Diario di bordo di un sogno infranto, ma sempre un sogno

Sarei stata il ventesimo viaggiatore ma... Il sogno di una vita si è sgranato dal Mpumalanga al Blyde River Canyon. In volo verso Port Elizabeth e via sulla Garden route con il trenino verso Knysna George. Cape Agulhas il punto più meridionale dell'Africa. Con la route 62 si arriva nel villaggio dei poeti Montagu e gli ultimi giorni l'incontro...
Scritto da: orietta44
diario di bordo di un sogno infranto, ma sempre un sogno
Partenza il: 05/07/2005
Ritorno il: 19/07/2005
Viaggiatori: 19
Spesa: 3000 €

Giugno – Luglio 2005

24 giugno, venerdì, finalmente siamo a meno dieci: il 5 luglio si parte per il Sud Africa. Ma non è vero, una stupida caduta uscendo da un ufficio ed addio viaggio, ferie, sogno costruito giorno per giorno. Caduta, dolore, svenimento, pronto soccorso: 15 giorni di gesso, distorsione al ginocchio. Va bene, ma non è detto che finisca qui. Prenoto una visita specialistica per il 27, lunedì, con la speranza che il mio ortopedico guardi e dica “signora non c’è problema parta pure”. Il “parta pure se se la sente“ viene detto, tuttavia con un’ulteriore prognosi di 20 giorni, con tutore “….e a suo rischio e pericolo”. Martedì alle nove telefono in agenzia e disdico, però con un’ultima speranza “se il 7 mi tolgono il gesso, prenoterei per Cape Town per lunedì 11 luglio, così raggiungo mio marito” “Che bella idea – dice Sonia dell’agenzia – non c’è alcun problema, aspetto la sua telefonata, nel frattempo disdico la sua partecipazione al viaggio in partenza il 5.” Ma il sette luglio la prognosi non è di guarigione, ma di infrazione alla rotula. Ancora dieci giorni di gesso e poi un periodo più o meno breve di riabilitazione in piscina; finalmente una buona notizia. E adesso cosa faccio? Non mi perdo d’animo: viaggerò con il cuore. Il divano del tinello, dove trascorro le mie giornate, diventa i luoghi delle mie vacanze tanto attese: Stendo il programma del viaggio, la guida del Sud Africa che mi hanno regalato e l’ultima enciclopedia, in due volumi, del continente Africano e comincio a sognare, rubando informazioni anche alle telefonate di mio marito. Posso seguire passo passo il gruppo.

Martedì 5 luglio imbarco a Malpensa per Francoforte. I venticinque si ritrovano dopo Capo Nord, battute scherzose sulla mia assenza, ormai un’abitudine spiacevole dall’anno scorso, un ultimo caffè italiano sull’aereo ed arrivo a Francoforte. Spostamento attraverso i lunghi corridoi con tanta pubblicità alle pareti musica di sottofondo, tapis roulant per chi non vuole stancarsi. C’è tempo: ci si imbarca alle 20.30. Un’occhiata di passaggio al duty free, due giornali italiani, un ultimo acquisto veloce, mentre le valigie al limite dei 15 kg. Sono già nella pancia dell’aereo della South Africa Airways. E’ ora. Senza fretta si sale la scaletta: non è un aereo molto spazioso. Lo spazio tra i sedili è un po’ limitato. Pazienza, alle venti e quarantacinque si decolla e via, giù per quel continente tanto sognato, giù verso il Capo di Buona Speranza che ricorda le grandi traversate e “il doppiare il Capo” del XV e XVI secolo. Giù verso quel paese dalle mille contraddizioni e conosciuto in positivo attraverso alcune grandi figure, Mandela, Klerk, Barnard ed in negativo attraverso una parola piccola, ma terribile “apartheid”. Giù verso un ambiente particolare con le sue etnie, le sue culture, i suoi drammi, le sue conquiste. Giù verso quel veld tanto sognato e letto e visto con gli occhi della mente, dove il binomio indissolubile Africa /Natura è presente. Alle sette e trenta del sei luglio si atterra a Johannesburg, dopo una cattiva notte il cui attore principale è stato il poco spazio tra i sedili. Anche se la temperatura è fresca ed invernale, il cielo azzurro d’Africa saluta il gruppo. E il sorriso ritorna. Niente sonno, non c’è problema: stanno calpestando la terra sudafricana. Dopo il recupero dei bagagli, un bus climatizzato aspetta i viaggiatori con una guida con stretti rapporti con l’Italia. Dopo 280 km di appisolamento tra una descrizione ed una informazione della guida sui dintorni, ecco il lodge di legno marrone scuro, su una specie di palafitte con tante scalette, terrazze e finestre. Una rinfrescata, veloce apertura delle valigie per togliere la giacca a vento leggera e al tramonto si parte per il primo safari fotografico. Le jeep sono pronte per entrare nel veld su sentieri sterrati che tagliano il parco. Ai lati la savana con i suoi colori e sopra il cielo d’Africa chiaro, grande e accogliente per chi lo ama. Ed ecco alcuni big-five, la categoria dei cinque grandi animali – leoni, elefanti, bufali, rinoceronti e leopardi -. Una famiglia di elefanti attraversa tranquillamente la strada. Un gruppo di giraffe maculate si muove elegantemente, mentre le macchine fotografiche e le cineprese non le abbandonano un attimo. Da lontano si può fotografare un ghepardo che attraversa la savana, e più avanti un grosso e grasso rinoceronte attira l’attenzione. Ma non sono solo gli animali che interessano i viaggiatori, ma soprattutto la natura con i suoi colori, con i suoi odori, con la luce del tramonto e dell’alba e con i suoi rumori; le guide che si danno la voce da una jeep all’altra, i ranger che seguono il convoglio, il canto degli uccelli e il richiamo dei grandi animali. Scendono le prime ore della sera e si deve rientrare. L’Africa vuole presentarsi nella sua complessità: da un cielo inizialmente imbronciato, un’acqua torrenziale si scarica sulla savana. Le jeep sono pronte, le guide sanno che a luglio il tempo è variabile. L’acqua si acquieta e coperti da simpatici impermeabili gialli, si riparte. Pochi chilometri e una natura bagnata con le sue foglie argentate, si presenta ai viaggiatori. Gran parte degli animali sono nascosti, solo le giraffe salutano. Ma ecco un altro imprevisto, una foratura nel fuoristrada di testa e il piccolo convoglio si ferma: gli uomini del gruppo scendono dalle jeep interessatissimi, pronti a dare consigli e a commentare con termini tecnici l’accaduto e, si spera, ad imparare dal self control delle loro guide come affrontare col sorriso sulle labbra una gomma bucata. Pochi minuti e si riparte. E’ il tramonto e l’accesso al parco ormai è proibito, il lodge si intravede vicino. Una calda, rilassante doccia prima della cena, fuori, con le luci che illuminano i tavoli, le sagome degli alberi e il profilo della savana lontano.

8 luglio Sveglia all’alba, jeans di velluto, camicia a maniche lunghe, gilet di cotone a mille tasche e la giacca a vento leggera. Seguendo le terrazze di legno si scende per la prima colazione. La macchina fotografica con il grandangolo, è pronta. Il cielo è azzurro, i ranger sono vicini alle jeep. Il caffè non è male, però è meglio il the. I famosi succhi di frutta del Sudafrica fanno bella mostra di sé e bisogna proprio assaggiarli: viaggiare vuol dire anche assaggiare. Si mangia senza fretta e alle sei e mezza si parte verso la savana, su altri sentieri alla ricerca della famiglia di leoni che vive in quell’enorme distesa d’erba bassa, di arbusti spinosi intervallati da aloe ed acacie. Ma il re della foresta non vuole farsi vedere, non si potrà portare a casa la sua immagine. Resta il dispiacere di non aver potuto vedere da vicino questo splendido animale simbolo dell’Africa, sognato sin da piccoli. Le giraffe salutano il passaggio delle jeep, mentre gli impala corrono nel veld. Dopo la prima colazione al lodge, un pulman è pronto per il trasferimento nella provincia del Mpumalanga. Già il suo nome, che significa “luogo del sole nascente”, fa pensare agli spettacoli naturalistici che si ripetono dall’alto veld fino alle scarpate del Klein Drakensberg, attraverso grandi riserve ed il maestoso Blyde River Canyon. La guida illustra gli sport estremi che si possono praticare in questa zona: dal rafting, alle escursioni a piedi nel canyon, alle arrampicate nei burroni, ai voli in mongolfiera. Le zone più attraenti sono nell’area della cittadina di Dullstroom. Continuando l’escursione ci si trova davanti alle cascate del Blyde river, espressione dell’ambiente montano. Dalla savana si passa al verde intenso dell’alto veld, con le foreste i cui alberi vengono usati per l’industria del legname. Il percorso è interessantissimo, ma il tempo a disposizione sta finendo, si deve tornare sull’autobus. La guida prende in mano la situazione, informa che il viaggio verso Johannesburg è molto lungo, pertanto si pernotterà al Protea Hotel, in un’oasi lussureggiante con banani, acacie e sfolgoranti ibiscus. Le suites per la notte hanno vetrate immense per poter godere lo spettacolo del tramonto, a chiusura di una giornata faticosa, ma da ricordare.

9 luglio Ancora 450 chilometri per arrivare a Johannesburg, quattrocentocinquanta chilometri per vedere, sentire, osservare con la guida che illustra l’ambiente dal punto di vista storico, culturale e sociale. Grandi contraddizioni l’attraversano, conquiste tecnologiche nel campo della medicina, ma non al servizio di tutti, ricchezze immense e un caleidoscopio di etnie, stili di vita diversi, ricchezza e povertà ancora su uno scenario di paure. Ecco la grande città e il suo aeroporto internazionale da cui riprendere il volo verso sud per Port Elisabeth, per continuare il tour del Sudafrica, paradiso tra due oceani. Si atterra verso le diciassette. Porth Elisabeth è il primo incontro con l’Eastern Cape. La città, sdraiata davanti all’oceano indiano, è un luogo di transito, che tuttavia rivendica un glorioso passato storico, narrato nel Nelson Mandela Metropolitan Art Museum. La regione, terra di confine, fu al centro di sanguinose battaglie tra boeri e guerrieri xhosa e tra le forze britanniche e i boeri, nel XIX secolo. Molti esponenti della lotta contro l’apartheid vissero in queste zone, dove furono accolti e dove continuarono la loro missione. La prima notte sulla costa sarà ricordata per la vista spettacolare dalle grandi vetrate del Protea Marine. 10 luglio E’ una domenica splendente: dopo la prima colazione a base di succhi di frutta nazionali e in un tripudio di fiori, in sala, ai tavoli e nel giardino, il bus con aria condizionata è pronto per iniziare il tour sulla costa. La temperatura si aggira sui ventitre gradi, altro che periodo invernale secondo i nostri parametri. Si parte per la Garden Route verso Knysna, lungo un bellissimo tratto di costa verdeggiante, con alle spalle maestose foreste di alberi di yellowwood, di pini ed eucalipti. Ancora la natura africana accoglie a braccia aperte i viaggiatori. Le propaggini esterne della Garden Route sono costituite da grandi lagune. Tuttavia il paesaggio, anche a queste latitudini, è contaminato da uno sfruttamento turistico, a volte poco controllato. Dopo la natura del nord è importante misurarsi anche con questi problemi. Knysna accoglie il gruppo in tutto il suo splendore. Viene chiamata il gioiello più prezioso della costa; non è molto grande, è arroccata all’estremità di una laguna e circondata da ombrose foreste. Il capo gruppo ,Adriano, dopo aver confabulato con la guida e dopo essersi consultato con il suo staff, comunica una bellissima variazione al programma: una mini crociera in laguna per apprezzare meglio l’intravisto. Il tempo è splendido, i colori del tramonto abbracciano i viaggiatori, cineprese e macchine fotografiche accompagnano lo sciacquio della piccola nave. Il viaggio organizzato da Adriano e Manuel si presentava già interessante sulla carta, l’animarlo l’ha reso ancora più intrigante da comprendere, da vivere, da raccontare e da rivivere non solo da chi l’ha vissuto in prima persona, ma anche da chi l’ha accompagnato con il cuore. Knysna ha una township che, a differenza delle altre, colpisce il viaggiatore per il suo aspetto non del tutto fatiscente. Le sue umili case sono costruite con il legname ricavato dalle vicine foreste; nei suoi dintorni vive la comunità Rasta più numerosa del paese. La guida, interagendo con il gruppo, sottolinea ancora gli aspetti contraddittori di questo grande paese. E dopo la messa celebrata dal compagno di viaggio, parroco di Ponte San Pietro, l’ultima sorpresa della giornata è il Knysna Log In, la più grande struttura in legno dell’emisfero australe.

11 luglio Ci si sta avvicinando a Città del Capo, ma stamattina niente bus, ma un simpatico trenino a vapore l’Onteniqua Choo-Tjoen, in funzione dal 1928. Tra uno sbuffo e l’altro si raggiunge la stazione di George, attraverso un paesaggio sorprendente. La corsa in treno è fantastica e ci si sposta allegramente da un lato all’altro per riempirsi gli occhi. La cittadina dista otto chilometri dalla costa ed è luogo di passaggio per poi recarsi nell’interno ad Oudtshoore, il capoluogo del Little Karoo nonchè la capitale degli struzzi. Sono proprio strani e belli questi animali dall’incedere elegante e dalla falcata veloce. Durante la visita alla fattoria, il personale è particolarmente prodigo di informazioni: notizie sull’allevamento di questi animali, la loro organizzazione nelle fattorie, il loro uso e consumo, dalla carne alla pelle alle piume. I volatili vengono allevati nelle campagne del Karoo dal 1870 e grazie alla moda delle piume di struzzo nel XX secolo, hanno fatto la fortuna di parecchi allevatori. Al termine della visita alla fattoria il bus accompagna i viaggiatori in un agriturismo poco lontano, con arredamento in legno locale, volte di pietra e grandi camini accesi. L’edificio è molto accogliente e le camere riscaldate sono pronte per coccolare i viaggiatori. Le serate sono piuttosto fresche. Anche oggi c’è stato un caleidoscopio di informazioni, paesaggi e colori.

12 luglio Si parte con calma, e da oggi le valigie resteranno per tre notti nella stessa stanza. I passaggi giornalieri da un pernottamento all’altro pesano un po’, tuttavia i paesaggi che sfrontatamente aggrediscono dalle vetrate con i loro colori, fanno dimenticare subito il piccolo problema delle valigie. Valigie intelligenti per questo viaggio: per forza, il diktat dei quindici chili ha mandato non poche persone in tilt. Come riempirle? Ore e ore in internet per rubare informazioni sulle temperature in tempo reale a Johannesburg, nel Mpumalanga e poi sulla costa. Da 0 a 12, da 9 a 15, inverno mite, basta una giacca. E allora? Due maglioncini, il giacchino di camoscio (pesa poco), la giacca a vento leggera, il pigiama lungo per le notti fresche. “dai prendi il costume, non si sa mai, e due magliette a maniche corte”. Altro che nove gradi, da Port Elisabeth in poi dai ventitre in su, contro tutte le previsioni meteorologiche di internet. Colazione sempre allettante, con le valigie pronte; si parte per Città del Capo il cui nome richiama pensieri diversi a ciascun viaggiatore. La guida con il suo italiano fortemente caratterizzato dalla cadenza inglese, accoglie il gruppo ed inizia a descrivere la regione da attraversare. I grandi spazi del Little Karoo e i silenzi accompagnano i viaggiatori. “Terra della grande sete“ è la traduzione dall’Afrikaans. E come tutti i nomi Afrikaans, il significato è sempre l’essenza di ciò che rappresentano. Nell’arido Karoo vivono bene soprattutto le pecore. Si attraversa questa regione fino all’Eastern Cape e il suo panorama contrasta apertamente con quello costiero. Il viaggio continua all’interno e la città di Montagu, fondata nel 1851, è il posto ideale se ci si vuole estraniare dal XXI secolo. E’ una città di campagna, famosa per le sue sorgenti termali dotate di radioattività naturale, dove si sono rifugiati esuli ed artisti in cerca di una vita tranquilla. Due ore e mezza di pulman dividono ormai i viaggiatori da Cape Town; si prosegue serenamente nella verde campagna. Il panorama attraverso i finestrini con il sottofondo del brusio dei viaggiatori, si fa fotografare volentieri. Verso le cinque del pomeriggio, come previsto, ecco l’ultima meta del viaggio. Una piacevole brezza accoglie il gruppo. E’ presto, la Table Mountain domina con tutta la sua grandiosità la città, dividendola in due. Adriano prende accordi con la guida: uno squillo di cellulare alla biglietteria della funicolare, l’ultima corsa è alle cinque e mezza e la decisione è presa. Cape Town ha una posizione incredibile, la montagna di 1073 metri al centro, con la sua natura aspra e selvaggia, lo Waterfront, i quartieri meridionali, il City Bowl, la costa, in un susseguirsi di panorami mozzafiato. L’approccio alla Table Mountain è molto turistica: niente trekking, niente salite col fiatone, ma un’audace ascesa con la funicolare per riempirsi gli occhi e il cuore di grandiosità. E’ il tramonto e le macchine fotografiche non si stancano di fermare i colori che si fanno sempre più sfolgoranti. Le ombre lunghe della sera ricordano che si deve lasciare la montagna. L’Hotel Park Inn aspetta i viaggiatori, con tutto il comfort della meta finale. E’ anche un rientro di contatto con il mondo, grazie alla possibilità di ricevere Rai Sat in camera.

13 luglio Il risveglio è particolarmente piacevole con il buffet della prima colazione. La guida coglie l’occasione per inserire nel suo percorso il capitolo “cibo e bevande”. La cucina sudafricana nasce dopo la revoca dell’apartheid e diventa una tradizione gastronomica. La gastronomia, per viaggiatori sensibili e curiosi, si presenta con stufati di carne e verdure, un insieme nato dall’incontro tra i coloni olandesi e la vegetazione africana; con piatti infiniti a base di mais con aromi di “piri piri” peperoncino del Mozambico, curry e coriandolo provenienti dall’Asia; biltong carne secca del paese, boerewors salsicce piccanti; carne di struzzo nel Karoo, e pesce sulla costa, con tanti barbecue che pare siano nati qui. La prima colazione è una vera forma d’arte: cremosa, ricca di calorie basata su uova, carne e zuccheri, con accanto il breakfast internazionale. Il rientro dal buffet degli amici del gruppo traccia un solco tra maschi e femmine. Per le signore splendidi succhi, marmellate, toast e biscotti e qualche dolcetto; per i signori, curiosi e intrigati dai nuovi sapori, pomodori alla griglia, biltong e montagne di dolci innaffiati da the locale e caffè inglese. Oggi è il giorno di Capo di Buona Speranza. C’è il sole. Le meraviglie del Sud Africa non sono finite. La strada panoramica di Chapman’s Peak è la felicità di fotografi e cineoperatori. Dall’alto del vecchio faro del Capo si può ammirare l’incontro delle due correnti l’Atlantica e quella dell’oceano indiano proveniente dal canale del Mozambico. Duecento cinquanta metri sotto si infrangono onde alte, spumose e trasparenti trafitte dai raggi del sole. E’ uno spettacolo grandioso. In questa terra non c’è niente di pacato, tutto è rutilante. C’è una passerella tra le rocce che unisce il vecchio faro costruito nel 1860 al nuovo del 1919, ma il vento è forte, meglio non esporsi. L’escursione naturalistica continua a Boulders Beach, una spiaggia che fa parte del parco nazionale della Table Mountain, e che ospita tremila pinguini. Per chi li ha sempre visti nei cortometraggi o negli zoo l’incontro da vicino è choccante perchè i pinguini puzzano. Sono bellissimi. Nella loro area protetta nuotano, passeggiano sulla spiaggia e fanno un sacco di rumore. E’ un’esperienza simpatica ed interessante. Dopo pranzo ci si imbarca per Duiker Island, l’isola delle foche. Questi strani animali escono dalle acque goffamente e accolgono i turisti con le loro grida gutturali e il battito delle pinne. Colori, odori, rumori sono gli elementi che caratterizzano questa soleggiata giornata.

14 luglio

E’ il giorno della memoria. La guida ha già dato le coordinate storiche della visita che ci si appresta a fare alla prigione di Nelson Mandela. Il tempo stesso non si presenta sorridente. La nebbia avvolge tutto. Sembra che Città del Capo partecipi con questa ovatta bianca al momento storico e triste della visita a Robben Island. Ciascuno, salendo sul battello, ha dentro un’idea di ciò che vedrà, sa che l’isola è stata proclamata dall’Unesco patrimonio dell’umanità nel 1999 e che il senso dell’essere a Cape Town è dato, soprattutto, da questo monumento alla lotta per la libertà. La visita alla prigione di Mandela è guidata da un ex carcerato il cui compito è di comunicare al mondo il grido di libertà che sorgeva tra quelle mura, attraversando le celle, la cava di calce in cui erano impiegati ai lavori forzati gli appartenenti all’ANC (African National Congress) tra cui Mandela. Sull’isola c’è anche una chiesa che venne adibita a lebbrosario. Da quest’isola il grido di libertà divenne una delicata realtà da curare e da rinforzare sempre. Alla domanda “Provate odio per chi vi ha incarcerato e sottoposto a queste violenze” la guida risponde con un sorriso, “non ne abbiamo il tempo, c’è ancora troppo da fare”. Parole come “collaborazione, riconciliazione” vengono ripetute per esprimere lo spirito che anima il nuovo corso politico, anche se il cammino per la libertà economica e sociale è ancora lungo. E’ difficile staccare gli occhi dall’isola che si allontana. E’ stata un’esperienza da portare dentro, per sempre. Si continua il viaggio verso l’interno , verso la fertile vallata delle Winelands. Il pulman corre su una strada ombreggiata attraverso una delle campagne più belle dell’Africa meridionale. E’ uno spettacolo tranquillizzante, sereno che fa da contrasto al momento emotivamente molto forte che aveva caratterizzato la mattinata. 15 luglio E’ arrivata l’ora di rifare le valigie. C’è tempo ancora per una passeggiata nel centro della città che adesso non si sente più estranea. Un succo di frutta ad un bar osservando il flusso di persone che anima le strade, africani, coloured bianchi ed asiatici, per ricordare questo immenso paese da cui ci si stacca con fatica. Il Sud Africa è davvero una pietra preziosa sfaccettata, l’ambiente sociale, culturale, naturale ha bisogno di tempo e di passione per essere avvicinato e compreso. Questa esperienza, diversa da tutte quelle finora condivise, è stata molto significativa per tutti, lascerà il segno e soprattutto il desiderio di tornare e di portarci chi non ha potuto viverla in prima persona.



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche