, abbiamo tentato di prendere la metro ma è stato un problema capire come si fanno i biglietti e, il fatto di aver passato la notte insonne ed essere carichi di valigie non ha aiutato, quindi abbiamo optato per il taxi.
I tassisti non parlano inglese, quasi mai, per fortuna avevo stampato la prenotazione dell’hotel anche in cinese, così, con qualche difficoltà ci siamo fatti capire e ci siamo fatti condurre all ‘ “Holiday Inn”.
Abbiamo percorso una sopraelevata che si insinua tra una fitta moltitudine di grattacieli, neppure così trafficata visto che Shanghai conta 21 milioni di abitanti!
La nostra stanza è sita al 16 piano, e, come ci aveva già anticipato Arianna, il nostro hotel non ha gli standard europei di un “Holiday Inn”, ma è comunque una sistemazione dignitosa. Abbiamo posato le valigie e siamo scesi nella hall ad aspettare Arianna e Sabrina che poco dopo le 12 sono arrivate trafelate dopo una mattinata di lezione; così, dopo quasi 6 mesi, ho potuto riabbracciare la mia bambina!
Abbiamo fatto subito conoscenza con la metropolitana di Shanghai : un casino infernale!
Ci sono 16 linee che si intersecano, una folla di cinesi che si muove a passo spedito, a testa bassa, con lo sguardo fisso sullo schermo di un ifon, che non trascurano di urtarti se impedisci loro il passaggio; una coda infinita alla cassa automatica per fare il biglietto che deve essere fatto precisamente per l’ uscita stabilita perché, se in corso d’ opera decidi di cambiare fermata, quando si esibisce il biglietto all’ uscita, non si apre la sbarra del cancello automatico; e poi chilometri e chilometri sotto i tunnel su cui affacciano tantissimi negozi per raggiungere finalmente i binari.
Un paio di fermate e siamo scesi a piazza Remin, poco distante, abbiamo raggiunto un piccolo ristorantino dove abbiamo gustato degli ottimi ravioli al vapore: i xiao-long-bao.
Abbiamo così fatto anche subito conoscenza con le bacchette, uniche posate usate, le forchette sono introvabili, o si digiuna o si impara ad usarle! Probabilmente nelle grandi catene internazionali si trovano ma noi vogliamo gustare la cucina cinese in tutte le sue sfumature…
Piazza Remin è occupata per buona parte da un parco con un piccolo laghetto contornata da grattacieli e sul lato ovest si apre East Nanjing Road, grande arteria pedonale disturbata solo da un via vai di trenini che portano turisti a fare il giro del centro cittadino.
Siamo entrati in una sorta di supermercato dove si possono acquistare ogni genere di derrate alimentari: frutta, dolci, anche cioccolatini, carne essiccata o già cotta, rimedi per la medicina tradizionale.
Il cielo è sempre più scuro e spira un vento gelido ci ha costretti a chiuderci in un bar a bere qualcosa di caldo per rinfrancarci.
Abbiamo proseguito verso il Bund, ossia il lungo fiume dove Pudong e i suoi spettacolari grattacieli erano avvolti da una leggera nebbiolina e scarsamente illuminati, a detta di Arianna in segno di lutto per il grave incidente occorso a Capodanno quando sono perite proprio qui 40 persone.
Abbiamo scattato una miriade di foto, poi completamente congelati abbiamo riparato nel ristorante “Grand mather”, dove ci hanno sistemato in una stanzetta tutta per noi con tavolo rotondo con piatto centrale rotante su cui appoggiare i piatti di vivande e dai quali tutti possono servirsi.
Ari e Sabrina hanno scelto per noi 6 piatti tipici, molto buoni per una spesa complessiva di 60 Yuan a testa, meno di 10 €.
Uscendo dal ristorante abbiamo visto inaspettatamente il Bund completamente illuminato, siamo così tornati indietro per ammirare i colori sgargianti e le luci dell’ Oriental Pearl Tower e degli altri grattacieli, dei palazzi coloniali sulla riva opposta mentre battelli solcavano lenti le acque tranquille del porto.
Abbiamo percorso a ritroso Nanjing Road per tornare alla metropolitana e, a quest’ora, con il tripudio di luci con cui è illuminata, è spettacolare.
Se è possibile è persino più animata che nel pomeriggio: persone che passeggiano, molte ballano balli di gruppo, alcuni fanno mosse di taichi, alcuni suonano.
Alla stazione della metro ci siamo divisi: le ragazze sono tornate nel Campus e noi, seguendo diligentemente le indicazioni, ci siamo fermati alla stazione giusta ma abbiamo sbagliato l’ uscita, quindi ci siamo ritrovati al buio in una zona “sconosciuta” della città.
Eravamo sicuramente nei pressi della stazione ferroviaria ma qual’ era la direzione da prendere per raggiungere il nostro hotel?
Abbiamo provato a chiedere ma nessuno, neppure i poliziotti, parevano conoscere un vocabolo d’ inglese; abbiamo percorso una strada buia, un sottopasso deserto e inspiegabilmente ci siamo trovati all’ entrata della metro inforcata questa mattina.
Da qui raggiungere l’ hotel è stato veramente facile e coricarsi tra le candide lenzuola una meraviglia !
MERCOLEDì 4/03/2015
Stamattina, visto che le ragazze avevano lezione, abbiamo deciso di riposarci un po’ di più per smaltire la stanchezza di ieri ma, non avendo messo la sveglia, abbiamo dormito come massi ben oltre le 9,e, se Enzo e Giovanna non ci avessero bussato avremmo fatto mezzogiorno!
Siamo scesi come due furie e siamo arrivati nel salone della colazione che stavano quasi sparecchiando!
Velocemente abbiamo mangiato, preso le valigie con le cibarie e gli oggetti necessari alle ragazze e ci siamo avviati alla metro con in mano la cartina con le indicazioni per raggiungere l’ università.
Solita lunghissima coda alla cassa automatica per poi accorgerci di aver fatto solo 4 biglietti, così ,un’ altra coda!
Poi senza troppi intoppi siamo giunti all’ ingresso principale dell’ ateneo, abbiamo percorso un lunghissimo viale, fiancheggiato da basse palazzine delle varie facoltà animato da un via vai di studenti delle nazionalità più disparate.
Abbiamo attraversato alcuni ponticelli sui canali d’ acqua ferma, siamo arrivati davanti alla grande statua di Mao dove avevamo appuntamento con le ragazze con mezz’ ora di ritardo, le quali, cominciavano a pensare ci fossimo persi per Shanghai!
Ci hanno mostrato la loro stanza ubicata in un palazzo solo per studenti stranieri, la portinaia ci ha accolto con simpatia e si è prodigata in convenevoli in cinese a cui abbiamo risposto con sorrisi compiacenti! La stanza non è grande ma confortevole anche se i bagni sono in comune con gli altri inquilini del piano.
La prima tappa di oggi è la Concessione Francese, la zona in cui nel periodo dell’impero avevano sede le ambasciate dei paesi europei, oggi la zona più chic della città dove in grattacieli si trovano le boutique delle griffes più famose al mondo.
Stilisti come Prada, Valentino, Dolce e Gabbana hanno negozi enormi dislocati su più piani, con commessi in giacca e cravatta, uno spettacolo di lusso e tendenza a prezzi spropositati per un cinese, spesso più cari che in Italia.
Poco distante si trovano case basse ad un paio di piani in stile coloniale, ben ristrutturate e dall’ architettura nord europea, ultima testimonianza dei fasti della città all’ inizio del secolo scorso quando Shanghai era il centro d’ incontro commerciale tra Oriente ed Occidente.
I viali alberati, vista la stagione sono ancora tutti spogli, peccato perché percorrerli durante la fioritura dovrebbe essere veramente uno spettacolo!
Abbiamo pranzato in un localino dove il menù era scritto solo in cinese, ci siamo stipati stretti stretti su di un minuscolo tavolo ed abbiamo mangiato una porzione enorme di noodles saltati per 20 yuan (poco più di 3 €!); ma questi localini riusciamo a frequentarli solo grazie all’aiuto delle nostre figlie che parlano il cinese, perché, altrimenti sarebbe veramente impossibile capire cosa ordinare.
Raggiungiamo la zona di Xintiandì, che è un dedalo di viuzze strette tra la maestosità dei grattacieli in cui si trovano bar, ristorantini, caffetterie sciccosissimi dalle luci soffuse e dagli arredi eleganti.
Qui si trova il curioso museo dell’ “Antica casa Shikumen”, cioè le case abitate dai nobili e dai borghesi a inizio del novecento.
E’ stato difficile individuarlo perché l’ ingresso si trova all’ interno di un negozio di oggettistica; pagato il biglietto si entra in questa casa dai mobili in legno massiccio, dai letti ricoperti con manti in seta ricamata, con suppellettili in fine ceramica e alle pareti appese foto d’ epoca, facendoci fare un tuffo nel passato.
Nella tradizione cinese non ci sono bar dove ci si può sedere a bere qualcosa in compagnia ma, nelle grandi città, esistono locali quali Mc Donald, Starbucks, ecc, quindi per difenderci dal freddo divenuto veramente pungente ci siamo rifugiati nel primo Sturbucks trovato che ci ha fatto pagare un tè o un caffè 40 yuan, il doppio di quello pagato per il pranzo odierno!
Abbiamo fatto un giro in uno dei numerosi centri commerciali che occupano i grattacieli della zona moderna: è suddiviso in 8 piani e vi si trova di tutto, boutique, pasticcerie, ristoranti, gelaterie, persino uno scuola di cucina. Abbiamo cenato al “Cristal Jade”, ristorante tipico sito in un altro centro commerciale distante solo qualche isolato dal precedente ; il locale è molto elegante con una vista sulle luci sfavillanti della città dove abbiamo gustato riso saltato in 2 versioni, ravioli fritti e alla piastra con sugo piccante, il tutto innaffiato da… tè verde bollente d’ annata!
Siamo così rientrati in hotel, facendo ben attenzione ad imboccare l’uscita giusta e siamo stati a letto in un battibaleno!
GIOVEDì 5/03/2015
Stamattina ci siamo messi la sveglia e alle 8.30 eravamo a fare colazione quando ci hanno raggiunto anche le ragazze, che ci hanno insegnato cosa mangiano i cinesi.
La colazione per loro è un pasto importante a base di pietanze salate, ravioli, noodles in brodo, riso e anche piatti a base di carne, non esistono biscotti o brioches !
Siamo quindi usciti sotto un cielo plumbeo che minacciava pioggia e abbiamo preso la metro in direzione città vecchia e, precisamente il mercato dei grilli.
In Cina infatti è consuetudine accudire piccoli animali come animali da compagnia: uccellini in gabbiette di bambù, pesciolini rossi, topolini e, grilli !
Questo folkloristico mercato si trova a ridosso di una zona moderna con grattacieli e centri commerciali, infilato sotto un capannone tra un dedalo di viuzze e qui si vendono soprattutto animali da compagnia; ci sono piccole tartarughine acquatiche, pesci rossi in acquari così affollati da far accapponare la pelle agli animalisti, uccellini in piccole gabbiette, topolini bianchi, coniglietti. porcellini d’ India, gattini, furetti, e, in scatoline di plastica grilli di tutte le dimensioni, alcuni normali grilli campagnoli altri grandi come cavallette o più, alcuni bruni altri verde acceso e il loro frinire è talmente forte da infastidire.
Oltre agli animali si vendono sementi e pietre che costano un capitale e, malgrado l’intermediazione di Arianna, non siamo riuscite a capire cosa fossero.
Malgrado la modernità della città distasse solo qualche centinaio di metri, qui si respira l’ aria della Cina autentica con tutte le sue tradizioni millenarie non ancora intaccate dall’ occidente. Qui i negozi hanno merci esposte direttamente sul marciapiede e ci sono anche polverosi negozi d’ antiquariato che propongono alcuni oggetti interessanti ma di dubbia autenticità. Raggiungiamo la “Old Street” una larga strada con edifici in legno con il tipico tetto a pagoda e con una miriade di lampade rosse appese, il tutto molto coreografico ma molto finto. Siamo entrati nel giardino del Mandarino Yu ,uno splendido esempio di giardino della dinastia Qing, risalente al 1400 e restaurato più volte nel corso dei secoli pur rimanendo fedele al disegno originale. All’ interno, oltre ai numerosi alberi per la maggior parte ancora spogli, se ne distinguono alcuni in cui cominciano a sbocciare fiori dai colori delicati;ci sono laghetti, ponticelli, padiglioni in legno con mobilio dell’ epoca. E’ letteralmente un angolo di paradiso se non fosse stato rovinato dalle temperature polari e dalla pioggerellina fine e pungente. All’ interno del giardino si trova una casa da tè dove ci siamo rifugiati per scampare alla morsa del gelo e dove ci hanno mostrato il rituale : come si prepara il tè a seconda delle miscele ,quanto deve stare in infusione e anche quale tipo di teiera usare. Ci hanno fatto assaggiare cinque tipi differenti di tè, veramente ottimi, gustati bollenti ci hanno permesso di scaldarci un po’, ma non abbiamo acquistato nulla perché una confezione di tè da mezzo chilo costava oltre i 20 €. Il freddo è polare, impossibile passeggiare fuori, così abbiamo chiesto alle ragazze di accompagnarci al fake Market, ossia il regno del falso, dove ci siamo buttati negli affari e nelle folli contrattazioni e ne siamo usciti con uno stock di scarpe e uno di borse per noi e da regalare. Abbiamo ripreso per l’ennesima volta la metropolitana, siamo ritornati nella Concessione francese dove abbiamo cenato in un locale situato al primo piano di un basso edificio dove a prezzo fisso abbiamo mangiato una quantità indicibile di sushi freschissimo e altro pesce cucinato in modo superbo; certo il prezzo è stato maggiore rispetto alle cene delle sere precedenti ma ne è valsa sicuramente la pena! Le ragazze domattina hanno lezione presto così sono rientrate al campus in taxi mentre noi, ormai espertissimi, abbiamo ripreso la metro senza intoppi!
VENERDì 6/03/2015
Orfani delle ragazze, che stamane avevano una lezione che non potevano perdere, siamo andati a Pudong, il centro finanziario di Shanghai, sulla riva opposta del fiume Huangpu dove si trovano i più alti e spettacolari grattacieli della città.
Oltre L’Oriental Pearl Tower, definito il “cavatappi” in cui ha sede la televisione cinese, ci sono il Jin mao, alto più di 400 metri, superato dal Financial Center lì di fianco e dalla Shanghai Tower, di prossima inaugurazione che supera i 600 metri d’altezza ed è il grattacielo più alto di tutta l’Asia, superato solo da quello di Dubai.
Di tutti questi grattacieli si può raggiungere la punta, ovviamente pagando un biglietto salato e noi, da buoni liguri ,abbiamo scelto il meno caro, il Jinmao che è anche il più basso. Siamo saliti con un ascensore che in meno di un minuto ci ha portato all’ 88 esimo piano e lassù una terrazza verandata ci ha permesso di ammirare a 360° un panorama spettacolare su tutta la città, peccato per il tempo che non fosse terso e ci fosse lieve foschia. Scesi da lassù abbiamo passeggiato in questa zona piena di centri commerciali e boutique cercando un modo per attraversare il fiume con un tunnel ma lo si attraversa solo con la metro e noi non abbiamo tempo a sufficienza per attraversarlo e fare ancora una passeggiata nel Bund, sulla riva opposta.
Siamo tornati in hotel a prendere le valigie e abbiamo ripreso la metro per raggiungere le ragazze e, poi, insieme abbiamo raggiunto la stazione ferroviaria, che non è quella vicino al nostro hotel.
Anche prendere il treno in Cina è un problema se non si sa come funziona il tutto; i nomi delle destinazioni sono scritte in caratteri e si riesce a desumere il nome della città solo grazie al numero del treno; è del tutto simile ad un aeroporto; ogni treno che parte ha una sala d’ aspetto dedicata, a cui si può accedere solo con il biglietto e con il passaporto e bisogna essere in stazione almeno mezz’ ora prima che parta il treno, tempo sufficiente per superare i controlli di sicurezza.
Il treno che abbiamo preso è un GTRAIN, ossia un treno ad alta velocità, che raggiunge i 300 km orari e in 5 ore ci porta a Pechino.
Sul biglietto è segnato il numero della carrozza e il numero del sedile, è comodissimo, pulito, puntualissimo, sicuramente più confortevole dell’aereo.
Alle 9 siamo arrivati alla stazione est di Pechino, abbiamo facilmente trovato l’ uscita della metro, poi abbiamo cominciato a percorrere a vanvera le strette strade degli hutong in prossimità di Qiamen, una zona limitrofa a piazza Tiananmen, abbiamo chiesto più volte ai passanti ma nessuno sapeva indicarci il nostro hotel.
Finalmente alle 10, a metà di un vicolo buio e semideserto abbiamo raggiunto l’ hotel “Hyde Coutiyard”, un locale assolutamente modesto e sito in una vecchia casa con corte interna con una grande statua lignea di Buddah al centro ed arredi tipici cinesi abbastanza kitch ma per quello che abbiamo speso è assolutamente decoroso.
La nostra stanza, avendo tre letti è abbastanza spaziosa ma le altre due sono decisamente due buchi e, altra particolarità, le stanze degli hotel, tranne quelli d’impronta internazionale non hanno armadi, se si è fortunati giusto un appendi abiti esterno.
Affamati come lupi, stanchi morti siamo entrati nel primo ristorante che si è presentato sulla nostra strada la cui igiene lasciava molto a desiderare e il cibo non era un granchè ma a quest’ ora non si poteva veramente fare gli schizzinosi!
SABATO 7/03/2015
Il primo problema odierno si è rivelato la colazione: in Cina non esistono bar dove prendere un caffè ( o un tè) e mangiare qualcosa di leggero, esistono ristorantini o locande che propongono lo stesso identico menù sia a colazione, sia a pranzo sia a cena.
Titubanti e disorientati ci siamo fermati in un locale sulla strada dove abbiamo mangiato una porzione esagerata di ravioli in brodo.
Abbiamo fatto la conoscenza con la metro pechinese che ci ha portato al Tempio dei Lama, un tempio buddista in stile tibetano costituito da numerosi edifici in legno colorato, contenenti ognuno statue di Buddah nelle varie posizioni e, sequenzialmente nell’ ultimo tempio, è custodita una statua dorata di Buddah alta 18 m e, pare intagliata in un unico blocco di legno di sandalo.
Stamane ci siamo veramente resi conto di quanti siano i cinesi; questo infatti è uno dei templi più venerati di Pechino, ci sono fedeli inginocchiati ovunque in preghiera, molti offrono mazzi di incensi e si imbottigliano all’entrata dei vari templi, tanto che in alcuni posti vieni trascinato via dalla folla.
Riuscire a non perderci è stata un’ impresa, tanto che resoci conto della confusione ci siamo dati appuntamento all’ entrata ad un’ ora stabilita.
Poco distante raggiungiamo il Tempio di Confucio, più che un tempio è una scuola dove si professa e si studia il pensiero del Maestro.
Fu fondato nel 1200 e nel giardino dove regna una pace quasi irreale rispetto al Tempio dei Lama, ci sono enormi piante di cipressi secolari e tante costruzioni quadrate dipinte di rosso, costruite ognuna come simbolo di vittoria nelle varie battaglie combattute e molte di esse contengono la statua di una figura mitologica metà tartaruga e metà drago.
In una grande sala sono custodite centinaia di stele su cui sono scritti i pensieri di Confucio.
Di fianco al tempio l’antico edificio scolastico che frequentavano i nobili per diventare mandarini e una imponente sala con il trono dove sedeva l’ imperatore che una volta all’anno veniva nell’ateneo a leggere a studenti e dignitari le massime confuciane.
Entrambe i templi sono negli hutong, la zona storica di Pechino, fatta di casette grigie ad un solo piano con corte interna, qui vecchi siedono sulla porta di casa, alle finestre in bucato sventola, le porte sono spesso aperte e motorini fanno gimkane per schivare i pedoni, e una ragnatela di fili elettrici penzola sui tetti delle case.
Percorrere questi quartieri che distano pochi isolati da strade affollate a 6 corsie e da brutti e alti grattacieli, sembra di essere in un qualsiasi villaggio asiatico non certo un una megalopoli di 19 milioni di abitanti!
Sosta per il pranzo in un locale gestito da una minoranza etnica di religione mussulmana e poi ci siamo portati sulla piazza dove si affacciano la torre della Campana e la Torre del Tamburo.
La Torre della Campana è dipinta di rosso, è più grande e ha l’ aspetto più curato mentre l’ altra è più slanciata, grigia e dall’ aspetto più austero. In antichità il suono dei tamburi scandiva le ore e il rintocco delle campane l’ incedere del tempo. Per accedere all’ interno si acquista un biglietto cumulativo per entrambe i monumenti in cui è compreso anche lo spettacolo dei tamburi che viene fatto circa ogni ora. Si sale in entrambe le torri su per una ripidissima scala in legno e si raggiunge una terrazza dove la visuale spazia sui tetti grigi delle case degli hutong e sulla piazza ; nella torre della campana è custodita un’ enorme campana dal peso di 63 tonnellate e, in inglese c’ èra scritta la leggenda della fusione ma ne abbiamo compreso solo una parte. Nella torre del Tamburo è conservata una collezione di grandi tamburi e verso le 18 siamo riusciti ad assistere all’ ultimo spettacolo. Sotto la luce rosata del tramonto abbiamo percorso i vicoli degli hutong, alcuni semideserti, altri diventati il centro nevralgico della movida cinese, dove ci sono negozi eleganti, bar e luoghi di ritrovo e dove la folla è realmente soffocante. Stasera “street food” al mercato notturno di Donghuamen; lo abbiamo raggiunto a piedi dopo ben più di mezz’ ora di cammino in una zona poco attraente, sulla cartina sembrava a pochi passi mentre Pechino è talmente immensa che se si opta per non usare la metro non bisogna lesinare i chilometri ! Il night market si trova in prossimità di via Wangfujing la zona più moderna ed elegante della città: c’ è una fila interminabile di banchetti i cui proprietari, tutti in divisa da cuoco, gridano a gran voce quali specialità cucinano.
Qui si trova realmente di tutto: dagli spiedini con vari tipi di carne, trippe, noodles, riso, verdure, dolci, frittelle, panini con la carne e un buon numero di banchetti che esponevano spiedini in legni in cui sono infilzati scorpioni, cavallette ed altri insetti, ma malgrado gli occidentali fossero pochissimi, non ho visto nessuno addentarli!
Sotto la guida sapiente delle ragazze abbiamo fatto un paio di assaggi ma nulla di particolarmente buono e, soprattutto molto caro rispetto ai piccoli ristorantini frequentati fino ad oggi.
Giovanna non si è sentita bene, quindi lei ed Enzo sono rientrati in hotel in taxi mentre noi abbiamo proseguito verso un secondo night market, affollatissimo, sulle cui bancarelle sventolavano le lanterne rosse, dando a questa zona un sapore più autentico e anche qui non abbiamo mancato di assaggiare qualche prelibatezza locale.
La scintillante via Wngfujing piena di luci ed eleganti boutique termina perpendicolarmente a piazza Tiananmen, noi abbiamo costeggiato le mura di cinta della Città Proibita e ci siamo ritrovati di fronte al Porta della Pace Celeste, l’ ingresso sud della Città Proibita, tutta illuminata con il ritratto sornione di Mao appeso sulla facciata.
Abbiamo scattato un po’ di foto ricordo e siamo rientrati, sempre a piedi, in hotel, stanchi morti !
DOMENICA 7/03/2015
La colazione di ieri non ci è proprio tanto piaciuta così stamane abbiamo optato per un tè in hotel pagato 20 yuan, una follia visto che spesso abbiamo pagato la stessa cifra un pasto completo, e poi lungo la strada che ci porta all’ indispensabile stazione della metro abbiamo trovato un chioschetto che ha dei dolcetti simili al nostro croccante ma con semi di girasole e una sorta di budino fatto con riso glutinoso farcito con fagiolo rosso, il tutto a 3 / 5 yuan al pezzo, mentre i più golosi hanno mangiato una sorta di crepes salata farcita con verdura.
Giovanna non si sente ancora bene, quindi Enzo è rimasto con lei in hotel mentre noi siamo andati al Tempio del Cielo, che si trova in un parco di 26 ettari, frequentatissimo dai pechinesi che vengono qua a svolgere tutte le attività fisiche, dal taichi, al ballo, ai canti corali.
Oggi la giornata è nuovamente gelida, il cielo offuscato da una lieve foschia e appena entrati, sopra le chiome verdi degli alberi abbiamo potuto scorgere la cupola blu intenso del Tempio del Cielo.
Questo edificio, annoverato tra i patrimoni mondiali dell’Unesco, non è un tempio vero e proprio ma una sorta di altare dove l’ imperatore una volta all’anno veniva a pregare per l’abbondanza dei raccolti.
Per raggiungerlo, sulla sommità di un’altura si deve percorrere una lungo corridoio coperto affollatissimo, dove una moltitudine di persone si dilettava nei loro hobbies, molti giocano a carte, fanno la maglia, giocano a” majang “, una sorta di scacchi, giocavano a racchettoni e con un buffo oggetto con alcune penne infilate e che calciavano quasi fosse una palla.
Osservavamo tutto con occhi sgranati stupiti nel vedere cose così distanti dal nostro modo di agire e di pensare, probabilmente molte di queste persone avranno pensato non fossimo troppo furbi!
Il tempio sorge su di una piattaforma in marmo, è di forma circolare con un tetto giallo a punta mentre le finissime decorazioni spaziano dai toni del blu intenso, rosso ed oro.
L’ interno, come la maggior parte di questi monumenti, non è visitabile, si può ammirare solo attraverso le tre porte, ma la luce che filtra è veramente poca quindi il trono dorato e l’ altare dell’ imperatore sono poco visibili.
Lasciata la piattaforma si percorre un lungo ponte che porta al tempio della Volta Celeste Imperiale di forma ottagonale dove sono custodite le tavolette degli antenati dell’ imperatore esposte durante la cerimonia del solstizio d’ estate ;dietro di esso l’ Altare Circolare contornato da 9 piastrelle concentriche in 9 serie secondo la simbologia cinese in cui il 9 è visto come un numero sacro in quanto il più grande numero dispari ad una sola cifra.
Passeggiando per i viali del parco, purtroppo ancora spogli per la stagione abbiamo raggiunto il tempio della Longevità, con pregevoli pitture anche se un po’ più rovinati dal tempo.
Il nostro tour odierno avrebbe ci avrebbe portato in piazza Tiananmen ma, arrivati lì, l’abbiamo trovata chiusa e presidiata da un numero esagerato di poliziotti e soldati; chiedendo spiegazioni ci hanno detto che il partito si era riunito non so per prendere quale decisione e, finchè l’assemblea non sarà sciolta l’ ingresso alla piazza sarà vietato, quindi abbiamo ben poche possibilità di trovarla aperta anche nei prossimi giorni.
Nel primo pomeriggio è spuntato un tiepido sole così ci siamo recati nel parco di Beijai, il lago più grande di Pechino.
Il parco è bellissimo, qui ci sono già alcuni alberi fioriti, le acque calme del lago luccicano sotto la luce del sole ed è tutto disseminato di templi dai tetti in maiolica contenenti statue di Buddah e il muro dei “Nove Draghi” lungo 27 metri dalle figure in ceramica smaltata, la cui funzione era di allontanare gli spiriti maligni, molto simile a quello che si trova nella Città Proibita.
Anche qui una folla di persone si esibisce nelle proprie attività di svago, per la prima volta abbiamo visto persone armate di grandi pennelli che intingono nell’ acqua e fanno esercizio di bella calligrafia scrivendo gli antichi caratteri cinesi sulla liscia pavimentazione del parco.
Scaldati finalmente dai raggi tiepidi del sole abbiamo percorso per metà il perimetro del lago e, tramite un ponte curvo abbellito da grandi lanterne rosse siamo saliti fin sulla cima dell’ Isolotto di Giada, dove troneggia una stupa bianco.
Siamo rientrati in hotel ed Enzo si è unito a noi per la cena e, su insistenza di Giò, siamo andati a mangiare una selezione di ravioli con differenti ripieni, che due veloci cuoche preparavano su di un bancone di fianco al nostro tavolo. Abbiamo terminato la cena con un digestivo al “serpente” ovvero un’ acquavite posta in un boccione di vetro in cui era sistemato un serpente!
Ancora quattro passi tra le vie affollate degli hutong, piene di luci colorate e bancarelle fumanti che continuano ininterrottamente dalle prime ore del mattino a cuocere cibo e poi a nanna!
LUNEDì 9/03/2015
Giovanna oggi sta meglio quindi il gruppo si è ricompattato e abbiamo deciso di andare a visitare la Città Proibita. La colazione per strada, alla moda cinese è divenuta una consuetudine. Anche stamane piazza Tiananmen è chiusa quindi, vedendo code interminabili a tutti i possibili accessi abbiamo cercato di aggirare l’ostacolo ma inutilmente. Ci siamo messi in coda tra cinesi che spingevano, passato il primo controllo, abbiamo trovato un secondo sbarramento per accedere alla Città Proibita; un’altra mezz’ora di coda e finalmente oltrepassiamo la Porta della Pace Celeste, percorriamo i primi due cortili, a detta delle ragazze veramente poco affollati, per poi accorgerci che il palazzo, dall’ estate scorsa, il lunedì è chiuso !
Così abbiamo perso oltre un’ ora inutilmente ! Ci hanno fatto uscire da un’ altra porta che dista un paio di chilometri dalla stazione della metropolitana, necessaria per raggiungere il Palazzo d’ Estate.
Oggi il cielo è terso, Arianna dice che nei 6 mesi trascorsi qui lo ha visto forse un paio di volte, ma fa un freddo polare, negli angoli delle aiuole in ombra c’ è la brina, il vento è tagliente, il sole splendente non riesce a scaldare, quindi camminare per i lunghi corridoi delle metropolitane è quasi un sollievo.
Il Palazzo d’ Estate si trova lontano dal centro di Pechino quindi la nostra corsa è relativamente lunga e, contando il tempo perso alla Città Proibita, entriamo che è quasi mezzogiorno.
Il Palazzo d’Estate è, come già la Città Proibita, un complesso di edifici, una piccola città nella città, dove l’ imperatore soggiornava durante i mesi estivi per difendersi dalla calura della città, qui mitigata dalle acque di un grande lago artificiale. Si estende su per la Collina della Longevità e ci sono molti edifici in legno, riccamente decorati e colorati con sfumature predominanti di rosso e di verde. Grandioso è il teatro, in cui recitavano gli attori dell’ Opera di Pechino, e dove l’imperatrice vedova Cixi, cioè colei che lo ha fatto ricostruire, assisteva alle rappresentazioni da un trono ubicato nello stabile situato davanti al palco e lateralmente, in tanti piccoli terrazzini, sedevano spettatori selezionati. Abbiamo percorso un lunghissimo corridoio coperto parallelo alla sponda del lago che brilla sotto i raggi del sole fino a raggiungere una grande barca di pietra. Risalendo la collina abbiamo visitato 3 templi, l’ uno molto differente dal precedente : il tempio il Tempio del Mare della Saggezza che ha il rivestimento esterno ricoperto da formelle smaltate di colore giallo acceso raffiguranti immagini di Buddah. Sull’ altro versante della collina un complesso di stupa, il cui principale contiene le statue del Buddah del passato, del presente e del futuro. Il tempio delle Nuvole Ordinate è un’ imponente pagoda di 7 piani, che di staglia verso l’ alto e da cui si gode una vista incomparabile del lago e di tutto il parco. Nella sala centrale è custodita una statua di Buddah Guyumi con 24 braccia. Una lunga scalinata con il corrimano in maiolica ci ha riportato sulle rive del lago che abbiamo percorso per un lungo tratto fino ad un ponte a schiena d’ asino formato da 18 arcate che collega un isolotto dove anticamente sorgeva il tempio del Re Drago, ma ora è solo una sala espositiva.
Il freddo, malgrado il sole, è veramente pungente, quindi, dopo esserci fermati in un’ agenzia per prenotare il tour sulla muraglia, siamo andati al Silk Market, ovvero il regno del falso per eccellenza. E’ suddiviso in 5 piani, ognuno con un tipo di merce differente ; i commessi ci chiamano a gran voce per mostrarci i loro prodotti, molto, molto ben imitati e ti intrattengono con trattative estenuanti, tanto, che dopo aver acquistato ciò che ci eravamo prefissati ,non ci fermavamo neppure più per un’ occhiata ! Malgrado ci fossimo divisi ed ognuno si fermasse a comprare ciò che gli interessava siamo usciti da lì che erano ormai passate le 9, così ci siamo fermati a cenare nel ristorante di ieri sera, poco distante dall’ hotel, ma non volendo replicare il menù, quello di questa sera non è stato de più azzeccati.
MARTEDì 10/03/2015
Solita colazione in strada e poi ci siamo rassegnati alle interminabili code per i controlli per accedere finalmente alla Città Proibita. Abbiamo noleggiato un’audio guida in italiano (esistono in 47 lingue differenti!) per avere nozioni più dettagliate su questo sito tanto grande e complesso e abbiamo varcato la Porta della Pace Celeste e ci siamo inoltrati attraverso piazze immense delimitate sul fondo da grandi edifici dall’ elegante architettura con colonne e soffitti dipinti con colori vivaci e oro nel cui centro c’ è sempre il trono su cui sedeva l’ imperatore a presiedere le varie cerimonie.
In questi edifici è vietato l’ ingresso, si può solo affacciarsi dalle 3 porte d’ingresso per vederne l’ interno, quindi è una lotta doversi fare largo tra questa massa di turisti che si accalcano con l’ unico intento di fare una foto con i loro cellulari ipertecnologici.
Al di là della zona cerimoniale c’ è una parte adibita a giardino dove si trovano piccole costruzioni ad uso abitativo o a edifici d’ uso comune, le caserme dei soldati e rialzato su di una montagnola una terrazza dove l’ imperatore portava imperatrici e concubine a vedere la luna. Lateralmente ci sono grandi viali dove si aprono portoni dipinti di rosso che conducono alle abitazioni con cortili interni di servitù, concubine ed eunuchi. Nell’ ala sinistra del complesso ci sono gli appartamenti ancora arredati dell’ imperatrice Cixi, dove ha trascorso gli ultimi anni della vita, dedicandosi alla preghiera.
Alle 4 siamo usciti per la Porta della Grandezza Divina, di fronte alla collina di Jingshan, formata dal cumulo di macerie accumulate per lo scavo del canale che circonda la Città Proibita.
Ci siamo avviati su per i vialetti circondati da siepi del parco fino alla vetta della collina dove si trova un tempio e dove si ammira un panorama stupefacente di questo immenso sito. Centinaia di tetti dorati si alzano al di là delle mura, agli angoli torrette d’avvistamento e le acque limpide del fossato, da qui se ne riesce veramente a percepire la grandiosità. Abbiamo scattato una marea di foto alla luce arancione del tramonto poi, dovendo domani fare una levataccia per raggiungere la Grande Muraglia, ci siamo avvicinati alla zona limitrofa alle torri della Campana e del Tamburo, dove, secondo la Lonely Planet c’è un ristorante che propone la miglior marmitta mongola di tutta Pechino.
Il locale che si chiama “Yang Fang Lamb Hotpot” ha solo l’ insegna scritta in cinese, come poi i menù, quindi se non ci fossero state le ragazze sarebbe stato impossibile accedervi, visto che come nella stragrande maggioranza dei locali non si parla inglese. Appena siamo entrati siamo stati assaliti da una nube densa di vapore che si alza da tutte le boule ribollenti di brodo, i tavoli sono gli uni attaccati agli altri, senza tovaglie e dalla dubbia igiene; ci hanno fatto accomodare in una seconda stanza, più piccola ma non l’ aspetto più trasandato della prima. Ci hanno portato questo strano oggetto pieno di brodo piccante mantenuto bollente da una sorta di vaso pieno di carboni ardenti in cui vengono intinti carne di vitello e di agnello, verdure, tofu, spaghetti di riso, una versione cinese della nostra bourguignone. Ci hanno rabboccato il brodo almeno 3 volte ed abbiamo mangiato una quantità industriale di carne e verdura, bevuto 4 birre ed abbiamo speso 20 yuan a testa! Attraversando una zona di hutong ci siamo trovati sulle rive del lago Houhai, che è tutto un brillare di luci colorate delle insegne dei bar e pub in cui si fa rigorosamente musica dal vivo.
Ci siamo fermati in un piccolo accogliente bar in cui si esibiva una ragazza dalla voce angelica, è stata una gioia restare per un po’ ad ascoltarla ma…. un drink ci è costato quanto il doppio della cena !
MERCOLEDì 10 /03/ 2015
Oggi finalmente l’ incontro con la “Grande Muraglia”! Abbiamo contattato un’ agenzia locale e, alle 6 precise, l’ autista è venuto a prenderci al nostro hotel. Cammin facendo abbiamo caricato altre 6 persone raccolte tra i vari hotel della città. Abbiamo attraversato le strade di una Pechino che si stava svegliando facendoci capire quanto sia vasta. Ci sono volute quasi 3 ore per percorrere i 180 km che separano Pechino da Janshanling, uno dei 3 accessi principali alla possente costruzione, sicuramente il meno turistico perché è il più lontano dalla capitale e quindi irraggiungibile con i mezzi pubblici. La muraglia, lunga oltre 6000 km ,ha cominciato ad essere costruita nel 200 a.C sotto la dominazione dell’ imperatore Qin Shi Huandì; il primo imperatore che ha unito le varie province della Cina. La guida, dopo una sbrigativa spiegazione sull’ origine della Muraglia e sul tragitto che dovremo percorrere, ci ha lasciato liberi di affrontare la scalinata che ci avrebbe fatto salire sui bastioni. In effetti qui la “Grande Muraglia” è veramente come nel comune immaginario: un serpentone infinito e completamente deserto, infatti gli unici avventori eravamo noi del nostro pulmino. Oggi il cielo è di un azzurro cobalto, il sole splende, l’ aria è frizzante e negli angoli esposti a nord c’è ancora un po’ di neve, ma non c’è il vento gelido che sferzava Pechino i giorni scorsi, così l’abbigliamento ultra pesante indossato a volte dava persino fastidio perchè il camminamento centrale è tutto un saliscendi con scalinate dai ripidi scalini inframmezzato da tante torri di guardia.
L’ ultimo tratto percorso è il più dissestato, molte torri sono in parte crollate e così le scalinate ; a metà strada per arrivare a Simatai abbiamo dovuto scendere perché l’accesso verso quest’ultima è attualmente chiuso per restauri. Siamo scesi al campo base con un sentiero tra la vegetazione ancora spoglia ed abbiamo pranzato in un ristorante che ci ha servito cibo mediocre e gelato in piatti d’ acciaio.
Risaliti in pullman ci siamo subito addormentati tutti, vuoi per la levataccia, vuoi per la sfacchinata e ci siamo ridestati ormai alla periferia di Pechino.
E’ stato interssante vedere passare davanti ai nostri occhi attraverso i vetri del finestrino i vari aspetti di questa megalopoli: la parte finanziaria con altissimi grattacieli dall’ architettura futuristica, la zona commerciale con negozi sfavillanti, i quartieri popolari degli hutong con basse casette grigie, formando una miscellanea unica.
Giunti a destinazione siamo andati alla ricerca di un bancomat, perché gli istituti di credito in relazione alla popolazione sono pochissimi e molti di essi non riconoscono le comuni carte di credito internazionali, spesso abbiamo dovuto attingere dal conto cinese di Arianna.
Oggi è il compleanno di Tina, così, per festeggiare siamo andati al ristorante “Quan Ju De” il più antico ristorante di Pechino a cucinare la vera “anatra alla pechinese”.
Il locale è lussuosissimo, le tavole sono apparecchiate con gusto ma soprattutto abbiamo gustato un’ anatra veramente eccezionale che il cameriere ci ha affettato davanti agli occhi e che ci ha mostrato come farcire le cialde con salsa e verdure prima di avvolgerle su se stesse con i bastoncini, un’ impresa per noi veramente ardua !
Due passi tra gli hutong pieni di vita e luci colorate e poi via a nanna !
GIOVEDì 11/03/2015
Ultimo giorno a Pechino! Ci siamo incamminati verso piazza Tiananmen, ma anche stamane, come già i giorni precedenti, era chiusa, ma un poliziotto che era lì a pattugliare, ci ha detto che probabilmente aprirà nel pomeriggio.
Abbiamo attraversato un altro quartiere di hutong dove osti, con fornelletti e pentoloni ribollenti d’olio preparavano i loro manicaretti sulla strada dinnanzi alla porta del loro locale.
Abbiamo raggiunto Liulichang Xije, una zona in cui sono concentrati i negozi di antiquariato e anticaglie, manufatti e pezzi d’ artigianato e dove non ci siamo fatti mancare qualche acquisto.
Siamo così andati a visitare la dimora storica del Principe Gong, ottocentesca abitazione del consigliere della imperatrice Cixi.
Anche questa, come la Città Proibita è costituita da tutta una serie di padiglioni, oggi adibiti a mostre d’arte con soffitti e pareti ancora decorati con colori vivaci; al di là della zona abitativa c’è un tipico giardino cinese creato tra collinette rocciose artificiali su cui sono stati piantati numerosi alberi ora spogli, ma che in primavera saranno un vero tripudio di colore; al centro c’ è un laghetto con un tempietto e un altro posto su una collinetta più alta delle altre.
Abbiamo ripreso la metro per cercare di entrare in piazza Tiananmen, che miracolosamente era aperta al pubblico, così, ben presto ci siamo trovati imbottigliati in un ingorgo di folla per superare i severi controlli per accedere alla piazza. Siamo stati spintonati per almeno mezz’ ora e poi finalmente abbiamo potuto mettere piede in questo luogo simbolo della città, tristemente famoso per l’ eccidio degli studenti del 1989. E’ forse una delle più grandi piazze al mondo, lunga oltre un chilometro, è delimitata a sud dalla splendida porta della Pace Celeste con l’ inconfondibile ritratto di Mao; alla destra si trova il Palazzo dell’ Assemblea del popolo con una miriade di bandiere rosse sventolanti sul tetto e alla sinistra l’ imponente edificio del Museo Nazionale. Al centro un cippo ai martiri della libertà transennato dal 1989 perché è il luogo in cui si sono raccolti i giovani per protesta, il mausoleo di Mao con davanti quattro gruppi scultorei dedicati agli eroi della rivoluzione. Il mausoleo di Mao è chiuso in questo periodo ed è un cubo di cemento quadrato orrendo che taglia in due l’ immensità della piazza, chiusa al lato nord dalla splendida porta di Zhengyang. Questa piazza è solo un simbolo per i cittadini non certo un luogo di svago, non c’è una sola panchina su cui sedersi per ammirare il via vai delle persone, non si può suonare o riunirsi ed è perennemente presidiata da un numero enorme di guardie. Volevamo ancora fare una visita al museo che, tra l’ altro è gratuito, ma alle 17 chiude i battenti, così ci siamo fermati a cenare prima di recarci in stazione.
Abbiamo mangiato in un ristorantino dove i cuochi praticamente in vetrina confezionavano ravioli eccellenti. Siamo tornati in hotel a prendere i nostri bagagli, abbiamo cambiato ben 3 linee della metropolitana per raggiungere la nostra stazione ferroviaria, ai controlli c’ era una fila lunghissima ed abbiamo raggiunto il nostro treno che i cancelli erano già aperti.
Il nostro treno è diviso in scomparti, ogni scomparto ha 4 cuccette con tanto di lenzuola e coperte, con un materasso più o meno morbido, anche se sono definite cuccette morbide.
Abbiamo occupato 2 scomparti attigui, in quello delle ragazze e Tina c’ era una signora e i controllori accortosi che le ragazze parlavano correntemente il cinese sono venuti a chiedere aiuto per comunicare con un turista inglese, che, naturalmente non spiccicava una parola di cinese!
Il treno è partito in orario e noi ci siamo quasi subito coricati per arrivare a Xian il più riposati possibile perché il tempo a nostra disposizione è veramente poco.
VENERDì 12/03/2015
Abbiamo riposato abbastanza malgrado scrolloni e sobbalzi e il materasso era duro come una pietra, altro che cuccetta morbida !
Alle 8.30 abbiamo varcato la porta della stazione di Xian tra una folla di cinesi che spintonavano e correvano, la fila per accaparrarsi un taxi era lunghissima, quindi per raggiungere l’ hotel ci siamo affidati ad uno dei tassisti abusivi che ci ha chiesto un prezzo ragionevole, così lo abbiamo reclutato anche per portarci al sito dell’ esercito di Terracotta e alla tomba di Jingdi.
Il problema grosso è stato trovare l’ hotel che è ben lontano dalle mura della città e lui, malgrado l’ indirizzo scritto sul foglio di prenotazione, non aveva idea di dove fosse sito.
Avremmo perso più di un’ ora nella ricerca del Xian Dudù hotel e poi per una sosta prolungata praticamente davanti all’ ingresso perché non lasciavano sostare il taxi.
Giunti in camera l’ altra amara sorpresa : la nostra è veramente un loculo senza finestre, con un solo letto per 3 e il bagno tappato, abbiamo fatto male a non farcelo mostrare prima perché i cinesi fanno pagare anticipatamente e per lo più fanno lasciare una cifra come deposito che verrà restituita una volta controllato che tutto sia in ordine lasciata la stanza.
Inoltre, malgrado lo avessimo prenotato tramite Booking e avessimo dato come garanzia il numero di carta di credito, non ce l’ hanno accettata per il pagamento esigendo i contanti.
Verso le 11.30 siamo finalmente riusciti a partire alla volta del sito che dista una ventina di km dalla città attanagliata da un traffico infernale.
Arrivati all’ ingresso del sito siamo stati assillati da un moltissime guide con tanto di tessera di rinascimento al collo che avrebbero voluto accompagnarci nella visita ma visto il nostro e il loro inglese sarebbero stati soldi sprecati.
Inoltre tra i numerosi banchetti di souvenirs ce n’ è anche uno che vende libri di foto del sito che vengono autografati di suo pugno dal contadino che nel 1974 ha fatto l’eccezionale scoperta e che ora ha l’ aspetto di un magnate.
Per raggiungere i capannoni che sono stati costruiti per proteggere le statue dalle intemperie si attraversa un bel parco già fiorito, infatti Xian si trova parecchio più a sud e il clima è già primaverile, tanto che abbiamo camminato senza indossare la giacca malgrado il cielo non fosse terso come a Pechino.
Abbiamo cominciato la visita dal settore 3, il minore dove si trovano una sessantina di statue di guerrieri e di cavalli molte delle quali senza testa dislocate in corridoi in assetto di guerra.
Il secondo settore è per lo più costituito da corridoi crollati dove tra le macerie affiorano parti di statue ma in 5 teche di vetro sono visibili 5 guerrieri di gradi differenti e si possono ammirare veramente da vicino.
Le statue che risalgono al I secolo a. C erano state costruite per il monumento funebre dell’ imperatore Qin Shi Handì. che, la leggenda vuole, fosse tanto perfido da avere bisogno di un intero esercito per difenderlo dalle punizioni degli dei.
Le statue sono a grandezza naturale, nessuna uguale alla precedente, modellate nei minimi particolari tanto che si possono notare anche le decorazioni effettuate sulle suole delle scarpe e in alcuni punti rimangono tracce di colore.
Il primo settore è immenso 5 lunghi corridoi dove più di 2000 statue tra guerrieri e cavalli sono ordinati in file di 4 o 5 elementi creando uno scenario a perdita d’ occhio che lascia senza fiato.
Il secondo sito visitato oggi dista una mezz’ ora di auto dal primo ed è la tomba dell’ imperatore Jingdì, successore di Qin Shi Huangdì.che si occupava più dell’ aspetto edonistico della vita, così anziché guerrieri la tomba è piena di oggetti di vita comune.
La tomba, molto meno nota e frequentata della precedente, è una tomba fatta a cumulo circondata da mura e la struttura nuovissima costruita attorno custodisce vasi, suppellettili, statuine di animali domestici, cavalli con i carri, tante figurine antropomorfe che, a seconda del sesso rappresentavano dignitari, concubine ed eunuchi, tutte nude e senza braccia, infatti pare avessero braccia in legno dai gomiti e i polsi snodati e fossero vestiti con abiti di seta e che in 2000 anni siano stati perduti.
Siamo rientrati in città, Xian è la città più vicina al mio immaginario cinese visitata fin’ ora: caotica, frenetica, sfavillante e pacchiana, senza una sola insegna scritta nei nostri caratteri, disordinata e spesso sporca. Abbiamo cenato nel quartiere mussulmano, le cui vie affollatissime sono disseminate di bancarelle che vendono ogni sorta di cibo, piastre sfrigolanti cuociono spiedini di carne e pesce,enormi pentoloni ribollono di zuppe o tisane, chi tira spaghetti o enormi matasse si caramello, un vero spettacolo. Qui le persone, di chiara etnia cinese sono abbigliati con i costumi mussulmani, uomini con lo zucchetto e donne con lo shador creando un collage particolare di folla. Abbiamo stuzzicato qua e là, sempre consigliati dai nostri 2 angeli custodi, mangiando cose buone, particolari e… piccantissime!
Non avendo ancora preso confidenza con la metro abbiamo preferito farci portare in hotel da 2 tuk tuk, che, anche qui, come in ogni altra parte dell’ Asia sfrecciano velocissimi nel traffico rischiando veramente di andare a scontrarsi con auto e bus che passano non curandosi di loro.
SABATO 13/03/2015
Una notte da incubo, prima abbiamo trovato il bagno ancora intasato malgrado avessimo esteso il reclamo al personale, fatto da Arianna in cinese, quindi senza il problema di incomprensione, poi non siamo riusciti a farci dare un altro cuscino perché, pare, ne fossero sprovvisti. La ventola per l’ aerazione faceva un rumore infernale e se abbiamo voluto dormire un po’ abbiamo dovuto togliere l’ elettricità disinserendo la tessera magnetica precipitando nel buio più totale vista la mancanza di finestre….comunque è arrivato il mattino.
Poco distante dall’ hotel c’è una stazione del metrò che abbiamo preso per avvicinarci al quartiere mussulmano e, abbiamo percorso più volte il lungo viale di fronte alla torre della campana prima di trovare la strada per l’ ingresso al quartiere. Prima incombenza mattutina è la colazione, il quartiere si stava svegliando molti dei locali erano ancora chiusi e non c’ era il fermento di ieri sera, abbiamo comunque trovato di che saziarci: uno yogurt buonissimo con il fagiolo rosso e un pane arabo caldo con cipolla.
Siamo andati alla ricerca della “grande moschea”, uno dei maggiori monumenti della città, ma si è rivelata un’ impresa non facile. Sulla cartina, il dedalo di vicoli con il relativo nome non erano segnati, chiedendo, uno ti mandava a destra e l’altro a sinistra, uno diceva di proseguire, l’ altro di tornare indietro, finalmente sotto un arco seminascosto dal bucato steso abbiamo scorto un’ indicazione che la indica al fondo di una viuzza buia con tutti negozietti l’ uno a fianco all’altro, che vendevano souvenirs, materiale tecnologico, abbigliamento, pelletteria, il tutto naturalmente falso ma di ottima fattura.
Impossibile resistere, quindi abbiamo comprato tutti ma la più accanita è sicuramente Giovanna che contrattava anche in piemontese fino allo sfinimento, tanto che è stata tacciata come taccagna da una delle venditrici. La moschea risale al 700 d.C e, se non sapessi essere una moschea la scambieresti per uno qualsiasi degli altri templi cinesi. E’ costituita da tanti padiglioni, ha il tetto in maiolica con figure di animali come decorazione differisce dagli altri solo per gli archi a sesto acuto e scritte sui portali in arabo. Abbiamo raggiunto le mura, Xian è forse l’ unica città che conserva ancora la cinta muraria originale, antichissima, infatti Xian era capitale della Cina quando Pechino ancora non esisteva ed era il centro strategico e commerciale dell’ impero del Sol Levante in quanto arrivo della Via della Seta.
La lunghezza del perimetro è di 14 km e ci sono 4 accessi orientati verso i 4 punti cardinali, noi siamo entrati dalla porta sud che si trova alle spalle della torre della campana, forse la principale perché permangono ancora addobbi per il Capodanno appena passato : enormi statue di carta pesta raffiguranti capre e caproni( il 2015 è l’anno della capra !), fiori colorati e statue ispirate alla Sirenetta di Walt Disney.
Consuetudine è percorrerne il perimetro in bicicletta, che noleggiano in prossimità della porta, io Giò, Ari e Sabrina abbiamo preso 2 tandem mentre Enzo, Giovanna e Tina hanno preferito rimanere ad attenderci percorrendone un breve tratto a piedi. Abbiamo pedalato per quasi tre ore sul lastricato fermandoci spesso per scattare foto, ammirare il panorama della città dall’ alto ; spesso si trovano torri di guardia lungo i lati e agli angoli e lunghe file delle tipiche lanterne rosse.
E’ pomeriggio inoltrato e la pedalata ha sortito il suo effetto, quindi abbiamo scelto di raggiungere la Pagoda della Grande Oca Selvatica in autobus, un’ altra esperienza da provare! Oltre ad essere stipati come acciughe gli autisti guidano in modo indegno, accelerano per poi inchiodare rendendo veramente precaria la stabilità. Questa torre a gradoni del periodo maoista si trova al centro del tempio della Grande Benevolenza; nei vari padiglioni, in cui si aggirano monaci buddisti con tonache ocra con una sorta di ghette, è custodita un’ enorme statua dorata di Buddah e codici miniati. Le aiuole e i giardini sono abbelliti da magnolie fiorite che profumano l’ aria e qui abbiamo assistito ad un tramonto bellissimo. E’ possibile salire sopra la torre ma l’ accesso costa ulteriori 30 yuan e, sinceramente eravamo già abbastanza stanchi, quindi abbiamo rinunciato.
Siamo tornati al quartiere mussulmano per cena con un tuk tuk dopo la solita estenuante trattativa, ci siamo fermati in un ristorantino per riposarci anche un po’, ma viste le porzioni pantagrueliche, non abbiamo stuzzicato altro poi per tutta la sera. Abbiamo camminato ancora un po’ tra la folla, quindi abbiamo raggiunto la metro e, alla nostra stazione abbiamo sbagliato l’ uscita, allontanandoci così dall’ hotel, con il timore di esserci persi, per fortuna siamo riusciti ad orientarci e raggiungere il letto, stasera veramente tanto desiderato!
DOMENICA 15/03 /2015
Prima delle 9 abbiamo abbandonato con gioia la nostra topaia, che a detta di Arianna, è lo standard cinese e nella hall c’era già il nostro autista ad attenderci. Abbiamo salutato Arianna, Sabrina e Tina che rientreranno a Shanghai in serata e poi Tina mercoledì rientrerà in Italia. Per raggiungere l’ aeroporto ci vuole quasi un’ ora, si attraversano le vie cittadine oberate dal traffico malgrado sia domenica mattina, poi, imboccata l’ autostrada il traffico si dirada quasi a scomparire. Le procedure d’imbarco si sono svolte nel migliore dei modi, malgrado i nostri molti dubbi sul fatto di non avere in mano un biglietto cartaceo e il timore di dover pagare una tassa sui bagagli da stiva ( nessuno aveva saputo darci una risposta esauriente su ciò!). Il volo della Southern China è decollato puntualissimo, l’aereo è assolutamente confortevole e ci hanno anche offerto uno spuntino per pranzo. All’aeroporto Lilly era lì ad attenderci con un cartello in mano su cui era scritto il mio nome, ci siamo accomodati su di un comodo van a 9 posti e abbiamo lasciato Guilin in direzione Yangshuo. La strada, lucida di pioggia e disseminata di pozzanghere, si inoltra nella campagna dal verde brillante, dove, ogni tanto, tra la nebbia, compaiono alcuni picchi carsici dalla punta arrotondata. L’umidità è tangibile ma le temperature sono più elevate rispetto alle altre zone visitate. Il nostro hotel è il “Magnolia”, una reggia se paragonato a quello appena lasciato! Anche questo è sito in una casa con corte interna ma decisamente meglio ristrutturato di quello pechinese; le stanze sono spaziose, i letti grandi con candidi, morbidissimi piumini, un grande bagno in marmo rosa con ogni genere di confort. Abbiamo solo posato le valigie e poi, accompagnati da Lilly siamo andati nell‘East Road, la via principale di Yangshuo, piena di negozi e bancarelle che vendono principalmente seta e oggetti d’ artigianato e soprattutto… tanti bellissimi falsi! Lasciata Lilly, che ci ha mostrato la via per rientrare in hotel, ci siamo nuovamente lanciati negli acquisti, fin quasi alle 19, ora in cui avevamo appuntamento con la nostra guida per andare a vedere lo spettacolo delle luci sul fiume Li. Il tempo non promette nulla di buono, ogni tanto scende qualche goccia di pioggia, abbiamo indossato le mantelle, anche se con il biglietto ne avevamo una in dotazione. Ci siamo accomodati in un grande anfiteatro antistante il fiume circondato da alte montagne, tra una folla di chiassosi cinesi.
Lo spettacolo è stato allestito dal regista che aveva ideato la cerimonia d’ apertura delle olimpiadi del 2008. Luci colorate si riflettevano sullo specchio d’ acqua alle basi dei picchi, drappi rossi fatti muovere all’ unisono da figuranti sulle zattere, cantanti in abiti tradizionali, una ballerina si muoveva leggiadra su di una falce di luna, nel finale 600 artisti con abiti coperti di luci illuminavano quasi completamente lo specchio d’ acqua; l’ unica nota stonata “ l’ inciviltà dei cinesi” che hanno continuato incessantemente a parlare ad alta voce durante i canti e la narrazione del racconto, ad alzarsi continuamente in piedi per scattare foto o aprendo gli ombrelli quando scendevano 2 gocce di pioggia impedendo la visuale a quelli che stavano dietro. E, come se non bastasse, essendo cominciato a piovere, hanno svuotato il teatro prima che lo spettacolo fosse finito.
Abbiamo cenato che erano ormai passate le 9, così abbiamo scelto uno dei numerosi ristoranti che affollano la via principale e, che per gli standard dei giorni scorsi, era molto caro, ma abbiamo gustato un ottimo pesce alla birra, specialità tipica di qua.
La sera, qui, è tutto un frastuono di bar e discoteche che mettono musica a tutto volume ed altri più parchi fanno musica dal vivo, addirittura uno faceva uno spettacolo di lap dance : Yangshuo è veramente una città piena di vita!
LUNEDì 16/03/15
E’ stata una notte fantastica in un letto particolarmente confortevole e morbido, ma il problema è stata la colazione. Gli innumerevoli bar aperti fino a tarda ora erano tutti chiusi, solo un paio di ristorantini che proponevano una colazione continentale a prezzi esorbitanti, quindi per restare nel budget abbiamo mangiato noodles e ravioli.
Lilly è venuta a prenderci puntuale, ci ha portato in banca a cambiare così abbiamo potuto saldare il conto con lei per il tour e,poi con un cielo grigio gonfio di pioggia, ci siamo inoltrati nella campagna verdissima la cui sommità delle colline era nascosta dalla nebbia
La prima sosta è stata presso il ponte del Drago, un ponte a schiena d’ asino risalente a 600 anni fa, dove le fronde dei salici piangenti si immergono nelle acque tranquille del fiume Yulong ; poco oltre ci siamo imbarcati su 2 chiatte di bambù, imbarcazioni tipiche usate dai contadini per attraversare il fiume.
Sulla zattera sono posti 2 sedili e a poppa c’è il timoniere che con un lungo palo di bambù sospinge la zattera quando la corrente non è sufficiente per far procedere l’ imbarcazione e per superare brevi tratti di rapide.
Il primo tratto era affollatissimo di imbarcazioni, quasi esclusivamente occupate da cinesi, tanto da intralciarsi le une con le altre e con un continuo vociare in sottofondo.
Man mano che si procedeva lungo il letto del fiume le imbarcazioni diminuivano così, nel silenzio, abbiamo potuto godere appieno delle bellezze della natura, dalle cime velate dalla nebbia, dagli enormi bambù, dello sciabordio dei remi che solcano le acque.
Siamo scivolati sulle acque quasi immobili per quasi due ore, abbiamo ripreso il van ed abbiamo raggiunto un punto panoramico alle porte di un villaggio da cui si può ammirare l’arco perfetto della Montagna della luna; ci siamo fermati per pranzo in un postaccio coperto da una tettoia in lamiera e protetto da teloni di nylon, in cui i tovaglioli sono stati sostituiti da un rotolo di carta igienica; il cibo era buono ma, vista la location, i prezzi erano esorbitanti!
Il programma del pomeriggio prevede la visita alle “Sliver Cave”, una grotta con stalattiti, stalagmiti, concrezioni e laghetti splendidamente illuminati a colori vivaci, rendendo il tutto molto suggestivo.
Siamo rientrati a Yangshuo, fermandoci più volte per fare foto e, la nostra giornata sarebbe finita qui, ma giunti davanti all’ hotel Lilly ha insistito che andassimo a provare le biciclette per il tour di domani.
A questo punto ci ha detto che il tratto da percorrere sarà di circa 30 km, così, Giovanna che non sa andare in bicicletta ha detto che non intende provare per un tratto così lungo e le ha chiesto di procurare loro un tuk-tuk per poterci seguire nelle campagne e, ciò, pare l’abbia alquanto scompensata, anche se poi, con mille telefonate è riuscita a trovare un tuk-tuk. Insospettiti dal tragitto così lungo da percorrere in bici, giunti in hotel, abbiamo consultato il programma che ci aveva inviato ed abbiamo scoperto che oggi abbiamo fatto circa la metà delle cose previste e domani il tratto da pedalare è decisamente inferiore; speriamo di riuscire a chiarire le cose visto che l’abbiamo già risarcita dell’ intero importo!
Dopo una doccia e un po’ di relax siamo usciti carichi per la contrattazione dell’ acquisto di 5 borse ed una valigia, che abbiamo concluso brillantemente anche se con un’estenuante fatica! Stasera nuovamente cena in strada, abbiamo assaggiato alcuni cibi tipici, tra cui le ali di pollo farcite di riso cotte sella piastra. La via era affollatissima, cinesi dai vestiti stravaganti, dalle buffe coroncine di fiori finti, che ridono e parlano forte, e poi da ogni locale il suono assordante di musica house o disco… un delirio!
MARTEDì 17/03/2015
Stamane abbiamo consumato la colazione nel salottino antistante la porta delle nostre stanze con biscotti comprati ieri sera in una pasticceria, tè fatto con il bollitore in dotazione ed uno squisito frullato di mango. Prima di cominciare il tour abbiamo parlato con Lilly in merito alle variazioni che ci sono state rispetto all’ ultima stesura che ci ha inviato e, infatti anche oggi lo aveva nuovamente modificato a suo vantaggio. Chiarito l’ equivoco siamo partiti per Yanti dove ci siamo imbarcati tutti e quattro insieme su di una chiatta a motore più grande rispetto a quella di ieri, i cui pali di bambù sono stati sostituiti da tubi in plastica. Il fiume Li è più grande e più impetuoso rispetto allo Yulong e anche qui lo scenario che si apre davanti a noi è a dir poco mozzafiato! Il continuo susseguirsi di picchi dalla punta arrotondata e dalle pareti scoscese, a detta di Lilly sono più di 2000, le rocce assumono diverse colorazioni dal grigio argento all’ antracite, dal rosa al giallo, spesso formando chiazze di colore da cui si riescono a scorgere immagini di animali o di oggetti; la più celebre di queste è la parete rocciosa detta dei 9 cavalli, in cui si trovano chiazze nere che sembrano cavalli al galoppo.
Dopo circa un’ora siamo approdati sulla terra ferma ed abbiamo continuato a piedi per Xingping, attraversando la campagna. Moltissimi sono gli aranci ancora carichi di frutti che giungeranno a maturazione solo tra un mese.
Pochi contadini anziani erano intenti a lavorare la terra, solo con l’ausilio della zappa, non abbiamo visto un solo trattore né altro mezzo meccanico.
Abbiamo passeggiato tra una calma irreale, dopo la confusione delle grandi città e di Yangshuo, il silenzio è rotto solo dal transito di pochissime auto e lo strombazzare di qualche motorino che segnala la propria presenza, in modo che tu posa scansarti perché loro non ti cederanno sicuramente il passo!
Prima di giungere a Xingping raggiungiamo un punto panoramico dove il fiume Li fa un’ansa tra 2 picchi carsici divenuta celebre perché rappresentata sulla banconota da 20 yuan, abbiamo scattato le foto ricordo ed abbiamo raggiunto, attraversando un ponte in pietra, il paese.
Xingping è un’antica cittadina dalle basse case in pietra grigie simili a quelle sopravvissute negli hutong pechinesi; ci sono numerosi ristoranti, negozietti di souvenirs ma non bancarelle con cibo di strada. Abbiamo così scelto a caso tra i tanti localini un ristorante dai grandi tavoli in legno che ci ha servito forse i migliori noodles assaggiati fin’ora in Cina.
Con il van abbiamo raggiunto Fuli, altra cittadina antica sulle rive del fiume, celebre per la produzione di ventagli dipinti a mano. Sulla via centrale si aprono diverse botteghe artigiane che mettono in mostra la loro produzione veramente notevole ed è stata veramente dura resistere nell’acquisto ma ormai a casa le pareti sono terminate!
Abbiamo attraversato il fiume su di una grande chiatta e qui abbiamo preso le biciclette ed abbiamo preso a pedalare tra il verde dei campi dove molti contadini erano seduti a terra rovistando tra le zolle con le mani per tirarne fuori una sorta di castagne dal sapore acidulo assaggiate ieri. A differenza delle grandi città, qui i bambini sono tantissimi e giocano felici per le strade quasi deserte, tra galline che beccano indisturbate, davanti alle loro case dalla porta sempre aperta in cui si scorge un grande salone quasi del tutto privo di arredi ma con la televisione sempre accesa, sopra la quale troneggia l’imponente ritratto di Mao. La nostra piacevole passeggiata è terminata a Liugong, un borgo rurale sorto attorno ai ruderi di una grande casa nobiliare costruita 300 anni fa, dove tra le pareti coperte di muffa e rampicanti si scorgono travi finemente intarsiate, finestre in legno con un delicato intreccio di inferiate, tetti con tegole in legno e una torretta panoramica dove si consumava il rito del tè.
Sulla collina c’ è un piccolo tempio, di non grande valore artistico ma molto venerato dalle coppie in cerca di un figlio.
Abbiamo ripercorso la strada a ritroso fino a Fuli dove siamo stati ospitati (si fa per dire perché per il disturbo abbiamo dovuto pagare 10 yuan pro capite!) nell’ abitazione di un medico dove ci hanno offerto un tè ,un enorme pompelmo grande quanto un pallone da calcio e un sacchetto di kumquat dolcissimi.
Abbiamo visitato la casa, che per i nostri standard è poco più che una baracca: la grande cucina è priva di lavandino e di frigorifero, gli animali da cortile entrano in casa indisturbati, gli arredi sono ridotti al minimo, e pensare che è la casa di medici da generazioni !
Giovanna continua a tossire così Lilly le ha proposto una visita dal medico tradizionale cinese e lei ha accettato più per curiosità che per convinzione. Abbiamo raggiunto il rudimentale ambulatorio dove una dottoressa con tanto di diploma ( siamo andati sulla fiducia perché scritto in caratteri cinesi !)l’ ha visitata le ha fatto un energico massaggio poi ha selezionato una ventina di capsule prelevate da altrettante boccette, le ha polverizzate usando un frullatore e con il ricavato ha fatto 2 compresse che ha applicato sulla gola e sulla schiena e non dovranno essere rimosse prima di 48 ore…. Chissà se funzionerà !
Il sole è ormai tramontato, ci siamo diretti sulla riva del fiume, dove due chiatte di bambù ci attendevano, noi siamo saliti su di una mentre sull’ altra c’ era un pescatore con 6 cormorani appollaiati a prua, a cui aveva legato, con una funicella, parzialmente il collo.
Arrivati al centro del fiume il pescatore ha liberato gli uccelli che si sono tuffati. e hanno cominciato a nuotare velocemente sott’ acqua attorno all’ imbarcazione illuminata da una lampara. Quando risalivano in superficie spesso tenevano tra il becco un pesce che inghiottivano a fatica. Abbiamo seguito passo passo questo rituale per più di un’ora nell’oscurità, immersi in un silenzio irreale rotto solo dal motore delle chiatte e dallo sciabordio dell’ acqua; tornati a riva e recuperati gli uccelli li ha afferrati per il collo e ha fatto sputare loro i pesci, trovandosi così con un discreto pescato.
Abbiamo attraversato il paese percorrendo la stessa via che nel pomeriggio era animata da bancarelle e persone ed ora era deserta animata solo dal vociare delle televisioni nelle case con le porte aperte sulla strada.
Rientrati a Yangshuo abbiamo cenato in strada e poi ci siamo concessi una birra in un locale con musica dal vivo ad un volume consono alla nostra età!
MERCOLEDì 18/03/2015
Stamattina solita colazione all’occidentale nel nostro personale salottino e poi abbiamo lasciato con dispiace il confortevolissimo hotel di Yangshuo.
Come promesso Lilly ci ha fatto recuperare ciò che non avevamo fatto il primo giorno così ci siamo fermati in un parco a vedere lo il “Banyan Tree”, un albero considerato sacro, vecchio di 1400 anni, le cui fronde si sono fuse con tronchi secondari quasi a formare un piccolo boschetto con il tronco centrale veramente enorme.
Abbiamo raggiunto la collina della Luna e abbiamo cominciato l’ascesa alla cima fino ad arrivare sotto l’arco di roccia. La salita è ripida, su per un sentiero fatto per lo più di scale, i cui scalini sono viscidi e bagnati tra gli alti alberi di bambù e dove l’ umidità è altissima per tutti i periodi dell’ anno.
Dopo tanti giorni di freddo polare, oggi sembra essere scoppiata l’estate! Il sole non è accecante ma il tasso d’umidità nell’aria rende il tutto molto caldo. Giunti sulla cima abbiamo ammirato uno splendido panorama sulle formazioni carsiche anche se velate dalla foschia. Ridiscesi facendo ben attenzione a non scivolare abbiamo preso il van alla volta di Guilin, fino ad una delle colline circostanti la città: il Yao Shan Park. Abbiamo attraversato una zona disseminata di tombe, come tanti cimiteri che si estendono anche su per le pendici della collina. Sulla sommità della collina venivano sepolti l’imperatore e la sua famiglia, quindi il popolo sceglieva questa zona per seppellire i morti in modo che anche dopo la vita potessero essere vicini al loro imperatore.
Per raggiungere la vetta abbiamo usato una seggiovia sorvolando zone erbose che cominciavano ad essere punteggiate di fiori e di piccoli alberi di pesco fioriti.
Giunti lassù abbiamo potuto vedere diverse statue di Buddah che rappresentano i 12 segni zodiacali dell’ oroscopo cinese, quindi una fontana da cui spuntano le teste dei 12 animali simbolo. Dal punto più alto si sarebbe dovuto vedere tutta la campagna e la città in lontananza ma la foschia di oggi ci ha permesso di vedere solo le cime più prossime.
Sarebbe stato possibile scendere con un toboga ma temevamo fosse pericoloso cosi abbiamo raggiunto il nostro van nuovamente con la seggiovia. Ci siamo fermati per il pranzo alla periferia della città in un locale frequentato da cinesi dove ci hanno servito noodles ottimi a 10 yuan a persona.
Guilin è attorniata da parchi verdi, noi siamo andati a visitare la montagna dell’ elefante, così denominato perchè è caratterizzato da una sporgenza rocciosa sul fiume Li che forma un arco che la rende simile ad un elefante in procinto di abbeverarsi. Il parco è curatissimo con canali attraversati da ponticelli, splendide aiuole fiorite, con meli e aranci carichi di frutti e le immancabili lanterne rosse che si muovono allo spirare della brezza e, tante statue di elefante sul greto del fiume. Una ripida scala ci ha portato sulla testa dell’elefante su cui si trova una piccola pagoda e da cui si gode uno splendido panorama sulla città e sul fiume. Sulla riva sotto le fronde di grandi bambù si trovano una serie di campane tibetane con immagini di Buddha, in diversi atteggiamenti e costumi ma, non siamo riusciti a capire il significato di tutto ciò viste le spiegazioni di Lilly in inglese stentato e la nostra altrettanto stentata comprensione. Passeggiando per i viali siamo stati attirarti da un locale scavato nella roccia da cui usciva l’odore inconfondibile di mosto, infatti a pochi metri c’ era un museo definito del vino. E noi, soci Gowine e degustatori di vino non ci siamo sicuramente lasciati scappare l’occasione di visitarlo! All’interno erano esposte bottiglie, attrezzi per la vinificazione e grandi giare in terracotta dove il mosto veniva lasciato fermentare. Il vino non è un alimento della tradizione cinese, quindi, Arianna ci ha spiegato, che i cinesi definiscono con un unico termine le bevande alcoliche, infatti quello che ci hanno fatto assaggiare è una sorta di acquavite annacquata che costa veramente una fortuna per gli standard cinesi.
Siamo giunti finalmente in hotel, lo “Sapphire”, che si trova in pieno centro, sulla via dove la sera si svolge il mercato, un bellissimo edificio con stanze spaziose, arredamento ricercato e anche un piccolo salottino sulla veranda con confortevoli poltrone su cui rilassarsi.
Un’oretta di relax e siamo scesi in strada dove si stavano allestendo le bancarelle del night market e dove abbiamo adocchiato innumerevoli ristorantini a prezzi economici dove, su un bancone coperto di ghiaccio esponevano il pesce che ci avrebbero cucinato. Giovanna ha acquistato un paio di pantaloni più leggeri perché, se continua il caldo di oggi, si scioglie e, io mi sono regalata una splendida collana di perle di fiume. Alle 20.15 Lilly è venuta a prenderci per portarci all’ imbarcadero per la crociera notturna sul fiume; siamo saliti in barca e abbiamo navigato sulle acque tranquille, attraversando ben due chiuse. La città di notte si veste di colori sgargianti, di giochi di luce che ci accendono e si spengono, che sfumano da un colore all’ altro, fino ad arrivare alle due Pagode del Sole e della Luna, una colore dell’ oro e una dell’ argento e poi più giù edifici storici dove figuranti ballavano, suonavano e davano vita ad una sorta di spettacolo di cui noi non abbiamo capito nulla perché c’ era uno speaker ma parlava solo cinese e non avevano neppure un opuscolo di ciò che è stato spiegato scritto in inglese. La chiatta era pressoché a livello dell’ acqua, quindi, se volevi vedere qualcosa bisognava spostarsi a prua, in piedi, tra una marea di cinesi che non disdegnavano di darti uno spintone per farsi largo e per poter scattare una foto con le loro faccette da circostanza. Siamo scesi affamati come lupi ed abbiamo raggiunto uno dei ristorantini adocchiati nel pomeriggio, abbiamo assaggiato i celebri spaghetti di Guilin, che sono però sono in brodo e non ci sono piaciuti un granchè e poi calamari e verdure alla brace, cozze della dimensioni delle capesante, una mangiata memorabile a40 yuan a testa, 3 birre comprese. Quattro passi per il mercato per digerire tra i banchetti che stavano ormai ritirando la merce prima di ritirarci in hotel.
GIOVEDì 19/03/2015
Il tempo non è più quello di ieri, il cielo è nuvoloso e scuro e minaccia pioggia. Oggi è giornata di transito, occorreranno circa cinque ore per raggiungere la dorsale del Drago, quindi per spezzare un po’ il viaggio ci siamo fermati a visitare una “Tea Farm”.
Ci ha accolto un’impiegata che indossava costumi tradizionali Yan, una delle minoranze etniche che popolano queste montagne e, dopo averci fatto indossare i tipici cappelli di paglia a cono ci ha condotto nelle coltivazioni di tè, spiegandoci il metodo di coltivazione, quali siano i vari tipi di tè e quali proprietà abbiano. Siamo quindi passati nel negozio dove ci ha fatto degustare alcune varietà di tè verde, perché a primavera si raccoglie il tè verde, il tè nero si consuma in autunno dopo averlo lasciato stagionare alcuni mesi, quindi ci ha nuovamente descritto il rito del tè e quanto deve essere lasciato in fusione. Stavolta non abbiamo avuto il coraggio non acquistare, quindi abbiamo acquistato 3 confezioni di tè da 40 gr l’ una per 200 yuan, una follia! Quando si parla di Cina si immagina il cinese tipico con una tazza di tè tra le mani ed è inconcepibile il costo tanto elevato, visto che lo producono; è un bene di super lusso, se paragonato al costo della vita! Quando la strada si è inoltrata tra le montagne è cominciato a piovere ed è calata una fitta nebbia; abbiamo attraversato piccoli centri rurali che sono un cantiere a cielo aperto, costruiscono case e palazzi ovunque, ponti, intere colline sono disalberate ed erose come una cava e la strada è per lunghi tratti sterrata e tutta una buca perché ne stanno costruendo una più agibile per raggiungere la zona delle risaie dove il turismo sta cominciando a prendere piede.
Verso le 2 siamo giunti a Singjin e non abbiamo trovato un ristorantino per fare uno spuntino così comprate 4 banane e con un po’ di frutta rimasta abbiamo tappato il buco ed abbiamo proseguito per Ma’An. Per entrare in paese si paga un biglietto d’ ingresso, quindi abbiamo attraversato un ponte in legno coperto ed abbiamo raggiunto il nostro hotel il “Dong Village” che si affaccia sul fiume ; è una costruzione in legno, ricorda un po’ le baite di montagna, è più rustico rispetto a quelli dei giorni precedenti ma confortevole e caldo con un terrazzino che si affaccia sul fiume dove grandi ruote di legno portano su l’acqua per l’ irrigazione. Posate le valigie, siamo usciti per visitare il paese dove vivono i Dong, una minoranza etnica che veste ancora i costumi tradizionali e vive in grandi case costruite in legno ; i Dong sono grandi falegnami e costruiscono usando incastri senza l’ ausilio dei chiodi. Le vie tortuose tra le case sono popolate per lo più da vecchi afflitti da una spiccata artrosi deformante e soprattutto tanti bambini che scorazzano allegri e che ci osservano di sottecchi dalle finestre incuriositi visto l’ esiguo numero di turisti occidentali. La maggiore attrazione del paese è il ponte di Chengyang ovvero il ponte della Pioggia e del Vento costruito in legno oltre 100 anni fa, un’ opera veramente mirabile. Sul ponte molte donne nei tipici costumi vendevano oggetti d’ artigianato e indumenti dai colori sgargianti. Abbiamo camminato pigramente lungo il fiume e tra le viuzze strette, fermandoci spesso a scattare foto fino a giungere in una sorta di piazza dove troneggia una alta pagoda in cui è custodito un vecchio tamburo che viene suonato solo nelle feste del paese. All’interno uomini giocano a carte e guardano una partita di calcio alla tv, mentre fuori le donne anziane costruisco una sorta di portafortuna con piume e nastrini.
Lilly, come sempre era stanca morta così ha cercato di parcheggiarci nel primo ristorante trovato sulla strada ma i prezzi erano alti e il locale non uno dei migliori così l’abbiamo congedata, dopo averla tranquillizzata che avremmo trovato la strada per l’ hotel e siamo andati tranquillamente alla ricerca del ristorante.
Poco distante dal primo abbiamo trovato un posticino grazioso con grandi tavoloni di legno con i prezzi più convenienti, abbiamo mangiato ottimo pesce e anatra con meno di 10 € in 2. Abbiamo anche provato il vino locale: imbevibile, all’olfatto si sentiva solo odor di muffa, il gusto era marsalato con una punta d’ acido… per fortuna ne abbiamo ordinato un solo bicchiere!
Siamo usciti dal ristorante che erano da poco passate le otto ma le strade erano ormai buie e deserte e non ci è rimasto altro da fare che rientrare in hotel.
Stasera, telefonando ad Arianna, ci ha raccontato che Tina, giunta all’ aeroporto di Nizza ha subito un controllo da parte della dogana e le hanno sequestrato tutti gli oggetti acquistati, anche un borsone palesemente falso acquistato al mercato di Mondovì.
VENERDì 20/03/2015
Alle 8.30 avevamo già fatto colazione così aspettando Lilly siamo andati a zonzo per il paese e, al di là di un altro ponte in legno abbiamo scoperto un’altra piazza con una grande pagoda ancora in costruzione e un pozzo antico; poco più in là un grande spiazzo attorniato da un corridoio coperto e con un palco sul fondo.
Siamo tornati in hotel verso le 10 dove ci attendeva Lilly che ci ha nuovamente condotto nella suddetta piazza per assistere allo spettacolo folcloristico dei Dong. Gli artisti sono scesi tra il pubblico e ci hanno letteralmente cacciato in gola un sorso di acquavite come benvenuto poi hanno preso a danzare al suono di strumenti fatti con le canne del bambù. Lo spettacolo è terminato in una sorta di girotondo in cui abbiamo ballato con gli artisti e il pubblico, poi siamo stati oggetto di attenzione di un gruppo di turisti cinesi che hanno fatto a gara a scattare foto con noi perché occidentali e, soprattutto perché bionde ; per i cinesi è una sorta di portafortuna una foto con un’ occidentale! Abbiamo lasciato Ma’An tramite la strada dissestata percorsa ieri fino a Sinjing e ci siamo fermati a vedere il grande ponte della Pioggia e del Vento un’imponente opera d’ingegneria ultimata in un solo anno una decina di anni or sono; è la più grande costruzione in legno della Cina infatti oltre alle 2 corsie per le auto ci sono due spaziose gallerie coperte per i pedoni e al centro un’alta torre sormontata da due draghi portafortuna. Impieghiamo tre ore per arrivare a Dazai percorrendo una stretta strada tortuosa tra le montagne; il cielo grigio di nubi, man mano che si saliva è divenuto nebbia. Ci siamo fermati per il pranzo in un posto sulla strada dove un paio di cinesi stavano pranzando a fianco ad un braciere acceso; per noi hanno aperto una polverosa sala con un grande tavolo rotondo, la teiera con acqua calda che ci hanno portato era praticamente coperta di fuliggine, così sporca che le dita si attaccavano sul manico; il cibo era buono ma l’igiene discutibile!
Sulla strada abbiamo fatto tappa in un villaggio yuan, un’altra minoranza etnica, in cui le donne tengono i capelli lunghissimi, che tagliano solo una volta nella loro vita a 18 anni e poi raccolgono in una crocchia avvolta in giro alla testa.
Scesi dall’auto siamo stati assaliti da un gruppo di petulanti signore dagli abiti sgargianti che volevano che comprassimo cartoline ed altri souvenirs. Siamo giunti a Dazai su per un ultimo tratto di strada sterrata ricoperta di fango, che l’autista titubante avrebbe voluto evitare ma Lilly, acciaccata sempre da mille bu-bù, lo ha fatto salire fino alle porte del villaggio, perché da lì in poi ci sono solo sentieri percorribili a piedi.
Il nostro hotel è sito su di una collinetta con una bella vista sulle risaie, se solo non ci fosse tutta ‘sta nebbia! L’edificio è nuovo con stanze eleganti ma con una puzza di muffa da togliere il fiato, tanto che, malgrado le temperature invernali, abbiamo dovuto lasciare le finestre aperte a cambiare aria per poi accendere il condizionatore per riscaldare un poco l’ ambiente.
Il paese è costituito da un nugolo di case, non c’è un negozio, né un bar, neppure una delle solite bancarelle che vendono carabattole da turisti. Malgrado la nebbia non ci permettesse di vedere che a pochi metri dal nostro naso, siamo comunque andati a fare la passeggiata prevista fra le risaie ; ci siamo avventurati su per un ripido sentiero scivoloso, in uno scenario irreale, fino ad un altro piccolo centro abitato, probabilmente un po’ più animato del nostro; avremmo voluto bere una birra in un bar ma abbiamo preferito tornare indietro per paura dell’ oscurità incombente. Il nostro hotel è l’ unica possibilità di ristoro, quindi siamo rimasti nella sala gelida a sorseggiare un tè che la ragazza della tea farm aveva regalato a Lilly. Una doccia più per ingannare il tempo che per necessità, poi alle otto siamo scesi per cena anche se ancora sazi del pranzo. Abbiamo mangiato bene anche se i prezzi qui sono decisamente più alti che altrove, poi ci siamo rifugiati in camera perché nel salone faceva un freddo polare!
SABATO 21/03/2015
Anche stamattina è tutto ammantato dalla nebbia e dal cielo scende anche una lieve pioggerellina, abbiamo fatto colazione con un pancake gommoso e poi, con una titubante Lilly, abituata a turisti americani che preferiscono mangiare e bere piuttosto che faticare per andare a vedere le bellezze di questi luoghi, ci siamo avviati su per i ripidi sentieri che conducono ai due punti panoramici.
Abbiamo raggiunto il punto panoramico n° 2 ma la visibilità era sempre ridotta. Siamo scesi al paese raggiunto ieri e qui la nebbia ha cominciato a salire aprendo ai nostri occhi uno scenario veramente mozzafiato: montagne a perdita d’occhio tagliate a terrazze che serpeggiano seguendo la morfologia delle montagne stesse come un enorme serpente attorcigliato su sé stesso. Le terrazze sono coperte di erba dal verde brillante perché il riso deve ancora essere seminato, alcune sono allagate e i timidi raggi di sole che si fanno largo tra le nuvole, le fanno brillare come specchi ; la cima delle colline è spianata e coperta dal manto erboso e talvolta un albero.
Rallegrati del cambio di tempo siamo saliti fino al punto n° 1 e siamo rimasti a lungo a godere di questo particolare spettacolo dell’ ingegneria umana..
Siamo scesi giù per un tratturo dove spesso dovevamo far largo ad asini con il basto carico, utilizzati come unico mezzo di trasporto tra questi viottoli impervi a qualsiasi mezzo a motore.
Abbiamo spesso anche incontrato anziane signore con grandi gerle sulle spalle che portano fino al villaggio il bagaglio ai turisti per quattro soldi ; è una cosa che mi ha dato veramente fastidio vedere giovani vigorosi salire spediti liberi di quelle cose che potrebbero essere superflue e persone anziane schiacciate sotto il peso dei loro bagagli per guadagnare il necessario per sopravvivere !
Abbiamo raggiunto un’ altra borgata, ci siamo fermati per pranzo poi abbiamo ripreso l’auto fino a Ping’ An.
Il paesino sembra bellissimo, forse perché illuminato dalla luce del sole, animato da turisti che affollano i negozietti e le bancarelle i cui abitanti di etnia Zhuang, con gli abiti colorati e i loro foulard sui capelli camminano curvi con grandi gerle sulle spalle, ed enormi fasci d’erba.
Abbiamo raggiunto il nostro hotel percorrendo una scala in salita fino alla parte alta del paese, una costruzione dagli interni in legno; le stanze sono dotate di una terrazza che si apre sullo spettacolo delle risaie, unico neo le due stanze sono comunicanti ed abbiamo il bagno in comune.
Un breve attimo di relax poi ci siamo divisi: Giò ed Enzo sono andati a far foto approfittando della calda luce pomeridiana alle risaie ed io e Giovanna ci siamo dilettate negli ultimi acquisti rigorosamente non contraffatti visto quello che è capitato a Tina! Visti i prezzi convenienti e il locale carino abbiamo deciso di fermarci in hotel per la cena. Mai avuta idea peggiore! Il locale era stracolmo di turisti tedeschi con una guida locale che faceva loro da tramite. Il personale assolutamente disorganizzato e confusionario continuava a correre a vuoto da una parte all’altra del locale tanto che a Giò hanno portato quasi subito la sua porzione di ravioli, dopo più di un’ora mi hanno portato una teiera di tè, quando io avevo chiesto un bicchiere di tè allo zenzero, il tutto reso difficile dal fatto che nessuno conosceva un solo vocabolo d’ inglese: Giovanna si è alterata perché quando Giò aveva già pressoché digerito la cena, lei ed Enzo non avevano ancora messo nulla nello stomaco; abbiamo perso la pazienza ,abbiamo pagato ciò che abbiamo consumato e siamo usciti alla ricerca di un altro posto dove potessero mettere qualcosa sotto i denti.
Poco distante, su di una terrazza che si affaccia sulla via, abbiamo trovato una locanda che a tempo record ha servito ottimi noodles e riso a prezzi ugualmente economici.
DOMENICA 22/03/2015
Colazione davanti allo spettacolo mozzafiato della parte migliore della Dorsale del Drago. Alle nove siamo partiti per la nostra passeggiata nel verde della campagna. La strada in salita ci ha portato fino al primo punto panoramico poi abbiamo proseguito su di un sentiero lastricato tra i terrazzamenti che ad ogni angolo si apriva davanti ai nostri occhi un panorama sempre diverso.
Sulla nostra strada abbiamo incrociato tre donne di etnia yao, che, con un’offerta si sono sciolte la loro lunga chioma e ci hanno mostrato la lunghezza dei loro capelli. Abbiamo raggiunto il punto panoramico denominato dei 3 draghi e delle 5 tigri e qui lo scenario che si apre ai nostri occhi è sbalorditivo, il migliore di tutti quelli visti fin’ ora! Oltre al serpeggiare concentrico delle terrazze, le risaie erano completamente allagate popolate da nugoli di girini che muovevano frenetici la loro codina, cascatelle d’ acqua scendevano alimentandole dall’alto al basso, e camminare in questo paesaggio da fiaba è stato magico! Siamo rientrati in hotel, abbiamo recuperato i bagagli ed abbiamo continuato la nostra passeggiata sul versante opposto. Dopo più di un’ ora di cammino siamo arrivati ad un borgo antico dove si trova una casa nobiliare in legno di oltre 150 anni. Ci siamo fermati a mangiare più per compiacere Lilly che per una nostra reale esigenza, infatti essendo abituata agli stomaci dei turisti americani teme di farci patire la fame. Ci siamo così fermati in un edificio di recente costruzione che a noi pareva un ristorante ma quando gli abbiamo chiesto del pollo ci hanno risposto di dar loro il tempo di ucciderlo, il riso sono andati a prenderlo chissà dove e, se abbiamo voluto mangiare un piatto di noodles Lilly è dovuta andare in cucina ad aiutarli: probabilmente era un’ abitazione privata! Da qui la strada comincia a scendere, le risaie hanno lasciato il posto a campi coltivati, piccoli orticelli dove contadini curvi lavoravano coadiuvati da asini. Giunti nel villaggio in fondovalle l’ autista ci attendeva e con un viaggio di due ore siamo arrivati all’ aeroporto di Guilin, ben 3 ore prima del nostro volo. Abbiamo salutato e ringraziato Lilly per averci seguito in un viaggio non sempre facile e in cuor nostro abbiamo tirato un sospiro di sollievo ; infatti abbiamo scelto Lilly consultando Tripadvisor e, visto che molte guide consultate prima ci mandavano il preventivo poi non si facevano più sentire abbiamo temuto di tutto: che non si presentasse ad accoglierci, che sparisse con i nostri soldi, invece, fortunatamente si è rivelata una guida precisa, affidabile, pronta a soddisfare ogni nostra esigenza. L’ aeroporto di Guilin è uno squallore, neppure un negozietto per ingannare l’ attesa e, per di più l’ aereo aveva una mezz’ ora di ritardo! L’aereo è decollato che erano quasi le otto ma siamo arrivati a Shanghai alle 22.30, quasi puntuali, abbiamo ritirato i bagagli ed è cominciata l’ avventura per rientrare in hotel.
Forti ormai di conoscere i mezzi pubblici della metropoli avevamo preventivato di usare il Maglev fino al capolinea, quindi la metro conoscendo la stazione d’ arrivo e quella in cui bisogna cambiare linea.
Arrivati in biglietteria una scortesissima impiegata, con nessuna voglia di farsi comprendere, ci ha detto che a quell’ ora non c’ erano più corse con il Maglev, né con la metropolitana, unica alternativa l’ autobus.
Siamo usciti dall’ aeroporto, seguendo la marea di cinesi, da un‘uscita secondaria e qui, essendo inequivocabilmente turisti, siamo stati adescati da un gruppo di taxisti abusivi che ci hanno chiesto una cifra spropositata. Abbiamo cercato di capire quando partisse l’ autobus, dove ci avrebbe portato, dove si doveva fare il biglietto ma nessuno parlava una parola di inglese, solo un paio di ragazzi che però ci hanno fornito notizie discordanti.
A questo punto abbiamo contrattato allo sfinimento e ci siamo fatti portare in hotel per 300 yuan.
La corsa su di una sopraelevata quasi deserta è durata quasi un’ ora, quindi giunti in hotel abbiamo “litigato” con l’ ascensore, prima abbiamo sbagliato il piano, poi siamo rimasti schiacciati con i nostri voluminosi bagagli tra le porte un paio di volte e, finalmente a mezzanotte eravamo straiati nel letto.
LUNEDì 23/03/2015
E’ il nostro ultimo giorno in Cina! Abbiamo atteso in hotel Arianna e Sabrina con una valigia piena zeppa di cose da riportare in Italia ; abbiamo fatto colazione quindi abbiamo preso la metro in direzione Qibao, un antico quartiere della città affacciato sui canali. Il quartiere è fatto basse casette tradizionali completamente rifatte, probabilmente ad uso e costume dei turisti; la strada principale è animata da botteghe di souvenir e oggetti d’artigianato, piccoli ponti curvi congiungono le due sponde del canale, dove imbarcazioni in legno portano i turisti per un brevissimo tratto.
Dopo una piccola piazzetta, c’è il ponte e da qui la zona del cibo: ogni banchetto offre un piatto tipico. Come sempre in queste strade trovi qualcosa di unico e di alettante da assaggiare, anche le ragazze hanno trovato qualcosa di nuovo da provare; l’unico neo di questi posti è la folla! La via è stretta e vieni letteralmente trascinato via da una fiumana con gli occhi a mandorla!
E’ veramente incredibile quanti turisti si riversino sulle strade di questo quartiere malgrado sia lunedì mattina del periodo meno turistico dell’ anno! Abbiamo visitato il tempio buddista, una pagoda moderna dove un buon numero di fedeli erano raccolti in una sala in cui un monaco recitava preghiere.
Abbiamo assaggiato vari cibi e poi ci siamo spostati sul Bund, per passeggiare finalmente sotto il sole per goderne il tepore. I grattacieli di acciaio e vetro brillano sotto i raggi del sole e si riflettono sulle acque del fiume solcato da chiatte e navi mercantili rendendolo argenteo. Abbiamo ripercorso al tramonto East Nanjing Road e mentre calava l’oscurità si accendevano le luminarie sui palazzi in un tripudio di colori fluorescenti; abbiamo raggiunto il Fake Market ma stavolta gli acquisti sono stati limitati perché, visto quello che è capitato a Tina, abbiamo già speso anche troppo temendo che ci sequestrino tutto! Come ultima cena le ragazze ci hanno portato in un locale vicino all’ università ad assaggiare un’ altra specialità: la malatang ovvero la zuppa pepata-piccante :c’è un pentolone di brodo bollente e ogni commensale, con un cestino, sceglie gli ingredienti per comporre il suo piatto, lo porta alla cassa, paga ed aspetta che gli venga servita la zuppa fumante. Gli ingredienti sono vari: ogni genere di verdure, uova, wurstel, tofu, spaghetti, trippa, polpette, surimi, per un prezzo complessivo di 2 0 3 euro.
Terminata la cena è arrivato il doloroso momento del commiato; è stato bellissimo trascorrere questa vacanza con la nostra bambina, che non vedevamo da così tanto tempo e soprattutto conoscere la Cina con gli occhi da chi ci vive da oltre un anno, ma è stato molto doloroso partire senza riportarla a casa.
Siamo tornati in hotel abbastanza agilmente perché la metropolitana comincia ad esserci famigliare!
MARTEDì 24/03/2015
La sveglia è suonata alle 5, ci siamo vestiti con più indumenti possibile per evitarne il sequestro alla dogana e per alleggerire il peso delle valigie faticosamente chiuse ieri sera e alle 5.30 eravamo in strada per raggiungere l’ aeroporto di Pudong. La prima corsa della metro è alle 6, quindi la stazione è particolarmente poco affollata, abbiamo fatto i biglietti e preso il primo convoglio, cambiato a piazza del Popolo, quindi abbiamo raggiunto la stazione del Maglev malgrado 2 valigie a testa e gli zaini colmi. A 300 km/h in otto minuti abbiamo raggiunto l’aeroporto, ci siamo messi in coda per fare il check-in timorosi di sforare con il peso dei bagagli, che non hanno neppure considerato, anzi, stranamente ci hanno permesso di imbarcare un secondo bagaglio, portando così come bagaglio a mano solo lo zaino. Ci siamo imbarcati puntualmente ma dopo mezz’ora di attesa il capitano ha annunciato di avere a bordo un passeggero con problemi di salute ed ha chiesto se c’ era un medico a bordo, quindi è stata chiamata un’ambulanza e lo hanno ricoverato in ospedale, accumulando quasi 2 ore di ritardo. Dubbiosi sull’ ora del nostro arrivo, abbiamo contattato Roberto che avrebbe dovuto venire a prenderci a Nizza di attendere notizie prima di partire, quindi alle 11 siamo finalmente decollati.
E’ stato comunque un volo piacevole: ottimo cibo, buon vino (finalmente!), film recenti ma l’ aereo non ha recuperato neppure in parte il ritardo accumulato.
Siamo atterrati a Zurigo verso le 5 proprio poco dopo che il volo per Nizza era partito, quindi abbiamo cominciato a girare per l’ aeroporto cercando gli uffici della Swiss Air per capire quale sarà la nostra sorte.
L’ aeroporto di Zurigo è l’emblema della precisione svizzera, nuovissimo, lindo, organizzato, quasi deserto dopo le folle di cinesi incontrate ovunque! Arrivati al banco della compagnia di bandiera abbiamo trovato un impiegato che parlava italiano, l’aereo per Milano delle 20 era già al completo, il prossimo per Nizza sarebbe stato il pomeriggio successivo, quindi, dopo mille tentativi, abbiamo trovato un volo per Roma, e da lì avremmo raggiunto Genova in mattinata avvalendoci di un’ altra compagnia aerea, infatti Swiss Air non vola su Genova, rendendo almeno il rientro a casa il più breve possibile.
Ci hanno dato i vouchers per la cena ed il pernottamento, abbiamo atteso più di un’ora la navetta che ci portasse in hotel, il classico hotel confortevole anche se anonimo, sorto come sistemazione di passaggio per agenti di commercio nelle vicinanze degli aeroporti.
A questo punto sono quasi 24 ore che siamo svegli, in aereo abbiamo riposato pochissimo,e non ci reggiamo più in piedi!
La cena è stata al limite della dieta, visti i prezzi, quello che ci è stato offerto è stata solo una scelta tra le 3 portate più economiche.
Alle nove, finalmente in stanza, una doccia, senza poter cambiare la biancheria, perché avendo imbarcato anche i bagagli a mano, non avevamo nulla per cambiarci, neppure lo spazzolino.
E domani un’ altra levataccia!
MERCOLEDì 25/0372015
Sveglia alle 5.30, colazione a buffet e via in aeroporto; alle 7.20 siamo partiti per Roma e alle 9 siamo atterrati sul suolo patrio.
Abbiamo raggiunto il banco dell’ Alitalia per fare la carta d’imbarco e, passeggiando per le eleganti boutiques di Fiumicino, abbiamo atteso l’ ultimo volo che ci avrebbe condotto finalmente a casa.
Siamo partiti con un’ ora di ritardo e il volo è stato terribile perché le raffiche di vento hanno fatto tremare l’ aereo in modo terribile ; riusciti a scendere incolumi dall’ aereo alle 12.30, le nostre disavventure non erano ancora finite: nessuno dei nostri 6 bagagli è arrivato, si sono arenati a Fiumicino !
Abbiamo dovuto compilare il rapporto di smarrimento, ci hanno assicurato che in un paio di giorni ci verranno recapitati a domicilio ma, essendosi fatti lasciare le chiavi dei lucchetti, temiamo che la dogana li voglia perquisire e, come è capitato a Tina; ci sequestrino tutti i nostri acquisti !
GIOVEDì 26 /03/2015
Alle 14.30 è suonato il citofono e il corriere ci ha consegnato le nostre valigie, che non sono state aperte, quindi con tutto ciò che abbiamo acquistato in Cina. Finalmente una cosa positiva di questo malcapitato viaggio di ritorno!
CONCLUSIONI
Non ho mai pensato alla Cina come un luogo da sogno, da mettere in cima alle mie preferenze di viaggio, poi Arianna ha intrapreso i suoi studi ed attraverso lei mi sono avvicinata a questa cultura millenaria, lontana anni luce dalla nostra.
La Cina è un paese immenso, dove si trovano una miriade di panorami e luoghi differenti, tanto differenti da non sembrare appartenere alla stessa nazione.
Malgrado siamo rimasti in Cina quasi 3 settimane abbiamo potuto vedere solo piccoli frammenti di quest’ immenso territorio, posti bellissimi ma completamenti differenti l’uno dagli altri.
Shanghai, grande metropoli, centro del progresso e della modernità cinese, dove troneggiano i più grandi grattacieli dell’ Asia, tanto da far invidia alle metropoli americane; città frenetica che non si ferma mai, dove fiumane di persone riempiono le strade, le 16 linee della metropolitana, le stazioni e il Maglev, il treno monorotaia più veloce al mondo. Nella Concessione Francese ci sono le rassegne delle boutiques dei più famosi stilisti di tutto il mondo e la notte si accende di luci psichedeliche quasi fosse un enorme albero di Natale.
Pechino invece ha un fascino tutto suo, in cui si alternano a poche centinaia di metri le une dalle altre, zone popolari con grandi grattacieli simili a cellette di un alveare, altre chic dove fanno bella mostra di sé atelier delle più celebri griffes, e poi gli hutong, zone ancora costituite da casette grigie ad un piano con la corte interna dove la borghesia risiedeva prima della rivoluzione culturale e ora versano in uno stato di degrado, in cui i panni sono appesi alle finestre e gli anziani sfidando le temperature rigide sono seduti sulla porta di casa. Fin dalle prime luci del mattino si animano di bracieri, pentoloni colmi di olio, pile lunghissime di cestelli per la cottura al vapore dove cuociono ogni genere di cibo.
Pechino è il verde dei suoi parchi e il luccichio dei suoi laghi dove le persone si ritrovano per praticare attività fisica come il ballo e il taichi ma soprattutto Pechino è storia e cultura con la magnificenza dei suoi palazzi, i suoi fregi, i suoi templi, testimoni di una cultura millenaria
E poi la Grande Muraglia forse l’opera più imponente costruita per mano dell’uomo, un serpente infinito adagiato su ogni collina a perdita d’ occhio…
Xian è forse la città più cinese che abbiamo visitato dove il caos regna ovunque, il traffico intenso dove poche sono le auto, tanti gli autobus stracolmi e i tuk-tuk che sfrecciano per ogni direzione incuranti delle regole della circolazione.; il quartiere mussulmano è sicuramente il più variopinto night market visitato, con una varietà di cibo inimmaginabile.
Bellissime le mura ancora intatte da cui si gode un panorama meraviglioso e che dire dello spettacolare Esercito di Terracotta, 6000 guerrieri a grandezza naturale posti 2200 anni fa a guardia della tomba di un belligerante imperatore.
La regione dello Ghuanxu è invece tutt’ altra cosa, qui è campagna, è natura, è il verde dei campi coltivati, è l’ arancione degli agrumi, è la terra di chi si spezza la schiena per coltivare risaie grandi quanto un fazzoletto strappate alla parete della montagna tramite ingegnosi terrazzamenti.
Qui vivono minoranze etniche ancora tenacemente legate alle loro tradizioni, ai loro costumi non come nelle grandi città dove i cinesi tentano di emulare il più possibile i modelli occidentali perdendo molto della loro identità
Ma qui la vita è dura, l’ unico mezzo di trasporto su per le montagne della Dorsale del Drago è l’ asino, ma spesso si fa tutto da sé potando enormi gerle sulla schiena e spesso anche le valigie dei turisti per guadagnare qualcosa.
Il paesaggio è fiabesco ripidi picchi con le punte arrotondata si specchiano nelle luccicanti acque dei fiumi su cui navigano pigre zattere sospinte da barcaioli muniti di lunghi bastoni di bambù.
Che dire della popolazione: sono come uno sciame di api operarie sempre in movimento, sempre al lavoro, all’ alba i negozi e luoghi di ristoro sono già aperti e rimangono aperti fino a tarda notte, il tutto per 7 giorni su sette. Vanno tutti talmente di corsa che su per le scale mobili delle stazioni del metrò rischi di venire travolto, così sui mercati, le auto sono incuranti dei semafori, quindi, tu pedone guarda sempre bene prima di attraversare anche se il tuo semaforo è verde.
Sono in genere molto cordiali verso gli occidentali e spesso si fermano a parlare quando riescono a mettere insieme quattro parole d’ inglese, anche se sono veramente pochi quelli che lo parlano.
Uno degli ostacoli maggiori per chi viaggia in autonomia è proprio il farsi comprendere pochissimi taxisti parlano inglese, le indicazioni stradali, i menù in quasi tutti i ristoranti sono scritti con i loro caratteri impossibili da decifrare.
Ma la Cina non è solo questo ci sono decine di altri posti che ora avrei la curiosità di visitare : scalare la vetta del Taishan, salire sui Monti Gialli, attraversare le foreste di bambù dove vive ancora il panda nel Sichuan, raggiungere la culla del konfù a Shaolin, camminare per le strade di Ping shao, una delle più antiche città conservate… quindi arrivederci Cina!