CINA: avventure nel paese dei ‘mandarini’ – 1° pt
In questa prima parte c’è una illustrazione dei luoghi visitati; la descrizione è volutamente breve poiché, altrimenti, un libro non basterebbe.
Ciò che ho preferito mettere in maggior risalto, invece, e lo troverete nella seconda parte, sono state le sensazioni provate di fronte a una realtà di vita completamente diversa, le curiosità suscitate dalle situazioni più strane e le incomprensioni nate da momenti talvolta vissuti con un pizzico di esasperazione.
Sì, perché come anticipato anche dalle letture fatte prima di partire, il viaggiatore solitario in Cina deve armarsi di infinita pazienza e, comunque, dopo tre settimane di permanenza, la mia pazienza cominciava ad avere qualche incrinatura.
Allora… Buona lettura e… Buon viaggio! …E alla fine, la vacanza preparata da mesi è arrivata; l’aereo della Swiss, dopo 10 ore di volo da Zurigo a Pechino, atterra all’aeroporto della capitale cinese.
Primo punto: passare la dogana delle immigrazioni; ricordando situazioni analoghe vissute arrivando negli USA dove l’addetto ai controlli ti fa un sacco di domande su chi sei, perché vuoi entrare negli States etc…, mi chiedo se anche qui sarà la stessa cosa e, soprattutto, se gli addetti cinesi sanno cavarsela con l’inglese (sulla guida che mi sono portato c’è scritto che i cinesi non hanno molta dimestichezza con l’inglese).
Comunque, le indicazioni informative all’interno dell’aeroporto sono scritte in cinese ed in inglese (bontà loro!) e, rapidamente, giungo alla dogana; con mia sorpresa, l’addetto non mi fa alcuna domanda, controlla il passaporto (già fornito di visto) e gli altri documenti e mi manda via.
Ben lieto, raggiungo il “claim baggage” e, dopo il solito piccolo patema su “Sarà arrivata la valigia?”, la intravedo, la prendo e guadagno l’uscita.
Qui devo “slalomare” tra i vari questuanti che vogliono ad ogni costo caricarti sul loro taxi (non ufficiale), anzi con qualcuno più ostinato degli altri, al quale non basta un semplice “no”, devo fare la voce grossa per togliermelo di torno; dopo aver cambiato un po’ di soldi, sempre tallonato dal codazzo dei più tenaci tra i suddetti questuanti, mi dirigo verso il parcheggio dei taxi ufficiali dove, finalmente, vengo mollato dagli altri e posso dedicarmi a capire come spiegare al tassista, che parla e comprende solo il cinese, dove deve portarmi.
Provo a mostrare al tassista il fax di conferma che mi aveva inviato l’albergo a suo tempo, scritto in cinese ed in inglese, sperando che lui capisca dove mi deve portare, ma il suo sguardo vacuo ed il suo occhio vitreo mi dicono che siamo ben lungi da una pur minima intesa.
Comincio a disperare di raggiungere l’agognata meta quando il tassista ha un’intuizione (una delle poche volte in cui ho visto un cinese avere un’intuizione) e mi fa capire che con il suo cellulare chiamerà l’albergo al numero scritto sul foglio che gli ho dato per farsi dire dove si trova.
Alleluja! Detto fatto, partiamo.
Il tragitto iniziale dall’aeroporto all’albergo è piacevole, la giornata soleggiata e io mi guardo intorno per cominciare a curiosare su questa nuova realtà che sarà la mia “casa” per le prossime tre settimane.
Via via che ci addentriamo all’interno della città compaiono sempre più persone che si muovono in bicicletta e noto che tutte le strade, anche le meno importanti, hanno una corsia, quella più a destra, dedicata solo ai ciclisti e non è mai impegnata dai veicoli a motore; il numero delle biciclette diventa sempre più alto fino a quando è assimilabile ad un vero e proprio corteo.
I CINESI (e gli orientali in genere) AMANO LA MUSICA mentre stanno in auto, ma non quella dell’autoradio bensì quella che emana… dal clacson; in pratica lo usano in continuazione, auto, camion, autobus e… biciclette (il campanello) per segnalare la loro presenza e comunicare a chi gli sta intorno di scansarsi ché devono passare loro; in realtà, poiché tutti fanno così, nessuno si scansa e continuano esattamente come prima.
Il traffico è particolarmente caotico e a questo contribuiscono in modo pesante ciclisti e… pedoni; infatti i primi interpretano il semaforo rosso più che come un segnale di stop come un suggerimento ad andare avanti ma con un minimo di attenzione ai veicoli che provengono dalla direzione del semaforo verde; in pratica si crea un vero e proprio gioco ad incastro in cui in ogni spazio vuoto si infila un veicolo (auto o bicicletta che sia) e si ha l’impressione che da un momento all’altro debba succedere il finimondo, invece tra clacson e urla, tutti passano; comunque, accanto ai classici “vigili” che presidiano gli incroci più importanti, ci sono degli altri “vigili” che hanno il compito di bloccare il flusso delle biciclette che, come detto è interminabile ed inarrestabile, e spesso devono urlare e fare gestacci per fermare i ciclisti più indisciplinati. I pedoni, a loro volta, non prestano assolutamente attenzione ai segnali di loro competenza per cui attraversano gli incroci con qualunque luce dei semafori creando intralci non indifferenti alla circolazione; per contro, gli automobilisti si prendono la loro rivincita quando le persone tentano l’attraversamento della strada sulle strisce pedonali; in questo caso, secondo una consuetudine ormai radicata quasi ovunque, le auto dovrebbero fermarsi per far passare i pedoni; invece, in Cina, le auto non si fermano neanche se ti trovi sulle strisce anzi, accelerano quasi, e per passare devi aspettare che ci sia un intervallo nel flusso dei veicoli.
Questo comportamento, gli automobilisti lo usano anche fra loro; se, per esempio, qualcuno deve immettersi da una strada laterale in una principale, può aspettare anche delle ore perché non troverà mai un’anima pia che si fermi per farlo passare e quindi… passa comunque! Ma torniamo a noi.
Il taxi si avvicina all’albergo ed il panorama intorno cambia; dai grattacieli della periferia passiamo ai palazzi della semiperiferia fino ad arrivare a strade che ricordano i quartieri spagnoli di Napoli: le case sono tutte basse, a pianoterra, in strade piuttosto strette e le porte delle abitazioni si alternano con quelle delle attività di vendita che sono costituite in prevalenza da – parrucchieri – frutterie – generi alimentari dove si può anche mangiare Le porte delle case sono tutte aperte, la gente (tanta!) sciama fuori, le auto passano veloci a colpi di clacson, le biciclette vanno e vengono in continuazione; osservando con più attenzione vedo che ad intervalli regolari esistono dei bagni pubblici ma scoprirò nei giorni seguenti che quei bagni, in realtà, sono utilizzati dagli stessi cinesi che abitano le case descritte sopra e che non possiedono il bagno in casa; l’odore che proviene da quei luoghi è inconfondibile ed è frammisto ad altri odori che caratterizzeranno la mia permanenza in Cina: le spezie usate per cucinare e lo smog a cui contribuiscono notevolmente i veicoli a motore che, mi pare, usano carburanti particolarmente inquinanti.
Spero che il taxi si allontani rapidamente da quei luoghi ma, anzi, si ferma proprio in una di quelle stradine dove, appunto, è il mio albergo; pago la corsa, prendo i bagagli e mi avvio, come un condannato al patibolo, ad entrare nella hall dell’albergo con in testa pensieri funerei circa il comfort della sistemazione, visto quello che c’è intorno.
Per fortuna l’albergo è ottimo, pulito, accogliente, e alla reception parlano inglese (almeno ci si capisce).
E la vacanza comincia… PECHINO La visita alla Città Proibita, durata un’ intera giornata, è stata molto interessante ma non come pensavo che fosse; non tutti gli ambienti erano accessibili all’interno e, quindi, spesso bisognava accontentarsi di (intra)vedere le cose dall’esterno, sgomitando con gli altri per guadagnare un posto di buona osservazione e la manutenzione, in generale, lasciava a desiderare.
Per contro, altri monumenti minori (si fa per dire) si sono rivelati molto più interessanti come il “Tempio dei Lama” (buddista con annesso ristorante vegetariano tibetano), il “Tempio del Cielo (cfr. Foto) che si trova in un parco immenso, il Tempio di Confucio ecc… Ogni giorno il caldo e l’umidità la fanno da padrone e la bottiglia d’acqua che mi porto al seguito viene rinnovata di frequente; comunque sarà una costante per tutta la durata della permanenza in Cina.
Visita alla Grande Muraglia Esitono tre siti dove visitare questa ciclopica opera, due dei quali più interessati dai turisti; io arrivo in uno di questi e, dopo il colpo d’occhio che rende bene l’idea della grandezza dell’opera, comincia la visita che consiste in un’arrampicata su per delle interminabili scale che portano verso i vari corpi di guardia, le piattaforme ed i camminamenti.
Il caldo e la massa di turisti rendono la fatica improba; ho visto gente arrivare alla fine delle salite rantolando e liquefacendosi in un bagno di sudore; qualcuno era letteralmente da strizzare, vestiti compresi. Tuttavia la fatica valeva la vista offerta dalla cima dei contrafforti; comunque dopo 2/3 di scalata ho pensato bene di fermarmi, riposare 20m. E ripartire in discesa che, data la ripidità delle scalinate, richiedeva una fatica uguale se non maggiore della salita.
Il pranzo incluso nella visita ed al quale la comitiva in cui mi trovavo ha partecipato, è stato salutato con tripudio al termine della faticaccia sulla muraglia ed è stato sparecchiato fino all’ultimo piatto in poco più di mezz’ora.
Prima di lasciare la capitale vado a visitare il mausoleo dedicato a Mao dove è conservata la sua salma ed è meta incessante di visitatori; il monumento si trova al centro di piazza Tien’anmenn, di fronte all’ingresso principale della città proibita.
La fila è molto lunga ma procede con passo spedito; il servizio d’ordine incita a camminare rapidamente ed anche davanti al corpo di Mao il tempo di sosta è di pochi secondi ma abbastanza sufficienti per cogliere tutte le sensazioni che il luogo evoca; si sente che questo personaggio ha rappresentato qualcosa di molto importante per il popolo cinese; questa atmosfera si respira anche a Shanghai, nella casa, ora trasformata in museo, dove Mao ed altri grandi della storia cinese dell’ultimo secolo si erano riuniti per la prima volta nel 1927 per fondare il partito comunista cinese e, in pratica, per dare il via a quel profondo movimento di rinnovamento popolare che ha portato la Cina fino ai giorni nostri.
SHANGHAI La parte spettacolare di Shanghai è un pezzo del lungofiume, chiamato Bund, che è frequentatissimo dagli abitanti; sul fiume si affacciano una serie di edifici stile ‘800 che nulla hanno a che fare con la classica architettura cinese; questi erano stati costruiti dagli occidentali che avevano occupato Shanghai e sono stati lasciati con le stesse caratteristiche facendo da sfondo alle passeggiate che rendono questa parte estremamente viva.
Notevoli sono anche i templi dove i fedeli del buddismo e del confucianesimo vanno a pregare e a rendere omaggio alle varie divinità; da notare che per entrare in questi templi bisogna comunque pagare un biglietto d’ingresso e questo vale per tutti, cinesi e non.
Anche qui esiste un quartiere (ed esiste praticamente in ogni città che ho visitato) dove le case sono basse e la vita si svolge per strada, come in un grande bazaar; qui i panni da asciugare, per esempio, sono stesi su delle lunghe pertiche che vengono appoggiate sulle ringhiere dei balconi, da una parte, e su sostegni improvvisati dall’altra, come pali della luce e quant’altro.
Il quartiere è comunque diverso da quello analogo di Pechino; c’è una maggiore pulizia e le condizioni di vita sono sicuramente più decorose, anche se il caos è sempre lo stesso.
Naturalmente non mancano grattacieli in quantità; la cosa curiosa è che questi, spesso, convivono vicino a case la cui altezza non supera il primo piano per cui lo sguardo si muove sui contorni degli edifici in un continuo saliscendi.
Ci sono parchi in abbondanza ed esistono vasti spazi dove la gente sta per ore, quasi bivaccando, e godendosi (almeno credo) il posto; certo non si può dire che si godano il fresco visto che il caldo è sempre notevole, anche stando all’ombra di qualche albero.
SUZHOU Viene dipinta come la Venezia d’oriente; in effetti potrebbe offrire un panorama suggestivo, solcata com’è da una serie di canali, tuttavia il caldo, l’odore piuttosto nauseabondo che si respira vicino ai canali, la manutenzione abbastanza raffazzonata degli stessi non contribuiscono certo a renderla simile alla vera città lagunare; invece sono molto belli i giardini che sono una sorta di parchi ben tenuti e costruiti nei secoli passati alla continua ricerca dell’armonia tra le rocce, l’acqua e le piante opportunamente mescolate fra loro.
HANGZHOU La parte più spettacolare è offerta dal lago intorno al quale ruota la vita, turistica e non, della popolazione che frequenta le sue sponde in qualunque ora, dal mattino presto alla sera tardi; inoltre la sua navigabilità richiama molta gente a visitare le due splendide isole che si trovano al largo.
Esiste un museo del tè, molto interessante ma che potrebbe essere valorizzato di più magari proponendo al termine della visita degli assaggi dei principali tipi di tè osservati al suo interno.
Anche qui si trovano dei templi, uno dei quali arroccato sulle alte colline che circondano la città ad est e che presenta dei luoghi molto belli da visitare; al suo interno scorre un ruscello dove la gente si bagna come se fosse una sorta di lavacro.
GUILIN E’ circondata e allo stesso tempo immersa in una sorta di montagne “pan di zucchero”; alcuni di questi picchi sono visitabili e dalla loro cima si gode un panorama stupendo ma la fatica per arrivarci è non indifferente anche perché, come al solito, il caldo è tanto; è attraversata da un fiume che si ramifica in città con alcuni canali; qualcuno di questi è stato trasformato in… piscina con tanto di scalette per risalire dall’acqua dopo il bagno che avviene a qualunque ora del giorno e della notte; tuttavia la torbidezza dell’acqua lascia un po’ perplessi sull’opportunità di farsi un bagno anche se il caldo invita al tuffo.
La crociera sul fiume che porta fino alla città di Yangshuo, offre paesaggi eccezionalmente belli; inoltre esistono delle grotte scavate dall’acqua visitabili in più punti della città e lungo il fiume.