“Chist è u paese do sole”… ma anche no:
21 gennaio: Salerno
Eccoci pronti e carichi per il nostro solito break invernale: meta di quest’anno Salerno e la costiera amalfitana. Prenotiamo il soggiorno su Booking, scegliendo un appartamento dal nome un po’ insolito, “Antichi riverberi”: solo a fine vacanza avremo modo di scoprire il significato di questo nome… Per il viaggio ci affidiamo a Italo, che ci scarica puntuale alla stazione di Salerno in un grigio pomeriggio invernale. Il proprietario del b&b ci attende davanti all’entrata, gentilissimo, e dopo 10 minuti siamo nel nostro appartamento nel cuore della città. Conosciamo la signora Carmela, anche lei molto gentile ed ospitale. Tempo di posare i trolley poi, affamati come lupi, ci dirigiamo verso il ristorante “Il duca”, a pochi metri da casa, dove, nonostante l’ora tarda, ci vengono servite due belle pizze Margherita come solo da queste parti sanno fare. A questo punto scendiamo sul lungomare ed iniziamo una passeggiata che ci porterà fino alla nuovissima stazione marittima, una grande ostrica protesa sul mare opera della famosa archistar Zaha Hadid. All’interno, le pareti di vetro annullano la distanza fra la terra e il mare e ci regalano una bella cartolina della città di Salerno. Ripercorriamo il lungomare, decorato dalle tante luminarie di “Luci d’artista” (la manifestazione che si svolge ogni anno in città nel periodo natalizio), ormai spente, però… Arriviamo fino alla grande ruota panoramica, poi, siccome inizia a piovigginare, risaliamo verso uno dei corsi principali, corso Vittorio Emanuele, pieno di bei negozi e molto animato. Lo percorriamo fino all’inizio, in prossimità della stazione ferroviaria, poi facciamo dietrofront, sempre diritto fino a raggiungere via dei Mercanti, cuore del centro storico, con tanti negozi molto particolari, la bellissima cioccolateria storica Pantaleoni, e vivaci attività artigianali. In breve raggiungiamo il nostro appartamento, adesso ci vuole un bel riposino, visto che siamo in piedi dall’alba! Per la cena decidiamo di riprovare “Il duca”, soprattutto perché è vicino e non abbiamo voglia di metterci a vagare fra i vicoli, lo faremo nei prossimi giorni. Arriviamo dopo le 21 ed il locale è vuoto, vabbè, ci sta: è lunedì e piove, solo i turisti escono a cena fuori. Io ordino la grigliata di pesce, Francesco gli scialatielli ed un fritto: a parte il primo, il resto lascia molto a desiderare, inoltre cenare in un locale vuoto ci mette tanta tristezza. Decidiamo di chiudere qui la nostra esperienza in questo locale. Durante la notte un super temporale si abbatte su Salerno, mi sa che il nostro programma di visita della costiera dovrà essere accantonato, almeno per domani.
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22 gennaio: Napoli
In ogni viaggio che si rispetti deve esserci sempre un piano b, e noi l’abbiamo: Napoli, una città in cui torniamo sempre con grande entusiasmo perché non smette mai di stupirci. Anche questa volta ha mantenuto tutte le sue promesse. In meno di un’ora la raggiungiamo con il treno: telefoniamo al teatro San Carlo per informarci sugli orari delle visite guidate e, visto che mancano più di 2 ore alla prossima, ci incamminiamo a piedi lungo Corso Umberto I, meglio conosciuto come Rettifilo. Strada facendo ci imbattiamo nella chiesa di San Pietro ad Aram, e meno male che entriamo, ci riserverà sorprese inaspettate… Mentre ce ne stiamo seduti a leggere la nostra guida Touring, ci si avvicina un ragazzo con la faccia simpatica che per prima cosa ci invita a prestare molta attenzione agli abili borseggiatori appostati fuori della chiesa, poi, senza che noi glielo chiediamo, ci guida alla scoperta dei tanti tesori del luogo, a cominciare dalla cappella di S. Aspreno, dove sull’altare spicca “La messa di San Pietro”, affresco del 500 dove si scorge la prima veduta dipinta della città. Nello stesso ambiente trovano posto anche un’ara sacrificale romana nonché un altare dedicato ad una suora, che di cognome faceva Crocifissa, oggi in odore di beatificazione, pare fosse solita levitare davanti ai fedeli, oltre a compiere molte altre gesta miracolose. Il nostro cicerone è un vulcano: fra aneddoti e fatti storici sulla città ci conduce in sacrestia dove ci mostra particolari un po’ macabri delle figure intarsiate scolpite sugli scranni. Dulcis in fundo, indicandoci il grande quadro vicino alla porta d’entrata, ci dice come un famoso critico d’arte sia convinto che l’autore sia proprio Caravaggio. Chissà… Prima di salutarci ci rivela altri segreti sulla città, che speriamo di poter approfondire nel corso della giornata. Proseguendo sul Rettifilo raggiungiamo la sede dell’Università Federico II: entriamo nel grande atrio in cui troneggia la statua dell’omonimo re. All’uscita il tempo è pessimo: alla pioggia si è aggiunto il vento, che piega il nostro ombrello già abbastanza malconcio. Un’occhiata al Maschio Angioino, poi finalmente guadagniamo la galleria Umberto I, che si vede sempre volentieri. Un giretto da Zara, poi, all’ora convenuta, raggiungiamo il Teatro san Carlo ed acquistiamo i biglietti per la visita guidata delle 12.30. Nell’attesa della nostra guida, ci accomodiamo sui divani Frau della caffetteria, di un vivace colore giallo ma un po’ consumati: a poca distanza, un giovane pianista suona per noi, cosa volere di più? Pochi minuti e facciamo conoscenza col 2° personaggio incredibile della giornata, la guida Alessandro, che ci prende per mano e ci porta alla scoperta di questo teatro, fra i più antichi e belli del mondo, dove venne inventato il genere musicale dell’opera buffa ed anche la figura del direttore artistico, fra i più noti, personaggi del calibro di Rossini, Donizzetti e… Giuseppe Verdi. L’interno del teatro è spettacolare, tutto rosso e oro: in ogni palco, tranne quelli dei loggioni, sono posizionati specchi orientati strategicamente verso il Parco reale, perché? Alla fine delle rappresentazioni solo il re poteva dare il via agli applausi, guardando lo specchio anche tutti gli altri spettatori sapevano quando applaudire.
Vediamo poi il golfo mistico, con le postazioni dei musicisti, alcune un po’ consumate, su cui sono posizionate le partiture originali del 1800. Saliamo poi fino a trovarci di fronte al palco reale, un vero gioiello: qui una poltrona può arrivare a costare fino a 400 € a spettacolo, escluse le prime, ovviamente. Mentre siamo tutti raggruppati sulla soglia, con un vero e proprio “colpo di teatro” si alza il sipario: Alessandro ci permette di entrare velocemente per scattare qualche foto. Passiamo poi nel foyer, ricostruito negli anni ’30 in stile neoclassico. Ai lati dello scalone, 2 abiti di scena riccamente ricamati usati per rappresentazioni importanti. A fine visita, il busto apparentemente imbronciato di Giuseppe Verdi (secondo la guida era in realtà concentrato sulla musica che stava componendo) ci saluta augurandoci buona giornata. Prima di lasciarci, Alessandro ci delizia con tutta una serie di consigli gastronomici che metteremo senz’altro in pratica, prima o poi. L’ultimo regalo è la rivelazione della presenza di un affresco dell’enigmatico Banksy, che non possiamo fare a meno di correre a vedere. Prima però una sosta da “Esterina Sorbillo”, dove divoriamo due pizze fritte buonissime, seguite dal sempre ottimo caffè del Gambrinus. Procedendo lungo una via Toledo sempre animata, arriviamo davanti alla chiesa della Carità: troveremo le spoglie del conte Vlad? Chi può dirlo, il portone è chiuso… Giunti a Piazza Dante, ci inoltriamo poi nella parte più antica e ricca di storia di Napoli, quella che in assoluto preferisco. Su via dei Tribunali ritroviamo la Pizzeria Sorbillo, appena riaperta dopo il recente attentato. Finalmente, di fianco alla chiesa dei Girolamini eccola là, la Madonna con la pistola di Banksy, opportunamente protetta da una teca di vetro. E’ incredibile la quantità di meraviglie che riserva questa città agli amanti dell’arte e della storia! Soddisfatti da queste nuove scoperte entriamo in una bottega di alimentari a comprare qualcosa per la cena di stasera. Tempo di uscire e veniamo quasi travolti da un tipo ricoperto di cornetti scacciaguai che quasi ci intontisce nel descriverci le virtù dei corni e la quantità di disgrazie che capiteranno a chi ci vorrà male. E’ troppo simpatico ed è uno spasso guardarlo mentre si produce in tutta una serie di riti scaramantici per “abilitare” i nostri cornetti… anche questo è Napoli!
Ripercorrendo via dei Tribunali ci imbattiamo nel Palazzo Spinelli, di cui ci ha parlato questa mattina il ragazzo della chiesa. Aspettiamo che entri od esca qualcuno per intrufolarci e dare un’occhiata al cortile, l’unico a Napoli a pianta ellittica, dove pare si aggiri ancora oggi il fantasma della piccola Bianca, murata viva da una madre adottiva non propriamente affettuosa… Aspettiamo una decina di minuti ma non si muove foglia, così ce ne andiamo, un po’ delusi. Per consolarci ci dirigiamo verso Piazza San Domenico, dove da “Scaturchio” ci mangiamo due bei ministeriali e ci facciamo confezionare una sfogliatella riccia ed un babà da portare a casa. Attraversiamo Spaccanapoli e riaffioriamo in via Toledo: su piazza della Carità la porta della chiesa è sempre chiusa, non ci rimane che prendere la metro che ci porta in stazione poi il treno per Salerno. Una bella passeggiata fino a casa, poi cena con spaghetti al pomodoro e i fantastici dolci di Scaturchio, slurp!
23 gennaio: la Costiera, finalmente
Dalla finestra intravediamo un pallido sole: evviva, possiamo andare ad Amalfi! I biglietti della Sita li abbiamo già, non ci resta che fare colazione e partire. La signora Angela del bar Mario ci accoglie con la sua solita gentilezza, servendoci come al solito in maniera assai premurosa. Dopo qualche minuto di attesa di fronte al teatro Verdi, ecco arrivare la nostra Sita che ci porterà lungo una delle strade più scenografiche ed iconiche del mondo, la statale 163, detta anche Nastro azzurro per il suo snodarsi tortuosa in mezzo a panorami di rara bellezza fra cielo e mare. Attraversiamo i borghi di Vietri, Cetara, Maiori, Minori, Atrani e poi finalmente arriviamo ad Amalfi, una delle perle della Costiera. Approfittando del sole scattiamo qualche foto nella zona del porto, per poi entrare nel borgo e rimanere stupiti di fronte alla bellezza del duomo di S. Andrea che si erge in cima alla scalinata. La leggenda dice di non salire le scale del duomo mano nella mano col proprio fidanzato/a: il matrimonio potrebbe saltare, non sia mai! Numerosi gli stili architettonici presenti nel duomo, coincidenti con la provenienza dei dominatori avvicendatisi in questa parte d’Italia. I restauri apportati all’esterno dell’edificio nel corso del 19. secolo ne hanno cancellato le impronte artistiche rinascimentali, barocche e settecentesche, ciononostante si tratta sempre di una chiesa di rara bellezza e molto scenografica, dove migliaia di coppie, soprattutto straniere, decidono di coronare il loro sogno d’amore, con grande soddisfazione delle tante agenzie di “wedding planning” sorte ad Amalfi, ed anche dei tantissimi ristoranti ed alberghi della zona. A causa dei restauri non ci è possibile visitare ne’ la cripta di Sant’Andrea ne’ il chiostro del Paradiso, un cimitero per i nobili del paese, costruito in stile arabo già a partire dall’11. secolo. Scendiamo la scalinata e, sotto un cielo che non promette nulla di buono, ci incamminiamo per la via principale del paese, sempre suggestiva nonostante la stagione. Alcuni presepi con centinaia di statuine fanno ancora bella mostra di sé all’interno di una fontana ed in altri angoli strategici. Proseguiamo ancora un po’ fino a quando il paesaggio diventa anonimo, poi ritorniamo sui nostri passi alla ricerca di un posto in cui pranzare. Saliamo e scendiamo lungo i vicoli che costeggiano la via principale, inseguendo le indicazioni di locande, osterie e trattorie, inesorabilmente chiuse. Finalmente all’interno di una piccola piazza troviamo “Masaniello”, dove mangiamo due margherite senza infamia e senza lode: il prezzo, comprensivo di 1 birra ed un calice di vino, è di 27 €, mica poco, ma siamo ad Amalfi… A questo punto decidiamo di spostarci a Positano: il tempo di comprare 2 nuovi biglietti della Sita, bere un caffè, e via, di nuovo on the road. Il paesaggio è sempre spettacolare, la strada a tratti talmente stretta che il nostro bus o i mezzi che arrivano in senso opposto devono fermarsi e fare retromarcia. Positano sotto il sole sembra un presepe, con le tante casette dai colori pastello arrampicate sulla collina. Affacciandoci ad un belvedere scorgiamo il piccolo arcipelago de Li Galli, a forma di delfino, buen retiro particolarmente caro a personaggi dell’arte e della letteratura come il coreografo russo Leonide Massine, che vi costruì una villa progettata niente meno che da Le Corbusier. Destino volle che la proprietà passasse poi ad un’altra grande star del balletto mondiale, Rudolf Nureyev, anche lui russo, che ne fece una dimora sontuosa in cui amò ritirarsi, purtroppo non a lungo come avrebbe voluto. Ora il piccolo arcipelago è in vendita, qualcuno vuole fare un’offerta?
In breve arriviamo alla via principale, che porta sia alla chiesa dell’Assunta, dalla inevitabile cupola verde ed oro, che alla spiaggia. Tanti i negozi eleganti, purtroppo chiusi. Bellissimo il lungo pergolato che accompagna i turisti alla spiaggia proteggendoli dal sole: è ancora ricoperto da bouganville, nonostante la stagione! Ci affacciamo sulla spiaggia, piccolissima in confronto a quelle della nostra riviera Adriatica: oggi il mare è abbastanza agitato, ma i pescatori non ne sembrano intimoriti. Risaliamo lungo la via principale percorrendola un po’: turisti giapponesi passano in fila indiana, ognuno con il proprio sacchetto di souvenirs. La pioggia ci fa interrompere la passeggiata e tornare alla fermata della corriera. Il mare ed il cielo hanno colori cupi ma bellissimi, da film gotico. Col bus torniamo ad Amalfi, poi prendiamo la coincidenza per Salerno: il viaggio a zig-zag non è dei migliori e torniamo a casa con lo stomaco sotto sopra: un bel tè al limone e passa tutto. Ci riposiamo un po’, poi decidiamo di andare a cena al ristorante Sant’Andrea, a pochi metri da casa, che però troviamo chiuso… meno male che durante il riposino avevo cercato su internet altri ristoranti in zona, così, senza perdere tempo ci dirigiamo da “Mamma Rosa”, dietro corso Vittorio Emanuele. Il posto non è bellissimo, ma la cucina di questa signora, che ci accoglie seduta davanti alla porta del locale, è sublime. Se amate il baccalà questo è il posto per voi: io mangio mezze maniche baccalà e ceci, Francesco paccheri e baccalà al forno ed un babà con crema di amarena come dessert. Un’ottima falanghina accompagna il nostro pasto. A fine serata ci fermiamo a fare 2 chiacchiere con mamma Rosa e il figlio Francesco, che è anche il cameriere e la tratta con grande affetto e tenerezza.
24 gennaio: Se Borbone non è…
Oggi niente costiera, anche perché il tempo, rispetto a ieri, è peggiorato. Dopo aver consultato gli orari del treno decidiamo di andare a Caserta per visitare la Reggia. Il treno partirà in tarda mattinata, abbiamo tutto il tempo di farci coccolare dalla signora Angela del bar e di andare a fare un po’ di spesa per cena nell’alimentari dietro l’angolo, dove ci facciamo confezionare anche due bei panini da mangiare in treno prima dell’arrivo. Senza fretta ci avviamo verso la stazione, fermandoci anche in qualche negozio sul corso. Nel giro di un’ora siamo a Caserta, la Reggia è proprio di fronte alla stazione, che comodità. Wow, il colpo d’occhio è davvero eccezionale, ce la faremo a visitare tutto? Acquistiamo i biglietti e decidiamo di iniziare la visita dal parco, sì proprio quello visto centinaia di volte in tv, talmente grande che lo sguardo si perde fra i suoi confini. Ovviamente non appena mettiamo piede all’esterno inizia a piovere, piano ma con costanza. La donnina che guida la carrozzella ci propone un giro invitante, ma non sia mai che due gocce d’acqua ci mettano paura! Gambe in spalla procediamo lungo il parco ideato, così come il palazzo, dal Vanvitelli. Giunti alla prima Peschiera, ecco ripresentarsi la donnina in carrozza, per convincerci a salire ci dice che l’intero percorso è di 7 km e che il parco chiude fra poco. Non la ascoltiamo neanche e proseguiamo. In effetti la cascata è lontanissima e inarrivabile, gli altri luoghi invece dovremmo riuscire a vederli. Per la cronaca esiste anche una navetta che per la modica cifra di 2.50 € a testa fa il giro completo del parco.
Ammiriamo le varie fontane, quella con la cascata dei delfini, la fontana di Cerere, ma rinunciamo ad arrivare a quella di Venere e Adone, qualche energia per la visita del Palazzo Reale vogliamo conservarla. L’impressione generale non è positiva, sarà la giornata grigia e piovosa, ma questo parco andrebbe valorizzato maggiormente, le statue avrebbero bisogno di una bella ripulita, così come i viali. Bagnaticci ed infreddoliti ci avviamo verso l’interno: lo scalone d’onore ci porta ad un grande atrio circolare su cui da un lato si apre la Cappella Palatina, dall’altro si entra negli appartamenti reali. Dopo le varie sale di rappresentanza, ecco l’enorme sala del trono: l’unica cosa non imponente è proprio il trono, piccolo e portatile! L’illuminazione degli ambienti lascia molto a desiderare, così come il riscaldamento. I guardasala sono invece numerosi e chiacchierano fra di loro o al telefono a voce alta… Un breve intermezzo di modernità ce lo offre la mostra “Terrae motus”, collezione appartenuta al gallerista Lucio Amelio, in esposizione permanente qui alla Reggia: comprende 66 opere di famosi artisti internazionali sul tema, appunto, del terremoto. Uno fra tutti, Keith Haring, di cui siamo appassionati estimatori. Il giro continua poi con la visita degli appartamenti dei re che hanno abitato qui, Francesco II e Ferdinando IV e II, della biblioteca, della Pinacoteca e di una sala riservata a un bellissimo presepe napoletano del 700 a cui i Borbone erano particolarmente affezionati. Peccato non poter vedere la stanza da letto ed il bagno di Maria Carolina, dove fu installato il primo bidet in uso in Italia. Non riusciamo a vedere neanche il teatrino di corte, recentemente restaurato ad opera del Fai, ma accessibile solo nei giorni festivi. Dopo due ore abbondanti usciamo, fortunatamente ha smesso di piovere: nell’attesa del treno, beviamo un tè e una cioccolata caldi al bar della stazione, accompagnati da un ottimo pasticciotto leccese. Una volta a Salerno, tornando verso casa ci fermiamo nella bellissima pasticceria Pantaleone, che dal 1868 sforna dolci sublimi ed una specialità, la scazzetta del cardinale, di cui pare fosse golosissimo Papa Giovanni Paolo II. Possiamo resistere a questa meraviglia? Certo che no.
La nostra cena casalinga, allietata anche da una bella mozzarella di bufala di Paestum ci lascia molto soddisfatti.
25 gennaio: back to Costiera
Anche oggi il tempo non è dei migliori: niente pioggia ma un terribile vento ci aggredisce non appena mettiamo il naso fuori dal portone. Le alternative sono 2: Paestum o Ravello, entrambe allettanti, con il bel tempo, ma oggi? Dopo averci ragionato un po’ scegliamo Ravello. Già l’attesa del pullman è una sofferenza, con raffiche di vento forte ed insistente. Per arrivare a Ravello bisogna scendere al bivio di Castiglione, subito prima di Atrani, ed aspettare la coincidenza: fortunatamente il bus è puntuale e in 20 minuti ci deposita a destinazione, nei pressi dell’Auditorium Niemeyer: le montagne cilentane tutte imbiancate di neve e il freddo pungente ci fanno sentire in Val d’Aosta, se non fosse per il mare sotto di noi… Con curiosità ci avviciniamo all’auditorium, inaugurato nel 2010 e subito al centro di numerose polemiche sia per il costo spropositato, che per il suo reale utilizzo e l’impatto dell’architettura sulla natura del luogo. La struttura è senz’altro notevole, può piacere oppure no, come tutte le cose. Noi possiamo solo immaginarci gli interni e poi fuggire, tormentati dal vento. A nord dell’Auditorium, un tunnel con tutte le foto del festival musicale di Ravello, ci porta direttamente nel centro del paese, sulla piazza del vescovado dove ha sede il duomo, che visitiamo assieme alla cripta, oggi museo archeologico. Così come negli altri paesi della costiera anche qui i turisti sono pochi, i locali aperti ancora meno. Intravediamo villa Rufolo, poi ci inerpichiamo per una deliziosa stradina in salita, accompagnati da alcuni gattoni curiosi. Ritornati sulla piazza ci dirigiamo verso l’unico locale aperto, lo snack bar Klingstor (in omaggio al Parsifal di Richard Wagner, uno dei suoi abitanti più illustri). Ordiniamo due toasts e una delizia al limone, strabuona. Ci sarebbero da visitare le due ville vanto di Ravello, villa Rufolo e villa Cimbrone, ma con questo tempo piovoso e freddo chi ne ha voglia? Prendiamo al volo il bus per Amalfi: l’autista è troppo spassoso e si esibisce in manovre da applauso. Al bivio aspettiamo il bus per Salerno: quando arriva è già molto pieno, per fortuna riusciamo a trovare due posti a sedere. Arrivati a Salerno ce la filiamo a casa dove ci riscaldiamo con un bel tè caldo. Un riposino poi io esco per fare shopping su via dei Mercanti, mentre Francesco rimane a casa. Nel negozio “Antica sartoria” ho adocchiato tanti bei vestitini colorati, certo il freddo di oggi non invoglia neanche a provarseli, farò un piccolo sforzo… Verso le 20 usciamo per cena, stasera il ristorante S. Andrea sotto casa è aperto, però gli unici tavoli disponibili sono in un dehor in balia del vento riscaldato da un unico fungo. Anche no! Giriamo un po’ per le stradine ed il lungomare, alla fine decidiamo di dare un’altra possibilità a “Il duca” e non veniamo delusi: la mia margherita con mozzarella di bufala è buona, così come i paccheri ed il brodetto di pesce di Francesco. Un po’ alla volta il locale si riempie anche di persone, e io sono soddisfatta.
26 gennaio: Saluti
La nostra vacanza sta quasi per finire, che peccato… Facciamo colazione un’ultima volta dall’amorevole signora Angela che salutiamo con affetto, compriamo 2 panini (la nostra cena) dal salumaio, poi passiamo a saldare il conto. Salvatore e Carmela, hosts veramente disponibili ed ospitali, ci svelano il significato del nome del b&b: gli antichi riverberi sono le voci degli abitanti di questi vicoli, che si rincorrono di strada in strada, di finestra in finestra fin dall’antichità. Ci fermiamo in qualche negozio ad acquistare regalini ed attraversiamo per l’ennesima volta un corso Vittorio Emanuele particolarmente animato in questo sabato mattina. Durante la settimana ci siamo spostati da Salerno con ogni mezzo di locomozione, all’appello manca solo la metro, che decidiamo di provare per raggiungere lo stadio Arechi: da appassionati di calcio non possiamo lasciare Salerno senza averne visto lo stadio. In 20 minuti siamo a destinazione: trascinando i nostri trolley facciamo il giro dell’impianto, grande ma abbastanza malandato. Riprendiamo la metro e rientriamo a Salerno: dopo averne verificato l’apertura, decidiamo di concludere in bellezza la nostra vacanza con un pranzetto da “Mamma Rosa”, da noi eletto a ristorante del cuore. Ad accoglierci non troviamo la signora Rosa, oggi influenzata, ma il cameriere deve essere senz’altro suo figlio. Lasciandoci consigliare ordiniamo come antipasto i cappucchielli, piccoli totani in frittura assieme a polipetti, poi cortecce al baccalà per me e una terrina di baccalà ricoperta di pasta di pane per Francesco. Il tutto innaffiato da vino bianco. Questo pranzo è il modo migliore di salutare Salerno, per noi una piacevole sorpresa. A parte i bellissimi paesi della costiera, che non abbiamo potuto ammirare in tutto il loro splendore a causa dell’inclemenza meteorologica, a colpirci sono state tante piccole cose. La gentilezza delle persone, in primis, e la loro voglia di comunicare che “su al nord” praticamente non esiste più. Aggiungerei, oltre ad un ritmo di vita decisamente slow, anche alcuni modi di fare per noi desueti, come incartare il pane a mo’ di caramella, lasciare le porte di negozi e ristoranti perennemente aperte nonostante il freddo, non accendere mai il riscaldamento in casa, e la fantastica abitudine del caffè pagato, un caffè che qua, signori, costa appena 70 centesimi!!!